GP2 Discorsi 2003 64


A CONCLUSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI


Cappella "Redemptoris Mater"

Sabato, 15 marzo 2003

1. Al termine di questa settimana di intensa preghiera e riflessione, sento il bisogno di rendere grazie al Signore per aver potuto restare in prolungato e intimo colloquio con Lui, insieme a voi, cari Cardinali e Collaboratori della Curia Romana.


Ancora una volta il Signore ci ha rivolto il suo invito: "Venite seorsum in desertum locum et requiescite pusillum" (Mc 6,31). Il luogo, in verità, non è così appartato e deserto, ma ci è stata data ugualmente l'opportunità di una pausa di silenzio e di contemplazione, che si è rivelata occasione privilegiata per incontrare il Signore. Ne siamo grati anzitutto a Lui, che in questi giorni ci ha colmati dei suoi doni.

2. Il mio cordiale ringraziamento va, poi, al carissimo Mons. Angelo Comastri che, con tatto pastorale, con ricchezza di indicazioni ascetiche, con sapienza e devoto afflato, ha guidato i nostri passi all'incontro con il Dio dell'amore e della misericordia.

A nome anche di tutti i presenti Le dico tantissime grazie, caro Fratello! Insieme con Lei abbiamo ripercorso numerose pagine della Scrittura, scoprendovi prospettive nuove e affascinanti, fino a questa ultima di stamane sul profeta Giona, il quale porta con sé, indirettamente, l'annuncio della Pasqua. Abbiamo ascoltato inoltre esempi e testimonianze del nostro tempo, che ci hanno rinvigorito nella decisione di abbandonarci con fiducia nelle braccia di Dio, la cui misericordia "si estende di generazione in generazione".

Opportunamente, Lei ha portato la nostra attenzione sulla Madonna, additandola come la creatura più fedele perché la più umile. Nella Vergine di Nazareth l'esperienza di Dio è giunta al vertice: grazie al suo "fiat" alla volontà divina. A Maria Santissima affidiamo i frutti di questi Esercizi Spirituali.

Vorrei poi ringraziare coloro che ci hanno aiutato in questi giorni, curando la liturgia, i canti e gli incontri in questa Cappella Redemptoris Mater, dove i mosaici ci fanno sentire vicini nella preghiera i nostri fratelli orientali.

Un grazie particolare, infine, vorrei far giungere, attraverso di Lei, venerato Fratello, a tutti coloro che ci sono stati vicini in questi giorni con la loro preghiera. Sappiano che il Papa è loro riconoscente per questo spirituale sostegno e li benedice di cuore.

3. Ritorniamo ora al nostro consueto lavoro, ripartendo, come ci ha esortati Mons. Comastri, dalla "bella notizia": Dio è amore. Sorretti dalla forza dello Spirito Santo, abbondantemente donataci nella predicazione, nella preghiera e nell'adorazione eucaristica, vogliamo continuare ad essere testimoni di Cristo in questo nostro mondo, che della "bella notizia" dell'amore di Dio ha tanto bisogno.

65 Grazie a tutti e buon lavoro!

VEGLIA DI PREGHIERA DEGLI UNIVERSITARI

Sabato, 15 marzo 2003

Cari giovani universitari!


1. Vi saluto con affetto e vi ringrazio per la vostra partecipazione, piena di devota gioia, a questa veglia mariana in occasione della Prima Giornata Europea degli Universitari. Ringrazio, in particolare, il Cardinale Camillo Ruini per le cordiali parole, con cui ha interpretato i comuni sentimenti. Il mio ringraziamento si estende poi a Mons. Lorenzo Leuzzi ed a quanti hanno collaborato nell’organizzazione di questa Giornata. Ringrazio inoltre i cori e l'orchestra, come pure la Radio Vaticana e il Centro Televisivo Vaticano, che hanno assicurato i vari collegamenti radiofonici e televisivi.

Saluto cordialmente i giovani uniti con noi, insieme con i loro Pastori, da Uppsala, Bratislava, Cracovia, Colonia, Fatima, Vienna e da alcune Parrocchie dell’Ucraina. Grazie, carissimi, per la vostra testimonianza di fede e di fraternità! Vi auguro ogni bene per i vostri studi e per i vostri progetti di vita.

