GPII 1987 Insegnamenti - Omelia nel Tamiami Park - Miami (Stati Uniti)

Omelia nel Tamiami Park - Miami (Stati Uniti)

Titolo: Aiutatevi e non conformatevi allo spirito del mondo

Testo:

"Ti lodino i popoli, Dio; ti lodino i popoli tutti". / "Que todos los pueblos te alaben" (Ps 667,6).

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo.


1. Il salmo della liturgia odierna invita tutti i popoli e tutte le nazioni della terra a rendere gloria a Dio. Nello spirito esultante di questa esortazione mi trovo in terra americana, unito a voi tutti qui a Miami, per esprimere e proclamare la gloria di Dio attraverso il sacrificio di Gesù Cristo, nell'Eucaristia. Non vi è modo migliore di rendere gloria a Dio che in questo sacramento. Non vi è altra preghiera che unisca più profondamente dell'Eucaristia la terra al cielo, o la creatura al Creatore. Non vi è altro sacrificio nel quale tutto ciò che esiste, e in particolare l'uomo, è in grado di diventare un dono per colui che lo ha così generosamente colmato di doni.

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, tutti voi qui riuniti oggi nella Florida Meridionale e tutti i popoli di questa terra, voi grande nazione degli Stati Uniti: rendete gloria a Dio insieme a me il vescovo di Roma, il successore di san Pietro, che incomincia qui a Miami il suo atto di servizio papale.

La benedizione di Dio sia su di noi! Possa il santo timore di Dio raggiungere i confini della terra! (cfr. Ps 66,8)

2. Sono molto contento di trovarmi tra di voi in Florida in questo magnifico paese del sole. Vi saluto calorosamente, fratelli e sorelle della fede cattolica, ed estendo il mio cordiale saluto a quelli di voi che non sono membri della Chiesa ma si trovano qui come amici graditi. Vi ringrazio tutti di essere venuti. So che vi sono tra di voi tanti gruppi etnici tra cui cubani, haitiani, nicaraguensi, altri dell'America Centrale e dei Caraibi, con tutti coloro che costituiscono la comunità della Chiesa. Vi abbraccio tutti nell'amore di Cristo.

La Chiesa in Florida ha una storia ricca e varia, che risale a più di quattro secoli e mezzo fa. Ponce de Leon scopri questo paese a Pasqua del 1513 e gli diede il nome spagnolo di Pasqua, Pascua Florida. Il nome stesso del vostro Stato si ricollega dunque al mistero centrale della nostra fede cristiana, la risurrezione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Il primo insediamento e la prima parrocchia dell'America del Nord sorsero qui all'inizio degli anni 1560 più di 50 anni prima che i padri Pellegrini approdassero a Plymouth Rock.

Pur essendo giustamente fieri della loro storia insigne, gli abitanti della Florida possono vantare anche un dinamismo e una espansione moderni. Oggi Miami appare come una città internazionale che esercita un'influenza sempre maggiore. E' una via, un crocevia di culture e lingue diverse, un centro di comunicazione, di viaggi e di commercio, un ponte che collega la storia americana antica e quella moderna.

Questo Paese dotato di una natura affascinante, questa patria di tanti popoli diversi, questa meta di turisti, questo luogo di riposo per persone anziane, questo centro dei progressi scientifici di Cape Canaveral, questo Stato, che è la Florida, è diventato anche un Paese di rapida crescita nell'edificazione del Corpo di Cristo. Un segno di questa crescita irresistibile degli ultimi anni è il fatto che in appena 29 anni la Chiesa cattolica in Florida ha visto le sue diocesi salire da una a sette. E' veramente una gioia per me trovarmi nel centro di questa Chiesa dinamica di Florida, una Chiesa che proclama con la parola e con i fatti la buona novella del mistero pasquale.


3. Chi è il Dio di cui vogliamo proclamare la gloria attraverso l'Eucaristia? E' il Dio che ci mostra la via della salvezza. Il salmista infatti, nell'invitare tutte le nazioni della terra a proclamare la gloria di Dio, esclama: "Perché si conosca sulla terra la tua via fra tutte le genti la tua salvezza (Ps 66,3). Il nostro Dio ci mostra la via. Egli non è il Dio dell'astrazione intellettuale ma il Dio dell'alleanza, il Dio della salvezza, il buon Pastore.

