GP2 Discorsi 2003 283

283 In tale importante occasione, mi è inoltre gradito proseguire, con la vostra Congregazione, un dialogo che, negli anni passati, ha conosciuto momenti di particolare intensità. Nella Lettera apostolica Spiritus Domini, motivata dal secondo centenario della morte di sant’Alfonso (1987), ebbi modo di ribadire l’attualità del messaggio morale e pastorale del Patrono dei Confessori e dei Moralisti, "maestro di sapienza nel suo tempo", che "con l'esempio della vita e con l'insegnamento continua a illuminare, come luce riflessa di Cristo, luce delle genti, il cammino del Popolo di Dio" (cfr AAS 79 [1987], 1365).

Dieci anni dopo, per il terzo centenario della sua nascita, scrissi: "Occorre annunziare con forza la pienezza di significato che Cristo apre alla vita dell'uomo, il fondamento incrollabile che offre ai valori, la speranza nuova che introduce nella nostra storia. È una predicazione che bisogna incarnare nella concretezza delle sfide che l'umanità oggi si trova a dover affrontare e dalle quali dipende il suo stesso futuro. Solo così potrà prendere corpo quella civiltà dell'amore che è da tutti auspicata" (AAS 89 [1997], 142).

2. Il Capitolo Generale vi porta ora ad esaminare la situazione del vostro Istituto che, al pari di altri, sta attraversando in alcune parti del mondo una fase di incoraggiante ripresa, mentre altrove registra segni di crisi e di stanchezza. Se, per esempio, in taluni Paesi fioriscono le vocazioni, in altri esse scarseggiano in modo così preoccupante da mettere in forse il futuro stesso della vostra presenza in tali regioni. Se la tentazione di conformarsi a stili di vita, oggi culturalmente dominanti, facesse breccia nelle vostre comunità, rischierebbe di indebolirne lo spirito religioso e la spinta evangelizzatrice. Ugualmente, un rassegnato rinchiudersi in forme pastorali che non forniscono più risposte adeguate al bisogno di redenzione degli uomini d’oggi potrebbe bloccare l’auspicato risveglio missionario dell’intera vostra famiglia religiosa.

Quanto opportuno è pertanto il discernimento che, scrutando profeticamente i segni dei tempi, intendete attuare alla luce della Parola di Dio! Sono certo che il Capitolo Generale imprimerà un più deciso impulso all’opera di rinnovamento che avete intrapreso, individuando priorità e coraggiose scelte apostoliche, coinvolgendo poi ogni Confratello nei conseguenti impegni di generosa applicazione. Senza l’apporto di tutti è difficile realizzare il rilancio spirituale tanto auspicato.

Carissimi Redentoristi! Lasciatevi guidare dallo Spirito del Signore crocefisso e risorto. Ripeto qui a voi, quanto ho voluto scrivere per l’intero popolo di Dio nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte: "Andiamo avanti con speranza! Un nuovo millennio si apre davanti alla Chiesa come oceano vasto in cui avventurarsi, contando sull’aiuto di Cristo. Il Figlio di Dio, che si è incarnato duemila anni or sono per amore dell’uomo, compie anche oggi la sua opera: dobbiamo avere occhi penetranti per vederla, e soprattutto un cuore grande per diventarne noi stessi strumenti" (n. 58).

3. Andate avanti con speranza! Come il vostro Fondatore, sforzatevi di mantenere fisso lo sguardo sul Redentore e lasciatevi guidare da Maria, sua e nostra Madre. Solo così potrete essere "collaboratori, soci e ministri di Gesù Cristo nella grande opera della Redenzione" (Costituzioni e Statuti della Congregazione del Santissimo Redentore, Roma 2001, n. 2).

Voi siete chiamati a partecipare "alla missione della Chiesa", fondendo insieme la vita di speciale dedicazione a Dio e l’attività missionaria, sull’esempio del nostro Salvatore Gesù Cristo nel predicare ai poveri la divina parola, come Egli già disse di se stesso: "Evangelizare pauperibus misit me" (ivi, n. 1). Per condurre a buon fine questo speciale servizio missionario, occorre anzitutto che coltiviate un’intensa preghiera personale e comunitaria.

La gente che vi incontra deve sentirvi come "uomini di Dio" e, nel contatto con voi, sperimentare l’amore del Padre celeste misericordioso, che non ha esitato a donare lo stesso suo Figlio Unigenito (cfr
1Jn 4,9-10) per la salvezza dell’umanità. Deve scorgere in voi l’atteggiamento interiore di Gesù Buon Pastore, sempre in ricerca della pecora perduta, e pronto a far festa quando la ritrova (cfr Lc 15,3-7).

