GP2 Discorsi 2002 148

GIOVANNI PAOLO II




VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AZERBAIJAN E BULGARIA

CERIMONIA DI BENVENUTO

Aeroporto Internazionale di Baku

Mercoledì, 22 maggio 2002




Signor Presidente,
Illustri Autorità civili e religiose,
149 Gentili Signore e Signori!

1. A tutti il mio saluto deferente e cordiale. Ho accolto con viva gratitudine, Signor Presidente, il Suo reiterato invito a visitare questo nobile Paese, ed ora desidero manifestarLe la mia gioia per il dono fattomi da Dio di raggiungere la terra azera e di incontrarmi con i suoi abitanti.

Grazie per le cortesi parole di benvenuto, che Ella ha voluto rivolgermi. Questo viaggio si colloca nel decimo anniversario dell'avvio delle relazioni diplomatiche tra l'Azerbaijan e la Santa Sede. L'indipendenza, conquistata dopo lunga dominazione straniera, è stata vissuta in questi anni tra non poche difficoltà e sofferenze, ma senza mai smarrire la speranza di poter edificare nella libertà un futuro migliore. La Nazione ha visto così crescere e consolidarsi i contatti con gli altri popoli. Ne è derivato un reciproco arricchimento, che non mancherà di portare i suoi frutti negli anni che verranno.

2. Pongo piede in questo antichissimo Paese, portando nel cuore l'ammirazione per la complessità e la ricchezza della sua cultura. Ricca della multiforme e specifica connotazione caucasica, essa raccoglie l'apporto di svariate civiltà, in modo particolare di quella persiana e di quella turanica. Grandi religioni sono state presenti ed operanti in questa terra: lo zoroastrismo ha convissuto con il cristianesimo della Chiesa albana, tanto significativa nell'antichità. L'islam ha poi svolto un ruolo crescente, ed è oggi la religione della grande maggioranza della popolazione azera. Pure l'ebraismo, qui presente da tempi molto antichi, ha arrecato il suo contributo originale, tutt'oggi apprezzato.

Anche dopo l'attenuarsi dell'iniziale fulgore della Chiesa, i cristiani hanno continuato a vivere fianco a fianco con i fedeli di altre religioni. Ciò è stato possibile grazie ad uno spirito di tolleranza e di reciproca accoglienza, che non può non essere motivo di vanto per il Paese. Faccio voti ed elevo preghiere a Dio perché le tensioni residue possano essere presto superate e tutti trovino pace nella giustizia e nella verità.

3. L'Azerbaijan è una porta tra l'Oriente e l'Occidente: per questo esso riveste non solo un valore strategico di rilevante significato, ma anche un valore simbolico di apertura e di scambio, che potrà assicurare, se giustamente coltivato da tutte le parti, un ruolo particolarmente importante alla Nazione azera. E' tempo che l'Occidente riscopra, insieme con il pieno rispetto per l'Oriente, anche il desiderio di un incontro culturale e spirituale più intenso con i valori di cui esso è portatore.

Da questa porta di civiltà che è l'Azerbaijan, rivolgo oggi un appello accorato a quelle terre che sono teatro di sconvolgimenti bellici, da cui sofferenze inenarrabili derivano per le popolazioni inermi. Urge l'impegno di tutti per la pace. Ma deve trattarsi della pace vera, fondata sul rispetto reciproco, sul rifiuto del fondamentalismo e di ogni forma di imperialismo, sulla ricerca del dialogo come unico strumento valido per comporre le tensioni, senza precipitare Nazioni intere nella barbarie di un bagno di sangue.

4. Le religioni, che in questo Paese si sforzano di operare in armonia d'intenti, non sono e non devono essere tragico pretesto per contrapposizioni che hanno altrove la loro origine. Nessuno ha il diritto di invocare Dio a copertura dei propri interessi egoistici.

Qui, alla porte dell'Oriente, non distante dai luoghi dove continua, crudele e insensato, il crepitio delle armi, voglio levare la mia voce, nello spirito degli incontri di Assisi. Chiedo ai responsabili delle religioni di rifiutare ogni violenza come offensiva del nome di Dio, e di farsi promotori instancabili di pace e di armonia, nel rispetto dei diritti di tutti e di ciascuno.

Il mio pensiero va anche agli emigrati ed ai rifugiati di questo Paese e di tutto il Caucaso. Grazie alla solidarietà internazionale, possa riaccendersi per loro la speranza di un futuro di prosperità e di pace nella loro terra d'origine e tra i loro cari.

