GP2 Discorsi 2004 35

35 4. I giovani aspirano a vivere in gruppi in cui sono riconosciuti e amati. Nessun bambino può vivere né formarsi senza amore, né senza lo sguardo benevolo degli adulti; è questo il senso stesso della missione educativa. Invito dunque le comunità diocesane a rivolgere un'attenzione sempre più grande ai luoghi educativi; innanzitutto alla famiglia, che occorre sostenere e aiutare, soprattutto nei rapporti tra genitori e figli, in modo particolare nel momento dell'adolescenza. La presenza di adulti che non siano i genitori è spesso benefica. Parimenti, la scuola è un luogo privilegiato di vita fraterna e pacifica, dove ciascuno è accettato così com'è, nel rispetto dei suoi valori e delle sue credenze personali e familiari. Incoraggio le scuole cattoliche a essere delle comunità in cui i valori cristiani fanno parte del programma e della pratica educativi, e in cui l'insegnamento del Magistero viene trasmesso ai giovani attraverso delle catechesi adeguate alle diverse età scolastiche. La presenza di bambini non cattolici non deve essere un ostacolo a questo cammino. Allo stesso modo, accolgo con piacere la missione delle cappellanie scolastiche e universitarie. Anche se i partecipanti sono poco numerosi, gli accompagnatori non devono mai dimenticare che ciò che i giovani ricevono, lo trasmettono in un modo o nell'altro ai loro compagni! È importante considerare la pastorale dei giovani sia come tempo forte - il "vivere insieme" è fondamentale nell'educazione dei giovani -, sia nell'ambito delle attività regolari, affinché il cammino religioso contribuisca a forgiare i giovani e la loro esistenza.

Nelle vostre relazioni e nei vostri bollettini diocesani si vedono i frutti che la Giornata Mondiale della Gioventù di Parigi, che ricordo con emozione, continua a dare tra i giovani. È importante esortare questi ultimi a vivere il loro rapporto con Cristo nella fedeltà, affinché prendano coscienza del fatto che la vita della fede e la pratica sacramentale non sono legate al semplice desiderio del momento, né possono costituire un'attività tra le tante nell'esistenza. Auspico che gli educatori li aiutino a discernere le priorità, poiché non si può conoscere veramente Cristo se non ci si sforza di accostarsi a lui e di avere con lui degli incontri regolari. Occorre inoltre fare grande affidamento sui giovani perché evangelizzino i giovani, perché siano una forza invitante per i loro compagni. Essi hanno, in questi ambiti, delle risorse che è bene sfruttare.

5. La pastorale dei giovani esige dagli accompagnatori perseveranza, attenzione e inventiva. Pertanto, non esitate a impiegare dei sacerdoti di qualità, con una buona formazione e una solida vita spirituale e morale, per accompagnare i giovani, per insegnare loro la dottrina cristiana, per condividere con loro dei tempi fraterni e di riposo, affinché essi diventino missionari.

Auspico che le Diocesi si mobilitino sempre di più in questo senso, sebbene stiate vivendo dei tempi difficili. Che gli adulti offrano ai giovani mezzi concreti per incontrarsi, per vivere e per approfondire la loro fede, formandoli allo studio e alla meditazione della Parola di Dio, e alla preghiera personale, e chiamandoli a conformarsi sempre più a Cristo! Occorre, inoltre, aiutarli a interrogarsi sulla loro esistenza e sui loro progetti di vita, affinché si rendano disponibili alle chiamate del Signore a una vocazione specifica nella Chiesa: il sacerdozio, il diaconato o la vita consacrata. Che i genitori e gli educatori non abbiano paura di porre ai giovani la domanda di una eventuale vocazione sacerdotale o religiosa! Questa non è affatto un ostacolo alla libertà di scelta, ma, al contrario, un invito a riflettere sul proprio futuro, per "fare della propria vita un "ti amo"", come ho ricordato in occasione del mio viaggio a Lione nel 1986. Spetta a tutti i protagonisti della pastorale dei giovani aiutare questi ultimi ad avere una fede che consenta loro di confrontarsi in modo critico con la cultura attuale, acquisendo un sano discernimento sulle questioni che animano i dibattiti della società.

