GPII 1978 Insegnamenti - Ai giornalisti - Città del Vaticano (Roma)


Per l'inizio del pontificato - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Spalancate le porte a Cristo!




1. "Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16).

Queste parole ha pronunciato Simone figlio di Giona, nella regione di Cesarea di Filippo. Si, le ha espresse con la propria lingua, con una profonda, vissuta, sentita convinzione, ma esse non trovano in lui la loro fonte, la loro sorgente: "...perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17). Queste erano parole di Fede.

Esse segnano l'inizio della missione di Pietro nella storia della salvezza, nella storia del Popolo di Dio. Da allora, da tale confessione di Fede, la storia sacra della salvezza e del Popolo di Dio doveva acquisire una nuova dimensione: esprimersi nella storica dimensione della Chiesa. Questa dimensione ecclesiale della storia del Popolo di Dio trae le sue origini, nasce infatti da queste parole di Fede e si allaccia all'uomo che le ha pronunciate: "Tu sei Pietro - roccia, pietra - e su di te, come su una pietra, io costruiro la mia Chiesa".


2. Quest'oggi e in questo luogo bisogna che di nuovo siano pronunciate ed ascoltate le stesse parole: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".

Si, fratelli e figli, prima di tutto queste parole.

Il loro contenuto dischiude ai nostri occhi il mistero di Dio vivente, mistero che il Figlio conosce e che ci ha avvicinato. Nessuno, infatti, ha avvicinato il Dio vivente agli uomini, nessuno Lo ha rivelato come l'ha fatto solo lui stesso. Nella nostra conoscenza di Dio, nel nostro cammino verso Dio siamo totalmente legati alla potenza di queste parole "Chi vede me, vede pure il Padre".

Colui che è Infinito, inscrutabile, ineffabile si è fatto vicino a noi in Gesù Cristo, il Figlio unigenito, nato da Maria Vergine nella stalla di Betlemme.

Voi tutti che già avete la inestimabile ventura di credere, voi tutti che ancora cercate Dio, e pure voi tormentati dal dubbio: vogliate accogliere ancora una volta - oggi e in questo sacro luogo - le parole pronunciate da Simon Pietro. In quelle parole è la fede della Chiesa. In quelle stesse parole è la nuova verità, anzi, l'ultima e definitiva verità sull'uomo: il figlio del Dio vivente. "Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente"!


3. Oggi il nuovo Vescovo di Roma inizia solennemente il suo ministero e la missione di Pietro. In questa Città, infatti, Pietro ha espletato e ha compiuto la missione affidatagli dal Signore.

Il Signore si rivolse a lui dicendo: "...quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Jn 21,18).

Pietro è venuto a Roma! Cosa lo ha guidato e condotto a questa Urbe, cuore dell'Impero Romano, se non l'obbedienza all'ispirazione ricevuta dal Signore? Forse questo pescatore di Galilea non avrebbe voluto venire fin qui. Forse avrebbe preferito restare là, sulle rive del lago di Genezareth, con la sua barca, con le sue reti. Ma, guidato dal Signore, obbediente alla sua ispirazione, è giunto qui! Secondo un'antica tradizione (che ha trovato anche una sua magnifica espressione letteraria in un romanzo di Henryk Sienkiewicz), durante la persecuzione di Nerone, Pietro voleva abbandonare Roma. Ma il Signore è intervenuto: gli è andato incontro. Pietro si rivolse a lui chiedendo: "Quo vadis, Domine?" (Dove vai, Signore?). E il Signore gli rispose subito: "Vado a Roma per essere crocifisso per la seconda volta". Pietro torno a Roma ed è rimasto qui fino alla sua crocifissione.

Si, fratelli e figli, Roma è la Sede di Pietro. Nei secoli gli sono succeduti in questa Sede sempre nuovi Vescovi. Oggi un nuovo Vescovo sale sulla Cattedra Romana di Pietro, un Vescovo pieno di trepidazione, consapevole della sua indegnità. E come non trepidare di fronte alla grandezza di tale chiamata e di fronte alla missione universale di questa Sede Romana?! Alla Sede di Pietro a Roma sale oggi un Vescovo che non è romano. Un Vescovo che è figlio della Polonia. Ma da questo momento diventa pure lui romano.

