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182 2. Sono lieto di sapere che è in corso la celebrazione del I Concilio Plenario del Venezuela, convocato al fine di unire "sforzi e (...) intenti, per incrementare il bene comune e quello delle singole chiese" (Christus Dominus CD 36), dando così impulso a un'azione evangelizzatrice di vasta portata che sia allo stesso tempo espressione di uno sforzo unanime perché "la fede cresca e sorga per tutti gli uomini la luce della piena verità" (Lumen gentium LG 23).

A tale riguardo, dopo la splendida esperienza del Grande Giubileo, ho indicato che una delle sfide decisive del nuovo millennio è proprio quella di fare della Chiesa "la casa e la scuola della comunione" attraverso un cammino spirituale profondo, senza il quale "a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz'anima" (Novo Millennio ineunte NM 43). Per questo, un Concilio particolare, evento di grande rilevanza ecclesiale, deve essere vissuto e portato a termine come un'autentica esperienza speciale dello Spirito, che guida la sua Chiesa e la mantiene nell'unità della fede e della carità. Il suo primo frutto è la comunione tra i Pastori che, a loro volta, sono principio di unità nelle Chiese particolari che presiedono.

Vi invito, dunque, ad alimentare in tutte le tappe di questo Concilio lo spirito di dialogo, concordia fraterna e collaborazione sincera, evitando qualunque tipo di dissenso che possa causare disorientamento tra i fedeli o essere pretesto di insidie da parte di quanti inseguono altri interessi alieni al bene della Chiesa.

3. Per la vicinanza al vostro popolo e il lavoro pastorale quotidiano che svolgete siete fortemente consapevoli delle profonde e rapide trasformazioni sociali che condizionano il grande compito dell'evangelizzazione e che esigono oggi di "affrontare con coraggio una situazione che si fa sempre più varia e impegnativa" (ibidem, n. 40). In questo contesto riveste una particolare importanza il rinnovamento della catechesi, mediante la quale la Chiesa adempie al dovere di "mostrare serenamente la forza e la bellezza della dottrina della fede" (Cost. ap. Fidei depositum, n. 1). In effetti, la cultura laicista, il clima d'indifferenza religiosa o la fragilità di alcune istituzioni tradizionalmente solide come la stessa famiglia, i centri educativi e anche alcune istituzioni ecclesiali, possono intaccare i canali attraverso i quali si trasmette la fede e si promuove l'educazione cristiana delle nuove generazioni.

In questa situazione, è bene ricordare che "nella causa del Regno non c'è tempo per guardare indietro" (Novo Millennio ineunte NM 15). Al contrario, occorre infondere nuovo ardore nei Pastori e nei catechisti affinché, con la loro testimonianza e la creatività che molto spesso li caratterizza, trovino le forme più adeguate per far giungere la luce di Cristo al cuore di ogni venezuelano, suscitando sempre la sorpresa gioiosa del suo messaggio e della sua presenza. A tale riguardo, il Catechismo della Chiesa Cattolica servirà da guida e ispirazione per una catechesi rinnovata e adatta ai diversi settori dei vostri fedeli.

4. Con lo spirito del Buon Pastore, verificate spesso che "la messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Mt 9,37) ed è consolante che il Signore abbia benedetto il vostro Paese con un certo aumento di nuove vocazioni e con la presenza generosa di persone venute da altre latitudini, molto spesso esempio di spirito di servizio abnegato al Vangelo e di vicinanza alla sensibilità e alle necessità della gente. Conoscete bene l'importanza che ha per tutti loro l'incoraggiamento e la stima dei propri Pastori, che non devono lesinare sforzi per alimentare un clima di fraternità tra i loro principali collaboratori, i sacerdoti, e di autenticità nei diversi carismi che arricchiscono ciascuna delle Chiese particolari.

Oltre agli opportuni orientamenti che dovete indicare come guide, non cessate mai di alimentare la vita spirituale e l'autentico anelito alla santità in quanti collaborano alla vostra missione apostolica, che è la sorgente più profonda dalla quale scaturisce l'impegno pastorale, svolto negli ambiti più diversi. Proprio perché molto spesso devono svolgere la loro missione in condizioni difficili, essi devono fondare la gioia del loro impegno, più che su risultati effimeri, sull'aspirazione che i loro "nomi" siano "scritti nei cieli" (Lc 10,20), annunciando agli altri ciò che essi stessi hanno visto e udito del Signore (cfr Ac 4,20 Ac 22,15).

