GP2 Discorsi 2004 40

40 Il dominio crescente della tecnologia medica sui processi della procreazione umana, le scoperte nel campo della genetica e della biologia molecolare, i cambiamenti intervenuti nella gestione terapeutica dei pazienti gravi, insieme al diffondersi di correnti di pensiero di ispirazione utilitarista ed edonista, sono fattori che possono portare a condotte aberranti, nonché alla stesura di leggi ingiuste in relazione alla dignità della persona e al rispetto esigito dalla inviolabilità della vita innocente.

3. Il vostro apporto è poi prezioso per gli intellettuali, specialmente cattolici, “chiamati a rendersi attivamente presenti nelle sedi privilegiate dell'elaborazione culturale, nel mondo della scuola e delle università, negli ambienti della ricerca scientifica e tecnica” (Lett. enc. Evangelium vitae
EV 98). Proprio in questa prospettiva è stata istituita la Pontificia Accademia per la Vita, con il compito di “studiare, informare e formare circa i principali problemi di biomedicina e di diritto, relativi alla promozione e alla difesa della vita, soprattutto nel diretto rapporto che essi hanno con la morale cristiana e le direttive del Magistero della Chiesa” (Motu proprio Vitae mysterium, in: AAS 86 [1994], 386-387).

In una parola, rientra nel vostro compito di alta responsabilità la complessa materia oggi denominata “bioetica”. Vi ringrazio per l’impegno che ponete nell’esaminare questioni specifiche di alto interesse, ed ugualmente nel favorire il dialogo tra l’investigazione scientifica e la riflessione filosofica e teologica guidata dal Magistero. E’ necessario sensibilizzare sempre più i ricercatori, specie quelli dell’ambito biomedico, sul benefico arricchimento che può scaturire dal coniugare il rigore scientifico con le istanze dell’antropologia e dell’etica cristiane.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle! Possa il vostro servizio ormai decennale proseguire sempre più apprezzato e sostenuto, dando i frutti sperati nel campo dell’umanizzazione della scienza biomedica e dell’incontro fra la ricerca scientifica e la fede.

A tal fine, invoco sull’Accademia per la Vita, auspice la Vergine Maria, la continua assistenza divina e, mentre assicuro a ciascuno il mio ricordo nella preghiera, imparto a tutti voi una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri ai vostri collaboratori e alle persone care.

Dal Vaticano, 17 Febbraio 2004

GIOVANNI PAOLO II



AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA


DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA


Sabato, 21 febbraio 2004




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono molto lieto di poter incontrare personalmente tutti voi, membri della Pontificia Accademia per la Vita, in questa speciale circostanza in cui avete ricordato il X Anniversario di Fondazione dell’Accademia stessa e state svolgendo due “Giornate di studio” dedicate al delicato problema della procreazione artificiale.

Ringrazio il Presidente, Prof. Juan de Dios Vial Correa, per le amabili parole che mi ha rivolto e saluto anche il Vice Presidente Mons. Elio Sgreccia e i membri del Consiglio Direttivo, a tutti esprimendo sentito apprezzamento per l’intensa dedizione con cui sostengono l’attività dell’Accademia.

2. Il tema che state trattando si rivela carico di gravi problemi ed implicazioni, che meritano un attento esame. Sono in gioco valori essenziali non soltanto per il fedele cristiano, ma anche per l’essere umano come tale. Sempre di più emerge l'imprescindibile legame della procreazione di una nuova creatura con l'unione sponsale, per la quale lo sposo diventa padre attraverso l'unione coniugale con la sposa e la sposa diventa madre attraverso l'unione coniugale con lo sposo. Questo disegno del Creatore è inscritto nella natura stessa fisica e spirituale dell'uomo e della donna e, come tale, ha valore universale.

41 L’atto in cui lo sposo e la sposa diventano padre e madre attraverso il reciproco dono totale li rende cooperatori del Creatore nel mettere al mondo un nuovo essere umano, chiamato alla vita per l’eternità. Un gesto così ricco, che trascende la stessa vita dei genitori, non può essere sostituito da un mero intervento tecnologico, impoverito di valore umano e sottoposto ai determinismi dell’attività tecnica e strumentale.

