GPII 1987 Insegnamenti - Nella cattedrale dei Ss. Simone e Giuda - Phoenix (Stati Uniti)

Nella cattedrale dei Ss. Simone e Giuda - Phoenix (Stati Uniti)

Titolo: Non è terminata né avrà mai fine l'opera di evangelizzazione

Testo:

Caro vescovo O'Brien, cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. E' una gioia per me venire nella cattedrale dei Santi Simone e Giuda, ed essere con voi che costituite questa Chiesa locale di Phoenix. Questa casa di preghiera e di adorazione, questa madre Chiesa della diocesi, prende il nome da due dei dodici apostoli, due uomini dalla fede coraggiosa che ricevettero personalmente dal nostro Signore risorto il mandato di predicare il Vangelo fino ai confini della terra. Gesù disse ad essi e agli altri Dodici: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). Simone e Giuda risposero spontaneamente a questa chiamata e trascorsero il resto della loro vita cercando di "rendere loro libera e sicura la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo" (AGD 5).

La Chiesa, fondata com'è sugli apostoli e i profeti (cfr. Ep 2,20), ha ereditato la stessa missione che Gesù ha affidato per la prima volta ai Dodici. La Chiesa è per la sua stessa natura missionaria, "in quanto essa trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre" (AGD 2). Essa ha l'onore, il privilegio e anche il dovere di portare la buona novella di salvezza a tutte le nazioni, ad ogni persona. Come hanno affermato nel novembre scorso i vescovi degli Stati Uniti nel loro Documento pastorale sulla missione nel mondo (n. 2): "Siamo fedeli alla natura della Chiesa nella misura in cui amiamo e promoviamo sinceramente la sua attività missionaria".


2. La Chiesa di Phoenix, come ogni altra Chiesa locale del mondo, è frutto dell'evangelizzazione. Il Vangelo fu introdotto per la prima volta in Arizona trecento anni fa dal famoso missionario gesuita padre Eusebio Kino, conosciuto anche come l'"Apostolo di Sonora e Arizona". Con un grande sacrificio personale, padre Kino lavoro infaticabilmente per fondare delle missioni in tutta la zona, affinché la buona novella riguardante nostro Signore Gesù Cristo potesse radicarsi tra la gente che viveva in questi luoghi.

E il Vangelo mise le sue radici e molti altri missionari vennero dopo padre Kino a proseguire lo sforzo di evangelizzazione. Il più zelante fra questi fu forse il francescano Francisco Garces. Con un particolare amore per gli indiani, cerco di presentare loro il Vangelo in modo da adattarlo alla loro cultura, e al tempo stesso li esorto a vivere fra loro nell'armonia e nella pace.

La sua vita fu modellata così fedelmente su quella di Nostro Signore, che egli concluse la sua attività in questo luogo versando il proprio sangue per il Vangelo.

Gli sforzi missionari continuarono nel corso degli anni e la Chiesa si stabili saldamente in Arizona. L'abbondante frutto di tale evangelizzazione appare oggi evidente in questa diocesi di Phoenix in espansione e nelle crescenti diocesi della zona circostante. In verità il Vangelo ha posto qui solide radici e ha portato frutto in abbondanza 3. E tuttavia l'opera di evangelizzazione non è terminata. Sulla terra essa non avrà mai fine. In verità molto resta da fare. Non dimentichiamo le parole del Concilio Vaticano II, il quale affermo che "l'attività missionaria... è il dovere più alto e più sacro della Chiesa" (AGD 29). Il dovere di portare avanti quest'opera spetta alla Chiesa intera e su ogni membro di essa.

La Chiesa, alla fine del ventesimo secolo, necessita di molti altri missionari con lo zelo di padre Kino e padre Garces, persone dalla fede eroica come sant'Isacco Jogues, san Giovanni Neumann e santa Francesca Cabrini, desiderosi di lasciare la propria terra per portare il messaggio di salvezza ai popoli di altre terre, specialmente a coloro che non hanno mai ascoltato la parola di Dio.

Chi verrà incontro a queste esigenze? Il messaggio del Vangelo non è ancora giunto a due terzi della popolazione mondiale. Chi risponderà alla chiamata missionaria di Dio alla fine del ventesimo secolo? Gesù dice: "Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me" (Mt 10,37). Dobbiamo essere degni di Cristo.

Non tutti siamo chiamati a lasciare la nostra patria e i nostri cari per questa missione, ma tutti siamo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità, a fare la nostra parte. Come hanno affermato giustamente i vescovi americani: "Il grande compito affidato da Gesù ai primi discepoli è ora rivolto a noi... Questa missione verso i popoli di tutte le nazioni deve coinvolgere personalmente ognuno di noi nelle nostre parrocchie e ai livelli ecclesiali diocesani e universali". I missionari nei Paesi stranieri meritano il nostro sostegno attraverso la preghiera e l'aiuto concreto.

