GPII 1979 Insegnamenti - All'Ospedale del Bambin Gesù - Roma

All'Ospedale del Bambin Gesù - Roma

Titolo: L'immagine di Cristo nell'infanzia che soffre

Testo: Fratelli e sorelle.

Permettete ora, a conclusione di questa visita pastorale a questo Ospedale del Bambino Gesù, che io rivolga una semplice e breve parola di saluto e di incoraggiamento a tutti voi che operate in questo Istituto per il sollievo e la guarigione dei piccoli malati.

Un pensiero cordiale vada anzitutto al Signor Commissario ed all'intera Direzione amministrativa e sanitaria per l'instancabile attività svolta e per i futuri programmi, che si intendono attuare al fine di rendere questo luogo di cura sempre più rispondente alle moderne esigenze sanitarie. Saluto poi tutti i medici, gli assistenti, le suore e le vigilatrici d'infanzia, in cui amo vedere un riflesso della figura taumaturgica del Cristo, che dedico tanta parte del suo ministero alla guarigione dei malati e al sollievo degli afflitti.

E a voi, cari bambini degenti in questo Ospedale, che cosa diro? Vi diro che sono salito quassù al Gianicolo apposta per voi: per vedervi, per esprimervi di persona tutto l'affetto che nutro per voi e per recare conforto alle vostre sofferenze, che patite sia a causa della malattia, sia per il fatto di essere separati dai vostri genitori e dalla vostra casa. Auspico nella preghiera che possiate presto ristabilirvi in salute e ritrovare così la gioia di vivere in mezzo ai vostri cari familiari.

Un saluto particolarmente affettuoso desidero indirizzare anche e soprattutto a voi genitori e parenti dei piccoli ricoverati, che sopportate il dramma della malattia delle vostre creature e che, con occhi imploranti, vi chiedete il perché del dolore innocente. Sappiate che non siete soli, né abbandonati: voi non soffrite invano! La vostra sofferenza vi configura a Cristo, che solo può dare senso e valore ad ogni atto della vostra vita.

A quanti, infine, di voi qui presenti, che in una maniera o nell'altra frequentate questo Ospedale e vi applicate alle opere di misericordia e di assistenza spirituale e sociale ricorderò la promessa che il Signore Gesù ha fatto a coloro che lo cercano nei malati: "Sono stato malato e mi avete visitato... Ogni volta che l'avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me" (cfr. Mt 25,34-40).

Nell'esprimervi di cuore la mia benevolenza per il servizio che rendete ai piccoli degenti, vi esorto a continuare la vostra missione con fede cristiana, che vi fa scorgere nel malato l'immagine stessa di Dio, mentre nel nome di Gesù Bambino, a cui si intitola questo Ospedale, e della Vergine Santissima, da voi invocata "Salus infirmorum", a tutti imparto la mia speciale benedizione apostolica, estensibile anche ai vostri familiari rimasti a casa.

Data: 1979-01-07

Data estesa: Domenica 7 Gennaio 1979.







Ai giovani nella Basilica Vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sul volto di ogni madre un riflesso della dolcezza di Maria

Testo: Cari ragazzi e ragazze.1. Anche stamani siete tanti, tantissimi! Questa grande Basilica è pervasa dal fremito gioioso della vostra giovinezza ed è ravvivata dalla luce del vostro sorriso. Il calore dell'entusiasmo si propaga sull'onda delle vostre voci argentine e si traduce in un invito alla fiducia e all'ottimismo, nonostante le nubi oscure che si intravedono all'orizzonte, anche in quest'alba del nuovo anno.

Sia ringraziato Dio per la freschezza dei vostri sentimenti e per la sincerita della vostra adesione ad ogni ideale nobile e grande! L'argomento, sul quale vorrei richiamare la vostra attenzione in questo momento, è molto vicino alla vostra sensibilità. Vorrei, infatti, soffermarmi con voi a guardare ancora la scena meravigliosa, che il mistero del Natale ci ha posto sotto gli occhi. E' una scena che vi è familiare: molti di voi l'hanno rivissuta attivamente in questi giorni, costruendo il presepio nelle loro case. Ebbene, tra i protagonisti di questa scena, stamani io vi invito a guardare a Maria, la Madre di Gesù e Madre nostra.