Cristo, il Figlio del Dio vivente, ci parla proprio oggi nel Vangelo servendosi di questa parola, così semplice eppure così eloquente e ricca: Pastore.

"Io sono il buon pastore - ci dice -. Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre" (Jn 10,14-15). In un altro passo del Vangelo Cristo ci dice "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio, e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,27). Il Figlio, Gesù Cristo, è il pastore perché ci rivela il Padre. Egli è il buon pastore. E il Padre è il nostro pastore attraverso il Figlio, attraverso Cristo. E nel suo Figlio il Padre vuole che abbiamo la vita eterna 4. Gesù ci dice poi, con parole che parlano eloquentemente del suo profondo amore per noi: "Il buon pastore offre la vita per le pecore" (Jn 10,11).

Chi è questo Dio, la cui verità vogliamo professare mediante l'Eucaristia? E' il Padre che in Cristo dà la vita a noi, creati a sua immagine e somiglianza. Questa vita in Dio è salvezza. E' liberazione dalla morte. E' redenzione dai nostri peccati. E questo Dio è Cristo, il Figlio che è sostanza unica con il Padre, che si è fatto uomo pei noi e per la nostra salvezza, Cristo il buon pastore che ha dato la sua stessa vita per le pecore. L'Eucaristia proclama questa verità su Dio. Il sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo è offerto come sacrificio di redenzione per i peccati del mondo. E' il sacramento della morte e risurrezione di Cristo nel quale prende l'avvio la nostra nuova vita in Dio.

Questo Dio è Amore. Il buon pastore esprime questa verità su Dio. Più ancora che la verità, egli esprime la realtà stessa di Dio come Amore. L'amore desidera ciò che è buono. Desidera la salvezza. E' "paziente e benigna", e "non avrà mai fine" (cfr. 1Co 13,4-8). Non si fermerà prima di aver dato nutrimento e vita a tutti nel grande ovile, prima di aver abbracciato tutti. Per questo Gesù dice: "Ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre: ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore" (Jn 10,16).


5. Noi prendiamo l'immagine del gregge e dell'ovile dal testo del Vangelo di Giovanni. La lettura dalla Lettera agli Efesini, che abbiamo ascoltato nella liturgia odierna, ci permette nello stesso tempo di vedere questa immagine con gli occhi dell'apostolo Paolo. Per lui il gregge è "il corpo" di cui Cristo è il capo.

E di conseguenza è il corpo di Cristo. In questo contesto non è difficile scoprire la somiglianza tra il capo e il pastore.

Ma l'intera immagine assume nello stesso tempo un nuovo significato e una nuova espressione. Il pastore conduce il gregge alle sorgenti di vita. Come capo Cristo è la sorgente di vita per tutti coloro che costituiscono il suo corpo.

Quindi tutti noi, che come gregge unico seguiamo Cristo il buon pastore, siamo nello stesso tempo chiamati "a edificare il corpo di Cristo" (Ep 4,12).

Secondo la Lettera agli Efesini, questa "edificazione" ha due dimensioni: una dimensione personale e una dimensione comunitaria. Ogni persona deve raggiungere quella forma di perfezione che conviene alla piena maturità di Cristo (cfr. Ep 4,13). Nello stesso tempo dobbiamo arrivare a maturità "insieme" nella comunità della Chiesa. Come intero popolo di Dio ci muoviamo verso questa pienezza in Cristo. Cristo dona alla Chiesa una ricca diversità di carismi allo scopo di approfondire la nostra comunione al suo corpo. Elargisce alla Chiesa una grande diversità di vocazioni, non semplicemente per il bene del singolo ma per il bene di tutti. Come san Paolo dice di Gesù, "E' lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio" (Ep 4,11-13).


6. La Chiesa negli Stati Uniti, e in particolar modo la Chiesa a Miami, sperimenta in un senso molto reale questo mistero dell'unità nella diversità. La vostra è una comunità di compassione, che ha echeggiato senza mai stancarsi il messaggio scritto sulla Statua della libertà: "Datemi le vostre povere masse stanche che si accalcano, che anelano a respirare libere". La comunità civica e la Chiesa nella Florida Meridionale hanno sempre aperto le braccia agli immigranti e ai rifugiati.