I cattolici americani sono stati in passato particolarmente generosi, di una generosità e di un interesse che rivelano il vostro autentico spirito missionario. La pratica del "gemellaggio" fra parrocchie e diocesi americane e quelle dell'Africa e dell'Asia ha recato grande beneficio. Vi lodo con gratitudine, e nel nome della Chiesa universale vi domando ancora aiuto e preghiera. Grande assistenza è stata data alle missioni da società missionarie di aiuto come la Società per la propagazione della fede e l'Associazione della santa infanzia. Neppure potremo mai dimenticare la generosa opera missionaria che è stata portata avanti per decenni da istituti religiosi e società missionarie degli Stati Uniti, e anche dai generosi sacerdoti della "Fidei Donum" e da missionari laici. La ricompensa di coloro che hanno sacrificato tutto per la diffusione del Vangelo sarà grande in cielo.


4. Cari fratelli e sorelle; la Lettera agli Ebrei ci dice che Dio Padre ritenne opportuno rendere Cristo, nostra guida nell'opera di salvezza, "perfetto mediante la sofferenza" (He 2,10). Allo stesso modo condusse gli apostoli Simone e Giuda attraverso la sofferenza del martirio alla perfezione eterna. In ogni epoca della Chiesa Dio rende i suoi eletti "perfetti attraverso la sofferenza", portandoli alla pienezza della vita e della felicità rendendoli partecipi sulla terra della croce di Cristo.

E' facile comprendere come il progetto che Dio ha per noi passi attraverso il cammino della santa croce, poiché accadde lo stesso per Gesù e i suoi apostoli fratelli e sorelle: non siate mai sorpresi di dovervi trovare a passare all'ombra della croce.

La vita cristiana trova il suo pieno significato nell'amore ma l'amore non esiste per noi senza sforzo, disciplina e sacrificio in ogni aspetto della vita. Siamo disposti a dare nella misura in cui amiamo e quando l'amore è perfetto il sacrificio è completo. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, e il Figlio ci ha tanto amato da dare la sua vita per la nostra salvezza.

In questo giorno in cui i cattolici di tutto il mondo celebrano l'Esaltazione della croce, la Chiesa ci invita a riflettere ancora una volta sul significato del nostro essere discepoli di Cristo, a comprendere il sacrificio che implica e a riporre ogni nostra speranza nel nostro Salvatore crocifisso e risorto.

O trionfante croce di Cristo, ispiraci a continuare il compito di evangelizzazione! O gloriosa croce di Cristo, dacci la forza di proclamare e di vivere il Vangelo della salvezza! O vittoriosa croce di Cristo, nostra unica speranza, guidaci alla gioia e alla pace della risurrezione e della vita eterna! Amen.

1987-09-14 Data estesa: Lunedi 14 Settembre 1987




Omelia nel "Campus" dell'Università - Phoenix (Stati Uniti)

Titolo: L'umiliazione di Cristo sulla croce possa servire ancora una volta a innalzare l'uomo verso Dio

Testo:

"Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo" (Jn 3,14).

Cari fratelli e sorelle.


1. In questo giorno in cui ho la gioia di celebrare l'Eucaristia con voi qui a Phoenix, volgiamo il nostro primo pensiero alla croce vittoriosa del nostro Salvatore, al Figlio dell'uomo che è stato innalzato! Adoriamo e lodiamo Cristo, nostro Signore crocifisso e risorto. A lui, al Padre e allo Spirito Santo sia gloria e grazie ora e sempre! Com'è bello unire le nostre voci nella lode a Dio in questa festa dell'Esaltazione della croce. E quanto è opportuno celebrare la festa qui, nella città di Phoenix, che trae il nome da un antico simbolo spesso dipinto nell'arte cristiana per rappresentare il significato della croce vittoriosa. La fenice era un uccello leggendario che, dopo la morte, risorgeva nuovamente dalle proprie ceneri. così divenne un simbolo di Cristo che, dopo la morte sulla croce, risorse trionfalmente sul peccato e sulla morte.

Possiamo giustamente affermare che, attraverso la divina Provvidenza, la Chiesa a Phoenix è stata chiamata in modo particolare a vivere il mistero della vittoria della croce. Certamente la croce di Cristo ha segnato il progresso dell'evangelizzazione di quest'area, fin dall'inizio: dal giorno, trecento anni fa, in cui padre Eusebio Kino porto per primo il Vangelo in Arizona. La buona novella della salvezza ha prodotto grandi frutti qui a Phoenix, Tucson e in ogni parte di questa regione. La croce è veramente l'albero della vita.


2. "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo" (Jn 3,14). Oggi la Chiesa fa speciale riferimento a queste parole di Cristo, poiché essa celebra la festa dell'Esaltazione della croce. Al di là delle circostanze storiche particolari che hanno contribuito alla introduzione di questa festa nel calendario liturgico, restano queste parole che Cristo rivolse a Nicodemo durante quel colloquio che avvenne di notte: "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo".

Nicodemo, come sappiamo, era un uomo che amava la parola di Dio e ne studiava il significato con grande attenzione. Spinto dalla sua fame di verità, dalla sua ansia di capire, Nicodemo si presento a Gesù di notte, per trovare risposte ai suoi problemi e ai suoi dubbi. Ed è proprio a lui, a Nicodemo, che Gesù rivolge queste parole che ancora risuonano in modo misterioso: "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (Jn 3,14-15).

