GP2 Discorsi 2003 30


AI FRATI MINORI "BERNARDINI"


Martedì, 11 febbraio 2003




Venerati Padri, cari Fratelli,

Il mio cordiale benvenuto a voi tutti. Siete giunti a Roma, visitando lungo il vostro percorso le tombe di San Francesco e di San Bernardino da Siena, per rendere grazie a Dio, qui, alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, per i 550 anni di presenza dei frati minori (bernardini) in terra polacca. Mi unisco volentieri a tale ringraziamento, perché so quanto bene essa ha portato, quanto profondamente si è iscritta nella nostra nativa spiritualità e cultura.

Questo giubileo è legato alla fondazione del convento di Cracovia. E’ caro al mio cuore quel convento e quella Basilica in via Bernardynska. Quando ero giovane, molte volte andavo lì e più tardi come sacerdote, e infine come Vescovo di Cracovia. Numerosi sono stati anche gli incontri con la vostra comunità. In modo particolare è rimasto nel mio ricordo quell’incontro e il simposio scientifico, svoltosi nell’ambito del giubileo di San Francesco, nell’aprile 1976. Ricordo che dissi allora, introducendo il Convegno: "Dobbiamo pregare tanto per ottenere un Francesco dei nostri tempi. Forse non uno - forse tanti. Viviamo in un’epoca, in cui il Concilio Vaticano ci ha rivelato per lungo e per largo la dimensione del popolo di Dio. Forse dunque occorre, in questi nostri tempi democratici, che Francesco diventi il profilo di tutti noi: di tutta la Chiesa in Polonia".

Sembra, che tali parole, non abbiano perso nulla della loro attualità. Anzi, si può riportare l’impressione che l’uomo e il mondo dell’inizio del terzo millennio forse più che mai attendano di essere pervasi dallo spirito di San Francesco. L’uomo di oggi ha bisogno della fede, della speranza e della carità di Francesco; ha bisogno della gioia che scaturisce dalla povertà di spirito, cioè da una libertà interiore; vuole imparare nuovamente l’amore di tutto ciò che Dio ha creato; ha bisogno infine che nelle famiglie, nelle società, tra le nazioni regnino la pace e il bene. Di questo ha bisogno la Polonia, l’Ucraina e il mondo intero.

31 Per questo la vostra comunità - celebrando il giubileo - mentre volge lo sguardo verso il passato e rende grazie a Dio per ogni bene ricevuto nel tempo trascorso, è chiamata in modo particolare a guardare anche verso il futuro. Siete chiamati a chiedere a Dio di rendervi sempre più pienamente testimoni dello spirito di Francesco. Per ottenere questo prego insieme con voi. E dato che stiamo vivendo l’Anno del Santo Rosario, lo faccio per intercessione di Maria, invocando colui che fu un suo devoto straordinario - il vostro fondatore e patrono, San Bernardino da Siena.

Rendo grazie a Dio anche per i 10 anni della Custodia di San Michele Arcangelo in Ucraina. Non è un grande giubileo, ma costituisce l’invito ad un grande rendimento di grazie per ogni bene che è divenuto la parte del diletto popolo di Dio in Ucraina, grazie al vostro ministero perseverante e colmo di dedizione.

Ringrazio ancora una volta per l’accoglienza preparatami dalla Provincia dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria nel Santuario di Kalwaria Zebrzydowska. Auguro che la vostra comunità cresca in numero e in grazia, e che l’intercessione e l’esempio dei santi patroni, Francesco e Bernardino, vi sostengano sulle vie della santità.

Dio vi benedica!

XI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO


AGLI AMMALATI NELLA MEMORIA


DELLA BEATA VERGINE DI LOURDES


Martedì, 11 febbraio 2003




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Come ogni anno, con grande gioia vengo ad incontrarvi al termine di questa celebrazione dedicata specialmente a voi, cari ammalati. Il primo saluto è per voi, che siete protagonisti dell'odierna Giornata Mondiale del Malato.Estendo volentieri il mio saluto a quanti vi sono accanto, familiari, amici e volontari, e ai membri dell'UNITALSI. Saluto il Cardinale Vicario, come pure i Presuli e i sacerdoti presenti, i religiosi e le religiose e coloro che, con varie mansioni, operano al servizio degli infermi e dei sofferenti.