5. Il vostro Paese, che può contare su abbondanti risorse naturali e umane, soprattutto negli ultimi anni ha vissuto un lacerante aumento della povertà, a volte estrema, di molte persone e famiglie. Il volto sofferente di Cristo si rende visibile in tanti contadini, indigeni, emarginati nelle città, bambini abbandonati, anziani trascurati, donne maltrattate, giovani disoccupati. So che tutto questo interpella in modo pressante la vostra sollecitudine pastorale, poiché non si può passare oltre di fronte al prossimo meno fortunato (cfr Lc 33-35), che molto spesso richiede un'attenzione immediata, ancor prima che vengano analizzate le cause della sua disgrazia.

La Chiesa, sia attraverso l'impegno pieno di abnegazione di molte persone sia attraverso l'azione costante di numerose istituzioni, ha sempre dato e continua a recare testimonianza della misericordia divina con la sua generosa e incondizionata dedizione ai più bisognosi, che deve trasformarsi sempre più in una attitudine generale dell'intera comunità cristiana, con la collaborazione attiva dei suoi membri e la promozione instancabile dello spirito di solidarietà in tutto il popolo venezuelano.

Insieme a queste urgenze che non ammettono esitazioni, sentite anche la necessità di contribuire alla costruzione di un ordine sociale più giusto, pacifico e vantaggioso per tutti. Infatti, senza entrare in concorrenza con tutto ciò che compete alle autorità pubbliche, la Chiesa si sentirà talvolta chiamata a dar voce a quanti nessuno sembra ascoltare, altre volte a "discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del Disegno di Dio" (Gaudium et spes GS 11), e altre ancora a cercare forme di collaborazione leale in quelle iniziative che perseguono il bene integrale della persona e che per questo corrispondono sia alla missione propria della Chiesa sia alla finalità specifica delle organizzazioni sociali. Queste, infatti, non possono né trascurare né tantomeno ignorare l'importante contributo della Chiesa in molti aspetti che appartengono al bene comune.

So molto bene che questo aspetto del vostro ministero non è sempre facile e che non mancano i malintesi, le tentazioni di tergiversare o i propositi più o meno apertamente di parte. Tuttavia non è questo il terreno sul quale si muove la Chiesa, che invece desidera promuovere un clima di dialogo aperto e costruttivo, paziente e disinteressato, tra tutti coloro che hanno delle responsabilità pubbliche, al fine di far valere la dignità e i diritti inalienabili della persona in qualsiasi progetto di società, così da "rendere la terra più fraterna e solidale, affinché sia bello il viverci, e l'indifferenza, l'ingiustizia e l'odio non abbiano mai l'ultima parola" (Discorso al Corpo Diplomatico, 10 gennaio 2002, n. 2).

183 Affido il vostro ministero pastorale alla Santissima Vergine Maria, tanto amata nella vostra patria con il nome di Nostra Signora di Coromoto. Dinanzi a lei mi sono prostrato nel mio ultimo viaggio in Venezuela per implorare la sua protezione sul popolo venezuelano e oggi continuo a chiederle che i cattolici di questo amato Paese siano "sale e luce per gli altri, come autentici testimoni di Cristo" (Omelia nel Santuario della Vergine di Coromoto, 10 febbraio 1996, n. 6).

Mentre vi chiedo di trasmettere ai vostri fedeli il saluto del Papa, che non li dimentica, e la sua speciale gratitudine ai sacerdoti, alle comunità religiose e a quanti collaborano più direttamente nell'appassionante compito dell'evangelizzazione, reitero la mia esortazione a operare in comunione reciproca con la Sede di Pietro a favore della causa del Vangelo e al contempo vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.


ALLE PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELL’ISTITUTO FIGLIE DI SAN CAMILLO


Sabato 15 giugno 2002




Carissime Sorelle!