Si, romano! Anche perché figlio di una nazione la cui storia, dai suoi primi albori, e le cui millenarie tradizioni sono segnate da un legame vivo, forte, mai interrotto, sentito e vissuto con la Sede di Pietro, una nazione che a questa Sede di Roma è rimasta sempre fedele. Oh, inscrutabile è il disegno della divina Provvidenza!


4. Nei secoli passati, quando il successore di Pietro prendeva possesso della sua Sede, si deponeva sul suo capo il triregno, la tiara. L'ultimo incoronato è stato Papa Paolo VI nel 1963, il quale, pero, dopo il solenne rito di incoronazione non ha mai più usato il triregno lasciando ai suoi successori la libertà di decidere

al riguardo.

Il Papa Giovanni Paolo I, il cui ricordo è così vivo nei nostri cuori, non ha voluto il triregno e oggi non lo vuole il suo successore. Non è il tempo, infatti, di tornare ad un rito e a quello che, forse ingiustamente, è stato considerato come simbolo del potere temporale dei Papi.

Il nostro tempo ci invita, ci spinge, ci obbliga a guardare il Signore e ad immergere in una umile e devota meditazione del mistero della suprema potestà dello stesso Cristo.

Colui che è nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname - come si riteneva -, il Figlio del Dio vivente, come ha confessato Pietro, è venuto per fare di tutti noi "un regno di sacerdoti".

Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato il mistero di questa potestà e il fatto che la missione di Cristo - Sacerdote, Profeta-Maestro, Re - continua nella Chiesa. Tutti, tutto il Popolo di Dio è partecipe di questa triplice missione. E forse nel passato si deponeva sul capo del papa il triregno, quella triplice corona, per esprimere, attraverso tale simbolo, che tutto l'ordine gerarchico della Chiesa di Cristo, tutta la sua "sacra potestà" in essa esercitata non è altro che il servizio, servizio che ha per scopo una sola cosa: che tutto il Popolo di Dio sia partecipe di questa triplice missione di Cristo e rimanga sempre sotto la potestà del Signore, la quale trae le sue origini non dalle potenze di questo mondo, ma dal Padre celeste e dal mistero della Croce e della Risurrezione.

La potestà assoluta e pure dolce e soave del Signore risponde a tutto il profondo dell'uomo, alle sue più elevate aspirazioni di intelletto, di volontà, di cuore. Essa non parla con un linguaggio di forza, ma si esprime nella carità e nella verità.

Il nuovo successore di Pietro nella Sede di Roma eleva oggi una fervente, umile, fiduciosa preghiera: "O Cristo! Fa' che io possa diventare ed essere servitore della tua unica potestà! Servitore della tua dolce potestà! Servitore della tua potestà che non conosce il tramonto! Fa' che io possa essere un servo! Anzi, servo dei tuoi servi".


5. Fratelli e sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l'uomo e l'umanità intera! Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.

Non abbiate paura! Cristo sa "cosa è dentro l'uomo". Solo lui lo sa! Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. E' invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi - vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia - permettete a Cristo di parlare all'uomo. Solo lui ha parole di vita, si! di vita eterna.

Proprio oggi la Chiesa intera celebra la sua "Giornata Missionaria Mondiale", prega, cioè, medita, agisce perché le parole di vita del Cristo giungano a tutti gli uomini e siano da essi accolte come messaggio di speranza, di salvezza, di liberazione totale.


6. Ringrazio tutti i presenti che hanno voluto partecipare a questa solenne inaugurazione del ministero del nuovo successore di Pietro.

Ringrazio di cuore i Capi di Stato, i Rappresentanti delle Autorità, le Delegazioni di Governi per la loro presenza che mi onora tanto.

Grazie a voi, Eminentissimi Cardinali della santa Chiesa Romana! Vi ringrazio, diletti fratelli nell'Episcopato! Grazie a voi, sacerdoti! A voi sorelle e fratelli, religiose e religiosi degli Ordini e delle Congregazioni! Grazie! Grazie a voi, Romani! Grazie ai pellegrini convenuti da tutto il mondo! Grazie a quanti sono collegati a questo Sacro Rito attraverso la Radio e la televisione!


7. (Omissis... pronunciato in varie lingue).

Apro il cuore a tutti i fratelli delle Chiese e delle Comunità Cristiane, salutando, in particolare, voi che qui siete presenti, nell'attesa del prossimo incontro personale; ma fin d'ora vi esprimo sincero apprezzamento per aver voluto assistere a questo solenne rito.

