GP2 Discorsi 2003 254

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALLE SUORE ORSOLINE DI MARIA IMMACOLATA






Care Suore Orsoline di Maria Immacolata!

1. Sono lieto di rivolgere un affettuoso saluto alla Superiora Generale e alle Suore convenute a Roma per il Capitolo Generale del vostro benemerito Istituto. Desidero, inoltre, abbracciare tutte le vostre Consorelle, che operano in Italia, in India, in Brasile e nel Continente africano. Invio loro un cordiale pensiero, avvalorato dall’assicurazione di uno speciale ricordo nella preghiera, affinché ogni Orsolina di Maria Immacolata possa, con gioia e con fedeltà, seguire Cristo povero, casto e obbediente, e dedicarsi totalmente al servizio dei fratelli.

255 L’Assemblea capitolare rappresenta un’occasione privilegiata di preghiera, di riflessione e di discernimento per individuare insieme le linee-guida più adatte al futuro della Congregazione. È un tempo proficuo per rinnovare l’impegno di una risposta generosa, personale e comunitaria, alla chiamata di Dio.

Il tema del Capitolo, risulta particolarmente stimolante ed attuale: «Le Orsoline di Maria Immacolata si confrontano con le sfide di un mondo in continua evoluzione e – rinnovate – si consegnano alla Missione della Chiesa». Si tratta di un richiamo a vivere la vostra missione in piena sintonia con la Chiesa, mantenendovi saldamente unite a Cristo e disponibili per rispondere coraggiosamente alle sfide del terzo millennio.

Siate consapevoli, care Sorelle, che, come rileva una recente Istruzione della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, «ad imitazione di Gesù, coloro che Dio chiama alla sua sequela sono consacrati ed inviati nel mondo per continuare la sua missione. Anzi, la stessa vita consacrata, sotto l’azione dello Spirito Santo, diventa missione» (Ripartire da Cristo, 9).

2. Nella prima metà del XVII secolo, la vostra Fondatrice dette vita a Piacenza a un Istituto per il servizio al prossimo bisognoso. Mantenendo intatto il suo carisma, impegnatevi a qualificare sempre meglio l’apostolato della vostra Congregazione, perché sia pienamente rispondente alle esigenze dei nostri tempi. Voi siete chiamate ad essere “contemplative in azione”, pronte cioè a rispondere ai bisogni delle persone, specialmente dei giovani, testimoniando, al tempo stesso, l’urgenza di una spiritualità profonda, rinnovata nei metodi e nelle forme, ma fedele allo spirito delle origini.

Imitate l’incrollabile fede della beata Brigida Morello, che ho avuto la gioia di elevare alla gloria degli altari cinque anni fa. Come ricordavo in quella felice occasione, nei suoi esempi e nei suoi insegnamenti «traspare un costante invito alla fiducia in Dio. Amava ripetere “Confidenza, confidenza, cuore grande! Dio ci è Padre e mai ci abbandonerà!”» (Insegnamenti, XXI/1 [1998/1], p. 538). Il segreto dell’apostolato consiste proprio nel sapere che «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (
1Jn 4,10).

3. Contemplando Cristo crocifisso e risorto - cuore della spiritualità della beata Brigida Morello -, si dilateranno gli orizzonti della vostra dedizione ai poveri, agli ammalati e a quanti si trovano in più stringenti necessità materiali e spirituali, con particolare attenzione alle donne e alla gioventù. Custodirete così fedelmente l’eredità che la beata Fondatrice ha lasciato a voi, sue figlie spirituali, e sarete in grado di attualizzarne l’ispirazione carismatica in questo nostro tempo, dando importanza anzitutto a ciò che voi “siete”, prima che a quanto voi “fate”.

Con tali sentimenti e voti, mentre vi assicuro un costante ricordo nella preghiera, imparto di cuore a ciascuna di voi e a tutte le vostre Comunità sparse nel mondo una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo alle persone care, e a quanti sono oggetto delle vostre cure apostoliche.

Da Castel Gandolfo, 27 agosto 2003

GIOVANNI PAOLO II



MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

AL SIGNOR CARDINALE CRESCENZIO SEPE

INVIATO SPECIALE IN MONGOLIA


Al Signor Cardinale

Crescenzio Sepe
Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli

256 1. Con grande gioia mi rivolgo a Lei, venerato Fratello, che si appresta a visitare per la seconda volta la giovane comunità cristiana che vive in Mongolia, vasto Paese asiatico, ricco di storia e di tradizioni culturali.