1. Sono lieto di rivolgere il mio cordiale benvenuto a ciascuna di voi, religiose dell'Istituto Figlie di San Camillo, convenute a Roma per il Capitolo Generale. Grazie per questo incontro, con il quale avete voluto testimoniare devozione ed affetto al Vicario di Cristo, confermando la vostra fedeltà al Suo Magistero di Pastore universale della Chiesa. Saluto la vostra nuova Superiora Generale, Suor Laura Biondo, e la ringrazio per le cortesi espressioni che mi ha indirizzato a nome delle presenti e dell'intera vostra Congregazione. Per lei e per il Consiglio Generale invoco dal Signore copiosi doni di luce e di grazia per svolgere il nuovo compito in conformità con la volontà di Dio.

2. Serbo ancora vivo il ricordo delle beatificazioni dei vostri Fondatori Giuseppina Vannini e Luigi Tezza, che ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari rispettivamente nel 1994 e nel 2001. Sono state singolari occasioni di grazia, che continuano a costituire un costante invito a crescere nel fervore spirituale e nello zelo apostolico.

Arricchite e incoraggiate da tali doni, voi avete scelto di orientare i lavori del Capitolo Generale verso un approfondimento dell'eredità spirituale ricevuta dai nuovi Beati per proseguire con consapevolezza ed entusiasmo sulla via della santità. Si tratta di una scelta che vi consente di confermare il cammino intrapreso e di adattare il vostro carisma alle mutate condizioni dei tempi, per divenire testimoni sempre più credibili dell'amore misericordioso del buon Samaritano.

Mi è noto lo sforzo generoso da voi profuso nel servizio ai poveri ed ai malati, come pure l'impulso che la vostra Famiglia religiosa, già presente in quattro Continenti, ha impresso recentemente all'attività missionaria nell'America del Sud, in Oriente e nell'Europa dell'Est. Vi incoraggio a continuare su questa scia, animate e sostenute dall'esempio del beato Luigi Tezza, autentico pellegrino per la missione.

3. Sia vostra cura rendere presente il Cristo misericordioso in tutti i vostri contatti col prossimo, a cominciare da quelli all'interno della Congregazione. Regni tra voi lo spirito di carità fraterna, così che ogni religiosa si senta capita e valorizzata nelle sue capacità e nessuna debba lamentare ingiustizie o sopraffazioni.

Voi siete chiamate ad essere segni concreti della tenerezza di Cristo soprattutto là dove la sofferenza opprime l'essere umano nel corpo e nello spirito. In tale compito siete favorite dalla vostra condizione di donne consacrate che, guardando alla Vergine Immacolata, assicurano una speciale sensibilità per ciò che è essenzialmente umano, anche in contesti di dolore e di emarginazione (cfr Mulieris dignitatem MD 30). Ecco un apporto specifico che voi potere offrire alla vasta azione della nuova evangelizzazione, che investe l'intero Popolo di Dio.

Seguendo l'esempio di San Camillo e dei beati Fondatori, non esitate a proclamare con le parole, ma soprattutto con le opere, la gioia di sacrificare la vostra esistenza per i fratelli bisognosi. Ed in tale singolare missione non abbiate paura di tendere con ardore alle vette della carità eroica.

184 "Come vere Figlie di San Camillo dovete primeggiare nella carità ed essere disposte per la carità a fare sempre qualunque sacrificio". Così scriveva il beato Luigi Tezza alle prime discepole, offrendo in tal modo a tutte le sue figlie un prezioso criterio per vivere fedelmente la propria vocazione.

4. Inoltre, accanto ad un'assistenza ricca di umanità nei confronti del malato, icona vivente di Cristo, a voi è chiesto, nel quotidiano lavoro, di recare a tutti il messaggio salvifico del Vangelo.

Attraverso le istituzioni socio-sanitarie e le scuole da voi gestite fatevi promotrici di autentiche fucine di umanità e di carità, capaci di suscitare in quanti sono a contatto con i malati il desiderio di trasformare il curare in un prendersi cura, e la professione in vocazione. Per raggiungere tale obiettivo occorre una sintesi armoniosa di intelligenza e di cuore, di tecnica e di capacità d'accoglienza del malato. E' necessario, al tempo stesso, sostenere la "cultura della vita", ponendo a fondamento di ogni insegnamento la convinzione che la persona riveste un valore unico e la vita umana è sacra. Per questo va difesa e protetta sempre, dal suo nascere fino al suo termine naturale.