La Chiesa stessa ci suggerisce questa attenzione particolare verso la Madonna: essa ha voluto che l'ultimo giorno dell'ottava di Natale e primo giorno dell'anno nuovo fosse consacrato alla celebrazione della Maternità di Maria. E' evidente, quindi, l'intenzione di dare risalto al "posto" della Madre, direi alla "dimensione materna" di tutto il mistero della nascita umana di Dio.2. Non è questa un'intenzione che si manifesta soltanto in questo giorno. La venerazione della Chiesa verso la Madonna - una venerazione che supera il culto di ogni altro santo e prende il nome di "iperdulia" - investe tutto l'anno liturgico.

A partire dal 25 marzo - giorno nel quale in modo discreto, ma profondamente consapevole, è ricordato il momento dell'Annunciazione, e cioè dell'incarnazione del Verbo eterno nel seno purissimo della Vergine - fino al 25 dicembre, si può dire che la Chiesa cammini con Maria, vivendo con lei l'attesa propria di ogni madre: l'attesa della nascita, l'attesa del Natale. E contemporaneamente, durante questo periodo, Maria "cammina" con la Chiesa. La sua attesa materna è inscritta, in modo sommesso ma realissimo, nella vita della Chiesa in tutto il corso dell'anno. Quel che è successo tra Nazaret, Ain Karin e Betlemme, è il tema della liturgia della Chiesa, della sua preghiera - specialmente della preghiera del Rosario - e della sua contemplazione.3. Tutto ha inizio con quel colloquio tra la Vergine e l'Arcangelo Gabriele: "Come è possibile? Non conosco uomo" (Lc 1,34). Risposta: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, e la potenza dell'Altissimo stenderà su di te la sua ombra. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). Contemporaneamente con la maternità fisica, ebbe inizio la maternità spirituale di Maria, una maternità che riempi i nove mesi dell'attesa, ma che si prolungo anche al di là del momento della nascita di Gesù, per abbracciare i trent'anni passati tra Betlemme, Egitto e Nazaret, e poi ancora gli anni della vita pubblica di Gesù, quando il Figlio di Maria lascio la casa di Nazaret per predicare il Vangelo del Regno: anni che culminarono negli avvenimenti del Calvario e nel sacrificio supremo della Croce.

Fu proprio qui, sotto la Croce, che la maternità spirituale di Maria arrivo in un certo senso al suo momento-chiave. "Gesù allora, vedendo la madre e li accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Ecco il tuo figlio" (Jn 19,26). così in maniera nuova, Gesù collegava Maria, sua Madre, all'uomo; all'uomo, al quale aveva consegnato il Vangelo.

Gesù la collego, allora, ad ogni uomo, come l'uni, poi, alla Chiesa, nel giorno della nascita storica di essa, il giorno cioè della Pentecoste. Da quel giorno tutta la Chiesa l'ebbe come Madre, e tutti gli uomini l'hanno come Madre.

Essi comprendono le parole pronunciate dall'alto della Croce, come rivolte ad ognuno di loro. La maternità spirituale non conosce limiti; essa si estende nel tempo e nello spazio, e raggiunge tutti i cuori umani. Raggiunge le nazioni intere e diventa una chiave di volta della cultura umana. Maternità: grande, splendida, fondamentale realtà umana, presente all'inizio dei tempi nel disegno del Creatore, riconfermata solennemente nel mistero della nascita di Dio, al quale resta ormai inseparabilmente unita.4. Desidero esortare voi, cari ragazzi e ragazze, ad amare le vostre mamme, ad accoglierne gli insegnamenti, a seguirne gli esempi. Sul volto di ogni mamma è possibile cogliere un riflesso della dolcezza, dell'intuizione, della generosità di Maria. Onorando vostra madre, voi onorate pure Colei che, essendo madre di Cristo, è anche madre di ognuno di noi.

Alle ragazze, in particolare, voglio poi ricordare che la maternità è la vocazione della donna: lo era ieri, lo è oggi, lo sarà sempre; è la sua vocazione eterna. Mi tornano alla mente le parole di una canzone della mia terra, nella quale si dice che la mamma è colei che comprende tutto e con il cuore abbraccia ognuno di noi. E vi si aggiunge che, oggi, il mondo "ha fame e sete" come non mai di quella maternità che, fisicamente o spiritualmente, è la vocazione della donna, come lo è stata di Maria.