Voi evocate con preoccupazione le fratture del mondo dei giovani e le precarietà con cui essi si confrontano, che talvolta li spingono all'individualismo, alla violenza e a comportamenti distruttivi.

Nella sequela di Cristo, la Chiesa desidera rimanere vicina ai giovani feriti dalla vita, per i quali il Signore ha un amore di predilezione. Accolgo con piacere e incoraggio il lavoro delle persone che, nei movimenti, nei servizi e nel mondo caritativo, promuovono l'immaginazione della carità, rendendosi vicini agli esclusi, a quanti soffrono, consentendo loro di riacquistare il gusto per la vita. Possano essi far scoprire loro il volto di Cristo, che ama ogni uomo, quali che siano il suo cammino e le sue fragilità!

6. Desidero anche attirare la vostra attenzione sul sostegno che occorre dare ai giovani che si preparano al matrimonio. Spesso hanno conosciuto numerose sofferenze nelle loro famiglie d'origine e talvolta hanno vissuto molteplici esperienze. Nella società esistono modelli vari di rapporti senza alcuna qualifica antropologica o morale. Da parte sua, la Chiesa desidera proporre il cammino di una progressione nei rapporti affettivi, che passa attraverso il tempo del fidanzamento e che propone l'ideale della castità; essa ricorda che il matrimonio tra un uomo e una donna e la famiglia si costruiscono innanzitutto su un legame forte tra le persone e su un impegno definitivo, e non soltanto sull'aspetto puramente affettivo, che non può costituire l'unica base della vita coniugale. Possano i Pastori e le coppie cristiane non temere di aiutare i giovani a riflettere su queste questioni delicate e fondamentali, attraverso delle catechesi e dei dialoghi forti e adeguati, facendo risplendere la profondità e la bellezza dell'amore umano!

7. La Chiesa ha parole originali nei dibattiti sull'educazione, sui fenomeni sociali, soprattutto sulle questioni della vita affettiva, sui valori morali e spirituali. La formazione non può consistere unicamente in un apprendimento tecnico e scientifico. Essa è volta soprattutto all'educazione dell'essere integrale. Saluto i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose e i laici che hanno questo nobile compito dell'accompagnamento dei giovani. So che il loro compito è arduo e talvolta arido, poiché i risultati non sempre appaiono all'altezza degli sforzi profusi; che non si scoraggino, poiché nessuno conosce il segreto del cuore dei giovani! "Se ai giovani Cristo è presentato col suo vero volto, essi lo sentono come una risposta convincente e sono capaci di accoglierne il messaggio, anche se esigente" (Novo Millennio ineunte
NM 9).

Cari Fratelli nell'Episcopato, al termine del nostro incontro rendo grazie, insieme a voi, per quanto lo Spirito opera nel cuore dei giovani. Questi chiedono alla Chiesa di accompagnarli, aspirando profondamente a vivere un ideale d'esigenza e di verità, nonostante i riferimenti spesso offuscati che il mondo attuale offre loro. Spetta a voi condurli a Cristo e proporre loro il cammino esigente della santità, affinché possano prendere parte sempre più attiva nella vita della Chiesa e della società.

Incoraggio le comunità cristiane delle vostre Diocesi a dare ai giovani il posto che compete loro, ad accogliere le domande che essi pongono e a rispondere loro nella verità. Per l'intercessione della Vergine Maria, Nostra Signora di Lourdes, che abbiamo appena celebrato, imparto volentieri un'affettuosa Benedizione Apostolica a voi, come pure a tutti i membri delle vostre comunità diocesane, in particolare ai giovani, ai quali vi chiedo di trasmettere questo messaggio: il Papa conta su di loro.