Nicodemo non avrebbe potuto sapere, a questo punto, che queste parole contengono, in un certo senso, la sintesi di tutto il mistero pasquale che avrebbe coronato la missione messianica di Gesù di Nazaret. Quando Gesù parlo di essere "innalzato", egli pensava alla croce sul calvario: essere innalzato sulla croce, essere innalzato per mezzo della croce. Nicodemo non avrebbe potuto intuire tutto ciò in quel momento. E così Cristo si riferi a un evento della storia del Vecchio Testamento di cui egli era a conoscenza, vale a dire, a quello di Mosè che innalza il serpente nel deserto.


3. Fu un evento insolito che accadde durante il cammino di Israele dall'Egitto alla Terra Promessa. Questo viaggio che duro quaranta anni fu pieno di prove, il popolo "mise alla prova" Dio con la sua infedeltà e mancanza di fiducia; e questo a sua volta provoco molte prove da parte del Signore allo scopo di purificare la fede di Israele e di approfondirla. Presso il monte Hor ebbe luogo una prova particolare, che era quella dei serpenti velenosi. Questi serpenti "mordevano la gente e un gran numero di Israeliti mori" (Nb 21,6). Allora Mosè, dietro ordine del Signore, "fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame restava in vita" (Nb 21,9).

Potremmo chiederci: perché una simile prova? Il Signore ha scelto Israele perché fosse il suo popolo; egli aveva scelto questo popolo al fine di iniziarlo gradualmente al suo piano di salvezza.


4. Gesù di Nazaret spiega i disegni salvifici del Dio dell'alleanza. Il serpente di rame nel deserto era la figura simbolica del Crocifisso. Se qualcuno restava vivo, non perché aveva guardato il serpente, ma perché aveva creduto nel potere di Dio e nel suo amore che salva. così quando il Figlio dell'uomo è innalzato sulla croce del Calvario, "chiunque crede in lui avrà vita eterna" (cfr. Jn 3,15).

Esiste dunque una profonda analogia tra quella figura e questa realtà, tra quel segno di salvezza e questa realtà di salvezza contenuta nella croce di Cristo. L'analogia colpisce ancora di più se consideriamo che la salvezza della morte fisica, provocata dal veleno dei serpenti nel deserto, avviene attraverso un serpente. La salvezza dalla morte spirituale - la morte che è il peccato e che fu causata dall'uomo - avviene attraverso un Uomo, attraverso, il Figlio dell'uomo "innalzato" sulla croce.

In questa conversazione notturna, Gesù di Nazaret aiuta Nicodemo a scoprire il senso autentico dei disegni di Dio. Mentre Gesù sta parlando, la realizzazione di questi disegni divini appartiene al futuro, ma a questo punto il futuro non è lontano. Lo stesso Nicodemo sarà testimone del loro realizzarsi. Egli sarà un testimone degli eventi pasquali a Gerusalemme. Sarà un testimone della croce, sulla quale colui che parla con lui questa notte - il Figlio dell'Uomo - sarà innalzato.


5. Gesù va anche oltre. La conversazione si fa ancor più approfondita: Perché la croce? Perché il Figlio dell'uomo deve essere "innalzato" sul legno della croce? Perché "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Si, la vita eterna. Questo è il tipo di salvezza di cui Gesù sta parlando: la vita eterna in Dio.

Poi Gesù aggiunge: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,17). Molti hanno pensato che il Messia sarebbe stato, innanzitutto, un giudice severo che avrebbe punito, "separando il grano dalla pula" (cfr. Mt 3,12). Se in un certo momento egli dovrà venire come giudice - alla fine del mondo - ora "nella pienezza del tempo" (cfr. Ga 4,4) egli viene per essere giudicato per i peccati del mondo, e quindi a causa dei peccati del mondo. E così Cristo innalzato sulla croce diventa il Redentore della razza umana, il Redentore del mondo.

Gesù di Nazaret prepara Nicodemo, l'appassionato studioso delle Scritture, affinché egli possa capire in tempo il mistero della salvezza contenuto nella croce di Cristo. E noi sappiamo che Nicodemo capi in tempo, ma non quella notte.


6. Cosa significa dunque questo "essere innalzato"? Nella seconda lettura dell'odierna liturgia, tratta dalla Lettera di san Paolo ai Filippesi, "essere innalzato" significa prima di tutto "essere umiliato". L'Apostolo scrive di Cristo dicendo: "pur essendo di natura divina non considero un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spoglio se stesso assumendo condizione di schiavo e divenendo simile agli uomini" (Ph 2,6-7). Il Dio uomo! Il Dio fatto uomo. Il Dio che assume la nostra natura umana: questa è la prima dimensione dell'"essere umiliato" e al tempo stesso è un "innalzamento". Dio si è umiliato, affinché l'uomo possa essere innalzato. Perché? Perché "Dio ha tanto amato il mondo".

Perché egli è amore! Quindi l'Apostolo scrive: "Cristo spoglio se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,7-8).

