GPII 1987 Insegnamenti - Al Movimento Internazionale Intellettuali Cattolici

Al Movimento Internazionale Intellettuali Cattolici

Titolo: Necessario un ascetismo internazionale che serva la verità, per evitare le manipolazioni culturali del nostro tempo

Testo:

Signor cardinale, cari fratelli e sorelle.


1. Sono felice di accogliere qui tutti voi che partecipate alla 25a assemblea plenaria del Movimento internazionale degli intellettuali cattolici, ed esprimo le mie cordiali felicitazioni per il 40° anniversario del vostro Movimento, nel quadro tradizionale di "Pax Romana". Ringrazio la Signora Manuela Silva, vostro presidente, per le amabili parole che mi ha appena rivolto a vostro nome.


2. La vostra presenza a Roma in questa circostanza testimonia il vostro desiderio di fedeltà alla Sede di Pietro. così voi gli rendete omaggio, nello spirito della costituzione stessa della "Pax Romana".

Ma come non osservare che vi siete riuniti a Roma alla vigilia dell'importante avvenimento ecclesiastico che sarà l'assemblea del Sinodo dei vescovi consacrato al tema "La vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, venti anni dopo il Concilio Vaticano II"? Lo sviluppo di "Pax Romana" è stato intimamente legato al vasto processo di quella che si è chiamata la "promozione dei laici" che è stata approfondita e chiarita dall'ecclesiologia di comunione del Concilio stesso.

La costituzione e l'evoluzione di "Pax Romana" e dei diversi movimenti che la compongono, sono state, nella prima metà del nostro secolo, un segno fra gli altri del vigore crescente dell'apostolato dei laici, dell'importanza delle associazioni cattoliche di fedeli, della loro internazionalità corrispondente allo sviluppo storico della Chiesa e delle istituzioni internazionali, della netta affermazione della dignità cristiana e della piena partecipazione dei laici alla comunione della Chiesa, alla responsabilità missionaria. "Pax Romana" ha fornito importanti contributi a questo processo. Non meraviglia dunque che abbia dato viva attenzione allo svolgimento del Concilio Vaticano II al quale parecchi suoi dirigenti hanno preso parte come laici uditori.


3. Il vostro 40° anniversario ha luogo nel momento stesso in cui il vostro Movimento si sforza di promuovere degli scambi e una collaborazione sempre più feconda tra i raggruppamenti di intellettuali e di professionisti cattolici di numerosi paesi, in modo da sviluppare sempre più l'azione dei vostri Segretariati internazionali degli artisti, dei giuristi, degli ingegneri, degli scienziati.

Inoltre collaborate attivamente alla Conferenza dell'OIC e agli organismi non governativi, al fine di offrire un contributo cristiano alla soluzione dei grandi problemi che si pongono a livello della vita internazionale.


4. La tematica particolarmente interessante, che avete scelto per gli scambi nelle vostre assemblee vi invita a "rispondere oggi alla sfida del domani". Voi vi proponete di esaminare il dramma della povertà e della fame, e l'abisso creato tra i ricchi e i poveri, nel nostro mondo, le nuove questioni poste dalla rivoluzione tecnologica e dall'urbanizzazione incontrollata, il problema demografico con una forte crescita o un pericoloso declino secondo le regioni, la corsa agli armamenti e le forme di potere, lo squilibrio ecologico, la crisi del sistema politico, finanziario ed economico internazionale, il disprezzo dei diritti dell'uomo, della libertà religiosa. Sottolineerei soltanto, da parte mia, alcuni atteggiamenti di fondo che potranno ispirare il vostro cammino di intellettuali cattolici dando il vostro contributo alla costruzione di un mondo più giusto e più pacifico, più aperto alla verità e all'amore, più conforme alla dignità integrale dell'uomo.

Voi formate un movimento di intellettuali cattolici: è chiaro che il fatto di essere cattolici è la sostanza della vostra vita e delle vostre convinzioni; mettete i vostri talenti al servizio della vostra testimonianza di cristiani.


5. Tra i discepoli di Cristo, ciò non si riduce a un discorso di ordine intellettuale, ancor meno a un'ideologia. Si tratta dell'incontro personale con il Signore che conduce a diventare membra del suo corpo. E' perché nella comunione ecclesiale noi facciamo l'esperienza di cambiamenti nelle nostre vite, che noi possiamo riconoscere la possibilità della conversione del cuore umano e di una evoluzione positiva nella vita del mondo.