E ancora mi rivolgo a tutti gli uomini, ad ogni uomo (e con quale venerazione l'apostolo di Cristo deve pronunciare questa parola: uomo!).

Pregate per me! Aiutatemi perché io vi possa servire! Amen.

Data: 1978-10-22 Data estesa: Domenica 22 Ottobre 1978


Alle delegazioni di altre Chiese e Organizzazioni cristiane - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Progredire sulla via dell'unità

Carissimi fratelli in Cristo.

Noi vogliamo innanzitutto ringraziarvi dal profondo del cuore per essere venuti qui oggi. Infatti la vostra presenza testimonia la nostra comune volontà di stabilire legami sempre più stretti fra noi e di superare le divisioni ereditate dal passato, divisioni che - l'abbiamo già detto - sono un intollerabile scandalo che ostacola la proclamazione della buona novella della salvezza donata in Gesù Cristo, l'annuncio di questa grande speranza di liberazione di cui il mondo ha oggi tanto bisogno.

In questo primo incontro noi desideriamo confermarvi la nostra ferma volontà di proseguire sulla via dell'unità nello spirito del Concilio Vaticano II e sull'esempio dei nostri predecessori. Un buon tratto è stato percorso, ma non dobbiamo fermarci prima di essere arrivati alla meta, prima di aver realizzato questa unità che Cristo vuole per la sua Chiesa e per la quale ha pregato.

La volontà di Cristo, la testimonianza da rendere a Cristo, ecco la ragione che incita tutti e ciascuno di noi a non lasciarci scoraggiare in questo sforzo. Noi abbiamo fiducia che Colui che ha cominciato quest'opera in mezzo a noi, ci darà abbondantemente la forza di perseverare e di condurla verso la sua conclusione.

Vogliate dire a coloro che voi rappresentate e a tutti che l'impegno della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico, come è stato espresso solennemente nel Concilio Vaticano II, è irreversibile.

Noi ci rallegriamo delle relazioni di fraterna fiducia e di collaborazione che intrattenete con il nostro Segretariato per l'unità. Noi sappiamo che voi, insieme con esso, cercate pazientemente la soluzione delle controversie che ancora ci separano e i mezzi per progredire insieme in una fedeltà sempre più integrale a tutti gli aspetti della verità rivelata in Gesù Cristo. Noi vi assicuriamo che faremo di tutto per aiutarvi.

Che lo Spirito di amore e di verità ci conceda di ritrovarci spesso e sempre più vicini gli uni agli altri, sempre più in comunione profonda nel mistero di Cristo nostro unico Salvatore, nostro unico Signore. Che la Vergine Maria sia per noi un esempio di questa docilità allo Spirito Santo che è il fondamento più vero dell'atteggiamento ecumenico, che la nostra risposta sia sempre come la sua: io sono tuo servitore, sia fatto di me secondo la tua parola (cfr. Lc 1,19).

Data: 1978-10-22 Data estesa: Domenica 22 Ottobre 1978


Alle Missioni speciali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Al servizio del Vangelo per tutti gli uomini

Eccellenze, Signore, Signori.

Solamente qualche settimana fa il mio predecessore Giovanni Paolo I accoglieva i membri di simili Missioni con il sorriso e la semplicità che gli avevano fatto conquistare tutti i cuori. Nel suo indimenticabile ricordo, a mia volta vi esprimo la mia calorosa gratitudine per la vostra partecipazione alla cerimonia di apertura del mio pontificato. La mia gratitudine va innanzittutto a voi che presiedete al destino delle vostre nazioni: sono molto colpito che siate venuti di persona. Allo stesso modo ringrazio coloro che sono stati designati dai loro Governi e che assumono spesso una parte importante nella conduzione degli affari pubblici. Ringrazio i popoli e le Organizzazioni internazionali che voi rappresentate. Si, la vostra presenza è stata per me una gioia e un onore vivamente sentiti. E soprattutto mi è sembrata significativa dell'omaggio reso alla Chiesa cattolica e alla Santa Sede per la loro azione al servizio del Vangelo e dell'umanità.

