GP2 Discorsi 2004 94


ALLE NUOVE RECLUTE


DELLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA


Giovedì, 6 maggio 2004




Gentile Signor Colonnello,
Stimato Signor Cappellano,
Mie care Guardie,
95 Cari Familiari e Amici
della Guardia Svizzera,

1. Ancora una volta, il giuramento delle reclute della Guardia Svizzera rappresenta per me una gradita occasione per dare il benvenuto a tutti voi nel Palazzo Apostolico. In modo particolare saluto le nuove Guardie, come pure i loro genitori, i familiari e gli amici, che desiderano condividere questo momento significativo nella vita dei giovani uomini. Care Guardie, la vostra disponibilità al servizio e il vostro impegno testimoniano in modo eloquente la vostra fedeltà al Successore di Pietro, la vostra fede profonda, nonché le nobili virtù che sono vive nella vostra amata patria svizzera. Siate certi della grande stima che nutro per il servizio, talvolta molto esigente, che svolgete qui in Vaticano, con il forte e prezioso impegno della vostra persona. Anche le molte persone che ogni anno visitano San Pietro e la Città del Vaticano sono impressionate dal vostro servizio disinteressato. Per tali ragioni, questo incontro con voi e con i vostri stimati familiari mi colma di gioia sincera.

2. La vostra missione di servizio al Papa e alla Chiesa, care nuove reclute della Guardia Svizzera, s'iscrive nella sequela del vostro Battesimo. Nel posto che vi è proprio, dovete testimoniare la vostra fede in Cristo, morto e risorto; ogni momento importante della nostra esistenza - e questo giorno per voi è tale - rappresenta un'occasione per scoprire più profondamente la verità di Cristo, per credere in lui e per vivere l'amore fraterno che egli ci ha rivelato e insegnato. Che i volti di quanti incontrerete nel vostro umile servizio, i membri della Curia, come pure i pellegrini di ogni giorno, siano altrettante chiamate ad accogliere il significato autentico della nostra vita: scoprire e fare conoscere l'amore di Dio per ognuno!

Ringrazio in modo particolare le vostre famiglie, che vi hanno accompagnato. Esse hanno accettato che veniste a Roma per vivere questo servizio e vi sostengono con il loro affetto e le loro preghiere.

Il giuramento che pronuncerete, cari giovani, prolunga e onora la memoria dei vostri predecessori che, il 6 maggio 1527, hanno dato la loro vita per proteggere Papa Clemente VII. Il Papa lo sa bene e vi assicura oggi della sua profonda gratitudine.

4. Per l'intercessione della Beata Vergine e Madre di Dio Maria e dei vostri Patroni, i santi Martino e Sebastiano, nonché del Santo Protettore della vostra patria, Fratel Klaus di Flüe, di cuore imparto a voi, alle vostre famiglie e ai vostri amici, come a tutti coloro che sono venuti a Roma in occasione del giuramento, la Benedizione Apostolica.




A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR GRYGORII FOKOVYCH KHORUZHYI,


NUOVO AMBASCIATORE DI UCRAINA PRESSO LA SANTA SEDE


Venerdì, 7 maggio 2004




Signor Ambasciatore!

1. Accolgo ben volentieri le Lettere che La accreditano quale nuovo rappresentante dell’Ucraina presso la Santa Sede. In questa felice circostanza, sono lieto di porgerLe il mio saluto e di manifestarLe il più cordiale benvenuto.

Ho apprezzato le gentili parole che Ella mi ha testé rivolto e Le chiedo di rendersi interprete presso il Signor Leonid Danilovic Kucma, Presidente dell’Ucraina, della mia gratitudine per il saluto speciale che egli ha voluto inviarmi per il Suo tramite. Ne ricambio volentieri i sentimenti con gli auguri per l’alto compito di Primo Cittadino dell’amata Nazione ucraina, alla quale desidero far giungere il mio affettuoso e beneaugurante pensiero.

