GP2 Discorsi 2002 239

239 Che lo Spirito Santo, l'agente principale della nostra missione, che insegna alla Chiesa, che muove il cuore e lo converte a Dio, che apre gli occhi della mente e che permette a tutti di accettare e di credere nella verità divina, guidi il vostro lavoro in questi giorni!

Nell'amore di nostro Signore Gesù Cristo, il Verbo incarnato, imparto a tutti voi la mia Benedizione Apostolica.

Da Castel Gandolfo, 30 agosto 2002

GIOVANNI PAOLO II



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DEL BRASILE (LESTE/1) IN VISITA


"AD LIMINA APOSTOLORUM"


Giovedì, 5 settembre 2002

Cari Fratelli nell'Episcopato,


1. In questo tempo forte del vostro ministero episcopale che è la visita ad Limina, è per me una grande gioia accogliere voi che avete il compito pastorale della Chiesa nella Regione Leste -1 del Brasile, della quale fanno parte le Diocesi dello Stato di Rio de Janeiro e l'"Unione S. João Maria Vianney" che ho voluto istituire a Campos come Amministrazione Apostolica Personale. Siete venuti per raccogliervi sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, per far crescere in voi l'impulso apostolico che li animò e li condusse fin qui per essere i testimoni del Vangelo di Cristo, accettando così di donare totalmente la loro vita. Incontrando il Vescovo di Roma e i suoi collaboratori, voi volete parimenti manifestare la vostra comunione con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale. Il Signore benedica la vostra iniziativa e vi sostenga nel servizio al popolo che vi è stato affidato.

Nel ringraziare il Cardinale Eugênio Sales per le parole che mi ha rivolto, per esprimere sentimenti di affetto e di devozione, saluto tutti voi qui presenti e, attraverso di voi, rivolgo il mio pensiero ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e agli altri laici delle vostre Diocesi. Il Signore dia loro forza e audacia per essere, in tutte le circostanze, vigili testimoni dell'amore di Dio in mezzo ai loro fratelli!

2. Tanto l'Arcidiocesi di Niterói quanto quella di Rio de Janeiro possiedono una ricca e dinamica tradizione. In quest'ultima, dall'aurora della storia del Brasile, quando il mio venerabile predecessore, Papa Gregorio III, creò il 19 luglio 1575 la Prelatura di São Sebastião, fino ad oggi, la Chiesa cattolica ha promosso numerose iniziative pastorali, grazie alla generosa dedizione di eminenti figure come quelle dei Cardinali Arcoverde, Sebastião Leme, Jaime de Barros Câmara e Eugênio Sales, per citarne alcuni. Questa Sede di Pietro desidera rendere omaggio a tutti coloro che, prelati, Vescovi e Arcivescovi di entrambe le Arcidiocesi, hanno servito la causa del Regno di Dio fra il popolo di questa grande Nazione, facendo crescere i semi del Verbo, fino a trasformarli in un albero frondoso (cfr Mt 13,31-32). Sulla scia di questa tradizione, formulo voti affinché questa Regional continui a esercitare la sua influenza positiva su tutta la Chiesa in Brasile, promuovendo un intenso spirito di comunione con l'Episcopato nazionale e con la Santa Sede.

L'occasione mi è propizia per estendere i miei auspici di ogni bene anche al Signor Arcivescovo di Rio de Janeiro, Monsignor Eusébio Oscar Scheid, che sta cominciando ora la sua missione come nuovo Pastore dell'Arcidiocesi.

3. È nel quadro di questi auspici che desidero fare alcune considerazioni riguardo ai Seminari nella formazione dei futuri presbiteri in Brasile, come priorità assoluta per una pastorale rinnovata e missionaria.

Resta ancora vivo nella memoria il grande incontro del 1992 a Santo Domingo, con l'Episcopato Latinoamericano. I temi affrontati in quell'occasione abbracciavano circostanze e situazioni della Chiesa che superavano gli stretti confini di uno o di poche nazioni. In essi riprendevo uno dei principali motivi che avevano richiesto quella grande assemblea. In quella occasione ho detto che "condizione indispensabile per la nuova evangelizzazione è il poter contare su evangelizzatori numerosi e qualificati. Perciò la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose, come pure la promozione di altri operatori della pastorale, deve essere una priorità per i Vescovi e un impegno per tutto il popolo di Dio" (Discorso inaugurale, n. 26).