La mia preghiera è che, anche oggi, nella famiglia e nella società la dignità della madre sia riconosciuta e tutelata. Dipenderà soprattutto da voi, giovani, se questo avverrà nel mondo di domani. Impegnatevi fin d'ora a guardare alle vostre mamme con gli occhi con cui Gesù guardava alla sua. Sia lei stessa ad aiutarvi in questo vostro proposito. Lei, la Vergine Madre, ch'è la nostra speranza! Data: 1979-01-10

Data estesa: Mercoledì 10 Gennaio 1979.





Al Corpo Diplomatico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pace e progresso per tutto il mondo

Testo: Eccellenze, Signore, Signori.1. Il vostro Decano ha interpretato i vostri sentimenti e i vostri voti, all'inizio del nuovo anno, in un modo che mi commuove profondamente. Io lo ringrazio, e vi ringrazio tutti, di questa testimonianza confortante. Siate assicurati, in cambio, dei miei auguri ferventi per ognuno di voi, per tutti i membri delle vostre Ambasciate, per le vostre famiglie, per i paesi che rappresentate. E' innanzi a Dio che formulo questi auguri, domandandogli di rischiarare la vostra strada, come quella dei Magi del Vangelo, e di darvi, giorno per giorno, il coraggio e le gioie che vi sono necessarie per affrontare tutti i vostri doveri. Io lo prego di benedirvi, cioè di colmarvi dei suoi beni. E' normale, in questa circostanza solenne che riunisce intorno al Papa tutte le Missioni diplomatiche accreditate presso la Santa Sede, aggiungere a tali voti cordiali qualche considerazione sulla vostra nobile funzione e sul quadro nel quale essa si inscrive: la Chiesa e il mondo.

Comincero col guardare con voi il passato recente, rinnovando la gratitudine della Sede Apostolica per le numerose Delegazioni che hanno onorato le esequie del Papa Paolo VI e del Papa Giovanni Paolo I di venerata memoria, come pure le cerimonie inaugurali del pontificato del mio predecessore e del mio.

Cerchiamo di coglierne il significato: la partecipazione agli avvenimenti più importanti della vita della Chiesa dei rappresentanti di coloro che hanno in mano le responsabilità politiche, non è una maniera di sottolineare la presenza della Chiesa in seno al mondo contemporaneo, e di riconoscere in particolare l'importanza della sua missione - e specialmente la missione della Sede apostolica - la quale, pur essendo strettamente religiosa, si inscrive anche nel quadro dei principi della morale che le sono congiunte in maniera indissolubile? Questo ci riporta all'ordine al quale aspira talmente il mondo contemporaneo, ordine basato sulla giustizia e sulla pace; la Chiesa, seguendo l'ispirazione del Concilio Vaticano II e conformandosi alla tradizione costante della dottrina cristiana, si adopera a contribuirvi con i mezzi che le sono accessibili.

Il primato dello spirituale

2. Naturalmente, tali mezzi sono dei "mezzi poveri" che il Cristo stesso ci ha insegnato a mettere in opera e che sono propri alla missione evangelica della Chiesa. Tuttavia, in questa epoca di enorme progresso dei "mezzi ricchi" di cui dispongono le attuali strutture politiche, economiche, civili, questi mezzi propri alla Chiesa conservano ogni loro senso, conservano la loro finalità e acquistano anche un nuovo risalto. I "mezzi poveri" sono strettamente congiunti al primato dello spirituale. Sono segni certi della presenza dello Spirito nella storia dell'umanità. Molti contemporanei sembrano manifestare una comprensione particolare per tale scala di valori: che basta evocare, per non parlare dei non cattolici, il mahatma Ghandi, il Signor Dag Hammarskjöld, il pastore Martin Luther King. Il Cristo rimane per sempre l'espressione più alta di questa povertà di mezzi in cui si rivela il primato dello Spirito: la pienezza della spiritualità di cui è capace l'uomo con la grazia di Dio alla quale è chiamato.

Che mi sia permesso di apprezzare, in una tale prospettiva, tutti gli atti di benevolenza manifestati all'inizio del mio pontificato, come pure quest'incontro di oggi. Si, consideriamo il fatto della presenza presso la Sede Apostolica dei rappresentanti di tanti Stati, così diversi sotto il loro profilo storico, modo d'organizzazione, il loro carattere confessionale, di coloro che rappresentano popoli d'Europa e d'Asia conosciuti sin dalla antichità, o degli Stati più giovani come la maggior parte di quelli d'America la cui storia risale a qualche secolo, e infine gli Stati più recenti, nati nel corso di questo secolo: una tale presenza corrisponde in profondità alla visione che il Signore Gesù ci ha un giorno rivelata, parlando di "tutte le nazioni" del mondo, al momento in cui affidava agli Apostoli il mandato di portare la buona novella nel mondo intero (cfr. Mt 28,10 Mc 16,15). Corrisponde anche alle splendide analisi fatte dal Concilio Vaticano II (cfr. LG 13-17 GS 2,41, ecc.).

