GPII 1978 Insegnamenti - Ai ragazzi e ai giovani in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Ai ragazzi e ai giovani in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il dono più prezioso del Padre agli uomini

Carissimi ragazzi e ragazze, e carissimi giovani! Anche oggi siete venuti numerosi a fare visita al Papa. E io vi ringrazio di cuore per questo incontro così festoso e affettuoso, che dà letizia e speranza, prolungando l'atmosfera della serenità natalizia, tanto soave e tanto bella.

In particolare, desidero rivolgere un cordiale saluto ai pellegrini provenienti dalla diocesi di Caserta, accompagnati dal loro caro Vescovo. Siate i benvenuti! Sono molto lieto di accogliervi.


1. Siamo nella settimana di Natale e il sentimento più profondo che continuiamo a provare è quello della gioia. Chissà che magnifica giornata natalizia avete passato con i vostri genitori, con i vostri fratelli, con i parenti e con gli amici! Avrete preparato il presepio e avrete partecipato alla Messa di mezzanotte e forse qualcuno di voi avrà cantato i suggestivi canti natalizi nel coro della propria parrocchia... Soprattutto molti - moltissimi, spero - avranno ricevuto Gesù nella santa Eucaristia, incontrando così personalmente il divino Maestro, nato su questa terra circa duemila anni fa. Bravi! Che questa intima letizia non svanisca mai dai vostri animi! Ma da dove nasce tutta questa gioia così pura, così dolce, così misteriosa? Nasce dal fatto che Gesù è venuto su questa terra, che Dio stesso si è fatto uomo e ha voluto inserirsi nella nostra povera e grande storia umana. Gesù è il dono più grande e più prezioso che il Padre ha fatto agli uomini e per questo i nostri cuori esultano di gioia.

Sappiamo bene che anche durante le feste natalizie ci sono state e rimangono tuttora lacrime e amarezze; molti bambini forse l'hanno trascorso nel freddo, nella fame, nel pianto, nella solitudine... Eppure, nonostante il dolore che talvolta penetra nella nostra vita, il Natale è un raggio di luce per tutti, perché ci rivela l'amore di Dio e ci fa sentire la presenza di Gesù con tutti, specialmente con coloro che soffrono. Proprio per questo motivo Gesù ha voluto nascere nella povertà e nell'abbandono di una grotta ed essere posto in una mangiatoia.

Mi viene spontaneo nella mente il ricordo dei miei sentimenti e delle mie vicende, cominciando dagli anni della mia infanzia nella casa paterna, attraverso gli anni difficili della giovinezza, il periodo della seconda guerra, la guerra mondiale. Possa essa non ripetersi mai più nella storia dell'Europa e del mondo! Eppure perfino negli anni peggiori, il Natale ha sempre portato con sé qualche raggio. E questo raggio penetrava anche nelle più dure esperienze di disprezzo dell'uomo, di annientamento della sua dignità, di crudeltà. Basta, per rendersene conto, prendere in mano le memorie degli uomini che sono passati per le carceri o per i campi di concentramento, per i fronti di guerra e per gli interrogatori e i processi.


2. Il secondo sentimento che sgorga spontaneo da questi giorni natalizi è perciò la riconoscenza.

Chi è Gesù Bambino? Chi è quel piccolo fanciullo, povero e fragile, nato in una grotta e deposto in una mangiatoia? Noi sappiamo che è il Figlio di Dio fatto uomo! "E il Verbo si fece carne e abito fra di noi" (Jn 1,14).

La dottrina cristiana ci insegna che la Seconda Persona della santissima Trinità, ossia l'Intelligenza Infinita del Padre (il Verbo), nel seno di Maria santissima e per opera dello Spirito Santo, ha assunto in sé la "natura umana", prendendo un corpo e un'anima come noi.

Ecco la nostra certezza: noi sappiamo che Gesù è uomo come noi, ma in pari tempo è il "Verbo Incarnato", è la Seconda Persona della santissima Trinità diventata uomo; e perciò in Gesù la natura umana, e quindi tutta l'umanità, è redenta, salvata, nobilitata fino al punto di diventare partecipe della "vita divina" mediante la Grazia.