Certo, gli uomini di Stato e i loro qualificati collaboratori hanno innanzitutto la responsabilità della propria nazione e del bene dei loro concittadini. Ma sempre di più s'impone la certezza, e voi siete i primi ad esserne convinti, che non può esserci vero progresso umano né pace durevole senza la ricerca coraggiosa, leale, disinteressata, di una crescente cooperazione e unità tra i popoli. Per questo la Chiesa incoraggia ogni iniziativa che possa essere presa, ogni passo che possa essere realizzato, sia su un piano bilaterale che multilaterale. Non è spesso l'unico modo per cominciare a dipanare problemi apparentemente insolubili? D'altro canto, le Organizzazioni internazionali, i cui rappresentanti sono qui affiancati a quelli degli Stati, hanno un ruolo estremamente importante e, mi auguro, sempre più efficace. Sono felice di sottolineare il loro contributo esattamente alla vigilia della "Giornata mondiale delle Nazioni Unite".

Si, in una congiuntura spesso difficile, voi avete enormi responsabilità, che richiedono molta lucidità, tenacia, apertura, nel rispetto delle esigenze fondamentali dell'uomo. Come non apprezzare questi sforzi nell'incerto cammino dell'umanità verso il suo progresso e la sua unità? Essi meritano stima e incoraggiamento.

I cristiani sono maggiormente sensibili a questa vocazione degli uomini alla cooperazione e all'unità in quanto, nel piano della salvezza, il messaggio evangelico rivela loro che Gesù di Nazaret "è morto per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52). Questo passo aveva senza dubbio colpito il celebre Vescovo di Ippona, sant'Agostino, che descrive l'umanità creata a immagine di Dio che, spezzata dal peccato, riempie dei suoi frantumi tutto l'universo: "Ma la misericordia divina ha raccolto i frammenti da ogni dove, li ha fusi col fuoco della carità, ha ricostituito la loro unità spezzata" (S. Agostino "Enarrat. in Psal." VC 15, PL 37, 1236).

La Chiesa, perseguendo il suo specifico scopo di condurre gli uomini sulla via della salvezza, è allo stesso modo persuasa di poter contribuire efficacemente a quest'opera di ricostruzione della famiglia umana e della sua storia, grazie all'amore evangelico (cfr. GS 40). E' anche per questo che la Santa Sede stabilisce delle relazioni con ciascuno dei vostri Governi e partecipa alle attività delle Organizzazioni internazionali. Sono felice di constatare con quale stima e fiducia la Comunità internazionale comprende ed accoglie un'azione che non ha altro fine se non quello di servirla.

E' necessario aggiungere, Eccellenze, Signore, Signori, che i principi che guidarono i miei predecessori, e particolarmente il compianto Papa Paolo VI, continueranno ad ispirare l'azione della Santa Sede? Eletto Vescovo di Roma ed erede dell'apostolo Pietro nell'esercizio della sua carica, il desiderio del bene di tutta la Chiesa e quello di tutta la famiglia umana guideranno inseparabilmente i miei sforzi. Ringrazio fin d'ora i Paesi e le le Istituzioni che voi rappresentate per la comprensione sempre più grande che, oso sperare, vorranno testimoniare in maniera effettiva verso i bisogni propriamente spirituali dell'uomo e per il modo con cui vorranno accogliere l'impegno della Santa Sede a questo riguardo.

Al di là delle vostre persone, saluto cordialmente ciascuno dei popoli e delle nazioni a cui appartenete, e ciascuna delle Organizzazioni internazionali a cui vi dedicate. Il Signore le benedica e ispiri il loro operato! E accordi a voi e alle vostre famiglie i doni della sua grazia e della sua pace!

Data: 1978-10-23 Data estesa: Lunedi 23 Ottobre 1978


Lettera al Cardinale Schröffer - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per il cinquantesimo di sacerdozio

Al nostro venerabile fratello Cardinal Joseph Schröffer.

Nella trepida attesa di tutta la Chiesa in questi giorni e nella generale concitazione tuttavia il nostro pensiero attento e premuroso corre a te, venerabile nostro fratello, e in particolare alla bellissima ricorrenza della tua vita di cui certamente fai memoria dentro di te con animo grato a Dio e con lode devota all'eterno sacerdote.

Infatti il 28 ottobre prossimo ricorrerà il cinquantesimo anniversario da quando tu, fedele della diocesi di Eystett, sei stato scelto per un misterioso disegno del Signore e sei diventato sacerdote del Popolo di Dio e hai iniziato una fervida attività nel tuo ministero sacerdotale che ha portato tanti e tali frutti sia all'amata comunità della città di Eystett sia a tutta la Chiesa universale.