Un saluto cordiale va, poi, ai membri dell'Opera Romana Pellegrinaggi e ai partecipanti al Convegno nazionale teologico-pastorale, in corso qui a Roma, sul tema "Il pellegrinaggio sentiero di pace". A questo proposito, penso alla Terra Santa, e formulo l'auspicio, avvalorato dalla preghiera, che quanto prima quei luoghi santificati dalla presenza di Cristo ritrovino un clima di pace, sì da permettere la ripresa del flusso dei pellegrini.

2. Si celebra oggi la Giornata Mondiale del Malato, giunta alla sua undicesima edizione, e posta sotto la protezione della Vergine Immacolata. Tra poco, i canti e le preghiere ci porteranno spiritualmente a Lourdes, luogo benedetto da Dio e a voi tanto caro. Al tempo stesso ci uniamo ai numerosi fedeli raccolti nel Santuario nazionale di Washington, pure dedicato all'Immacolata, dove quest'anno hanno luogo le manifestazioni principali della Giornata Mondiale del Malato.

Osservando la venerata immagine della Vergine di Lourdes, lo sguardo si posa sulla corona che pende dalle sue mani giunte. La Vergine orante sembra voler rinnovare l'invito fatto alla piccola Bernadette, a recitare con fiducia il santo Rosario. Con quanta gioia noi accogliamo quest'esortazione nella Giornata del Malato, che costituisce una tappa significativa dell'Anno del Rosario! Lourdes, Roma, Washington formano quest'oggi un provvidenziale "crocevia" di una corale invocazione al Dio della vita, perché infonda fiducia, conforto e speranza ai sofferenti del mondo intero.

3. Cari malati, il Rosario reca la risposta cristiana al problema della sofferenza: la attinge al mistero pasquale di Cristo. Chi lo prega percorre con Maria l'intero itinerario della vita e della fede, itinerario di cui è parte integrante l'umano patire, che in Cristo diventa patire divino-umano, passione salvifica.

32 Nei misteri dolorosi si contempla Cristo che prende su di sé, per così dire, tutte le "malattie" dell'uomo e del genere umano. Quale Agnello di Dio, si fa carico non solo delle loro conseguenze, ma della loro causa profonda, cioè non solo dei mali, ma del male radicale del peccato. La sua lotta non è superficiale, bensì radicale; la sua cura non è palliativa, ma risolutiva.

La forza per mezzo della quale Cristo ha vinto il dominio del male e ha guarito l'uomo è l'abbandono fiducioso in atteggiamento di filiale sottomissione alla volontà del Padre. Questo stesso atteggiamento opera in noi, grazie allo Spirito Santo, quando, nell'esperienza della malattia, percorriamo con Maria la via dei misteri dolorosi.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle! Il cuore della Vergine, trafitto dalla spada, ci insegna a "imparare Cristo", a conformarci a Lui, ed a supplicarlo (cfr Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae, 13-16). Ci guida ad annunciare il suo amore (cfr ivi, 17): chi porta la croce con Gesù offre una testimonianza eloquente, anche per quanti si sentono incapaci di credere e di sperare.

In quest'anno turbato da non poche preoccupazioni per le sorti dell'umanità, ho voluto che la preghiera del Rosario avesse come specifiche intenzioni la causa della pace e della famiglia (cfr ivi, 6; 40-42). Voi, cari Fratelli e Sorelle malati, siete "in prima linea" a intercedere per queste due grandi finalità.

Possa la vostra vita, segnata dalla prova, infondere a tutti quella speranza e quella serenità che solo si sperimentano nell'incontro con Cristo. Questo auspicio e ogni altra intenzione che portiamo nel cuore affidiamo ora a Maria Immacolata, Salute dei Malati.

Con affetto imparto a voi qui presenti e ai vostri cari la Benedizione Apostolica.