In Gesù ci siamo tutti; la vera nostra nobiltà e dignità ha la sua sorgente nel grande e sublime avvenimento del Natale.

perciò è spontaneo e logico un senso di profonda e gioiosa riconoscenza a Gesù che è nato per ognuno di noi, per nostro amore e per la nostra salvezza.

Rileggete e meditate personalmente le pagine del Vangelo di Matteo e di Luca; riflettete sul mistero di Betlemme per comprendere sempre più il vero valore del Natale e non lasciarlo mai decadere in una festa consumistica, o solo esterna.


3. Infine, accenno ancora a un terzo sentimento che si ricava dall'episodio dei pastori. L'angelo avverte i pastori, completamente ignari, che un grande avvenimento è accaduto a Betlemme: è nato il Salvatore e lo troveranno avvolto in

fasce e posto in una mangiatoia. Che cosa fecero i pastori? "Andarono e trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino che giaceva nella mangiatoia" (Lc 2,16).

Avete compreso la lezione dei pastori? Essi ascoltano la voce dell'angelo, si mettono subito alla ricerca e alla fine trovano Gesù. E' un fatto storico molto eloquente e significativo, e simboleggia la ricerca che l'uomo deve compiere per trovare Dio. L'uomo è l'essere che cerca Dio, perché cerca la felicità.

Tutti dobbiamo cercare Gesù.

Molte volte bisogna cercarlo perché non lo si conosce ancora; altre volte perché lo si è smarrito; altre volte invece lo si cerca per conoscerlo meglio, per amarlo di più e per farlo amare.

Si può dire che tutta la vita dell'uomo e tutta la storia umana è una grande ricerca di Gesù. A volte la ricerca può essere ostacolata da difficoltà intellettuali, da motivi esistenziali, vedendo tanto dolore e tanto male intorno noi e dentro di noi; e anche da problemi morali, dovendo poi cambiare mentalità e modo di vivere.

Non bisogna lasciarsi bloccare dalla difficoltà; ma come i pastori di Betlemme si deve con coraggio partire e mettersi alla ricerca. Tutti gli uomini devono avere il diritto e la libertà di cercare Gesù! Tutti gli uomini devono essere rispettati nella loro ricerca, in qualunque punto del cammino si trovino.

Tutti devono anche avere la buona volontà di non girovagare di qua e di là, senza impegnarsi a fondo, ma di puntare decisamente su Betlemme. Qualcuno ha raccontato la storia e l'itinerario del suo cammino e del suo incontro con Gesù in libri assai interessanti che meritano di essere letti. I più invece tengono nascosto nel loro intimo questa stupenda avventura spirituale. L'essenziale è cercare per trovare, ricordando la famosa frase che il grande filosofo e matematico francese Blaise Pascal fa dire a Gesù: "Tu non mi cercheresti affatto, se non mi avessi già trovato" (Pensées, 553: "Il mistero di Gesù").

Carissimi ragazzi e ragazze! I pastori trovarono Gesù e "se ne tornarono glorificando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro" (Lc 2,6-20).

Fortunati noi che abbiamo cercato e trovato Gesù! Non perdiamo Gesù! Non perdete Gesù! Anzi, come i pastori, siate testimoni del suo amore! Questo è l'augurio di Natale che vi esprimo dal profondo del cuore.

Chiedo a Maria santissima, madre di Gesù e madre nostra, che nei vostri animi, nelle vostre famiglie, nelle vostre scuole, nei vostri giochi sia sempre Natale, con la gioia della vostra fede, con l'impegno della vostra bontà, con lo splendore della vostra innocenza.

Vi aiuti e vi sostenga anche la mia benedizione, che con paterno affetto imparto a voi, ai vostri cari, a tutti quelli che si sono uniti a voi in questa udienza.

Data: 1978-12-27 Data estesa: Mercoledi 27 Dicembre 1978




Ai Medici Cattolici Italiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Libertà di coscienza e difesa della vita

Illustri Signori e diletti figli dell'Associazione Medici Cattolici Italiani.