5. Carissime Sorelle, rimanete fedeli alla vostra meravigliosa vocazione e sforzatevi di viverla con dedizione e gioia. Come vi ricorda la testimonianza dei vostri Fondatori, essa costituisce per voi la strada alla perfezione della carità e alla piena conformazione al Cristo, che avete scelto di servire nei malati e nei sofferenti.

Con tali sentimenti, mentre vi affido alla celeste intercessione della Madre del Signore, Consolatrice degli afflitti, di San Camillo de Lellis e dei beati Luigi Tezza e Giuseppina Vannini, di cuore imparto a ciascuna di voi la Benedizione Apostolica, volentieri estendendola a tutte le vostre Consorelle sparse nel mondo.


AI PELLEGRINI CONVENUTI PER LA CANONIZZAZIONE


DI SAN PIO DA PIETRELCINA


Lunedì, 17 giugno 2002




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. È una grande gioia incontrarvi di nuovo, all'indomani della solenne canonizzazione dell'umile Cappuccino di San Giovanni Rotondo. Vi saluto con affetto, cari pellegrini e devoti convenuti a Roma così numerosi per questa singolare circostanza. Rivolgo anzitutto il mio pensiero ai Vescovi presenti, ai sacerdoti e ai religiosi. Un ricordo speciale per i cari Frati Cappuccini che, in comunione con tutta la Chiesa, lodano e ringraziano il Signore per le meraviglie da lui operate in questo loro esemplare Confratello. Padre Pio è un autentico modello di spiritualità e di umanità, due peculiari caratteristiche della tradizione francescana e cappuccina.

Saluto gli aderenti ai "Gruppi di Preghiera Padre Pio" e i rappresentanti della famiglia della "Casa Sollievo della Sofferenza", grande opera di cura e di assistenza ai malati, sgorgata dalla carità del nuovo Santo. Abbraccio voi, cari pellegrini provenienti dalla nobile Terra che ha dato i natali a Padre Pio, dalle altre regioni d'Italia e da ogni parte del mondo. Con la vostra presenza voi testimoniate come la devozione e la fiducia nei confronti del santo Frate del Gargano siano ampiamente diffuse nella Chiesa e in ogni Continente.

2. Ma qual è il segreto di tanta ammirazione e amore verso questo nuovo Santo? Egli è innanzitutto un "frate del popolo", tradizionale caratteristica dei Cappuccini. È, inoltre, un santo taumaturgo, come testimoniano gli eventi straordinari che costellano la sua vita. Soprattutto, però, Padre Pio è un religioso sinceramente innamorato di Cristo crocifisso. Al mistero della Croce egli ha partecipato in modo anche fisico nel corso della sua vita.

Egli amava congiungere la gloria del Tabor al mistero della Passione, come leggiamo in una sua lettera: "Innanzi di esclamare anche noi con san Pietro 'Oh! quanto è buono l'essere qui', bisogna ascendere prima il Calvario, ove non si vede che morte, chiodi, spine, sofferenza, tenebre straordinarie, abbandoni e deliqui" (Epistolario III, p. 287).

185 Questo suo cammino di esigente ascesi spirituale Padre Pio lo compì in profonda comunione con la Chiesa. Non valsero a frenare questo suo atteggiamento di filiale obbedienza momentanee incomprensioni con l'una o con l'altra Autorità ecclesiale. Padre Pio fu, in pari misura, fedele e coraggioso figlio della Chiesa, seguendo anche in questo il luminoso esempio del Poverello d'Assisi.

3. Questo santo Cappuccino, a cui tante persone si rivolgono da ogni angolo della terra, ci indica i mezzi per raggiungere la santità, che è il fine della nostra vita cristiana. Quanti fedeli di ogni condizione sociale, provenienti dai luoghi più diversi e dalle situazioni più difficili, accorrevano a lui per interrogarlo! A tutti sapeva offrire ciò di cui avevano maggiormente bisogno, e che spesso cercavano come a tentoni, senza neppure averne piena consapevolezza. Egli trasmetteva loro la Parola consolatrice e illuminante di Dio, consentendo a ciascuno di attingere alle fonti della grazia mediante l'assidua dedizione al ministero delle Confessioni e la fervorosa celebrazione dell'Eucaristia.