Il Papa ha impartito la Benedizione Apostolica; quindi, anch'egli con un cero acceso in mano, ha risposto al canto dell'"Ave Maria" di Lourdes, con queste parole:

Vi ringrazio di cuore per questa fiaccolata.
Pensiamo a tutti i malati del mondo.
Ci uniamo con la Madonna di Lourdes e con i malati che sono a Lourdes.
Ci uniamo anche a Washington, dove quest'anno si celebra la Giornata Mondiale del Malato.
33 A tutti e a tutte la mia benedizione. Alla prossima volta.


AL RABBINO CAPO DI ROMA


Giovedì, 13 febbraio 2003


Stimato Rabbino Capo di Roma
e cari fratelli nella fede di Abramo!

1. Sono lieto di incontrarLa, stimato Dott. Riccardo Di Segni, dopo la sua elezione a Rabbino Capo di Roma, e La saluto cordialmente insieme con i rappresentanti che L'accompagnano. Rinnovo le mie felicitazioni per l'importante incarico affidatoLe, mentre mi è gradito, in questa significativa circostanza, ricordare con profonda stima il suo illustre predecessore, il Prof. Elio Toaff.

L'odierna visita mi permette di sottolineare il vivo desiderio che nutre la Chiesa cattolica di approfondire i legami di amicizia e di reciproca collaborazione con la Comunità ebraica. Qui a Roma la Sinagoga, simbolo della fede dei Figli di Abramo, è molto vicina alla Basilica di San Pietro, centro della Chiesa, e sono grato a Dio che mi ha concesso, il 13 aprile del 1986, di percorrere il breve tratto che separa questi due templi. Quella storica e indimenticabile visita ha costituito un dono dell'Onnipotente, e rappresenta una tappa importante sulla via dell'intesa tra gli Ebrei ed i Cattolici. Mi auguro che la memoria di quell'evento continui ad esercitare un benefico influsso, e che il cammino di reciproca fiducia fino ad ora compiuto incrementi le relazioni tra la Comunità cattolica e la Comunità ebraica di Roma, che è la più antica dell'Europa occidentale.

2. Bisogna riconoscere che in passato le nostre due Comunità hanno vissuto fianco a fianco, scrivendo talora "una storia tormentata", non scevra in alcuni casi di ostilità e diffidenze. Il documento Nostra Aetate del Concilio Vaticano II, la graduale applicazione del dettato conciliare, i gesti di amicizia compiuti dagli uni e dagli altri, hanno però contribuito in questi anni ad orientare le nostre relazioni verso una comprensione reciproca sempre più grande. Auspico che questo sforzo prosegua, scandito da iniziative di proficua collaborazione in campo sociale, culturale e teologico, e cresca la consapevolezza di quei vincoli spirituali che ci uniscono.

3. In questi giorni risuonano nel mondo pericolosi clamori di guerra. Noi, Ebrei e Cattolici, avvertiamo l'urgente missione di implorare da Dio Creatore ed Eterno la pace, e di essere noi stessi operatori di pace.

Shalom! Questa bella espressione, a voi molto cara, significa salvezza, felicità, armonia, e sottolinea che la pace è dono di Dio; dono fragile, posto nelle mani degli uomini, e da salvaguardare grazie anche all'impegno delle nostre Comunità.

Iddio ci renda costruttori di pace, nella consapevolezza che quando l'uomo fa opera di pace, diventa capace di migliorare il mondo.

Shalom! E' questo il mio cordiale augurio a Lei e all'intera Comunità ebraica di Roma. Dio, nella sua bontà, protegga e benedica ciascuno di noi. Benedica, in particolare, tutti coloro che tracciano un cammino di amicizia e di pace tra gli uomini d'ogni razza e cultura.


AI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI


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Giovedì, 13 febbraio 2003


Venerati Fratelli nell'Episcopato!

1. Sono lieto di porgervi il mio cordiale benvenuto a quest'incontro, che si svolge nel contesto del Convegno spirituale di Vescovi amici del Movimento dei Focolari. Esso ha come tema: "Spiritualità di comunione: unità ecclesiale e fratellanza universale". Vi saluto tutti con affetto. Saluto, in particolare, il Cardinale Miloslav Vlk, Arcivescovo di Praga, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha poc'anzi rivolto a nome dei presenti, tracciando un quadro sintetico dei vostri lavori. Un saluto cordiale dirigo a Chiara Lubich, Fondatrice del Movimento, intervenuta al vostro Convegno.

