GP2 Discorsi 2003 308

IOANNES PAULUS II



AI MEMBRI DELL’ASSOCIAZIONE "PRO PETRI SEDE"


E DELL’ORGANIZZAZIONE "ETRENNES PONTIFICALES"


Lunedì, 27 ottobre 2003




Cari Amici,

309 Sono lieto di salutarvi, membri dell'Associazione Pro Petri Sede e dell'Associazione Étrennes pontificales, giunti insieme a Roma per manifestare i nuovi vincoli che uniscono le vostre due organizzazioni, e soprattutto per esprimere il vostro attaccamento comune alla Sede di Pietro.

Da diversi anni, vi impegnate a mantenere vivo, nelle vostre diocesi e nelle vostre parrocchie, lo spirito di comunione che caratterizza la Chiesa cattolica e che si esprime nell'apertura di ciascuna Chiesa alle altre Chiese, intorno alla Sede di Pietro, garante dell'unità e della comunione tra tutte. Questo senso della comunione ecclesiale si esprime in modo particolare attraverso la pratica della carità e la sollecitudine per la condivisione fraterna, di modo che i più avvantaggiati aiutino i più indigenti (cfr
2Co 8,13-15) e che la Chiesa sia veramente il Corpo di Cristo, nel quale ogni membro si sente solidale con tutti gli altri (cfr 1Co 12,25-26).

Il Papa vi è grato per l'aiuto generoso e fedele che le vostre associazioni offrono in tal senso alla Chiesa, affinché essa prosegua, nelle sue comunità e nel mondo, la sua azione spirituale e materiale a favore di tutti, e soprattutto dei più poveri tra i nostri fratelli, perché la loro dignità sia maggiormente e ovunque rispettata. Vi chiedo, pertanto, di esprimere a tutti i membri delle vostre associazioni la mia viva gratitudine per i loro doni e per il loro impegno. Che sappiano mostrarsi sempre, nella loro vita quotidiana, attenti ai più piccoli, per esprimere loro in tal modo l'amore di Dio, il quale "non fa preferenze di persone" (Ac 10,34)!

Cari pellegrini, affidando voi e le vostre famiglie all'intercessione materna della Vergine Maria, che in questo mese veneriamo in modo speciale come Nostra Signora del Rosario, vi imparto di cuore la mia particolare Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i membri delle vostre due associazioni e ai loro congiunti.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO A LVIV (UCRAINA)


IN OCCASIONE DEL 150° ANNIVERSARIO


DELLA NASCITA DI VLADIMIR SOLOVIEV




Al Cardinale LUBOMYR HUSAR
Arcivescovo Maggiore di Lviv degli Ucraini

1. Ho appreso con profonda gioia della celebrazione di un Convegno internazionale, che l'Università cattolica ucraina ha organizzato, in collaborazione con la Società Soloviev di Ginevra e altre istituzioni culturali ucraine, in occasione del 150º anniversario della nascita di Vladimir Serghieievic Soloviev.

In questa lieta circostanza desidero, attraverso Lei, Venerabile Fratello, far pervenire agli organizzatori di questo Convegno, agli oratori e a tutte le persone che vi parteciperanno, i miei cordiali saluti e il mio incoraggiamento per questa iniziativa, volta ad approfondire il pensiero di uno dei più grandi filosofi russi cristiani del XIX e del XX secolo.

Questo evento, che riunisce a Lviv persone di cultura orientale e occidentale, consentirà loro di confrontare le loro riflessioni sulla verità dell'unico Vangelo di Cristo e di verificarne la possibile fecondità reciproca, confermando come sia necessario per la Chiesa saper respirare con i suoi due polmoni: la tradizione orientale e la tradizione occidentale. Alla dimensione propriamente culturale, pertanto, si aggiunge un innegabile aspetto ecumenico, tanto importante nel contesto ecclesiale contemporaneo.

2. Una delle principali aspirazioni di Vladimir Soloviev, che ben conosceva la preghiera che Cristo ha rivolto a suo Padre durante l'Ultima Cena (cfr Jn 17,20-23), era l'unità della Chiesa. Formato sin dalla più tenera infanzia alla profonda spiritualità ortodossa, egli ha conosciuto diversi periodi culturali, durante i quali ha avuto occasione di avvicinarsi al pensiero filosofico occidentale. Tuttavia, deluso dalle risposte incomplete che la riflessione umana offriva alle angosce che tormentavano il suo cuore, nel 1872 ritornò alla fede cristiana della sua infanzia.