Nel mese di luglio dello scorso anno, Ella si è recata a Ulaanbaatar, capitale della Nazione mongola, per sottolineare il decimo anniversario dell’inizio delle relazioni diplomatiche fra la Mongolia e la Santa Sede e la vivace presenza nella regione di una comunità cristiana di fondazione relativamente recente. Se, infatti, la prima evangelizzazione della Mongolia si deve ai nestoriani giunti dalla Persia nel secolo VII, solo nella prima metà del XX secolo è stata ufficialmente affidata una missione in quella lontana Regione alla Congregazione del Cuore Immacolato di Maria. Il regime filocomunista del tempo impedì in un primo tempo ai missionari di recarsi sul luogo. Con la fine della dittatura comunista si aprirono finalmente le porte al Vangelo, e dal 1991 cominciarono a giungere i primi evangelizzatori: sacerdoti, religiose, religiose, laici attivamente impegnati nella “vigna del Signore”.

A sottolineare il proficuo e fecondo cammino compiuto in questo decennio, si sono avuti lo scorso anno due eventi fondamentali per la vita della Chiesa: l’elevazione della Missione “sui iuris” di Urga, Ulanbator al rango di Prefettura Apostolica con la nuova denominazione di Ulaanbaatar, e la conseguente nomina del primo Prefetto Apostolico nella persona del Reverendo Padre Wenceslaw Padilla, C.I.C.M., nonché la prima ordinazione di tre sacerdoti e di un diacono, i quali, pur non essendo originari del Paese, considerano la Mongolia come loro patria di adozione. Essi costituiscono una promettente speranza per il futuro della locale comunità ecclesiale.

2. Il suo ritorno a distanza di poco più di un anno in quella amata Terra, Signor Cardinale, è motivato da altri due non meno importanti e felici eventi : l’ordinazione episcopale del Prefetto Apostolico e la benedizione della chiesa cattedrale dedicata agli Apostoli Pietro e Paolo. Si consolida così l’edificio spirituale costituito dal “piccolo gregge” d’una giovane Chiesa missionaria che cresce fiduciosa, sorretta dalla forza rinnovatrice dello Spirito Santo.

Sarebbe stato mio vivo desiderio essere presente di persona a così suggestive e storiche celebrazioni liturgiche. Non essendo ciò nei disegni del Signore, affido a Lei il compito di recare il mio paterno ed affettuoso saluto al nuovo Vescovo di quella eletta porzione del Popolo di Dio, agli altri Vescovi ed in modo speciale a Mons. Giovanni Battista Morandini, Nunzio Apostolico in Mongolia ed Amministratore Apostolico. Il mio saluto abbraccia i sacerdoti, le religiose, gli altri operatori pastorali, i collaboratori delle varie attività caritative e di promozione umana. Estendo con viva cordialità il mio pensiero ai membri della comunità cattolica, battezzati, catecumeni e “simpatizzanti”, specialmente ai bambini, ai ragazzi e alla gioventù, futuro e speranza della Chiesa e della società di quel nobile Paese. Le chiedo poi di presentare il mio deferente saluto alle Autorità e al Popolo mongolo, sempre presente al mio cuore, come pure ai rappresentanti delle varie religioni con le quali la Chiesa cattolica intende proseguire una utile cooperazione al servizio del bene comune. Per ciascuno assicuro uno speciale ricordo nella preghiera, perché Iddio benedica gli sforzi che si stanno compiendo per diffondere il suo Regno.

3. Affido a Maria, Madre e Regina della Mongolia le attese e le speranze della Chiesa e della Nazione mongola, perché superato il lungo inverno della pressione comunista, possa ora guardare all’avvenire con ritrovata fiducia.

La luce di Cristo illumini il cammino di tutti. Avvaloro questi miei auspici con una speciale Benedizione Apostolica, che affido a Lei, venerato Fratello, quale mio speciale rappresentante.