5. Ai cristiani, ed in particolare alla comunità cattolica di questo Paese, intendo rivolgere un saluto particolarmente affettuoso. I cristiani di tutto il mondo guardano con sincera simpatia a questi loro fratelli nella fede, convinti che, nonostante la ristrettezza del numero, essi possono recare un apporto significativo al progresso e alla prosperità della Patria, in un clima di libertà e di reciproco rispetto.

150 Sono certo che le difficoltà drammatiche, subite anche dalla comunità cattolica nel tempo del comunismo, saranno ricompensate dal Signore col dono di una fede viva, di un impegno morale esemplare e di vocazioni locali per il servizio pastorale e religioso.

Al momento di muovere i primi passi sul territorio azero, invoco le benedizioni di Dio su tutti i suoi abitanti e sul loro impegno per un futuro di giustizia e di libertà.

All'Azerbaijan ed al suo nobile popolo l'augurio di prosperità, di progresso e di pace!

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AZERBAIJAN E BULGARIA

INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DELLE RELIGIONI,

DELLA POLITICA, DELLA CULTURA E DELL'ARTE

Palazzo Presidenziale di Baku

Mercoledì, 22 maggio 2002




Signor Presidente della Repubblica,
illustri Signori, gentili Signore!

1. Sono profondamente lieto di essere oggi fra voi. Saluto ciascuno dei presenti, con un pensiero di speciale gratitudine per il Signor Presidente della Repubblica, che a nome di tutti mi ha rivolto calorose espressioni di benvenuto.

Un vostro grande poeta ha scritto: "Ciò che è nuovo e nel contempo vecchio è la parola... La parola, che è, come lo spirito, immacolata, è la tesoriera dello scrigno del regno invisibile: essa conosce storie mai udite, essa legge libri mai scritti" (Nizami, Le sette effigi). Queste espressioni alludono a qualcosa che è caro alle tre grandi religioni, presenti in questo Paese: l'ebraica, la cristiana e l'islamica. Secondo la dottrina di ciascuna di esse, il Dio unico, avvolto nel suo mistero inaccessibile, ha accettato di parlare agli uomini invitandoli a sottomettersi alla sua volontà.

2. Nonostante le differenze che vi sono tra noi, ci sentiamo insieme impegnati a coltivare rapporti di stima e di benevolenza reciproca. Conosco al riguardo l'intensa opera svolta dai capi religiosi in favore della tolleranza e della mutua comprensione in Azerbaijan. Attendo l'incontro di domani con i rappresentanti delle tre religioni monoteiste per affermare insieme con loro la convinzione che la religione non deve servire ad alimentare la contrapposizione e l'odio, ma a promuovere l'amore e la pace.

Da questo Paese, che ha conosciuto e conosce la tolleranza come valore preliminare di ogni sana convivenza civile, vogliamo gridare al mondo: Basta con la guerra in nome di Dio! Basta con la profanazione del Suo Nome santo! Sono venuto in Azerbaijan come ambasciatore di pace. Fino a quando avrò voce, io griderò: "Pace, nel nome di Dio!". E se parola si unirà a parola, nascerà un coro, una sinfonia, che contagerà gli animi, estinguerà l'odio, disarmerà i cuori.

151 3. Lode a voi, uomini dell'islam in Azerbaijan, per esservi aperti all'ospitalità, valore così caro alla vostra religione e al vostro popolo, ed aver accettato i credenti delle altre religioni come vostri fratelli.

Lode a voi, ebrei, che avete qui mantenuto con coraggio e costanza le vostre antiche abitudini di buon vicinato, arricchendo questa Terra di un apporto di grande valore e profondità.

Lode a voi, cristiani, che avete contribuito in modo consistente, soprattutto con l'antica Chiesa degli Albani, a costruire l'identità di questa Terra. Lode in particolare a te, Chiesa ortodossa, testimone del Dio amico degli uomini e canto elevato alla sua bellezza. Quando la furia dell'ateismo s'è scatenata su questa regione, tu hai dato accoglienza ai figli della Chiesa cattolica, privati dei loro luoghi di culto e dei loro pastori, e li hai messi in comunicazione con Cristo mediante la grazia dei santi Sacramenti.

Dio sia lodato per questa testimonianza di amore, resa dalle tre grandi religioni! Possa essa crescere e rinsaldarsi, spegnendo con la rugiada dell'affetto e dell'amicizia ogni residuo focolaio di opposizione!

4. Illustri Signori e Signore, voi rappresentate qui, oltre al mondo delle religioni, quello della cultura, dell'arte e della politica. Quale straordinaria vocazione avete ricevuto e quale alta responsabilità incombe su di voi! Tanti oggi si ritrovano come sperduti, alla ricerca di un'identità.