In questi giorni di riflessione, di scambio di testimonianze e di esperienze pastorali, vi siete proposti di approfondire la "spiritualità di comunione", rispondendo all'invito, contenuto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, a "promuovere una spiritualità di comunione" e a "fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione" (cfr n. 43).

Le riflessioni e il confronto tra voi hanno contribuito a mettere meglio in luce la permanente necessità di un'autentica spiritualità di comunione, che animi in maniera sempre più incisiva la vita e l'attività del popolo cristiano.

2. La "spiritualità di comunione" si articola in diversi elementi, che affondano le proprie radici nel Vangelo, e risultano arricchiti dal contributo che all'intera Comunità cristiana offre il Movimento dei Focolari, impegnato a testimoniare la "spiritualità dell'unità". Tra gli altri, mi piace qui ricordare l'unità come "testamento" lasciato da Gesù ai suoi discepoli (cfr
Jn 17), il mistero di Cristo crocifisso e abbandonato come "via" per raggiungerla, la celebrazione dell'Eucaristia come vincolo di comunione, l'azione dello Spirito Santo che anima la vita del Corpo Mistico di Cristo e ne unifica le membra, la presenza della Vergine Maria, Madre dell'unità, che tutti ci conduce a Cristo.

Non va poi dimenticato il carattere dinamico della "spiritualità di comunione", che deriva dal legame esistente tra l'amore di Dio e l'amore per il prossimo. E' indispensabile, in questa prospettiva, apprendere l'arte di "santificarsi insieme", in un cammino personale e comunitario. Occorre, altresì, una comunione sempre più organica "tra la dimensione istituzionale e la dimensione carismatica" della Chiesa. Si tratta, infatti, di due dimensioni co-essenziali che "concorrono insieme a rendere presente il Mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo" (cfr Messaggio al Congresso Mondiale dei Movimenti ecclesiali, n. 5, in: Insegnamenti XXI/1 [1998], p. 1065).

3. L'impegno per la "spiritualità di comunione" imprime un rinnovato slancio all'ecumenismo, poiché spinge ad individuare forme e modi atti a meglio favorire la concretizzazione dell'anelito all'unità di tutti i cristiani, che Gesù ci ha lasciato come dono e come missione nell'Ultima Cena.

Una spiritualità di comunione apre pure grandi possibilità per il dialogo interreligioso, che però, come ricordavo nella citata Lettera apostolica Novo millennio ineunte, non può essere fondato sull'indifferentismo religioso. Né si deve temere "che possa costituire offesa all'altrui identità ciò che è invece annuncio gioioso di un dono che è per tutti, e che va a tutti proposto con il più grande rispetto della libertà di ciascuno: il dono della rivelazione del Dio-Amore" (n. 56).

4. Venerati e cari Fratelli! Lo sforzo di costruire una "spiritualità di comunione" richiede il superamento di ogni eventuale difficoltà, incomprensione e anche insuccesso. Occorre proseguire senza sosta sulla strada intrapresa, confidando nel sostegno della grazia divina, per dare vita ad un'autentica "unità ecclesiale" e ad una salda "fratellanza universale".

Invoco per questo la materna protezione della Vergine del Santo Rosario e, mentre vi assicuro il mio affetto, avvalorato da un costante ricordo nella preghiera, imparto di cuore a ciascuno di voi qui presenti una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo alle Comunità affidate alle vostre cure pastorali e a tutte le persone a voi care.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


A SUA BEATITUDINE CHRISTODOULOS,


ARCIVESCOVO DI ATENE E DI TUTTA LA GRECIA


35 A Sua Beatitudine Christodoulos
Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia

Perseverate nell'amore fraterno. Non dimenticate l'ospitalità (
He 3,1-2).