Queste persone erano straniere e voi le avete accolte. Siate sicuri che ogniqualvolta lo avete fatto per loro, lo avete fatto per Cristo (cfr. Mt 25,31-46). Colgo questa occasione per assicurarvi della speciale preoccupazione della Chiesa per coloro che lasciano la loro patria nella sofferenza e nella disperazione. Il frequente ripetersi di questa esperienza è uno dei fenomeni più tristi del nostro secolo. Eppure essa è stata spesso accompagnata da speranza, da eroismo e da una nuova vita. Qui a Miami so bene che vi sono molti che, superando la loro angoscia, sono stati fedeli al Vangelo e alla legge di Dio. Come altri che sono rimasti fedeli a Cristo e alla sua Chiesa in tempi di oppressione dovete serbare e custodire la vostra fede cattolica adesso che vivete nella libertà.

La fedeltà alla pratica religiosa esige un grande sforzo personale in una società complessa e industrializzata. Occorrono maturità di fede e forte convinzione per prendere la croce ogni giorno e seguire le orme di Cristo. Nella seconda lettura odierna ascoltiamo l'incoraggiamento di san Paolo: "Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo" (Ep 4,14-15).

Mentre guardo questa grande città con i suoi tanti popoli e le sue tante culture, prego affinché vi aiutate gli uni gli altri con i vostri doni. Mantenete i contatti con le vostre radici, le vostre culture e le vostre tradizioni, trasmettete il vostro retaggio ai vostri figli; e nello stesso tempo mettete tutti questi doni al servizio dell'intera comunità. Soprattutto, "cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ep 4,3). 7. L'opera di edificazione del corpo di Cristo è affidata a noi tutti nella Chiesa. Oggi esiste senza dubbio un'esigenza vitale di evangelizzazione. Questa assume una varietà di forme. Vi sono molte maniere di servire il Vangelo. Nonostante il progresso scientifico e tecnologico, che riflette realmente una forma di cooperazione umana nell'opera creativa di Dio, la fede viene sfidata e perfino direttamente osteggiata da ideologie e da stili di vita che non riconoscono né Dio né la legge morale.

I valori fondamentali umani e cristiani sono messi in discussione dalla criminalità, dalla violenza e dal terrorismo. L'onestà e la giustizia nella vita di lavoro e in quella pubblica sono spesso violate. In tutto il mondo vengono spese ingenti somme per armamenti, mentre milioni di poveri lottano per le elementari necessità della vita. L'alcolismo e la droga impongono un pesante tributo ai singoli e alla società. Lo sfruttamento commerciale del sesso attraverso la pornografia offende la dignità umana e mette in pericolo l'avvenire dei giovani. La vita familiare è sottoposta a forti pressioni dal momento che la fornicazione, l'adulterio, il divorzio e la contraccezione sono erroneamente considerati accettabili da molti. I nascituri vengono crudelmente soppressi e la vita degli anziani è messa in grave pericolo da una mentalità che vorrebbe spalancare la porta all'eutanasia.

Di fronte a tutto questo i cristiani fedeli non devono lasciarsi scoraggiare, né devono conformarsi allo spirito del mondo. Al contrario, essi sono chiamati a riconoscere la supremazia di Dio e della sua legge, a far sentire la loro voce e unire i loro sforzi in nome dei valori morali, a offrire alla società l'esempio della loro condotta retta, ad aiutare i bisognosi. I cristiani sono chiamati ad agire nella serena convinzione che la grazia è più potente del peccato a causa della vittoria della croce di Cristo.

Un elemento importante della missione di evangelizzazione è il compito della riconciliazione. Dio "ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2Co 5,18). Per questa ragione mi dà gioia constatare come, in preparazione alla mia visita negli Stati Uniti, avete fatto un grande sforzo per promuovere la riconciliazione: riconciliazione con Dio, tra di voi e tra differenti razze e culture. E a questo proposito vi ricordo la promessa fatta da Cristo nel Vangelo odierno, che quando ascolteremo tutti la sua voce, "vi sarà un solo gregge e un solo pastore" (Jn 10,16).