Non vogliamo dunque in occasione di quella memorabile ricorrenza tralasciare di scrivere parole fraterne per ringraziarti convenientemente, dato l'affetto che nutriamo nei tuoi confronti e data l'alta stima che abbiamo dei tuoi numerosi meriti, per comunicarti la nostra partecipazione alla tua gioia e per dare solennità con le nostre parole alla stessa dignità di tale anniversario.

Sappiamo infatti con quanta premurosa sollecitudine hai vissuto quasi quarant'anni di sacerdozio nella cura pastorale del gregge di Eystett, prima come sacerdote poi per vent'anni come Vescovo. Hai speso questi ultimi anni del tuo fecondo apostolato caratterizzati da uguale dedizione al lavoro e da uguale senso di responsabilità nella Sede Apostolica presso la Sacra Congregazione della Istruzione cattolica e per i diversi incarichi che ti sono stati affidati come Cardinale.

Vediamo perciò che vi sono molti validi motivi perché, in questa felicissima occasione, tu pieno di gioia affidi a Cristo, l'autore stesso della salvezza e maestro dei sacerdoti, tutti gli incarichi che ti sono stati affidati e tutte le tue opere.

Venerabile nostro fratello di un lungo sacerdozio e poi nell'Episcopato, anche Noi nel nome del divino Redentore ti vogliamo fare gli auguri per il cinquantesimo di sacerdozio. Insieme agli auguri chiediamo a Dio per te abbondanti premi e consolazioni riservate ai fedeli ministri della Chiesa e una vita felice e piena di frutti; come pegno di tali doni desiderabili e come augurio elargiamo a te, come se fossimo presenti di persona, la benedizione apostolica.

Data: 1978-10-23 Data estesa: Lunedi 23 Ottobre 1978


All'arcidiocesi di Cracovia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Offro al Signore questa terra tanto amata

Alla diletta arcidiocesi di Cracovia, a tutto il Popolo di Dio, ai miei fratelli nell'Episcopato, ai sacerdoti, alle famiglie religiose maschili e femminili, a tutti! Scrivo a voi queste parole, carissimi fratelli e sorelle, nell'eccezionale e inaspettato momento in cui - per volontà di Nostro Signore Gesù Cristo, espressa dal conclave dei Cardinali, dopo la morte di Papa Giovanni Paolo I di indimenticabile memoria - lascio la Chiesa di Cracovia, la cattedra vescovile di santo Stanislao per assumere la cattedra di san Pietro a Roma. Non potrei fare a meno in questa circostanza di pensare a voi e di rivolgermi a voi, a cui per 20 anni mi ha unito in modo più stretto il mio ministero episcopale e prima ancora il lavoro pastorale e quello di professore, e ancor prima i difficili anni dell'occupazione durante la guerra, le esperienze del lavoro fisico e infine tutta la mia vita dalla nascita. Credetemi, venendo a Roma per il conclave non avevo altro desiderio che di tornare fra voi, alla mia carissima arcidiocesi e in Patria. Ma la volontà di Cristo era diversa, perciò rimango e inizio la nuova missione da lui affidatami. Missione tanto elevata ma anche tanto difficile e di così grande responsabilità. Se pensiamo e ragioniamo con la nostra mente, essa oltrepassa le forze umane. San Pietro non ha avuto, lui per primo, paura di questa missione, quando diceva al Cristo: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore"? (Lc 5,8). E anche dopo la risurrezione quando, indicando l'apostolo Giovanni, chiedeva: "Signore, e lui?". Ma il Cristo gli aveva ribadito: "Che importa a te? Tu seguimi" (Jn 21 Jn 21-22).