96 2. A ragione il Popolo ucraino, per le tradizioni e per la cultura che lo caratterizzano, si sente parte dell’Europa e desidera tessere un rapporto più intenso con le altre Nazioni del Continente, conservando le caratteristiche politiche e culturali che lo contraddistinguono.

La Santa Sede ritiene che tali legittime aspirazioni meritino di essere attentamente considerate, perché utili per il progetto della collaborazione europea. Posta a crocevia dell’Oriente e dell’Occidente, l’Ucraina potrà meglio assolvere alla sua missione di incontro fra popoli e culture differenti, se manterrà intatta la propria peculiare fisionomia. Continuando ad operare alacremente in campo spirituale e sociale, politico ed economico, potrà divenire un significativo laboratorio di dialogo, di sviluppo e di cooperazione con e per tutti.

Ma per raggiungere tale obiettivo, occorre che tutti i figli della Terra ucraina, ognuno secondo la propria responsabilità e competenza, si dedichino con lungimirante generosità a perseguire il bene comune. Ciò esige che i rappresentanti del popolo, i pubblici amministratori, gli uomini di cultura e gli operatori economici sappiano mettere, in modo disinteressato, al servizio dell’autentico progresso della patria le proprie capacità, riservando speciale attenzione ai poveri, ai giovani in cerca di lavoro, ai bambini, anche a quelli che sono in gestazione nel seno materno.

La Chiesa cattolica, per quanto è nelle sue possibilità e nel pieno rispetto della legittima sfera d’azione delle autorità civili, non mancherà di contribuire alla costruzione di una Nazione prospera e pacifica.

3. Signor Ambasciatore, accogliendoLa quest’oggi, vado con la mente alla visita che la Provvidenza mi ha concesso di compiere tre anni orsono in Ucraina, terra di incontro fra popoli diversi per culture e tradizioni. Come dimenticare Kyiv, le sue cupole d’oro, i suoi splendidi giardini, la sua gente industriosa e aperta, e Lviv, città dagli insigni monumenti così ricchi di memorie cristiane, intrisa di genuina e gentile ospitalità?

Da quando, oltre mille anni or sono, sulle rive del Dnipro il lavacro del Battesimo ha innestato i popoli dell’Ucraina nella grande famiglia dei discepoli di Cristo, quella Terra ha conosciuto un marcato sviluppo della propria identità culturale e spirituale. Il Vangelo ne ha plasmato la vita, la cultura e le istituzioni, per cui oggi è grande la responsabilità dell’Ucraina nel comprendere, difendere e promuovere la propria eredità cristiana, tratto distintivo della Nazione, non intaccato in profondità neppure dalla funesta dittatura del comunismo.

La Chiesa ben volentieri intende sostenere tale identità. Come Ella ha opportunamente ricordato, il Governo persegue una politica di libertà religiosa, rendendo possibile l’espletamento della loro missione alle Comunità ecclesiali. In tale contesto di buona volontà, è auspicabile che si arrivi presto a una definizione giuridica delle Chiese, su un piano di effettiva parità fra tutte, e si trovino, al tempo stesso, onorevoli intese sull’insegnamento religioso, sul riconoscimento statale della teologia come disciplina universitaria. L’auspicio è inoltre che vengano stipulati accordi soddisfacenti nel più delicato ambito della restituzione dei beni ecclesiastici confiscati durante la dittatura comunista.

4. Quando penso alla situazione religiosa del caro Popolo ucraino, non posso non considerare che i discepoli di Cristo si presentano purtroppo ancora divisi e ciò è percepito con un certo rammarico dall’insieme della Comunità ucraina. Il dialogo ecumenico è però in corso ed impegna a intese sempre più strette nel rispetto reciproco e nella ricerca costante dell’unità voluta da Cristo. Che questo dialogo sincero e lungimirante prosegua e anzi si intensifichi grazie al contributo di tutti!

Quanto alla Chiesa cattolica in Ucraina, dall’indipendenza del Paese ad oggi essa ha conosciuto una promettente primavera di speranza e, in ogni sua componente, è animata dall’anelito di pervenire alla piena unità con tutti i cristiani.