4. Le Costituzioni del vostro Istituto vi invitano a individuare le urgenze pastorali del momento, tenendo conto che il vostro ministero è caratterizzato, più che da alcune specifiche forme di attività, da un servizio d’amore prestato a quegli uomini e a quei gruppi che sono più abbandonati e poveri per condizione spirituale e sociale.

Svolgete quest’apostolato con una "fedeltà creativa", che conservi lo spirito delle origini, riproponendo l'intraprendenza, l'inventiva e la santità del vostro Fondatore come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi (cfr Esort. Ap. Vita consecrata, n. 37).

In effetti, anche ai nostri giorni, per molteplici cause, tanti sono lontani da Cristo e dalla Chiesa e non pochi attendono un primo annuncio del Vangelo. Stimolati dall’esempio di sant’Alfonso, e di altri Santi e Beati del vostro Istituto, non esitate ad andare loro incontro, per presentar loro il Vangelo con un linguaggio adatto alle varie situazioni personali e ambientali.

284 5. Alla scuola del Fondatore, fatevi maestri di vita evangelica, e, utilizzando lo stile popolare che contrassegna le vostre metodologie pastorali, ricordate a tutti i battezzati la loro chiamata alla santità, "«misura alta» della vita cristiana ordinaria" (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 31).

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori si è impegnato a far crescere nel Popolo cristiano questa consapevolezza. "È un grande errore - egli scriveva - quel che dicono alcuni: Dio non vuole tutti santi. No, dice S. Paolo: Haec est... voluntas Dei sanctificatio vestra (
1Th 4,3). Iddio vuol tutti santi, ed ognuno nello stato suo" (Pratica di amar Gesù Cristo, in Opere Ascetiche, vol. 1, Roma 1933, 79).

La ricerca della santità sia alla base di ogni programmazione pastorale e le vostre comunità si presentino come "oasi" di misericordia e di accoglienza, scuole di intensa preghiera, che tuttavia non distolga dall’impegno nella storia (cfr Lett. ap. Novo millennio ineunte, 33).

I percorsi della santità sono personali, ed esigono una vera e propria pedagogia della santità, capace di adattarsi ai ritmi di ogni singolo individuo (cfr ibid., 31). La società complessa, in cui viviamo, accresce ancor più l’importanza di questo servizio apostolico, cominciando dai giovani, spesso posti a confronto con proposte di vita contraddittorie. Condividete questo vostro carisma con i laici, perché siano anch’essi pronti a "dare la vita per la redenzione abbondante". La vostra azione apostolica si farà allora "servizio alla cultura, alla politica, all’economia, alla famiglia" (ibid., 51).

6. Se annuncerete con gioia e coerenza di vita la "copiosa redemptio", susciterete o corroborerete la speranza evangelica nel cuore di tante persone, specialmente fra coloro che più ne hanno bisogno, perché segnati dal peccato e dalle sue nefaste conseguenze. Auspico di cuore che dall’assemblea capitolare scaturiscano direttive utili per una incisiva programmazione apostolica che risponda alle attese e alle sfide del nostro tempo.

Vi sostengano in questa missione, Maria, Madre del Perpetuo Soccorso, il vostro santo Fondatore e tutti i Santi e Beati della vostra famiglia spirituale.

Mentre assicuro un costante ricordo all’altare, di cuore invio a Lei, Reverendo Padre, ai Padri Capitolari e all’intera Congregazione del Santissimo Redentore una speciale Benedizione.


ALL’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY


E PRIMATE DELLA COMUNIONE ANGLICANA,


SUA GRAZIA ROWAN DOUGLAS WILLIAMS


Sabato, 5 ottobre 2003




Sua Grazia Reverendissima
Rowan Williams
Arcivescovo di Canterbury

285 È un grande piacere darle il benvenuto qui, in occasione della sua prima visita alla Sede Apostolica come Arcivescovo di Canterbury. Lei prosegue una tradizione iniziata subito prima del Concilio Vaticano II con la visita dell'Arcivescovo Geoffrey Fisher, ed è il quarto Arcivescovo di Canterbury che ho avuto il piacere di accogliere nel corso del mio Pontificato. Serbo ancora un vivido ricordo della mia visita a Canterbury nel 1982, e della commovente esperienza di pregare presso la tomba di san Tommaso Becket insieme all'Arcivescovo Robert Runcie.