Questa sera abbiamo pregato per l'Europa, in un momento importante della sua storia. I giovani possono e debbono partecipare alla costruzione della nuova Europa, con il loro contributo di aspirazioni e di ideali, di studio e di lavoro, di creatività e di generosa dedizione. I giovani cristiani, in special modo, sono chiamati ad annunciare e testimoniare Cristo e ad essere, in suo nome, costruttori di unità nella diversità, di libertà nella verità, di pace nella giustizia, di quella pace di cui il mondo ha oggi particolarmente bisogno.

Cari giovani amici, vi affido questa sera un desiderio che tanto mi sta a cuore: che cioè le nuove generazioni possano essere fedeli agli alti principi spirituali e morali che in passato hanno ispirato i padri dell'Europa unita.

2. Durante questa veglia, in cui si avverte l’entusiasmo e la fede tipici dei giovani, il pensiero va naturalmente alle Giornate Mondiali della Gioventù. Sono eventi che mi permettono di incontrare, da un capo all'altro della terra, giovani di diversi continenti, ascoltarli e parlare loro di Cristo. Ogni volta viene offerto alla comune attenzione un tema specifico. Per la prossima Giornata, che verrà celebrata in ogni Diocesi la Domenica delle Palme, tenendo conto che siamo nell’Anno del Rosario ho scelto le significative parole di Gesù all’apostolo prediletto: "Ecco la tua Madre!" (Jn 19,27). Si tratta di un forte invito a tutti voi, cari giovani, a riconoscere e accogliere nella vostra vita Maria come Madre.

Giovani d’Europa e del mondo, aprite il cuore a Maria e seguite docilmente il suo esempio!

3. Mi rivolgo ora a voi, cari giovani di Roma, e vi do appuntamento per giovedì 10 aprile prossimo, in Piazza San Pietro. Sarà un’occasione di preghiera e di festa, come questa sera. Faremo insieme un solenne atto di affidamento alla Madonna, chiedendoLe di vegliare su di voi e di proteggere il vostro cammino di giovani del terzo millennio. In quella circostanza donerò a ciascuno dei presenti una corona del santo Rosario, invitando a recitare questa tradizionale preghiera mariana, perché sia sempre più familiare anche alla gioventù di oggi. Con la fervorosa recita del Rosario, si possono cambiare le sorti del mondo.

Sia questa consapevolezza ad animarvi durante la processione che compirete tra poco fino alla chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza, recando l'icona di Maria Sedes Sapientiae. Io mi unisco a voi spiritualmente, mentre con affetto benedico tutti voi e i vostri cari.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL MINISTRO GENERALE DELL’ORDINE FRANCESCANO


DEI FRATI MINORI CONVENTUALI




66 Al Reverendissimo Padre

JOACHIM GIERMEK

Ministro Generale
dell'Ordine Francescano Frati Minori Conventuali

1. Ho appreso con gioia che codesto Ordine intende commemorare il 400° anniversario della nascita di san Giuseppe da Copertino, avvenuta il 17 giugno 1603, con numerose iniziative religiose, pastorali e culturali, orientate tutte alla riscoperta della profondità e dell'attualità del messaggio di questo fedele discepolo del Poverello d'Assisi.

In tale significativa circostanza, sono lieto di rivolgere a Lei il mio più cordiale saluto, estendendolo volentieri alla Comunità francescana di Osimo e ai Frati Minori Conventuali sparsi nel mondo. Saluto inoltre i devoti e i pellegrini, che prenderanno parte alle solenni celebrazioni giubilari.

2. Quest’importante ricorrenza costituisce una singolare occasione di grazia offerta in primo luogo ai Frati Minori Conventuali. Dal suo esempio essi devono sentirsi spinti ad approfondire la loro vocazione religiosa per rispondere con rinnovato impegno, come egli fece ai suoi tempi, alle grandi sfide che la società pone ai seguaci di san Francesco d'Assisi, all’alba del terzo millennio.

Al tempo stesso, questo Anno Centenario costituisce una provvidenziale opportunità per tutta la comunità cristiana, che rende grazie al Signore per gli abbondanti frutti di santità e di saggezza umana elargiti a questo umile e docile servitore di Cristo.

San Giuseppe da Copertino continua a risplendere ai nostri giorni come faro che illumina il cammino quotidiano di quanti ricorrono alla sua celeste intercessione. Conosciuto popolarmente come il "Santo dei voli" a motivo delle sue frequenti estasi e della straordinarietà delle esperienze mistiche, egli invita i fedeli ad assecondare le attese più intime del cuore; li stimola a ricercare il senso profondo dell'esistenza e, in ultima analisi, li spinge ad incontrare personalmente Iddio abbandonandosi pienamente alla sua volontà.