AI PELLEGRINI DALLA REPUBBLICA SLOVACCA


Sabato, 14 febbraio 2004




36 Venerati Fratelli,
illustri Signori,
carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Con gioia vi accolgo e a tutti rivolgo il mio più cordiale benvenuto. Saluto e ringrazio anzitutto i Vescovi della Conferenza Episcopale Slovacca, che hanno promosso questo pellegrinaggio nazionale. Saluto, in particolare, i Signori Cardinali Ján Chryzostom Korec e Jozef Tomko come pure Mons. František Tondra, che ringrazio per le cortesi parole con cui si è fatto interprete dei sentimenti di tutti. Esprimo al Signor Presidente della Repubblica viva gratitudine per la sua presenza e per le sue calorose parole di saluto.

2. Per ben tre volte, durante il mio Pontificato, la divina Provvidenza mi ha concesso di visitare la Slovacchia: nel 1990, poco dopo la caduta del regime comunista, nel 1995 e lo scorso anno, in occasione del decimo anniversario della proclamazione della Repubblica e della istituzione della Conferenza Episcopale Slovacca.

Oggi siete venuti voi a restituirmi soprattutto la visita che ho potuto realizzare cinque mesi fa e della quale conservo un profondo ricordo. Avete voluto far coincidere il vostro soggiorno a Roma con la festa dei santi Cirillo e Metodio, Patroni della Slovacchia e Compatroni d’Europa. Questo felice contesto liturgico permette di evidenziare gli antichi vincoli di comunione che legano al Vescovo di Roma la Chiesa che è nella vostra Terra. Al tempo stesso, la testimonianza di questi due grandi apostoli degli slavi costituisce un forte richiamo a riscoprire le radici dell’identità europea del vostro popolo, radici che voi condividete con le altre nazioni del Continente.

3. Ho la gioia di accogliervi presso la tomba di san Pietro, sulla quale voi siete venuti a confermare la professione di quella fede che rappresenta il più ricco e solido patrimonio del vostro popolo.

Questa fede vi invito a custodire integralmente, ed anzi ad alimentare mediante la preghiera, un’adeguata catechesi e una formazione continua. Essa non va nascosta, ma proclamata e testimoniata con coraggio e tensione ecumenica e missionaria. Questo insegnano i Fratelli Cirillo e Metodio, capostipiti di una scia di numerosi Santi e Sante germogliati lungo i secoli della vostra storia. Saldamente ancorati alla croce di Cristo, essi hanno messo in pratica quello che il divin Maestro aveva insegnato ai discepoli fin dagli inizi della sua predicazione: "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo! (
Mt 5,13 Mt 5,14).

4. Essere "sale" e "luce" comporta per voi far risplendere la verità evangelica nelle scelte personali e comunitarie di ogni giorno. Significa mantenere inalterata l’eredità spirituale dei santi Cirillo e Metodio contrastando la diffusa tendenza di uniformarsi a modelli omologati e standardizzati. La Slovacchia e l’Europa del terzo millennio vanno arricchendosi di molteplici apporti culturali, ma sarebbe deleterio dimenticare che alla formazione del Continente ha contribuito in modo determinante il Cristianesimo. All’auspicata costruzione dell’unità europea voi, cari Slovacchi, offrite il vostro significativo apporto facendovi interpreti di quei valori umani e spirituali che hanno dato senso alla vostra storia. E’ indispensabile che questi ideali da voi vissuti con coerenza continuino ad orientare un’Europa libera e solidale, capace di armonizzare le sue diverse tradizioni culturali e religiose.

Carissimi Fratelli e Sorelle, nel rinnovarvi l’espressione della mia gratitudine per la vostra visita, permettete che, nel congedarmi da voi, vi lasci come consegna lo stesso invito di Cristo a Simon Pietro: "Duc in altum - Prendi il largo" (Lc 5,4). E’ un’esortazione che sento risuonare costantemente nel mio animo. Questa mattina la rivolgo a voi.

5. Popolo di Dio pellegrino in Slovacchia prendi il largo e avanza nell’oceano di questo nuovo millennio, mantenendo fisso lo sguardo su Cristo. Stella del tuo cammino sia Maria, la Vergine Madre del Redentore. Ti proteggano i tuoi venerati Patroni Cirillo e Metodio insieme con tanti eroi della fede, alcuni dei quali hanno pagato con il sangue la loro fedeltà al Vangelo.

37 Con questi sentimenti, imparto di cuore a voi, ai vostri cari e all’intero Popolo slovacco una speciale Benedizione Apostolica.