Prendendo contatto - fra gli altri, per mezzo di rappresentanti diplomatici - con tanti Stati dal profilo così diverso, la Sede Apostolica desidera prima di tutto esprimere la sua profonda stima per ogni nazione e ogni popolo, per la sua tradizione, la sua cultura, il suo progresso in ogni campo, come ho già detto nelle lettere rivolte ai Capi di Stato in occasione della mia elezione alla Sede di Pietro. Lo Stato, come espressione dell'autodeterminazione sovrana dei popoli e delle nazioni, costituisce una realizzazione normale dell'ordine sociale. In questo consiste la sua autorità morale.

Figlio d'un popolo dalla cultura millenaria che è stata privata durante un tempo considerevole della sua indipendenza come Stato, io so, per esperienza, l'alto significato d'un tale principio.

La Sede Apostolica accoglie con gioia tutti i rappresentanti diplomatici, non solo come portavoce dei loro propri governi, regimi e strutture politiche, ma anche e soprattutto come rappresentanti dei popoli e delle nazioni che, attraverso tali strutture politiche, manifestano la loro sovranità, indipendenza politica e la possibilità di decidere del loro destino in maniera autonoma. E lo fa senza alcun pregiudizio riguardo all'importanza numerica della popolazione: qui, non è il fattore numerico che è decisivo.

Sviluppo dell'ecumenismo

3. La Sede apostolica si compiace della presenza di così numerosi rappresentanti; sarebbe anche felice di vederne molti altri, specialmente delle nazioni e popolazioni che avevano una volta a questo riguardo una tradizione secolare. Qui penso soprattutto alle nazioni che si possono ritenere cattoliche. Ma anche ad altre. Perché, attualmente, come si sviluppa l'ecumenismo tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese cristiane, come si tende a riannodare contatti con tutti gli uomini facendo appello alla buona volontà, così questo cerchio si allarga, come testimonia la presenza qui di numerosi rappresentanti di paesi non cattolici, e trova continuamente un motivo di estensione nella coscienza che ha la Chiesa della sua missione, così bene espressa dal mio venerato predecessore Paolo VI nell'enciclica "Ecclesiam Suam". Da ogni parte - l'ho notato specialmente nei Messaggi provenienti dai paesi dell'"Est" - sono pervenuti degli auguri affinché il nuovo pontificato possa servire la pace e il riavvicinamento delle nazioni. La Sede Apostolica vuole essere, conformemente alla missione della Chiesa, al centro di questa intesa fraterna. Essa desidera servire la causa della pace non attraverso un'attività politica, ma servendo i valori e i principi che condizionano la pace e l'intesa, e che sono alla base del bene comune internazionale.

Vi è infatti un bene comune dell'umanità con interessi molto gravi in gioco che richiedono l'azione concertata dei governi e di tutti gli uomini di buona volontà: i diritti umani da garantire, i problemi dell'alimentazione, della salute, della cultura, la cooperazione economica internazionale, la riduzione degli armamenti, l'eliminazione del razzismo... Il bene comune dell'umanità! Una "utopia", che il pensiero cristiano persegue senza stancarsi e che consiste nella ricerca incessante di soluzioni giuste e umane, che tengono conto via via del bene delle persone e del bene degli Stati, dei diritti di ciascuno e dei diritti degli altri, degli interessi particolari e delle necessità generali.