3. Patrono degli studenti, san Giuseppe da Copertino incoraggia il mondo della cultura, in particolare della scuola, a fondare il sapere umano sulla sapienza di Dio. Ed è proprio grazie a questa sua interiore docilità ai suggerimenti della sapienza divina che questo singolare Santo può proporsi come guida spirituale di ogni categoria di fedeli. Ai sacerdoti e ai consacrati, ai giovani e agli adulti, ai bambini e agli anziani, a chiunque voglia essere discepolo di Cristo, egli continua ad indicare le priorità che questa scelta radicale comporta. Il riconoscimento del primato di Dio nella nostra esistenza, il valore della preghiera e della contemplazione, l'appassionata adesione al Vangelo "sine glossa", senza compromessi: ecco alcune condizioni indispensabili per essere testimoni credibili di Gesù ricercando con amore il suo Volto santo. Così fece questo mistico straordinario, esemplare seguace del Poverello d'Assisi. Arse di tenero amore per il Signore e visse al servizio del suo Regno. Dal cielo ora non cessa di proteggere e sostenere quanti, seguendo le sue orme, intendono convertirsi a Dio ed incamminarsi con decisione sulla via della santità.

4. Nella spiritualità che lo contraddistingue emergono i tratti tipici della genuina tradizione del francescanesimo. Innamorato del mistero dell'Incarnazione, Giuseppe da Copertino contemplava estasiato il Figlio di Dio nato a Betlemme, chiamandolo affettuosamente e confidenzialmente "il Bambinello" . Esprimeva quasi esteriormente la dolcezza di questo mistero abbracciando una immagine del Bambino Gesù in cera, cantando e danzando per la tenerezza divina riversata abbondantemente sull’umanità nella grotta del Natale.

Commovente era poi la sua partecipazione al mistero della Passione di Cristo. Il Crocifisso gli era sempre presente nella mente e nel cuore, tra le sofferenze di una vita incompresa e spesso ostacolata. Le lacrime gli scendevano copiose al pensiero della morte di Gesù sulla Croce, soprattutto perché, come amava ripetere, sono stati i peccati a trafiggere il corpo immacolato del Redentore col martello dell'ingratitudine, dell’egoismo e dell’indifferenza.

67 5. Altro aspetto importante della sua spiritualità fu l’amore all’Eucaristia. La celebrazione della Santa Messa, come pure le lunghe ore trascorse in adorazione dinanzi al tabernacolo, costituivano il cuore della sua vita di orazione e di contemplazione. Considerava il Sacramento dell'Altare "cibo degli angeli", mistero della fede lasciato da Gesù alla sua Chiesa, Sacramento dove il Figlio di Dio fatto uomo non appare ai fedeli faccia a faccia, ma cuore a cuore. Con questo sommo Mistero - affermava - Dio ci ha donato tutti i tesori della divina onnipotenza e ci ha fatto palese l'eccesso della sua divina misericordia. Dal quotidiano contatto con Gesù Eucaristico egli traeva la serenità e la pace, che poi trasmetteva a quanti incontrava, ricordando che in questo mondo siamo tutti pellegrini e forestieri in cammino verso l’eternità.

6. San Giuseppe da Copertino si distinse per la semplicità e l'obbedienza. Distaccato da tutto, visse continuamente in cammino, spostandosi da un convento all'altro come i Superiori stabilivano, abbandonandosi in ogni circostanza nelle mani di Dio.

Autentico francescano, secondo lo spirito del Poverello d'Assisi, nutrì un profondo attaccamento al Successore di Pietro ed ebbe un senso vivo della Chiesa, che amò in modo incondizionato. Della Chiesa, percepita nella sua intima realtà di Corpo mistico, si sentiva membro vivo e attivo. Aderì totalmente alla volontà dei Papi del suo tempo, lasciandosi docilmente accompagnare nei luoghi dove l'obbedienza lo conduceva, accettando anche le umiliazioni e i dubbi che la originalità dei suoi carismi non mancò di suscitare. Non poteva certo negare la straordinarietà dei doni di cui era fatto oggetto ma, ben lungi da qualsiasi atteggiamento di orgoglio o di vanto, andava alimentando sentimenti di umiltà e di verità, attribuendo tutto il merito del bene che fioriva tra le sue mani alla gratuita azione di Dio.