Questa è la seconda e definitiva dimensione dell'umiliazione. E' la dimensione dell'essere annullato che conferma nella maniera più decisa la verità di queste parole: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito". Egli ha dato. Questo annullamento stesso è il dono. E' il più grande dono del Padre. Esso supera tutti gli altri doni. E' la sorgente di ogni dono. In questa assoluta umiliazione, in questo annullamento è il principio e la sorgente di ogni "innalzamento", l'origine dell'innalzamento dell'umanità.


7. La croce fu "innalzata" su Golgota. E Gesù fu inchiodato alla croce e quindi innalzato con essa. All'occhio umano ciò rappresenta il culmine dell'umiliazione e della disgrazia. Ma agli occhi di Dio fu diverso. Fu diverso nei disegni eterni di Dio.

L'Apostolo continua: "Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre" (Ph 2,9-11).

Cristo è il Signore! Ciò sarà confermato nella risurrezione, ma è già contenuto nella crocifissione. Proprio nella crocifissione. Essere crocifissi, umanamente parlando, significa essere caduti in disgrazia e umiliati. Ma dal punto di vista di Dio vuol dire essere innalzati. Cioè essere innalzati per mezzo della croce. Cristo è il Signore e diventa il Signore di tutto e di ciascuno in questa elevazione per mezzo della croce. E' in questo modo che noi guardiamo alla croce con gli occhi della fede, istruiti dalla parola di Dio, guidati dal potere di Dio.

Qui, dunque, è il mistero dell'Esaltazione della croce.


8. Questo mistero ci tocca in modo particolare e con un potere speciale quando la Chiesa celebra il sacramento dell'unzione degli infermi, come questa sera. Per mezzo di questo sacramento e di tutto il suo servizio pastorale, la Chiesa continua ad aver cura degli infermi e dei moribondi come fece Gesù durante il suo ministero terreno. Con l'imposizione delle mani da parte del sacerdote, l'unzione con olio e le preghiere, i nostri fratelli e sorelle sono rafforzati con la grazia dello Spirito Santo. Essi sono capaci di sopportare le loro sofferenze con coraggio e quindi abbracciare la croce e seguire Cristo con fede e speranza più forti.

Questa sacra unzione non impedisce la morte fisica, né tantomeno promette una miracolosa guarigione del corpo umano. Ma porta realmente una grazia e una consolazione speciale ai moribondi, preparandoli all'incontro con il nostro amorevole Salvatore con fede viva e amore, e con la ferma speranza della vita eterna. Porta inoltre conforto e forza a coloro che non stanno per morire ma che stanno soffrendo a causa di gravi malattie o per l'età avanzata. Per costoro la Chiesa chiede la guarigione sia del corpo che dell'anima, pregando affinché tutta la persona possa essere rinnovata dal potere dello Spirito Santo.

Tutte le volte che la Chiesa celebra questo sacramento, proclama il suo credo nella vittoria della croce. E' come se noi stessimo ripetendo le parole di san Paolo: "Io sono infatti persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né altezze, né profondità, né alcun'altra creatura, potrà mai separarci dall'amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,38-39).

Dai tempi più remoti fino ad oggi, Phoenix è stata una città in cui la gente è venuta per curare la salute, per alleviare le sofferenze, per ricominciare e trovare nuovi stimoli. Oggi, come in passato, la Chiesa accoglie queste persone, offrendo loro amore e comprensione. Essa è grata agli infermi e agli anziani per la speciale missione che essi adempiono nel regno del nostro Salvatore. La vostra ospitalità, che io stesso ho ricevuto, rispecchia il bellissimo detto spagnolo: "mi casa, su casa". Prego affinché restiate sempre fedeli a questa tradizione di comunità cristiana e generoso servizio.

Attraverso tale fedeltà alla vostra eredità cristiana, attraverso il sacramento dell'unzione degli infermi, nella celebrazione della santa Eucaristia, voi esprimete il profondo convincimento che la sofferenza e la morte non hanno l'ultima parola. L'ultima parola è il Verbo fatto carne, il Cristo crocifisso e risorto.


9. Il salmo responsoriale della liturgia odierna ci esorta: "Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento, ascolta le parole della mia bocca... rievochero gli arcani dei tempi antichi" (Ps 77,1-2). Fu esattamente in questo modo che Cristo rivelo il mistero della salvezza a Nicodemo e a noi. E a tutto il popolo.

Le parole che seguono, nello stesso salmo, ci dicono inoltre: "Lo lusingavano con la bocca e gli mentivano con la lingua, il loro cuore non era sincero con lui, e non erano fedeli alla sua alleanza" (Ps 77,36-37). E tuttavia: "Quando li faceva perire, lo cercavano, ritornavano e ancora si volgevano a Dio.

Ricordavano che Dio è loro rupe e Dio, l'Altissimo, il loro salvatore" (Ps 77,34-35). Ed è così che Dio continua a vivere in mezzo a noi, da una generazione all'altra, come nostra rupe, nostro redentore. Questo è il mistero dell'Esaltazione della croce, la rupe della nostra salvezza.

Fissiamo il nostro sguardo sulla croce! Rigeneriamoci in Essa! Torniamo a Dio! Possa l'umiliazione di Cristo - essendo stato umiliato per mezzo della croce - servire ancora una volta a innalzare l'umanità verso Dio.