3. Compito dello scienziato è piuttosto quello di investigare sulle cause della infertilità maschile e femminile, per poter prevenire questa situazione di sofferenza negli sposi desiderosi di trovare “nel figlio una conferma e un completamento della loro donazione reciproca” (Donum vitae, II, 2). Proprio per questo, desidero incoraggiare le ricerche scientifiche volte al superamento naturale della sterilità nei coniugi, così come desidero esortare gli specialisti a mettere a punto quegli interventi che possono risultare utili a tale scopo. L’auspicio è che sulla strada della vera prevenzione e dell'autentica terapia la comunità scientifica - l’appello va in particolare agli scienziati credenti - possa ottenere confortanti progressi.

4. La Pontificia Accademia per la Vita non mancherà di fare quanto è in suo potere per incoraggiare ogni valida iniziativa volta ad evitare le pericolose manipolazioni che accompagnano i processi di procreazione artificiale.

La stessa comunità dei fedeli si impegni a sostenere gli autentici percorsi della ricerca, resistendo nei momenti decisionali alle suggestioni di una tecnologia sostitutiva della vera paternità e maternità e per ciò stesso lesiva della dignità sia dei genitori che dei figli.

A conforto di questi voti, di cuore imparto a tutti voi la mia Benedizione, che volentieri estendo a tutte le persone care.

INCONTRO CON LA COMUNITÀ

DEL PONTIFICIO SEMINARIO ROMANO MAGGIORE E

DEI SEMINARI CAPRANICA, REDEMPTORIS MATER E DIVINO AMORE

Sabato, 21 febbraio 2004


Carissimi!

1. E’ diventato ormai un appuntamento atteso e desiderato quello della festa della Madonna della Fiducia, celeste Patrona del Seminario Romano Maggiore. In questa circostanza sono lieto di incontrarmi con voi, alunni del Seminario Romano Maggiore, come pure con voi cari studenti dei Seminari Capranica, Redemptoris Mater e Divino Amore.

Con grande gioia vi accolgo e vi saluto tutti con affetto. Saluto il Cardinale Vicario, Camillo Ruini, i Vescovi Ausiliari, i Rettori e i Superiori. Saluto inoltre i numerosi giovani che, come ogni anno, si uniscono a voi in questa tanto sentita circostanza. Un "grazie" particolare a Mons. Marco Frisina, al Coro e all’Orchestra della Diocesi di Roma per la bella esecuzione che ci hanno offerto dell’Oratorio ispirato al Trittico romano.

2. Per me è ogni volta motivo di rinnovata letizia e consolazione incontrarmi con i Seminaristi di Roma. Fin da quando ero Vescovo a Cracovia ho voluto intrattenere con i Seminaristi un dialogo privilegiato, e si comprende facilmente perché: essi sono, in un modo tutto speciale, il futuro e la speranza della Chiesa; la loro presenza in Seminario attesta la forza di attrazione che Cristo esercita sul cuore dei giovani. Una forza che nulla toglie alla libertà, anzi, le permette di realizzarsi appieno scegliendo il bene più grande: Dio, al cui servizio esclusivo ci si dedica per sempre.

Per sempre! In questi tempi si avverte l’impressione di una certa riluttanza da parte della gioventù dinanzi ad impegni definitivi e totali. E’ come se si avesse paura di assumere decisioni che durino l’intera esistenza. Grazie a Dio, nella diocesi di Roma sono numerosi i giovani disposti a consacrare la propria vita a Dio e ai fratelli nel ministero sacerdotale. Tuttavia, dobbiamo pregare incessantemente il Padrone della messe, perché mandi sempre nuovi operai nella sua messe, e li sostenga nell’impegno di coerente adesione alle esigenze del Vangelo.

42 3. In questa prospettiva, l’umiltà e la fiducia si rivelano virtù particolarmente preziose. Di esse è esempio sublime la Vergine Santa! Senza l’umile abbandono alla volontà di Dio, che fece fiorire il più bel "sì" nel cuore di Maria, chi potrebbe assumersi la responsabilità del Sacerdozio? Questo vale pure per voi, cari giovani, che vi preparate al Matrimonio cristiano. Troppi, in effetti, sono i motivi di timore che potete avvertire in voi stessi e nel mondo. Se però manterrete fisso lo sguardo su Maria, nel vostro spirito sentirete echeggiare la sua risposta all’Angelo: "Eccomi, … avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38).

Eloquente è, al riguardo, il tema di questa nostra serata: "Beata colei che ha creduto" (Lc 1,45). L’evangelista Luca ci presenta come esempio da seguire la fede della Vergine di Nazareth. Ed è a Lei che dobbiamo guardare costantemente.

Io vi affido a Lei, cari Seminaristi e cari giovani, perché il suo materno sostegno non venga mai a mancare a voi e a quanti curano la vostra formazione.