Il suo pensiero, basato sulla Saggezza di Dio e sui fondamenti spirituali della vita, come pure le sue intuizioni relative alla filosofia morale e il senso della storia umana, hanno influenzato la ricca fioritura del pensiero russo contemporaneo e hanno avuto dei riflessi anche sulla cultura europea, favorendo un dialogo fecondo e arricchente su alcune questioni fondamentali della teologia e della spiritualità.

310 Soloviev ha nutrito, soprattutto a partire dagli anni della sua maturità, l'ardente desiderio che le Chiese entrassero parimenti in una prospettiva di incontro e di comunione, ciascuna apportando i tesori della propria tradizione, ma sentendosi mutualmente responsabili dell'unità sostanziale della fede e della disciplina ecclesiale. Al fine di raggiungere un tale obiettivo, tanto caro al grande pensatore russo, la Chiesa cattolica si è impegnata, in modo irreversibile, a tutti i livelli.

3. Il tema del Congresso, "Vladimir Soloviev, la Russia e la Chiesa universale", rispecchia bene la preoccupazione di fondo di questo grande autore. Lo studio del suo pensiero sulla natura universale della Chiesa di Cristo metterà ancora una volta in evidenza il dovere delle comunità cristiane d'Oriente e d'Occidente: porsi all'ascolto della volontà di Cristo per quanto riguarda l'unità dei suoi discepoli. Soloviev era convinto che solo nella Chiesa l'umanità sarebbe potuta giungere a una convivenza pienamente solidale.

Possa la riscoperta dei tesori del suo pensiero favorire una migliore intesa tra Oriente e Occidente e, in modo particolare, accelerare il cammino di tutti i cristiani verso la piena unità nell'unico ovile di Cristo (cfr
Jn 10,16)!

Nell'esprimere i miei auspici per la buona riuscita del Convegno internazionale, invoco l'intercessione della Santissima Madre del Salvatore e invio un'affettuosa Benedizione Apostolica, fonte di abbondanti doni celesti, a Lei, come pure agli altri Cardinali, ai diversi oratori e a tutte le persone che, a vario titolo, saranno presenti a questo incontro.

Dal Vaticano, 28 ottobre 2003, festa dei Santi Apostoli Simone e Giuda.

GIOVANNI PAOLO II




MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI CAPPUCCINI ITALIANI


IN OCCASIONE DEL CAPITOLO DELLE STUOIE




Carissimi Fratelli Cappuccini Italiani!

1. Mi rivolgo a voi con affetto e cordialmente vi saluto, in occasione del Capitolo delle Stuoie dei Cappuccini Italiani. Estendo il mio saluto a tutto il vostro benemerito Ordine, guidato dal Ministro Generale P. John Corriveau, al quale invio un beneaugurante pensiero.

Questo vostro raduno nella serafica città d'Assisi, presso la tomba di san Francesco, sorgente viva del carisma francescano, riveste significativa importanza sia per il numero dei convenuti - voi siete infatti 500, in rappresentanza dei circa 2.500 Confratelli d'Italia -, sia per il profilo dell'incontro, che fa rivivere quella prima e singolare assemblea voluta da san Francesco e conosciuta come "Capitolo delle Stuoie" (Leggenda perugina, n. 114; FF 1673). Le tematiche che intendete approfondire si ispirano al noto "Piccolo Testamento" di Siena (FF 132-135), che ben evidenzia la sollecitudine del vostro Fondatore per l'Ordine e le sue ultime volontà: l’amore reciproco tra i Frati, l’amore per la povertà evangelica, l’amore per la Chiesa. Intendete inquadrare le vostre riflessioni nel contesto eminentemente esistenziale e dinamico delle mutate condizioni del tempo presente in continua evoluzione, alla luce dei disegni provvidenziali di Dio, che accompagna col suo amore la "storia sacra" di questa nostra epoca.