Nel darvi cordialmente il benvenuto in questa, che è divenuta ormai la mia casa, desidero esprimervi innanzitutto la mia gioia per questo incontro, nel quale posso fare la conoscenza di tante persone eminenti per meriti scientifici, ammirevoli per l'alto senso del dovere, esemplari per la coraggiosa professione della fede cristiana. Vi sono sinceramente grato della cortesia e dell'affezione, di cui questa vostra visita è segno manifesto e consolante, e sono lieto, pertanto, di rivolgere il mio saluto allo zelante vostro Assistente Ecclesiastico, il venerato fratello Monsignor Fiorenzo Angelini, all'illustre vostro Presidente, il Professor Pietro de Franciscis, coadiuvato validamente dai tre Vice Presidenti, all'infaticabile Segretario generale, Professor Domenico Di Virgilio, ai membri del Consiglio Nazionale, ai Delegati Regionali e ai Presidenti delle Sezioni diocesane, alla rappresentanza dei membri dell'Associazione, come anche al gruppo di infermieri cattolici, la cui presenza odierna vuol essere testimonianza della stretta collaborazione, che essi intendono attuare con voi medici nel servizio dei malati.

Colgo volentieri l'occasione per manifestare pubblicamente la stima grande, che nutro verso una professione come la vostra, da tutti e da sempre considerata più come una missione che come un comune lavoro. La dignità e la responsabilità di una tale missione non saranno mai sufficientemente comprese, né mai adeguatamente espresse. Assistere, curare, confortare, guarire il dolore umano, è impegno che per nobiltà, per utilità, per idealità si avvicina da presso alla vocazione stessa del sacerdote. Tanto nell'uno quanto nell'altro ufficio, infatti, trova più immediata ed evidente manifestazione il supremo comandamento dell'amore del prossimo, un amore chiamato non raramente ad attuarsi anche in forme che attingono il vero e proprio eroismo. Non deve stupire, pertanto, il solenne ammonimento della Sacra Scrittura: "Onora il medico come si deve secondo il bisogno, perché anch'egli è stato creato dal Signore. Dall'Altissimo infatti viene la guarigione" (Si 38,1-2).

La vostra Associazione è sorta per favorire il conseguimento delle alte finalità della professione e arricchirle dell'apporto specifico dei valori cristiani. Per misurare l'importanza del contributo che essa intende recare alla vostra attività di medici cristiani, basta richiamare il dettato dell'articolo 2 dello Statuto, ove sono indicati come scopi dell'Associazione quelli di qualificare la formazione morale, scientifica e professionale degli aderenti, di promuovere gli studi medico-morali alla luce dei principi della dottrina cattolica, di animare lo spirito di autentico servizio umano e cristiano dei medici nel rapporto con l'ammalato, di agire per la sicurezza del più dignitoso esercizio della professione e per la tutela dei giusti interessi della classe medica, di educare i Soci alla retta corresponsabilità ecclesiale e alla generosa disponibilità per ogni attività caritativa connessa con l'esercizio della professione.

Non sono propositi restati sulla carta soltanto. Rendo atto volentieri all'azione di sensibilizzazione e di orientamento, svolta dall'Associazione in questi anni tra la classe medica italiana, sia attraverso la varia e qualificata produzione editoriale, sia mediante l'apprezzato periodico "Orizzonte Medico", sia nei "Corsi di Studio" (di quello recente su "L'Uomo della Sindone" mi sono stati offerti gentilmente in omaggio gli Atti), che hanno visto, nell'arco di undici anni, valenti specialisti delle diverse scienze misurarsi con temi antropologici di fondamentale interesse, alla ricerca di una risposta appagante per l'uomo e per il cristiano. Non posso che esprimere apprezzamento e plauso: la finalità formativa, che mediante tali strumenti si persegue, merita di essere cordialmente approvata e gli sforzi spesi in tale direzione devono essere caldamente incoraggiati.

Ciò vale soprattutto oggi, quando potenti correnti d'opinione, sostenute efficacemente dai grandi mezzi di comunicazione di massa, cercano di influenzare in ogni modo la coscienza dei medici, per indurli a prestare la loro opera in pratiche contrarie all'etica non solo cristiana, ma anche semplicemente naturale, in aperta contraddizione, con la deontologia professionale, espressa nel celeberrimo giuramento dell'antico medico pagano.

Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace dello scorso primo gennaio, il mio grande predecessore Paolo VI, di venerabile memoria, rivolgendosi con una speciale parola ai medici, indicati come "sapienti e generosi tutori della vita umana", espresse la fiducia che al "ministero religioso" potesse trovarsi affiancato il "ministero terapeutico" dei medici, nell'affermazione e nella difesa

della vita umana in tutte "quelle singolari contingenze nelle quali la vita stessa può essere compromessa per positivo e iniquo proposito d'umana volontà". Sono certo che questo appello accorato e profetico ha trovato e trova larghissima eco di consensi non solo fra i medici cattolici, ma anche fra quelli che, pur non sorretti dalla fede, sono tuttavia profondamente compresi delle superiori esigenze della loro professione.

Come ministro di quel Dio che nella Scrittura è presentato quale "amante della vita" (Sg 11,26), desidero esprimere anch'io la mia sincera ammirazione per tutti gli operatori sanitari che, seguendo il dettato della retta coscienza, sanno quotidianamente resistere a lusinghe, pressioni, minacce e talvolta anche a violenze fisiche, per non macchiarsi di comportamenti in qualsiasi modo lesivi di quel bene sacro, che è la vita umana: la loro testimonianza coraggiosa e coerente costituisce un importantissimo contributo alla costruzione di una società che, per essere a misura d'uomo, non può non porre a suo cardine il rispetto e la tutela del primordiale presupposto di ogni altro diritto umano, il diritto cioè a vivere.

Il Papa unisce volentieri la sua voce a quella di tutti i medici di retta coscienza e fa proprie le loro richieste fondamentali: la richiesta innanzitutto di vedere riconosciuta la natura più intima della loro nobile professione, che li vuole ministri della vita e mai strumenti di morte; la richiesta poi di un rispetto pieno e totale, nella legislazione e nei fatti, della libertà di coscienza, intesa come diritto fondamentale della persona a non essere forzata ad agire contro la propria coscienza né impedita di comportarsi in conformità ad essa; infine oltre che la richiesta di una indispensabile e ferma tutela giuridica della vita umana in tutti i suoi stadi, anche quella di adeguate strutture operative, che favoriscono l'accoglienza gioiosa della vita nascente, la sua promozione efficace durante lo sviluppo e la maturità, la sua tutela premurosa e delicata, quando ne comincia il declino e fino al naturale suo spegnersi.

Il servizio alla vita deve vedere impegnati, con generoso entusiasmo, soprattutto i medici cattolici, i quali nella loro fede in Dio creatore, di cui l'uomo è immagine, e nel mistero del Verbo eterno disceso dal cielo nella fragile carne di un bimbo indifeso, trovano una nuova e più alta ragione di dedizione solerte alla cura amorevole e alla tutela disinteressata di ogni fratello, specialmente se piccolo, povero, inerme, minacciato. Mi è di conforto sapere che queste convinzioni sono profondamente radicate nel vostro animo: esse ispirano e orientano la vostra quotidiana attività professionale e sanno suggerirvi, quando è necessario, prese di posizione, anche pubbliche, chiare e inequivocabili.

Come non menzionare, a questo proposito, l'esemplare testimonianza da voi resa, con adesione tempestiva e compatta alle indicazioni dell'Episcopato, nella recente e dolorosa vicenda della legislazione abortiva. E' stata una testimonianza nella quale - lo sottolineo con fierezza nella mia qualità di Vescovo di Roma - questa Città si è particolarmente distinta, offrendo anche ai medici non cattolici un richiamo e un incitamento di provvidenziale efficacia.

Questo gesto responsabile raggiungerà più efficacemente i suoi fini di affermazione del diritto di libertà di coscienza del personale medico e paramedico sancito da apposita clausola nella legge, di coerenza personale, di difesa del diritto alla vita e di denuncia sociale di una situazione legale lesiva della giustizia se adottato con autenticità di motivazioni e confermato da una disinteressata generosità aperta a tutti gli impegni e le iniziative a servizio della persona umana.

Non mi nascondo che la coerenza con i principi cristiani può significare per voi la necessità di esporvi al rischio di incomprensioni, di fraintendimenti, e anche di pesanti discriminazioni. Nell'ipotesi ben triste di una simile evenienza, vi soccorra la parola programmatica, a cui si ispiro costantemente un vostro grande collega, il Beato Giuseppe Moscati: "Ama la verità - egli scriveva in una nota personale il 17 ottobre 1922 -; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio" (cfr.