A voi, testimoni della cultura e dell'arte, io dico: la bellezza, voi lo sapete, è luce dello spirito. L'anima, quando è serena e riconciliata, quando vive in armonia con Dio e con l'universo, emana una luce che è già bellezza. La santità non è che bellezza piena, in quanto riflette, come sa e può, la somma bellezza del Creatore. E' ancora il vostro Nizami a scrivere: "Gli intelligenti sono quegli angeli che hanno nome d'uomo. L'intelligenza è cosa meravigliosa" (Le sette effigi).

Cari amici, esponenti della cultura e dell'arte, ridate a coloro che si accostano a voi il gusto della bellezza! Come ci insegnano gli antichi, il bello, il vero e il buono sono uniti da un legame indissolubile.

5. In questa Terra nessuno fra coloro che si sono dedicati alla cultura e all'arte si senta inutile o mortificato. Il suo contributo è essenziale per il futuro del popolo azero. Se si emargina la cultura, se si trascura e si disprezza l'arte, si mette in pericolo la sopravvivenza stessa di una civiltà, perché si impedisce la trasmissione di quei valori che costituiscono l'identità profonda di un popolo.

Nel recente passato, una visione materialistica e neo-pagana ha spesso caratterizzato lo studio delle culture nazionali. E' compito vostro, illustri Signori, di riscoprire l'intero patrimonio della vostra civiltà come fonte di valori sempre attuali. Potrete così predisporre sussidi appropriati per i giovani, desiderosi di conoscere le ricchezze autentiche della storia del loro Paese per fondare su solide basi la loro vita di cittadini.

6. A voi si rivolge ora la mia parola, uomini e donne della politica! La vostra specifica attività è servizio al bene comune, è promozione del diritto e della giustizia, è garanzia di libertà e di prosperità per tutti. Ma la politica è anche un ambito irto di pericoli. E' facile che vi si imponga la ricerca egoistica del tornaconto personale, a spese della doverosa dedizione al bene comune. Ammonisce il grande Nizami: "Non mangiare davanti agli affamati o, se lo fai, invita tutti a tavola" (Le sette effigi).

La politica ha bisogno di onestà e trasparenza. Il popolo deve potersi sentire capito e tutelato. Deve poter constatare che i suoi capi lavorano per garantirgli un domani migliore. Non avvenga che la gente, posta di fronte a situazioni di crescente sperequazione sociale, sia indotta a pericolosi rimpianti del passato.

152 Chi assume la responsabilità della gestione della cosa pubblica non può illudersi: il popolo non dimentica! Come sa ricordare con gratitudine chi ha speso con onestà le sue energie a servizio del bene comune, così tramanda a figli e nipoti il discredito amaro verso chi ha profittato del potere per arricchirsi in modo fraudolento.

7. Una cosa, in particolare, vorrei dire a tutti voi, uomini e donne della religione, della cultura, dell'arte e della politica: guardate ai giovani e per essi impegnatevi senza risparmio di forze! Sono essi la forza del domani. Sia loro assicurata la possibilità dello studio e del lavoro in base alle predisposizioni personali e alla capacità di impegno di ciascuno. Soprattutto, ci si preoccupi di formarli ai valori profondi che durano nel tempo e danno un senso al vivere e all'operare.

In questo, voi soprattutto uomini e donne della cultura, dell'arte e della politica, sentite la religione come vostra alleata. Essa è al vostro fianco per offrire ai giovani serie ragioni d'impegno. Quale ideale, infatti, è in grado di mobilitare alla ricerca della verità, della bellezza, del bene più della credenza in Dio, che spalanca davanti alla mente gli orizzonti smisurati della sua somma perfezione?

E voi, uomini di religione, sentitevi sempre impegnati ad annunciare con sincerità e lealtà i valori in cui credete, senza ricorrere a subdoli strumenti, che impoveriscono e tradiscono gli ideali proclamati. Confrontatevi sui contenuti, rifuggendo da mezzi di persuasione che non siano rispettosi della dignità e della libertà della persona.

8. Scriveva Nizami in una sua preghiera a Dio: "Se il tuo servo..., nel formulare la sua preghiera, ha mostrato ardimento, la sua acqua appartiene pur sempre al tuo mare... Se cento lingue parlasse, in ogni lingua Ti loderebbe; se tace come i derelitti, Tu sai comprendere la lingua di chi non possiede parola" (Leila e Majnun).

Cento lingue diverse, da questa terra cosmopolita, levino la loro preghiera al Dio vivente, che sa ascoltare soprattutto chi è povero e dimenticato.

Su voi qui presenti, sul vostro popolo, sul vostro futuro, scendano le benedizioni di Dio Onnipotente e portino a tutti prosperità e pace!