2. "In segno di ricordo della benedizione e del testamento" (FF 133) di san Francesco, vostra prima preoccupazione sarà sottolineare il senso e le conseguenze del nome che il vostro Fondatore vi ha dato: vi ha voluto chiamare "Frati", "Fratelli". I termini Fraternità e Fratello esprimono significativamente per voi la novità evangelica del "comandamento nuovo". L'essere fratelli deve caratterizzare i vostri atteggiamenti verso Dio, verso voi stessi, verso gli altri e verso tutte le creature. Pertanto, in funzione del fondamentale valore evangelico della fraternità vissuta, assumono per voi connotati propri la spiritualità, il modo di vivere, le scelte operative, i criteri pedagogici, i sistemi di governo e di convivenza, le attività e i metodi apostolici, insomma la vostra stessa identità carismatica di gruppo ben definito all'interno della Chiesa.

Questa forma di vita in fraternità costituisce una sfida e una proposta nel mondo attuale, spesso "lacerato dall'odio etnico o da follie omicide", percorso da passioni e da interessi contrastanti, desideroso di unità ma incerto "sulle vie da prendere" (cfr Vita consecrata VC 51). Vivere la fraternità da veri discepoli di Gesù può costituire una singolare "benedizione" per la Chiesa e una "terapia spirituale" per l’umanità (cfr ibid., n. 87). La fraternità evangelica, infatti, ponendosi "quasi come modello e fermento di vita sociale, invita gli uomini a promuovere tra loro relazioni fraterne e a unire le forze in vista dello sviluppo e della liberazione di tutta la persona, nonché per l'autentico progresso sociale" (Costituzioni OFMCap., 11,4).

Quali fratelli e membri di fraternità, voi costituite un "Ordine di fratelli". Questo peculiare stile fraterno deve riflettere e favorire il senso di appartenenza di ciascuno a una grande famiglia senza frontiere. Una conversione continua e totale alla "fraternità" da parte degli individui, delle Fraternità locali e delle Province, potrà condurvi a una sorta di globalizzazione della carità vissuta da fratelli a livello di Ordine, con la possibilità reale e pienamente normale di disporre delle risorse individuali e comunitarie per il servizio fraterno e minoritico delle prioritarie e generali esigenze dell’intera Fraternità Cappuccina.

311 3. Altro tema sul quale intendete soffermarvi è quello dell’amore alla povertà alla luce della "minorità". Questo termine qualifica la vostra denominazione completa ("Frati Minori"), e abbraccia, insieme ad altri aspetti significativi del carisma cappuccino, la stessa povertà. Sulla dimensione della "minorità", che deve caratterizzare il vostro essere ed operare, si concentra in questo momento l’attenzione di tutto l'Ordine in vista del prossimo Consiglio Plenario. Sono certo che le riflessioni emergenti in questo "Capitolo delle Stuoie" contribuiranno a comprendere e attuare sempre più concretamente questo valore, il quale specificamente vi identifica nella Chiesa. Come ho avuto modo di dirvi in altra occasione, esso vi rende "vicini e solidali con la gente umile e semplice", e fa delle vostre fraternità minoritiche "un punto di riferimento cordiale ed accessibile per i poveri e per quanti sono sinceramente alla ricerca di Dio" (Messaggio del 18 settembre 1996).

La "minorità" comporta un cuore libero, distaccato, umile, mansueto e semplice, come Gesù ci ha proposto, e da san Francesco è stato vissuto; richiede una totale rinuncia a se stessi e una piena disponibilità verso Dio e i fratelli. La "minorità" vissuta esprime la forza disarmata e disarmante della dimensione spirituale nella Chiesa e nel mondo. Non solo! La vera minorità libera il cuore e lo rende disponibile ad un amore fraterno sempre più autentico, che si dilata in un’ampia costellazione di comportamenti tipici. Favorisce, per esempio, uno stile caratterizzato da atteggiamenti di semplicità e sincerità, di spontaneità e concretezza, di umiltà e letizia, di abnegazione e disponibilità, di vicinanza e servizio, particolarmente nei confronti del popolo e delle persone più piccole e bisognose.