240 Sono trascorsi già quasi dieci anni, e non vi è dubbio che molto è stato fatto in tal senso, soprattutto nella vostra terra, dove la crescita demografica procede a un ritmo accelerato, e l'esigenza di delimitare le nuove frontiere ecclesiali ha cercato di accompagnare, con grande sforzo, tale evoluzione. Pensando all'immensità del territorio brasiliano e alla mancanza di sacerdoti, collaboratori immediati nel ministero profetico, sacerdotale e reale, desidero condividere con voi, come colui che deve confermare nella fede i propri fratelli, questo problema che è della Chiesa universale. I nostri sentimenti devono essere gli stessi del Signore che "vedendo le folle ne sentì compassione" e disse: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone delle messi, che mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,37-38). La debolezza umana, con la preghiera, si trasforma in potenza divina, poiché tutto possiamo in Colui che ci dà la forza (cfr Ph 4,13).

Nella forza di Dio e nel lavoro umano, fatto con saggezza, risiede il segreto per ottenere buoni risultati. Sono saggi i Pastori che uniscono le loro forze, o attraverso seminari diocesani aperti a studenti di altre Diocesi o attraverso seminari interdiocesani, purché abbiamo un orientamento di chiara e ben definita comunione con le norme della Chiesa universale. Sono saggi i Pastori che non esitano a porre nel "vivaio di sacerdoti" i loro migliori "agricoltori" preparati intellettualmente, spiritualmente e pastoralmente, affinché costituiscano il gruppo di formatori di cui la Chiesa ha bisogno, in numero adeguato in ogni seminario. È saggezza potenziare i centri di formazione, e lodevole prudenza non trascurare la qualità della formazione nel ricercare l'aumento della quantità, pur considerando l'immensità della messe.

4. Vi è stata, senza dubbio, una costante preoccupazione da parte di questa Sede Apostolica, in sintonia con i Pastori e la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, per far fronte alle esigenze di creazione o di rivitalizzazione di seminari in diverse Provincie Ecclesiastiche. Di fatto, è nella regione nord-orientale del Paese, a causa della precaria situazione economica dei territori e, di conseguenza, della difficoltà reale dei Vescovi di assicurare un'adeguata ed efficiente attività e funzionalità dei seminari, dove sono concentrati gli sforzi più impellenti. In questo contesto, è certamente degno di lode l'impegno nel poter disporre di strutture, per lo meno minime, per il reclutamento, la selezione e la formazione delle vocazioni sacerdotali di cui avrebbero urgente bisogno. Ho perciò seguito l'evoluzione di quella che potrebbe diventare una vera "campagna" a favore del Seminario in Brasile.

5. In realtà, questo problema non è totalmente estraneo alle regioni dove esistono migliori strutture non solo formative, ma anche materiali. Non basta, come ho detto prima, potenziare i centri di formazione, se non si cerca di insistere sia sullo spirito ecclesiale che deve reggere il seminario, sia sulla qualità dell'insegnamento; alla mancanza di mezzi economici si è sempre sopperito con lo sforzo e la buona volontà di tutti, anche delle forze vive di ogni Diocesi; per questo, prego Dio affinché voglia ricompensare tutti coloro che non si sono risparmiati, e non si risparmiano nell'aiutare i seminari, che saranno sempre deficitari nelle loro gestioni.

È dunque opportuno volgere uno sguardo di fede sulla situazione delle vocazioni sacerdotali. Da un lato, ci troviamo di fronte alla confortante realtà dell'aumento, in quantità e qualità, delle vocazioni sacerdotali. Esistono molte e valide esperienze nuove, come giornate vocazionali, discernimenti vocazionali, accompagnamento dei possibili candidati prima del loro ingresso nel seminario ed altre ancora. Vi è anche la consolante esperienza dell'aumento di vocazioni nelle Diocesi, i cui seminari cercano di seguire con rigore l'orientamento del Concilio Vaticano II e della Santa Sede e in modo particolare nell'applicazione dell'Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, che insiste sullo sviluppo delle dimensioni umano-affettiva, spirituale, intellettuale e pastorale; le stesse Direttrici Base della CNBB (n. 55) hanno fornito validi sussidi a tal fine.

Dall'altro, tuttavia l'impatto che il mondo moderno, con la sua tendenza secolarista ed edonistica, esercita sui cristiani, soprattutto sui giovani, dovrà essere affrontato con maggiore decisione per ricordare e coltivare in quanti hanno la vocazione l'amore profondo per Cristo e il suo Regno. È fondamentale una salda formazione alla vita di preghiera e alla Liturgia attraverso la quale la Chiesa partecipa, fin d'ora, alla Liturgia nella Gloria del Cielo.

In tal senso, la fedeltà alla dottrina sul celibato sacerdotale per il Regno dei Cieli deve essere affrontata con grande stima da parte della Chiesa, soprattutto nella vita sacerdotale (cfr Presbyterorum ordinis PO 16) quando si tratta di discernere nei candidati al sacerdozio la chiamata a un dono di sé incondizionato e pieno. È necessario ricordare loro che il celibato non è un elemento estrinseco e inutile - una sovrastruttura - del loro sacerdozio, ma una convenienza intima a partecipare alla dignità di Cristo e al servizio della nuova umanità che in Lui e per Lui ha origine e che conduce alla pienezza.