8. Profondamente consapevoli della verità quale ci viene presentata in questa liturgia della parola di Dio, esclamiamo ancora una volta con il salmista: "Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto" (Ps 66,2).

Chi è questo Dio al quale è rivolta la nostra preghiera? Chi è questo Dio che la nostra comunità proclama e al quale parlano i nostri cuori? Ascoltiamo ancora una volta le parole del profeta Sofonia: "Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente" (So 3,16-17).

Il Potente! E' lui che invochiamo qui, in questo Paese che in tanti modi manifesta gli sforzi e i progressi dell'umanità, del genio dell'uomo dell'intelletto, della conoscenza e della scienza, della tecnologia e del progresso.

Chi è questo Dio? Ripetiamo ancora una volta: il Potente! Lui solo è il Potente! Colui che è! (cfr. Ex 3,14). Colui nel quale "viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (Ac 17,28). "L'Alfa e l'Omega!" (Ap 1,8). Lui solo è il Potente! Perché lui solo è Amore.

Qui in questo Paese, in questa cultura di progresso travolgente e di opulenza, non si sente l'uomo talvolta insicuro e confuso sul significato ultimo dell'esistenza, il significato ultimo della vita? Non è forse l'uomo talvolta molto lontano dall'Amore? Eppure solo l'Amore salva, e Dio è Amore! Dio d'amore, Dio che salvi, "possa splendere su di noi il tuo volto!" (Ps 66,2). Amen.

1987-09-11 Data estesa: Venerdi 11 Settembre 1987




Nella chiesa di San Pietro - Columbia (Stati Uniti)

Titolo: Imparare da Cristo a superare le divisioni tra i cristiani

Testo:

"Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16).

Caro vescovo Unterkoefler, cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. Queste parole, riportate nel Vangelo di san Matteo, furono pronunciate da Simon Pietro, il primo vescovo di Roma. Esse sono dense di significato per tutti coloro che credono in Cristo, ma sono particolarmente significative per noi che siamo riuniti qui oggi in questa Chiesa di San Pietro a Columbia che il successore di Pietro ha il privilegio di visitare. E' una grande gioia per me essere nella diocesi di Charleston. Vi ringrazio per la vostra accoglienza così calda e piena di amore fraterno. La vostra famosa "ospitalità del sud" mi fa sentire a casa.

Come sapete, sono venuto a Columbia per partecipare al dialogo ecumenico con i responsabili nazionali di altre Chiese cristiane e di Comunità ecclesiali, e per prendere parte ad un grande raduno dei nostri fratelli e sorelle in un servizio di preghiera ecumenica. Nostro Signore pregava "perché tutti siano una sola cosa" (Jn 17,21). Tutti noi vogliamo fare la nostra parte perché questa unità si realizzi.


2. "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Queste parole di Pietro esprimono il centro della nostra fede, poiché rivelano il mistero di Cristo; esse rivelano Cristo come Figlio del Dio vivente, la Parola eterna che si è fatta uomo ed è nata dalla Vergine Maria.

Pietro fu il primo degli apostoli, il primo discepolo a fare una professione pubblica della sua fede in Gesù il Messia. Le parole della professione di fede di Pietro erano parole dette con vera convinzione personale; tuttavia queste parole non avevano la loro origine ultima in lui. Poiché Gesù gli disse: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché non la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17). La fede in Cristo è un dono. Non è una conquista umana. Solo Dio Padre ci può condurre a Gesù, solo lui può donarci la grazia di conoscere Gesù, di accettarlo come l'eterno Figlio di Dio e di professare la nostra fede in lui.


3. Da quel giorno nelle vicinanze di Cesarea di Filippo, la vita di Pietro cambio radicalmente. E non soltanto al sua vita! Anche agli altri apostoli, agli altri discepoli fu concesso il dono della fede e anche loro divennero testimoni delle parole e delle opere di Gesù. Nella storia del mondo, nella storia della salvezza inizio una nuova èra. E così è continuato attraverso i secoli. Gente di tutti i tempi, gente di tutti i Paesi ha conosciuto, come Pietro, Gesù, lo ha riconosciuto come Figlio di Dio - un'unica cosa con il Padre - e professa la sua fede in lui facendo del suo santo Vangelo la base della sua vita cristiana. La persona di Gesù Cristo e la sua parola sono per sempre il centro della vita della Chiesa.