I quattro secoli che sono seguiti alla triste divisione tra di noi, durante i quali vi è stato poco o nessun contatto tra i nostri predecessori, hanno ceduto il passo a una serie di incontri, pieni di grazia, tra il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, e l'Arcivescovo di Canterbury. Questi incontri hanno cercato di rinnovare i vincoli tra la Sede di Canterbury e la Sede Apostolica, che hanno le loro origini nell'invio, da parte di Papa Gregorio Magno, di sant'Agostino, primo Arcivescovo di Canterbury, nei Regni anglosassoni nel tardo sesto secolo. Ai giorni nostri, questi incontri hanno anche dato espressione alla nostra anticipazione della piena comunione che lo Spirito Santo vuole per noi e chiede da noi.

Mentre rendiamo grazie per i progressi compiuti finora, dobbiamo anche riconoscere che sono sorte nuove e serie difficoltà sul cammino dell'unità. Queste difficoltà non sono di natura meramente disciplinare; alcune si estendono a questioni fondamentali della fede e della morale. Alla luce di questo, dobbiamo ribadire il nostro impegno ad ascoltare attentamente e con onestà la voce di Cristo, così come ci giunge attraverso il Vangelo e la Tradizione Apostolica della Chiesa. Dinanzi al crescente secolarismo del mondo attuale, la Chiesa deve assicurare che il deposito della fede venga proclamato nella sua integrità e che venga preservato da interpretazioni erronee e travisate.

Quando il nostro dialogo teologico ha avuto inizio, i nostri predecessori, Papa Paolo VI e l'Arcivescovo Michael Ramsey, non potevano conoscere il percorso esatto o la lunghezza del cammino verso la piena comunione, ma sapevano che sarebbero occorse pazienza e perseveranza e che essa sarebbe giunta solo come dono dello Spirito Santo. Il dialogo da loro avviato doveva essere "fondato sui Vangeli e sulle antiche tradizioni comuni"; doveva essere associato alla promozione di una collaborazione capace di "condurre a una maggiore comprensione e a una più profonda carità"; ed è stato espresso l'auspicio che, con il progresso verso l'unità, vi potesse essere un "rafforzamento della pace nel mondo, quella pace che può concedere solo Colui che dà "la pace che trascende ogni comprensione"" (cfr Dichiarazione comune, 1966).

Dobbiamo perseverare nel costruire sul lavoro già svolto dalla Commissione Internazionale Anglicana-Cattolico Romana (ARCIC) e sulle iniziative della Commissione congiunta per l'Unità e la Missione (IARCCUM), che è stata istituita di recente. Il mondo ha bisogno della testimonianza della nostra unità, radicata nel nostro amore comune e nella nostra obbedienza a Cristo e al suo Vangelo. È questa fedeltà a Cristo che ci impone di continuare a cercare l'unità piena e visibile e di trovare modi adeguati per impegnarci, ogni volta che ciò è possibile, nella testimonianza e nella missione comune.

Mi incoraggia il fatto che lei abbia desiderato di venire a farmi visita all'inizio del suo ministero come Arcivescovo di Canterbury. Condividiamo il desiderio di approfondire la nostra comunione. Prego per una rinnovata effusione dello Spirito su di lei e sulle persone a lei care che l'hanno accompagnata fin qui, e su tutti i membri della Comunione Anglicana. Che Dio la protegga, che vegli sempre su di lei, e che la guidi nell'esercizio delle sue alte responsabilità! In questa festa di San Francesco d'Assisi, apostolo della pace e della riconciliazione, preghiamo insieme che il Signore faccia di noi strumenti della Sua pace. Dove è offesa, che noi possiamo portare il perdono; dove è odio, che noi possiamo portare l'amore; dove è disperazione, che la nostra umile ricerca dell'unità possa portare la speranza.


AI PELLEGRINI CONVENUTI


PER LA CANONIZZAZIONE DI TRE BEATI


Lunedì 6 ottobre 2003






Venerati Fratelli nell'Episcopato!
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarvi, all'indomani della canonizzazione di tre luminosi testimoni dell'impegno missionario, a voi particolarmente cari: san Daniele Comboni, sant’Arnold Janssen e san Josef Freinademetz. Essi sono tre "campioni" dell’evangelizzazione.

Vi rivolgo il mio cordiale saluto e vi ringrazio per la vostra presenza.

286 2. Saluto tutti voi, cari Missionari Comboniani del Cuore di Gesù, che proseguite l’azione apostolica di san Daniele Comboni. Egli viene giustamente annoverato fra i promotori del movimento missionario che ebbe nella Chiesa del diciannovesimo secolo uno straordinario risveglio. In particolare, saluto il Superiore generale recentemente eletto, P. Teresino Serra, e i Religiosi partecipanti al Capitolo generale. Auspico che le riflessioni e le indicazioni scaturite dall'Assemblea capitolare infondano un rinnovato slancio missionario al vostro Istituto.

