GPII 1987 Insegnamenti - Incontro di preghiera con l'Azione Cattolica - Città del Vaticano (Roma)

Incontro di preghiera con l'Azione Cattolica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Clero e laici si completano nella missione di salvezza

Testo:

1. "Ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore!" (Ph 2,11).

Carissimi fratelli e sorelle dell'Azione Cattolica Italiana! In queste parole di san Paolo si esprime il desiderio fondamentale di ogni cristiano: che il Vangelo possa diffondersi in tutto il mondo, che ogni coscienza possa lodare e ringraziare il nome di Cristo, che tutti gli uomini, in questo unico nome, siano salvi. Sono parole tratte da un testo famoso nel quale l'apostolo Paolo enuncia il fondamentale principio dell'unità di noi cristiani; dell'unità della nostra missione, della nostra vita, della nostra speranza. Sono parole nelle quali è contenuto il programma della nostra azione. E anche, quindi, dell'Azione Cattolica, questa grande e gloriosa Associazione alla quale voi appartenete.

Siete qui convenuti, davanti alla basilica di San Pietro, da tante parti d'Italia - ragazzi, giovani, adulti e anziani - per pregare col Papa in preparazione dell'ormai imminente Sinodo dei vescovi, che tratterà in modo speciale della vocazione e della missione dei laici, alla luce dell'insegnamento del Concilio Vaticano II, e in questo contesto, anche dell'apostolato specifico di voi laici di Azione Cattolica.


2. Vi saluto con profondo affetto e vi ringrazio di cuore, cari fratelli e sorelle, per la vostra presenza, confortante e incoraggiante, nella quale ravviso un'eloquente conferma della vostra volontà di comunione con tutta la Chiesa che sta riflettendo sulla vocazione e missione dei laici. E ringrazio in modo particolare il vostro assistente generale, mons. Antonio Bianchin, per il cordiale indirizzo che, a nome di voi tutti, ha voluto rivolgermi.

L'iniziativa di riunirvi per riflettere e per pregare nell'immediata vigilia del Sinodo è quanto mai opportuna. Vi esorto a restare uniti con i padri sinodali lungo tutta la durata dell'assemblea e a coinvolgere coi voi nella preghiera le forze più vive delle vostre rispettive diocesi, perché sui lavori della prossima Assise ecclesiale scenda copiosa la luce dall'Alto.

Parafrasando le parole della seconda lettura, mi vien spontaneo di osservare che questo nostro incontro attorno all'altare del Signore è una vera "consolazione in Cristo", è un "conforto derivante dalla carità", è il segno di una profonda "comunanza di spirito", che ci fa gioire tutti nell'unione dei cuori, "con la stessa carità, con i medesimi sentimenti". Questa unità e questa gioia si fondano nella comune partecipazione di noi, discepoli di Cristo, alla sua stessa missione: far conoscere il suo nome a tutte le genti, fino alla fine del mondo, "a gloria di Dio Padre" (Ph 2,11). Infatti ogni cristiano in forza del battesimo è chiamato a collaborare al compimento di questa missione, in modo tuttavia diversificato in ragione della partecipazione al sacerdozio di Cristo secondo quelle attitudini o quei carismi che, a tal fine, ha ricevuto da Dio.


3. Nell'adempimento di tale compito - ossia nell'apostolato di evangelizzazione e di santificazione - "i laici - come dice il Concilio - hanno la loro parte specifica e molto importante da compiere "per essere anch'essi cooperatori della verità" (Jn 3,8). Specialmente in questo ordine l'apostolato dei laici e il ministero pastorale (del clero) si completano a vicenda". Il ruolo del laico, pertanto, ha una sua propria e insostituibile originalità, irriducibile a quella del ministero ordinato, per una piena e completa attuazione dell'unica e fondamentale missione della Chiesa, che è quella di condurre gli uomini alla salvezza eterna e, in tale prospettiva, di "animare e perfezionare l'ordine temporale con lo spirito evangelico" (AA 6 AA 5).