Signor Ambasciatore, nel momento in cui Ella si accinge ad assumere il Suo alto compito, mi è gradito di confermarLe che qui in Vaticano, presso i miei collaboratori, potrà sempre trovare menti e cuori disposti ad assicurarLe ogni assistenza e supporto, perché possa svolgere al meglio la missione che Le è stata affidata. Da parte mia, mentre auspico di cuore che si rafforzino sempre più, anche grazie al Suo personale contributo, i già saldi vincoli che uniscono il Paese che Ella rappresenta e la Santa Sede, invoco su di Lei, sulle Autorità governative e sull’intero Popolo ucraino, a me particolarmente caro, abbondanti benedizioni divine.


AI MEMBRI DELLA PAPAL FOUNDATION


Venerdì, 7 maggio 2004




Eminenze,
Eccellenze,
97 Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

Sono lieto di salutarvi, membri della Papal Foundation, in occasione della vostra visita annuale a Roma, e vi porgo il benvenuto con le parole che il nostro Salvatore ha rivolto ai discepoli dopo la sua risurrezione dai morti: "Pace a voi!" (
Jn 20,19).

Sono molto grato a tutti voi per il vostro sostegno costante al mio ministero pastorale per la Chiesa universale. In effetti, la vostra dedizione alla Papal Foundation, attraverso il dono generoso del vostro tempo, dei vostri talenti e della vostra ricchezza, è un esempio concreto del vostro amore e del vostro impegno per la Chiesa e per il Successore di Pietro.

Mentre ritornate nel vostro Paese, affido tutti voi alla protezione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, e imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica a voi e alle vostre famiglie, come pegno di gioia e di pace nel Signore Risorto.


AGLI AMBASCIATORI DI DIVERSI PAESI


ACCREDITATI PRESSO L’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE


PER L’EDUCAZIONE, LA SCIENZA E LA CULTURA (U.N.E.S.C.O.)


Sabato, 8 maggio 2004




Signor Presidente,
Eccellenze!

1. Con affetto saluto voi, Ambasciatori dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, mentre venite in Vaticano, e ringrazio lei, Ambasciatore Omolewa, per i gentili sentimenti espressi. Auspico che la vostra visita alla Città Eterna vi arricchisca e vi rinnovi nei vostri sforzi di tutelare e promuovere un progresso educativo, scientifico e culturale autentico.

L'avanzamento della società umana è direttamente collegato al progresso della cultura. In effetti, la cultura è un modo specifico di "vivere" e di "essere" per gli uomini, e al contempo forma un vincolo che determina il carattere unico dell'esistenza sociale dell'uomo. Gli uomini, infatti, vivono una vita umana autentica grazie alla cultura, che trova una sua espressione importante nelle arti e nelle scienze.

2. La Chiesa è sempre stata amica delle arti e delle scienze. In verità, il patrimonio artistico mondiale è un tesoro di creatività umana; dà una testimonianza eloquente dell'intelligenza dell'umanità, che partecipa al lavoro del divino Creatore. La Chiesa si è sempre rivolta alle belle arti affinché l'aiutassero a celebrare il dono della vita e, in modo del tutto particolare, i suoi riti sacri, in modo veramente degno, giusto e bello.

Così facendo, ha aiutato a sviluppare un patrimonio incomparabile di musica, arte e letteratura, che rappresenta un contributo significativo al progresso della cultura. Inoltre, la Chiesa ha incoraggiato lo sviluppo delle scienze, soprattutto nella sua promozione della dignità e del valore della vita umana.

98 3. Questo impegno si è espresso concretamente attraverso la creazione di numerose istituzioni come la Pontificia Accademia delle Scienze, che ha recentemente celebrato il suo quarto centenario, la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e la Pontificia Accademia per la Vita.

Purtroppo, in questi tempi difficili, vediamo spesso il nostro progresso minacciato dai mali della guerra, della povertà, del razzismo e dello sfruttamento degli altri. Queste influenze nefaste non solo gravano sulla nostra esistenza umana, ma ostacolano anche la nostra capacità di costruire un mondo migliore.