Saluto poi voi, care Suore Missionarie Comboniane Pie Madri della Nigrizia, e voi, care Secolari Missionarie Comboniane e cari Laici Missionari Comboniani, che vi ispirate al carisma di san Daniele Comboni.

Iddio renda fruttuosa ogni vostra iniziativa, sempre tesa a diffondere il Vangelo della speranza. Benedica, inoltre, gli sforzi che compite nell’ambito della promozione umana, specialmente a favore della gioventù. A questo riguardo, auspico vivamente che sia ripreso e portato a compimento il progetto di fondare un’Università Cattolica in Sudan, terra cara al Comboni. Sono certo che una così importante istituzione culturale renderà un qualificato servizio all’intera società sudanese.

Discorso pronunciatto in lingua tedesca:

3. Ich wende mich nun an euch, liebe Pilger, die ihr gekommen seid, um die Heiligen Arnold Janssen und Josef Freinademetz zu ehren. Ganz besonders begrüße ich die Mitglieder der drei Kongregationen der Steyler Ordensfamilie mit ihren Generaloberen: Pater Antonio Pernia, Schwester Agada Brand und Schwester Mary Cecilia Hocbo.

Arnold Janssen war ein feuriger Förderer der Mission der Kirche in Mitteleuropa. Als die Kirche im sogenannten Kulturkampf schwierige Zeiten zu bestehen hatte, zeigte er Mut und eröffnete ein Missionshaus in Steyl in den Niederlanden. Er beschritt neue und ungewöhnliche Wege zur Verbreitung der Frohen Botschaft. Dabei verstand er es, Mitarbeiter um sich zu scharen - Priester, Ordensmänner, Ordensfrauen und Laien -, die heute sein Apostolatswerk fortsetzen.

4. Einen herzlichen Gruß möchte ich nun an euch richten, liebe Pilger und Verwandte des heiligen Josef Freinademetz aus der Diözese Bozen-Brixen, Bolzano-Bressanone, und besonders an die Gruppe ladinischer Sprache.

Discorso pronunciatto in lingua ladina:

I ve salüdi de cör os pelegrins ladins. L san da Oies Sides por os n ejempl de fedelté a Christ y al vagnèle.

[Vi saluto con affetto, cari pellegrini ladini. San Giuseppe Freinademetz sia per voi un esempio di fedeltà a Cristo e al suo Vangelo.]

Mittels der Gesellschaft des Göttlichen Wortes sandte ihn die göttliche Vorsehung nach China, wo er bis zu seinem Tod verblieb.

287 „Dein ganzes Leben für deine lieben Chinesen“: Dieses Programm prägte den Tag seiner ewigen Gelübde; ihm blieb er mit der Hilfe Gottes immer treu. Er wurde den Chinesen ein Chinese, indem er ihre Mentalität, ihre Bräuche und Gewohnheiten annahm. Für dieses ihm liebgewordene Volk hegte er ehrliche Hochachtung und Zuneigung, und er ging so weit zu sagen: „Auch im Himmel möchte ich ein Chinese sein“. Vom Himmel her möge er weiter über jenes Land und ganz Asien wachen!

Traduzione italiana delle parti pronunciate in lingua tedesca:

3. Mi rivolgo ora a voi, cari pellegrini venuti per onorare sant'Arnold Janssen e san Josef Freinademetz. Con speciale affetto saluto voi, cari Membri delle tre Congregazioni della Famiglia religiosa Verbita, con i rispettivi Superiori Generali: P. Antonio Pernia, Sr. Agada Brand e Sr. Mary Cecilia Hocbo.

Arnold Janssen fu un ardente animatore della missione ecclesiale nell'Europa centrale. Diede prova di coraggio aprendo una casa missionaria a Steyl, nei Paesi Bassi, quando la Chiesa attraversava momenti difficili a causa del cosiddetto “Kulturkampf”. Nel percorrere strade nuove ed inesplorate per diffondere il Vangelo, seppe suscitare attorno a sé molti collaboratori - sacerdoti, religiosi, religiose e laici - che ora ne proseguono l’opera apostolica.

4. Uno speciale saluto desidero ora rivolgere a voi, cari familiari e pellegrini giunti dalla Diocesi di Bozen-Brixen, Bolzano-Bressanone, e, in particolare, al gruppo di lingua ladina. Vi saluto con affetto, cari pellegrini ladini. San Giuseppe Freinademetz sia per voi un esempio di fedeltà a Cristo e al suo Vangelo! La Provvidenza, mediante la Società del Verbo Divino, lo inviò in Cina, dove rimase fino alla morte.