La Chiesa, che costituisce in terra il germe e l'inizio del regno di Dio, con la sua azione apostolica purifica, salva e trasfigura il mondo: lo fa annunciando la Parola del Vangelo e amministrando i sacramenti della vita nuova in Cristo; ma lo fa anche promovendo i valori umani autentici nei loro molteplici aspetti e disponendoli ad essere elevati alla dignità trascendente del regno. così la Chiesa, mediante la sua azione, prepara "nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia" (2P 3,13).


4. Nello svolgimento di questa grande missione di salvezza, il clero e i fedeli laici si aiutano e si completano a vicenda. Ciò vuol dire che non tutto ciò che fanno gli uni può essere fatto dagli altri e viceversa; vi è tra loro una diversità "istituzionale" che deve armonizzarsi nello svolgimento dell'unica missione fondamentale, redentrice, della Chiesa.

Il prossimo Sinodo contribuirà certamente ad approfondire e chiarire la natura della missione del laico nella Chiesa, in modo tale che cresca un laicato autentico sempre più corresponsabile e capace di esprimersi nella sua specificità.

Come lo Spirito Santo opera nei laici? Quanto meglio sapremo rispondere a questa domanda, tanto più comprenderemo che cosa è il laico cristiano.


5. Un importante chiarimento s'attende dal prossimo Sinodo: quello concernente le implicazioni derivanti dalla complementarità reciproca che deve esistere tra laici e pastori, nella costruzione della Chiesa e nell'opera della salvezza del mondo.

E' certo, tuttavia, che alla miglior attuazione di tale complementarità nulla potrà efficacemente condurre che un costante atteggiamento di disponibilità e di servizio degli uni verso gli altri. Si rivelano da questo punto di vista particolarmente pertinenti le parole che ci ha rivolto san Paolo nella seconda lettura: "Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ognuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma piuttosto quello degli altri" (Ph 2,3-4).

Chi è rivestito d'autorità nella Chiesa deve saper riconoscere in ogni fedele le qualità o i doni che il Signore ha posto in lui, e in tal senso deve sentirlo come "superiore" a se stesso. Applicata a noi pastori la parola dell'Apostolo, significa che dobbiamo prestare ascolto attento ai laici, in ciò che la loro specifica esperienza e competenza può suggerire. E dobbiamo mettere, inoltre, a loro servizio proprio quel dono in base al quale siamo chiamati a prestare un servizio all'interno del popolo di Dio. I laici, a loro volta, devono porsi in atteggiamento di responsabile disponibilità nei confronti dei loro pastori, facendo convergere al bene della Comunità, sotto la loro guida, qualità ed energie di cui dispongono.

Il laico infatti - il Concilio lo ha ricordato con forza - possiede particolari doni dallo Spirito Santo: e questi doni lo mettono nella condizione e diciamo pure nel dovere di cooperare con gli stessi pastori nello svolgimento della comune missione. Il laico non è chiamato a fare di meno e il sacerdote a fare di più; egli è chiamato a fare qualcosa di proprio e di originale, che il sacerdote, normalmente, non può fare, e qualcosa di altrettanto utile alla edificazione della Chiesa. Il Concilio si esprime in questi termini: "I laici sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per loro mezzo" (LG 33).


6. "A loro particolarmente spetta - dice ancora il Concilio - di illuminare e di ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo, e crescano e siano di lode al Creatore e Redentore". Nell'affrontare i problemi dell'ordine "temporale" - che toccano, per esempio, la famiglia, la scuola, il lavoro, l'economia, la cultura, la politica, la società - essi devono assumere "la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del magistero" (GS 43).

Circa questi interventi nell'ordine temporale, occorre fare "una chiara distinzione - dice ancora il Concilio (GS 76) - tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori". Queste ultime possono toccare anche l'ordine temporale, quando ci sono in gioco dei valori di fondo, come i diritti inalienabili delle persone, la libertà religiosa e la salvezza delle anime.