7. E che dire della sua devozione filiale e commovente per la Vergine Santa? Fin dalla giovinezza apprese a sostare a lungo ai piedi della Madonna delle Grazie, nel Santuario di Galatone. In seguito si soffermava a contemplare l’immagine a lui tanto cara della Vergine della Grottella, che lo accompagnò durante tutta la vita. Infine, dal convento di Osimo, dove trascorse gli ultimi anni, volgeva spesso lo sguardo verso la Basilica di Loreto, secolare centro di devozione mariana.

Per lui Maria fu una vera madre con cui intratteneva rapporti filiali di semplice e sincera confidenza. Ancor oggi egli ripete ai devoti che a lui ricorrono: "Questa è la nostra Protettrice, Signora, Patrona, Madre, Sposa, Adiutrice".

8. In san Giuseppe da Copertino, molto caro al popolo, risplende la sapienza dei piccoli e lo spirito delle Beatitudini evangeliche. Attraverso l’intera sua esistenza egli indica la strada che conduce all'autentica gioia, pur in mezzo a fatiche e tribolazioni: una gioia che viene dall'alto e nasce dall’amore per Dio e per i fratelli, frutto di lunga e impegnativa ricerca del vero bene e, proprio per questo, contagiosa verso quanti ne vengono a contatto.

Se, a causa del suo intenso e ardito impegno di ascesi cristiana, questo Santo potrebbe apparire ad uno sguardo superficiale come una persona rude, severa e rigorosa, in realtà egli è l'uomo della gioia, affabile e cordiale con tutti. Anzi, i biografi riferiscono che egli riusciva a trasmettere la sua santa e francescana letizia mediante il modo di pregare arricchito da attraenti composizioni musicali e da versi popolari che coinvolgevano i suoi uditori, ravvivandone la devozione.

9. Tutte queste caratteristiche rendono san Giuseppe da Copertino spiritualmente vicino agli uomini del nostro tempo. Auspico pertanto che la ricorrenza anniversaria sia un'occasione opportuna e gradita per una riscoperta dell'autentica spiritualità del "Santo dei voli". Alla sua scuola, possano tutti imparare a percorrere la strada che conduce ad una santità "feriale", contrassegnata dal compimento fedele del proprio quotidiano dovere.

Per i Frati Minori della Famiglia religiosa conventuale egli sia un luminoso modello di sequela evangelica, secondo il carisma specifico di Francesco e Chiara d'Assisi. Ai fedeli, che prenderanno parte ai vari momenti commemorativi, ricordi che ogni credente deve "prendere il largo", confidando nell'aiuto del Signore per rispondere appieno alla propria chiamata alla santità.

In una parola, l'eroica testimonianza evangelica di questo affascinante uomo di Dio, riconosciuta dalla Chiesa e riproposta agli uomini e alle donne del nostro tempo, costituisce per ciascuno un forte richiamo a vivere con passione ed entusiasmo la propria fede, nelle molteplici e complesse situazioni dell'epoca contemporanea.

Con tali sentimenti ed auspici, volentieri imparto a Lei, Reverendissimo Ministro Generale, ai suoi Confratelli sparsi nel mondo, a quanti accorrono ogni giorno al santuario di Osimo una speciale Benedizione Apostolica, che con affetto estendo a tutti coloro che si ispirano agli esempi e agli insegnamenti del Santo da Copertino.

68 Dal Vaticano, 22 Febbraio 2003

IOANNES PAULUS II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL DIRETTORE GENERALE DELLA PICCOLA OPERA


DELLA DIVINA PROVVIDENZA


Al Reverendissimo Signore
Don ROBERTO SIMIONATO
Direttore Generale
della Piccola Opera della Divina Provvidenza

1. Ho appreso con gioia che codesto Istituto commemora il centenario della propria approvazione canonica da parte del Vescovo di Tortona, Mons. Igino Bandi. In tale felice circostanza, mi è gradito indirizzare a Lei, al Consiglio Generale, e ai membri dell'intera Congregazione un cordiale pensiero, assicurando la mia spirituale partecipazione ai vari momenti celebrativi, che contribuiranno di certo a far rivivere il fervore delle origini, per proseguire, con immutato entusiasmo, il cammino iniziato dal Fondatore oltre cento anni or sono.