Miei carissimi fratelli e sorelle, permettete che Vi ringrazi per tutti gli anni della mia vita, anni di studio, di sacerdozio, di episcopato. Come potevo sapere che tutti questi anni mi avrebbero preparato alla chiamata, rivoltami da Cristo il 16 ottobre corrente nella Cappella Sistina? Tuttavia nella prospettiva di questo giorno debbo volgermi a guardare tutti coloro che mi hanno preparato senza saperlo a questa chiamata. Cioè, i miei carissimi genitori che non vivono più da tanto tempo; la mia parrocchia di Wadowice, dedicata alla Presentazione al tempio di Maria Vergine; le scuole elementari e medie; l'università Jagellonica, la facoltà di teologia; il seminario ecclesiastico. Cosa dovrei dire del mio predecessore sulla cattedra di santo Stanislao, cardinale Adam Stefan Sapieha, e del grande esule arcivescovo Eugeniusz Baziak, dei vescovi, dei sacerdoti e di tanti ferventi pastori, profondi ed eccellenti professori, dei religiosi e religiose esemplari; di tanti laici di ambienti differenti che ho incontrato nella mia vita; dei compagni di banchi di scuola, di università, di seminario; degli operai di "Solvay", degli intellettuali, scrittori, artisti, gente di professione diversa; e ancora di tanti sposi, di universitari, di gruppi apostolici, delle oasi, di tanti ragazzi e ragazze, che cercano il senso della vita col Vangelo in mano e che alle volte trovano la strada della vocazione sacerdotale o religiosa? Tutto questo porto nel mio cuore e in certo modo lo tengo con me: tutta la mia diletta Chiesa di Cracovia, singolare parte della Chiesa di Cristo in Polonia e singolare parte della storia della nostra Patria. La Cracovia vecchia e nuova, i nuovi quartieri, gli uomini nuovi, le nuove borgate, Nowa Huta; la sollecitudine per l'urgenza di nuove chiese e di nuove parrocchie; i nuovi bisogni per l'evangelizzazione, la catechesi e la pastorale. Tutto ciò mi segue sulla cattedra di san Pietro. Tutto ciò costituisce uno strato della mia anima che non posso lasciare. Lo strato della mia esperienza, della mia fede, del mio amore, che si allarga e abbraccia tanti luoghi a me cari, tanti santuari di Cristo e di sua Madre, come Mogila, Ludzmierz, Myslenice, Staniatki o Rychwald, e particolarmente Kalwaria Zebrzydowka con i suoi sentieri che percorrevo con tanto piacere.

Conservo negli occhi e nel cuore il panorama della terra di Cracovia, di Zywiec, di Slask, di Podhale, Beskidy e di Tatra. Offro al Signore questa terra tanto amata e l'intero paesaggio della Polonia, ma soprattutto gli uomini.

Ancora una volta ringrazio i Vescovi: Giulio, Giovanni, Stanislao, Albino, il capitolo metropolitano, gli addetti alla Curia, il consiglio presbiterale, i decani, i parroci e i vicari, perché la maggior parte di voi, cari fratelli, ha ricevuto l'ordinazione dal mio ministero episcopale.

Scrivendo queste parole, desidero assicurarVi del mio fedele ricordo e della preghiera costante.

Desidero che accettiate, come rivolti a voi, i pensieri che ho espresso nella lettera a tutti i connazionali.

Ho dovuto lasciare Cracovia la vigilia dei preparativi al grande giubileo di santo Stanislao. Forse Dio mi permetterà di prendervi parte. Spero che il lavoro dei sette anni in onore di santo Stanislao, quel lavoro che abbiamo

insieme iniziato nel 1972, maturi e si esprima con le decisioni del Sinodo pastorale, e con tutto ciò che tende al rinnovamento della Chiesa di Cracovia nello spirito del Vaticano II.

Dio Vi benedica tutti in tale opera. Benedica il nuovo metropolita di Cracovia, al quale verrà assegnata dopo di me la cattedra di santo Stanislao, e tutto il Popolo di Dio di codesta Chiesa. Ancora una volta Vi affido a Cristo attraverso le mani e il cuore della Madre di Dio.

Data: 1978-10-23 Data estesa: Lunedi 23 Ottobre 1978


Al Cardinale Giovanni Villot - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Chirografo per la nomina del Segretario di Stato

Al nostro venerato fratello il Signor Cardinale Giovanni Villot Vescovo titolare della Chiesa Suburbicaria di Frascati.

Dal momento in cui la fiducia dei Cardinali di Santa Romana Chiesa ci ha eletti a successore di Pietro nella sede di Roma, è stata nostra viva preoccupazione quella di provvedere alla scelta del nostro più diretto collaboratore nelle sollecitudini quotidiane del nostro ministero, vale a dire il Segretario di Stato.