"Positio super virtutibus", Roma 1972). Non è forse normale, del resto, che si attui nella vita del cristiano la predizione di Cristo: "Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi"? (Jn 15,20). Sarà il caso, allora, di ricordare che il Maestro divino ha riservato una speciale beatitudine per coloro che sono insultati e perseguitati "a causa sua" (cfr. Mt 5,11-12).

Nel confermarvi, pertanto, insieme con la mia stima, il cordiale incoraggiamento a proseguire sulla strada della testimonianza coraggiosa e del servizio esemplare in favore della vita umana, imploro sui vostri buoni propositi l'aiuto della Vergine santissima, che voi amate invocare come "Salus infirmorum et Mater scientiae", imploro la protezione di san Luca "medico caro" (Col 4,14), che voi onorate come patrono, e pensando con affetto paterno ai vostri Colleghi

dell'Associazione sparsi in tutta Italia, alle rispettive famiglie, come anche ai tanti malati, a cui vanno le vostre quotidiane sollecitudini su voi e su loro levo le mie mani per impartire, con effusione di cuore, una speciale benedizione apostolica, propiziatrice di ogni desiderato conforto celeste.

Data: 1978-12-28 Data estesa: Giovedi 28 Dicembre 1978


Ai Delegati della FIDAE - Città del Vaticano (Roma)

Carissimi Delegati della Federazione degli Istituti di Attività Educative! Sapendo della vostra presenza a Roma in occasione della tradizionale assemblea di fine d'anno, ho voluto riservarvi e riservarmi un incontro particolare con voi non soltanto a motivo del vostro gran numero, ma anche e soprattutto per la qualificata testimonianza che voi qui rendete come rappresentanti della Scuola Cattolica in Italia. Mi è stato detto che il mio venerato predecessore Paolo VI non ha mai omesso di rivolgervi la sua illuminata parola nelle analoghe circostanze degli anni scorsi, e allora ho pensato di poter fare altrettanto anch'io e di rispondere, prima di tutto, alla deferenza, alla devozione, al fervore della vostra visita.

Si, fratelli e figli carissimi, desidero ringraziarvi dei vostri sentimenti affettuosi, e ancor più del lavoro intelligente, indefesso, impreziosito dai tanti sacrifici - piccoli e grandi - che l'attività scolastico-educativa comporta ai nostri giorni. Non Parlo solo del lavoro di coordinazione e di organizzazione che è necessario perché codesta Federazione, "qua talis", possa ben funzionare, diffondendo a comune vantaggio, tra i numerosi Istituti ch'essa riunisce, informazioni, orientamenti, proposte e iniziative; parlo specialmente del lavoro che ciascun Istituto e, nel suo ambito, ciascuno dei Dirigenti, e degli Insegnanti svolge quotidianamente, affrontando e superando non sempre facili problemi, per rendere sempre più incisiva, proficua, originale, esemplare la funzione delle Scuole, fondate o dipendenti dall'Autorità Ecclesiastica, nel contesto della pubblica istruzione.

La mia parola vuol essere un riconoscimento ed insieme un incoraggiamento. Riconoscimento in italiano - lo so per l'ovvia ragione etimologica - vuol dire anche riconoscenza: ebbene, il riconoscimento-riconoscenza che a voi è venuto dalla Conferenza Episcopale Italiana è pienamente condiviso dal Papa, il quale assicura di seguirvi con simpatia e fiducia nella vostra benemerita attività. In un'epoca come la nostra, è urgente, più che in passato, conservare l'immagine - la tipologia, direi - di una scuola cristiana che, nella sempre leale osservanza delle norme generali previste dalla competente legislazione scolastica del rispettivo Paese, assuma come suo punto di partenza e, altresi, come suo traguardo di arrivo l'ideale di un'educazione integrale - umana, morale e religiosa - secondo il Vangelo di Nostro Signore. Prima dei programmi di studio, prima dei contenuti dei diversi corsi d'insegnamento - voi lo sapete bene - per una Scuola autenticamente cattolica è e resta essenziale questo indeclinabile riferimento alla superiore e trascendente pedagogia di Cristo-Maestro. Priva di esso, le mancherebbe la fonte stessa dell'ispirazione, le mancherebbe il suo asse centrale, le mancherebbe quell'elemento specifico che la definisce e la individua in mezzo alle altre strutture organizzative didattiche o agli altri centri di promozione culturale. E' giusto, quindi, che esso sia richiesto dai singoli Istituti che fan capo alla vostra associazione, e anche da quanti responsabilmente vi operano ai vari livelli.