Dal Castel Gandolfo, 22 agosto 2003

GIOVANNI PAOLO II



DISCORSO DI PAPA GIOVANNI PAOLO II

AI VESCOVI D'EGITTO

IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato 30 agosto 2003

Beatitudine,

Cari Fratelli nell'episcopato

257 1. È con grande gioia che accolgo voi, che venite a compiere la vostra visita ad Limina, recandovi a pregare sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, testimoni uniti della fedeltà a Cristo fino al dono del loro sangue, e a manifestare la vostra comunione con il Successore di Pietro. Ringrazio il vostro Patriarca, Sua Beatitudine il Cardinale Stéphanos II Ghattas, per le sue cordiali parole che mi consentono di condividere le vostre gioie, le vostre difficoltà e le vostre speranze di Pastori. Sono lieto di salutare in modo particolare quanti tra voi partecipano per la prima volta a questa ricca esperienza di comunione nella fede e nel servizio del Signore. Insieme a voi, rendo grazie a Dio per tutte le comunità cristiane in Egitto, eredi del primo annuncio del Vangelo fatto da san Marco, e ricordo con gioia ed emozione il mio pellegrinaggio giubilare al Cairo e al monastero di santa Caterina, ai piedi del Monte Sinai. Là, si comprende meglio il particolare radicamento della rivelazione cristiana in questa regione del mondo e il suo legame intrinseco con il primo Testamento.

2. All'inizio del nostro incontro, desidero incoraggiarvi nella vostra missione specifica di Pastori. Siete divenuti Vescovi per mezzo dell'ordinazione sacramentale, successori degli Apostoli e primi responsabili, insieme al Successore di Pietro, dell'annuncio della Buona Novella al mondo intero. So quanto vi sta a cuore rendere le comunità cristiane a voi affidate delle comunità vive, che siano testimoni autentici del Vangelo "coi fatti e nella verità", come ci invita a fare l'apostolo san Giovanni (
1Jn 3,18). In seno alla società egiziana, tanto ricca di storia e di cultura e fortemente caratterizzata dalla presenza dell'Islam, sapete che la testimonianza più importante è quella della vita quotidiana, incentrata sul doppio comandamento dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo.

Insieme ai sacerdoti, insieme ai religiosi e alle religiose, insieme a tutti i laici che vivono nel cuore del mondo, desiderate testimoniare davanti a tutti la grandezza e la bellezza della vita umana, chiamata a servire la gloria del suo Creatore e a condividerla, un giorno, nella gioia del mondo che verrà.

All'inizio del terzo millennio, il campo della missione è largamente aperto alla Chiesa, che vuole essere la voce dei piccoli e dei poveri, che vuole ascoltare l'appello di tutti coloro che aspirano alla pace, che vuole accogliere i rifugiati che non hanno un Paese né un tetto, e mettersi così al servizio della dignità vera di ogni uomo.

Voi auspicate legittimamente che la Chiesa che è in Egitto sia aperta all'universale, legata alla comunione ecclesiale, desiderando dare e ricevere, in uno scambio permanente, il tesoro comune della fede. Vi incoraggio vivamente a proseguire il lavoro fraterno che si svolge in seno all'Assemblea dei Vescovi cattolici d'Egitto, quando vi incontrate tra Vescovi di riti differenti per aiutarvi reciprocamente nelle vostre responsabilità di Pastori e per approfondire insieme i vincoli dell'autentica unità cattolica. Sappiate che il Papa vi accompagna in questo nobile impegno di collaborazione fraterna, che serve il bene di tutti i vostri fedeli e che esprime e costruisce la comunione ecclesiale.

3. I sacerdoti sono i vostri primi collaboratori nel ministero, e so che apprezzate il loro lavoro pastorale e la loro disponibilità al servizio dei loro fratelli. Spesso sono molto legati a una pastorale di vicinanza che fa di loro padri della loro comunità, preoccupandosi di visitare le famiglie, di condividerne le difficoltà e le speranze, di sostenerle nella vita quotidiana. Assicurate loro della viva riconoscenza del Papa per la bella testimonianza della loro carità pastorale. Incoraggiateli a continuare a formarsi, attraverso lo studio della Parola di Dio e la contemplazione dei misteri della fede, sapendo utilizzare gli strumenti che il Magistero della Chiesa universale ha messo a disposizione di tutti, e più precisamente il Catechismo della Chiesa Cattolica. Attraverso corsi di formazione permanente adeguati, aiutateli a conoscere meglio il mondo contemporaneo, caratterizzato da scambi sempre più numerosi e incessanti, affinché comprendano meglio le sue difficoltà e le sue attese e trovino mezzi nuovi per annunciargli Cristo. Attraverso il loro ministero sacramentale, incentrato sull'Eucaristia che fa vivere la Chiesa (cfr Ecclesia de Eucharistia, n. 21), ma anche attraverso una vita di preghiera personale, scandita dall'Ufficio divino, che è la preghiera della Chiesa, e alimentata dagli incontri che suscita il ministero pastorale, siano essi, secondo l'esempio di Cristo, gli intercessori della comunità intera presso Dio! Insieme a voi, auspico che tutti i sacerdoti abbiano condizioni di vita degne e sobrie, e che beneficino, per quanto è possibile, della stessa protezione e assistenza in ambito sociale, nonostante la disparità nelle ricchezze che possono verificarsi nelle vostre Diocesi e che vi esorto a compensare attraverso la condivisione fraterna.