AI RAPPRESENTANTI DELL'UNIVERSITÀ DI OPOLE (POLONIA)


IN OCCASIONE DEL 10° DELLA FONDAZIONE E DEL CONFERIMENTO


AL PONTEFICE DELLA LAUREA HONORIS CAUSA


Martedì, 17 febbraio 2004




Eccellenza,
Signor Rettore Magnifico,
Illustri Signori e Signore,

Ringrazio tanto per la benevolenza che mi manifestano con la Loro visita in Vaticano e anche con il conferimento a me del titolo di Dottore honoris causa della vostra Università. Tale atto ha per me un’eloquenza tutta particolare, dato che coincide con il decennio dell’esistenza dell’Università di Opole. Si stanno ormai per compiere i dieci anni dalla storica unificazione della Scuola Superiore di Pedagogia e dell’Istituto Teologico Pastorale, che diede inizio all’Università di Opole con la Facoltà di Teologia. Quando acconsentii all’istituzione di quella Facoltà e al suo inserimento nelle strutture di un’Università statale, ero consapevole che la nascita di quell’Ateneo era molto importante per la terra di Opole. Sono lieto che nell’arco di questo decennio l’Università si stia sviluppando e stia diventando un dinamico centro di ricerca, dove migliaia di giovani possono acquisire la scienza e la sapienza.

Rendo grazie a Dio per il fatto che l’Università – come ha detto l’Arcivescovo – coopera con la Chiesa nell’opera di integrazione della società della terra di Opole. So che lo sta facendo nel modo a se proprio. Se la Chiesa anima i processi dell’unificazione in base alla fede comune, i comuni valori spirituali e morali, la stessa speranza e la stessa carità che sa perdonare, l’Università per parte sua possiede a tal fine mezzi propri, di particolare valore, che pur crescendo sullo stesso fondamento, hanno carattere diverso - si potrebbe perfino dire, un carattere più universale. Dato che tali mezzi si fondano sull’approfondimento del patrimonio della cultura, del tesoro del sapere nazionale e universale e sullo sviluppo di vari rami della scienza, sono accessibili non soltanto a coloro che condividono lo stesso Credo, ma anche a coloro che hanno convinzioni diverse. E’ un fatto di non poca importanza. Se, infatti, parliamo dell’integrazione della società, non possiamo intenderla nel senso dell’annullamento delle differenze, dell’unificazione del modo di pensare, della dimenticanza della storia – spesso segnata da eventi che creavano divisioni – ma come una perseverante ricerca di quei valori che sono comuni agli uomini, che hanno radici diverse, una diversa storia e, derivante da ciò, una propria visione del mondo e dei riferimenti alla società nella quale è toccato loro di vivere.

L’Università, creando le possibilità per lo sviluppo delle scienze umanistiche, può essere di aiuto in una purificazione della memoria che non dimentichi i torti e le colpe, ma permetta di perdonare e di chiedere perdono, e poi di aprire la mente e il cuore alla verità, al bene e alla bellezza, valori che costituiscono la comune ricchezza e che vanno concordemente coltivati e sviluppati. Anche le scienze possono essere utili all’opera dell’unione. Sembra perfino che, grazie al fatto che esse sono libere dalle premesse filosofiche e specialmente da quelle ideologiche, possano realizzare tale compito in modo più diretto. Sì, possono manifestarsi delle differenze in riferimento alla valutazione etica delle ricerche e non si può ignorarle. Tuttavia, se i ricercatori riconoscono i principi della verità e del bene comune, non si rifiuteranno di collaborare per conoscere il mondo in base alle stesse fonti, a simili metodi e al fine comune che è di sottomettere la terra, conformemente alla raccomandazione del Creatore (cfr Gn 1,28).

Oggi si parla tanto delle radici cristiane dell’Europa. Se segno di esse sono le cattedrali, le opere d’arte, di musica e di letteratura, esse in un certo senso parlano in silenzio. Le Università, invece, possono parlarne ad alta voce. Possono parlare con il linguaggio contemporaneo, comprensibile a tutti. Sì, questa voce può essere non accolta da coloro che vengono storditi dall’ideologia del laicismo del nostro continente, ma questo non dispensa gli uomini di scienza, fedeli alla verità storica, dal compito di rendere testimonianza mediante un solido approfondimento dei segreti della scienza e della sapienza, cresciute sul fertile terreno del cristianesimo.