È mio dovere quindi raccomandare una rinnovata attenzione nella selezione delle vocazioni per il Seminario, utilizzando tutti i mezzi a disposizione per un'adeguata conoscenza dei candidati, soprattutto dal punto di vista morale e affettivo. Che nessun Vescovo si senta escluso da questo dovere di coscienza di cui dovrà rendere conto direttamente a Dio; sarebbe deplorevole che, per un atto di tolleranza mal inteso, venissero ordinati giovani immaturi, o con evidenti segnali di deviazioni affettive, che, come è tristemente noto, potrebbero causare gravi anomalie nelle coscienza del popolo dei fedeli, con evidente danno per tutta la Chiesa.

L'esistenza in alcune scuole teologiche o persino in seminari, di professori poco preparati, che vivono pure in disaccordo con la Chiesa, suscita profonda tristezza e preoccupazione. Confidiamo nella misericordia di Dio che guida le coscienze dei giovani generosi, ma non è possibile accettare che i giovani in formazione siano esposti a deviazioni di formatori e professori privi di esplicita comunione ecclesiale e di una testimonianza chiara di ricerca della santità. Le stesse visite apostoliche ai seminari non avrebbero un effetto significativo e duraturo se i Vescovi non procedessero con decisione all'immediata introduzione dei cambiamenti richiesti dal Visitatore. È infine opportuno che i Vescovi che inviano seminaristi in seminari di un'altra Diocesi o Provincia conoscano bene lo spirito del seminario e lo sostengano integralmente.

6. Non è superfluo ripetere qui che attraverso la "teologia, il futuro sacerdote aderisce alla parola di Dio, cresce nella sua vita spirituale e si dispone a compiere il suo ministero pastorale" (Pastores dabo vobis PDV 51). Da qui l'importanza che vi sia un accompagnamento attento e vigile di tutta la vita del seminarista, ma specialmente degli studi teologici, poiché spetta al Vescovo vegliare sulla buona dottrina offerta nel Seminario.

In modo particolare, insieme alla cristologia, l'ecclesiologia è oggi la pietra d'angolo di una sana formazione dei candidati al sacerdozio. Lo studio e l'insegnamento della teologia ha esigenze derivanti dalla sua stessa natura; una di esse, senza alcun dubbio, è che la teologia deve conservare nella Chiesa la sua identità, che non dipende intrinsecamente dal momento storico che sta attraversando.

241 Gli sforzi, certamente legittimi e necessari, per unire il messaggio cristiano alla mentalità e alla sensibilità dell'uomo moderno, e per esporre la verità della fede come strumenti estrapolati dalla filosofia moderna, dalle scienze positive, o partendo dalla situazione dell'uomo e della società contemporanea, possono, se non vengono debitamente controllati, compromettere la natura stessa della teologia e persino il contenuto della fede. È necessario che la ragione, mossa dalla Parola di Dio e dalla sua maggiore conoscenza, sia guidata ad evitare "sentieri che la porterebbero fuori dalla Verità rivelata" (Lettera Enciclica Fides et ratio, n. 73).

In alcune parti del mondo, e sembra anche in Brasile, in certe Facoltà o Istituti di Teologia è stata difesa una visione mutilata della Chiesa, secondo determinate ideologie regnanti, dimenticandosi dell'essenziale: che la Chiesa è partecipazione al mistero di Cristo incarnato. Ecco perché urge insistere affinché la teologia conservi, nella Chiesa, la propria identità.

È apparso pertanto realmente profetico il principio espresso nell'Assemblea conciliare secondo il quale il mistero di Cristo e la storia della salvezza devono costituire il punto di convergenza delle varie discipline teologiche (cfr Decreto Optatam totius
OT 16). Il tema della Chiesa, come mistero divino, non solo costituisce il primo capitolo della Lumen gentium, ma permea tutto il documento. I Vescovi devono adottare un atteggiamento di vigilanza, affinché le lezioni di teologia non si riducano a una visione umana della Chiesa in mezzo agli uomini.

Ciò non impedisce di confermare la finalità pastorale degli studi teologici, affinché "tutti gli aspetti della formazione, sacerdotale, spirituale, intellettuale, disciplinare, siano con azione intimamente unica indirizzati a questo fine pastorale tutti i superiori e i maestri devono adoperarsi con diligenza e con opera concorde, nel fedele ossequio all'autorità del Vescovo" (Ibidem, n. 4).