4. Prego affinché le organizzazioni come l'UNESCO continuino a essere un elemento fondamentale nella costruzione di una cultura autentica fondata sulla pace, sulla giustizia e sull'equità.

Esprimendovi i miei migliori auguri per il proseguimento della vostra missione, invoco su di voi e su tutti i vostri colleghi l'abbondanza delle Benedizioni divine.


DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA GENERALE

DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE


Martedì, 11 maggio 2004




Signor Cardinale,
cari Fratelli nell’Episcopato,
cari Direttori Nazionali delle Pontificie Opere Missionarie!

l. E' con particolare piacere che porgo a tutti voi il mio “benvenuto” nella casa di Pietro, qui in Vaticano, dopo un altro anno di servizio missionario svolto nelle vostre Chiese sparse in tutto il mondo. Sono ben lieto di incontrarvi, perché voi siete, in modo particolare, gli “operatori instancabili della misericordia di Dio e della sua pace” (Catechesi, giovedì 14 aprile 2004).

Saluto cordialmente e ringrazio il Cardinale Crescenzio Sepe, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, per le parole rivoltemi a nome di tutti voi.

2. Cari Fratelli, nei tempi tumultuosi che l'umanità sta vivendo, le Pontificie Opere Missionarie, che sono al servizio delle Chiese nel mondo, rappresentano un riferimento sicuro per quanti sono alla ricerca della verità che salva. A questi, infatti, voi, annunciando Cristo, indicate la Via per la quale arrivare alla salvezza.

99 E' un messaggio di amore e di speranza quello che voi offrite. Con l’animazione missionaria che voi realizzate in adempimento dell’ordine di Cristo, Salvatore di tutti gli uomini, voi collaborate a portare la “Buona Novella” fino ai confini del mondo. Cristo infatti, il Vivente, continua ad offrire a tutti, senza distinzione, il suo messaggio di salvezza.

3. La speranza, di cui siete araldi, è quella che nasce dalla morte e risurrezione di Cristo. Per questo voi dovete avere una speciale considerazione per quei popoli del mondo dove il dolore è più grande e la necessità più acuta: le popolazioni del cosiddetto Terzo Mondo. Il vostro impegno è al fianco dei missionari del Vangelo, che predicano la solidarietà e l'amore e si sacrificano per la pace, giungendo a volte fino al dono della vita per “l'amore di Cristo che li spinge” (
2Co 5,14).

Voi siete dunque i Cirenei che aiutano il Salvatore a portare la sua Croce in ogni persona che soffre e che muore. Voi siete, a tutti gli effetti, autentici missionari in un mondo ormai globalizzato, in cui la sofferenza per la Verità e la Giustizia oltrepassa ogni confine nazionale.

Quando vi angustiate per le sofferenze di altri popoli e operate per alleviare il loro grande bisogno di soccorso, voi state pure operando per aiutare i vostri stessi popoli ad uscire dalle strettezze dell'egoismo, dal soffocamento dell'abbondanza e dalla vacuità e comportamenti, alle volte indegni di esseri umani. Non si tratta semplicemente, come scriveva il mio venerato Predecessore Papa Pio XII, di fare elemosine, ma di adempiere ad un dovere insito nella nostra identità cristiana, quello di aiutare chi è nel bisogno.

Siate, quindi, annunciatori della Risurrezione e della Vita, come lo furono i vostri Fondatori e Fondatrici. A voi compete di annunziare, assieme a tutta la Chiesa, il Cristo risorto. Con l’apostolo Giovanni, anche voi potete dire: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della Vita”, questo vi annunciamo (1Jn 1,1). Infatti, quando con fede sincera meditate le parole di Cristo e operate nel suo spirito, voi sapete che si applicano a voi le sue parole: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Mt 25,40).

4. Mi è di conforto sapere che state provvedendo all’aggiornamento dei vostri Statuti. Questo manifesta la volontà di continuare a compiere la vostra missione di “misericordia e di pace” sempre più e sempre meglio. Che lo Spirito del Signore risorto vi mostri, come agli Apostoli, la sua volontà nella scelta di nuove vie di cooperazione alla missione per portare Verità, Giustizia e Pace secondo il Vangelo a tutti gli uomini del nostro tempo.