4. La vostra Chiesa possiede la fortuna di avere sacerdoti in numero sufficiente e di potere ordinare nuovi sacerdoti ogni anno, grazie alle vocazioni ancora numerose e al lavoro svolto dal seminario maggiore di Maadi. Desidero ringraziare il gruppo dei formatori, che invito a proseguire il proprio lavoro di discernimento e di preparazione dei futuri Pastori con zelo e devozione, per il bene di tutte le Chiese cattoliche d'Egitto essendo il seminario interdiocesano e inter-rituale. So che vi preoccupate anche di mettere in atto, in tutte le vostre Eparchie, un'autentica pastorale delle vocazioni, la quale assicurerà che in futuro permanga presso i giovani l'appello del Signore e della Chiesa, non solo per quanto concerne le vocazioni dei sacerdoti diocesani, Pastori indispensabili del popolo cristiano, ma anche per quanto riguarda le vocazioni alla vita consacrata maschile e femminile. Nella Chiesa universale, attualmente molti Paesi vivono una crisi duratura delle vocazioni e la mancanza di sacerdoti: coloro che hanno la grazia di sfuggire a ciò, devono dunque coltivare con cura questo dono prezioso del Signore alla sua Chiesa, e forse anche prepararsi a condividerlo, assumendosi la loro parte della missione nelle altre Chiese e in altre terre.

5. Come ho spesso il piacere di ribadire, i giovani sono il futuro della Chiesa, e questo è particolarmente vero nel vostro Paese, ricco innanzitutto della sua gioventù. Essi devono quindi essere aiutati a prepararsi alle loro responsabilità future mediante un'educazione adeguata. La scuola cattolica, ricca della sua grande esperienza, si dedica a ciò in modo del tutto speciale, assicurando alle giovani generazioni una formazione umana equilibrata e sana, capace di dare loro dei riferimenti duraturi, soprattutto in ambito morale. Essa deve inoltre assicurare loro una formazione cristiana solida, fedele allo spirito e alle norme dell'insegnamento catechetico messo a punto dai Vescovi, che ne sono i primi responsabili, così come sono responsabili anche della scuola cattolica stessa. Anche le parrocchie e le Diocesi possono, al loro livello, proporre ai giovani cristiani dei programmi di formazione catechetica, morale e spirituale, che permettano loro di approfondire in modo appropriato la loro fede personale e li spronino ad andare oltre nei loro impegni.

6. Il ruolo dei religiosi e delle religiose nelle vostre diocesi è notevole, soprattutto per la testimonianza specifica che essi donano della priorità dell'amore di Dio nella vita cristiana attraverso la professione dei consigli evangelici, che li consacrano interamente al Signore. La loro partecipazione attiva alla pastorale delle vostre Diocesi non è meno preziosa, soprattutto nelle scuole cattoliche, nelle parrocchie, nell'ambito della salute e delle opere caritative e sociali, ma anche in quelli più specifici della ricerca teologica, della pastorale della cultura e del dialogo interreligioso. Li ringrazio vivamente e mi compiaccio dell'eccellente collaborazione che caratterizza i rapporti tra le vostre Diocesi e le Congregazioni e gli Istituti religiosi, in esse compresi, per il bene di tutti. Saluto in particolare le comunità delle religiose, spesso piccole e disperse in vasti territori, poiché desiderano assicurare al popolo cristiano il sostengo della loro preghiera e l'assistenza del loro lavoro apostolico, nelle scuole e nei dispensari che mettono a disposizione della popolazione, senza alcuna distinzione di razza o di religione, manifestando così il carattere universale dell'amore di Cristo. Esse hanno bisogno anche di tutto il vostro incoraggiamento per continuare a crescere spiritualmente nell'amore del Signore, attraverso la preghiera, l'ascolto della Parola di Dio e il servizio umile e attento ai loro fratelli.