4. Accanto all’amore fraterno e all’amore per la povertà, mediterete pure sull'amore fedele alla Chiesa. Amore che esige da voi, a imitazione del vostro Padre e Fratello san Francesco, un atteggiamento di fede e di obbedienza, e si traduce in un servizio umile e creativo, in grado di rendere la vita un "segno" stimolante e convincente di fedeltà ecclesiale e di apertura ai fratelli. San Francesco si fece promotore e portavoce di un messaggio umile ma incisivo di rinnovamento evangelico, perché riuscì a proporre il Vangelo nella sua integrità e purezza mediante una vita improntata all'amore, alla vicinanza, al dialogo e alla cristiana tolleranza. Testimoniate, carissimi, la vostra obbedienza alla Chiesa con il cuore e con lo stile del vostro Fondatore. Si tratta di un impegno senza soste, che vi renderà felici e consapevoli di spendere l’esistenza per il Regno di Dio nel nome di Gesù.

5. Auguro di cuore che il "Capitolo delle Stuoie" rechi i frutti spirituali attesi, aiutandovi ad individuare la giusta direzione per avanzare, fedeli al vostro carisma, in un mondo che cambia. E' per voi bello ritrovarvi insieme per rinforzare la vostra vocazione fraterna, minoritica ed ecclesiale. In un clima di preghiera, di riflessione e di dialogo potrete meglio apprezzare la grazia di essere figli e fratelli di san Francesco, e vi sarà possibile porre in evidenza la vostra missione in quest’inizio del terzo millennio. Discernendo e scrutando il passato, vi aprirete alle esigenze del presente per costruire insieme il futuro del vostro Ordine.

Auspico, altresì, che quest’importante incontro vi aiuti a capire ancor più l’urgenza di dover percorrere la "via stretta" del Vangelo: la via della conversione permanente a Cristo, che è il cammino della santità. Secondo l’insegnamento evangelico, occorre cambiare il cuore se si vuole sinceramente che cambi la vita. Altrimenti, si può correre il rischio di sperimentare disincanto e frustrazione, mentre risulterebbero inutili parole e proposte pur belle, incontri e raduni, e si vanificherebbero le tante energie spese per elaborare programmi spirituali e apostolici.

Vi assista in questa tensione verso la perfezione cristiana la "Vergine fatta chiesa" (FF 259), santa Maria degli Angeli, Regina dell'Ordine minoritico. Vi sostenga e vi incoraggi l'intercessione costante di san Francesco e dei numerosi Santi e Beati Cappuccini, perché possiate vivere la fedeltà nel cambiamento mediante la conversione permanente del cuore.

Con questo augurio, imparto a voi, agli altri Confratelli dell'Italia e del mondo intero una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 22 Ottobre 2003

IOANNES PAULUS II




AL TERZO GRUPPO DI VESCOVI DELLE FILIPPINE


IN VISITA AD LIMINA APOSTOLORUM


Giovedì, 30 ottobre 2003

Cari Fratelli nell'Episcopato,


1. È con grande gioia che porgo il benvenuto a voi, terzo gruppo di Vescovi delle Filippine, mentre si conclude questa serie di visite ad Limina.Sono particolarmente lieto di salutare l'Arcivescovo Diosdado Talamayan, e lo ringrazio per i buoni auspici che ha espresso a nome delle Provincie Ecclesiastiche di Manila, Lingayen-Dagupan, Nueva Segovia, San Fernando, Tuguegarao e dell'Ordinariato Militare. Rendo grazie a Dio Onnipotente per avere avuto il piacere, negli ultimi mesi, di incontrare quasi tutti i Vescovi del vostro Paese, che accoglie la presenza cattolica più grande in Asia e che è una delle comunità cattoliche più vibranti nel mondo. Queste visite non hanno solo rafforzato il vincolo esistente tra noi, ma ci hanno offerto anche l'opportunità di guardare più da vicino a quanto è stato realizzato e alle sfide che la Chiesa nelle Filippine deve ancora affrontare. A tale riguardo, desidero elogiarvi tutti per il valido lavoro sulla Consultazione Pastorale Nazionale.

312 Siete ben consapevoli che attuare un piano di simile respiro non è un compito facile, ma sapete anche che non siete soli in questo impegno. Infatti, come "Pastori del gregge del Signore", sapete di poter contare su una speciale grazia divina mentre svolgete il vostro ministero di Vescovi (cfr Pastores gregis, n. 1).

Avendo già discusso le tematiche relative alla Chiesa dei poveri e alla comunità di discepoli del Signore, desidero ora riflettere sull'impegno di adoperarsi per una "evangelizzazione integrale rinnovata".