Scopo dell'Assemblea Generale del vostro Consiglio Superiore altro non è se non la ricerca delle vie del Signore per una rinnovata missione nel mondo in continuo mutamento. Vi muove l'ansia di portare amore e misericordia a tutte le persone che ci sono fratelli e sorelle nell'unica famiglia umana. Vi esorto, perciò, a collaborare, come già state facendo, con la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, per una continua ricerca di “nuove vie” per il Vangelo. L'animazione e la cooperazione missionaria sono, in definitiva, la ragione d’essere della vostra esistenza e l'unico scopo della vostra infaticabile “preoccupazione per tutte le Chiese” (2Co 11,28), in vista della salvezza del mondo.

5. Con questa consapevolezza vi rivolgo il mio augurio più cordiale di un impegno sempre generoso, pur tra difficoltà di ogni genere. Sono certo che “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” sono anche vostre (cfr Gaudium et spes GS 1). Ciò infatti è conseguenza del vivere nell'amore “del Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione” (2Co 1,3-4).

Sia pegno di questa divina consolazione l’Apostolica Benedizione che vi imparto di tutto cuore.




AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE


DELLA SOCIETÀ DI SAN PAOLO


Giovedì, 13 maggio 2004




Carissimi Fratelli!

100 1. E’ trascorso ormai un anno dalla grande festa della beatificazione del Fondatore, Don Giacomo Alberione. Con gioia oggi accolgo voi, suoi figli spirituali, riuniti per il Capitolo Generale della Società San Paolo. Vi saluto e vi ringrazio per i cordiali sentimenti, di cui si è fatto cortese interprete il vostro nuovo Superiore Generale, don Silvio Sassi, a cui va il mio augurio di buon lavoro. Attraverso di voi, vorrei inviare il mio pensiero a tutti i vostri Confratelli sparsi in tante nazioni del mondo.

2. Significativo è il tema dell’Assemblea capitolare: “Essere San Paolo oggi vivente. Una Congregazione che si protende in avanti”. In queste parole c’è tutto Don Alberione: la sua venerazione per l’apostolo Paolo, il suo ottimismo evangelico, la sua “mistica dell’apostolato”, ispirata interamente dalla meditazione degli scritti paolini. Cinquant’anni or sono egli annotava: “La Famiglia Paolina dev’essere San Paolo oggi vivente, secondo la mente del Maestro divino; operante sotto lo sguardo e con la grazia di Maria Regina Apostolorum” (Bollettino “San Paolo”, luglio-agosto 1954). Da qui l’esigenza di imitarlo, come egli scriveva ai cristiani di Corinto: “Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo” (
1Co 11,1). Il tema che avete scelto vi invita, pertanto, a ripartire da Cristo e da san Paolo.

3. Ma come ciò può realizzarsi? E’ ancora il beato Alberione a indicarvelo: si tratta di conoscere meglio l’Apostolo, imitarne meglio le virtù, pregarlo, amarlo. Ogni nuova generazione di Paolini deve in un certo senso riscoprire san Paolo: “Conoscere l’Apostolus Christi, il Magister gentium, il Minister Ecclesiae, il Vas electionis, il Praedicator evangelii, il Martyr Christi”. Occorre impegnarsi ad imitare san Paolo con amore filiale, per essere “formati” da lui: “Ut nosmetipsos formam daremus vobis” (2Th 3,9), come ricordava l’Apostolo ai Tessalonicesi. Giustamente, osserva il vostro Fondatore, è necessario nutrire per lui una speciale confidenza nella preghiera, basata sulla consapevolezza di essergli figli: “I figli hanno la vita dal padre; vivere perciò in lui, da lui, per lui, per vivere Gesù Cristo” (Bollettino “San Paolo”, ottobre 1954).