Al termine dell’incontro, dopo aver ascoltato l’inno "Ave Maria" eseguito dal coro, Giovanni Paolo II si è rivolto ai presenti con questa parole:

La bellezza dell’inno "Ave Maria" invita tutti noi ad un lavoro migliore ma anche ad una vita migliore. Grazie molte a voi tutti che siete presenti qui.

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AZERBAIJAN E BULGARIA

CERIMONIA DI BENVENUTO

Sofia - Piazza S. Alexander Nevski

Giovedì 23 maggio 2002

153
Signor Presidente,

Santità,
Illustri Membri del Corpo Diplomatico,
Distinte Autorità,
Rappresentanti delle varie Confessioni religiose,
Cari Fratelli e Sorelle!

1. E' con commozione ed intima gioia che mi trovo oggi in Bulgaria e posso rivolgervi il mio saluto cordiale. Ringrazio Dio Onnipotente per avermi concesso di dare compimento ad un desiderio che da tempo portavo nel cuore.

Ogni anno, in occasione della festa dei Santi Cirillo e Metodio, apostoli dei popoli slavi, sono solito accogliere in Vaticano i rappresentanti del Governo e della Chiesa di Bulgaria. Vengo dunque oggi, in un qualche modo, a restituire la visita e ad incontrare nel suo bel Paese il diletto popolo bulgaro. Ripenso in questo momento al mio predecessore, Papa Adriano II, che andò personalmente incontro ai santi Fratelli di Tessalonica, quando vennero a Roma per portare le reliquie di san Clemente, Papa e martire (cfr Vita di Costantino, XVII, 1), e per testimoniare la comunione della Chiesa da essi fondata con la Chiesa di Roma. Oggi è il Vescovo di Roma che viene a voi, mosso dagli stessi sentimenti di comunione nella carità di Cristo.

Il pensiero va pure, in questa particolare circostanza, ad un altro mio predecessore, il Beato Papa Giovanni XXIII, che per una decina d'anni fu Delegato Apostolico in Bulgaria e restò sempre profondamente legato a questa terra e ai suoi abitanti. Nel suo ricordo, saluto tutti con affetto e a tutti dico che in nessuna circostanza ho cessato di amare il popolo bulgaro, presentandolo costantemente nella preghiera al Trono dell'Altissimo: la mia presenza oggi tra voi sia manifestazione eloquente dei sentimenti di stima e di affetto che nutro verso questa nobile Nazione e tutti i suoi figli.

2. Saluto cordialmente le Autorità della Repubblica, e le ringrazio per gli inviti rivoltimi e per l'impegno posto nel predisporre questa mia visita. A Lei, Signor Presidente, esprimo viva riconoscenza per le cortesi parole con le quali mi ha accolto su questa storica piazza. Attraverso gli onorevoli Membri del Corpo Diplomatico, il mio pensiero si volge anche ai popoli che essi degnamente qui rappresentano.

Saluto con deferenza Sua Santità il Patriarca Maxim ed i Metropoliti e Vescovi del Santo Sinodo, insieme ai fedeli tutti della Chiesa Ortodossa di Bulgaria: desidero ardentemente che questa mia visita serva a rafforzare la nostra reciproca conoscenza affinché, con l'aiuto di Dio e nel giorno e nel modo che a Lui piacerà, si possa giungere a vivere "in perfetta unione di pensiero e di intenti" (cfr
1Co 1,10), memori della parola dell'unico nostro Signore: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

154 3. Abbraccio con particolare affetto i miei fratelli Vescovi Christo, Gheorghi, Petko e Metodi, insieme con tutti i figli e le figlie della Chiesa Cattolica, sacerdoti, religiosi e laici: vengo a voi con il saluto e l'augurio di pace che il Signore risorto offre ai suoi discepoli (cfr Jn 20,19), per confermarvi nella fede ed incoraggiarvi nel cammino della vita cristiana.

Saluto i cristiani delle altre Comunità ecclesiali, i membri della Comunità Ebraica con il loro Presidente e i fedeli dell'islam guidati dal Gran Mufti, e riaffermo qui, sulla scia dell'incontro di Assisi, la convinzione che ogni religione è chiamata a promuovere giustizia e pace tra i popoli, perdono, vita e amore.

4. La Bulgaria ha accolto il Vangelo grazie alla predicazione dei Santi Cirillo e Metodio, e quel seme deposto in terra fertile ha prodotto nell'arco dei secoli copiosi frutti di testimonianza cristiana e di santità. Anche durante il lungo e rigido inverno del sistema totalitario, che ha segnato nella sofferenza il vostro, insieme a tanti altri Paesi d'Europa, la fedeltà al Vangelo non è venuta meno, e numerosi figli di questo popolo hanno vissuto eroicamente l'adesione a Cristo, giungendo in non pochi casi fino al sacrificio della propria vita.