4. Ma il meraviglioso dono della fede non è separato dalla croce. La fede in Cristo non è priva di difficoltà. Non è senza prezzo. Infatti, la nostra fede in Gesù Cristo è spesso messa alla prova. Pietro fece esperienza di ciò. E perciò scrive: "perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po' di tempo afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo" (1P 1,6-7).

Ricordiamo anche il momento, dopo che il nostro divino Maestro parlo del mistero dell'Eucaristia, in cui "molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: "Forse anche voi volete andarvene?", Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna. Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio"" (Jn 6,66-69).

Quando la nostra fede è messa alla prova, quando siamo tentati di dubitare e di voltare le spalle, noi possiamo trovare coraggio e nuova speranza in queste parole di Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna".

Cristo ci dona la forza di vivere secondo la nostra fede, e di affrontare tutte le sfide ad essa rivolte. Da Cristo noi dobbiamo imparare il modo di superare quelle tristi divisioni che esistono ancor oggi tra i cristiani. Dobbiamo essere ansiosi di essere uniti nella fede e nell'amore.


5. Io so che voi condividete con me questa convinzione ecumenica. Infatti, i cattolici della Carolina del Sud sentono da molto tempo la necessità di un dialogo e di una collaborazione ecumenica. Prima di tutto, perché voi siete un'esigua minoranza, meno del tre per cento della popolazione. Inoltre la Chiesa cattolica ha qui una lunga tradizione di iniziativa ecumenica. Il vostro primo vescovo, John England, accetto l'invito di altri cristiani di tenere discorsi nelle loro Chiese e di predicare gli insegnamenti della nostra fede. E, con il passare degli anni, voi non avete perso questo spirito ecumenico.

In particolare in tempi più recenti, voi vi siete uniti ad altri credenti cristiani per promuovere la giustizia e la verità, per favorire la reciproca comprensione e collaborazione. Questa cooperazione ha avuto particolare successo negli sforzi per migliorare le relazioni razziali fra i cittadini del vostro Stato. Vi elogio per questi meritevoli sforzi, così encomiabili e importanti. Allo stesso tempo, non dovete mai cessare di lottare per la santità personale e per la conversione del cuore. Poiché, come ha detto il Concilio Vaticano II: "Questa conversione del cuore e questa santità della vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale" (UR 8).


6. Cari amici in Cristo, rappresentanti di tutti i cattolici della diocesi di Charleston: vi ringrazio per essere venuti a salutarmi. Voglio assicurare la mia stima a tutti voi che formate questa Chiesa locale, disseminati nell'intero Stato della Carolina del Sud. Sappiate che il Papa ammira tutti gli sforzi che voi e i vostri antenati avete fatto per preservare la vostra fede in Gesù Cristo, per vivere questa fede e per trasmetterla ai vostri figli.

Ed ora vi chiedo di portare a casa con voi anche queste parole attribuite a Pietro, parole che spiegano bene cosa significhi credere in Cristo, il Figlio del Dio vivente. Egli ha scritto: "Voi lo amate pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime" (1P 1,8-9).

Cari cattolici della diocesi di Charleston: non dimenticate mai che la fede in Gesù Cristo vi dona salvezza e vita eterna!

1987-09-11 Data estesa: Venerdi 11 Settembre 1987




All'Università della Carolina del Sud - Columbia (Stati Uniti)

Titolo: Abbiate sempre un grande amore per la vita

Testo:

Caro dottor Holderman, cari amici.


1. Grazie per le vostre sentite parole di saluto e per il cordiale benvenuto che mi avete rivolto. Vi sono molto grato. Per molti mesi ho atteso con impazienza di visitare la Carolina del Sud. E' per me una grande gioia essere finalmente qui.

Nello stesso tempo, vengo in questo Stato per ottemperare a un solenne dovere. Non è infatti dovere di ogni seguace di Cristo operare per l'unità di tutti i cristiani? Desiderare qualcosa di diverso non sarebbe soltanto uno scandalo ma un tradimento, un tradimento del Signore che pregava affinché i discepoli fossero una cosa sola e che mori sulla croce "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52). Prego affinché l'iniziativa ecumenica che intraprendiamo oggi sia gradita agli occhi di Dio e ci avvicini tutti di più alla piena unione di fede e di amore nel nostro Salvatore.