Sursum corda! Innalzate i vostri cuori! Amen.

1987-09-14 Data estesa: Lunedi 14 Settembre 1987




Nella cattedrale di Santa Vibiana - Los Angeles (Stati Uniti)

Titolo: Il Nome di Gesù, grido di liberazione per tutta l'umanità

Testo:

Caro arcivescovo Mahony, caro card. Manning, cari fratelli e sorelle.


1. Vi saluto oggi nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Per il suo amore e la sua misericordia siamo riuniti nella chiesa per rendere lode e grazie al nostro Padre celeste. La grazia e la pace siano con tutti voi - il clero, i religiosi e i laici di questa città - che porta il nome di Nostra Signora degli Angeli. Che lei possa continuare ad assistervi nel lodare Dio ora e sempre con gli angeli, la patrona di questa cattedrale - Santa Vibiana - e tutti i canti.

Desidero unire la mia voce al coro di lode offerto a Dio nel nome di Gesù in tante lingue diverse e da persone di diverse razze e origini etniche in questa grande metropoli. E' il suo nome soprattutto che ci unisce in un'unica famiglia di fede, speranza e amore. E' il nome di Gesù che trascende ogni divisione e sana oggi antagonismo all'interno della famiglia umana.

Come successore di Pietro, vengo oggi da voi nel nome di Gesù. E non potrebbe essere altrimenti, poiché ogni vero ministro del Vangelo non predica se stesso o un qualsiasi messaggio di origine umana, ma predica Gesù Cristo come Signore (cfr. 2Co 4,5). La Chiesa cerca di applicare alle paure, ai dubbi d alle tribolazioni degli individui e delle nazioni il potere salvifico di quel nome che appartiene solo a colui che è Verbo di Dio (cfr. Ap 19,13).


2. In un mondo che è pieno di ideologie in competizione e di così tante false e vuote promesse, il nome di Gesù Cristo porta la salvezza e la vita. La parola ebraica "Gesù" significa "Salvatore", come l'angelo disse a Giuseppe nel sogno: "e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,21). All'inizio della missione della Chiesa san Pietro proclama che "in nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12).

Questo nome è la fonte della vita per coloro che credono; ci libera dal male e ci conduce alla sola verità che può renderci liberi. Il nome di Gesù è anche un grido di liberazione per tutta l'umanità. Ha il potere di confortare e guarire i malati (cfr. Ac 3,6 Jc 5,14-15), di scacciare i demoni (cfr. Mc 16,17 Lc 10,17 Ac 16,18), e di operare ogni tipo di miracolo (cfr. Mt 7,22 Ac 4,30).

Ancor più importante è che nel nome di Gesù e per il suo potere i nostri peccati vengono perdonati (cfr. 1Jn 2,12).

Il nome di Gesù è al centro del culto cristiano in questa cattedrale e in ogni chiesa nel mondo: "Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). Il nome di Gesù è al centro di tutta la preghiera cristiana: "tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo concede" (Jn 15,16). Ed è giustificazione della carità poiché come Gesù stesso spiega, "chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa" (Mc 9,41). Esso invoca il dono dello Spirito Santo, "il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome" (Jn 14,26).


3. Miei cari fratelli e sorelle: noi siamo chiamati cristiani, e quindi il nome di Gesù Cristo è anche il nostro nome. Al fonte battesimale noi abbiamo ricevuto un "nome di battesimo" che simboleggia la nostra comunione con Cristo e i suoi santi.

La nostra identificazione con lui si riflette nella regola di vita che san Paolo propone nella Lettera ai Colossesi: "E tutto quello che fate in parole e opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre" (Col 3,17). Noi siamo non solo obbligati a rendere grazie, ma anche a parlare e operare nel nome di Gesù, anche a rischio di essere maltrattati, perseguitati e odiati "per amore del Nome" come Gesù ha detto (Ac 5,41 cfr. anche Mc 13,13 Lc 21,12).

In quanto cittadini degli Stati Uniti, dovete rendere grazie a Dio per la libertà religiosa di cui voi godete secondo la vostra Costituzione, giunta al suo secondo centenario. Comunque, la libertà di seguire la vostra fede cattolica non significa automaticamente che sarà facile "parlare e operare". In un mondo secolarizzato parlare e operare nel nome di Gesù può portare ad essere contrastati e perfino ridicolizzati. Spesso significa prendere le distanze dall'opinione più diffusa. Eppure, se guardiamo nel Nuovo Testamento, troviamo ovunque incoraggiamenti per perseverare in questa testimonianza della nostra fede. Come ci viene detto nella Prima Lettera di san Pietro: "Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome" (1P 4,6). E Gesù stesso dice: "Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo" (Jn 16,33).