Questo porta, in ultima analisi, all'elemento formale, che sta al centro stesso della teologia, quello della missionarietà. Il Concilio è stato molto esplicito a tale proposito, quando nel decreto Ad gentes sull'attività missionaria ha esortato i professori dei Seminari e delle Università a mettere sempre in luce, in modo particolare nelle discipline dogmatiche, bibliche, morali e storiche, "gli aspetti missionari che vi sono contenuti, al fine di formare in questo modo una coscienza missionaria nei futuri sacerdoti". (n. 39). L'adeguata formazione nei seminari apporterà grande beneficio alla Chiesa sia per l'azione evangelizzatrice, sia per un'autentica promozione umana.

7. Cari Fratelli nell'Episcopato, al termine del nostro incontro, mi rivolgo ancora al vostro amato Paese e, in modo particolare, invito i figli di questa terra dello Stato di Rio e della sua capitale, ognuno al livello di responsabilità che gli è proprio, a impegnarsi con decisione per edificare il Regno di Dio in questo mondo.

In questo inizio di millennio, auguro a tutti un tempo di grazia che annunci una nuova primavera di vita cristiana e permetta loro di rispondere con audacia alle chiamate dello Spirito. Affido alla Vergine Maria, Madre del Redentore, il vostro ministero e la vita delle vostre comunità ecclesiali, affinché guidi i vostri passi verso suo Figlio, Gesù. Dall'intimo del cuore, vi imparto la Benedizione Apostolica, che estendo ai sacerdoti e ai seminaristi, religiosi, religiose, catechisti e tutti i fedeli diocesani.


AL NUOVO AMBASCIATORE DELLA SLOVENIA


PRESSO LA SANTA SEDE IN OCCASIONE


DELLA PRESENTAZIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI


Giovedì 5 settembre 2002




Signor Ambasciatore!

1. Sono lieto di ricevere dalle sue mani le Lettere con le quali il Signor Presidente della Repubblica La accredita quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Slovenia presso la Santa Sede. Nel porgerLe il mio cordiale benvenuto, esprimo anche viva riconoscenza per le cortesi parole augurali che il Signor Milan Kucan, Primo Magistrato della Nazione, per suo tramite, mi ha indirizzato.

Ricordo con emozione le due visite che la Divina Provvidenza mi ha dato di compiere in Slovenia. Esse, unitamente agli incontri avvenuti in Vaticano con il Presidente della Repubblica e con altri Membri del Governo, hanno contribuito a rafforzare il dialogo esistente da molti secoli fra gli Sloveni e la Sede Apostolica.

242 La Santa Sede apprezza l'azione del Suo Paese a favore della pace e della collaborazione fra le Nazioni e vede con favore lo sforzo da esso dispiegato per poter entrare a pieno titolo nell'Unione Europea. Con l'indipendenza, è emerso ancor più il carattere europeo e il ruolo che la Slovenia svolge nell'incontro pacifico e fruttuoso dei vari popoli del Continente.

Il dialogo con le altre culture è ricco e fecondo nella misura in cui è sincero e rispettoso. Pur aperto all'incontro e al confronto con differenti tradizioni, modi di essere e valori ispiratori, il popolo Sloveno intende mantenere salda l'identità propria, di cui giustamente è fiero. Gli Sloveni sanno che se si affievolisce quest'eredità lasciata dai padri, la Nazione potrebbe trovarsi disorientata di fronte al processo di globalizzazione, che caratterizza la nostra epoca.

L'eredità cristiana, che per secoli ha dato fondamento e tuttora innerva il vivere civile del Suo Paese, costituisce un valido contributo da offrire al consolidamento in Europa di una civiltà attenta alla mutua comprensione tra i popoli. Questa vocazione a fare da ponte tra culture diverse, favorendo tra di esse un utile scambio, ha pertanto il pieno sostegno ed incoraggiamento della Santa Sede.

2. Nel momento in cui si cerca di edificare la "casa comune europea" attraverso strumenti legislativi volti a promuovere l'unità e la solidarietà tra i popoli del Continente, occorre prestare attenzione ai valori sui quali essa si fonda. Alcuni di questi valori formano il patrimonio dell'umanesimo europeo e continuano ad assicurarne l'irradiazione nella storia della civiltà. E' un dato innegabile che la tradizione bimillenaria di matrice giudeo-cristiana è stata capace di armonizzare, consolidare e promuovere i principi posti a base della civiltà europea e radicati in una pluralità di culture. Essa può continuare a fornire un prezioso quadro etico di riferimento ai popoli europei.

E', pertanto, fervido auspicio della Santa Sede che, anche per il futuro, vengano salvaguardati l'identità e il ruolo della Chiesa, poiché essa ha sempre rivestito una funzione per molti versi determinante nell'educare ai principi fondamentali della convivenza civile, nell'offrire risposte alle questioni basilari riguardanti il senso della vita, nel difendere e promuovere la cultura e l'identità dei diversi popoli.