Così scriveva ad una sua figlia spirituale: "Non temere di accostarti all'altare del Signore per saziarti delle carni dell'Agnello immacolato, perché nessuno riunirà meglio il tuo spirito che il suo re, nessuna cosa lo riscalderà meglio che il suo sole, e niente di meglio lo addolcirà che il suo balsamo" (ivi, p. 944).

4. La Messa di Padre Pio! Era per i sacerdoti un eloquente richiamo alla bellezza della vocazione presbiterale; per i religiosi ed i laici, che accorrevano a San Giovanni Rotondo anche in ore molto mattutine, era una straordinaria catechesi sul valore e sull'importanza del Sacrificio eucaristico.

La Santa Messa era il cuore e la fonte di tutta la sua spiritualità: "C'è nella Messa - egli soleva dire - tutto il Calvario". I fedeli, che si assiepavano intorno al suo Altare, erano profondamente colpiti dall'intensità della sua "immersione" nel Mistero e percepivano che "il Padre" partecipava in prima persona alle sofferenze del Redentore.

5. San Pio da Pietrelcina si presenta così davanti a tutti - sacerdoti, religiosi, religiose e laici - come un testimone credibile di Cristo e del suo Vangelo. Il suo esempio e la sua intercessione spronano ciascuno ad un amore sempre maggiore verso Dio ed alla concreta solidarietà verso il prossimo, specialmente verso quello più bisognoso.

Ci aiuti la Vergine Maria, che Padre Pio invocava col bel titolo di "Santa Maria delle Grazie", a seguire le orme di questo religioso così amato dalla gente!

Con questo augurio, benedico di cuore voi qui presenti, le persone a voi care e quanti si impegnano a camminare nella scia spirituale del caro Santo di Pietrelcina.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL'ARCIVESCOVO SERAFINO SPROVIERI


IN OCCASIONE DEL CONGRESSO EUCARISTICO DIOCESANO


SVOLTOSI NELLA CITTÀ DI BENEVENTO


Al venerato Fratello

SERAFINO SPROVIERI

Arcivescovo di Benevento

1. Ho appreso con gioia che codesta Arcidiocesi conclude con particolare solennità, nella festa liturgica del Corpus Domini, la celebrazione del Congresso Eucaristico. Sono, pertanto, ben lieto d'inviare, per il tramite del caro Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il quale presiederà la celebrazione, il mio più cordiale saluto a Lei, venerato Fratello, e all'intera amata Chiesa beneventana, profondamente unita da molteplici legami alla Sede di Pietro. Torno con la mente alla visita che, circa dodici anni fa, ho potuto compiere alla Comunità ecclesiale di Benevento e, mentre penso con gratitudine all'Arcivescovo Carlo Minchiatti, suo predecessore di venerata memoria, ricordo la sosta al nuovo Seminario, che ho avuto la possibilità di benedire.

186 Insieme con Lei, venerato Fratello, saluto i presbiteri, i religiosi e le religiose, i soci dell'Azione Cattolica, i membri delle associazioni e movimenti ecclesiali, e l'intera Comunità cristiana, che affronta con coraggio, sotto la sua guida illuminata e lungimirante, le sfide della post-modernità. Mi unisco con affetto a quanti sono radunati nella Piazza, la più vasta della Città, per la solenne concelebrazione conclusiva delle varie manifestazioni in onore dell'Eucaristia, cui seguirà la consacrazione a Cristo, suggello dell'intero Congresso. Incoraggio tutti ad offrire al "Signore dei signori" un cuore sincero e un animo rinnovato, a Lui affidandosi con sicura speranza.