Non è quindi estremamente importante questo messaggio per i giovani che cercano di vivere una vita moralmente responsabile di fronte a un'epoca di cultura popolare e di pressioni che sono indifferenti, se non ostili, alla moralità cristiana? E per i loro genitori, che affrontano le pressioni quotidiane nella loro vita privata e pubblica? E per il clero e i religiosi che a volte trovano difficile parlare della piena verità dell'insegnamento della Chiesa perché è "parola dura" che molti non accetteranno prontamente? 4. Cari fratelli e sorelle: il nome di Gesù, come la parola di Dio che egli è, è un'arma a doppio taglio (cfr. He 4,12). E' un nome il cui significato è salvezza, e vita; è un nome che significa anche una lotta e una croce, esattamente come è stato per lui. Ma è anche il nome in cui noi troviamo la forza di proclamare e vivere la verità del Vangelo; non con arroganza, ma con gioia fiduciosa; non giudicandosi personalmente, ma pentendosi umilmente davanti a Dio; mai con inimicizia, ma sempre con amore.

Caro popolo di questa grande arcidiocesi di Los Angeles, con i suoi tanti problemi, le sue grandi sfide, e le sue immense possibilità per il bene: il nome di Gesù è la vostra vita e la vostra salvezza. E' il vostro orgoglio e la vostra gioia, è l'orgoglio e la gioia delle vostre famiglie e delle vostre parrocchie. In questo nome voi trovate la forza per la vostra debolezza e l'energia per la vostra vita cristiana di ogni giorno. Nella vostra lotta contro il male e il maligno, e nel vostro sforzo per la santità, il nome di Gesù è la fonte della vostra speranza, perché nel nome di Gesù voi siete invincibili! Continua, quindi, caro popolo cattolico di Los Angeles a invocare questo santo nome di Gesù nella gioia e nel dolore; continua a insegnare questo nome ai tuoi figli, così che essi possano a loro volta insegnarlo ai propri figli, fino a quando il Signore Gesù verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti.

1987-09-15 Data estesa: Martedi 15 Settembre 1987




Ai giovani nell'"Universal Amphiteatre" - Los Angeles (Stati Uniti)

Titolo: Senza la fede non c'è nessuna autentica e duratura speranza

Testo:

Cari giovani amici.


1. Penso che sappiate già, senza che ve lo dica, quanto sono felice di essere con voi oggi. Ovunque io vada in tutto il mondo, è sempre per me un appuntamento l'incontro con i giovani. Qualche giorno fa ero con loro a New Orleans, e oggi sono lieto di essere con voi. Fin dall'inizio, quando ero un giovane sacerdote, ho trascorso molte ore a parlare con gli studenti nei "campus" delle università o passeggiando lungo i laghi, in montagna e in collina. Ho trascorso molte serate cantando con i giovani, ragazzi e ragazze come voi. E anche ora che sono Papa, nei mesi estivi, diversi gruppi di giovani vengono a Castel Gandolfo la sera per parlare e cantare insieme.

Come probabilmente sapete, dico spesso che voi giovani portate la speranza al mondo. Il futuro del mondo risplende nei vostri occhi. Proprio adesso state contribuendo a forgiare il futuro della società. Poiché ho sempre riposto grandi speranze nei giovani, vorrei parlarvi oggi proprio della speranza.


2. Non possiamo vivere senza speranza. Dobbiamo avere degli obiettivi nella vita, dei significati nella nostra esistenza. Dobbiamo aspirare a qualcosa. Senza speranza cominciamo a morire.

Perché talvolta accade che una persona che sembra essere in buona salute, che ha successo agli occhi del mondo, prenda una dose eccessiva di sonniferi e si suicidi? Perché, invece, vediamo una persona gravemente invalida piena di grande entusiasmo per la vita? Non è forse a motivo della speranza? Il primo ha perso ogni speranza; nel secondo la speranza è viva e fiorente. E' chiaro quindi che la speranza non deriva da talenti e doni, o dalla salute fisica e dal successo! Essa proviene da qualcos'altro. Per essere più precisi, la speranza proviene da qualcun altro, qualcuno al di sopra di noi. La speranza viene da Dio, dalla nostra fede in Dio. Persone di speranza sono coloro che credono che Dio li ha creati per un motivo, e che lui provvederà alle loro necessità. Essi credono che Dio li ama come un padre fedele. Ricordate il consiglio che Gesù diede ai suoi discepoli quando sembrava che avessero timore del futuro? Egli ha detto: "Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito.

Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete!" (Lc 12,22-24). Si, Dio conosce tutte le vostre necessità. Egli è il fondamento della nostra speranza.


3. Ma che dire delle persone che non credono in Dio? Questo è un problema veramente grave, uno dei problemi più gravi del nostro tempo, l'ateismo, il fatto che molti nostri contemporanei non credono in Dio. Quando lo scorso anno ho visitato l'Australia, ho detto a un gruppo di bambini: "Il fatto più doloroso dell'essere Papa è vedere che molte persone non accolgono l'amore di Gesù, non sanno chi sia realmente e quanto li ami... (Gesù) non costringe la gente ad accogliere il suo amore. Egli lo offre loro e li lascia liberi di dire si o no. Mi riempie di gioia vedere quante persone conoscono e amano nostro Signore, quante gli dicono si. Ma mi rattrista vedere che alcuni dicono no" (29 novembre 1986).