A tale riguardo desidero esprimere la mia partecipazione e solidarietà alle preoccupazioni manifestate dalla Conferenza episcopale italiana per quanto concerne le difficoltà che sembrano insorgere circa l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche scelto da un così gran numero di genitori e di giovani. All'impegno pastorale dei vescovi si sente associato il Papa, come vescovo di Roma e come pastore della Chiesa universale.


7. Il Sinodo, nell'approfondire il discorso sulle varie forme di apostolato dei laici, non mancherà di riflettere anche su quella forma specifica di apostolato, che è stata spessissimo qualificata come "collaborazione dei laici all'apostolato gerarchico" e cioè l'Azione Cattolica. Essa si caratterizza per il concorso di quattro note specifiche: ha come scopo immediato il fine apostolico della Chiesa, al quale i laici collaborano secondo il modo loro proprio agendo a guisa di corpo organizzato, sotto la direzione della gerarchia, che può sancire tale cooperazione anche per mezzo di un "mandato". Questa fisionomia della vostra Associazione è stata tratteggiata dal Concilio Vaticano II nel n. 20 dell'"Apostolicam Actuositatem" (AA 20), un testo fondamentale al quale i soci di Azione Cattolica devono fare costante riferimento nello svolgimento della loro attività apostolica. Questa medesima fisionomia si concretizza nel ruolo degli assistenti ecclesiastici e in modo tutto particolare del vescovo assistente generale, la cui presenza nell'Azione Cattolica è il segno e la garanzia della speciale comunione col Papa e con l'episcopato italiano.


8. Fratelli carissimi! "Buono e retto è il Signore, / la via giusta addita ai peccatori; / guida gli umili secondo giustizia, / insegna ai poveri le sue vie" (Ps 24,8-9). Quanta ricchezza d'insegnamenti ci offre oggi la Chiesa sul compito dei laici! E altra luce possiamo attenderci dall'approfondimento della parola di Dio. Ma intanto, pero, è urgente la messa in pratica, con coerenza, di quanto già ci viene insegnato nel nome del Signore. In tal modo "agiremo con giustizia e rettitudine, e faremo vivere noi stessi" (cfr. Ez 18,27).

La dottrina del sacerdozio comune dei fedeli, messa in luce dal Concilio, è ricca ancora di meravigliose possibilità. La dignità cristiana del laico ha la sua radice in quel Battesimo che lo rende partecipe "dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo" (LG 31).

E' in questi termini, cari fratelli laici di Azione Cattolica, che il Padre celeste vi manda oggi a "lavorare nella sua vigna". Non comportatevi come quel figlio che, a un'adesione verbale alla volontà del Padre, non ha poi fatto seguire l'impegno concreto dei fatti. Se davanti alle ardue esigenze della volontà di Dio ci fossero state tergiversazioni e titubanze, non ci si deve tuttavia scoraggiare: il Padre è misericordioso e pronto a perdonarci.

Riprendete dunque con speranza e buona volontà il cammino. Cristo conta su di voi. Sentite in voi la fierezza di essere chiamati a collaborare al suo disegno di salvezza. Possa così, grazie anche al vostro impegno, affrettarsi l'avveramento dell'anelito presente nel grande cuore dell'apostolo Paolo: "Ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre". Amen!

1987-09-26 Data estesa: Sabato 26 Settembre 1987




Nel 250° della canonizzazione di san Vincenzo de' Paoli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Umile imitatore di Cristo, visse la radicalità del Vangelo

Testo:

1. "Ricordati, Signore, del tuo amore" (Ps 24,6). così preghiamo oggi con le parole del salmista. Il grido a Dio, che è "ricco di misericordia" (cfr. Ep 2,4), attraversa l'intera sacra Scrittura.

L'Antico Testamento lo trasmette al Nuovo, quando "venne la pienezza del tempo" e "Dio mando il suo Figlio, nato da donna" (Ga 4,4). Allora si è realizzata la preghiera del salmista: Il Signore si è ricordato del suo amore che è da sempre: infatti, "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). E lui, il Figlio, facendosi uomo ha riempito pienamente la misura della misericordia che è propria di Dio. E ha anche voluto "trasferire", in qualche modo, questa misura all'uomo, quando ha detto nel discorso della montagna: "Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia" (Mt 5,7).