Libano, Medio Oriente, Irlanda del Nord


4. E' al bene comune che s'ispirano, non solamente l'insegnamento sociale della Sede Apostolica, ma anche le iniziative che sono possibili, nel quadro del campo che le è proprio. E' il caso, molto attuale, del Libano. In un paese sconvolto da odi e da distruzioni, con vittime innumerevoli, quale possibilità resta di riannodare ancora rapporti di vita comune tra cristiani di varie tendenze e musulmani, tra libanesi e palestinesi, se non in uno sforzo leale e generoso che rispetti l'identità e le esigenze vitali di tutti, senza vessazione dell'uno e dell'altro? E se si osserva l'insieme del Medio Oriente, mentre alcuni uomini di Stato cercano con tenacia di arrivare ad un accordo e altri esitano ad impegnarvisi, chi non vede che il problema di fondo sia, oltre la sicurezza militare e territoriale, quello di una fiducia reciproca effettiva, che è la sola che potrebbe aiutare ad armonizzare i diritti di tutti, bilanciando in maniera realistica i vantaggi e i sacrifici? E la stessa cosa avviene nell'Irlanda del Nord: i Vescovi e i responsabili di confessioni non cattoliche esortano da anni a vincere il virus della violenza che si manifesta con terrorismo e rappresaglie: essi invitano a ripudiare l'odio, a rispettare completamente i diritti umani, ad impegnarsi in uno sforzo di comprensione e d'incontro. Non vi è qui un bene comune in cui la giustizia e il realismo s'incontrano? La mediazione tra Argentina e Cile

5. La diplomazia e i negoziati sono pure per la Santa Sede un mezzo qualificato di accordar fiducia alle risorse morali dei popoli. E' in questo spirito che, accogliendo l'appello dell'Argentina e del Cile, ho inviato in quei due paesi il Cardinale Samorè, affinché, come diplomatico di grande esperienza, si faccia l'avvocato di soluzioni accettabili per i due popoli che sono cristiani e vicini.

Sono felice di costatare che quest'opera paziente ha già raggiunto un primo risultato positivo e prezioso.

Il dramma dell'Iran

6. Il mio pensiero e la mia preghiera si rivolgono pure verso tanti altri problemi che agitano gravemente la vita del mondo, particolarmente in questi giorni, e che causano di nuovo tanti morti, distruzioni, rancori, in paesi che comportano pochi cattolici ma che sono ugualmente cari alla Sede Apostolica: seguiamo i drammatici avvenimenti dell'Iran e siamo molto preoccupati delle notizie che ci pervengono dal paese dei Khmer e di tutte quelle popolazioni del sud-est asiatico.

I diritti dell'uomo

7. Vediamo bene che l'umanità è molto divisa. Si tratta pure, e forse al di sopra di tutto, di divisioni ideologiche legate ai diversi sistemi di Stato. La ricerca di soluzioni, che permetta alle società umane di compiere le loro proprie mansioni, di vivere nella giustizia, è forse il principale segno del nostro tempo.

Bisogna rispettare tutto quanto può servire a questa grande causa, qualunque sia il suo regime. Bisogna servirsi delle esperienze reciproche. Al contrario, non si potrebbe trasformare una tale ricerca multiforme di soluzioni in un programma di lotta per assicurarsi il potere sul mondo qualunque sia l'imperialismo che nasconde una tale lotta. E' solamente in questa linea che possiamo evitare la minaccia delle armi moderne, specialmente dell'armamento nucleare, che resta così preoccupante per il mondo moderno.

La Sede Apostolica, che ne ha già dato la prova, è sempre pronta a manifestare la sua apertura nei confronti di ogni paese o regime, cercando il bene essenziale che è il vero bene dell'uomo. Un buon numero di esigenze che sono in correlazione con questo bene sono state espresse nella "Dichiarazione dei diritti dell'uomo" e nei Patti internazionali che ne permettono concretamente l'applicazione. Su questo punto, si può grandemente lodare l'Organizzazione delle Nazioni Unite come piattaforma politica sulla quale la ricerca della pace e della distensione, del riavvicinamento e dell'intesa reciproca trovano una base, un appoggio, una garanzia.

Libertà religiosa e libertà di coscienza

8. La missione della Chiesa è, per sua natura, religiosa e per conseguenza il terreno d'incontro della Chiesa o della Sede Apostolica con la vita multiforme e differenziata delle comunità politiche del mondo contemporaneo è caratterizzato in maniera particolare dal principio, universalmente riconosciuto, della libertà religiosa e della libertà di coscienza. Questo principio non rientra solamente nella lista dei diritti dell'uomo da tutti ammessi, ma vi occupa un posto chiave.

Si tratta, in effetti, del rispetto di un diritto fondamentale dello spirito umano, nel quale l'uomo si esprime forse con più profondità come uomo.