“Tutta la tua vita per i tuoi cari cinesi”: questo è il programma che stilò il giorno della sua Professione perpetua. Ad esso, con l’aiuto di Dio, si mantenne sempre fedele. Si fece cinese con i cinesi, assumendone la mentalità, gli usi e i costumi. Nutrì sincera stima e affetto per quel caro popolo, sino ad affermare: “Anche in Cielo vorrei essere un cinese”. Dal Paradiso continui a vegliare su quella Nazione e sull’intero Continente asiatico.

5. Carissimi Fratelli e Sorelle! Rendiamo grazie a Dio per aver donato alla Chiesa san Daniele Comboni, sant’Arnold Janssen e san Josef Freinademetz. Il loro esempio e la loro intercessione ci incoraggino a rispondere con generosità alla nostra vocazione cristiana.

Ci aiuti la Vergine Maria, che questi nuovi Santi amarono come tenera Madre, sperimentandone la protezione e il conforto. Io vi accompagno con la preghiera, mentre benedico voi, le vostre comunità e tutti i vostri cari.

VISITA PASTORALE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

AL SANTUARIO DELLA BEATA MARIA VERGINE

DEL S. ROSARIO DI POMPEI

RECITA DEL SANTO ROSARIO E DELLA SUPPLICA

DAVANTI AL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL ROSARIO



Martedì, 7 ottobre 2003

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. La Vergine Santa mi ha concesso di tornare ad onorarLa in questo celebre Santuario, che la Provvidenza ispirò al Beato Bartolo Longo perché fosse un centro di irradiazione del Santo Rosario.

288 L’odierna visita corona, in certo senso, l’Anno del Rosario. Ringrazio il Signore per i frutti di questo Anno, che ha prodotto un significativo risveglio di questa preghiera, semplice e profonda insieme, che va al cuore della fede cristiana ed appare attualissima di fronte alle sfide del terzo Millennio ed all’urgente impegno della nuova evangelizzazione.

2. A Pompei questa attualità è particolarmente evidenziata dal contesto dell’antica Città romana sepolta sotto le ceneri del Vesuvio nel 79 dopo Cristo. Quelle rovine parlano. Esse pongono la decisiva domanda su quale sia il destino dell’uomo. Sono testimonianza di una grande cultura, di cui tuttavia rivelano, insieme con le luminose risposte, anche gli interrogativi inquietanti. La Città mariana nasce nel cuore di questi interrogativi, proponendo Cristo risorto quale risposta, quale “vangelo” che salva.

Oggi, come ai tempi dell’antica Pompei, è necessario annunciare Cristo ad una società che si va allontanando dai valori cristiani e ne smarrisce persino la memoria. Ringrazio le Autorità italiane per aver contribuito all’organizzazione di questo mio pellegrinaggio iniziato dall’antica Città. Ho percorso così il ponte ideale di un dialogo certamente fecondo per la crescita culturale e spirituale. Sullo sfondo dell’antica Pompei, la proposta del Rosario acquista il valore simbolico di un rinnovato slancio dell’annuncio cristiano nel nostro tempo. Che cosa è infatti il Rosario? Un compendio del Vangelo. Esso ci fa continuamente ritornare sulle principali scene della vita di Cristo, quasi per farci “respirare” il suo mistero. Il Rosario è via privilegiata di contemplazione. E’, per così dire, la via di Maria. Chi più di Lei conosce Cristo e lo ama?

Ne era persuaso il Beato Bartolo Longo, apostolo del Rosario, che proprio al carattere contemplativo e cristologico del Rosario prestò speciale attenzione. Grazie al Beato, Pompei è diventata un centro internazionale di spiritualità del Rosario.

3. Ho voluto che questo mio pellegrinaggio avesse il senso di una supplica per la pace.Abbiamo meditato i misteri della luce, quasi per proiettare la luce di Cristo sui conflitti, le tensioni e i drammi dei cinque Continenti. Nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae ho spiegato perché il Rosario è una preghiera orientata per sua natura alla pace. Lo è non solo in quanto ce la fa invocare, forti dell’intercessione di Maria, ma anche perché ci fa assimilare, con il mistero di Gesù, anche il suo progetto di pace.

Al tempo stesso, con il ritmo tranquillo della ripetizione dell’Ave Maria, il Rosario pacifica il nostro animo e lo apre alla grazia che salva. Il Beato Bartolo Longo ebbe un’intuizione profetica, quando, al tempio dedicato alla Vergine del Rosario, volle aggiungere questa facciata come monumento alla pace. La causa della pace entrava così nella proposta stessa del Rosario. E’ un’intuizione di cui possiamo cogliere l’attualità, all’inizio di questo Millennio, già sferzato da venti di guerra e rigato di sangue in tante regioni del mondo.