2. Oggi siamo riuniti in questa piazza, davanti alla Basilica che si eleva sulla tomba dell'apostolo Pietro, per ricordare un uomo che di questa beatitudine ha fatto - in modo straordinario - il contenuto della propria vita e della propria vocazione: san Vincenzo de' Paoli! La sua fama ha superato tutte le frontiere e, dopo oltre tre secoli, continua a sfidare il tempo. Duecentocinquant'anni fa il Papa Clemente XII l'annovero nell'albo dei santi della Chiesa cattolica, Nella bolla di canonizzazione la figura del santo viene così delineata: "Egli era come un rifugio per tutti i bisognosi e i miseri, e aiutava i poveri di ogni specie, erogando anche a volte ciò che sembrava necessario per sé e per i suoi compagni delle missioni, con elemosine così abbondanti che comunemente egli era chiamato padre dei poveri. Sebbene già avanti negli anni, si prodigava assiduamente nel ministero apostolico delle sacre missioni, e volando per ogni dove sulle ali della carità al di là di ogni fatica e delle forze dell'età senile, portava la luce della verità evangelica e la scienza dei divini comandamenti a coloro che camminavano nelle tenebre e nella caligine del vizio, soprattutto agli abitanti più poveri delle campagne e dei villaggi, che (...) venivano da lui ricondotti sulla via del Signore. E poiché la carità non conosce misura, la virtù del servo di Dio non si restrinse ai confini della Francia, ma rifulse diffondendosi in lungo e in largo; infatti, allo scopo di propagare la fede e la pietà, egli invio, tra i suoi discepoli, operai del Vangelo non solo in Italia, Polonia, Scozia e Irlanda, ma anche agli stranieri e agli Indi e alle genti più lontane dalle nostre terre, che, mediante la loro opera, fugate le tenebre dell'idolatria, condusse alla luce della verità".


3. Attraverso le generazioni san Vincenzo parla non soltanto al suo secolo, ma anche all'intera epoca moderna, scrivendo nuovamente in essa, con tutta la "radicalità" del Vangelo, le parole del discorso della montagna: "Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Egli sta all'inizio di una lunga schiera di persone che, seguendo le sue orme, hanno attuato nella vita le parole del salmista: "Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri" (Ps 24,4).

Quale spettacolo ha davanti a sé chi si spinge indietro con lo sguardo a contemplare l'immensa rete di attività apostoliche e sociali che egli ha cominciato a tessere nel corso della sua vita e che, dopo di lui, innumerevoli suoi seguaci hanno ripreso e sviluppato! Il pensiero va innanzitutto ai missionari da lui fondati e che oggi lavorano in molte parti del mondo per l'evangelizzazione dei poveri e la formazione dei sacerdoti. E come non fermarsi ammirati davanti alla meravigliosa opera svolta dalle Figlie della Carità, la Congregazione religiosa più numerosa della Chiesa? Forse non c'è persona che, in una circostanza o nell'altra della sua vita, non abbia avuto occasione di avvicinare qualcuna di queste figlie di san Vincenzo per riceverne un sorriso, una buona parola, un aiuto premuroso e discreto. V'è poi la vasta famiglia delle Confraternite e delle Associazioni di Carità che costituiscono oggi nel mondo un magnifico corpo di volontari e di volontarie al servizio della beneficenza e della promozione sociale del "popolo povero", come amava esprimersi san Vincenzo. Accanto a loro lavorano i membri delle Conferenze di san Vincenzo, fondate nel 1833 da Federico Ozanam alla luce degli insegnamenti del grande apostolo della carità. Devono inoltre essere ricordate le altre numerose Comunità che onorano san Vincenzo come patrono, modello e maestro e possono quindi essere considerate come facenti parte della grande "famiglia vincenziana".

Tutti questi figli e figlie spirituali di san Vincenzo de' Paoli hanno imparato da Cristo, col suo aiuto, a percorrere il "sentiero" evangelico che passa attraverso il discorso della montagna: "Beati i misericordiosi".