7. La Chiesa cattolica che è in Egitto non rivendica per se stessa alcun vantaggio particolare, ma solo il diritto di poter vivere, in seno alla nazione, della grazia che il Signore le ha fatto di chiamarla al suo servizio. Mi compiaccio dell'importante lavoro che la Chiesa cattolica svolge in seno alla società egiziana nell'ambito socio-educativo, al servizio della promozione della donna, dell'assistenza alla maternità e all'infanzia, della lotta contro l'analfabetismo, occupando così il suo posto nello sviluppo del Paese.

Vi incoraggio a mantenere dei buoni rapporti con i fratelli cristiani delle altre confessioni, ovvero con la Chiesa copta ortodossa, e a promuovere, da parte vostra, lo spirito di un autentico dialogo ecumenico. Non lasciatevi scoraggiare dalle difficoltà presenti o future, ma conservate saldo il desiderio di essere fedeli al comandamento del Signore: "come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Jn 13,34), consapevoli che i vincoli della carità fraterna non impediscono di agire conformemente alla verità e alla giustizia, ma che al contrario lo esigono.

258 Il dialogo con l'Islam è particolarmente importante nel vostro Paese, dove è questa la religione della maggior parte degli abitanti, ma riveste anche un carattere esemplare per il dialogo tra le grandi religioni del mondo, particolarmente necessario dopo gli avvenimenti tragici legati al terrorismo che hanno caratterizzato l'inizio del terzo millennio e che l'opinione pubblica può essere tentata a imputare a cause di origine religiosa. Mi preme ricordare quanto sia fondamentale che le religioni del mondo uniscano i loro sforzi per denunciare il terrorismo, e per operare insieme al servizio della giustizia, della pace e della fraternità tra gli uomini.

8. Per intercessione dell'evangelista san Marco, invoco su di voi la protezione materna della Vergine Maria, tanto venerata presso i cristiani d'Egitto, e chiedo al Signore di colmarvi dei doni del suo Spirito. "Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge" (
1P 5,2-3). Cari Fratelli nell'episcopato, portate a tutti i vostri fedeli il cordiale saluto e l'incoraggiamento paterno del Successore di Pietro! A tutti imparto un'affettuosa Benedizione Apostolica.


Settembre 2003


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL CARDINALE WALTER KASPER


PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO


PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI




Al Venerato Fratello
WALTER Cardinale KASPER
Presidente del Pontificio Consiglio
per la Promozione dell’Unità dei Cristiani

Ho appreso con soddisfazione che la lodevole iniziativa di convocare simposi intercristiani, avviata nel 1992 dall’Istituto Francescano di Spiritualità presso il Pontificio Ateneo Antonianum a Roma e dalla Facoltà di Teologia dell’Università Aristotile di Tessalonica della Chiesa ortodossa di Grecia, continua ad offrire occasioni di incontro e di scambio. Si terrà infatti a Ioannina, in Epiro, dal 3 al 7 settembre 2003 un ulteriore convegno sul tema: "Il rapporto tra spiritualità e dogma cristiano in Oriente ed in Occidente". In esso la riflessione verterà su un aspetto che nutre il dialogo teologico tra cattolici ed ortodossi. Affido a Lei, Signor Cardinale, l’incarico di far giungere agli organizzatori e ai partecipanti il mio saluto cordiale.

Dopo aver affrontato temi importanti come la preghiera e la contemplazione, la spiritualità del monachesimo, la dimensione ecclesiale della spiritualità, ed altri ancora, questo nuovo simposio si soffermerà, come il tema già indica, sul contributo che la spiritualità offre alla dottrina, alimentandone lo sviluppo e l’approfondimento. La spiritualità, infatti, influendo sulle disposizioni dell’animo e del cuore, crea il contesto psicologico adeguato in cui intraprendere il dialogo in modo aperto e fiducioso. Ciò risulta particolarmente importante quando cattolici ed ortodossi affrontano questioni e problematiche che ancora li dividono.