2. Cristo ha lasciato coloro che amava, comandando loro di diffondere il Vangelo a tutte le persone e in ogni luogo (cfr
Mc 16,15). L'impegno assunto dalla Chiesa nelle Filippine di adoperarsi per una evangelizzazione integrale rinnovata, dimostra il suo desiderio di assicurare che la fede e i valori cristiani permeino ogni aspetto della società. La vostra Dichiarazione della Visione-Missione descrive così l'evangelizzazione: "Daremo inizio a una nuova evangelizzazione integrale e a una testimonianza del Vangelo di salvezza e di liberazione di Gesù Cristo attraverso le nostre parole, i nostri atti e la nostra vita". Questa descrizione della "nuova evangelizzazione" riconosce chiaramente che la testimonianza è un elemento fondamentale di questo processo. Il mondo attuale è costantemente bersagliato da parole e informazioni. Per questa ragione, e forse più che in qualsiasi altro momento della storia recente, le cose che i cristiani fanno parlano con più forza rispetto alle cose che essi dicono. Forse è questo il motivo per cui la vita di Madre Teresa di Calcutta parla a tanti cuori. Ella ha messo in pratica ciò che ha udito, trasmettendo l'amore di Cristo a tutti coloro che incontrava, riconoscendo sempre che quello che conta "non è ciò che facciamo, bensì quanto amore poniamo in ciò che facciamo". Infatti, "l'uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai maestri, più all'esperienza che alla dottrina, più alla vita e ai fatti che alle teorie". Pertanto, una testimonianza amorevole della vita cristiana sarà sempre "la prima e insostituibile forma della missione" (Redemptoris missio RMi 42).

3. Gli uomini e le donne d'oggi desiderano avere dei modelli di autentica testimonianza del Vangelo. Essi anelano a essere più simili a Cristo e ciò appare evidente nei molti modi in cui i cattolici filippini esprimono la loro fede. Un esempio dello sforzo di portare Cristo agli altri, lo si riscontra nello sviluppo, da parte della Chiesa, di programmi di assistenza sociale per i poveri e gli emarginati, a livello sia nazionale sia locale. Questa dedizione alla proclamazione della Buona Novella è evidente anche nell'uso efficace che fate dei mezzi di comunicazione sociale per aumentare la sensibilità morale e suscitare maggiore sollecitudine per le questioni sociali. Nonostante questi notevoli conseguimenti, rimangono ancora diversi ostacoli, come la partecipazione di alcuni cattolici a sette che testimoniano solo superstizioni, la mancanza di familiarità con gli insegnamenti della Chiesa, il sostegno di alcuni atteggiamenti contrari alla vita, che includono la promozione attiva del controllo delle nascite, l'aborto e la pena di morte, e, come ho detto nel mio ultimo discorso ai Vescovi delle Filippine, la persistente dicotomia tra fede e vita (cfr Proceedings and Addresses of the NPCCR, gennaio 2001, p. 146).

Un modo valido per far fronte a queste preoccupazioni può essere riscontrato nel vostro impegno ad animare e a sviluppare la missione ad gentes.Gesù, il "principale evangelizzatore", ha scelto gli Apostoli affinché seguissero le sue orme diventando i suoi "inviati" personali. Come loro successori, è vostro sacro dovere accertarvi che quanti vi assistono nel vostro ministero pastorale siano preparati a portare il messaggio di Cristo nel mondo (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 858-859). Potrete assicurare tale preparazione garantendo ai filippini una vasta opportunità di ascoltare la parola di Dio, di pregare e di contemplare, di celebrare il mistero di Gesù nei Sacramenti, specialmente nell'Eucaristia, e di vedere esempi di "vera comunione di vita e di integrità dell'amore" (Ecclesia in Asia, n. 23). Ancora una volta ribadisco che "più la comunità cristiana è fondata sull'esperienza di Dio che promana da una fede vissuta e più sarà capace di annunciare in modo credibile agli altri il compimento del Regno di Dio in Gesù Cristo" (Ibidem).