4. Da questa fedeltà al carisma dipende il futuro della vostra Congregazione. Impegnatevi ad unire sempre, alla necessaria competenza professionale, una costante ricerca della santità. Siate anzitutto uomini di preghiera e gioiosi testimoni di una indefettibile fedeltà a Cristo. In cima a ogni progetto ci sia Lui, il divin Maestro, verso il quale deve convergere ogni azione apostolica e missionaria in un campo, quello delle comunicazioni sociali, assai importante per la nuova evangelizzazione. Con questo interiore orientamento, in piena fedeltà alla Chiesa e ai suoi Pastori, potrete compiere un approfondito lavoro di attualizzazione della preziosa eredità spirituale, dottrinale ed apostolica che il Fondatore vi ha lasciato.

5. Sollecitati dal suo esempio, domandatevi sempre: Che cosa farebbe san Paolo se si trovasse a vivere ai nostri tempi? E’ lo stesso Don Alberione a rispondervi: “Se San Paolo vivesse, continuerebbe ad ardere di quella duplice fiamma … lo zelo per Dio ed il suo Cristo, e per gli uomini d’ogni paese. E per farsi sentire salirebbe sui pulpiti più elevati e moltiplicherebbe la sua parola con i mezzi del progresso attuale: stampa, cinema, radio, televisione” (Bollettino “San Paolo”, ottobre 1954).

Ecco, carissimi, il vostro impegnativo programma apostolico. Se lo svolgerete con costante fedeltà allo spirito originario del vostro Istituto, offrirete un prezioso contributo alla missione della Chiesa nel terzo millennio.

Vi guidi e vi accompagni Maria Santissima, Regina degli Apostoli. Io vi assicuro un ricordo particolare nella preghiera e di cuore benedico voi e tutti i vostri Confratelli.


A S.E. IL SIGNOR ABDOULAYE WADE,


AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEL SENEGAL


Giovedì, 13 maggio 2004




Signor Presidente,

Sono lieto di accogliere Vostra Eccellenza e di rivolgere a Lei, come a tutta la delegazione che L'accompagna, un cordiale benvenuto.

Esprimo voti ferventi per la sua persona e per lo svolgimento della sua alta missione, serbando nella memoria il lieto ricordo della mia visita apostolica in Senegal. Chiedo all'Altissimo di sostenere gli sforzi di tutti coloro che sono impegnati nell'edificazione di una società costruita sulla giustizia e sulla pace, nel rispetto dei valori e delle tradizioni religiose proprie di ciascuno, rispetto che contribuisce all'unità nazionale, come pure al mantenimento della concordia e alla promozione della fratellanza tra tutti i membri della società.

Su Vostra Eccellenza, sulla sua famiglia, sul popolo del Senegal e su tutti i suoi dirigenti invoco l'abbondanza delle benedizioni dell'Onnipotente.


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA (REGIONE XI) IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"

Venerdì, 14 maggio 2004

101

Cari Fratelli Vescovi,


1. "Dio, ricco di misericordia, per il grande amore [...] ci ha fatto rivivere con Cristo" (
Ep 2,4-5). Con queste parole di San Paolo, vi porgo un cordiale benvenuto, Vescovi della Chiesa in California, nel Nevada e nelle Hawaii, in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum.Proseguendo la mia riflessione sul munus sanctificandi dei Vescovi, desidero soffermarmi sulla chiamata a una profonda conversione del cuore e della mente, fondamentale per il nuovo impeto nella vita cristiana al quale ho invitato l'intera Chiesa. Sono fiducioso che l'impegno per una purificazione permanente e per un profondo rinnovamento susciterà un apprezzamento più grande della missione di santificazione della Chiesa e renderà più audace la sua testimonianza profetica alla società americana e al mondo.

2. Ogni membro della Chiesa è un pellegrino sul cammino della santificazione personale. Attraverso il battesimo, il credente entra nella santità di Dio stesso, venendo incorporato in Cristo e reso dimora del suo Spirito. La santità, però, non è solo un dono. È anche un compito, intrinseco ed essenziale al discepolato, che modella tutta la vita cristiana (cfr Novo Millennio ineunte NM 30). Spinta dall'insegnamento esplicito del Signore - "questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione" (1Th 4,3) -, la comunità dei credenti giustamente cresce nella consapevolezza che è la santità ciò che meglio esprime il mistero della Chiesa (cfr Novo Millennio ineunte NM 7) e che suscita il desiderio di dare "una testimonianza splendida" (cfr Lumen gentium LG 39).