Ut ager quamvis fertilis sine cultura fructuosus esse non potest, sic sine doctrina animus (Cicero, Tusculanae disputationes, II, 4) – Come la terra, anche se fertile, non può portare frutti senza coltivazione, così l’anima senza la cultura. Cito queste parole di Cicerone, per esprimere la gratitudine per quella “coltivazione dello spirito” che l’Università di Opole sta sviluppando da dieci anni. Auguro che questa grande opera venga portata avanti per il bene della terra di Opole, della Polonia e dell’Europa. Che la collaborazione di tutte le facoltà del Vostro ateneo, inclusa la Facoltà di Teologia, serva a tutti coloro che desiderano sviluppare la propria umanità in base ai nobilissimi valori spirituali.

Per questo sforzo benedico di tutto cuore Voi qui presenti, tutti i Professori e gli Studenti dell'Università di Opole, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

MESAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI




38 Venerati Fratelli nell’Episcopato!

Sono lieto di farvi giungere il mio cordiale saluto, in occasione dell’annuale convegno di Vescovi amici del Movimento dei Focolari, che costituisce un momento propizio per approfondire insieme la spiritualità dell’Opera di Maria.

Ho molto apprezzato che, per il presente incontro, vi siate proposti di riflettere e di confrontarvi sul tema della santità, quale esigenza primaria da proporre a tutti i membri del Popolo di Dio. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ricordato che la santità è la vocazione di ogni battezzato. Questa stessa verità ho voluto porre in risalto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, al termine del Grande Giubileo dell’Anno 2000. Solo, infatti, una comunità cristiana splendente di santità può compiere efficacemente la missione affidatale da Cristo, quella cioè di diffondere il Vangelo sino agli estremi confini della terra.

Per una santità di popolo”: questa specificazione pone proprio l’accento sul carattere universale della vocazione alla santità nella Chiesa, verità che rappresenta uno dei pilastri della Costituzione conciliare Lumen gentium. Due aspetti generali vanno opportunamente sottolineati. Anzitutto il fatto che la Chiesa è intimamente santa ed è chiamata a vivere e a manifestare questa santità in ogni suo membro. In secondo luogo, l’espressione “santità di popolo” fa pensare all’ordinarietà, cioè all’esigenza che i battezzati sappiano vivere con coerenza il Vangelo nella quotidianità: in famiglia, nell’attività lavorativa, in ogni relazione e occupazione. E’ proprio nell’ordinario che si deve vivere lo straordinario, così che la “misura” della vita tenda all’“alto”, cioè alla “piena maturità di Cristo”, come insegna l’apostolo Paolo (cfr
Ep 4,13).

La Beata Vergine Maria, della quale vi so filialmente devoti, sia il modello sublime a cui sempre ispirarvi: in Lei si compendia la santità del Popolo di Dio, perché in Lei risplende nella massima umiltà la perfezione della vocazione cristiana. Alla sua materna protezione affido ciascuno di voi, cari e venerati Fratelli, mentre auguro ogni bene per il vostro convegno e di cuore imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 18 Febbraio 2004

GIOVANNI PAOLO II



AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Venerdì 20 febbraio 2004




Signor Cardinale, cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Sono lieto di accogliervi in occasione della vostra visita ad limina, Pastori della provincia di Parigi, come pure l'Ordinario militare. Ringrazio il Cardinale Jean-Marie Lustiger per le cordiali parole che mi ha appena rivolto. Desidero ardentemente che la vostra visita, che vi consente di incontrare il Successore di Pietro, vi confermi nella vostra missione al servizio dell'evangelizzazione. Annunciare il Vangelo è, a titolo molto speciale, la missione del Vescovo, "manifestazione preminente della sua paternità" di Pastore che "deve essere cosciente delle sfide che l'ora presente reca con sé ed avere il coraggio di affrontarle" (Pastores gregis, n. 26). Non possiamo dimenticare la frase dell'Apostolo delle Nazioni: "guai a me se non predicassi il vangelo!" (1Co 9,16). Già il Concilio ricordava l'urgenza dell'evangelizzazione perché "la luce di Cristo, riflessa sul volto della Chiesa, illumini tutti gli uomini" (Lumen gentium LG 1).