2. So che questa intensa settimana celebrativa è stata preparata con molte iniziative, in sintonia con le indicazioni e i suggerimenti presenti nella Lettera apostolica Novo Millennio ineunte. Me ne compiaccio con Lei, con il clero, i religiosi ed i fedeli di codesta antica Chiesa particolare, a tutti augurando di proseguire insieme il cammino iniziato col Grande Giubileo "non solo come memoria del passato, ma come profezia dell'avvenire" (n. 3). Tutto deve essere fatto convergere sul Tabernacolo, nuova "tenda del convegno" e luogo privilegiato per contemplare, "fino ad un vero invaghimento del cuore" (ibid., 3), il volto del Signore: volto dolente di Cristo crocifisso "nel quale è nascosta la vita di Dio ed offerta la salvezza del mondo" (ibid., 28); volto glorioso di Cristo risorto in cui la Chiesa, "la Sposa, contempla il suo tesoro, la sua gioia" (ibid.).

Desidero ripetere a voi, oggi, quanto dicevo già all'inizio del mio Pontificato: "Cristo è il Redentore dell'uomo!". Egli, che rimane identico nello scorrere dei secoli (cfr
He 13,8), è davvero l'unico Salvatore dell'uomo, perché "non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12). La vita cristiana, dunque, non può che svilupparsi a partire da Lui. Dobbiamo ogni giorno "ripartire da Cristo", mirando ad una "misura alta" del vivere evangelico, ponendo in essere una "vera e propria pedagogia di santità" (cfr Novo Millennio ineunte NM 31).

3. Chiesa di Benevento, radunata attorno a Cristo vivente nell'Eucaristia! Prosegui con costanza e generosità nell'impegno dell'adorazione eucaristica settimanale, recentemente ripreso, attivando numerose e partecipate "scuole di preghiera", dove accogliere i tanti giovani, desiderosi di scoprire in Gesù il loro compagno di viaggio. Valorizza i "centri di ascolto" per approfondire il mistero eucaristico con i fratelli di fede, mobilitando le famiglie perché assumano con responsabilità il ruolo difficile ma esaltante dell'educazione alla fede dei propri figli. Moltiplica la tua cura e la testimonianza di solidarietà verso i malati e gli anziani, i poveri e gli emarginati, ognuno coinvolgendo in una crociata di preghiere per il trionfo di Cristo e della sua Chiesa.

Chiesa di Benevento! Sforzati di attuare quanto ho voluto proporre all'intero Popolo di Dio circa la centralità dell'Eucaristia, ponendo ogni sforzo pastorale per ridare slancio sempre più grande alla celebrazione comunitaria dell'Eucaristia domenicale (cfr Novo Millennio ineunte NM 35), per valorizzare il "giorno del Signore" quale "giorno della Chiesa e dell'uomo", ricavandone nuovo afflato di comunione per tutte le componenti della Comunità ecclesiale, che allora sarà più pronta ad intervenire efficacemente per affrontare le molteplici forme di povertà presenti sul territorio con altrettanto numerose iniziative di solidarietà e di amore concreto.

Chiesa di Benevento! Sii vera e propria "comunità eucaristica", che tenta il recupero dei "lontani" attraverso l'opera diuturna della "catena dei messaggeri", iniziativa quanto mai opportuna, al fine di perfezionare la riconversione ambientale, bonificando il Sannio e l'Irpinia da residue sacche di superstizione e di inadeguate concezioni della religiosità.

4. Amata Chiesa di Benevento! La Vergine Santissima delle Grazie ed i tanti Santi che vegliano su di te - da san Bartolomeo apostolo a san Gennaro e san Barbato, da san Pompilio a san Giuseppe Moscati e sant'Alberico Crescitelli sino al beato Pio da Pietrelcina - ti aiutino a proseguire con rinnovato slancio nel tuo cammino di fede e di testimonianza dei perenni valori cristiani. Ti ottengano molte e sante vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione, perché non manchi mai ai tuoi figli chi spezza il pane della Parola e dell'Eucaristia.