Con questi sentimenti, di cuore imparto a tutti voi e ai vostri cari una speciale Benedizione Apostolica.
***


Parole pronunciate da Giovanni Paolo II al termine dell'incontro:

Debitor factus sum. Non per la prima volta. Già cominciando dall'Italia, molti hanno scritto di questo Trittico Romano. L'illustre professore Giovanni Reale, specialista di Platone. Il nostro Cardinale Ratzinger. Nella mia Polonia, a Cracovia, Czeslaw Milosz, Premio Nobel. E Marek Skwarnicki, poeta, che ha collaborato con me alla pubblicazione di questo Trittico Romano. Così veramente "debitor factus sum". Oggi divento debitore del mio Seminario Romano.

Ringrazio il Cardinale Vicario di Roma, ringrazio Monsignor Rettore del Seminario Romano, ringrazio Marco Frisina. Si è fatto interprete di alcuni brani poetici del Trittico Romano. Lo ha fatto con la musica. È la prima volta che mi capita di sentirne una interpretazione musicale. E poi il Seminario Romano ha scelto per questa iniziativa la sua giornata di festa, la Madonna della Fiducia. Sono molto grato a tutti. Veramente mi sento di nuovo debitore. Debitor factus sum.

Si potrebbe parlare molto, ma forse è meglio non prolungare questo discorso. Voglio solamente dirvi che questa mattina ho celebrato la Messa, il Santissimo Sacrificio eucaristico, ponendo l'intenzione per il mio Seminario Romano. Tradizionalmente in questa occasione si andava nel Seminario. Oggi siete venuti qui voi seminaristi, professori, rettore, tutte le autorità dei seminari. E tutti gli ospiti. Voglio terminare dicendo a tutti: Molte grazie!

Che cosa dirvi di più? Forse tornare alla prima parola di questo discorso: Debitor factus sum.Sono diventato debitore. E devo pagare. Un giusto, piuttosto un dovuto prezzo! Cercherò di farlo nelle mani del Cardinale Camillo Ruini e per il bene del nostro carissimo e amatissimo Seminario Romano. Auguri, tantissimi auguri.

Sia lodato Gesù Cristo.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI FEDELI BRASILIANI IN OCCASIONE


DELLA CAMPAGNA DELLA FRATERNITÀ 2004


43 Al Venerabile Fratello
nell'Episcopato
Card. Geraldo Majella Agnelo
Arcivescovo di São Salvador da Bahia
e Primate del Brasile

In occasione della Campagna della Fraternità che la CNBB promuove da oramai 40 anni, desidero esprimervi la mia soddisfazione per avere l'opportunità di rivolgermi a tutti i fedeli uniti in Cristo, con una rinnovata speranza di conversione e di riconciliazione che la Quaresima suscita in noi in preparazione della Pasqua della Risurrezione. È il tempo in cui ogni cristiano è invitato a riflettere in modo particolare sulle varie situazioni sociali del popolo brasiliano che richiedono maggior fraternità. Quest'anno, il motto scelto è "Acqua fonte di vita".

Come tutti sanno, l'acqua ha una enorme importanza per la terra: senza questo prezioso elemento, la terra si trasformerebbe rapidamente in un deserto arido, in un luogo di fame e di sete, dove gli uomini, gli animali e le piante sarebbero condannati alla morte. Oltre ad essere un requisito per la vita sulla terra, l'acqua ha anche il potere di lavare e di purificare, facendo sparire le impurità.

Proprio per questo, nelle Sacre Scritture l'acqua è considerata simbolo di purificazione morale: Dio "lava" da tutte le colpe il peccatore (cfr
Ps 50,4). Durante l'Ultima Cena, Gesù lava i piedi ai suoi discepoli. Dinanzi alle proteste di Pietro, Gesù risponde: "Se non ti laverò, non avrai parte con me" (Jn 13,8). È tuttavia nel battesimo cristiano che l'acqua acquisisce il suo pieno significato spirituale di fonte di vita soprannaturale, come lo stesso Cristo proclama nel Vangelo: "Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio" (Jn 3,5).