Voglio qui rendere omaggio a questi coraggiosi testimoni della fede, appartenenti alle diverse Confessioni cristiane. Il loro sacrificio non sia vano, ma serva di esempio e renda fecondo l'impegno ecumenico in vista della piena unità dei cristiani. Guardino ad essi anche quanti lavorano per l'edificazione di una società basata sulla verità, sulla giustizia e sulla libertà!

5. Occorre curare le ferite e progettare con ottimismo il futuro. Si tratta, certo, di un cammino non facile né privo di ostacoli, ma l'impegno concorde di tutti i componenti della Nazione renderà possibile il raggiungimento dei traguardi desiderati. Si dovrà tuttavia procedere con saggezza nella legalità e nella salvaguardia delle istituzioni democratiche, senza lesinare sacrifici, custodendo e promuovendo i valori che fondano la vera grandezza di una Nazione: l'onestà morale e intellettuale, la difesa della famiglia, l'accoglienza del bisognoso, il rispetto per la vita umana dal suo concepimento al suo termine naturale.

Formulo l'auspicio che lo sforzo di rinnovamento sociale intrapreso con coraggio dalla Bulgaria trovi l'accoglienza intelligente e il sostegno generoso dell'Unione Europea.

6. Forse proprio qui, vicino alle tombe dei martiri, si radunarono nel 342 o 343 i Vescovi dell'Oriente e dell'Occidente per la celebrazione dell'importante Concilio di Serdica, dove si discussero le sorti dell'Europa cristiana. Nei secoli successivi, qui è sorta la basilica della Sophia, la Divina Sapienza, che secondo il pensiero cristiano indica i fondamenti su cui deve essere edificata la città degli uomini. Il cammino che conduce all'autentico progresso di un popolo non può essere soltanto politico ed economico; esso deve necessariamente presupporre anche la dimensione spirituale e morale. Il cristianesimo è alle radici stesse della storia e della cultura di questo Paese: da esso non si potrà quindi prescindere in un serio processo di crescita proiettato verso il futuro.

La Chiesa Cattolica, con l'impegno quotidiano dei suoi figli e la disponibilità delle sue strutture, intende contribuire a conservare e sviluppare il patrimonio di valori spirituali e culturali di cui il Paese va fiero. Essa desidera congiungere i propri sforzi con quelli degli altri cristiani, per porre al servizio di tutti quei fermenti di civiltà che il Vangelo può offrire anche alle generazioni del nuovo millennio.

7. Per collocazione geografica, la Bulgaria si trova a fare da ponte tra l'Europa orientale e l'Europa del sud, quasi come crocevia spirituale, terra di incontro e di reciproca comprensione. Qui sono confluite le ricchezze umane e culturali delle diverse regioni del Continente, ed hanno trovato accoglienza e rispetto. Desidero rendere pubblicamente omaggio a questa tradizionale ospitalità del popolo bulgaro, ricordando in particolare i benemeriti sforzi compiuti per salvare migliaia di ebrei durante il secondo conflitto mondiale.

La Madre di Dio, qui particolarmente amata e venerata, custodisca la Bulgaria sotto il suo manto ed ottenga al suo popolo di crescere e prosperare nella fraternità e nella concordia! Dio Onnipotente colmi delle sue benedizioni questo vostro nobile Paese, assicurandone un futuro prospero e tranquillo!

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN AZERBAIJAN E BULGARIA

INCONTRO CON SUA SANTITÀ IL PATRIARCA MAXIM

E I MEMBRI DEL SANTO SINODO

Palazzo Patriarcale, Sofia

155
Venerdì, 24 maggio 2002




Santità,
Venerati Metropoliti e Vescovi,
e voi tutti, cari fratelli nel Signore!

Cristo è risorto!

1. Sono lieto di potervi incontrare oggi, 24 maggio, perché questo è un giorno particolare, iscritto profondamente nel mio cuore e nella mia memoria. Le visite delle Delegazioni bulgare che, fin dall'inizio del mio servizio quale Vescovo di Roma, ho avuto la gioia di ricevere in Vaticano il 24 maggio di ogni anno, sono state per me gradite occasioni di incontro non solo con la nobile Nazione bulgara, ma anche con la Chiesa ortodossa di Bulgaria e con Vostra Santità, nelle persone dei Vescovi che La rappresentavano.

Oggi il Signore ci permette di incontrarci di persona e di scambiarci "il bacio di pace". Sono grato per la disponibilità con cui Vostra Santità e il Santo Sinodo mi hanno consentito di realizzare un profondo desiderio, che nutrivo da tempo nel cuore. Vengo a voi con sentimenti di stima per la missione che la Chiesa ortodossa di Bulgaria sta svolgendo, e intendo testimoniare rispetto e apprezzamento per il suo impegno a vantaggio di queste popolazioni.