Rinnovo volentieri il mio incoraggiamento ai comuni sforzi dell’Ateneo Antonianum di Roma e della Facoltà di Teologia di Tessalonica, volti a far emergere le convergenze di cristiani ortodossi e cattolici nell’adesione alla Verità rivelata, e mi compiaccio del sostegno offerto all’iniziativa dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Infatti, la ricerca di una più profonda comunione tra Oriente e Occidente cristiano non deve limitarsi ai contatti ufficiali e alle iniziative prese al più alto livello. La reciproca conoscenza e comprensione sono favorite da eventi come quello in programma, che coinvolgono i vari contesti della vita ecclesiale e, in particolare, quelli accademici e formativi. Così, viene promosso in maniera concreta quello spirito di apertura e d’ascolto che tanto giova al progresso sulla via che ci auguriamo abbia a condurre presto alla piena comunione.

Nell’auspicare un felice esito al simposio di Ioannina, porgo il mio saluto fraterno al Metropolita di quella città, S.E. Theochlitos, che lo ospita. La bontà del Signore ci ha concesso di sperimentare in questi ultimi tempi relazioni più intense e proficue. Mentre elevo fervide azioni di grazie al Signore per questo rinnovato segno di dialogo, invoco su quanti hanno favorito l’incontro e sui presenti ai lavori le abbondanti benedizioni di Dio.

259 Da Castel Gandolfo, 28 agosto 2003, memoria di s. Agostino d’Ippona

GIOVANNI PAOLO II



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’INDIA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Sabato, 6 settembre 2003




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È con gioia che porgo il benvenuto ai Vescovi delle Province Ecclesiastiche di Agra, Delhi e Bhopal. Ancora una volta esprimo a voi e all'amato popolo del vostro Paese il mio profondo affetto: "Quel Dio, al quale rendo culto nel mio spirito annunziando il vangelo del Figlio suo, mi è testimone che io mi ricordo sempre di voi" (Rm 1,9). Sono particolarmente lieto di salutare l'Arcivescovo Concessao, e lo ringrazio per i sentimenti che mi ha espresso a nome dei Vescovi, del clero e dei fedeli delle vostre Diocesi.

Tra i numerosi eventi importanti che si sono svolti nella Chiesa in India dopo la vostra ultima visita ad Limina, vi è la creazione della nuova Diocesi di Jhabua. Mentre vi riunite presso le tombe degli Apostoli per esprimere la solidarietà tra Pietro e le vostre Chiese locali, la presenza del Pastore di un nuovo gregge rappresenta un segno incoraggiante della vitalità e della crescita della fede nel vostro Paese.

2. L'Apostolo Tommaso, san Francesco Saverio e Madre Teresa di Calcutta sono solo alcuni degli straordinari esempi dello zelo missionario che è sempre stato presente in India. È proprio questo spirito di evangelizzazione che continua a dare ai fedeli del vostro Paese il desiderio di proclamare Gesù Cristo, anche quando devono affrontare grandi difficoltà. Come Vescovi siete ben consapevoli che, unitamente al clero e ai religiosi, i laici sono centrali alla missione della Chiesa, specialmente nelle aree in cui la popolazione cristiana vive sparsa. "Nelle comunità ecclesiali, la loro azione è così necessaria che, senza di essa, l'apostolato dei pastori, la maggior parte delle volte, non può raggiungere il suo pieno effetto" (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 900). Avete preso a cuore le parole del Signore, dicendo al vostro gregge: "Andate anche voi nella (...) vigna" (Mt 20,7). Lo dimostra chiaramente la serietà con cui preparate i laici ad assistere i loro Vescovi e il clero nella diffusione del Vangelo. Al contempo, la disponibilità dei fedeli ad operare al fianco dei loro sacerdoti si manifesta concretamente nella loro notevole partecipazione nella catechesi, nei consigli pastorali, nelle piccole comunità cristiane, nei gruppi di preghiera e nei numerosi programmi di impegno sociale e sviluppo umano.

Il formare le persone affinché siano in grado di far fronte alle esigenze dell'essere cattolici responsabili, esige che esse si conformino sempre più a Cristo attraverso la partecipazione ai tre munera di sacerdote, profeta e re. Ciò non va inteso come un'estensione del ruolo clericale, ma come realtà condivisa da ogni cristiano nella grazia ricevuta con il Battesimo e la Confermazione.