2. Il chierico Luigi Orione, già allievo di don Bosco a Torino, aveva solo 20 anni quando aprì il primo Oratorio in Tortona e l'anno seguente, nel 1893, divenne fondatore dando vita a un "collegetto" con scuola interna per fanciulli poveri. Nelle vicende quotidiane, vissute con fede e carità, venne dipanandosi il piano a cui la Divina Provvidenza lo destinava. Al futuro Cardinal Perosi, suo concittadino e amico, che gli chiedeva quale fosse la sua "idea", scriveva in una lettera del 4 maggio 1897: "Mi pare che il Nostro Signore Gesù Cristo vada chiamandomi ad uno stato di grande carità... ma è fuoco grande e soave che ha bisogno di dilatarsi e di infiammare tutta la terra. All'ombra di ogni campanile sorgerà una scuola cattolica, all'ombra di ogni Croce un ospedale: i monti faranno passo alla carità grande di Gesù Nostro Signore, e tutto sarà instaurato e purificato da Gesù" (Lo spirito di Don Orione, I, 2).

Proprio perché arso da questo mistico fuoco, don Orione superò gli ostacoli e le difficoltà degli inizi e divenne apostolo instancabile, creativo, efficace. Alcuni compagni di seminario seguirono quel chierico fondatore; non pochi allievi vollero essere sacerdoti come lui. L'Opera, che egli sin dal primo momento denominò della Divina Provvidenza, s'accrebbe di membri e di attività. Il Vescovo di Tortona seguiva trepidante l'affermarsi di iniziative tanto ardite e umanamente fragili, ma seppe riconoscervi l'azione dello Spirito. Con Decreto del 21 marzo 1903 ne sancì il carisma e decretò la costituzione della Congregazione religiosa maschile dei Figli della Divina Provvidenza, comprendente sacerdoti, fratelli eremiti e coadiutori. Successivamente, sorsero le Piccole Suore Missionarie della Carità, tra le quali fiorirono due germogli contemplativi, le Sacramentine adoratrici non vedenti e le Contemplative di Gesù Crocifisso, mentre, più di recente, sono nati l'Istituto Secolare Orionino e il Movimento Laicale Orionino.

3. In questa ricorrenza giubilare, mi è gradito esprimere viva riconoscenza a voi tutti, Membri della Famiglia orionina, per il valido apporto dato in questi anni alla missione della Chiesa. Al tempo stesso, mi è caro ricordare quanto scrivevo nell'Esortazione apostolica Vita consecrata: anche "voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire!" (n. 110). E, pertanto, vi invito a guardare al futuro, "nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi" (ibid.).

Cari Figli della Divina Provvidenza, la Chiesa attende da voi che ravviviate il dono che è in voi (cfr 2Tm 1,6), rinnovando i vostri propositi, e in un mondo che cambia promuoviate una fedeltà creativa alla vostra vocazione. Notavo nella citata Esortazione apostolica: "Gli Istituti sono invitati a riproporre con coraggio l'intraprendenza, l'inventiva e la santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi. Questo invito è innanzitutto un appello alla perseveranza nel cammino di santità attraverso le difficoltà materiali e spirituali che segnano le vicende quotidiane. Ma è anche appello a ricercare la competenza nel proprio lavoro e a coltivare una fedeltà dinamica alla propria missione, adattandone le forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi bisogni, in piena docilità all'ispirazione divina e al discernimento ecclesiale" (n. 37).

Soltanto rimanendo ben radicati nella vita divina e mantenendo inalterato lo spirito delle origini, voi potrete rispondere in maniera profetica alle esigenze dell'epoca attuale. Impegno primario d'ogni battezzato, e a più forte ragione di ciascun consacrato, è tendere alla santità; e sarebbe senz'altro "un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all'insegna di un'etica minimalistica e di una religiosità superficiale" (Novo millennio ineunte NM 31). Nello stile del vostro beato Fondatore, e come è nell'indole propria della vita religiosa che avete abbracciato, non abbiate paura di ricercare con paziente costanza "questa ‘misura alta’ della vita cristiana", ricorrendo a "una vera e propria pedagogia della santità" (ibid.), personale e comunitaria, saldamente ancorata alla ricca tradizione ecclesiale e aperta al dialogo con i tempi nuovi.