4. Gli eventi che vi sono stati negli ultimi anni nelle Filippine hanno mostrato il bisogno urgente di una evangelizzazione integrale in tutti i settori della società, soprattutto nelle sfere del Governo e della politica pubblica. Come cristiani e cittadini del mondo preoccupati, non possiamo mai ignorare "il vizio della corruzione, che mina lo sviluppo sociale e politico di tanti popoli" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, n. 5). A questo riguardo, occorre fare capire con chiarezza che nessun ufficio o servizio pubblico può essere trattato come una proprietà privata o un privilegio personale. Il considerare un pubblico ufficio come un beneficio porta necessariamente al favoritismo, che a sua volta conduce all'abuso e all'uso improprio del denaro pubblico, alle regalie, agli illeciti, alla vendita di favori, alla corruzione (cfr Proceedings and Addresses of the NPCCR, gennaio 2001, p. 120).

La gente nelle Filippine è consapevole che denunciare la corruzione pubblicamente richiede grande coraggio. L'eliminazione della corruzione esige il sostegno impegnato di tutti i cittadini, la determinazione risoluta delle autorità e una solida coscienza morale. La Chiesa, in questo contesto, ha un ruolo importante, essendo l'agente principale nel formare correttamente la coscienza delle persone. La sua funzione, di norma, non deve essere quella di intervenire in maniera diretta nelle questioni prettamente politiche, ma piuttosto di convertire gli individui e di evangelizzare la cultura, affinché la società stessa possa assumere il compito di promuovere la trasformazione sociale e sviluppare un acuto senso di trasparenza nel governo e il rifiuto della corruzione (cfr Apostolicam actuositatem il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, n. 5).

5. Un modo per assicurare che una società si impegni attivamente e fedelmente nell'evangelizzazione integrale, è quello di dare ai giovani una formazione adeguata molto presto nel loro cammino di fede e di vita. La mia presenza alla Giornata Mondiale della Gioventù del 1995 a Manila, mi ha permesso di testimoniare di prima persona l'entusiasmo che i giovani possono avere per Cristo e per la sua Chiesa. Questo desiderio di sapere di più sulla loro fede è dimostrato dal numero elevato di giovani coinvolti nella vita parrocchiale. Mi complimento con la Chiesa nelle Filippine per tutto ciò che ha fatto per offrire una cura pastorale adeguata ai giovani. Molte vostre Diocesi propongono campi estivi, ritiri, frequenti Messe per i giovani e uffici per la formazione dei giovani. È molto impressionante il modo in cui le vostre comunità locali prestano ascolto alle preoccupazioni e ai suggerimenti dei giovani, consentendo loro di essere una voce attiva nella Chiesa (cfr Ecclesia in Asia, n. 47).

Al contempo, esistono tuttora degli ostacoli all'evangelizzazione tra i giovani. In alcune famiglie, i genitori non incoraggiano i figli a partecipare alle attività promosse dalla Chiesa. Il potenziale dei giovani è minacciato dall'analfabetismo, dal desiderio dei beni materiali, da un atteggiamento disinvolto riguardo alla sessualità umana e dalla tentazione di abusare di droghe e di alcol. Avete espresso la vostra preoccupazione per i molti giovani che hanno lasciato la Chiesa cattolica per le sette fondamentaliste, molte delle quali pongono le ricchezze materiali al di sopra di quelle spirituali.

In risposta a queste preoccupazioni, prego affinché continuiate a coinvolgere i giovani, in particolare quelli più a rischio, consentendo loro di avvicinarsi a un'educazione cattolica accessibile e alle attività per i giovani promosse dalla Chiesa, e aiutandoli a comprendere meglio che solo Gesù ha parole di vita eterna (cfr Jn 6,63).

6. Infine, cari Fratelli, vi chiedo di continuare a incoraggiare il clero e i religiosi che dedicano tanto tempo e tante energie a cercare di sviluppare modi creativi ed efficaci per diffondere il messaggio salvifico di Cristo. Assicurate loro che il loro ruolo unico di annunciatori del Vangelo è fondamentale per il successo dell'evangelizzazione integrale. A questo proposito, desidero esprimere la mia gratitudine ai missionari e ai religiosi sia del passato, che hanno portato Gesù al popolo filippino, sia del presente, che continuano a far conoscere la Sua presenza oggi. Ringraziamo Dio perché, come ha affermato il Concilio Vaticano II, "Cristo Signore chiama sempre dalla moltitudine dei suoi discepoli quelli che egli vuole (...) per inviarli a predicare alle genti" (Ad Gentes AGD 23). È mio auspicio che tutti i fedeli della Chiesa continuino a incoraggiare i giovani uomini e donne a rispondere alla chiamata a questa "vocazione speciale" modellata su quella degli apostoli (cfr Redemptoris missio RMi 65).