Questi compiti cristiani diventano ancor più imperativi in aree come le vostre, che non sono tanto fortunate da avere un sacerdote residente in ogni comunità. Ai fedeli laici che si ritrovano senza un ministro ordinato nel loro paese o nella loro città, si pone una sfida ancora più grande di promuovere la fede in molti modi diversi: assistendo nel guidare le tradizionali preghiere del mattino e della sera, come fanno molte vostre famiglie; servendo come catechisti o contribuendo allo sviluppo di un piano o di una visione pastorale. Tutte queste responsabilità, quelle piccole come quelle grandi, sono modi per donare se stessi sia come testimoni sia come strumenti "della missione della chiesa stessa "secondo la misura dei doni di Cristo" (Ep 4,7)" (Lumen gentium, n. 33 par. 2).

3. Sin dai primi giorni della sua presenza sul suolo indiano, la Chiesa cattolica ha dimostrato un profondo impegno sociale negli ambiti dell'assistenza sanitaria, dello sviluppo, del benessere e in particolare dell'educazione. Il Concilio Vaticano II ci ricorda che l'educazione cattolica è un elemento fondamentale per preparare i giovani cattolici a diventare adulti fedeli. "Questa educazione non solo sviluppa la maturità propria della persona umana, ma tende soprattutto a far sì che i battezzati prendano sempre maggiore coscienza del dono della fede che hanno ricevuto" (cfr Gravissimum educationis GE 2). In molte delle vostre scuole, un'alta percentuale di insegnanti e studenti non sono cattolici. La loro presenza nelle nostre istituzioni potrebbe contribuire ad aumentare la comprensione reciproca tra i cattolici e gli appartenenti alle altre religioni, in un tempo in cui i malintesi possono essere fonte di sofferenza per molti. Potrebbe anche essere un'opportunità per educare gli studenti non cattolici in un sistema che ha dato prova della sua capacità di rendere i giovani dei cittadini responsabili e produttivi.

Uno dei maggiori contributi che le nostre strutture educative e tutte le istituzioni cattoliche possono offrire, oggi, all'intera società è la loro cattolicità senza compromessi. Le scuole cattoliche devono avere come obiettivo quello di "dar vita a un ambiente permeato dello spirito evangelico di libertà e carità, e a coordinare infine l'insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, di modo che la conoscenza del mondo, della vita, dell'uomo che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede" (cfr Gravissimum educationis GE 8). Per questa ragione, è fondamentale che i vostri istituti educativi conservino una forte identità cattolica. Ciò richiede un programma di studi caratterizzato dalla partecipazione alla preghiera e alla celebrazione dell'Eucaristia, ed esige che tutti gli insegnanti siano ben preparati non solo nella loro materia di insegnamento, ma anche nella fede cattolica. È incoraggiante osservare che molte vostre Diocesi stanno cercando di mettere in pratica le raccomandazioni dell'Esortazione Post-sinodale Ecclesia in Asia, inserendo, quando possibile, sacerdoti, religiosi e consulenti preparati in tutte le scuole. Questo aiuterà ad assicurare che ogni sezione e ogni attività emanino con gioia lo spirito della Chiesa di Cristo (cfr Ecclesia in Asia, n. 47).

4. La presenza e l'influenza del sacerdote nelle istituzioni cattoliche è un modo di promuovere le vocazioni, la cui validità è stata provata nel tempo. Sono poche le cose più attraenti, per i giovani che stanno prendendo in considerazione una vita di servizio sacerdotale o religioso, dell'esempio di un sacerdote zelante che non solo ama il sacerdozio, ma che esercita anche il proprio ministero con gioia e dedizione. Attraverso la paternità spirituale del sacerdote, lo Spirito Santo invita molti a seguire ancora più da vicino le orme di Cristo: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini" (Mt 4,19).

260 A questo proposito, sono lieto di osservare il vostro costante impegno nel promuovere un numero maggiore di vocazioni locali. Sono notevoli i vostri numerosi programmi per i giovani. I gruppi di servizio ai giovani e i campi specializzati nella catechesi, nello sviluppo della personalità, nella formazione delle guide e nel discernimento delle vocazioni sono un terreno fertile per aiutare i giovani e le giovani a riconoscere la chiamata di Dio nella loro vita (cfr Pastores dabo vobis PDV 9).
Ai giovani che hanno già deciso di compiere una formazione sacerdotale offro particolari preghiere.