Il Battesimo si pone, pertanto, come cammino che porta alla Vita con Dio. Il neofita, mosso dall'azione di grazia dello Spirito, riceve la partecipazione alla vita nuova in Cristo (cfr Ga 3,27-28). Divenuto una nuova creatura, il battezzato può e deve orientare i rapporti con i suoi simili e con tutto il creato, in conformità con la giustizia, con la carità e con la responsabilità che Dio ha affidato alla sollecitudine dell'uomo (cfr Gn 2,15). Nascono da qui obblighi concreti per ogni persona in ordine all'ecologia. Il loro adempimento suppone l'apertura ad una prospettiva spirituale ed etica che superi gli atteggiamenti e gli stili di vita egoistici che portano all'esaurimento delle risorse naturali.

In quanto dono di Dio, l'acqua è elemento vitale, imprescindibile per la sopravvivenza e, pertanto, un diritto di tutti. Occorre fare attenzione ai problemi che derivano dalla sua evidente scarsità in molte parti del mondo, e non solo in Brasile. L'acqua non è una risorsa illimitata. Il suo uso razionale e solidale esige la collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà con le istanze di governo, per conseguire una protezione efficace dell'ambiente, considerato come dono di Dio (cfr Esortazione Apostolica Ecclesia in America, n. 25). È una questione che, pertanto, deve essere inquadrata in modo da stabilire criteri morali basati proprio sul valore della vita e sul rispetto dei diritti e della dignità di tutti gli esseri umani.

Nel dare inizio alla Campagna della Fraternità del 2004, rinnovo la speranza che le diverse istanze della società civile, alle quali si uniscono la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile e le altre Chiese, come pure le organizzazioni religiose e non, possano garantire che l'acqua rimanga, di fatto, fonte abbondante di vita per tutti.

44 Con questi auspici, invoco la protezione del Signore, datore di tutti i beni, affinché la sua mano benefica si estenda sui campi, sui laghi e sui fiumi di codesta Terra di Santa Cruz, effondendo in abbondanza i suoi doni di pace e di prosperità e che, con la sua grazia, risvegli in ogni cuore sentimenti di fratellanza e di viva cooperazione. Con una speciale Benedizione Apostolica.

Vaticano, 19 gennaio 2004.


GIOVANNI PAOLO II



INCONTRO CON I PARROCI E IL CLERO DELLA DIOCESI DI ROMA

Giovedì, 26 febbraio 2004

Signor Cardinale,

Venerati Fratelli nell’Episcopato,
carissimi Sacerdoti romani!

1. Sono lieto di questo incontro, che ha luogo ancora una volta all’inizio della Quaresima, dandomi modo di vedervi, di ascoltarvi, di condividere le vostre speranze e preoccupazioni pastorali. Porgo un saluto affettuoso a ciascuno di voi, ringraziandovi per il vostro servizio alla Chiesa di Roma. Saluto e ringrazio il Cardinale Vicario, il Vicegerente, i Vescovi Ausiliari e coloro tra voi che mi hanno rivolto la parola.

Ci ritroviamo quando stanno per riprendere i miei incontri con le parrocchie di Roma, nelle quali la maggior parte di voi svolge quotidianamente il suo ministero. Ho fortemente desiderato questo contatto diretto con le comunità parrocchiali che non avevo ancora potuto visitare, perché esso fa parte del mio compito di Vescovo di questa tanto amata Chiesa di Roma.

2. Le parole del Cardinale Vicario e poi i vostri interventi hanno messo in luce i vari aspetti del programma pastorale incentrato sulla famiglia, nel quale la nostra Diocesi è impegnata in questo e nel prossimo anno nel quadro di quella “missione permanente” che, dopo il grande Giubileo e dopo l’esperienza positiva della “missione cittadina”, costituisce la linea portante della nostra pastorale.

Cari Sacerdoti, mettere la famiglia al centro, o meglio, riconoscere la centralità della famiglia nel disegno di Dio sull’uomo e quindi nella vita della Chiesa e della società, è un compito irrinunciabile, che ha animato questi miei venticinque anni di Pontificato, e già prima il mio ministero di Sacerdote e di Vescovo e anche il mio impegno di studioso e di Docente universitario.

Sono dunque profondamente lieto di condividere con voi, in questa felice occasione, la sollecitudine per le famiglie della nostra cara Diocesi di Roma.

45 3. Il nostro servizio alle famiglie, per essere autentico e fruttuoso, deve sempre essere ricondotto alla sorgente, cioè al Dio che è amore e che vive in se stesso un mistero di comunione personale d’amore. Creando per amore l’umanità a sua immagine, Dio ha iscritto nell’uomo e nella donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione. Questa vocazione può realizzarsi in due modi specifici: il matrimonio e la verginità. Entrambi sono pertanto, ciascuno nella sua forma propria, una concretizzazione della verità più profonda dell’uomo, del suo essere a immagine di Dio (cfr Esort. ap. Familiaris consortio, 11).