2. Lungo i secoli, nonostante vicende storiche complesse e a volte ostili, la Chiesa che Vostra Santità oggi guida ha saputo annunciare con perseveranza l'incarnazione dell'Unigenito Figlio di Dio e la sua risurrezione. Ad ogni generazione ha ripetuto la Buona Novella della salvezza. Anche oggi, all'inizio del terzo millennio, essa con forze rinnovate testimonia la salvezza che il Signore offre ad ogni uomo e propone a tutti la speranza che non delude e della quale il nostro mondo ha profondamente bisogno.

Santità, la visita, che per la prima volta nella storia un Vescovo di Roma compie in questo Paese, incontrandoLa assieme al Santo Sinodo, è giustamente un momento di gioia, perché è segno di una progressiva crescita nella comunione ecclesiale.Questo, tuttavia, non può distoglierci da una franca constatazione: Cristo Signore ha fondato la Chiesa una e unica, ma noi, oggi, ci presentiamo al mondo divisi come se Cristo stesso fosse diviso. "Tale divisione non solo contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ma anche è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura" (Decr. Unitatis redintegratio
UR 1).

3. La piena comunione fra le nostre Chiese ha conosciuto dolorose lacerazioni nel corso della storia, "talora non senza colpa di uomini di entrambe le parti" (ibid., 3). "Tali peccati del passato fanno sentire ancora, purtroppo, il loro peso e permangono come altrettante tentazioni anche nel presente. E' necessario farne ammenda, invocando con forza il perdono di Cristo" (Lettera ap. Tertio millennio adveniente TMA 34).

Un dato, tuttavia, ci conforta: l'allontanamento avvenuto tra cattolici ed ortodossi non ha mai sopito in loro il desiderio di ristabilire la piena comunione ecclesiale, affinché fosse espressa con maggiore evidenza quell'unità per la quale il Signore ha pregato il Padre. Oggi possiamo rendere grazie a Dio perché i vincoli esistenti tra noi si sono fortemente rinsaldati.

156 Già il Concilio Vaticano Secondo sottolineava, in proposito, che le Chiese ortodosse "hanno veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il Sacerdozio e l'Eucaristia" (Decr. Unitatis redintegratio UR 15). Il Concilio, inoltre, ricordava e riconosceva che "una certa diversità di usi e consuetudini... non si oppone minimamente all'unità della Chiesa, anzi ne accresce il decoro e non poco contribuisce al compimento della sua missione" (ibid., 16), e aggiungeva: "La perfetta osservanza di questo tradizionale principio, invero non sempre rispettata, appartiene a quelle cose che sono assolutamente richieste come previa condizione al ristabilimento dell'unità" (ibid.).

4. Nell'affrontare questo discorso, non possiamo non volgere il nostro sguardo all'esempio di unità che nel primo millennio hanno concretamente offerto i Santi Fratelli Cirillo e Metodio, dei quali una viva memoria e una profonda eredità sono custodite nel vostro Paese. Alla loro testimonianza possono guardare coloro stessi che, in ambito politico, si stanno impegnando nel processo di unificazione europea. Nella ricerca della propria identità, infatti, il Continente non può non tornare alle sue radici cristiane. L'intera Europa, quella Occidentale e quella Orientale, attende il comune impegno di cattolici e di ortodossi in difesa della pace e della giustizia, dei diritti dell'uomo e della cultura della vita.

L'esempio dei Santi Cirillo e Metodio si propone come emblematico soprattutto per l'unità dei cristiani nell'unica Chiesa di Cristo. Inviati nell'Est europeo dal Patriarca di Costantinopoli per portare la vera fede ai popoli slavi nella loro lingua, di fronte agli ostacoli posti alla loro impresa dalle diocesi occidentali confinanti, che ritenevano loro responsabilità portare la Croce di Cristo ai Paesi slavi, vennero dal Papa per far autenticare la loro missione (cfr Epistola enc. Slavorum Apostoli, 5). Essi pertanto sono per noi "come gli anelli di congiunzione, o come un ponte spirituale tra la tradizione orientale e la tradizione occidentale, che confluiscono entrambe nell'unica grande tradizione della Chiesa universale. Essi sono per noi i campioni ed insieme i patroni nello sforzo ecumenico delle Chiese sorelle d'Oriente e d'Occidente, per ritrovare mediante il dialogo e la preghiera l'unità visibile nella comunione perfetta e totale, «l'unità che... non è assorbimento e neppure fusione». L'unità è l'incontro nella verità e nell'amore, che ci sono donati dallo Spirito" (ibid., 27).