Gli intellettuali cattolici nei loro sforzi, in vista di una trasformazione del mondo, non confondono la loro speranza con un'esaltazione umanitarista del progresso o con dei messianismi temporali, ma la vivono in quanto uomini nuovi, rivestiti di Cristo, testimoni della potenza della sua risurrezione in atto, che è il dinamismo determinante della storia degli uomini. E' grazie alla forza di questo incontro con il Signore che viene saziata la sete di verità, presente nel cuore di ogni uomo creato a immagine e somiglianza di Dio e destinato a vederlo "faccia a faccia" nella comunione d'amore.

Cristo, che è nostra verità ci conduce alla verità tutta intera. In questa strada noi partecipiamo, gioiosi e fiduciosi nella verità di Cristo, essendo fedeli al magistero della Chiesa. Questa fedeltà non è certamente un ostacolo alla nostra libertà, ma al contrario un impulso e un'illuminazione per affermare la nostra libertà, per fondare le nostre ricerche su una base solida, per impegnarci a favorire nell'azione concreta il bene degli uomini.

Vi invito ancora a testimoniare un'adesione serena e comune alla verità che ci è stata rivelata da Dio in Gesù Cristo, che è stata affidata alla sua Chiesa, assistita dallo Spirito Santo, che è insegnata dai successori degli apostoli, in comunione con la Sede di Pietro.


6. In questo senso, gli intellettuali cattolici devono resistere incessantemente alle tentazioni che potrebbero deviarli. Da un lato, la tentazione ideologica che li indurrebbe a sottomettere le verità della fede alle proprie categorie intellettuali e quindi all'impresa degli strumenti potenti di manipolazione culturale che il nostro tempo conosce. E' necessario un ascetismo dell'intelligenza, al servizio della verità, vivificata e fortificata dal suo radicamento nel mistero della comunione della Chiesa.

Lo scetticismo è un'altra tentazione, quella di abbandonare la tensione verso la ricerca della verità. L'intellettuale si rassegnerebbe allora a un pragmatismo senza ideali, a un atteggiamento nichilista e cinico, al fondo narcisistico.


7. Al contrario voi vi appassionate a tutto ciò che costituisce l'avventura umana, a tutto ciò che esprime il bene, la bellezza, la verità nella vita degli uomini, per assumere in uno spirito di solidarietà, i bisogni concreti e le speranze dei popoli specialmente più poveri. Per guidarvi in questo impegno solidale attraverso il quale voi vi proponete di mettere al servizio di tutti le vostre risorse intellettuali e professionali, voi possedete una chiave fondamentale di discernimento. Cristo, rivelandoci l'amore misericordioso di Dio, ci ha rivelato anche il vero volto dell'uomo, la sua vocazione, il suo destino, i tratti che costituiscono la sua dignità integrale. Questa antropologia cristiana non ci dispensa dagli studi e dalle ricerche, dai dialoghi e dai confronti, ma è il fondamento di ogni servizio autentico del bene degli uomini e particolarmente il cuore della dottrina sociale della Chiesa.

Non si tratta soltanto di proclamare questi principi con coerenza, ma anche di metterli comunicazione feconda con i dati delle culture e delle scienze del nostro tempo per proporre delle ipotesi di analisi e dei progetti di trasformazione sociale. Le istruzioni "Libertatis nuntius" e "Libertatis conscientiae" della Congregazione per la dottrina della fede offrono guide preziose di orientamento a questo proposito. Sulla base dei principi di sussidiarietà e di solidarietà, è necessario impegnarsi anche nella costruzione di un insieme di realizzazioni sociali che rispondono ai bisogni concreti degli uomini e dei gruppi, manifestando l'efficacia della presenza cristiana. Una fede che non diventa attivamente cultura - l'ho già segnalato a piccole riprese - è una fede che non è sufficientemente accolta, né profondamente pensata, né pienamente vissuta.


8. Incoraggio quindi il vostro movimento e ciascuno dei suoi membri ad essere audaci promotori dell'inculturazione della fede nei diversi ambienti di creazione e di diffusione della cultura; e allo stesso tempo, ad evangelizzare ogni cultura e ogni situazione umana, come diceva il mio predecessore Paolo VI: "...si tratta... anche di raggiungere e come di sconvolgere con la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti d'interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la parola di Dio e il disegno di salvezza" (EN 19). Il Sinodo, ormai prossimo, non trascurerà certamente questi compiti importanti dei laici e, tra loro, quelli degli intellettuali cattolici.

Più che mai in questo Anno mariano prendete come modello la santissima Vergine Maria, forte della sua umile obbedienza e della sua fiducia nei disegni di Dio! A tutti dono di cuore la mia benedizione apostolica.