Il matrimonio e la famiglia non possono dunque essere considerati un semplice prodotto delle circostanze storiche, o una sovrastruttura imposta dall’esterno all’amore umano. Al contrario, essi sono un’esigenza interiore di questo amore, affinché esso possa realizzarsi nella sua verità e nella sua pienezza di reciproca donazione. Anche quelle caratteristiche dell’unione coniugale che oggi sono spesso misconosciute e rifiutate, come la sua unità, indissolubilità e apertura alla vita, sono invece richieste perché sia autentico il patto di amore. E proprio così il vincolo che unisce l’uomo e la donna diventa immagine e simbolo dell’alleanza fra Dio e il suo popolo, che trova in Gesù Cristo il suo compimento definitivo. Perciò tra i battezzati il matrimonio è sacramento, segno efficace di grazia e di salvezza.

4. Carissimi Sacerdoti di Roma, non stanchiamoci mai di proporre, annunciare e testimoniare questa grande verità dell’amore e del matrimonio cristiano. La nostra vocazione, certamente, non è quella del matrimonio, ma del sacerdozio e della verginità per il regno di Dio. Ma proprio nella verginità, accolta e conservata con gioia, siamo chiamati a vivere a nostra volta, in maniera diversa ma ugualmente piena, la verità dell’amore, donandoci integralmente, con Cristo, a Dio, alla Chiesa, ai fratelli in umanità.

Così la nostra verginità “tiene viva nella Chiesa la coscienza del mistero del matrimonio e lo difende da ogni riduzione e da ogni impoverimento” (Familiaris consortio
FC 16).

5. Ho tante volte sottolineato il ruolo fondamentale e insostituibile che compete alla famiglia sia nella vita della Chiesa che in quella della società civile. Ma proprio per sostenere le famiglie cristiane nei loro impegnativi compiti è necessaria la sollecitudine pastorale di noi sacerdoti.

Perciò, nell’Esortazione Apostolica Familiaris consortio ho ricordato che il Vescovo è “il primo responsabile della pastorale familiare della Diocesi” (n. 73). Analogamente, cari sacerdoti, la vostra responsabilità nei confronti delle famiglie “si estende non solo ai problemi morali e liturgici, ma anche a quelli di carattere personale e sociale” (ibid.). Voi siete chiamati, in particolare, a “sostenere la famiglia nelle sue difficoltà e sofferenze” (ibid.), affiancandovi ai suoi membri e aiutandoli a vivere la loro vita di sposi, di genitori e di figli alla luce del Vangelo.

6. Nell’adempimento di questa grande missione molti di noi potranno ricavare un forte aiuto dall’esperienza vissuta nella propria famiglia di origine, dalla testimonianza di fede e di fiducia in Dio, di amore e di dedizione, di capacità di sacrificio e di perdono ricevuta dai propri genitori e congiunti. Ma lo stesso contatto quotidiano con le famiglie cristiane affidate al nostro ministero offre a noi esempi sempre rinnovati di vita secondo il Vangelo e così ci stimola e ci conforta a vivere a nostra volta con fedeltà e con gioia la nostra specifica vocazione.

Perciò, carissimi Sacerdoti, dobbiamo considerare il nostro apostolato con le famiglie come una fonte di grazia, un dono che il Signore ci fa, prima ancora che come un preciso dovere pastorale.

Non abbiate dunque paura di spendervi per le famiglie, di dedicare a loro il vostro tempo e le vostre energie, i talenti spirituali che il Signore vi ha dato. Siate per loro amici premurosi e affidabili, oltre che pastori e maestri. Accompagnatele e sostenetele nella preghiera, proponete loro con verità e con amore, senza riserve o interpretazioni arbitrarie, il Vangelo del matrimonio e della famiglia. Siate vicini a loro spiritualmente nelle prove che la vita spesso riserva, aiutandole a comprendere che la Chiesa è sempre per loro madre, oltre che maestra. E ancora educate i giovani a capire e ad apprezzare il vero significato dell’amore e a prepararsi così a formare famiglie cristiane autentiche.

7. I comportamenti sbagliati e non di rado aberranti che vengono pubblicamente proposti, e anche ostentati ed esaltati, e lo stesso contatto quotidiano con le difficoltà e le crisi che molte famiglie attraversano, possono far sorgere anche in noi la tentazione della sfiducia e della rassegnazione.