69 4. Fedeltà creativa in un mondo che cambia: sia questo orientamento a guidarvi per camminare, come amava ripetere don Orione, "alla testa dei tempi". Se le celebrazioni del Centenario dell'approvazione canonica spingono a "ricordare", rivivendolo, il clima delle origini, vi stimolano, al tempo stesso, in vista pure del prossimo Capitolo Generale, a "progettare" nuovi e coraggiosi interventi sulle frontiere della carità.

Rimanga intatto lo spirito della prima ora! Vorrei, al riguardo, evidenziare un aspetto significativo dell'intuizione carismatica del chierico Luigi Orione: il suo amore superiore e unificante per la "Santa Madre Chiesa". Allora come ora, è fondamentale per la vostra Opera coltivare quest'intima passione per la Chiesa, perché possiate "modestamente cooperare, ai piedi della Sede Apostolica e dei vescovi, a rinnovare e unificare in Gesù Cristo, Signore nostro l'uomo e la società, portando alla Chiesa e al Papa il cuore dei fanciulli più abbandonati, dei poveri e delle classi operaie: ad omnia in Christo instauranda, ut fiat unun ovile et unus pastor" (Costituzioni, art. 5).

Continui ad accompagnarvi dal cielo don Orione insieme ai tanti confratelli che, lungo questi venti lustri, hanno consumato l'esistenza al servizio di Cristo e dei poveri. Vegli su ciascuno di voi la Vergine Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa e faccia sì che, come pregava don Orione, tutta la vostra vita sia "sacra a dare Cristo al popolo e il popolo alla Chiesa di Cristo; arda essa e splenda di Cristo, e in Cristo si consumi in una luminosa evangelizzazione dei poveri; la nostra vita e la nostra morte siano un cantico dolcissimo di carità, e un olocausto al Signore" (Lo spirito di Don Orione, IX, 131).

Con affetto io vi assicuro il mio costante ricordo nella preghiera, mentre di gran cuore benedico l'intera vostra Famiglia spirituale e quanti sono oggetto delle vostre diuturne premure.

Dal Vaticano, 8 Marzo 2003

IOANNES PAULUS II



ALLA DELEGAZIONE DELL’ISTITUTO MONDIALE


DI FENOMENOLOGIA DI HANOVER


(STATI UNITI D’AMERICA)


Sabato, 22 marzo 2003



Illustri Professori!

Sono molto lieto di incontrarvi, in occasione della presentazione a Roma del volume Phenomenology World-Wide. Foundations - Expanding - Dynamics - Life Engagements. A guide for research and study. Mi congratulo con la Professoressa Anna-Teresa Tymieniecka, valida curatrice dell'opera, e saluto ciascuno dei presenti. A tutti sono grato per la visita e per l'omaggio di questa pubblicazione, per me particolarmente interessante.

Uno degli aspetti peculiari di questo lavoro è di essere "a più voci", frutto cioè della collaborazione di oltre settanta specialisti nei vari campi della ricerca fenomenologica. Questo carattere, per così dire "sinfonico", corrisponde a una delle aspirazioni di Edmund Husserl, padre della fenomenologia. Egli desiderava infatti che si formasse una comunità di ricerca, per affrontare con diversi approcci complementari il grande mondo dell'uomo e della vita.

Ringrazio Dio per aver concesso anche a me di partecipare a questa affascinante impresa, a partire dagli anni degli studi e dell'insegnamento, e anche dopo, nelle successive fasi della mia vita e del mio ministero pastorale.

La fenomenologia è prima di tutto uno stile di pensiero, di relazione intellettuale con la realtà, di cui si vogliono cogliere i tratti essenziali e costitutivi, evitando pregiudizi e schematismi. Vorrei dire che è quasi un atteggiamento di carità intellettuale verso l'uomo e il mondo e, per il credente, verso Dio, principio e fine di tutte le cose. Per superare la crisi di senso, che segna una parte del pensiero moderno, ho voluto insistere nell'Enciclica Fides et ratio (cfr n. 83) sull'apertura alla metafisica, e la fenomenologia può offrire a tale apertura un significativo contributo.

70 Carissimi, nel dirvi nuovamente la mia riconoscenza per la vostra visita e per il dono dell’importante contributo scientifico, auguro ogni bene per le vostre attività e di cuore benedico tutti voi e i vostri cari.



AGLI OPERATORI DI TELEPACE


IN OCCASIONE DEL 25° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE


Sabato, 22 marzo 2003



Cari operatori di Telepace!