Rievocando questa esortazione della Lettera agli Ebrei a costruire i nostri legami su quell’amore fraterno che dobbiamo nutrire gli uni per gli altri, ho la gioia di farLe pervenire, Beatitudine, questo Messaggio per il tramite del Cardinale Walter Kasper e della Delegazione della Santa Sede, che fa visita alla Chiesa ortodossa di Grecia. I rappresentanti della Santa Sede, invitati da Vostra Beatitudine ad Atene, intendono con ciò restituire la gradita visita della Delegazione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia nel marzo dello scorso anno a Roma. È anche questo un segno concreto della nostra volontà di perseverare nell’amore fraterno. Noi non dimentichiamo quel dovere di ospitalità, che deve contraddistinguere le relazioni tra i cristiani. Ovunque si incontrano, essi possono ritrovarsi e riscoprirsi fratelli in Cristo. Essi possono, insieme, ripartire da Cristo.

La Delegazione della Santa Sede potrà dunque riprendere i contenuti che abbiamo proposto insieme alla considerazione dell'Europa nella nostra Dichiarazione comune sull’Areopago di Atene, il 4 maggio 2001, e continuare quegli scambi fecondi tra i rappresentanti del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia ed i responsabili dei vari Dicasteri ed Istituzioni della Santa Sede, realizzati nel marzo dello scorso anno a Roma. Tutto ciò è per me motivo di gioia e di soddisfazione. La Chiesa cattolica sa di avere un compito da assolvere nel Continente europeo, in questo momento storico, e la responsabilità che avverte coincide con quella della Chiesa ortodossa di Grecia. Tale responsabilità costituisce un terreno comune sul quale sviluppare la reciproca collaborazione. Il futuro dell’Europa è così importante da spingerci ad andare al di là del nostro passato di divisioni, di incomprensioni e di reciproco allontanamento. La posta in gioco è la promozione in Europa, hic et nunc, di tutti i valori umani ed anche di quelli religiosi, del riconoscimento delle Chiese e Comunità ecclesiali, della tutela della sacralità della vita, della salvaguardia del creato. Ci muove la convinzione profonda che il "vecchio" Continente non deve smarrire la ricchezza cristiana del suo patrimonio culturale e non deve perdere nulla di ciò che ha reso grande il suo passato. Avvertiamo la necessità di dare un aspetto nuovo, più incisivo, alla nostra testimonianza di fede, in modo che le radici cristiane dell’ Europa rivivano di linfa nuova, la linfa di una nostra testimonianza più concorde. Questa collaborazione, da sviluppare e far crescere, potrebbe essere uno dei rimedi efficaci al relativismo ideologico così diffuso in Europa, ad un pluralismo etico che dimentica i valori perenni, ad una forma di globalizzazione che lascia insoddisfatto l'uomo poiché cancella le legittime differenziazioni, che hanno permesso il diffondersi di tanti tesori nell'Oriente e nell'Occidente europei. Spetta a noi operare insieme per raggiungere questi importanti ed urgenti obiettivi. Auspico, Beatitudine, che questo nuovo contatto susciti forme concrete di cooperazione tra di noi. La Chiesa di Roma è disponibile alla reciproca collaborazione, nella consapevolezza della necessità di integrare le tradizioni greca, latina e slava dell’Europa di oggi, affinché tutto sia articolato in un insieme armonico.

Con questi sentimenti, assicuro a Vostra Beatitudine la mia carità fraterna.

Dal Vaticano, 8 febbraio 2003

IOANNES PAULUS II



AI VESCOVI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI


DEL GAMBIA, DELLA LIBERIA E DELLA SIERRA LEONE


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 15 febbraio 2003


Cari Fratelli Vescovi,

1. È con grande gioia e affetto nel Signore Gesù Cristo che vi do il benvenuto, Vescovi del Gambia, della Liberia e della Sierra Leone, in occasione della vostra visita ad limina.

Attraverso di voi trasmetto saluti affettuosi al clero, ai religiosi e ai laici nei vostri Paesi. Siete giunti sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo per rendere testimonianza della vostra fede e portare in tal modo la devozione del vostro popolo alla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, fondata da Cristo e diffusa fino ai confini del mondo. Infatti, i fedeli delle vostre singole comunità, spesso nonostante grandi avversità e prove, non hanno mancato di mostrare lo zelo di un popolo che è divenuto veramente "la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato" (1P 2,9).