Come Vescovi, dovete essere in prima linea in questo viaggio spirituale di santificazione. Il vostro ministero episcopale di servizio ecclesiale, caratterizzato dalla vostra ricerca personale di santità e dalla vostra vocazione a santificare gli altri, è una partecipazione al ministero proprio di Gesù ed è volto all'edificazione della sua Chiesa. Esige un modello di vita che respinga in modo inequivocabile ogni tentazione all'ostentazione, al carrierismo o al ricorso a esempi di guida secolari, e che, invece, vi chieda di dare testimonianza alla kenosis di Cristo, nella carità pastorale, nell'umiltà e nella semplicità di vita (cfr Codice di Diritto Canonico, can. CIC 387; Ecclesia in America, n. ). Camminando alla presenza del Signore, crescerete in una santità vissuta con e per i vostri presbiteri e la vostra gente, suscitando in loro il desiderio di abbracciare gli alti valori della vita cristiana e guidandoli sulle orme di Cristo.

3. La credibilità della proclamazione della Chiesa della Buona Novella è strettamente collegata all'impegno dei suoi membri nella santificazione personale. La Chiesa ha sempre bisogno di purificazione e quindi deve seguire costantemente il cammino della penitenza e del rinnovamento (cfr Lumen gentium LG 8). La volontà del Padre che tutti i credenti siano santificati viene amplificata dall'esortazione fondamentale del Figlio: "convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15). Così come Pietro ha audacemente ripetuto questo imperativo nella Pentecoste (cfr Ac 2,38), anche voi avete il compito di annunciare una chiamata kerigmatica alla conversione e alla penitenza, proclamando l'infinita misericordia di Dio e invitando tutti a sperimentare la chiamata alla riconciliazione e alla speranza che è centrale al Vangelo (cfr Pastores gregis, n. 39).

Il coraggio di far fronte alla crisi della perdita del senso del peccato, dalla quale ho messo in guardia l'intera Chiesa all'inizio del mio Pontificato (cfr Reconciliatio et paenitentia RP 18), va affrontato oggi con particolare urgenza.Mentre gli effetti del peccato abbondano - avidità, disonestà e corruzione, rapporti spezzati e sfruttamento di persone, pornografia e violenza - il riconoscimento della peccaminosità personale è svanito. Al suo posto è sorta una preoccupante cultura dell'accusa e della litigiosità, che parla più di vendetta che di giustizia e non riconosce che in ogni uomo e donna vi è una ferita che, alla luce della fede, chiamiamo peccato originale (cfr Ibidem, n. 2).

San Giovanni ci dice: "Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi" (1Jn 1,8). Il peccato è una parte integrante della verità sulla persona umana. Riconoscere se stesso come peccatore è il primo e fondamentale passo per ritornare all'amore salvifico di Dio. Data questa realtà, il dovere del Vescovo di indicare la dolorosa e distruttiva presenza del peccato, sia negli individui sia nelle comunità, è, in effetti, un servizio di speranza. Lungi dall'essere qualcosa di negativo, incoraggia i credenti ad abbandonare il male e ad abbracciare la perfezione dell'amore e la pienezza della vita cristiana. Annunciamo con audacia che, in effetti, non siamo la somma totale delle nostre debolezze e delle nostre mancanze! Siamo la somma dell'amore di Dio per noi, e capaci di diventare l'immagine del Figlio suo!