Il Concilio Vaticano II ha elaborato la dichiarazione sulla libertà religiosa; essa comprende sia la motivazione di questo diritto sia le principali applicazioni pratiche, detto in altri termini l'insieme dei dati che confermano il reale funzionamento del principio della libertà religiosa nella vita sociale e pubblica.

Rispettando i diritti analoghi di tutte le altre comunità religiose nel mondo, la Sede Apostolica si sente sollecitata ad intraprendere in questo campo dei passi in favore di tutte le Chiese, riunite a lei in piena comunione. Essa cerca di farlo in unione con gli Episcopati rispettivi, con il clero e le comunità dei fedeli.

Tali iniziative danno in maggioranza risultati soddisfacenti. Ma è difficile non ricordare certe Chiese locali, certi riti, la cui situazione, per quel che concerne la libertà religiosa, lascia tanto a desiderare quando essa non è del tutto deplorevole. Vi sono delle grida commoventi che domandano aiuto o soccorso, che la Sede Apostolica non può non ascoltare. Essa deve per conseguenza presentarle in tutta chiarezza alla coscienza degli Stati, dei regimi, di tutta l'umanità. Qui si tratta di un semplice dovere che coincide con le aspirazioni alla pace e alla giustizia nel mondo.

E' in tal senso che la Delegazione della Santa Sede ha fatto sentire la sua voce alla riunione di Belgrado nell'ottobre del 1977 (cfr. "L'Osservatore Romano", 8 ottobre 1977, p. 2), riferendosi alle dichiarazioni approvate alla Conferenza di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, in particolare sul tema della libertà religiosa.

D'altra parte, la Sede Apostolica è sempre pronta a tener conto delle trasformazioni della realtà e della mentalità sociale che sopravvengono nei differenti Stati; essa è pronta, per esempio, ad accettare di rivedere i Patti solenni che erano stati conclusi in altre epoche, in altre circostanze.

Il viaggio in Messico

9. Molto presto mi rechero a Puebla per incontrare i rappresentanti di tutti gli Episcopati latino-americani, e inaugurare con loro una riunione molto importante.

Questo fa parte della mia missione di Vescovo di Roma e di Capo del Collegio dei Vescovi. Mi è gradito esprimere pubblicamente la mia gioia per la comprensione, l'attitudine benevolente delle autorità messicane in ciò che concerne questo viaggio. Il Papa spera di poter realizzare una tale missione ugualmente in altre nazioni, tanto più che molti inviti mi sono già stati presentati.

Ancora una volta rinnovo i miei voti cordiali di pace, di progresso per il mondo intero, per quel progresso che corrisponde pienamente alla volontà del Creatore: "Sottomettete la terra e dominatela" (Gn 1,28). Questo comandamento deve intendersi come padronanza morale, e non di sola dominazione economica. Si, io auguro all'umanità ogni sorta di bene, affinché tutti vivano di una vera libertà, nella verità, nella giustizia e nell'amore.

Data: 1979-01-12

Data estesa: Venerdì 12 Gennaio 1979.





Ai giornalisti europei - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Proteggere l'infanzia per il bene della società

Testo: Signore, Signori.

Sono felice di ricevere oggi il "Comitato dei giornalisti europei per il diritto del fanciullo", accompagnato dai rappresentanti della Commissione nazionale italiana del Fanciullo: sotto il patronato di quest'ultima si svolge il vostro primo incontro qui, a Roma. Vi ringrazio di questa visita e della fiducia che esprime. Nel quadro dell'Anno internazionale del Fanciullo voi avete voluto prendere l'iniziativa di studiare per conto vostro la situazione di certi gruppi di bambini meno favoriti, allo scopo, penso, di sensibilizzare poi i vostri lettori a questi problemi.

La Santa Sede non si contenta di guardare con interesse e simpatia le iniziative valide che saranno avviate quest'anno. E' pronta a incoraggiare quanto sarà progettato e realizzato per il vero bene dei fanciulli: si tratta di una popolazione immensa, di una parte notevole dell'umanità, che ha bisogno di protezione e promozioni particolari, giacché è ben nota la precarietà della sua sorte.