Volendo interpretare la sigla FIDAE, ho notato che avete di recente adottato una lettura, in parte, nuova per mettere l'accento sulle "attività educative". Questo più lucido finalismo pedagogico e formativo torna a vostro onore, perché vuol dire appunto che per voi l'insegnamento delle discipline scolastiche e l'uso degli strumenti didattici necessari all'istruzione si inscrivono nel più vasto programma di quella "paideia" cristiana, che s'inscrive, a sua volta, nella missione evangelizzatrice affidata alla Chiesa dal suo divin Fondatore.

Io mi compiaccio sinceramente di questa impostazione, e apprezzo molto questa collaborazione. Vi esorto, pertanto, a mantenervi sempre all'una e all'altra coerenti e fedeli, sorretti dal pensiero o, meglio, dalla convinzione che così svolgete un prezioso servizio ecclesiale, oltreché culturale e civile.

Con la mia cordiale benedizione.

Data: 1978-12-29 Data estesa: Venerdi 29 Dicembre 1978


All'Azione Cattolica Italiana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Impegno per la verità, la santità e l'amicizia

Sorelle e fratelli carissimi! Una grande, paterna letizia pervade il mio cuore nel ricevervi oggi per la prima volta nell'atmosfera così suggestiva e toccante del Natale.

Voi, aderenti all'Azione Cattolica Italiana, avete chiesto di "vedere Pietro" e siete venuti in numero straordinariamente elevato, colmi di fervore e di gioia, per portare la vostra testimonianza di fedeltà e di amore e per ascoltare la parola del Vicario di Cristo; e io vi ringrazio sentitamente e ad ognuno di voi personalmente rivolgo il mio saluto pieno di affetto. In particolare, ringrazio il vostro Presidente per le elevate parole con cui ha voluto interpretare i vostri sentimenti.


1. Desidero, innanzitutto, esprimervi il mio compiacimento per quello che voi rappresentate nella Chiesa italiana. Da più di cento anni, infatti, l'Azione Cattolica vive e lavora in questa diletta Nazione, nella quale la sua presenza si è rivelata valida fonte di formazione per tanti fedeli di ogni età e di ogni categoria, dai fanciulli agli adulti, dagli studenti ai lavoratori, dai maestri ai laureati; vivaio di vocazioni per la vita sacerdotale e religiosa; scuola di apostolato concreto e diretto nei vari luoghi di impegno e di lavoro. Quanti Vescovi e quanti sacerdoti provengono dalle fila dell'Azione Cattolica! Quante vocazioni religiose sono sgorgate dal seno dell'Azione Cattolica! E quanti papà e mamme sono stati, e sono tuttora, veri educatori e formatori della coscienza dei loro figli, grazie alla formazione ricevuta negli incontri di "Associazione", e grazie all'apostolato esercitato con amore e con entusiasmo nella propria parrocchia e nella propria diocesi! In voi, dunque, io posso e devo soprattutto confidare.

Voi avete compreso ciò che dice l'articolo 2 del vostro Statuto per cui l'obiettivo dell'Azione Cattolica Italiana è "l'evangelizzazione, la santificazione degli uomini, la formazione cristiana delle loro coscienze in modo che riescano ad impregnare di spirito evangelico le comunità e i vari ambienti"; voi conoscete le direttive date dalla Conferenza Episcopale Italiana in una lettera del 2 febbraio 1976, secondo la quale l'Azione Cattolica opera lungo tre direzioni: l'impegno formativo; il servizio pastorale effettivo entro le strutture ecclesiali e nelle situazioni di vita; e la pratica ricomposizione della sintesi tra fede e vita in ogni ambiente; infine voi avete ancora presenti le parole illuminatrici del grande Papa Paolo VI, di venerata memoria, che il 25 aprile 1977, ai partecipanti all'assemblea nazionale diceva: "L'Azione Cattolica deve riscoprire la passione per l'annuncio del Vangelo, unica salvezza in un mondo altrimenti disperato. Certo, l'Azione Cattolica ama il mondo, ma di un amore che trae ispirazione dall'esempio di Cristo. Il suo modo di servire il mondo e di promuovere i valori dell'uomo è primariamente quello di evangelizzare, in logica coerenza con la convinzione che nell'Evangelo è racchiusa la potenza più sconvolgente, capace di fare veramente nuove tutte le cose".