2. E una gioia per me venire nel campus di questa grande università. Come sapete, io stesso ho avuto un lungo e felice legame con il mondo universitario nella mia patria. So quanto sono importanti le università per il progresso della ricerca e lo sviluppo della conoscenza e della cultura. Offro a voi tutti il mio personale incoraggiamento per il programma di studio che svolgete qui in Columbia e per il contributo che date al futuro della società. Mettere la conoscenza umana al servizio dell'umanità è un grande compito.


3. Vorrei aggiungere una parola speciale di ringraziamento e di incoraggiamento agli studenti della università della Carolina del Sud. Davanti a voi c'è il mondo meraviglioso della conoscenza e l'immensa sfida della verità. Qui potete giungere a una maggiore comprensione di voi stessi e dell'universo. Potete fare ricerche nella ricchezza della letteratura trasmessaci dal passato. Potete esplorare i vasti campi delle scienze e delle arti. Potete impegnarvi nella ricerca e nella pianificazione del futuro. Qui, dove l'istruzione raggiunge il massimo livello, dovete prepararvi ad offrire il vostro contributo alla società.

La mia speciale speranza per voi è questa: che abbiate sempre un grande amore per la verità: la verità su Dio, la verità sull'uomo e la verità sul mondo.

Prego affinché, attraverso la verità, serviate l'umanità e sperimentiate l'autentica libertà, con le parole di Gesù Cristo: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Jn 8,32) Che Dio, la sorgente della vita e della verità, benedica tutti voi e l'università della Carolina del Sud.

1987-09-11 Data estesa: Venerdi 11 Settembre 1987




Alle altre comunità cristiane - Columbia (Stati Uniti)

Titolo: Presente nelle nostre comunità la fecondità dei doni di Cristo

Testo:

Cari amici, cari fratelli e sorelle.


1. "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli!" (Ep 1,3). Lo ringrazio oggi in particolar modo per l'occasione che mi ha data incontrandomi con voi, rappresentanti di Chiese cristiane e di Comunità ecclesiali negli Stati Uniti.

Penso che il nostro incontro è importante non soltanto per se stesso, per le riflessioni e per l'esperienza cristiana che condividiamo, ma anche come palese testimonianza da parte nostra che siamo definitivamente impegnati a percorrere la via che lo Spirito Santo ci ha dischiusa: la via del pentimento per le nostre divisioni, la via del lavoro e della preghiera per quell'unità perfetta voluta dal Signore stesso per i suoi seguaci.

Vi sono grato per la vostra presenza, e per la dichiarazione con la quale avete voluto aprire questo incontro. In una prospettiva più ampia, voglio ringraziarvi per i contatti ecumenici e per la collaborazione alla quale vi impegnate con tanta disponibilità qui negli Stati Uniti con la Conferenza episcopale nazionale e con le diocesi cattoliche. Sono profondamente grato per la seria attività ecumenica svolta in questo Paese.


2. In questi ultimi decenni, specialmente sotto la spinta del Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica ha posto una nuova enfasi sul termine "comunione" ("koinonia") come quello che meglio descrive la realtà divina e umana nella Chiesa, corpo di Cristo, unità dei battezzati nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. La nostra comunione è prima di tutto con il Dio Trino, ma ci unisce intimamente gli uni gli altri.

Questa comunione viene accresciuta in noi nella misura in cui partecipiamo ai doni che Cristo ha elargito alla sua Chiesa. Alcuni di essi sono di natura eminentemente spirituale, come la vita di grazia: fede, speranza e carità, oltre ad altri doni interiori dello Spirito Santo (cfr. UR 3). Vi sono inoltre doni esteriori che includono la parola di Dio nelle Sacre Scritture, il Battesimo e gli altri sacramenti, nonché i ministeri e carismi al servizio della vita ecclesiale.

Benché non siamo ancora d'accordo sul modo in cui ciascuna delle nostre Chiese e Comunità ecclesiali si pone di fronte alla pienezza di vita e di missione che scaturisce dall'atto redentivo di Dio attraverso la croce e la risurrezione di Gesù Cristo, un risultato non certo trascurabile del movimento ecumenico è che, dopo secoli di diffidenze, riconosciamo umilmente e sinceramente nelle nostre rispettive comunità la presenza e la fecondità dei doni di Cristo all'opera. Per questa azione divina nella vita di ognuno di noi, rendiamo grazie a Dio.