1987-09-25 Data estesa: Venerdi 25 Settembre 1987




Ai vescovi della Nigeria in visita "ad limina" - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: L'educazione cattolica ai giovani fra le priorità della Chiesa

Testo:

Cari fratelli nel nostro Signore Gesù Cristo, 1. E' per me una particolare gioia incontrare voi, membri della Conferenza episcopale della Nigeria, in occasione della vostra visita "ad limina". Vi do caldamente il benvenuto a questa assemblea con la quale diamo testimonianza della nostra unità collegiale. Alcune settimane fa ebbi il piacere di incontrare il primo gruppo di vostri fratelli vescovi della Nigeria. In particolare ricordai loro che il Collegio dei vescovi è dato alla Chiesa dal Signore Gesù Cristo per salvaguardare e approfondire l'unità di tutti i suoi membri.

E' nell'esercizio della vostra fraternità in Cristo, con tutte le sue manifestazioni collegiali, che voi svolgete gli uffici di santificazione, insegnamento e guida della vostra gente, vi aiutate reciprocamente tra vescovi e mantenete la fede in Cristo attraverso Pietro. Il nostro riunirci oggi rinnova la nostra comunione fraterna con tutte le Chiese locali e i loro vescovi. Insieme noi rappresentiamo "l'intera Chiesa unita nel vincolo della pace, amore e unità" (LG 23).


2. Desidero esprimere la mia gratitudine all'arcivescovo Ezeanya per i sentimenti di devozione che ha rivolto a me a nome del clero, dei religiosi e laici delle loro rispettive diocesi. Desidero ricambiare rivolgendo i miei cordiali saluti di grazia e pace nel nostro Signore Gesù Cristo a tutti coloro che sono affidati alla vostra cura pastorale. Ad ognuno d'essi ripeto con le parole dell'apostolo Paolo: "Ringrazio continuamente per voi il mio Dio, a motivo della vostra grazia che vi è stata concessa in Gesù Cristo, poiché in lui voi siete stati ricolmi di ogni ricchezza, di ogni parola e di ogni scienza. Poiché la testimonianza di Cristo in mezzo a voi si è talmente affermata, da non aver bisogno di alcun altro dono di grazia nell'attesa della rivelazione del nostro Signore Gesù Cristo (1Co 1,4-7).

Miei amati fratelli, voi siete i pastori di diciassette Chiese locali nelle differenti regioni della Nigeria. Sono ben conscio che portiate con voi oggi la profondità e la fede viva del vostro popolo. Ricordo con affetto la mia visita pastorale tra voi quando ricevetti la testimonianza dell'amore del vostro popolo a Cristo e la sua Chiesa.


3. In questo momento desidero esprimere il mio affetto fraterno a tutti i preti che collaborano attivamente con voi nella guida del popolo di Cristo affidato alla vostra cura. Come dissi in una precedente occasione "come voi ho imparato, in qualità di vescovo, a comprendere personalmente il ministero sacerdotale, i problemi che essi devono affrontare, i grandi sforzi che stanno facendo, i sacrifici che sono parte integrale del loro servizio al popolo di Dio. Come voi, sono pienamente cosciente di quanto Cristo dipenda dai suoi preti per poter adempiere nel tempo la sua missione di redenzione" (Ai vescovi americani, 9 novembre 1978).

Un aspetto essenziale del vostro compito apostolico è di confermare i vostri fratelli preti nella loro identità di ministri ordinati della Chiesa. Il significato e il valore del sacerdozio ministeriale possono essere adeguatamente spiegati attraverso i principi che giustificano la Chiesa stessa. Il prete è un servo di Gesù Cristo. Il potere e la gloria di Dio mantengono in lui una certa condotta. Il sacerdozio ministeriale è indispensabile per l'adorazione di Dio e per la missione della Chiesa di proclamazione del Vangelo.


4. Non dobbiamo mai stancarci di affermare la priorità essenziale del sacerdozio.

Ogni fratello sacerdote è chiamato ad essere con noi, nelle parole di san Paolo, "un servo di Cristo... consacrato a proclamare il Vangelo di Dio" (Rm 1,1). Le priorità apostoliche, come sono affermate negli Atti degli apostoli, sono "da concentrare sulla preghiera e nel ministero della parola" (Ac 6,4). In modo simile il Concilio Vaticano II non manca di sottolineare il ministero della Parola e dell'Eucaristia. Ad esempio il Concilio afferma chiaramente: "Il ministero sacerdotale parte dal messaggio evangelico". Contemporaneamente sottolinea che il mistero della parola raggiunge il suo culmine nell'Eucaristia, essa stessa "sorgente e sommità di tutta la parola di evangelizzazione" (PO 2 PO 5).


5. E' nel sacrificio eucaristico che il prete trova la sorgente di tutta la sua carità pastorale, la base della sua stessa spiritualità e la forza di offrire ogni giorno la sua vita con il sacrificio di Gesù. E' sempre attraverso l'Eucaristia che il suo celibato rimane saldo, poiché gode della comunione sacramentale con il nostro misericordioso Redentore e Signore.