Occorre reagire ad ogni tentativo di escludere dalla costruzione della nuova Europa l'apporto del Cristianesimo, poiché ciò sottrarrebbe importanti energie al processo di fondazione etico-culturale della convivenza civile nel Continente.

3. La Chiesa Cattolica non cerca privilegi, ma desidera solo di compiere la sua missione a beneficio dell'intera società slovena. Per questo è riconoscente alle Autorità civili, le quali, con spirito di dialogo, intrattengono con la Comunità ecclesiale relazioni proficue, nel pieno rispetto delle rispettive specifiche competenze.

Eloquente esempio di mutua cooperazione è l'Accordo tra la Repubblica di Slovenia e la Santa Sede dello scorso 14 dicembre. Esprimo qui il vivo auspicio che esso incontri ora il favore delle istanze alle quali è stato sottoposto, per poter entrare in vigore in tempi brevi. Si tratta di un patto che garantisce il diritto fondamentale della libertà religiosa. Quale strumento che regola in maniera particolare ma non esclusiva i rapporti fra la Chiesa e lo Stato, esso serve il bene della comunità cattolica e rappresenta al tempo stesso un traguardo e un punto di partenza per ulteriori intese.

4. Signor Ambasciatore, ecco alcuni pensieri che desidero parteciparLe nel momento in cui assume l'alto compito affidatoLe dal suo Governo. Le assicuro che Ella potrà sempre contare sull'aiuto dei miei Collaboratori per il fruttuoso espletamento della Sua missione.

Voglia trasmettere al Signor Presidente della Repubblica, alle Autorità del Governo e al Popolo, da Lei qui rappresentato, il mio deferente saluto, unito al fervido augurio di prosperità e progresso della Slovenia, nella pace e nella giustizia. Avvaloro questi sentimenti con l'assicurazione della preghiera, invocando le benedizioni di Dio Onnipotente su di Lei e su tutti i Suoi concittadini.


AL NUOVO AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA


PRESSO LA SANTA SEDE IN OCCASIONE


DELLA PRESENTAZIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI


Sabato, 7 settembre 2002




Eccellenza,

243 sono lieto di accoglierla oggi in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali con le quali Sua Maestà la Regina Elisabetta II La nomina Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario presso la Santa Sede. Apprezzo molto i saluti che mi trasmette da parte di Sua Maestà. Ricordando la visita che mi ha reso due anni fa insieme al Principe Filippo, Le chiedo gentilmente di trasmetterLe i miei auguri oranti in quest'anno del Giubileo d'Oro del Suo regno.

Il suo riferimento ai riprovevoli attacchi terroristici dello scorso 11 settembre e alle numerose e preoccupanti situazioni di ingiustizia nel mondo, ci ricorda che il millennio appena iniziato presenta grandi sfide. Esso chiama a un impegno risoluto e senza compromessi da parte di individui, popoli e nazioni nel difendere i diritti e la dignità inalienabili di ogni membro della famiglia umana. Al contempo esige l'edificazione di una cultura globale di solidarietà che trovi espressione non soltanto in una organizzazione politica o economica più efficace, ma anche e soprattutto in uno spirito di cooperazione e di rispetto reciproco al servizio del bene comune.

In anni recenti, il Suo Governo ha compiuto sforzi notevoli per promuovere questa cultura e per consolidare le basi della pace internazionale e dello sviluppo umano. Penso, ad esempio, alla generosità dimostrata riducendo o perfino cancellando il debito internazionale ai Paesi più poveri, al ruolo guida svolto dai militari britannici nel garantire la sicurezza al nuovo governo dell'Afghanistan e alla priorità data al continente africano, espressa in particolare negli appelli durante il recente incontro del G-8 in Canada per l'"African Action Plan". Al contempo, esprimo il mio apprezzamento per gli sforzi costanti, volti a instaurare la pace e la normalità in Irlanda del Nord.

Sulla scia degli attacchi terroristici dell'11 settembre, la comunità internazionale ha riconosciuto la necessità urgente di combattere il fenomeno del terrorismo internazionale ben finanziato e altamente organizzato, che è una minaccia tremenda e immediata alla pace mondiale. Generato dall'odio, dall'isolamento e dalla sfiducia, il terrorismo aggiunge violenza a violenza in una spirale tragica che inasprisce e avvelena successive generazioni. In definitiva "il terrorismo si fonda sul disprezzo della vita dell'uomo. Proprio per questo esso non dà solo origine a crimini intollerabili, ma costituisce esso stesso, in quanto ricorso al terrore come strategia politica ed economica, un vero crimine contro l'umanità" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2002, n. 4).