313 7. Cari Fratelli Vescovi, mentre vi apprestate a tornare alle vostre Chiese locali, chiedo a Dio di rafforzarvi nel vostro impegno per una evangelizzazione integrale rinnovata, nei vostri sforzi di presentare "Colui che inaugura una nuova era della storia" e di proclamare "al mondo la buona notizia di una salvezza integrale e universale, che contiene in sé la caparra di un mondo nuovo, in cui il dolore e l'ingiustizia faranno posto alla gioia e alla bellezza" (Pastores gregis, n. 65). Affidando voi, il clero, i religiosi e i fedeli laici delle Filippine alla protezione di Maria, Madre della Chiesa, imparto cordialmente la mia Benedizione Apostolica.


AD UNA DELEGAZIONE DEL CORPO DIPLOMATICO


ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE,


PER GLI AUGURI IN OCCASIONE DEL


XXV ANNIVERSARIO DI PONTIFICATO


Venerdì 31 ottobre 2003


Signori Ambasciatori!

Ringrazio di cuore per le fervide espressioni augurali che a nome vostro e dell’intero Corpo Diplomatico presso la Santa Sede, il vostro Decano mi ha rivolto ricordando il XXV anniversario di Pontificato. Ringrazio anche per il significativo dono che, nella circostanza, mi è stato presentato.

Nella vostra Delegazione, rappresentativa delle diverse aree geografiche del mondo, sono lieto di salutare tutti i Paesi con i quali la Santa Sede mantiene relazioni diplomatiche. Colgo volentieri anche questa opportunità per manifestare viva riconoscenza per le numerose attestazioni di vicinanza che in questi giorni mi sono pervenute da ognuno di essi.

A voi, illustri Signori, rinnovo l’auspicio di un sereno e proficuo adempimento della vostra alta missione, al servizio della concordia e della pace. Con questi sentimenti invoco su di voi, sui vostri cari e sul vostro lavoro l’abbondanza delle benedizioni di Dio onnipotente.


AI PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA


DEI MINISTRI DELL'INTERNO DELL'UNIONE EUROPEA


Venerdì, 31 ottobre 2003


Illustri Signori, Gentili Signore!

1. A tutti rivolgo un deferente saluto, con un pensiero di speciale gratitudine per l’Onorevole Giuseppe Pisanu, che con opportune espressioni s’è fatto interprete dei comuni sentimenti.

Ho molto apprezzato il fatto che, per la Conferenza dei Ministri dell'Interno dell'Unione Europea, sia stato scelto come tema “Il dialogo interreligioso: fattore di coesione sociale in Europa e strumento di pace nell’area mediterranea”. Aver dato priorità a questo argomento significa riconoscere l'importanza della religione non soltanto per la tutela della vita umana, ma anche per la promozione della pace.

"Le religioni degne di questo nome - dicevo all’inizio dell’anno 1987 al Corpo Diplomatico presso la Santa Sede -, le religioni aperte di cui parlava Bergson - che non sono delle semplici proiezioni dei desideri dell'uomo, ma un'apertura e una sottomissione alla volontà trascendente di Dio che s'impone a tutte le coscienze - permettono di costruire la pace... Senza il rispetto assoluto dell'uomo fondato su una visione spirituale dell'essere umano, non c'è pace" (n. 6: Insegnamenti X/1, 1987, 76).

314 2. La vostra Conferenza si è svolta nella prospettiva dell’obiettivo prioritario dei Ministri dell’Interno dell’Unione Europea, che consiste nella costruzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui tutti si sentano a casa loro. Questo comporta la ricerca di nuove soluzioni per i problemi collegati con il rispetto della vita, con il diritto di famiglia, con l'immigrazione; problemi che devono essere considerati, non solo nella prospettiva europea, ma anche nel contesto del dialogo con i Paesi dell'area mediterranea.