4. Il brano evangelico dell'odierna domenica ci ricorda la parabola dei due figli che il padre vuole mandare a lavorare nella vigna (cfr. Mt 21,28-32). Vincenzo de' Paoli assomiglia certamente al figlio che ha compiuto la volontà del padre; egli ha risposto con tutta la sua vita alla chiamata: "Va'... a lavorare nella vigna" (Mt 21,28). E non si è lasciato "precedere" da nessuno. E tuttavia merita di essere sottolineato che anche lui - come ci narrano i biografi - ebbe, all'inizio, un comportamento in qualche modo simile a quello del figlio della parabola, che prima tergiversa e solo in un secondo momento obbedisce: senza aver opposto un "no" preciso al Padre che lo inviava alla vigna, possiamo dire che, nei primi tempi, egli non senti il sacerdozio come una vocazione che lo impegnava alla santità, ma quasi piuttosto come l'occasione per raggiungere un certo prestigio sociale e una dignitosa sistemazione economica, come scriveva a sua madre.

Questo limite umano di Vincenzo ci fa comprendere che santi non si nasce. Santi si diventa, attraverso un più o meno lungo, faticoso e metodico cammino di conversione, di penitenza e di purificazione. Farsi santi è una dura conquista e suppone un impegno e uno sforzo che in fondo durano tutta la vita.

Vincenzo si accorse, a un certo punto, di questa esigenza della santità posta in noi dalla grazia del Battesimo, e con grande ardore e determinazione si dedico a questo, che è il più bell'ideale che un uomo possa concepire nella propria vita. Fu così che Vincenzo, alla scuola di grandi maestri come il card. de Berulle e san Francesco di Sales, riscoperse o - quasi si potrebbe dire - scoperse veramente quel sacerdozio che aveva voluto ricevere, appena ventenne, più per una sua scelta umana che per una cosciente risposta alla vocazione divina. E' la chiara presa di coscienza di questo dono incommensurabile ricevuto da Dio fu il germe iniziale, la "molla" propulsiva e la ragione ultima, soprannaturale, di tutte quelle meravigliose imprese della carità, che l'hanno meritatamente reso famoso in tutto il mondo e gli hanno assicurato una gloria immortale. Vincenzo divenne così un ispiratore di grandi gesti di generosità anche in tante altre persone. Fu un educatore di "élites" e, al tempo stesso, di masse.

Due furono gli amori della sua vita: Dio e i poveri. Ma al riguardo dice bene il grande storico della spiritualità cristiana, Henri Bremond, quando afferma che "non è l'amore per gli uomini che l'ha condotto alla santità, ma piuttosto la santità, che l'ha reso veramente ed efficacemente caritatevole; non sono i poveri ad averlo donato a Dio, ma è Dio, al contrario, che l'ha donato ai poveri. Chi lo vede più filantropo che mistico, chi non lo vede innanzitutto un mistico, si rappresenta un Vincenzo de' Paoli che non è mai esistito".


5. Con la testimonianza della sua vita completamente dedicata a Cristo nei poveri e bisognosi, Vincenzo sembra parlare agli uomini della sua epoca e a quelli di oggi con le stesse parole che usa san Paolo nella Lettera ai Filippesi, riportata dall'odierna liturgia: "Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma anche quello degli altri" (Ph 2,4)! Vincenzo cerco veramente non il proprio ma l'altrui interesse e nel far ciò sperimento quel "conforto derivante dalla carità" di cui parla san Paolo. Lo sperimento lui e lo fece sperimentare a quanti raggiunse col calore della sua carità.

E quale fu il segreto di tale inesauribile vena di altruismo, che nessuna forma di miseria materiale e morale riusci mai ad arrestare? Il segreto ce lo rivela ancora san Paolo quando raccomanda: "Ognuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso" (Ph 2,3). Che vuol dire? Che la vera carità fraterna comporta quell'unità la quale sa apprezzare negli altri le qualità che noi non abbiamo, e ci spinge a mettere a loro servizio i doni che Dio ha dato a noi, scegliendo, tra questi "altri", proprio i meno dotati, i più infelici, coloro che le mode del tempo non tengono in nessuna considerazione. Proprio in costoro la carità sa scoprire tesori nascosti. Proprio in costoro dobbiamo vedere, con Vincenzo, i nostri "padroni, signori e maestri", cioè coloro che dobbiamo servire.