Quale parte essenziale della sua lotta contro tutte le forme di terrorismo, la comunità internazionale è chiamata a intraprendere nuove e creative iniziative politiche, diplomatiche ed economiche volte a risolvere le scandalose situazioni di grande ingiustizia, oppressione ed emarginazione che continuano ad affliggere innumerevoli membri della famiglia umana. La storia dimostra infatti che il reclutamento di terroristi risulta più facile in aree in cui vengono calpestati i diritti umani e nelle quali l'ingiustizia è parte della vita quotidiana. Questo non significa che le ineguaglianze e gli abusi esistenti nel mondo giustifichino gli atti di terrorismo: non potrà mai esserci una giustificazione alla violenza e al disprezzo per la vita umana. Tuttavia, la comunità internazionale non può continuare a trascurare le cause soggiacenti che conducono in particolare i giovani a perdere la speranza nell'umanità, nella vita stessa e nel futuro, e a cadere preda delle tentazioni della violenza, dell'odio e del desiderio di vendetta ad ogni costo.

È stata proprio la preoccupazione per tali profonde questioni umane a spingermi a invitare i responsabili e i rappresentanti delle religioni del mondo a unirsi a me ad Assisi lo scorso gennaio per recare una testimonianza chiara e inequivocabile delle nostre convinzioni comuni sull'unità della famiglia umana e in particolare sull'obbligo dei credenti di cooperare, insieme agli uomini e alle donne di buona volontà in ogni luogo, all'edificazione di un futuro di pace. Infine, è nella conversione dei cuori e nel rinnovamento spirituale delle società che è riposta la speranza di un domani migliore. L'edificazione di questa cultura globale di solidarietà è forse il più importante compito morale che l'umanità oggi deve svolgere. Esso lancia una particolare sfida spirituale e culturale ai Paesi industrializzati dell'Occidente, in cui i principi e i valori della religione cristiana sono da lungo tempo intessuti nella trama stessa della società, ma che ora sono messi in dubbio da modelli culturali alternativi basati su un individualismo esagerato che troppo spesso conduce all'indifferenza, all'edonismo, al consumismo e a un materialismo pratico che possono erodere e perfino sovvertire i fondamenti della vita sociale.

Di fronte a questa sfida culturale e spirituale, ho fiducia nel fatto che la comunità cristiana nel Regno Unito continui a far udire la propria voce nei grandi dibattiti che plasmeranno il futuro della società e continui pure a rendere una testimonianza credibile delle proprie convinzioni mediante programmi educativi, caritativi e sociali. Per grazia di Dio, negli scorsi decenni si è assistito a un progresso significativo nella creazione di rapporti ecumenici cordiali che esprimono nella maniera più autentica le nostre radici spirituali comuni (cfr Discorso a Sua Maestà, 17 ottobre 2000). La testimonianza comune di cristiani impegnati può contribuire grandemente al rinnovamento della vita sociale in un modo che rispetti l'incomparabile patrimonio di ideali e realizzazioni spirituali, culturali e politici che ha forgiato la storia della vostra nazione e i suoi contributi al mondo.

A questo proposito penso subito alla necessità di una difesa incondizionata dei diritti della famiglia e della tutela legale dell'istituzione del matrimonio. La famiglia svolge un ruolo decisivo nella promozione di quei valori sui quali si basa ogni civiltà degna di questo nome. Tutta la società umana è profondamente radicata nella famiglia e qualsiasi indebolimento di questa istituzione indispensabile non può che essere una fonte potenziale di gravi problemi e difficoltà per la società nel suo insieme.

Un altro ambito che desta preoccupazione e in cui i cristiani possono rendere una testimonianza privilegiata è quello del rispetto della vita contro i tentativi di legittimare l'aborto, la produzione di embrioni umani per la ricerca e i processi di manipolazione genetica come la clonazione degli esseri umani. Né la vita umana né la persona umana potranno mai essere trattate in maniera legittima come un oggetto da manipolare o come un prodotto da utilizzare. Piuttosto, ogni essere umano, in ogni stadio della sua esistenza, dal concepimento fino alla morte naturale, riceve dal Creatore una dignità sublime che merita il rispetto e la tutela più grandi da parte di individui, comunità, nazioni e organismi internazionali.

Eccellenza, Le offro i miei auspici oranti mentre si assume le sue alte responsabilità. Ho fiducia nel fatto che lo svolgimento dei suoi compiti diplomatici contribuirà a rafforzare ulteriormente i rapporti amichevoli fra il Regno Unito e la Santa Sede e La assicuro della costante disponibilità degli uffici della Santa Sede ad assisterla.

Su di Lei e su tutti coloro che serve invoco di cuore le Benedizioni di Dio Onnipotente.