Con tali sentimenti e voti, imparto volentieri al Signor Cardinale Joseph Ratzinger, Latore di questo Messaggio, a Lei, venerato Fratello, al clero, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, alle Autorità civili cui è affidato il futuro cammino di queste Terre ed all'amata Comunità di Benevento l'implorata Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 1° Giugno 2002

GIOVANNI PAOLO II


A SUA GRAZIA GEORGE CAREY, ARCIVESCOVO DI CANTERBURY


E PRESIDENTE DELLA COMUNIONE ANGLICANA


Venerdì, 21 giugno 2002




Vostra Grazia,
Cari amici,

187 è per me una grande gioia porgerle il benvenuto nella "grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,3). Le sono molto grato perché ha scelto di compiere una visita di congedo qui prima del prossimo suo ritiro. La sua visita è, come sempre, un segno vivo dei rapporti stretti che si sono costantemente sviluppati nel corso degli anni fra la Comunione Anglicana e la Chiesa Cattolica.

Ripercorrendo gli ultimi undici anni, durante i quali è stato Arcivescovo di Canterbury, penso in particolare alla Dichiarazione Comune che abbiamo firmato nel 1996. Pur riconoscendo gli ostacoli che ci impediscono una piena comunione, abbiamo deciso di "consultarci ulteriormente sui progressi nei rapporti fra la Comunione Anglicana e la Chiesa Cattolica". Negli scorsi mesi, abbiamo cominciato a raccogliere i frutti di questo spirito di perseveranza mediante la creazione della nuova Commissione Internazionale Anglicana-Cattolica per l'Unità e la Missione, che affiancherà la Commissione Mista Internazionale Cattolica-Anglicana nella sua costante opera.

Ripeto volentieri quanto ho scritto nella mia Enciclica Ut unum sint, ossia che "veramente il Signore ci ha preso per mano e ci guida" (n. 25). Con la speranza che nasce dallo Spirito, confidiamo nel fatto che le iniziative e gli strumenti di riconciliazione che abbiamo promosso e incoraggiato saranno guidati dallo Spirito Santo che è sempre capace di donare benedizioni.

Quando riflettiamo sui pericoli e sulle sfide che il mondo deve affrontare nel tempo attuale, non possiamo non provare il bisogno urgente di cooperare alla promozione della pace e della giustizia.

So che lei, Vostra Grazia, opera attivamente per sostenere il dialogo in Terra Santa, riunendo responsabili cristiani, ebrei e musulmani per cercare una soluzione duratura. Che questa e le altre sue iniziative per una pace con giustizia trovino sostegno e infondano speranza nella lotta e nel dolore.

Vostra Grazia, prego affinché la prossima fase della sua vita le offra nuovi modi per condividere le sue capacità lungo il cammino della riconciliazione che abbiamo intrapreso. Sappia che Lei e la signora Carey, con tutta la Comunione Anglicana, rimarrete nelle mie preghiere. Che il Signore vi benedica!

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALLA TERZA SESSIONE PLENARIA


DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DI SAN TOMMASO D’AQUINO




1. Sono lieto di inviarvi questo mio Messaggio, cari soci ordinari della Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino, in occasione della vostra Sessione plenaria. Vi saluto cordialmente, con un particolare pensiero per il Signor Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che presiede le attività delle Accademie Pontificie, e per il Presidente e il Segretario della vostra benemerita Accademia. Vorrei, inoltre, ricordare il compianto Mons. Antonio Piolanti, già Presidente della vostra Accademia, che per lunghi anni ha reso alla Chiesa un prezioso servizio.

Il vostro illustre Sodalizio, rinnovati gli Statuti ed arricchitosi della presenza di studiosi di fama internazionale, continua a dedicarsi con frutto allo studio dell'opera di San Tommaso, sempre "proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia" (Fides et ratio, 43). Nella presente Assemblea plenaria la vostra riflessione ha preso a tema "Il dialogo sul bene", nella prospettiva trascendentale, che scruta il rapporto del bene con l'essere e perciò anche con Dio.

2. Proseguite, cari e stimati ricercatori, su questo cammino. Oggi, accanto a meravigliose scoperte scientifiche e a sorprendenti progressi tecnologici, non mancano nel panorama della cultura e della ricerca ombre e lacune. Stiamo assistendo ad alcuni grandi oblii: l'oblio di Dio e dell'essere, l'oblio dell'anima e della dignità dell'uomo. Ciò genera talora situazioni di angoscia, alle quali occorre offrire risposte ricche di verità e di speranza. Di fronte a pensatori pagani che, privi della luce superiore della Rivelazione, non erano in grado di dare soluzione ai problemi radicali dell'uomo, San Tommaso esclamava: "Quantam angustiam patiebantur hinc et inde illa praeclara ingenia!" (ScG, III, 48, n. 2261).