Carissimi Sacerdoti di Roma, proprio questa tentazione con l’aiuto di Dio dobbiamo sconfiggere, anzitutto dentro di noi, nel nostro cuore e nella nostra intelligenza. Non è cambiato infatti il disegno di Dio, che ha iscritto nell’uomo e nella donna la vocazione all’amore e alla famiglia. Non è meno forte oggi l’azione dello Spirito Santo, dono di Cristo morto e risorto. E nessun errore e nessun peccato, nessuna ideologia e nessun inganno umano possono sopprimere la struttura profonda del nostro essere, che ha bisogno di essere amato ed è a sua volta capace di amore autentico.

46 Perciò, quanto più grandi sono le difficoltà, tanto più è forte la nostra fiducia nel presente e nel futuro della famiglia e tanto più generoso e appassionato deve essere il nostro servizio di Sacerdoti alle famiglie.

Carissimi Sacerdoti, grazie di questo incontro. Con questa fiducia e con questi auspici affido alla Santa Famiglia di Nazaret ciascuno di voi e ogni famiglia di Roma e benedico di cuore voi e le vostre comunità.

Parole pronunciate dal Papa al termine dell'incontro con i Parroci di Roma:

"Est tempus concludendi", specialmente guardando a quei nostri fratelli che per tutto il tempo sono rimasti in piedi perché mancava per loro una sedia, una sedia di più: siamo numerosi.

Vorrei ringraziare il Cardinale Vicario e il Collegio episcopale di Roma per la preparazione di questo incontro. Vorrei adesso un po' sintetizzare.

In primo luogo, Roma: cosa vuol dire Roma? Città petrina. E ogni parrocchia è petrina. Sono 340 le parrocchie di Roma. 300 le ho già visitate. Ne mancano 40. Ma cominceremo già questo sabato a completare il numero delle visite. Speriamo che tutto vada bene.

Poi, Roma non è soltanto parrocchie: è Seminari, Università, Istituzioni diverse. Di tutte queste istituzioni si è parlato anche, direttamente o indirettamente, in questo nostro incontro.

Il tema è la famiglia. Famiglia vuol dire: "maschio e femmina li creò". Vuol dire: amore e responsabilità. Da queste due parole scaturiscono tutte le conseguenze. Si è sentito molto parlare di queste conseguenze a proposito del matrimonio, della famiglia, dei genitori, dei figli, della scuola.

Sono molto grato a tutti voi perché avete illustrato queste conseguenze, queste realtà. Certamente questa preoccupazione appartiene alla parrocchia. Ho imparato da tempo, da quando ero a Cracovia, a vivere accanto alle coppie, alle famiglie. Ho anche seguito da vicino il cammino che conduce due persone, un uomo e una donna, a creare una famiglia e, con il matrimonio, a divenire sposi, genitori, con tutte le conseguenze che conosciamo.

Grazie a voi perché la vostra sollecitudine pastorale va verso le famiglie e perché cercate di risolvere tutti quei problemi che la famiglia può portare con sé. Vi auguro una buona continuazione in questo campo importantissimo, perché attraverso la famiglia passano il futuro della Chiesa e il futuro del mondo. Vi auguro di preparare questo futuro buono per Roma, per la vostra Patria, l'Italia, e per il mondo. Tanti auguri!

Qui c'è il testo che avevo preparato, ma l'ho scavalcato! Lo troverete su "L'Osservatore Romano".

47 Qui sono scritte alcune frasi in romanesco: "Dàmose da fà!", "Volèmose bene!", "Semo romani!". Non ho imparato il romanesco: vuol dire che non sono un buon Vescovo di Roma?


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Venerdì 27 febbraio 2004




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È con gioia che accolgo voi, Pastori della Provincia di Besançon, come pure l'Arcivescovo e il Vescovo ausiliare di Strasbourg. Il mio pensiero e la mia preghiera raggiungono e accompagnano Monsignor Pierre Raffin, Vescovo di Metz, che non ha potuto partecipare alla visita ad limina. Ringrazio Monsignor André Lacrampe per le sue riflessioni sulle sfide e le speranze della società e della vita pastorale delle vostre Diocesi, e sulle prospettive europee, che vi stanno a cuore per il fatto stesso della vostra collocazione geografica ai confini di diversi Paesi.