Questo atteggiamento cristiano nei confronti del prossimo è un meraviglioso fattore di pace, di giustizia e di unità all'interno della famiglia umana. Era ciò che faceva esaltare il gran cuore di Paolo allorché affermava, sempre nella Lettera ai Filippesi; "Se c'è qualche consolazione in Cristo, se c'è qualche conforto derivante dalla carità, se c'è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti d'amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con i medesimi sentimenti" (Ph 2,1-2).

In queste parole dell'Apostolo è descritta tutta l'anima di Vincenzo.

troviamo la radice profonda e autentica della sua spiritualità e della sua prodigiosa generosità: la carità del cuore sacerdotale di Cristo, carità per la quale Dio ha concesso a Vincenzo "di riprodurre in sé il mistero che celebrava".


6. Oggi ricordiamo il giorno in cui Vincenzo de' Paoli è stato "elevato" dopo la morte. Si, elevato sugli altari: "esaltato". Iscritto nell'albo di questi uomini e donne che la Chiesa circonda di venerazione come santi, anche nella sua liturgia.

Ma ci limitiamo solo a ciò? Le parole dell'inno paolino proclamano oggi l'"esaltazione" di Cristo: Colui che "spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo". Colui che "umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (cfr. Ph 2,7-8). "Per questo Dio l'ha "esaltato" al di sopra di ogni cosa"! Cristo esaltato al di sopra di ogni cosa! Vincenzo de' Paoli, l'umile imitatore di Cristo che ha vissuto completamente e senza riserva del contenuto del Vangelo dei poveri. Vincenzo - da 250 anni iscritto nell'albo dei santi della Chiesa - "esaltato in Cristo", iscritto nel mistero di quell'unica esaltazione, l'umile partecipe, per tutta l'eternità, di quell'Amore che "muove" tutto e tutto "esalta", affinché "Dio sia tutto in tutti" (cfr. 1Co 15,28) per i secoli dei secoli.

1987-09-27 Data estesa: Domenica 27 Settembre 1987




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Alla Chiesa sta a cuore la dignità dei lavoratori

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Il Sinodo mondiale dei vescovi sul laicato, la cui preparazione ho seguito anche in questi colloqui domenicali, fin dal febbraio scorso, è ormai alle porte.

Tra pochi giorni, il 1° ottobre, avro la gioia di inaugurare la grande assise che, unita nella preghiera, nello studio e nel dialogo, svilupperà i vari aspetti del tema prescelto, che, com'è noto, verte sulla vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo a vent'anni dal Concilio Vaticano II.

Il mio pensiero va oggi al mondo del lavoro, che è vastissimo, attraversato da problemi cruciali, e aperto alla seminagione del Vangelo grazie anche alla testimonianza dei cristiani che ivi svolgono la propria attività quotidiana.


2. Dice il Concilio: "Gli uomini e le donne che, per procurarsi il sostentamento per sé e per la famiglia, esercitano le proprie attività così da prestare anche conveniente servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che col loro lavoro prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e danno un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia" (GS 34).

In forza dei sacramenti dell'iniziazione cristiana, il lavoro umano assume in se stesso un significato nuovo, così che - come ho notato diffusamente nell'enciclica "Laborem Exercens" - si può parlare di un'autentica spiritualità del lavoro, la cui primordiale radice è nel "Vangelo del lavoro", scolpito nelle pagine bibliche della creazione e della trentennale fatica di Cristo lavoratore nella casa di Nazaret. Ebbene: là dove i membri del corpo mistico di Cristo operano con la mente o con le braccia in piena consapevolezza della loro identità cristiana, là continua ad essere scritto nella concretezza quotidiana il "Vangelo del lavoro".