3. Desidero notare in particolare il riferimento, nella dichiarazione di apertura, al sentimento di ansia spirituale tra i cristiani di questo paese, un'ansia che si esplicita in parte in un interesse crescente alla vita di preghiera, alla spiritualità e all'ecumenismo. In una parola, è il desiderio di un discernimento più profondo della nostra identità di cristiani, e quindi di un rinnovamento della nostra vita ecclesiale. Questo importante fenomeno può essere riscontrato in maggiore o minor misura in tutte le Comunità ecclesiali, non soltanto negli Stati Uniti ma in tutto il mondo. E' sicuramente un segno dell'azione dello Spirito Santo nel popolo di Dio. Come responsabili delle nostre rispettive Comunioni, abbiamo il compito tremendo e il privilegio di collaborare onde garantire che questa grazia non sia ricevuta da noi invano (cfr. 2Co 6,1).

Secondo la prospettiva cattolica, un elemento fondamentale che riguarda il coinvolgimento ecumenico con altri cristiani è stato sin dall'inizio la purificazione e il rinnovamento della vita cattolica stessa, Il decreto sull'ecumenismo del Concilio Vaticano II si è espresso così: "I fedeli cattolici nell'azione ecumenica devono senza dubbio essere solleciti dei fratelli separati, pregando per loro, comunicando a loro le cose della Chiesa, facendo i primi passi verso di loro. Ma innanzitutto devono essi stessi con sincerità e diligenza considerare ciò che deve essere rinnovato e fatto nella stessa Famiglia cattolica" (UR 4).

Non è difficile vedere come il rinnovamento interiore e la purificazione della vita ecclesiale di noi tutti siano essenziali per ogni passo che riusciamo a compiere verso l'unità. Infatti la chiamata di Cristo all'unità è nello stesso tempo una chiamata alla santità e una chiamata a un maggior amore. E' una chiamata a rendere la nostra testimonianza più autentica. Soltanto diventando discepoli più fedeli di Cristo possiamo sperare di percorrere la via verso l'unità sotto la guida dello Spirito Santo e con la forza della sua grazia. Solo accettando senza riserve Gesù Cristo come Signore della nostra vita possiamo liberarci da ogni pensiero negativo nei nostri reciproci rapporti.

E' importante per tutti noi comprendere in quale misura la conversione del cuore dipende dalla preghiera, e in quale misura la preghiera contribuisce all'unità. Il Concilio Vaticano II parlava di un "ecumenismo spirituale" descritto come "l'anima di tutto il movimento ecumenico", identificato come "conversione del cuore e santità della vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei Cristiani" (UR 8).


4. Quando parlo della priorità del rinnovamento interiore e della preghiera nell'impegno ecumenico non intendo affatto minimizzare altri elementi importanti quali il nostro comune servizio cristiano ai bisognosi o il nostro comune studio, svolto nei dialoghi teologici.

Per quanto riguarda i dialoghi, i risultati conseguiti finora attraverso di essi meritano l'esame più approfondito e la gratitudine di tutti noi. Sono intesi ad accrescere la reciproca comprensione secondo indirizzi che hanno già cambiato profondamente e migliorato il nostro rapporto. Il nostro incontro odierno ne è testimonianza.

Questi dialoghi continuano inoltre a rendere palesi le sorgenti profonde della nostra comune fede e la misura in cui questa fede, anche se restiamo separati, è condivisa autenticamente dalle nostre Chiese e Comunità ecclesiali.

Così questi scambi ci aiutano ad affrontare le nostre restanti differenze in un contesto più intelligibile. E' compito del dialogo affrontare queste differenze e lavorare in vista del momento in cui sarà possibile per i cristiani professare insieme l'unica fede e celebrare insieme l'unica Eucaristia. Sul piano internazionale, la risposta della Chiesa cattolica al documento "Battesimo, Eucaristia e Ministero", che è stato inviato ora alla Commissione per la Fede e l'Ordine, rappresenta uno sforzo per contribuire a questo processo il cui obiettivo è di professare insieme l'unica fede. Sono convinto che il Signore ci darà luce e forza per proseguire insieme su questa strada per la gloria del suo nome.