4. L’invito al Rosario che si leva da Pompei, crocevia di persone di ogni cultura attratte sia dal Santuario che dal sito archeologico, evoca anche l’impegno dei cristiani, in collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà, ad essere costruttori e testimoni di pace. Accolga sempre più questo messaggio la società civile, qui rappresentata da autorità e personalità che saluto cordialmente.

Sia sempre più all’altezza di questa sfida la comunità ecclesiale pompeiana, che saluto nelle sue diverse componenti: i sacerdoti e i diaconi, le persone consacrate, in particolare le Domenicane Figlie del Santo Rosario fondate appunto per la missione di questo Santuario, i laici. Un grazie sentito a Mons. Domenico Sorrentino per le calde parole che mi ha rivolto all’inizio di questo incontro. Un grazie affettuoso a tutti voi, devoti della Regina del Rosario di Pompei. Siate “operatori di pace”, sulle orme del Beato Bartolo Longo, che seppe unire la preghiera all’azione, facendo di questa Città mariana una cittadella della carità.Il nascente Centro per il bambino e la famiglia, che gentilmente mi si è voluto intitolare, raccoglie l’eredità di questa grande opera.

Carissimi Fratelli e Sorelle! La Vergine del Santo Rosario ci benedica, mentre ci apprestiamo ad invocarla con la Supplica. Nel suo cuore di Madre deponiamo i nostri affanni e i nostri propositi di bene.
***


Dopo la recita della Supplica, prima di impartire la Benedizione Apostolica conclusiva, il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole :

289 Grazie, grazie Pompei. Grazie a tutti i pellegrini per questa calorosa e bellissima accoglienza. Grazie ai Cardinali e ai Vescovi presenti. Grazie alle Autorità del Paese, della Regione, della Città. Grazie per l’entusiasmo dei giovani. Grazie a tutti. Pregate per me in questo Santuario, oggi e sempre.




AL CONSIGLIO SUPREMO DEI CAVALIERI DI COLOMBO


Giovedì, 9 ottobre 2003




Cari Amici,

Sono lieto di dare il benvenuto al Consiglio Supremo dei Cavalieri di Colombo in occasione del vostro incontro a Roma. Vi ringrazio per i buoni auspici oranti che, a nome di tutti i Cavalieri e delle loro famiglie, mi avete espresso per il venticinquesimo anniversario della mia elezione.

In questa occasione desidero esprimere, ancora una volta, la mia profonda gratitudine per il fermo sostegno che il vostro Ordine ha dato alla missione della Chiesa. Questo sostegno è testimoniato in modo particolare dal Vicarius Christi Fund, che è un segno della solidarietà dei Cavalieri di Colombo con il Successore di Pietro nella sua sollecitudine per la Chiesa universale, ma lo si osserva anche nelle preghiere quotidiane, nei sacrifici e nel lavoro apostolico che tanti Cavalieri svolgono nelle loro Chiese locali, nelle loro parrocchie e nelle loro comunità. Nella fedeltà alla visione di Padre Michael McGivney, che voi possiate continuare a cercare nuovi modi per essere lievito del Vangelo nel mondo e una forza spirituale per il rinnovamento della Chiesa nella santità, nell'unità e nella verità!

A tutti voi, e a tutti i Cavalieri e le loro famiglie, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.




AL SECONDO GRUPPO DI VESCOVI DELLE FILIPPINE


IN VISITA AD LIMINA APOSTOLORUM


Giovedì, 9 ottobre 2003




Eminenza,
Cari Fratelli Vescovi,

1. In occasione della vostra visita ad limina Apostolorum, porgo un cordiale benvenuto a voi, Vescovi filippini delle Province di Caceres, Capiz, Cebu, Jaro e Palo. Siete il secondo dei tre gruppi che compiono questo solenne pellegrinaggio nella città degli Apostoli Pietro e Paolo. È mia fervente preghiera, che il tempo che trascorrete con "il Successore di Pietro" e con quanti lo assistono nel suo ministero pastorale sia per voi fonte di rinnovato zelo e forza quando ritornerete alle vostre rispettive Chiese locali. Sono particolarmente lieto di salutare il Cardinale Vidal, e lo ringrazio per i sentimenti che mi ha espresso a nome dei Vescovi, del clero, dei religiosi e dei fedeli delle vostre Diocesi.