Il ministero nel popolo di Dio, che noi come vescovi condividiamo con i nostri fratelli preti, è fortemente influenzato dalla qualità della nostra reciproca fedeltà: la nostra fedeltà ai nostri preti, la loro lealtà verso di noi.

Se siamo veri fratelli verso i nostri preti, allora conosciamo i loro fardelli e i loro bisogni. Allo stesso tempo essi, come fratelli, conoscono spesso i problemi che ci assillano. In momenti di difficoltà, insieme con l'aiuto della grazia di Dio è la solidarietà dei preti, con la loro comprensione e compassione, che ci aiuta a compiere, con generosità e perseveranza, ogni funzione sacerdotale che Cristo ha affidato al Collegio dei vescovi in comunione con Pietro.


6. E' la Chiesa, e più precisamente i vescovi, che manda i preti a predicare la buona novella della salvezza. E' per questo che l'obbedienza sacerdotale rimane sempre un'importante virtù. Essa rende il prete pronto a servire; aiuta ad assicurare che il suo ministero sia fruttuoso e faccia crescere sempre il popolo di Dio nell'unità.

Riferendosi all'importanza dell'obbedienza sacerdotale il Concilio Vaticano II dice: "Da quando il ministero sacerdotale è il ministero della Chiesa stessa, esso può essere adempiuto solo dalla comunione gerarchica con l'intero corpo. perciò l'amore pastorale richiede che, agendo in questa comunione, i preti dedichino le loro stesse volontà attraverso l'obbedienza al servizio di Dio e dei loro fratelli e sorelle. Questo amore richiede che essi accettino e compiano in uno spirito di fede ciò che viene comandato o raccomandato dal Sommo Pontefice, dai loro vescovi o da altri superiori" (PO 15).


7. Nella sua enciclica sul celibato sacerdotale Papa Paolo VI ricordava ai suoi fratelli vescovi che "è la vostra presenza amorevole e fraterna e le vostre azioni che devono colmare la solitudine umana del prete, spesso causa di scoraggiamento e tentazione. Prima di essere i superiori e i giudici dei vostri preti, siate i loro maestri, fratelli, amici, sempre pronti a capire, comprendere e aiutare.

Incoraggiate in ogni maniera possibile i vostri preti a essere vostri personali amici e ad essere molto aperti con voi. Questo non indebolirà le relazioni di obbedienza giuridica; piuttosto trasformerà questo in amore pastorale, così che essi obbediscano con maggiore volontà, sincerità e sicurezza" ("Sacerdotalis Caelibatus", 92).

Sono al corrente della grande importanza che voi attribuite alla nomina dei candidati da preparare al ministero sacerdotale. Ciò è compiuto in larga misura dall'attenzione sollecita e dall'aiuto che voi stessi date ai programmi di formazione sacerdotale nei vostri seminari minori o maggiori. Desidero assicurarvi della mia sollecitudine in questo sforzo essenziale per la missione della Chiesa di proclamazione del Vangelo. Possa ognuno di voi essere sempre, con una partecipazione attiva e amorosa, un vero padre in Cristo per ognuno dei vostri seminaristi (cfr. OT 5).


8. Sebbene io vi abbia parlato fin qui circa il ministero sacerdotale, molto di ciò che ho detto vale ugualmente anche per i religiosi. I membri degli Istituti di vita consacrata costituiscono per la Chiesa in Nigeria un elemento indispensabile per il grande compito dell'evangelizzazione. La loro pubblica testimonianza con i voti di castità, povertà e obbedienza e il loro generoso esempio di vita comunitaria procurano alla Chiesa in Nigeria un'autentica "evangelica testificatio".

Nel vostro lavoro con i religiosi vi incoraggio a rinnovare lo sforzo per manifestare la grande stima che la Chiesa ha per essi nella loro vocazione di amore consacrato, spingendoli ad una sempre maggiore collaborazione generosa alla vita collegiale della comunità ecclesiale. I religiosi danno ispirazione al resto dei fedeli quando vivono la loro vocazione in uno spirito di gioia e di sacrificio. Allo stesso modo sono per noi segno sorprendente della dimensione escatologica della Chiesa.

La vera presenza del religioso nel mondo è una grande consolazione per la Chiesa e un mezzo effettivo per proclamare il Vangelo. In Nigeria questa proclamazione è stata compiuta in maniera speciale dai preti missionari, da sorelle e fratelli che hanno manifestato eroismo e santità spargendo il seme della Chiesa. E mi unisco a voi nel ringraziare il Signore per il numero continuamente crescente di native vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Continuate a pregare per avere più vocazioni e a invitare i giovani a seguire Cristo nella vita consacrata alla Chiesa.