3. L'uomo che lavora, l'uomo mentre lavora sta vivamente a cuore alla Chiesa. Essa vuole assolutamente tutelarne la dignità di persona in tutte le sue dimensioni. A questo fine conta sulla collaborazione dei fedeli laici, chiamandoli a svolgere il ruolo determinante, che è di loro specifica competenza. L'annuncio evangelico nel e per il mondo del lavoro richiede il contributo dei laici, i quali debbono farsi carico dei problemi in esso presenti, quali la disoccupazione, specialmente quella dei giovani, la garanzia di giustizia sociale per tutte le categorie, a cominciare da quelle più esposte o bisognose di particolare tutela: donne, migranti, lavoratori notturni, ecc. Le Associazioni e i Movimenti cristiani dei lavoratori non possono non sentire come dovere vincolante la necessità di farsi portatori della promozione dell'Uomo-lavoratore in tutte le sedi in cui vengono elaborate le politiche e le pianificazioni del lavoro, ad ogni livello: internazionale, nazionale, locale.

La Vergine del rosario, che onoreremo con speciale amore durante l'ottobre di quest'Anno mariano, accompagni con la sua protezione particolare le giornate del Sinodo, da cui la vocazione e la missione dei laici attendono una rinnovata vitalità.

1987-09-27 Data estesa: Domenica 27 Settembre 1987




Messa in ricordo dei predecessori - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Paolo VI e Giovanni Paolo I esempi di generosa dedizione

Testo:

Siamo convocati a questa celebrazione eucaristica dalla ricorrenza anniversaria del passaggio alla vita eterna dei sommi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo I. Ci raccoglie qui un sentimento di affetto e di doverosa riconoscenza per il servizio che essi hanno reso a tutta la Chiesa come successori di Pietro.

Noi ricordiamo con non sopita ammirazione l'esempio di generosa dedizione con cui essi hanno svolto il loro ministero mettendo tutte le loro energie a disposizione dei fedeli affidati alle loro cure pastorali. Mentre riflettiamo sulla lezione che essi ci hanno dato esprimiamo la fiducia che le loro anime godano ormai della beata visione di quel Dio che con infaticabile zelo hanno servito lungo il corso di tutta la loro vita.

Celebro questa liturgia con profonda gratitudine per questi due insigni predecessori, ai quali mi lega l'eredità del ministero pontificale e, mentre confido nella loro celeste intercessione, invito tutti voi, fratelli e sorelle, a unirvi a questo sacrificio eucaristico di suffragio, al quale spiritualmente partecipano tanti figli della Chiesa sparsi nel mondo.

1987-09-28 Data estesa: Lunedi 28 Settembre 1987




Al Congresso delle autorità locali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Spirito di apertura e di fraterna collaborazione

Testo:

Signore e signori, ho accettato volentieri la vostra richiesta di una speciale udienza durante questi giorni in cui vi siete riuniti insieme da diverse parti del mondo per il Congresso mondiale dell'Unione internazionale delle autorità locali.

Questo è stato fatto su iniziativa dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), e sotto il patrocinato e con la collaborazione del Comune di Roma. Tra di voi vi sono consiglieri, direttori regionali e alti ufficiali.

Questo gradito incontro mi dà la possibilità di estendere un cordiale saluto a tutti voi per la dimostrazione di sincero rispetto che avete desiderato mostrarmi con la vostra presenza qui oggi. Saluto anche tutti coloro che condividono con voi l'amore e la responsabilità dell'amministrazione delle vostre città e regioni. Ringrazio particolarmente il vostro presidente, sig. Lars Eric Ericsson, per le sue profonde ed esperte parole, comunicate con tale gentile e cortese sentimento. Con piacere ascolto i vostri vari progetti e relazioni.

Manifestano prudente riflessione e generoso impegno nel servizio amministrativo che è vostro.