È fondamentale che questi futuri ministri della Chiesa ricevano una formazione filosofica, teologica e spirituale adeguata, affinché possano comprendere in modo realistico il valore di una vita di povertà, di castità e di obbedienza. Ora più che mai, i sacerdoti sono chiamati a essere un segno di contraddizione nelle società che diventano ogni giorno più secolarizzate e materialiste. "È tanto forte sui giovani il fascino della cosiddetta "società dei consumi" da renderli succubi e prigionieri di un'interpretazione individualista, materialista ed edonista dell'esistenza umana" (cfr Ibidem, n. 8).

Questo atteggiamento talvolta può insinuarsi anche nella vita dei nostri seminaristi e dei nostri sacerdoti, tentandoli a non vivere "secondo la logica del dare e della generosità" (cfr ibid.). Il Vescovo ha il compito speciale di assicurare che i seminari e le case di formazione dispongano di personale costituito da sacerdoti che siano esemplari nella virtù e straordinari maestri della fede. Come ha evidenziato il Sinodo per l'Asia, "è difficile e delicato il compito che li attende nell'educazione dei futuri sacerdoti. Si tratta di un apostolato che non è secondo a nessun altro per il benessere e la vitalità della Chiesa" (cfr Ecclesia in Asia, n. 43).

5. La preparazione dei sacerdoti d'oggi richiede che i seminaristi vengano formati nelle molte diverse tradizioni della nostra fede cattolica. Questo vale in modo particolare in India, che è fortunata ad avere cattolici orientali e latini che vivono così vicini. Il numero dei cattolici siro-malabaresi e siro-malankaresi presenti nella vostra regione sfida tutti i fedeli a rispettare le esigenze e i desideri di quanti celebrano la stessa fede in modi differenti (cfr Discorso ai Vescovi Siro-Malabaresi dell'India, 13 maggio 2003). "Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio" (1P 4,10). Questa condivisione può essere realizzata attraverso il dialogo inter-rituale, l'educazione, i progetti comuni e l'esperienza delle diverse tradizioni liturgiche del cattolicesimo. È mio auspicio che i Vescovi latini e orientali continuino a lavorare insieme in armonia, con spirito condiviso dell'amore di Cristo e del suo messaggio universale di salvezza. "Come figli dell'unica Chiesa, rinati alla novità della vita in Cristo, i credenti sono chiamati ad affrontare ogni cosa in spirito di comunione di intenti, di fiducia e di incrollabile carità" (Ecclesia in Asia, n. 27).

La stessa comunione di intenti è importante nel dialogo ecumenico in corso con i nostri fratelli separati. Tutti i cattolici sono responsabili della promozione dell'impegno per l'unità cristiana. Sebbene le Chiese orientali siano "coinvolte direttamente nel dialogo ecumenico con le Chiese ortodosse sorelle" (cfr Ibidem), anche i cattolici di rito latino devono assumere un ruolo attivo in questo scambio, attraverso la partecipazione alle discussioni e alle attività ecumeniche. Dobbiamo ricordare sempre che "il dialogo non è soltanto uno scambio di idee. In qualche modo esso è sempre uno "scambio di doni"" (Ut unum sint UUS 28).

6. Cari Fratelli nell'Episcopato, mentre ritornate alla vostra amata terra, è mio auspicio che portiate i miei cordiali saluti ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici delle vostre Diocesi. Quello appena trascorso è stato un anno di incertezza, di conflitto e di sofferenza per molti in India. Ricordando il mandato del Signore ai suoi discepoli, prego affinché, mentre lasciate la città degli Apostoli Pietro e Paolo, siate colmi dello Spirito Santo e preparati ad agire come strumenti di riconciliazione, suscitando nei cuori del popolo di Dio il fermo desiderio di operare per una pace duratura e per la giustizia nel vostro Paese (cfr Jn 20,21-22).

Con questi sentimenti, affido la Chiesa in India all'amorevole intercessione di Nostra Signora Santissima, Regina del Rosario, e imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica come pegno di gioia e di speranza nel Signore.




GP2 Discorsi 2003 254