Con gesto di profonda delicatezza Ella, Signor Cardinale, Ci ha manifestato subito l'avviso che per tale alto ufficio sembrerebbe conveniente, attese le presenti circostanze, prendere in considerazione un Cardinale di origine italiana.

Noi abbiamo sinceramente apprezzato questo suo gesto di totale disponibilità, che Le torna ad onore, ma riteniamo, dopo matura riflessione, di dovere - per il periodo iniziale del nostro pontificato - fare ricorso alla sua valida opera. Ben noti infatti sono i meriti che Ella si è acquistati servendo la Santa Sede con encomiabile dedizione, come pure non possiamo non tenere conto della sua esperienza quasi decennale accanto al Papa Paolo VI di venerata memoria, e di quella, seppur breve ma non meno intensa, a fianco del compianto nostro predecessore Giovanni Paolo I, oltre che della sua esperienza pastorale e della sua saggezza.

Pertanto, Noi La nominiamo, "donec aliter provideatur", nostro Segretario di Stato e, in pari tempo, Le affidiamo, Signor Cardinale, l'ufficio di Prefetto del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, di Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e di Presidente dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.

Siamo sicuri che Ella, confidando in Colui che dà la forza (cfr. Ph 4,13), continuerà a donare al successore di Pietro, alla Santa Sede e alla Chiesa intera quelle ricchezze interiori che Le hanno conquistato la stima, l'affetto e la fiducia dei nostri predecessori e di quanti hanno avuto la gioia e l'onore di avvicinarla.

Con questi voti invochiamo sulla sua persona e sul suo delicato compito la grazia del Signore e la protezione di Maria SS.ma, mentre Le impartiamo di gran cuore una speciale benedizione apostolica.

Data: 1978-10-24 Data estesa: Martedi 24 Ottobre 1978


Ai pellegrini polacchi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Conservate la fedeltà a Cristo, alla sua Croce, alla Chiesa

Carissimi miei connazionali.

Scrivo a voi queste parole nel giorno in cui ad uno dei figli della nostra Patria è toccato di assumere il ministero di vescovo sulla cattedra di san Pietro. Non posso non rivolgermi a voi tutti, fratelli e sorelle, figli della dilettissima Polonia, proprio in questo giorno, in cui, per gli imperscrutabili disegni della Provvidenza, mi trovo io, finora arcivescovo metropolita di Cracovia, a dover lasciare l'antichissima cattedra di santo Stanislao per assumere quella romana di san Pietro, e con essa la sollecitudine per tutta la Chiesa universale. E' difficile pensare e parlare di ciò senza una profondissima emozione. Sembra che non basti il cuore umano - e in particolare il cuore polacco - a contenere una tale emozione. Mancano anche le parole per esprimere tutti i pensieri che in questa circostanza si affollano alla mente. Tali pensieri e sentimenti non pervadono forse tutta la nostra storia? Non abbracciano il suo Millennio durante il quale noi, figli della Polonia, abbiamo conservato la fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa, alla Sede Apostolica, al patrimonio dei Santi Pietro e Paolo? In modo particolare pero questi pensieri e sentimenti si rivolgono all'ultimo periodo della nostra storia: storia della Patria e storia della Chiesa.

Quanto è stato difficile! Quanto duro! Simbolo di questo periodo di svolta è senz'altro la figura del Beato Massimiliano Maria Kolbe il quale, qualche anno fa, è stato elevato alla gloria degli altari dall'indimenticabile Santo Padre Paolo VI.

Ed ecco: una cosa significativa, umanamente parlando difficile a comprendersi. Proprio in questi ultimi decenni la Chiesa in Polonia ha acquisito un particolare significato nel contesto della Chiesa universale e della cristianità. La Chiesa in Polonia è diventata oggetto di grande interesse a causa dello specifico sistema di rapporti, sistema che ha tanta importanza nelle ricerche che l'umanità di oggi, i vari popoli e stati, intraprendono nel campo sociale, economico e culturale. La Chiesa in Polonia ha acquistato una nuova voce, è diventata la Chiesa di una particolare testimonianza alla quale tutto il mondo guarda. In questa Chiesa vive e si esprime il nostro popolo, la generazione di oggi.