Io confido in voi, perché l'Azione Cattolica, per sua intima natura, ha particolari rapporti col Papa e quindi con i Vescovi e con i sacerdoti: questa è la sua caratteristica essenziale. Ogni gruppo "ecclesiale" è un modo e un mezzo per vivere più intensamente il Battesimo e la Cresima; ma l'Azione Cattolica deve farlo in modo tutto speciale, perché essa si pone quale aiuto diretto della Gerarchia, partecipando alle sue ansie apostoliche. perciò io, come Vicario di Cristo, stringendo idealmente la mano ai seicentocinquantamila iscritti, dico a ciascuno: "Coraggio! Sii forte e generoso! Io conto su di te! Fa' onore a Cristo, alla Chiesa e al Papa!".


2. Che cosa, in questo eccezionale incontro, posso dirvi che vi accompagni e vi sia di sostegno, in questi momenti non facili, nei quali la Provvidenza ci ha posti a vivere? Molto si è già detto e molto si dirà ancora su questa seconda metà del secolo ventesimo, così turbinoso e inquieto, analizzando i vari fenomeni economici, sociali, politici, che ne connotano la fisionomia. Ma forse la caratteristica che, tra le varie, sempre più si va rivelando come fondamentale, è il "pluralismo ideologico".

Tale concetto indubbiamente merita una profonda verifica per quanto riguarda il suo contenuto teoretico e le sue implicazioni pratiche. Se vogliamo che questo "pluralismo", a livello pratico, non implichi unicamente la radicale contrapposizione dei valori, il preoccupante sbandamento culturale, il "laicismo" unilaterale nelle strutture statali, la crisi delle istituzioni e anche una drammatica inquietudine delle coscienze, di cui ogni giorno facciamo esperienza nei rapporti sia pubblici che privati, allora è necessaria quella matura coscienza

cristiana della Chiesa, alla quale, in modo previdente, si riferiva il Papa Paolo VI nell'enciclica "Ecclesiam Suam".

Proprio a questa rinnovata coscienza della Chiesa, cioè ad una fede approfondita, matura, sensibile a tutti i "segni dei tempi", ci ha preparato il Concilio Vaticano II.

perciò, grande e importante è il compito dell'Azione Cattolica nel nostro tempo, su "questa terra dolorosa, drammatica e magnifica", come ebbe a qualificarla il mio predecessore Paolo VI nel suo Testamento.

a) Prima di tutto abbiate il culto della Verità.

Per poter veramente impegnare il proprio tempo e le proprie capacità per la salvezza e la santificazione delle anime, prima e principale missione della Chiesa, bisogna possedere innanzitutto certezza e chiarezza circa le verità che si devono credere e praticare. Se si è insicuri, incerti, confusi, contraddittori, non si può costruire. Particolarmente oggi bisogna possedere una fede illuminata e convinta, per poter essere illuminanti e convincenti. Il fenomeno della "culturalizzazione" di massa, esige una fede approfondita, chiara, sicura. Per questo motivo vi esorto a seguire con fedeltà l'insegnamento del Magistero. A questo proposito, come non ricordare le parole del mio predecessore Giovanni Paolo I nel suo primo e unico radiomessaggio del 27 agosto scorso? Egli diceva: "Superando le tensioni interne, che qua e là si sono potute creare, vincendo le tentazioni dell'uniformarsi ai gusti e ai costumi del mondo, come ai titillamenti del facile applauso, uniti nell'unico vincolo dell'amore che deve informare la vita intima della Chiesa come anche le forme esterne della sua disciplina, i fedeli devono essere pronti a dare testimonianza della propria fede davanti al mondo: "Parati semper ad defensionem omni poscenti vos rationem de ea, quae in vobis est, spe"" (1P 3,15).