Senza la fede in Dio non può esistere la speranza, nessuna autentica, duratura speranza. Non credere più in Dio significa cominciare a scendere lungo una china che può condurre soltanto al vuoto e alla disperazione. Ma chi ha il dono della fede vive con fiducia in ciò che verrà. Guarda al futuro con aspettativa e gioia, anche dinanzi alla sofferenza e al dolore; e il futuro al quale guarda in ultimo è la vita eterna con il Signore. E' questa la speranza che caratterizzava in modo tanto importante la vita di san Paolo, che una volta scrisse: "Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati...

Non ci scoraggiamo... perché il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno" (2Co 4,8-9 2Co 4,16). Solo Dio può rinnovarci interiormente ogni giorno. Solo Dio può dare significato alla vita, Dio che si è fatto vicino a ognuno di noi in "Cristo Gesù nostra speranza" (1Tm 1,1).

Nel Nuovo Testamento trovano due lettere attribuite a san Pietro. Nella prima egli dice: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 3,15).

Cari giovani amici: prego affinché la vostra fede in Cristo sia sempre viva e forte. In tal modo sarete pronti a dire agli altri la ragione della vostra speranza; voi sarete messaggeri di speranza per il mondo.


4. Mi chiedono spesso, soprattutto i giovani, perché mi sono fatto prete.

Probabilmente alcuni di voi vorrebbero chiedermi la stessa cosa. Cerchero di rispondere brevemente. Vorrei iniziare dicendo che non è possibile spiegarlo interamente. Perché resta un mistero anche per me. Come è possibile spiegare le vie di Dio? Eppure io so che, in un dato momento della mia vita, sono stato certo che Cristo diceva a me quello che ha detto a migliaia di persone prima di me: "Vieni, seguimi!". Avvertivo chiaramente che ciò che sentivo nel mio cuore non era una voce umana, né una mia idea. Cristo mi stava chiamando a servirlo come sacerdote. E probabilmente potete dire che sono profondamente grato a Dio per la mia vocazione al sacerdozio. Nulla ha più importanza per me, o mi dà una gioia maggiore del celebrare ogni giorno la Messa e servire il popolo di Dio nella Chiesa. E questo è stato vero fin dal giorno della mia ordinazione al sacerdozio.

Nulla lo ha mai cambiato, neppure il fatto di essere diventato Papa.

Nel confidarvi questo, vorrei invitare ognuno di voi ad ascoltare attentamente la voce di Dio nel vostro cure. Ogni persona umana è chiamata alla comunione con Dio. Per questo motivo il Signore ci ha creati, per conoscerlo, amarlo e servirlo e - nel far questo - per scoprire il segreto della gioia perenne.

In passato, la Chiesa degli Stati Uniti è stata ricca di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Questo potrebbe essere particolarmente vero oggi. Allo stesso tempo la Chiesa ha bisogno di testimonianza ai Vangelo di laici santi, nella vita matrimoniale e nello stato di celibi e nubili. Sappiate che il Signore vi conosce tutti per nome e desidera parlare al vostro cuore in un dialogo di amore e di salvezza. Dio continua a portare ai giovani sulle sponde del fiume Mississippi e sui declivi delle Montagne Rocciose. Dio continua a parlare nelle città della costa occidentale dell'America e lungo le colline digradanti e le pianure. Dio continua a parlare ad ogni persona umana.

La gioia più profonda che esiste nella vita è la gioia che viene da Dio e che troviamo in Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Egli è la speranza del mondo.

Gesù Cristo è la vostra speranza e la mia! Domande ["Padre Santo, quali paure, quali pressioni hai sperimentato su di te?"] Non è facile parlare di se stessi... sono cresciuto tra due guerre mondiali... in un tempo terribile, di violenza... Ritorna in mente l'olocausto degli ebrei.. La provvidenza mi guido per mano.

["Vorrei darle il benvenuto negli Stati Uniti - ha detto Chris - e ringraziarla di essere con noi oggi. Vorrei pero sapere cos'è che l'ha spinta a venire negli Stati Uniti proprio in questo momento".] Cosa avrebbe significato se non fossi venuto negli Stati Uniti? Sono venuto per due motivi: il primo è stato per rispondere a un invito dei vescovi e anche di altre persone degli Stati Uniti; ma vi è un altro motivo; Cristo stesso non era sempre invitato ad andare e a parlare. Ma andava! andava! Era la sua missione andare, parlare, proclamare il regno di Dio. Era la sua missione ed è stata la stessa missione per gli apostoli, così come è la nostra missione poiché siamo i successori degli apostoli, sia io che il vostro vescovo Mahony.

[E Chris di rimando: "Padre Santo io le dico che per noi è un grande onore averla qui ed è un grande onore che lei ci faccia partecipi dei suoi pensieri. Anche noi vogliamo farla partecipe dei nostri". A Chris si affianca una giovane della Louisiana: "Padre Santo, tutti i cattolici di St. Louis le danno il benvenuto. Migliaia di persone della nostra diocesi le hanno preparato un dono. Le assicuriamo che preghiamo e pregheremo sempre per le necessità della Chiesa". A rafforzare le parole è giunto un altro studente della Louisiana che ha detto: "Padre Santo, le offriamo i nostri digiuni, le nostre opere di carità e le diciamo che l'aspettiamo in questa nostra cattedrale quando tornerà la prossima volta nel nostro paese". Il collegamento è poi passato a san Diego da dove Nancy Davidson ha chiesto al Papa: "Qual è il ruolo dei giovani nella Chiesa?".] Ho risposto a questa domanda - ha detto il Papa a Nancy - in modo ampio con la Lettera indirizzata ai giovani durante l'Anno indetto dalle Nazioni Unite per la gioventù. Quello che è essenziale è contenuto nelle parole di san Pietro.