Se non si accetta questo fatto, non si può capire neanche che oggi parli a voi un papa "polacco". E' difficile capire come un conclave, che il 26 agosto (festa della Madonna di Czestochowa) aveva fatto un magnifico dono alla sua Chiesa nella persona del Santo Padre Giovanni Paolo I, successivamente, dopo la sua indimenticabile morte, avvenuta dopo appena 33 giorni di pontificato, abbia chiamato alla cattedra di san Pietro un cardinale polacco. E' difficile capire come questa scelta non abbia incontrato opposizioni, ma comprensione e perfino una benevola accettazione.

Venerabile e diletto Cardinale Primate, permetti che Ti dica semplicemente ciò che penso. Non ci sarebbe sulla cattedra di Pietro questo papa polacco, che oggi pieno di timore di Dio, ma anche di fiducia, inizia un nuovo pontificato, se non ci fosse la tua fede, che non ha indietreggiato dinanzi al carcere e alla sofferenza. Se non ci fosse la tua eroica speranza, la tua fiducia senza limiti nella Madre della Chiesa. Se non ci fosse Jasna Gora, e tutto il periodo della storia della Chiesa nella nostra Patria, unito al tuo ministero di vescovo e di Primate. Dicendo questo a Te, lo dico anche a tutti i miei fratelli nell'episcopato: a tutti insieme e a ciascuno di loro. A tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose e a ciascuno in particolare. così come a tutti e a ognuno dei miei dilettissimi connazionali, fratelli e sorelle in patria e fuori della patria. Lo dico anche a Te, caro cardinale di Filadelfia negli Stati Uniti, e a tutti i vescovi di origine polacca in tutto il mondo. Lo dico a tutti i connazionali senza eccezione, rispettando il loro credo e le loro convinzioni.

L'amore della patria ci unisce e deve unirci al di sopra di ogni divergenza. Esso non ha niente in comune con un ristretto nazionalismo o sciovinismo, ma scaturisce dalla legge del cuore umano. E' misura della nobiltà dell'uomo. Misura messa alla prova molte volte durante la nostra non facile storia.

Cari connazionali, non è facile rinunciare al ritorno in patria "a questi campi ricchi di svariati fiori, inargentati di frumento e dorati di segala" come scrive Mickiewicz. A questi monti e valli, ai laghi e ai fiumi, agli uomini tanto amati, a questa città reale. Ma se tale è la volontà di Cristo, bisogna accettarla e perciò l'accetto. Prego solo che questa lontananza ci unisca ancor più e ci consolidi nella vera vicendevole carità. Non mi dimenticate nella preghiera a Jasna Gora e in tutto il paese, affinché questo Papa, che è sangue del

Vostro sangue e cuore dei Vostri cuori, serva bene la Chiesa e il mondo nei difficili tempi che precedono la fine di questo secondo millennio. Vi prego anche: conservate la fedeltà a Cristo, alla sua Croce, alla Chiesa e ai suoi pastori. E ancora: opponetevi a tutto ciò che contrasta con la dignità umana e che degrada i costumi di una sana società, che può alle volte minacciare perfino la sua esistenza e il bene comune, che può diminuire il nostro contributo al comune patrimonio dell'umanità, delle nazioni cristiane, della Chiesa di Cristo.

Permettete che citi le parole di san Paolo: "Nel caso che io venga e vi veda..." (cfr. Ph 1,27). Vorrei tanto venire da voi per il novecentesimo anniversario di santo Stanislao, al quale ci siamo così fervorosamente preparati nell'arcidiocesi e metropoli di Cracovia e anche in tutta la Polonia, perché questo è giubileo del suo più antico patrono. Spero che questo giubileo porti il rinnovamento della nostra fede e della morale cristiana, poiché in santo Stanislao vediamo un patrono dell'ordine morale come in sant'Adalberto il patrono dell'ordine gerarchico da quasi mille anni.

Desidero benedirvi, e lo faccio non solo in virtù della mia missione di vescovo e di papa, ma anche per rispondere ad un profondo bisogno del cuore. E voi, cari connazionali, oggi come tutte le volte che accoglierete la benedizione del papa Giovanni Paolo II, ricordatevi che egli è uscito di mezzo a voi e che ha diritto particolare al Vostro affetto e alla Vostra preghiera.

Data: 1978-10-24 Data estesa: Martedi 24 Ottobre 1978


GPII 1978 Insegnamenti - Ai giornalisti - Città del Vaticano (Roma)