L’auspicata coesione sociale richiederà ancor più quella solidarietà fraterna che deriva dalla coscienza di essere un'unica famiglia di persone chiamate a costruire un mondo più giusto e fraterno. Questa coscienza è già in qualche modo presente nelle antiche religioni dell'Egitto e della Grecia, che hanno avuto la loro culla nel Mediterraneo, ma anche, e soprattutto, nelle tre grandi religioni monoteistiche: l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam. Ed in proposito, come non notare, con una certa tristezza, che i fedeli di queste tre religioni, le cui radici storiche sono nel Medio Oriente, non hanno ancora stabilito tra loro una convivenza pienamente pacifica proprio là dove sono nate? Non saranno mai troppi i tentativi per creare le condizioni di un franco dialogo e di una solidale cooperazione tra tutti i credenti in un unico Dio.

3. L'Europa, nata dall'incontro di diverse culture con il messaggio cristiano, vede oggi crescere nel suo seno, a causa dell'immigrazione, la presenza di varie tradizioni culturali e religiose. Non mancano esperienze di fruttuosa collaborazione e gli sforzi attuali per un dialogo interculturale ed interreligioso lasciano intravedere una prospettiva di unità nella diversità, che ben fa sperare per il futuro.

Ciò non esclude un adeguato riconoscimento, anche legislativo, delle specifiche tradizioni religiose nelle quali ogni Popolo è radicato, e con le quali spesso si identifica in modo peculiare. La garanzia e la promozione della libertà religiosa costituiscono un “test” del rispetto degli altri diritti e si realizzano attraverso la previsione di un’adeguata disciplina giuridica per le diverse confessioni religiose, come garanzia della loro rispettiva identità e della loro libertà.

Il riconoscimento dello specifico patrimonio religioso di una società richiede il riconoscimento dei simboli che lo qualificano. Se, in nome di una scorretta interpretazione del principio di eguaglianza, si rinunciasse ad esprimere tale tradizione religiosa ed i connessi valori culturali, la frammentazione delle odierne società multietniche e multiculturali potrebbe facilmente trasformarsi in un fattore d’instabilità e, quindi, di conflitto. La coesione sociale e la pace non possono essere raggiunte cancellando le peculiarità religiose di ogni Popolo: oltre che vano, tale proposito risulterebbe poco democratico, perché contrario all’anima delle Nazioni ed ai sentimenti della maggioranza delle loro popolazioni.

4. In seguito ad eventi drammatici come gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, anche i rappresentanti di numerose religioni hanno moltiplicato le iniziative in favore della pace. La Giornata di preghiera che ho promosso ad Assisi, il 24 gennaio 2002, si è conclusa con una dichiarazione dei “leaders” religiosi presenti, definita da alcuni “il decalogo di Assisi”. Ci si è impegnati, tra l'altro, a sradicare le cause del terrorismo, fenomeno che contrasta con l'autentico spirito religioso; a difendere il diritto di ogni persona a una degna esistenza secondo la propria identità culturale e a formarsi liberamente una propria famiglia; a sostenersi nel comune sforzo per sconfiggere l'egoismo e il sopruso, l'odio e la violenza, apprendendo dall’esperienza del passato che la pace senza la giustizia non è vera pace.

Ai rappresentanti delle religioni presenti ad Assisi ho espresso la convinzione che "Dio stesso ha posto nel cuore umano un'istintiva spinta a vivere in pace e armonia. E' un anelito più intimo e tenace di qualsiasi istinto di violenza". Per questo "le tradizioni religiose posseggono le risorse necessarie per superare le frammentazioni e per favorire la reciproca amicizia e il rispetto tra i popoli. Chi utilizza la religione per fomentare la violenza ne contraddice l’ispirazione più autentica e profonda" (L’Osservatore Romano, 25 gennaio 2002, PP 6-7).

5. Malgrado si registrino talora insuccessi nelle iniziative di pace, occorre continuare a sperare. Il dialogo a tutti i livelli - economico, politico, culturale, religioso - porterà i suoi frutti. La fiducia dei credenti si fonda non soltanto sulle umane risorse, ma anche su Dio onnipotente e misericordioso. Egli è la luce che illumina ogni uomo. Tutti i credenti sanno che la pace è dono di Dio e ha in Lui la vera sorgente. Solo Lui può darci la forza di affrontare le difficoltà e di perseverare nella speranza che il bene trionferà.

Con tali convinzioni, che so da voi condivise, auguro pieno successo ai lavori della Conferenza ed invoco su tutti la benedizione di Dio onnipotente.




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