2. Sono particolarmente sensibile al fatto che, menzionando il Consiglio d'Europa, evochiate il ricordo di Monsignor Michael Courtney, Nunzio Apostolico in Burundi, assassinato lo scorso mese di dicembre. Inviato a Strasburgo come Osservatore permanente della Santa Sede, egli è stato artefice convinto della cooperazione degli Stati del continente europeo. Invito oggi le Chiese locali ad impegnarsi con fermezza sempre maggiore a favore dell'integrazione europea. Per giungere a questo risultato, è importante rileggere la storia e ricordare che, nel corso dei secoli, i valori antropologici, morali e spirituali cristiani hanno largamente contribuito a modellare le diverse nazioni europee e a tessere i legami profondi tra loro. Le numerose e belle chiese che si elevano nel continente, segni della fede dei nostri antenati, lo testimoniano in maniera evidente e ci ricordano che tali valori sono stati, e sono tuttora, il fondamento e il cemento dei rapporti tra le persone e tra i popoli; l'unione, pertanto, non può realizzarsi a detrimento di questi stessi valori o in opposizione ad essi. In effetti, i rapporti tra i diversi Paesi non possono fondarsi unicamente sugli interessi economici o politici - i dibattiti intorno alla globalizzazione lo mostrano chiaramente -, oppure su delle alleanze di convenienza, che renderebbero fragile l'allargamento che si sta realizzando, e che potrebbero condurre a un ritorno delle ideologie del passato, le quali hanno offeso l'uomo e l'umanità. Questi vincoli devono avere come fine quello di costituire un'Europa dei popoli, consentendo così di superare in modo definitivo e radicale i conflitti che hanno insanguinato il continente durante tutto il XX secolo. È a questo prezzo che nascerà un'Europa la cui identità sarà fondata su una comunità di valori, un'Europa della fratellanza e della solidarietà, la sola che possa tenere conto delle differenze, poiché ha come prospettiva la promozione dell'uomo, il rispetto dei suoi diritti inalienabili e la ricerca del bene comune, per la felicità e la prosperità di tutti. Attraverso la sua presenza plurisecolare nei diversi Paesi del continente, attraverso il suo apporto all'unità tra i popoli e tra le culture e alla vita sociale, soprattutto negli ambiti educativo, caritativo, sanitario e sociale, la Chiesa desidera contribuire sempre più all'unità del continente (cfr Ecclesia in Europa, n. 113). Ciò che si ricerca prima di ogni altra cosa, come ho ricordato nella mia allocuzione alla Presidenza del Parlamento Europeo (5 aprile 1979), è il servizio dell'uomo e dei popoli, nel rispetto delle credenze e delle profonde aspirazioni.

3. Nel corso dell'ultima Assemblea della vostra Conferenza Episcopale avete affrontato la questione del posto della Chiesa nella società, nella prospettiva della ricerca di un "vivere meglio insieme". È una caratteristica dei discepoli di Cristo quella di voler partecipare attivamente alla vita pubblica, in modo individuale o in seno ad associazioni, a tutti i livelli della società, al fine di essere al servizio dei loro fratelli e delle loro sorelle. In virtù della sua visione e del suo amore dell'uomo, la Chiesa non può disinteressarsi della vita di ciascuno e considera il mondo come luogo stesso della propria presenza e della propria azione.

Non potrò mai incoraggiare abbastanza i Pastori a essere attenti alla formazione integrale dei giovani, soprattutto di quelli che un domani saranno i responsabili e i dirigenti della nazione, affinché, ovunque lavorino o siano impegnati, possiedano gli elementi fondamentali per riflettere sulle situazioni umane e sociali, rimanendo attenti alle persone al fine di basare le loro decisioni su criteri morali; la Chiesa desidera dare loro la luce del Vangelo e del suo Magistero. Le Università cattoliche hanno, in questo ambito, una missione specifica di riflessione con l'insieme degli interlocutori sociali, al fine di aiutarli ad analizzare le situazioni particolari e a considerare come porre sempre l'uomo al centro delle decisioni. Un tale cammino non si rivolge solo ai fedeli cattolici, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà che desiderano riflettere nella verità sul futuro dell'umanità. A questo proposito desidero salutare il lavoro delle Settimane sociali di Francia, istituzione alla quale siete molto legati e che si appresta a celebrare il suo centenario. Nel corso degli incontri annuali che riuniscono un numero sempre maggiore di persone, segno che le sue ricerche rispondono a un'attesa autentica, i partecipanti hanno la possibilità di interrogarsi sulle questioni sociali, con le quali il nostro mondo si deve confrontare, alla luce del Vangelo e della Dottrina sociale della Chiesa, che pertanto non cessa di arricchirsi dall'Enciclica Rerum novarum del mio predecessore Leone XIII. Mi compiaccio dei vincoli che le Settimane sociali promuovono e sviluppano in Europa, creando in tal modo nel continente un movimento di riflessione sulle questioni sempre più complesse del mondo attuale, e unendo gli uomini nell'elaborazione dei fondamenti della società di domani.