9. La prossima assemblea del Sinodo dei vescovi mi dà occasione di rivolgere le mie riflessioni all'importante ruolo dei laici. Con molto piacere sono venuto a conoscenza dell'influenza crescente delle organizzazioni laicali nel vostro paese, come il Concilio nazionale dei laici, l'Organizzazione delle donne cattoliche, la Legione di Maria, l'Organizzazione giovanile cattolica e l'Organizzazione degli studenti cattolici, ognuna delle quali sta dando un significativo contributo all'evangelizzazione in Nigeria.

Inoltre, è con soddisfazione che ho appreso il grande interesse dei vostri laici alle attività missionarie della Chiesa. Questo si vede chiaramente nel grande aiuto dato dai laici nigeriani al Seminario Missionario Nazionale di San Paolo ad Abuja, che sta ricevendo un sempre crescente numero di candidati da preparare al servizio di preti missionari.

Specialmente a partire dal Concilio Vaticano II i laici della Chiesa in Nigeria si sono sempre più considerati partecipanti attivi alla vita e alla missione della Chiesa. Questo è evidente nell'impegno dei laici per la crescita e il benessere della Chiesa in ognuna delle sue comunità. Si vede anche nel maggior interesse dei laici nel loro ruolo di evangelizzatori e catechisti.

Nell'insegnamento del Concilio troviamo questa descrizione della chiamata sacra dei laici: "I laici sono uniti insieme nel popolo di Dio e formano il corpo di Cristo con un solo corpo. Ovunque essi siano, sono chiamati, come membri vivi, a spendere tutte le loro energie per la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione. Poiché questa vera energia è un dono del Creatore e una benedizione del Redentore" (LG 33).


10. Non posso non menzionare che la Chiesa in Nigeria ha come speciale oggetto della sua attenzione i giovani del paese. L'attenzione pastorale ai giovani deve avere una delle maggiori priorità, poiché essi formano il più ampio gruppo nella comunità ecclesiale e molti di loro sono gravemente tentati di ignorare la Chiesa, specialmente se non conoscono il suo insegnamento. Mi fa piacere che attualmente esistano varie iniziative rivolte all'apostolato dei giovani, come l'Organizzazione cattolica dei giovani. Ma apprendo che esistono anche delle influenze negative che vanno contro. Di fronte a tali difficoltà la Chiesa in Nigeria deve impegnarsi prima di tutto ad approfondire la fede dei giovani.

Si devono trovare nuove forme di apostolato, nuove iniziative devono essere tentate. Ma il primo mezzo a disposizione della chiesa è l'apostolato dell'educazione cattolica. In ogni tempo, questo rimane un compito fondamentale della comunità cristiana, l'insegnamento della verità della nostra fede.

L'educazione cattolica è vitale per tutti i membri della Chiesa, poiché il suo proposito è di aiutare le persone ad arrivare alla pienezza della vita cristiana.

Ma è comunque giusto che i maggiori sforzi a questo riguardo siano diretti all'educazione dei giovani. Per poter crescere nella maturità in Cristo, i nostri giovani hanno bisogno di una sistematica presentazione della pienezza della rivelazione cristiana. Dobbiamo trasmettere loro tutto ciò che Gesù ha comandato di insegnare, (cfr. Mt 28,20), l'intera morale e il contenuto dottrinale del patrimonio sacro della fede.

Sono conscio che voi incontrate dei seri ostacoli nel vostro impegno per mantenere e amministrare le scuole cattoliche. Già state cercando ogni possibile maniera di eseguire questa parte cruciale della vostra responsabilità di vescovi.

Vi offro il mio fraterno incoraggiamento e sostegno nella preghiera per tutti questi sforzi meritevoli, pienamente convinto che non esiste niente di più importante nel campo educativo che la guida dei vescovi.


11. Desidero assicurarvi che continuamente preghero per la vostra Nazione e che Dio onnipotente guiderà sempre il Governo e il popolo lungo i sentieri di pace, giustizia, armonia e progresso sociali.

In tutti i compiti pastorali potete essere sicuri che io sono unito e vicino a voi nell'amore di Gesù Cristo. Insieme abbiamo un singolo proposito: rimanere fedeli alla responsabilità pastorale affidataci dal Signore, guidare il popolo di Dio al regno dei cieli. Maria, la madre della Chiesa e Regina degli apostoli, che è "un segno della sicura speranza e consolazione per il popolo peregrinante di Dio" (LG 68), interceda per noi. Nel nome di Gesù, pace a voi e a tutto il vostro popolo. Con la mia apostolica benedizione.