36 2. I membri della Chiesa cattolica sono una piccolissima parte della popolazione nei vostri Paesi e a volte il clima sociale, politico e perfino religioso rende difficili l'evangelizzazione e il dialogo interreligioso. Tuttavia, il Signore stesso ha pronunciato parole di incoraggiamento a questo proposito: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno" (Lc 12,32). Traendo forza e conforto dalla promessa del Signore, le vostre comunità proclamano efficacemente la forza del Vangelo di trasformare il cuore e la vita umani. Contribuiscono al miglioramento della società attraverso una presenza cattolica forte e costruttiva nei campi dell'educazione, dell'assistenza sanitaria e dell'aiuto ai poveri. Infatti, sia il popolo sia il governo lodano i programmi ecclesiali volti alla promozione del benessere sociale nei vostri Paesi. Grazie ai vostri sforzi costanti in queste aree esprimete in modo eloquente la vocazione missionaria che "appartiene all'intima natura della vita cristiana" (Redemptoris missio RMi 1).

Nel corso della Storia, le minoranze ecclesiali si sono trovate nella posizione unica di trasmettere il messaggio di Cristo ai loro fratelli e alle loro sorelle che ancora non lo conoscono. L'obbedienza alla Parola di Dio, così come è proclamata in modo autentico dalla Chiesa, deve costituire la base del vostro rapporto con altre comunità cristiane. Come sapete, questa stessa Parola di Dio può fungere da punto di partenza fondamentale per un dialogo essenziale con i seguaci delle religioni tradizionali africane e dell'Islam. Avete il compito di continuare a promuovere un atteggiamento di rispetto reciproco che eviti sia l'indifferenza religiosa sia il fondamentalismo militante.

Dovete restare vigili per garantire che la verità non venga mai ridotta al silenzio. Questa forma di guida sociale richiede sforzi volti a tutelare una libertà religiosa fondamentale che non deve mai essere sfruttata a fini politici. Mai nessuno deve essere punito o criticato per aver detto la verità.

3. Sottolineo la necessità di un impegno rinnovato per la formazione dei giovani e dei laici. La seduzione delle cose materiali e la pericolosa attrazione di culti e società segrete che promettono ricchezza e potere, possono esercitare un grande fascino, in particolare sui giovani. Queste tendenze preoccupanti possono mutare soltanto se si aiutano i giovani a comprendere che formano veramente "una nuova generazione di costruttori", chiamata a operare per una "civiltà dell'amore" caratterizzata da libertà e pace (cfr Veglia di Preghiera in occasione della Giornata Mondiale della Pace presso Downside Park, Toronto, Canada, 27 luglio 2002, n. 4). Dovete aiutare i giovani a rifiutare "le tentazioni di scorciatoie illegali verso falsi miraggi di successo o di ricchezza...". Infatti, è solo con la giustizia, spesso raggiunta mediante sacrifici, che si può ottenere la pace autentica (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, n. 7).

Con voi, rendo lode al nostro Padre Celeste per il dono di così tanti uomini e così tante donne impegnati nell'opera della catechesi e della formazione fondamentale dei laici, giovani e anziani. Sono veramente il sale della terra e una luce che guida gli altri. Questi "evangelizzatori insostituibili" sono stati e continueranno a essere la spina dorsale delle vostre comunità cristiane, diffondendo la Buona Novella in circostanze difficili e persino pericolose. In qualità di Vescovi, dovete sostenere i vostri catechisti negli sforzi volti a migliorare la loro capacità di assistervi nell'opera di evangelizzazione. A questo riguardo, sono necessari una formazione corretta, sia spirituale sia intellettuale, e un sostegno morale e materiale se questi servitori devoti della Parola devono essere efficaci (Cfr Ecclesia in Africa, n. 91).

4. Un elemento fondamentale della cultura e della civiltà africane è sempre stato quello della famiglia. "L'unione feconda e fedele fra uomo e donna, benedetta dalla grazia di Cristo, è un genuino Vangelo di vita e di speranza per l'umanità" (cfr Osservazioni conclusive in occasione del IV Incontro Mondiale delle Famiglie, 26 gennaio 2003, n. 1). Purtroppo, questo Vangelo di vita, fonte di speranza e di stabilità, viene minacciato nei vostri Paesi dalla diffusione della poligamia, del divorzio, dell'aborto, della prostituzione, del traffico di esseri umani e da un mentalità a favore della contraccezione. Questi stessi fattori contribuiscono a un'attività sessuale irresponsabile e immorale che porta alla diffusione dell'AIDS, una pandemia che non può essere ignorata. Non solo questa malattia distrugge innumerevoli vite, ma minaccia anche la stabilità sociale ed economica del continente africano.