2. Le relazioni quinquennali descrivono la secolarizzazione della società francese, spesso intesa come un rifiuto, nella vita sociale, dei valori antropologici, religiosi e morali che l'hanno profondamente caratterizzata. Parimenti, si fa sentire il bisogno di un rinnovato annuncio del Vangelo, anche per le persone già battezzate, al punto da constatare che molto spesso un primo annuncio del Vangelo è necessario quasi ovunque (cfr Ecclesia in Europa, n. 46-47). Evocate inoltre una diminuzione del numero dei bambini catechizzati, ma al contempo esprimete compiacimento per il numero crescente di catecumeni tra i giovani e gli adulti, nonché per la riscoperta del Sacramento della Confermazione. Sono questi dei segni che indicano che la trasmissione della fede può svilupparsi nonostante le condizioni difficili. Possano gli appelli degli uomini che vogliono "vedere Gesù" (Jn 12,21) e che bussano alla porta della Chiesa aiutarvi a suscitare una nuova primavera dell'evangelizzazione e della catechesi! Seguo con interesse le riflessioni svolte dalla vostra Conferenza al fine di proporre la fede nella società attuale e di invitare le comunità diocesane a un'audacia rinnovata in questo ambito, audacia data dall'amore per Cristo e per la sua Chiesa e attinta dalla vita sacramentale e dalla preghiera.

3. Per quanto concerne la catechesi per i bambini e per i giovani, è importante offrire loro un'educazione religiosa e morale di qualità, proponendo gli elementi chiari e saldi della fede, che conducono a una vita spirituale intensa - poiché anche il bambino è capax Dei, come dicevano i Padri della Chiesa -, a un cammino sacramentale e a una vita umana degna e bella. Al fine di costituire il centro solido dell'esistenza, la formazione catechetica deve essere accompagnata da una pratica religiosa regolare. Come può la proposta fatta ai bambini radicarsi veramente in loro, e come può Cristo trasformare dall'interno il loro essere e il loro agire, se non l'incontrano regolarmente (cfr Dies Domini, n. 36; Ecclesia de Eucharistia, n. 31)? È inoltre importante che le Autorità coinvolte, nel rispetto della legislazione in vigore, lascino lo spazio per la catechesi e per il cammino religioso personale e comunitario dei fedeli, ricordando che questa dimensione dell'esistenza ha un'incidenza positiva sui vincoli sociali e sulla vita delle persone. Mi preme ringraziare con calore i servizi diocesani della catechesi e tutti i catechisti, che si dedicano all'educazione religiosa dei giovani. Li incoraggio a proseguire la loro bella e nobile missione, tanto importante nel mondo attuale, avendo sempre cura di trasmettere fedelmente il tesoro che la Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli (cfr Ac 16,2), affinché il popolo cristiano cresca e si realizzi veramente la comunione ecclesiale. Forse non vedranno sempre i frutti immediati della loro azione, ma sappiano che ciò che seminano nei cuori, Dio lo farà crescere, poiché è Lui che fa crescere (cfr 1Co 3,7). Che ricordino che è in gioco il futuro della trasmissione della fede e della sua messa in atto! Anche la visibilità della Chiesa di domani dipende in larga parte da questo.