Per quanto indispensabile sia l'opera del dialogo, e per quanto l'atto stesso del dialogo cominci a migliorare le nostre reciproche relazioni, il nostro obiettivo finale va oltre le dichiarazioni e i rapporti delle commissioni ecumeniche. Queste dichiarazioni devono essere attentamente valutate dalle nostre rispettive Chiese e Comunità ecclesiali per definire il livello di comunione ecclesiale realmente esistente, in modo che possa riflettersi correttamente nella linfa vitale della vita ecclesiale. E' motivo di grande gioia per noi scoprire in quale misura siamo già uniti, pur riconoscendo con rispetto e serenità gli elementi che ancora ci dividono.

Per quanto riguarda il nostro servizio comune e la nostra collaborazione, la dichiarazione che avete presentata mette in evidenza per tutti noi questioni importanti. In che modo possiamo collaborare per promuovere la giustizia, esercitare la compassione, ricercare la pace, portare la testimonianza del Vangelo ai non credenti, manifestare la nostra koinonia? Questi problemi sono una sfida per tutti noi. Dobbiamo sforzarci di scoprire insieme modi concreti per poter rispondere in comune.

Avete giustamente chiamato questi problemi "punti di conversazione" tra di noi. Come approccio iniziale, come introduzione alla nostra conversazione, vorrei fare le seguenti brevi osservazioni. Primo, siamo tutti convinti che le più profonde lezioni che un cristiano possa imparare in questa vita, vengono apprese ai piedi della croce. Quando le nostre Chiese e Comunità ecclesiali si rivolgono l'una all'altra e all'intera famiglia umana, dobbiamo farlo dai piedi della croce di Gesù Cristo, fonte di sapienza e fonte della nostra testimonianza.

Dalla croce impariamo le qualità necessarie nella nostra ricerca ecumenica dell'unità. "Poiché il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento della mente (cfr. Ep 4,23), dall'abnegazione di se stesso e dalla liberissima effusione della carità" (UR 74). L'ecumenismo non è un fatto di potenza e di "tattica" umana. E' servizio della verità nella carità e nella umile sottomissione a Dio.

Analogamente, la nostra collaborazione nei settori importanti da voi menzionati non si riduce a un puro calcolo di precisione. Non collaboriamo semplicemente per amore dell'efficienza, o per motivi di pura strategia o per trarre vantaggi e acquisire influenza. Collaboriamo per amore di Cristo, che ci sollecita ad essere una cosa sola in lui e nel Padre, affinché il mondo creda (cfr. Jn 17,21).


5. La comunità ecumenica mi ha già dato due volte il benvenuto in questo Paese. A mia volta, ho avuto l'occasione gioiosa di dare a molti di voi il benvenuto a Roma, la città degli apostoli e dei martiri Pietro e Paolo. Credo che questi e altri incontri cordiali abbiano avuto l'effetto, con la grazia di Dio, di abbattere le barriere di incomprensione che ci hanno afflitti per secoli. Quante volte leggiamo nelle Scritture di incontri che sono occasione di grazia, che si tratti d'incontri del Signore con i suoi discepoli o di incontri dei discepoli con altri ai quali portano la parola. Sono sicuro che nel corso di incontri come questi, dove due o tre o più sono riuniti nel suo nome, Cristo è qui in mezzo a noi, per chiedere a ciascuno di noi un impegno più profondo a servire in suo nome, e quindi un maggior grado di unità tra di noi.

Unisco la mia preghiera alla vostra, perché le comunità cristiane degli Stati Uniti possano continuare a incontrarsi fra di loro, a lavorare l'una con l'altra, e a pregare l'una con l'altra, affinché il Padre sia glorificato nell'adempimento della preghiera di Cristo: "Perché siano perfetti nell'unità. E il mondo sappia che tu mi hai mandato, e li hai amati come hai amato me" (Jn 17,23). Amen.

1987-09-11 Data estesa: Venerdi 11 Settembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Omelia nel Tamiami Park - Miami (Stati Uniti)