Venerate il Signore che è Cristo nel vostro cuore. A chi vi chiedesse ragione della vostra speranza, siate sempre pronti a rispondere. Questo è forse il punto essenziale riguardo al ruolo dei giovani nella Chiesa oggi. Questo è ciò che si aspetta la Chiesa dai giovani nella Chiesa di tutto il mondo. La religione della speranza è molto importante nella nostra epoca dove in molti manca la speranza. E' necessario portare speranza alla gente della nostra epoca. Mi sembra dunque che san Pietro ci dia la risposta essenziale a questa domanda.

["Ma come possiamo continuare - ha ribattuto Nancy - a trovare un senso per la nostra esistenza quando ci sono sempre più giovani che vi rinunciano?".] E' vero, alcuni rinunciano. Vi sono persone che rinunciano a trovare un senso alla loro esistenza. E allora, voi vi chiedete, come continuare a dare un senso alla nostra vita quando altri vi rinunciano? La risposta può essere solo "non accettare che gli altri rinuncino a dare un senso alla vita". Resistere! E' necessario resistere; ma per resistere è anche necessario coltivare la speranza nella nostra vita. Siamo allora obbligati in questa situazione a riflettere su cosa è la speranza. Quali sono i motivi profondi della nostra speranza. Questa è una sfida per noi. E non è una sfida facile, ma è necessario resistere in questa situazione. Resistere significa anche portare la speranza a loro; ai nostri amici che hanno rinunciato a trovare un senso alla vita. Sapete che Gesù Cristo chiamo 12 apostoli: e un'opera di apostolato è portare speranza ai nostri amici che hanno perduto speranza. La vita non può essere priva di significato. Un uomo non può essere senza speranza; senza un futuro. E' essenziale per ognuno di noi: si potrebbe dire che essere un uomo e rinunciare a trovare un senso alla vita è una contraddizione. Non possiamo accettare questa contraddizione. Gesù Cristo dà speranza e significato alla nostra vita. Egli conferma il significato della nostra vita. Sono convinto che le mie risposte sono state piuttosto brevi e che dovrei scrivere un libro per renderle esaurienti. Ma mi è impossibile in così poco tempo.

[Sandy Smith, una ragazza dell'Oregon, ha poi parlato al Papa del grande servizio che i giovani della sua diocesi rendono ai poveri "più per dare che per ricevere". Poi sullo schermo di Denver è comparsa una coppia di sposi, Bobby Stranski e la moglie Bonnie: "Siamo molto preoccupati della vocazione di servizio nella Chiesa, e come coppia sposata vorremmo sapere quali sono le nostre responsabilità riguardo a questo tipo di ministero nella Chiesa".] Direi che il primo ministero che dovete compiere nella Chiesa è quello di essere fedeli agli insegnamenti della Chiesa e vivere questi insegnamenti autenticamente dando voi stessi in servizio agli altri. Sono sicuro che lo Spirito Santo vi mostrerà qual è la vostra speciale vocazione nella Chiesa. La famiglia è l'avvenire del mondo; e il vostro naturale ministero è di educare rettamente i vostri figli. Molti sacerdoti sanno così bene che il primo seminario è stato la loro famiglia. E' la madre colei che esercita un'influenza più immediata sul bambino. Il padre deve avere un'autentica solidarietà con la madre nell'educazione dei figli, una educazione cristiana. Solidarietà nell'educazione dei figli, questi sono i miei migliori auguri per la vostra giovane famiglia.

[Infine la domanda "impertinente" di un giovane di Los Angeles: "Padre Santo, quali paure, quali pressioni hai sperimentato su di te, giovane cristiano?".] Non è facile parlare di se stessi. Sono cresciuto tra le due guerre mondiali. E' stato un periodo tranquillo tranne quando persi la mamma, da bambino.

Poi è venuto il tempo della violenza; un tempo terribile, soprattutto per la mia Patria. Ritorna in mente l'olocausto degli ebrei. Direi che la Provvidenza mi guido per mano durante la guerra. Fu allora che scoprii la mia vocazione al sacerdozio. Proprio attraverso la tragica esperienza della guerra trovai questa via particolare per la mia vita. Nello stesso tempo pero partecipai alla sofferenza di tante persone, nella mia patria e in tutta l'Europa. Ma questa forse non è una risposta alla tua domanda, o almeno non è una risposta completa. Si tratta piuttosto di alcuni ricordi. Ma ti ringrazio.

1987-09-15 Data estesa: Martedi 15 Settembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Nella cattedrale dei Ss. Simone e Giuda - Phoenix (Stati Uniti)