A CONCLUSIONE DEL CONCERTO PROMOSSO DALLA


FONDAZIONE "MONDO DELL'ARTE" DI MOSCA


244
Domenica, 8 settembre 2002




1. Al termine di questa suggestiva serata musicale, sono lieto di rivolgere un cordiale saluto a tutti voi, gentili Signori e Signore, che avete preso parte al Concerto promosso dalla Fondazione "Mondo dell’arte" di Mosca nel contesto del Programma "Mille Città del Mondo".

Saluto il Signor Medvedev Dimitry vice-capo dell’amministrazione del Presidente della Federazione Russa e le altre autorità qui presenti. Estendo il mio saluto all’Ambasciatore Vitaly Litvin, Rappresentante della Federazione Russa presso la Santa Sede e lo ringrazio per le deferenti espressioni che poc’anzi mi ha rivolto. Mi rallegro vivamente per il nobile messaggio inviato per questo incontro dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Sua Santità Alessio II. A lui giunga il mio deferente e cordiale pensiero.

Discorso in lingua russa:





Traduzione italiana del discorso in lingua russa:

[Saluto poi il presidente della Fondazione "Mondo dell’arte", il signor Vladislav Teterin, ed esprimo a lui ed ai suoi collaboratori profonda riconoscenza per questo dono che ho molto gradito. Formulo i migliori auguri, affinché la vostra benemerita Fondazione possa contribuire, con le sue molteplici attività, a diffondere i valori umani e spirituali che costituiscono la base indispensabile d’ogni autentico progresso morale, civile e culturale dell’Europa e dell’intera umanità.

Esprimo altresì il mio apprezzamento all’Orchestra sinfonica dello Stato Russo, diretta dal maestro Valery Gergiev, che ha suonato con grande e appassionata maestria, come pure al Coro dell’Accademia dell’arte e al Coro di bambini dell’Unesco, diretti dal maestro Victor Popov, che con straordinario talento ed efficacia hanno interpretato impegnativi brani musicali.

Rinnovo, anche a nome dei presenti, un cordiale ringraziamento sia ai promotori della serata, che ai valenti orchestrali e cantori, specialmente al soprano Angela Gheorghiu e al tenore Roberto Alagna. Formulo voti che simili iniziative contribuiscano a favorire la comprensione e il dialogo tra persone e popoli.]

3. Nell’augurare pieno successo alle iniziative del programma "Mille Città del Mondo", imploro su ciascuno dei presenti la Benedizione del Signore.


ALL’AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA FEDERALE


DI GERMANIA PRESSO LA SANTA SEDE


Venerdì, 13 settembre 2002




1. Con gioia ricevo oggi dalle Sue mani le Lettere Credenziali con le quali il Presidente della Repubblica Federale di Germania, S.E. Johannes Rau, La accredita quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Suo Paese presso la Santa Sede. Al contempo Le porgo di cuore un saluto di benvenuto in Vaticano e mi congratulo con Lei per il Suo nuovo e onorevole compito. Con ciò esprimo il desiderio e la fiducia che anche nel corso del Suo mandato le buone relazioni fra la Germania e la Santa Sede proseguano e divengano più profondi.

245 2. Dalla storica riunificazione della Germania di dodici anni fa, l'espressione ormai divenuta corrente "ricongiunzione di ciò che è destinato a essere unito", ha acquisito non solo nella Repubblica Federale, ma anche in tutto il resto d'Europa un significato concreto e in un certo qual modo è diventata per molte persone di questo continente una visione programmatica, dalla cui realizzazione ci si aspetta un giusto equilibrio fra interessi, pace duratura e benessere sociale. Fin dall'inizio la Santa Sede ha promosso con i propri strumenti il processo di unificazione europea e non ha mai avuto dubbi sul fatto che la fede in una comune identità spirituale e culturale dei popoli europei dovesse costituire il fondamento della sua ricongiunzione politica e istituzionale nell'Unione Europea.

L'Europa non sarebbe tale senza il ricco patrimonio dei suoi popoli, che, similmente ai geni umani, ha plasmato e continua a forgiare la personalità di questo continente. Trascurare oppure abbandonare questa "eredità" significherebbe mettere a repentaglio la propria identità e infine perderla. Già in precedenza ho indicato che oggi gli europei devono affrontare la sfida di "costruire una cultura e un'etica dell'unità, in mancanza delle quali qualunque politica dell'unità è destinata prima o poi a naufragare" (Lettera Apostolica, Spes aedificandi, in forma di Motu Proprio per la proclamazione delle Conpatrone d'Europa, 1° ottobre 1999, n. 10).