1987-09-26 Data estesa: Sabato 26 Settembre 1987




Al Congresso della Specola Vaticana - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Ricerca dell'unità tra scienza e fede, un'esigenza di armonia

Testo:

Eminenze, eccellenze, illustri ospiti, signore e signori.


1. Sono lieto di considerare il nostro incontro di questa mattina come un dialogo tra la Chiesa e l'Accademia che hanno entrambe, ciascuna secondo il proprio ordine, enormi responsabilità di fronte a Dio. Siamo insieme da centinaia di anni: la dotta comunità accademica che risale alle origini della conoscenza razionale; la Chiesa che risale all'insegnamento di Gesù Cristo. Parola ultima e infinita di Dio che porta a compimento il patto che Dio ha fatto con l'umanità fin dalle sue origini. Per secoli questi contatti sono stati caratterizzati dal reciproco appoggio, ma a partire dalla cosiddetta "rivoluzione scientifica", dei primi del XVII secolo, ha cominciato a verificarsi un crescente allontanamento. Oggi ci incontriamo in occasione del tricentenario della pubblicazione della "Philosophiae Naturalis Principia Mathematica" di Isacco Newton ed è particolarmente opportuno che, mentre si avvicina l'ultimo decennio di questo millennio, diamo inizio a una serie di riflessioni comuni sulle relazioni che, secondo la sana tradizione della Chiesa, dovrebbero essere promosse tra scienza e fede.

Mentre siamo qui riuniti oggi, voglio esprimere una speciale parola di gratitudine all'Osservatorio Vaticano che ospita questa conferenza per conto della Santa Sede e che ha dedicato molti mesi di diligente preparazione alla commemorazione di questo storico evento. Sono grato anche per l'assistenza degli altri promotori, in particolar modo la Pontificia Accademia delle Scienze, il Pontificio Consiglio per la Cultura, la Pontificia Università Gregoriana e la Pontificia Accademia di Teologia di Cracovia. Il vostro generoso contributo e la collaborazione sono molto apprezzati.

Desidero inoltre dare il benvenuto in modo particolare agli eminenti membri del Collegio dei cardinali, insieme ai membri del Corpo Diplomatico. Sono grato a tutti voi per aver voluto esprimere il vostro interesse e sostegno con la vostra presenza qui oggi.


2. Una delle caratteristiche del nostro mondo è la sua difficoltà a superare la frammentazione nella sfera della conoscenza, come pure nella vita sociale. Anche in seno alle comunità accademiche, troppo spesso persiste una separazione tra conoscenza e valori e un certo isolamento tra le varie culture - scientifica, umanistica e religiosa - rende il discorso comune difficile se non talvolta impossibile. E tuttavia, per contro, possiamo scoprire in seno a ognuna delle nostre comunità, specialmente nell'ultimo secolo, un crescente desiderio verso l'unità, poiché l'unita è uno dei predicati della verità. Conseguire e proclamare la verità è il nostro comune obiettivo: l'Accademia lo fa indagando e legando tra loro le leggi dell'ordine naturale e la Chiesa lo fa testimoniando, nella diversità delle sue culture, l'unicità dello Spirito del Dio vivente.


3. Come mai prima d'ora, nella sua storia la Chiesa si è impegnata nel movimento per l'unità di tutti i cristiani, promovendo lo studio comune, la preghiera e il dibattito, perché "tutti siano una sola cosa" (Jn 17,20). Negli ultimi decenni, siamo stati testimoni di una tendenza dinamica e multiforme, in seno alla Chiesa, di promuovere la riconciliazione e l'unità. Né questo sviluppo dovrebbe sorprendere.

La comunità cristiana, nel muoversi così nettamente in questa direzione, sta realizzando con sempre maggiore intensità, l'azione di Cristo in lei: "E' stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo" (2Co 5,19). La nostra stessa natura di Chiesa implica questa costante dedizione "a riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52).


4. La ricerca dell'unità deve essere inoltre tenuta presente negli sforzi degli scienziati nelle scienze fisiche, biologiche e sociali, sforzi compiuti in risposta alla necessità di superare la frammentazione nella conoscenza e di raggiungere un più alto grado di integrazione e arrivare così più vicini all'unicità della verità. Se si prende come esempio la fisica contemporanea, il tentativo di unificare le quattro fondamentali forze fisiche - gravitazione, elettro-magnetismo, interazioni nucleari forti e deboli - va incontro nel suo insieme a un successo. In un mondo di specializzazioni tanto particolari come quello della fisica contemporanea vi è questo progresso sotteso che conduce tutto ciò alla convergenza. Con non minore successo si e tentato di costruire ponti tra i diversi campi della conoscenza scientifica, attraverso la teoria dei sistemi generali che identifica le strutture isomorfe tra le scienze fisica, biologica e anche sociale e permette così un progresso di interrelazione tra le conoscenze di ciascuno.