Oggi più che mai sono necessari una grande prudenza e un grande equilibrio perché, come già scriveva san Paolo a Timoteo (1Tm 1,3-4), si è tentati di non sopportare più la sana dottrina e di seguire invece "dotte favole".

Non lasciatevi intimidire, o distrarre, o confondere da dottrine parziali o erronee, che poi lasciano delusi e svuotano ogni fervore di vita cristiana.

b) In secondo luogo, abbiate l'ansia della santità.

Solo chi ha, può dare; e il militante dell'Azione Cattolica è tale proprio per dare, per amare, per illuminare, per salvare, per portare pace e gioia. L'Azione Cattolica deve puntare decisamente sulla santità.

Ogni impegno, anche di tipo sociale e caritativo, non deve mai dimenticare che l'essenziale nel Cristianesimo è la Redenzione, e cioè che Cristo sia conosciuto, amato, seguito.

L'impegno nella santità implica perciò austerità di vita, serio controllo dei propri gusti e delle proprie scelte, impegno costante nella preghiera, un atteggiamento di obbedienza e di docilità alle direttive della Chiesa, sia in campo dottrinale, morale e pedagogico sia in campo liturgico.

Vale anche per noi, uomini del ventesimo secolo, ciò che san Paolo scriveva ai Romani: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,2).

Il mondo oggi ha bisogno di esempi, di edificazione, di prediche concrete e visibili. Questa deve essere la preoccupazione dell'Azione Cattolica! c) Infine, sentite sempre più la gioia dell'amicizia! Gli uomini oggi hanno un particolare bisogno di sorriso, di bontà, di amicizia. Le grandi conquiste tecniche e sociali, la diffusione del benessere e della mentalità permissiva e consumistica non hanno portato la felicità. Le divisioni in campo politico, il pericolo e la realtà di nuove guerre, le continue sciagure, le malattie implacabili, la disoccupazione, il pericolo dell'inquinamento ecologico, l'odio e la violenza e i molteplici casi di disperazione, hanno creato purtroppo una situazione di continua tensione e di nevrosi.

Che cosa deve fare l'Azione Cattolica? Portare il sorriso dell'amicizia e della bontà a tutti e dovunque.

L'errore e il male devono sempre essere condannati e combattuti; ma l'uomo che cade o che sbaglia deve essere compreso e amato.

Le recriminazioni, le critiche amare e polemiche, i lamenti servono a poco: noi dobbiamo amare il nostro tempo e aiutare l'uomo del nostro tempo.

Un'ansia di amore deve sprigionarsi continuamente dal cuore dell'Azione Cattolica che davanti alla culla di Betlemme medita l'immenso mistero di Dio fattosi uomo proprio per amore dell'uomo.

Ancora san Paolo nella lettera ai Romani scriveva: "Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda... Benedite coloro

che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto... Non rendete a nessuno male per male" (Rm 12,9-17).


3. Queste sono le consegne che vi lascio a ricordo di questo primo incontro, mentre vi esorto ad invocare l'aiuto e la protezione; di Maria santissima, Regina dell'Azione Cattolica: - Lei, che è la Vergine della Tenerezza, vi faccia sempre sentire il suo amore e la sua consolazione; - Lei, che è la "Sede della Sapienza", vi illumini per essere sempre fedeli alla Verità, sapendo che "quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati" (2Tm 3,12); - Lei, che è la nostra speranza, vi sia accanto nelle vostre parrocchie e nelle vostre diocesi, perché siate sempre coerenti col grande impegno che scaturisce dall'appartenenza all'Azione Cattolica.

E vi accompagni e vi aiuti la benedizione apostolica che di gran cuore imparto a voi, ai vostri Assistenti Ecclesiastici, ai vostri Dirigenti, a tutti gli aderenti all'Azione Cattolica e alle rispettive famiglie come pegno delle più elette grazie celesti.

Data: 1978-12-30 Data estesa: Sabato 30 Dicembre 1978



GPII 1978 Insegnamenti - Ai ragazzi e ai giovani in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)