3. Un fattore qualificante dell'identità di questo continente è la Chiesa fondata da Gesù Cristo. "Non c'è dubbio che, nella complessa storia dell'Europa, il cristianesimo rappresenti un elemento centrale e qualificante, consolidato sul saldo fondamento dell'eredità classica e dei molteplici contributi arrecati dagli svariati flussi etnico-culturali che si sono succeduti nei secoli. La fede cristiana ha plasmato la cultura del continente e si è intrecciata in modo inestricabile con la sua storia, al punto che questa non sarebbe comprensibile se non si facesse riferimento alle vicende che hanno caratterizzato prima il grande periodo dell'evangelizzazione, e poi i lunghi secoli in cui il cristianesimo, pur nella dolorosa divisione fra Oriente ed Occidente, si è affermato come la religione degli Europei stessi" (Motu Proprio, Spes aedificandi, n. 1). In questo contesto non c'è dubbio che un chiaro riferimento a Dio e alla fede cristiana nella Costituzione europea in corso di elaborazione significa il riconoscimento di una realtà storica e culturale che opera nel presente e dalla quale gli europei traggono la propria identità. Signor Ambasciatore, per la necessaria presa di coscienza di questi fatti nell'opinione pubblica tedesca e europea la Santa Sede confida anche nel contributo mirato di studiosi e responsabili politici del Suo apprezzato Paese, al quale la cultura di questo grande continente deve molto.

4. Signor Ambasciatore, la Santa Sede apprende con soddisfazione che la Repubblica Federale, dopo la riunificazione della Germania e gli enormi sforzi economici e sociali ad essa connessi, non è rifuggita dalle sfide poste dall'integrazione europea. Nonostante i grandi compiti di edificazione nei nuovi Länder federali, la Germania è rimasta fedele alla sua vocazione europea così come al suo noto impegno per la solidarietà con i popoli più poveri del mondo. Pur dovendo affrontare problemi propri, i tedeschi non hanno dimenticato quelli degli altri. In tal modo la politica tedesca sottolinea un aspetto non secondario del processo d'integrazione continentale: l'unità europea, che diviene sempre più salda, non si configura come un movimento di delimitazione dei confini, ma implica un'apertura decisiva al mondo. Di fatto, gli Stati europei sono chiamati a cooperare attivamente alla creazione di un Ordine globale di giustizia e di pace! In questa prospettiva la Santa Sede rende omaggio agli sforzi costanti della Repubblica Federale di Germania per promuovere il rispetto dei diritti dell'uomo in tutte le regioni della terra, cosicché, laddove giunge l'aiuto tedesco allo sviluppo, le persone possano vivere con dignità e in libertà. Inoltre, a motivo della sua grande tradizione sociale, la Germania ha una vocazione particolare all'ampliamento e al consolidamento del principio del bene comune. Che i notevoli mezzi che il popolo tedesco ogni anno offre a sostegno dello sviluppo dei Paesi più poveri, siano al contempo un contributo alla tutela e al rispetto dei diritti umani fondamentali, dei quali desidero menzionare i principali: "il diritto alla vita, di cui è parte integrante il diritto a crescere sotto il cuore della madre dopo essere stati generati; il diritto a vivere in una famiglia unita e in un ambiente morale favorevole allo sviluppo della propria personalità; il diritto a maturare la propria intelligenza e la propria libertà nella ricerca e nella conoscenza della verità; il diritto a partecipare al lavoro per valorizzare i beni della terra ed a ricavare da esso il sostentamento proprio e dei propri cari; il diritto a fondare liberamente una famiglia ed a accogliere ed educare i figli, esercitando responsabilmente la propria sessualità. Fonte e sintesi di questi diritti è, in un certo senso, la libertà religiosa, intesa come diritto a vivere nella verità della propria fede ed in conformità alla trascendente dignità della propria persona" (Centesimus annus
CA 47).

5. Infine, signor Ambasciatore, desidero attraverso di Lei porgere i miei rispettosi saluti al Presidente della Repubblica Federale e trasmettere di cuore a tutto il popolo tedesco voti di benedizione. Il buon rapporto di cooperazione fra Chiesa e Stato in Germania è al servizio del bene delle persone ed esige l'approfondimento e il proseguimento incessanti sulla base dei principi, della libertà e della determinazione dei compiti e degli scopi di entrambe le parti. Eccellenza, ringraziandoLa per le cordiali parole che mi ha rivolto, La assicuro del fatto che i miei collaboratori presso la Segreteria di Stato e negli altri uffici della Curia sono ben disposti a offrire qualsiasi aiuto di cui Ella volesse avvalersi nell'esercizio del Suo alto ufficio. Di cuore imparto a Lei, signor Ambasciatore, ai cari componenti dell'ambasciata della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede e alla Sua stimata famiglia la mia Benedizione Apostolica.


GP2 Discorsi 2002 239