Fortunatamente, la Chiesa non è l'unica istituzione che affronti tali problemi; è vero pero che essa ha sempre considerato parte importante della sua missione l'aiuto materiale, affettivo, educativo e spirituale all'infanzia. E che abbia agito così, dipende dal fatto che, pur senza adoperare l'espressione più recente di "diritti del fanciullo", tuttavia la Chiesa, di fatto, considerava il bambino non come individuo da utilizzare né come oggetto, bensì come soggetto di diritti inalienabili, personalità nascente da far sbocciare, avente valore per se stessa e dotata di un destino singolare. Non si finirebbe mai di elencare le opere suscitate per questo scopo dal cristianesimo: ed è assai logico, giacché il Cristo stesso ha posto il fanciullo al centro del Regno di Dio: "Lasciate venire a me i bambini: il Regno dei cieli è di coloro che ad essi assomigliano" (Mt 19,14). E non valgono forse particolarmente in favore del fanciullo indifeso quelle parole pronunziate dal Cristo in riferimento ai bisognosi e che tutti ci giudicheranno: "Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare...; ero nudo e mi avete vestito..; ero malato e mi avete visitato" (Mt 25,35-36)? Fame di pane, fame di affetto, fame di istruzione... Si, la Chiesa desidera partecipare sempre più a questa attività a favore dell'infanzia, e suscitarla più largamente.

Ma la Chiesa desidera altrettanto contribuire a formare la coscienza degli uomini, a sensibilizzare l'opinione pubblica verso i diritti essenziali del bambino, diritti che voi cercate di promuovere. Già la "Dichiarazione dei diritti del Fanciullo", adottata circa venti anni fa dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, esprime un consenso apprezzabile su un certo numero di principi assai importanti, che pero sono ancora lungi dal trovare ovunque applicazione.

La Santa Sede pensa che si può parlare anche dei diritti del bambino fin dal suo concepimento, e soprattutto del diritto alla vita: l'esperienza mostra sempre più che il bambino avrebbe bisogno d'una protezione speciale, di fatto e di diritto, fin dal periodo anteriore alla nascita.

Si potrebbe anche insistere sul diritto del bambino a nascere in una vera famiglia: è di importanza capitale che egli goda fin dall'inizio dell'apporto congiunto del padre e della madre uniti in un matrimonio indissolubile.

Parimenti, il fanciullo deve crescere e venir educato nella sua famiglia: i genitori restano i suoi "primi e principali educatori", funzione che "se manca, può difficilmente esser supplita". E' questa un'esigenza dell'atmosfera di affetto e di sicurezza materiale e morale voluta dalla psicologia del bambino; e bisogna aggiungere che la procreazione fonda questo diritto naturale, che è anche "un grave obbligo" (GE 3). Anche l'esistenza di legami familiari più larghi, con fratelli e sorelle, con nonni e altri parenti prossimi, è un elemento importante per l'armonico equilibrio del bambino: ma oggi si tende a trascurarlo.

Nell'educazione cui, con i genitori, contribuiscono scuola e altri organismi della società il fanciullo deve trovare i mezzi "per svilupparsi in maniera sana e normale sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale e sociale, e in condizioni di libertà e dignità". così suona il secondo principio della Dichiarazione dei diritti del Fanciullo. A tal riguardo, il bambino ha ugualmente diritto alla verità, in un insegnamento che tenga conto dei valori etici fondamentali e che renda possibile un'educazione spirituale in armonia con l'appartenenza religiosa del soggetto, con l'orientamento voluto legittimamente dai suoi genitori e con le esigenze di una ben compresa libertà di coscienza: a questa deve venir preparato e formato il giovane durante l'infanzia e l'adolescenza. E su questo punto è normale che la Chiesa possa far valere le proprie responsabilità.

Veramente, parlare dei diritti del fanciullo è parlare dei doveri dei genitori e degli educatori, che sono al servizio del bambino e del suo superiore interesse. Ma il bambino che cresce deve partecipare lui stesso al suo proprio sviluppo, con responsabilità che corrispondano alle sue capacità: e non si deve davvero trascurare di parlargli dei suoi doveri verso gli altri e verso la società.

Queste sono alcune riflessioni che mi date occasione di esprimere riguardo agli obiettivi che vi proponete. Questo è l'ideale verso cui tendere per il bene più profondo dei fanciulli, per l'onore della nostra civiltà. So che prestate prioritaria attenzione ai bambini di cui non sono soddisfatti neppure i diritti elementari, sia nei vostri paesi sia negli altri continenti. Giornalisti europei, non esitate dunque a portare il vostro sguardo anche verso le regioni meno favorite dell'Europa! Io prego Dio di illuminare e rafforzare il vostro interessamento per quei bambini.