5. Questo processo tende a unificare specializzazioni enormemente divergenti. E ciò conduce gli scienziati verso una comunità scientifica più profondamente umana, strutturata sulla base di un'impresa comune e incoraggiata da interessi condivisi e da scambi scientifici. La comunità scientifica scopre la sua più ampia unità nel momento in cui integra più vasti orizzonti di conoscenza nel suo approccio all'unica verità. Dal canto suo, la Chiesa sperimenta la sua unità mentre professa la stessa fede, pur nella legittima diversità delle sue espressioni.

A questo punto dovremmo chiederci se queste tendenze dinamiche verso l'unità e la verità in seno a entrambe le nostre comunità, siano o non siano vicine a un punto di intersezione. La cristianità è pronta a dar vita a una più profonda collaborazione con la scienza, a un più fecondo scambio in cui sia mantenuta l'integrità di entrambe e incoraggiato il progresso di ciascuna? E', la comunità scientifica, pronta a lavorare in più stretta collaborazione con le altre comunità compresa la comunità religiosa, non prendendo alcuna decisione in materia di religione, ma lavorando con la Chiesa per costruire una cultura che sia più conforme alla dignità umana? La neutralità o il disinteresse tra noi non è più possibile. Gli esseri umani non vivono in due o tre mondi diversi se sono sani e maturi. Essi non possono esistere separatamente o in compartimenti stagni, in cui perseguano interessi divergenti e dai quali essi valutano e giudicano il loro mondo.


6. Ma la ricerca dell'unità tra scienza e fede, non risponde soltanto a un'esigenza soggettiva di armonia: essa corrisponde anche alla struttura della conoscenza stessa come la Chiesa cattolica ha sempre insegnato. Nell'èra moderna la Chiesa ha sentito talvolta il bisogno di mettere in guardia contro le pretese della scienza sperimentale di avere il monopolio della conoscenza oggettiva.

Nell'attuale fase della storia qualunque incomprensione si sia manifestata deve essere ora superata. I fondatori della "nuova scienza" - Copernico, Galileo, Bacone, Keplero, Cartesio, Newton e altri - hanno basato la loro conoscenza sugli esperimenti e ne hanno espresso i risultati nei "la logica matematica". Le osservazioni che non rientravano in un astratto modello matematico non venivano prese in considerazione.

Nel campo della fisica si consegui un enorme progresso. Questo progresso, tuttavia, ha avuto come conseguenza il fatto che lo schiacciante modello della conoscenza scientifica era la spiegazione meccanicistica dell'universo. Riducendo la scienza a tutto ciò che può essere misurato, analizzato e ricostruito in un sistema matematico di relazioni, la filosofia e soprattutto la teologia, furono estromesse dalla sfera della conoscenza scientifica.

E' vero che storicamente le varie branche della conoscenza si sono emancipate dalla teologia nella misura in cui la teologia aveva rappresentato un sistema totalizzante di spiegazione anche del mondo fisico. In tal senso nessuno contesta il fatto che l'acquisizione del metodo sperimentale abbia portato a un progresso, sia nell'ambito delle scienze così emancipate che nella stessa teologia, la quale da quel momento in poi fu costretta a rendere più preciso l'oggetto specifico della sua indagine.

D'altro canto non si può negare che, abbandonando ogni intenzione di arrivare all'essenza delle cose e quindi di limitarsi alla misura quantitativa, la scienza sperimentale si precluse la possibilità di conoscere l'essenza ultima, la realtà totale che racchiude il mistero di Dio stesso. Infatti, la rivoluzione scientifica ha ignorato la realtà di Dio e, per la maggior parte, ha mantenuto il pregiudizio che Dio e la realtà ultima fossero al di là della conoscenza razionale.


7. A questo punto desidero ricordare che la Chiesa cattolica ritiene che un simile restringimento della prospettiva della conoscenza razionale e scientifica non è conforme all'autentica vocazione dell'intelligenza umana poiché l'uomo è creato uno nelle sue diverse facoltà di conoscere il reale: siano esse analitiche o sintetiche, induttive o deduttive, sperimentali o intuitive. La Chiesa, nel Concilio Vaticano I, ha insegnato e continua a insegnare che Dio - il Creatore di tutte le cose, che dirige l'universo mediante il suo Logos - può essere conosciuto anche attraverso gli sforzi della ragione umana se essa lo ricerca, utilizzando l'analogia della conoscenza naturale e se contempla la connessione dei misteri tra loro e il loro rapporto con l'obiettivo finale dell'umanità.