1. Benvenuti a quest'incontro, in occasione del 25° anniversario di fondazione della vostra televisione. Vi saluto con affetto, e, in modo particolare, saluto il vostro fondatore e direttore, Mons. Guido Todeschini, che ringrazio per le parole rivoltemi a nome di tutti. Estendo il mio cordiale pensiero ai vostri familiari, ai collaboratori, ai volontari, ai radioascoltatori, ai telespettatori e all'intera famiglia di Telepace.

Ho appreso con gioia che il segnale della vostra emittente, grazie a otto satelliti, è in grado ora di essere ricevuto in ogni continente. In venticinque anni quanta strada avete percorso! Rendo grazie a Dio per quel che siete riusciti a compiere, ed esprimo il mio apprezzamento per voi, artefici quotidiani dei progressivi sviluppi di questo canale radiotelevisivo, che desidera veicolare il Vangelo della pace sino agli estremi confini del Pianeta.

2. Telepace! Già il nome esprime l'obiettivo che l'emittente intende perseguire. Telepace vuol essere la televisione della pace, di quella pace che è dono di Dio e umile e costante conquista degli uomini. Quando la guerra, come in questi giorni in Iraq, minaccia le sorti dell'umanità, è ancora più urgente proclamare, con voce forte e decisa, che solo la pace è la strada per costruire una società più giusta e solidale. Mai la violenza e le armi possono risolvere i problemi degli uomini.

La vostra emittente ha fatto di questa indispensabile educazione alla pace il suo scopo sin dall'inizio. Radio Pace nacque, infatti, venticinque anni fa, quando in Italia si viveva il preoccupante clima della violenza e del terrorismo, per dar "voce a chi non ha voce". Voi conservate gelosamente un minuscolo trasmettitore a ricordo di quei giorni. Fu quello il primo strumento di comunicazione della vostra Radio, dalla quale, con l'andar degli anni, si è sviluppato il vostro canale radio-televisivo, che oggi è in grado di raggiungere praticamente quasi tutte le regioni del mondo.

3. In venticinque anni, fidando nella Provvidenza divina, Telepace ha mantenuto inalterato il suo carisma, libera da ogni condizionamento anche economico per servire Dio e l'uomo nella Chiesa. Dal 1985, in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano, segue i viaggi apostolici del Successore di Pietro e reca quotidianamente la sua parola e il suo magistero a innumerevoli famiglie in Italia, in Europa e, dallo scorso anno, in tante altre nazioni della Terra. Non si limita a trasmettere eventi e programmi d'interesse religioso ed ecclesiale, ma stimola e incoraggia la generosa solidarietà dei telespettatori. Propone, infatti, casi di estrema necessità e sollecita aiuti concreti anche per studenti dei Paesi emergenti e altre persone bisognose; reca conforto a chi è solo o abbandonato; entra con messaggi di speranza nelle carceri e negli ospedali. Telepace informa, educa alla fede, incoraggia a sperare, stimola alla solidarietà, diffonde la pace, che scaturisce dall'incontro con Cristo.

4. A tutto ciò si aggiunge l'aiuto spirituale che Telepace offre ai radio ascoltatori e telespettatori attraverso la quotidiana celebrazione della Santa Messa e la recita del Santo Rosario, l'adorazione eucaristica, gli Esercizi Spirituali ed altri spazi riservati alla preghiera e alla formazione cristiana. Durante l'Anno Santo, ad esempio, ogni giorno ha trasmesso l'incontro di preghiera serale da Piazza San Pietro. So poi che tante persone, fra cui monache di diversi monasteri di vita contemplativa, quali "mistiche antenne" come voi le chiamate, vi accompagnano e vi sostengono con le loro orazioni, mentre ammalati, degenti di ospedali e carcerati offrono la loro sofferenza per il vostro apostolato.

Cari operatori di Telepace, proseguite il vostro cammino con immutato entusiasmo. Un campo apostolico sempre più vasto vi attende. Rimanete fedeli alla vostra missione, proclamando la verità di Dio e dell'uomo. Diffondete nella Chiesa e nel mondo la voce di Cristo "Via, Verità e Vita" (cfr Jn 14,6), e siate vigili sentinelle della sua pace.

Maria, Regina della Pace e Stella dell'evangelizzazione, guidi i passi della vostra emittente, perché possiate comunicare la gioia, l'amore e la pace di Cristo "nostra pace" (Ep 2,14).