39 Occorre, dunque, essere attenti alla formazione dei genitori e dei catechisti, affinché possano giungere al cuore della fede che devono comunicare. Il cammino cristiano non può poggiare su una semplice attitudine sociologica, né sulla conoscenza di qualche rudimento del messaggio cristiano, che non porterebbero a una partecipazione alla vita della Chiesa. Sarebbe il segno che la fede rimane totalmente esterna alle persone. I Pastori e i catechisti ricorderanno anche che i bambini e i giovani sono particolarmente sensibili alla coerenza tra le parole delle persone e la loro esistenza concreta. In effetti, come possono i giovani prendere coscienza della necessità della partecipazione all'Eucaristia domenicale o della pratica del Sacramento della Penitenza se i loro genitori o i loro educatori non vivono a loro volta una tale vita religiosa ed ecclesiale? Più la testimonianza di fede e di vita morale sarà in armonia con la professione di fede, più i giovani comprenderanno come la vita cristiana illumina ogni esistenza e le dona la sua forza e la sua profondità. La testimonianza quotidiana costituisce il sigillo d'autenticità dell'insegnamento offerto.

Vi invito a continuare a preoccuparvi della formazione dei giovani, ricercando delle forme di insegnamento che, tenendo conto del loro desiderio di vivere un'esperienza umana calorosa, propongano loro di conoscere Cristo e di incontrarlo in un cammino di preghiera personale e comunitaria forte ed edificante. A questo proposito, so che vi impegnate a rinnovare costantemente gli strumenti catechetici e pedagogici utilizzati dai servizi di catechesi, in conformità al Catechismo della Chiesa Cattolica e al Direttorio generale per la Catechesi, che offrono i fondamenti teologici e i punti centrali dell'insegnamento catechetico per tutte le categorie di persone.

4. In questa prospettiva, la vocazione e la missione dei battezzati nella comunità ecclesiale e nel mondo possono essere intesi solo alla luce del mistero della Chiesa, "segno e strumento dell'intima unione con Dio e nell'unità con tutto il genere umano" (Lumen gentium
LG 1). In questo spirito, è importante che ai fedeli venga proposto un cammino di comprensione della fede, che consenta loro di armonizzare meglio le loro conoscenze religiose con le loro capacità umane, al fine di poter realizzare una sintesi sempre più solida tra le loro acquisizioni scientifiche e tecniche e l'esperienza religiosa. Mi compiaccio della proposta avanzata per promuovere delle scuole della fede in seno alle istituzioni universitarie o al di fuori delle stesse, ma con il loro sostegno, poiché queste sono particolarmente abilitate a offrire un insegnamento di qualità, nella fedeltà al Magistero, in una prospettiva non solo intellettuale, ma anche preoccupata di sviluppare la vita spirituale e liturgica del popolo cristiano e di aiutarlo a scoprire le esigenze morali legate alla vita secondo il Vangelo. Accolgo con piacere l'azione della Scuola cattedrale di Parigi, di cui beneficiano molte persone della vostra provincia, e che invita ciascuno ad approfondire instancabilmente il mistero della fede, per trasmetterlo, dopo averlo compreso e assimilato meglio, in un linguaggio adeguato, senza tuttavia cambiarne la sostanza. Questa armonizzazione della comprensione razionale del dato rivelato con la trasmissione inculturata, è, così ritengo, una delle sfide del mondo attuale. Desidero inoltre salutare e incoraggiare l'esperienza avviata dai Pastori di alcune capitali europee, che si sono associati per dare nuovo slancio all'evangelizzazione nelle grandi città del continente, contribuendo a ravvivare l'anima cristiana dell'Europa e a ricordare agli europei gli elementi della fede dei loro padri, che hanno partecipato all'edificazione dei popoli e ai rapporti tra le Nazioni.