Data: 1979-01-13

Data estesa: Sabato 13 Gennaio 1979.





Lettera ai Vescovi dell'Ungheria - Città del Vaticano (Roma)

Testo: Al venerabile nostro fratello S.R.E. Cardinal Ladislao Lekai Arcivescovo di Esztergom e a tutti i Vescovi d'Ungheria.

Tra pochi giorni Monsignor Luigi Poggi ritornerà costi come inviato della Santa Sede per colloqui con le autorità del vostro Paese. Da sempre quando veniva per tali colloqui, vi ha portato fervidi saluti e la testimonianza dell'unità nella comunione del nostro predecessore, il compianto Papa Paolo VI. In questa occasione noi vogliamo mantenere la stessa consuetudine e farvi pervenire, fratelli carissimi, il nostro saluto con questa lettera. Ci sembra una cosa assai opportuna, dato che siamo all'inizio del nostro pontificato. L'inviato delle Sede Apostolica, che più volte vi ha fatto visita a nome del Beatissimo Padre Paolo VI, ora viene a nome di Giovanni Paolo II che per volontà di Cristo è stato eletto come successore di san Pietro dopo i trentatré giorni di pontificato di Giovanni Paolo I, che non dimenticheremo mai. Vogliamo, carissimi fratelli, che l'arcivescovo Luigi Poggi sia interprete presso di voi della stessa cura pastorale di cui è sollecito il Supremo Pastore riguardo alla Chiesa della vostra Patria, come è stato anche per i precedenti Sommi Pontefici. Molti sono i motivi. Tuttavia a tutti i motivi più importanti si aggiunge ora la considerazione particolare della nostra origine e della città e della stessa Sede di Cracovia, dalla quale siamo stati chiamati alla Cattedra Romana di Pietro. Non possiamo passare sotto silenzio tutte queste cose; anzi sono un motivo ancor più valido perché noi, carissimi fratelli, vi inviamo questa lettera. La nostra origine polacca e la comunanza di stirpe con quella popolazione, che è legata al popolo ungherese da parecchi vincoli di storia comune e di vicinanza e dalla casa regnante e da una simile sorte, fa si che queste singole cose siano tenute presenti da noi in questa occasione che ci viene offerta. Inoltre nella Cattedrale di Cracovia, che abbiamo dovuto lasciare per assumere l'eredità romana degli Apostoli, si venerano le spoglie di quella figlia d'Ungheria, la Regina Edvige, che la Chiesa in Polonia già da molti secoli chiama beata, regina di illustri meriti che tutti i Polacchi e in particolare i giovani amano in modo speciale.

Se dunque celebriamo la memoria di queste cose, venerabili e amati fratelli, lo facciamo per dare la più grande risonanza storica a questa prima nostra quasi riunione da noi stabilita per lettera. I tempi passati hanno assegnato al vostro popolo certamente un posto eccellente nella storia di tutta l'Europa e in particolare nello sviluppo della Chiesa e della religione cristiana.

Testimonianza poi e segno della stessa grandezza è santo Stefano patrono d'Ungheria, che a buon diritto riteniamo patrono della vostra patria e apostolo della fede e fondatore della Chiesa d'Ungheria. Sono passati mille anni da questi illustri primordi, che segnano nello stesso tempo l'inizio di tutta la storia della Chiesa, del popolo, della civiltà della vostra patria.

Rivolgendo il nostro pensiero a tutti questi fatti e a queste circostanze, vogliamo nello stesso tempo dichiarare la nostra persuasione che la Chiesa cattolica, che ha avuto tanta parte nella storia dell'Ungheria, può continuare a dare un volto spirituale alla vostra patria portando ai suoi figli e alle sue figlie la luce del Vangelo di Cristo, che per tanti secoli ha illuminato i vostri concittadini. Desideriamo che la stessa luce - mediante la vostra opera episcopale, l'attività pastorale dei vostri sacerdoti e delle famiglie religiose e dei laici - continui a dare grande forza agli animi, alle coscienze, ai cuori degli uomini, che insegni il precetto della carità, il rispetto della dignità di ogni uomo, l'affetto della nobile libertà con l'amore a un lavoro instancabile per il bene comune e per tutte quelle virtù dei singoli e di tutte le famiglie e di tutta la società, che sono assolutamente necessarie per conseguire un tale bene.


GPII 1979 Insegnamenti - All'Ospedale del Bambin Gesù - Roma