5. Mi è caro evocare, in questo nostro incontro, i molteplici contatti tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa di Bulgaria, iniziati con il Concilio Vaticano Secondo al quale essa ha inviato i propri osservatori. Sono fiducioso che tali contatti diretti, felicemente incrementati negli anni scorsi, incideranno positivamente anche sul dialogo teologico, nel quale cattolici ed ortodossi sono impegnati per il tramite dell'apposita Commissione mista internazionale.

Proprio con l'intento di alimentare la conoscenza reciproca, la carità vicendevole e la fraterna collaborazione, sono lieto di offrire alla comunità ortodossa bulgara di Roma l'uso liturgico della chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio a Fontana di Trevi, secondo le modalità che i nostri rispettivi delegati dovranno determinare.

Sono stato informato poi che il 5E Concilio della Chiesa Ortodossa Bulgara ha ripristinato nello scorso dicembre la Metropolia di Silistra, l'antica Dorostol. Da quella regione proveniva il giovane soldato Dasio, del cui martirio ricorre quest'anno il 1700.mo anniversario. Accogliendo volentieri il desiderio manifestatomi, è con gioia che ho portato con me, grazie alla generosa disponibilità dell'Arcidiocesi di Ancona-Osimo, un'insigne reliquia del santo per farne dono a questa Chiesa.

6. Vorrei infine, Santità, esprimere a Lei e a tutti i Vescovi della Sua Chiesa il mio vivo ringraziamento per l'accoglienza che mi è stata riservata. Ne sono profondamente toccato.

Con sentimenti fraterni, assicuro la mia costante preghiera, affinché il Signore conceda alla Chiesa ortodossa di Bulgaria di realizzare con coraggio, insieme alla Chiesa cattolica, la missione di evangelizzazione che Egli le ha affidato in questo Paese.

Voglia Iddio benedire gli sforzi di Vostra Santità, dei Metropoliti e Vescovi, del Clero, dei Monaci e delle Monache, accordando un'abbondante messe spirituale alle fatiche apostoliche di ciascuno.

La Vergine Santissima, teneramente venerata dai fedeli della Chiesa ortodossa di Bulgaria, vegli su di essa e la protegga oggi e sempre!

Cristo è risorto!



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL SUPERIORE GENERALE


DELLA CONGREGAZIONE DELLO SPIRITO SANTO




157 A Padre Pierre Schouver
Superiore generale della Congregazione dello Spirito Santo

1. Desidero porgerle i miei ferventi saluti mentre si è riunito a Roma con i membri del Consiglio generale della Congregazione dello Spirito Santo, per preparare le festività che scandiranno, quest'anno e il prossimo anno, la vita della vostra famiglia religiosa. Mi rallegro dello spirito con cui desiderate vivere questi anniversari e rafforzare il vostro carisma e il vostro impegno missionari.

2. Il prossimo anno celebrerete il terzo centenario della Congregazione, fondata il 27 maggio 1703 da un giovane diacono di ventiquattro anni, Claude-François Poullart des Places. Si trattava all'inizio di un seminario, dedicato allo Spirito Santo e con la Vergine Maria come guida, aperto a studenti poveri che il vostro fondatore destinava a servire le parrocchie più dimenticate nel Regno di Francia. La giovane Congregazione trovò rapidamente una dimensione missionaria, con l'invio di un primo sacerdote nel Québec, presto seguito da altri nella Cocincina, nel Senegal e nella Guyana.

Circa un secolo e mezzo dopo, nel 1848, Padre François Libermann, nato in una famiglia ebrea dell'Alsazia e figlio di un rabbino, convertitosi alla fede cristiana all'età di ventiquattro anni, divenne il secondo fondatore della Congregazione, unendola alla Congregazione del Sacro Cuore di Maria che aveva fondato nel 1841, e orientandola, in modo prioritario, verso il servizio missionario del continente africano. Voi avete celebrato, sempre quest'anno, il secondo centenario della sua nascita e il centocinquantesimo anniversario della sua morte.

3. Rendendo grazie a Dio per l'opera considerevole che la vostra Congregazione svolge da tre secoli, soprattutto nel campo dell'evangelizzazione dell'Africa, delle Antille e dell'America del Sud, vi invito a restare fedeli alla duplice eredità dei vostri fondatori: l'attenzione per i poveri, per tutte le persone socialmente bisognose o svantaggiate, e il servizio missionario, ossia l'annuncio della Buona Novella di Cristo a tutti gli uomini, in particolare a coloro che non hanno ancora accolto il messaggio del Vangelo. Questa duplice fedeltà, riaffermata negli orientamenti del vostro ultimo Consiglio generale allargato di Pittsburgh, vi ha portato spesso a cominciare la vostra opera missionaria dalla fondazione di una scuola, al fine di istruire i giovani e di permettere loro di accedere alla conoscenza, ma anche e soprattutto di ricevere un'autentica educazione, che dia a ognuno il senso della propria dignità, dei propri diritti e doveri. Come non ricordare, nello stesso spirito, l'Opera degli Orfani Apprendisti di Auteuil, dal 1923 affidata alla vostra Congregazione?