Attraverso una tale partecipazione alla vita sociale in tutte le sue forme, primo ambito del loro apostolato, i cristiani realizzano veramente la loro vocazione e la loro missione, secondo lo spirito del Concilio Vaticano II. Annunciando Cristo, essi sono anche portatori di una nuova speranza per la società; attraverso "un approfondimento delle leggi che regolano la vita sociale" (Gaudium et spes GS 23), invitano a una trasformazione profonda della società. Oltre il diritto e il dovere di annunciare il Vangelo a tutte le nazioni, la Chiesa autorizza se stessa anche a "pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà umana, in quanto lo esigono i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime" (CIC 747). Nella vita politica, nell'economia, nei luoghi di lavoro e in famiglia spetta ai fedeli rendere presente Cristo e far risplendere i valori evangelici, che manifestano con uno splendore particolare la dignità dell'uomo e il suo posto centrale nell'universo, ricordando così il primato di ciò che è umano su qualsiasi interesse privato e sui meccanismi istituzionali.

4. La partecipazione dei cristiani alla vita pubblica, la presenza visibile della Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose, non mettono affatto in causa il principio della laicità, né le prerogative dello Stato. Come ho avuto modo di ricordare lo scorso gennaio in occasione dello scambio di auguri con il Corpo Diplomatico, una laicità ben compresa non deve essere confusa con il laicismo; tanto meno essa può cancellare le credenze personali e comunitarie. Cercare di sgombrare il campo sociale da questa dimensione importante della vita delle persone e dei popoli, come pure dai segni che la manifestano, sarebbe contrario a una libertà giustamente intesa. La libertà di culto non può essere concepita senza la libertà di praticare individualmente e collettivamente la propria religione, né senza la libertà della Chiesa. La religione non può essere relegata soltanto alla sfera del privato, con il rischio di negare tutto ciò che essa possiede di collettivo nella propria vita e nelle azioni sociali e caritative che compie in seno alla società verso tutte le persone, senza distinzione tra credenze filosofiche o religiose. Ogni cristiano, e ogni seguace di una religione, ha il diritto, nella misura in cui questo non mette in causa la sicurezza e la legittima autorità dello Stato, di essere rispettato nelle proprie convinzioni e nelle proprie pratiche, nel nome della libertà religiosa, che è uno degli aspetti fondamentali della libertà di coscienza (cfr Dichiarazione sulla libertà religiosa, n. 2-3).

5. È importante che i giovani possano comprendere la portata del cammino religioso nell'esistenza personale e nella vita sociale, che conoscano le tradizioni religiose che incontrano e che possano leggere con benevolenza i simboli religiosi e riconoscere le radici cristiane delle culture e della storia europee. Ciò porta a un riconoscimento rispettoso dell'altro e delle sue credenze, a un dialogo positivo, al superamento dei comunitarismi e a una migliore intesa sociale. Il vostro Paese conta una forte presenza di musulmani con i quali, tramite i responsabili o le comunità locali, vi impegnate a intrattenere buoni rapporti e a promuovere il dialogo interreligioso, che è, come ho avuto occasione di dire, un dialogo della vita. Un tale dialogo deve anche ravvivare nei cristiani la consapevolezza della loro fede e il loro affetto per la Chiesa, poiché ogni forma di relativismo non può che nuocere gravemente ai rapporti tra le religioni.

Spetta a voi perseguire e intensificare, in alcuni casi forse in modo più istituzionale, i rapporti con l'Autorità civile e con le diverse categorie di eletti nel vostro Paese, nei Parlamenti nazionale ed europeo, soprattutto con i parlamentari cattolici, e con le Istituzioni internazionali. Mi compiaccio delle nuove forme di dialogo recentemente istituite tra la Santa Sede e i Responsabili della Nazione per regolare le questioni in sospeso. Per la missione a lui propria, a nome della Santa Sede, il Nunzio Apostolico è chiamato a parteciparvi attivamente e a seguire con attenzione la vita della Chiesa e la sua situazione nella società.


GP2 Discorsi 2004 40