5. Desidero, inoltre, attirare la vostra attenzione sulla funzione catechetica ed evangelizzatrice della liturgia, che deve essere intesa come una via di santità, forza interiore del dinamismo apostolico e del carattere missionario della Chiesa (cfr Lettera apostolica Spiritus et sponsa per il LX anniversario della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium SC 6). Il fine della catechesi, in effetti, è di poter proclamare come Chiesa la fede al Dio unico, Padre, Figlio e Spirito Santo, e di rinunciare "a servire qualsiasi altro assoluto umano", formando così l'essere e l'operare dell'uomo (cfr Direttorio generale per la Catechesi, n. 82-83). Pertanto, è importante che i Pastori si prendano sempre più cura, con la collaborazione dei laici, della preparazione delle liturgie domenicali, con un'attenzione particolare per il rito e per la bellezza della celebrazione. In effetti, l'intera liturgia parla del mistero divino. Sulla scia della Giornata Mondiale della Gioventù di Parigi, la vostra Conferenza lavora con gioia al rinnovamento della catechesi, affinché l'annuncio della fede continui a incentrarsi incessantemente sull'esperienza della vigilia pasquale, cuore del mistero cristiano, che proclama la morte e la risurrezione del Salvatore, fino al suo ritorno nella gloria. Nelle loro omelie, i sacerdoti avranno cura di insegnare ai fedeli i fondamenti dottrinali e scritturali della fede. Ancora una volta esorto con forza tutti i fedeli a radicare la loro esperienza spirituale e la loro missione nell'Eucaristia, intorno al Vescovo, ministro e garante della comunione nella Chiesa diocesana, poiché "là, dove è il Vescovo, vi è la Chiesa" (cfr S. Ignazio d'Antiochia, Lettera agli Smirnei, 8, 2).

6. Al termine del nostro incontro, vi chiedo di trasmettere i miei saluti affettuosi alle vostre comunità.Ringraziate i sacerdoti e le comunità religiose delle vostre Diocesi, che si impegnano con generosità ad annunciare il Regno di Dio! Il mio pensiero, oggi, va a tutte le persone che si dedicano con generosità ai giovani, nella catechesi parrocchiale, nelle istituzioni e nei movimenti in cui si realizzano delle azioni catechetiche; la Chiesa è grata a tutti loro per l'impegno che profondono affinché Cristo sia conosciuto meglio e amato di più. Trasmettete la gratitudine del Papa alle persone che, nel nome stesso del Vangelo, si dedicano alle opere di carità. Non sono forse, in una certa maniera, delle catechesi in atto, che contribuiscono a far scoprire l'amore di Cristo? La terra di Francia ha prodotto numerosi santi che hanno saputo unire l'insegnamento catechetico alle opere di carità, come san Vincenzo de' Paoli o san Marcellin Champagnat, educatore di qualità che ho avuto la gioia di canonizzare.

Affido le vostre Diocesi alla protezione della Santissima Vergine Maria, che desidero invocare con l'appellativo di Stella del mare; ella guida il popolo cristiano nella fedeltà al suo Battesimo, quali che siano gli scogli del tempo, affinché proceda gioioso verso l'incontro con Cristo Salvatore. A voi, ai sacerdoti, ai diaconi, alle persone consacrate e a tutti i fedeli imparto un'affettuosa Benedizione Apostolica.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA




Venerati Fratelli,
illustri Signori e gentili Signore!

1. Con gioia vi invio questo mio Messaggio in occasione della Giornata commemorativa del Decennale di fondazione della Pontificia Accademia per la Vita. A ciascuno rinnovo l’espressione della mia riconoscenza per il qualificato servizio che l’Accademia rende alla diffusione del “Vangelo della vita”. Saluto in modo speciale il Presidente, Prof. Juan de Dios Vial Correa, come pure il Vice Presidente, Mons. Elio Sgreccia, e l’intero Consiglio Direttivo.

Insieme con voi, rendo grazie anzitutto al Signore per la vostra provvida Istituzione, che, dieci anni or sono, è venuta ad aggiungersi ad altre create dopo il Concilio. Gli Organismi dottrinali e pastorali della Sede Apostolica sono i primi a beneficiare della vostra collaborazione per quanto concerne conoscenze e dati necessari per le decisioni da assumere nell’ambito della norma morale concernente la vita. Così avviene con i Pontifici Consigli della Famiglia e per la Pastorale della Salute, come pure in risposta a sollecitazioni della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato e della Congregazione per la Dottrina della Fede. E ciò può allargarsi anche ad altri Dicasteri ed Uffici.

2. Col passare degli anni diventa sempre più evidente l’importanza della Pontificia Accademia per la Vita. I progressi delle scienze biomediche, infatti, mentre fanno intravedere prospettive promettenti per il bene dell’umanità e la cura di malattie gravi ed affliggenti, non di rado però presentano seri problemi in relazione al rispetto della vita umana e della dignità della persona.


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