Dopo l'impulso vigoroso dato dal beato Padre Daniel Brottier, e ora sotto la sua protezione, questa continua a vivere il vostro carisma missionario presso i giovani in grande difficoltà a causa della povertà, del disgregarsi della cellula familiare, dell'insuccesso scolastico e dell'emarginazione sociale. Restate attenti agli appelli dello Spirito, per raggiungere i poveri di oggi e annunciare la Buona Novella che è destinata loro: è il segno stesso dell'avvento dei tempi messianici, come Gesù ha insegnato nella sinagoga di Nazareth (cfr
Lc 4,18).

4. Sull'esempio dei vostri fondatori, avete riconosciuto nella spiritualità della consacrazione allo Spirito Santo una scuola di libertà evangelica e di disponibilità alla missione. "Infatti, è sempre lo spirito che agisce sia quando vivifica la Chiesa e la spinge ad annunziare il Cristo, sia quando semina e sviluppa i suoi doni in tutti gli uomini e i popoli, guidando la Chiesa a scoprirli, promuoverli e recepirli mediante il dialogo... È lui il protagonista della missione!" (Redemptoris missio RMi 29 Redemptoris missio, nn. 29 e 30). Disceso sugli Apostoli il giorno di Pentecoste per fare di essi i primi missionari del Vangelo, lo Spirito continua ad animare la Chiesa e a inviarla ad annunciare la Buona Novella ai quattro angoli del mondo. Restate attaccati a questa devozione allo Spirito Santo, che caratterizza la vostra famiglia religiosa!

Lo Spirito che unisce la Chiesa e che da ovunque la raduna per fare di essa il popolo dell'Alleanza nuova, vi ha chiamati alla vita comunitaria. Che possiate essere attenti a vivere questa esperienza nella vostra vita quotidiana! La vita comune e fraterna è in effetti un aiuto prezioso lungo il cammino a volte difficile dei consigli evangelici e dell'impegno missionario. Inoltre, è per noi contemporanei una testimonianza dell'amore di Cristo: "Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello" (1Jn 4,21).

5. Sulle vie dell'evangelizzazione le difficoltà non mancano. Voi soffrite, in particolare in alcuni Paesi, per la mancanza di vocazioni che indebolisce il vostro dinamismo. Questa prova non è specificamente vostra: essa riguarda oggi molte Diocesi e famiglie religiose. Tuttavia, questa crisi vi tocca in modo particolare poiché avete sempre attribuito un posto importante alle vocazioni nella vostra stessa pastorale missionaria, creando seminari minori nelle giovani Chiese che vi erano state affidate. Questa attenzione particolare vi ha portato anche a ricevere la responsabilità del Seminario pontificio francese di Roma. Adoperatevi per aiutare i seminaristi a prepararsi al loro ministero, mediante una formazione umana, intellettuale, spirituale e pastorale che permetta loro di inserirsi nella vita ecclesiale delle proprie Diocesi. Tutto ciò presuppone una conoscenza precisa delle Chiese locali e un dialogo costante con i loro Pastori. Il calo nel numero dei seminaristi e delle vocazioni missionarie non deve pertanto attenuare la qualità del discernimento e neppure le esigenze, soprattutto spirituali e morali, richieste dal ministero sacerdotale. L'annuncio del Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo esige in effetti testimoni fedeli, animati dallo Spirito di santità, che siano segni per i loro fratelli mediante la forza della loro parola e soprattutto l'autenticità della loro vita.

6. Cari Fratelli in Cristo, non dimentico il vero nome della vostra Congregazione: "Congregazione del Spirito Santo, sotto la protezione del Cuore Immacolato di Maria". Chiedo a Maria, Madre del Signore e Regina dei Missionari, la sua benevola intercessione per voi e anche per i numerosi membri della vostra Congregazione, dispersi nel mondo intero al servizio del Vangelo. Che la Vergine benedetta sia sempre un esempio e un modello spirituale per voi! Che il suo sì al Signore sia la regola della vostra vita! A tutti imparto di cuore una particolare Benedizione Apostolica.

158 Dal Vaticano 20 maggio 2002.


GP2 Discorsi 2002 148