Poiché la Chiesa in Africa fa quanto è in suo potere per difendere la santità della famiglia e il suo ruolo preminente nella società africana, è chiamata soprattutto a proclamare ad alta voce e con chiarezza il messaggio liberatore dell'amore cristiano autentico. Ogni programma educativo, sia cristiano sia secolare, deve sottolineare che l'amore autentico è amore casto e che la castità ci offre la speranza fondata di superare le forze che minacciano l'istituzione della famiglia e al contempo di liberare l'umanità dalla devastazione causata da flagelli quali l'HIV e l'AIDS. "L'affetto, la gioia, la felicità e la pace procurati dal matrimonio cristiano e dalla fedeltà, così come la sicurezza data dalla castità, devono essere continuamente presentati ai fedeli, soprattutto ai giovani" (Ecclesia in Africa, n. 116). Questo compito non solo include l'incoraggiamento e l'educazione dei giovani, ma richiede anche che la Chiesa funga da guida nello sforzo notevole di promuovere programmi a favore del rispetto autentico per la dignità e i diritti delle donne.

5. Sebbene i vostri Paesi continuino ad affrontare sfide umanitarie, mi unisco a voi nel rendere grazie a Dio per i grandi progressi compiuti al fine di ripristinare la pace in Liberia e in Sierra Leone. Al contempo, tuttavia, sono turbato da avvenimenti recenti nell'area immediata che potrebbero minacciare gli sforzi costanti per ripristinare la stabilità. Il cammino verso la pace è sempre difficile. Ciononostante, sono certo del fatto che l'impegno e la buona volontà di quanti sono coinvolti in tale processo possano contribuire alla creazione di una cultura di rispetto e dignità.

La Chiesa, che ha sofferto enormemente a causa di questi conflitti, deve mantenere la sua posizione forte per tutelare quanti non hanno voce. Vi esorto, miei Fratelli Vescovi, a operare instancabilmente per la riconciliazione e a rendere una testimonianza autentica di unità con gesti di solidarietà e sostegno verso le vittime di decenni di violenza.

Inoltre, non possiamo non osservare con preoccupazione la situazione tragica di milioni di rifugiati e persone sfollate. Alcune persone sono vittime di disastri nazionali, come la grave siccità in Gambia, mentre altre sono state emarginate da lotte di potere o da un inadeguato sviluppo sociale ed economico. In modo particolare, lodo voi e le vostre Chiese locali per avere raggiunto, nonostante le risorse molto limitate, quanti sono stati costretti ad abbandonare i propri Paesi e a recarsi in terre straniere. Dobbiamo ricordare sempre che anche Nostro Signore e la sua famiglia erano dei rifugiati. Esorto voi e il vostro popolo a continuare ad amare e ad aiutare questi fratelli e queste sorelle proprio come fareste per la Santa Famiglia, ricordando sempre loro che la condizione in cui si trovano non li rende meno importanti agli occhi di Dio.

6. Un'altra priorità del vostro ministero è l'attenzione pastorale alla vita spirituale degli uomini e delle donne consacrate nelle vostre Diocesi.Questo è particolarmente vero per le fondazioni più nuove, che necessitano della vostra guida per essere sempre più impegnate nel proprio apostolato e nella ricerca della santità. Molti religiosi dei vostri Paesi hanno seguito alla lettera l'esortazione a "lasciare tutto e, dunque, a rischiare tutto per Cristo" (Vita consecrata VC 40), avendo condiviso pienamente la sorte del vostro popolo durante la guerra e la violenza che hanno devastato la regione. Alcuni sono stati uccisi, altri imprigionati o resi rifugiati. Questa presenza costante fra i loro fratelli e le loro sorelle che soffrono per il medesimo destino rende testimonianza di un Dio che non abbandona il suo popolo.