71 Di cuore vi benedico unitamente alle persone a voi care e a quanti compongono la grande famiglia di Telepace.


GIOVANNI PAOLO II


AD UNA DELEGAZIONE DELLA


"EVANGELICAL LUTHERAN CHURCH IN AMERICA"


Lunedì, 24 marzo 2003



Cari Amici,

Sono lieto di dare il benvenuto alla delegazione della Evangelical Lutheran Church in America, che sta compiendo un viaggio ecumenico a Istanbul, Roma e Canterbury. Colgo l'occasione per porgere anche i miei cordiali auguri al Vescovo Mark Hansen, all'inizio del suo incarico come Vescovo Presidente della Evangelical Lutheran Church in America e come Vicepresidente della Federazione Luterana Mondiale. Possa questa visita confermarvi nel vostro impegno per la causa dell'unità cristiana!

La ricerca della piena comunione tra tutti i cristiani è un dovere che deriva dalla preghiera del Signore stesso (cfr Jn 17,21). In tempi recenti siamo giunti ad apprezzare ancora di più la fratellanza esistente tra luterani e cattolici, che ha portato alla Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione firmata nel 1999. Tale documento ci sfida a costruire su ciò che è già stato realizzato, promuovendo in modo più esteso a livello locale una spiritualità di comunione caratterizzata dalla preghiera e dalla testimonianza comune del Vangelo. In una situazione mondiale piena di pericoli e insicurezze, tutti i cristiani sono chiamati a essere uniti nel proclamare i valori del Regno di Dio. Gli eventi degli ultimi giorni rendono tale dovere ancora più urgente.

Mi unisco a voi nel pregare affinché Dio Onnipotente conceda al mondo quella pace che è frutto della giustizia e della solidarietà (cfr Is 32,16-17). Su di voi e sulle vostre famiglie invoco di cuore le abbondanti Benedizioni di Dio.


AI PELLEGRINI CONVENUTI PER LA BEATIFICAZIONE DI:


PIERRE BONHOMME,


MARÍA DOLORES RODRÍGUEZ SOPEÑA,


MARÍA CARIDAD BRADER,


JUANA MARÍA CONDESA LLUCH,


LÁSZLÓ BATTHYÁNY-STRATTMANN


Lunedì, 24 marzo 2003



Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarvi di nuovo questa mattina, dopo la festosa celebrazione di Beatificazione, che ha avuto luogo ieri in Piazza San Pietro. Vi saluto tutti con affetto. Saluto i Cardinali, i Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose e i fedeli qui convenuti per l'occasione. Questi nostri illustri fratelli nella fede, che ora contempliamo nella gloria, hanno preso parte, in modo singolare, alla morte e risurrezione di Cristo. In loro risplendono eloquentemente i frutti del Mistero pasquale, che ci apprestiamo a celebrare con solennità al termine del cammino quaresimale.

2. Cari pellegrini venuti per celebrare la beatificazione di Pierre Bonhomme, sono lieto di accogliervi. Mi rallegro della vostra attenzione al carisma di questo Beato legato alla storia della regione di Cahors. Saluto in modo particolare le Suore di Nostra Signora del Calvario, che rendono grazie a Dio per il loro fondatore, totalmente dedito ai poveri. Care Sorelle, vi incoraggio a restare fedeli allo spirito di servizio che vi ha insegnato. Egli attingeva la forza per la sua missione dal mistero dell'Eucaristia, centro della sua giornata e del suo ministero, trovando presso Maria, supplicata soprattutto a Rocamadour, la protezione e la fiducia che animarono le sue iniziative. Possiate, sul suo esempio, vivere pienamente la vostra consacrazione religiosa, per essere sue testimoni!

3. Saluto ora con grande affetto i Pastori, le religiose e i fedeli di lingua spagnola, che hanno partecipato alla celebrazione di ieri. Vi sentite legati a tre donne che si dedicarono con eroica generosità alla loro vocazione cristiana e arricchirono la Chiesa con nuove fondazioni. Mi riferisco alle Beate spagnole Dolores Rodríguez Sopeña e Juana María Condesa Lluch, e alla svizzera dall'animo latinoamericano e universale Madre Caridad Brader. Tutte e tre vissero nella stessa epoca e alimentarono saldamente la loro vita di fede con la preghiera, l'intimità con l'Eucaristia e la tenera devozione alla Santissima Vergine Maria.


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