La teologia è un metodo di conoscenza della stessa realtà che la ragione esplora con l'aiuto di un metodo scientifico. La scienza cambia i suoi metodi e ottiene nuovi risultati, ma il suo obiettivo rimane lo stesso. Diciamo che questo obiettivo non deve essere manipolato o ridotto a priori a un modello matematico, ma deve includere la totalità del reale. La teologia è lo sforzo permanente della fede verso l'autoriflessione e l'articolazione. E' "fides quaerens intellectum".

Ciò implica un metodo che è fondamentalmente diverso dal metodo sperimentale. La teologia si occupa in primo luogo dello studio della parola di Dio come è espressa nel patto della creazione e nell'economia di salvezza. Al di sopra di tutto, la teologia è basata sul fatto che "in questi giorni, (Dio) ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo" (He 1,2).

La teologia implica il continuo paragone della verità che Dio ci ha rivelato con la conoscenza fornita dalla ricerca scientifica. La realtà è una e la verità è una, e noi affermiamo che c'è una chiamata intrinseca all'unità della conoscenza sia che essa venga dalla scienza sperimentale, che dalla teologia. Dio è il creatore della natura e il rivelatore della sua finalità. Dunque la teologia è una scienza, la scienza della realtà ultima e dell'interpretazione di tutta la conoscenza umana e dell'esperienza dal punto di vista di quella realtà ultima cui la ragione da sola non può arrivare.


8. Nel suo stesso impegno, la teologia mantiene un dialogo vivo e costante con la cultura del suo tempo. La nostra civiltà è una testimonianza del fatto che, fin dalle origini, vi è stato un fecondo scambio tra la fede cristiana e la cultura greco-romana. La teologia non deve incorporare indiscriminatamente ogni nuova teoria filosofica o scientifica. Tuttavia poiché mentre queste scoperte divengono parte della cultura intellettuale del tempo, i teologi debbono comprenderle e comprovarne la validità nel portare alla realizzazione le possibilità non realizzate implicite nel deposito della fede cristiana.

Non ci può essere contraddizione tra i risultati raggiunti dalla ragione analitica e quelli raggiunti dalla ragione illuminata e guidata dalla fede, come ha affermato il Concilio Vaticano II: "perciò la ricerca metodica di ogni disciplina se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio" (GS 36). Attraverso la sua esperienza, la Chiesa sa che la ragione e la fede debbono essere articolate tra loro. La ragione senza fede è piatto positivismo o scientismo. Sappiamo che essa non è in grado di fornire risposte alle questioni ultime, quelle che hanno veramente bisogno di una risposta: il significato della vita, la finalità della creazione e così via.

Questo approccio, limitato dai suoi stessi presupposti arbitrari ci ha lasciato un mondo senza unità né armonia. D'altro canto, la fede senza la ragione contraddice l'unità della creazione divina, poiché Dio ci ha dato una capacità di conoscenza che deve essere esercitata come un assenso ai risultati della investigazione della natura o come un assenso alla parola di Dio. La ragione illuminata dalla fede non restringe il campo della conoscenza razionale a un limitato concetto della natura. Nell'insegnamento dei dottori della Chiesa, la natura comprende il visibile, il misurabile, ma non è mai isolata dal mistero.

Essa comprende Dio e il suo piano di salvezza. Essa comprende l'eterno Logos di Dio per mezzo del quale tutti gli esseri sono stati creati e che si e rivelato diventando uno di noi in Gesù Cristo.

In Cristo abbiamo imparato che "la vita eterna è conoscere l'unico vero Dio" (cfr. Jn 17,3). Si, l'obiettivo finale della conoscenza è conoscere Dio e l'esperienza di amore è la più alta forma di conoscenza che non nega, ma porta a compimento ciò che di imperfetto o parziale raggiunge la conoscenza analitica.

Così fede e scienza sono intrinsecamente ordinate allo stesso obiettivo: la verità ultima che è Dio. L'uomo ha ricevuto da Dio suo creatore la capacità di conoscere e di credere.

Ricordando l'opera fondamentale di Newton, rendiamo grazie a Dio che il progresso della scienza ha reso possibile, nel nostro tempo, superare le barriere artificialmente erette tra fede e conoscenza razionale. Siamo convinti che realizzando la nostra unità come persone possiamo approfondire sempre più l'intima connessione tra la scienza della origine divina e del fine divino di tutte le cose e la scienza delle loro funzioni e mutue interazioni, dato che la scienza che indaga razionalmente la creazione "attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio" (Rm 8,19).

Il Signore benedica i vostri studi presenti e futuri e il suo Spirito vi guidi nella vostra difficile ma indispensabile missione.

1987-09-26 Data estesa: Sabato 26 Settembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Al Movimento Internazionale Intellettuali Cattolici