Come ho detto al primo gruppo di Vescovi delle Filippine, gli importanti eventi ecclesiali del Secondo Consiglio Plenario, celebrato nel 1991, e della più recente Consultazione Pastorale Nazionale sul Rinnovamento della Chiesa, hanno avuto effetti positivi duraturi sulla vita dei cattolici filippini. Il Consiglio Plenario ha sottolineato la necessità di tre iniziative pastorali fondamentali: diventare una Chiesa dei poveri, trasformarsi in una comunità di discepoli del Signore e impegnarsi in una rinnovata evangelizzazione integrale. Certamente, la sfida di attuare pienamente questo triplice piano continua a infondere nuova vita nella Chiesa nelle Filippine e nella società filippina in generale. Avendo già sviluppato il tema della Chiesa dei poveri nelle mie osservazioni al primo gruppo di Vescovi, ora rivolgo la mia attenzione alla seconda priorità: diventare una comunità autentica di discepoli del Signore.

290 2. La Consultazione Pastorale Nazionale descrive la Chiesa nelle Filippine come "una comunità di discepoli che credono fermamente nel Signore Gesù e che vivono gioiosamente in armonia e solidarietà tra di loro, con il creato e con Dio" (Vision-Mission Statement of the Church in the Philippines). Ciò riporta alla mente l'insegnamento di Gesù nel Vangelo di Giovanni, quando spiega che essere discepolo del Signore non è una scelta stravagante, ma una risposta seria e amorevole a un invito personale: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (...). Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri" (Jn 15,16-17). Il modo in cui i discepoli esprimono il loro amore è uno dei numerosi temi che voi e i vostri Fratelli nell'Episcopato avete cercato di affrontare, insegnando chiaramente che, per diventare un autentico seguace di Cristo, occorre una formazione integrale nella fede. Infatti, solo attraverso questo discepolato autentico, basato sulla solidarietà amorevole, le Filippine potranno incominciare a risolvere la preoccupante dicotomia tra fede e vita che affligge tante società moderne.

3. Nella mia Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Asia, ho ricordato quanto gli asiatici vadano fieri dei loro valori religiosi e culturali, quali l'amore per il silenzio, la contemplazione, la semplicità e l'armonia, tanto per citarne alcuni. "Tutto questo sta ad indicare un innato intuito spirituale ed una saggezza morale tipica dell'animo asiatico" (n. 6). Questo "intuito spirituale" è chiaramente testimoniato nei profondi sentimenti religiosi del popolo filippino ed è un suolo fertile nel quale coltivare la disposizione che conduce ogni cristiano verso un discepolato più autentico.

La vostra Lettera Pastorale sulla spiritualità spiega che è l'impegno incentrato su Cristo a caratterizzare la vostra gente come pellegrini sul cammino verso la loro vera casa. La presenza regolare alla Messa domenicale, la partecipazione attiva alle attività e alle feste parrocchiali, la notevole devozione mariana e il grande numero di santuari nazionali nel vostro Paese sono solo alcuni esempi della ricca eredità cristiana che è parte integrante della vita e della cultura della vostra nazione. Nonostante questi aspetti positivi, esistono tuttora delle contraddizioni tra i cristiani e nella società filippina in generale. Queste incongruità possono essere rettificate solo se sarete pienamente aperti allo spirito di Cristo, andando nel mondo e trasformandolo in una cultura di giustizia e di pace (cfr Apostolicam actuositatem AA 4).

4. La realizzazione di questi nobili fini esige, da parte vostra, l'impegno a preparare i fedeli laici ad essere autentici discepoli per il mondo.Sono i Pastori delle Chiese locali ad assicurare che i laici abbiano a disposizione programmi di spiritualità e catechesi che li preparino a questa missione. Mi incoraggia osservare i molti modi in cui la Chiesa nelle Filippine cerca di adempiere a questa responsabilità. Ciò appare evidente non solo dalle opportunità educative offerte da tante Diocesi, ma anche dalle diverse organizzazioni laiche e dalle piccole comunità di fede e i movimenti che stanno crescendo nel vostro Paese. Sebbene a un primo sguardo questi gruppi possano apparire assai diversi, "trovano però linee di un'ampia e profonda convergenza nella finalità che le anima" (Christifideles laici CL 29). È questo il caso, in modo particolare, quando tali gruppi sono attivamente coinvolti nella vita parrocchiale e mantengono un rapporto di comunicazione aperta e affettuosa gli uni con gli altri, con i loro parroci e con i loro Vescovi. Come insegna Cristo, "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

5. Uno dei principali contributi che la Chiesa può dare nel garantire una solida formazione dei laici è quello di assicurare che i seminari e le case religiose preparino i futuri sacerdoti ad essere discepoli devoti della Parola e del Sacramento. È un processo complesso che inizia con una scelta appropriata dei candidati. A questo proposito, raccomando a voi e ai vostri sacerdoti di cercare attivamente dei giovani validi, devoti e ben equilibrati per il sacerdozio, e di sfidarli a non aver paura di "prendere il largo" per una pesca di inestimabile valore (cfr Novo Millennio ineunte NM 1).