4. La pace e l'armonia durature tanto anelate dagli individui, dalle famiglie e dalla società possono essere conquistate solo attraverso quella conversione che è frutto della misericordia e parte costituente della vera riconciliazione. Come Vescovi, avete il dovere difficile e tuttavia appagante di promuovere la comprensione cristiana autentica della riconciliazione. Forse non vi è storia migliore per illustrare il dramma profondo della metanoia della parabola del Figliol prodigo, sulla quale mi sono soffermato altrove (cfr Dives in misericordia DM 5-6). Il Figliol prodigo è, in un certo senso, tutti gli uomini e le donne. Possiamo tutti essere attratti dalla tentazione di separarci dal Padre e quindi subire la perdita della dignità, l'umiliazione e la vergogna, ma, allo stesso modo, possiamo tutti avere il coraggio di ritornare dal Padre, che ci abbraccia con un amore che, trascendendo perfino la giustizia, si manifesta come misericordia.

Cristo, che rivela l'abbondante misericordia di Dio, ci chiede di fare lo stesso, anche dinanzi a un peccato grave. In effetti, la misericordia "costituisce il contenuto fondamentale del messaggio messianico di Cristo e la forza costitutiva della sua missione" (Ibidem, n. 6) e pertanto non potrà mai essere messa da parte nel nome del pragmatismo. È proprio la fedeltà del padre all'amore misericordioso che gli è proprio come padre a fargli ristabilire il rapporto filiale del figlio che "era perduto ed è stato ritrovato" (Lc 15,32). Come Pastori del vostro gregge, è con questo amore misericordioso - e mai con un mero senso di favore - che anche voi dovete chinarvi "su ogni figliol prodigo, su ogni miseria morale, sul peccato" (Dives in misericordia DM 6). In questo modo, trarrete il bene dal male, ripristinerete la vita dalla morte, rivelando di nuovo il volto autentico della misericordia del Padre, tanto necessaria nei tempi attuali.

102 5. Cari Fratelli, desidero incoraggiarvi in modo particolare nella vostra promozione del Sacramento della Penitenza. Come mezzo istituito divinamente, mediante il quale la Chiesa propone l'attività pastorale della riconciliazione, è "l'unico modo ordinario grazie al quale i fedeli si riconciliano con Dio e con la Chiesa" (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1484). Sebbene non si possa negare che il potere profondo di questo sacramento oggi venga spesso guardato con indifferenza, è anche vero che i giovani, in particolare, danno prontamente testimonianza delle grazie e dei benefici trasformatori che esso dona. Rafforzato da questo messaggio incoraggiante, mi appello di nuovo direttamente a voi e ai vostri sacerdoti: armatevi di maggiore fiducia, creatività e perseveranza nel presentarlo e nel guidare le persone ad apprezzarlo (cfr Novo Millennio ineunte NM 37). Il tempo speso nel confessionale è un tempo speso al servizio del patrimonio spirituale della Chiesa e della salvezza delle anime (cfr Reconciliatio et paenitentia RP 29).

Come Vescovi, per voi è particolarmente importante ricorrere frequentemente al Sacramento della Riconciliazione, al fine di ottenere il dono di quella misericordia della quale voi stessi siete stati fatti ministri (cfr Pastores gregis, n. 13). Poiché siete chiamati a mostrare il volto del Buon Pastore e quindi dovete avere il cuore di Cristo stesso, voi, più degli altri, dovete fare vostro il grido ardente del Salmista: "Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo" (Ps 51,12). Santificati dalle grazie ricevute accostandovi con regolarità al sacramento, sono fiducioso che incoraggerete i vostri fratelli nel sacerdozio e tutti i fedeli a riscoprire la piena bellezza di questo sacramento.

6. Con affetto fraterno condivido con voi queste riflessioni e vi assicuro delle mie preghiere mentre cercate di rendere la missione di santificazione e di riconciliazione della Chiesa sempre più apprezzata e riconoscibile nelle vostre comunità ecclesiali e civiche. Il messaggio di speranza, che voi proclamate a un mondo troppo spesso pieno di peccaminosità e di divisione, non mancherà di suscitare nuovo fervore e uno zelo rinnovato per la vita cristiana! Con questi sentimenti, vi affido a Maria, Madre di Gesù, nel quale si compie la riconciliazione di Dio con gli uomini. Volentieri imparto a voi e ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e ai fedeli laici delle vostre Diocesi la mia Benedizione Apostolica.


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