37 7. È edificante osservare che persino in mezzo al tumulto e alla guerra uomini e donne hanno continuato a rispondere alla chiamata di Dio con generosità. Il compito già arduo di una formazione corretta diviene più difficile quando i requisiti fondamentali di quest'opera non sono disponibili.

Lodo voi e i vostri sforzi per l'istituzione di programmi per una formazione salda. I Vescovi, in quanto primi responsabili della vita ecclesiale, devono garantire che tutti i candidati al sacerdozio siano selezionati con cura e formati in un modo che li prepari a donarsi totalmente alla loro missione nella Chiesa. Tutti i consacrati in questo modo speciale a Cristo, Capo della Chiesa, dovrebbero anelare a condurre una vita di autentica povertà evangelica. In un mondo pieno di tentazioni, i sacerdoti sono chiamati a distaccarsi dalle cose materiali, e a dedicarsi al servizio degli altri attraverso il dono totale di sé nel celibato. I comportamenti scandalosi devono essere affrontati, esaminati e corretti.

Data la grave carenza di sacerdoti nelle vostre Diocesi, potreste sentirvi obbligati a collocare sacerdoti ordinati da poco in posizioni che comportano l'assunzione immediata di gravi responsabilità pastorali. Anche se a volte è inevitabile, è necessario prestare molta attenzione affinché ai giovani sacerdoti venga dato il tempo necessario per alimentare e sviluppare la loro vita spirituale. Tutti i sacerdoti devono avere a disposizione strutture di sostegno sacerdotale.

Tali strutture includono una formazione permanente spirituale e intellettuale e ritiri e giorni di raccoglimento che riuniscano la fraternità dei sacerdoti nelle parole e nei Sacramenti.

"I presbiteri, in virtù della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai Vescovi, sono promossi al servizio di Cristo maestro, sacerdote e re" (Presbyterorum ordinis
PO 1). I membri del clero sono i vostri più stretti collaboratori poiché il loro ministero è un riflesso dell'amore di Cristo, il Buon Pastore, per il suo gregge. Impegnati sempre in attività pastorali, hanno bisogno della vostra guida per mantenere un corretto equilibrio fra la loro opera e la loro vita spirituale.

La vita sacerdotale deve incentrarsi sul rinnovamento costante della grazia ricevuta negli Ordini Sacri. Il vostro esempio e la vostra guida possono fare molto per incoraggiare la crescita di questa grazia, in particolare mediante la consultazione e la collaborazione in questioni amministrative e nell'opera pastorale.

Questo è infatti essenziale per un ministero veramente efficace.

8. Cari Fratelli, desidero che sappiate delle mie costanti preghiere per voi e per il vostro popolo. Celebrando uno speciale anno dedicato al Rosario, spero sinceramente che aiutiate le vostre greggi a riscoprire questa ricca e tuttavia semplice preghiera. È una preghiera per la pace, è una preghiera per la famiglia, una preghiera per i bambini e una preghiera per la speranza (cfr Rosarium Virginis Mariae, nn. 40-43). Che Maria, Regina del Rosario, vi assista mentre guidate verso la salvezza il popolo di Dio in Gambia, in Liberia e in Sierra Leone! A ognuno di voi e a tutti i sacerdoti, i religiosi e i laici delle vostre Diocesi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DELLA GUINEA EQUATORIALE


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 15 febbraio 2003




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Con piacere vi ricevo oggi, Pastori della Chiesa di Dio che peregrina nelle terre della Repubblica di Guinea Equatoriale, venuti a Roma per realizzare la visita ad limina. In questi giorni avete avuto l'opportunità di rinnovare la vostra fede dinanzi alle tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e di manifestare la comunione con il Vescovo di Roma attraverso l'unità, l'amore e la pace (cfr Lumen gentium LG 22), sentendovi anche corresponsabili nella sollecitudine pastorale per tutte le Chiese (cfr Christus Dominus CD 6). Parimenti, i contatti stabiliti con diversi Dicasteri della Curia Romana vi sono serviti per ricevere sostegno e orientamento nella missione che vi è stata affidata.


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