Una volta scelto il candidato, inizia il processo per prepararlo a essere un sacerdote valido e santo. Questo esige che "la formazione spirituale e l'insegnamento dottrinale degli alunni del seminario vengano coordinati armonicamente" (Codice di Diritto Canonico, can. 244) e diretti da formatori ben preparati. A questo proposito, si può parlare dei diversi tipi di formazione: la formazione umana, che aiuta il candidato a vivere e a interiorizzare le virtù sacerdotali, in modo particolare la semplicità, la castità, la prudenza, la pazienza e l'obbedienza; la formazione intellettuale, che pone in rilievo lo studio approfondito della filosofia e della teologia, mantenendosi sempre fedele agli insegnamenti del Magistero; la formazione pastorale, che consente al candidato di applicare i principi teologici alla pratica pastorale; e la formazione spirituale, che sottolinea la necessità fondamentale di celebrare regolarmente i sacramenti, in particolare il Sacramento della Penitenza, insieme alla necessità della preghiera personale e degli esercizi di pietà e dell'incontro frequente con un direttore spirituale (cfr Pastores dabo vobis PDV 43-59 Codice di Diritto Canonico, can. 246). Ogni corso per la formazione sacerdotale che offrirà tali elementi, infatti, darà ministri impegnati "nella gioiosa fatica della fedeltà al Signore e dell'instancabile servizio al suo gregge" (Pastores dabo vobis PDV 82).

6. Il Consiglio Pastorale Nazionale ha discusso in modo esauriente della necessità di sostenere e di assistere i sacerdoti nel loro ministero e ha deciso di "cercare modi creativi di formazione permanente" per il clero (Proceedings and Addresses of the NPCCR, gennaio 2001, p. 59). Ciò può essere paragonato al costante rinnovamento "nello spirito e nella mente" di cui scrive san Paolo nella sua Lettera agli Efesini (cfr 4, 23-24). Come la formazione dei seminaristi, così anche la formazione sacerdotale esige un approccio "armonicamente coordinato", che, in ogni momento, promuova le virtù sacerdotali della carità, della preghiera, della castità e della celebrazione fedele della liturgia, pratiche che spesso non vengono apprezzate o che vengono perfino respinte dalla cultura moderna e dai suoi mezzi di comunicazione.

Il clero, oggi, deve fare attenzione a non adottare la visione secolare del sacerdozio come "professione", "carriera" e mezzo per guadagnarsi da vivere. Piuttosto, il clero deve vedere il sacerdozio come vocazione al servizio amorevole altruistico, abbracciando di tutto cuore lo "stimato dono del celibato" e tutto ciò che esso comporta. A questo proposito, desidero sottolineare che il celibato va considerato come parte integrante della vita esteriore ed interiore del sacerdote, e non solo come antico ideale che deve essere rispettato (cfr Presbyterorum ordinis PO 16).

Tristemente, lo stile di vita di alcuni sacerdoti è stato un segno contrario allo spirito dei consigli evangelici, che dovrebbero essere parte della spiritualità di ogni sacerdote. Lo scandaloso comportamento di pochi ha minato la credibilità di molti. Desidero che voi sappiate che sono consapevole della sensibilità con cui avete cercato di affrontare la questione, e vi incoraggio a non perdere la speranza. L'autentico discepolato esige amore, compassione e talvolta una rigida disciplina al fine di servire il bene comune. Siate sempre giusti, e siate sempre misericordiosi.

7. Cari Fratelli, mentre vi accingete a ritornare a casa, vi lascio con queste riflessioni, sapendo che continuerete a guidare il vostro popolo in modo efficace nel pellegrinaggio, che dura per tutta la vita, dell'autentico discepolato. Traete consolazione dal fatto che non siete soli su questo cammino, poiché la nostra amata Madre Maria, Stella del Mattino che illumina le nostre vite e disperde il buio della notte, vi accompagna, guidando voi e i vostri fedeli nella nuova aurora (cfr Lettera Pastorale sulla Spiritualità dei Filippini). In pegno di pace e di gioia nel suo Figlio, il Santo Niño, imparto la mia Benedizione Apostolica.




GP2 Discorsi 2003 283