È necessario anzitutto ritornare alla metafisica. Nell'Enciclica Fides et ratio, tra le esigenze e compiti attuali della filosofia, indicavo come "necessaria una filosofia di portata autenticamente metafisica, capace cioè di trascendere i dati empirici per giungere, nella sua ricerca della verità a qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante" (n. 83). Il discorso sul bene postula una riflessione metafisica. Nell'essere infatti la verità ha il suo fondamento e il bene la sua consistenza. Tra l'essere, la verità e il bene Tommaso scopre una reale e profonda circolarità.

3. Nella comprensione del bene si trova pure la soluzione al mistero del male. Tommaso ha dedicato l'intera sua opera alla riflessione su Dio, ed è in questo contesto che svolge le sedici questioni sul male (De Malo). Seguendo Agostino, egli si chiede: "Unde malum, unde hoc monstrum?". Nel celebre articolo della Summa Theologiae sulle cinque vie per le quali l'intelligenza umana arriva all'esistenza di Dio, egli riconosce come grande ostacolo in tale cammino la realtà del male nel mondo (cfr q. I, 2, ob. 3).

188 Molti nostri contemporanei si domandano: Come mai, se Dio esiste, permette il male? Occorre allora far comprendere che il male è privazione del bene dovuto, e il peccato è avversione dell'uomo a Dio, fonte di ogni bene.

Un problema antropologico, così centrale per la cultura di oggi, non trova soluzione se non alla luce di quella che potremmo definire "meta-antropologia". Si tratta cioè della comprensione dell'essere umano come essere cosciente e libero, homo viator, che al tempo stesso è e diviene. In lui si conciliano le diversità: l'uno e i molti, corpo e anima, maschio e femmina, persona e famiglia, individuo e società, natura e storia.

4. San Tommaso, oltre che insigne filosofo e teologo, è stato maestro di umanità. Doctor humanitatis l'ho definito nel 1980, proprio per questa sua caratteristica comprensione dell'uomo nella sua razionalità e nella sua condizione di essere libero. A Parigi, mentre commentava l'opera delle Sentenze di Pietro Lombardo, egli scoprì il ruolo della ragione pratica nell'essere e nel divenire dell'uomo. Mentre la ragione speculativa è ordinata alla conoscenza della verità, la ragione pratica è ordinata all'operare, alla direzione cioè dell'agire umano.

L'uomo, che ha ricevuto da Dio come dono l'esistenza, ha nelle sue mani il compito di gestirla in modo conforme a verità, scoprendone l'autentico senso (cfr Enc. Fides et ratio, 81). In questa ricerca emerge la costante questione morale, formulata nel Vangelo con la domanda: "Maestro, cosa devo fare di buono?" (
Mt 19,16). La cultura del nostro tempo parla tanto dell'uomo e di lui sa molte cose, ma spesso dà l'impressione di ignorare cosa egli veramente sia. In effetti, l'uomo comprende appieno se stesso solo alla luce di Dio. Egli è "imago Dei", creato per amore e destinato a vivere nell'eternità in comunione con Lui.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II insegna che il mistero dell'uomo trova soluzione solo alla luce del mistero di Cristo (cfr Gaudium et spes GS 22). Su questa scia, nell'Enciclica Redemptor hominis ho anch'io voluto ribadire che l'uomo è la prima e principale via che percorre la Chiesa (cfr n. 14). Di fronte alla tragedia dell'umanesimo ateo, è compito dei credenti annunciare e testimoniare che il vero umanesimo si manifesta in Cristo. Solo in Cristo la persona può realizzarsi in pienezza.

5. Illustri e cari soci della Pontificia Accademia di San Tommaso, la forza dello Spirito guidi i vostri lavori e renda efficace la vostra ricerca.

Mentre invoco la costante protezione di Maria, Sedes Sapientiae, e di San Tommaso d'Aquino su ciascuno di voi e sulla vostra Accademia, di cuore tutti vi benedico.

Dal Vaticano, 21 Giugno 2002


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