Le parole del sig. Ericsson mi permettono di apprendere il numero e l'estensione dei problemi che pesano su coloro che sono chiamati a governare e a ricercare il progresso sociale di una data città. Esse mi hanno anche aiutato a capire la particolare attenzione e cura che richiedono. Per questa ragione desidero assicurarvi il mio incoraggiamento e il mio sostegno con la preghiera, in vista della gravità del vostro compito di interpretare, proteggere e servire gli interessi della comunità civile, e anche in vista del livello di dedizione che gli abitanti della città si aspettano da voi. Mi ha fatto anche molto piacere scorgere nel discorso appena pronunciato la viva coscienza e il generoso spirito che guidano e sostengono i vostri sforzi.


2. Il motto per il vostro Congresso è "Il cammino in avanti" confido nel fatto che, attenendovi a questo motto, il vostro soggiorno a Roma vi darà nuovo discernimento e aiuto reale per il futuro, offrendovi la possibilità di studiare nel profondo i più urgenti problemi della vita sociale. Avrete l'opportunità di scambiare informazioni e punti di vista, e di chiarificare e confrontare con più acuta coscienza così tanti dei problemi legati al vostro lavoro. Questi giorni vi aiuteranno a creare amicizie, promuovere scambi culturali e offrirvi assistenza l'un l'altro in caso di bisogno. Certamente questi incontri stimoleranno una più profonda comprensione e apprezzamento delle vostre tradizioni locali. Ma contribuiranno anche al superamento di pregiudizi o malintesi e inoltre apriranno la via a una migliore comprensione e reciproca stima tra una comunità e un'altra.

Se desideriamo raggiungere un'armonia nelle relazioni internazionali, allora una speciale attenzione dev'essere rivolta verso effettive e corrette relazioni tra le comunità locali e le istituzioni dei nostri diversi paesi. Là, dove mentalità grette e di parte sono state ereditate dal passato, le nuove amministrazioni devono utilizzare le loro energie per superarle, e con saggezza e serenità, devono mirare allo sviluppo di un nuovo spirito di apertura e fraterna collaborazione. In questa sfida e in questo sforzo necessario, la dimensione spirituale non deve essere trascurata, poiché contribuisce al rafforzamento del progresso socioculturale e al mantenimento dei valori culturali, artistici e religiosi che le tradizioni di secoli hanno tramandato di generazione in generazione. Tali tradizioni devono essere impiantate sia nelle grandi città metropolitane che nelle piccole cittadine disseminate nei più remoti distretti.

A tutti voi sono familiari i pellegrinaggi ai luoghi e santuari legati alla memoria della Vergine benedetta, o alla memoria di un santo di eroiche virtù, di qualche speciale segno di divina benevolenza. Tali pellegrinaggi sono un'eredità spirituale che arricchisce la mente e il cuore degli uomini, nutrendo e ispirando i loro modi di pensare, agire e amare. La città di Roma è un tale luogo reso santo dalla coraggiosa testimonianza dei martiri, specialmente degli apostoli Pietro e Paolo. Ma allo stesso tempo i miei pensieri vanno a molte altre città e santuari, altre capitali regionali e provinciali in tutto il mondo: centri di bellezza naturale o attività industriale umana, luoghi di spiritualità e santità.

Insieme le nostre città e comunità possono offrire le une alle altre una ricchezza di storia e cultura.


3. Dall'altro lato "Il cammino in avanti" comporta un'ardua lotta. Richiede da voi continue decisioni per poter andare incontro agli enormi problemi che voi siete stati chiamati ad affrontare. Questi comprendono i fondamentali bisogni della gente sotto la vostra amministrazione, bisogni che vanno dalla casa all'impiego, dall'educazione all'assistenza medica, dal traffico all'ecologia. Ognuno di questi temi merita di essere approfondito maggiormente, ma il tempo non lo permette.

Comunque non vorrei che questo incontro finisse senza che io abbia brevemente accennato al problema della casa, anche perché le Nazioni Unite hanno dichiarato il 1987 "L'anno internazionale di difesa dei senzatetto". Siamo tutti coscienti della grave crisi degli alloggi che colpisce migliaia di famiglie nella maggior parte delle grandi città del mondo. Il problema si è sempre più acutizzato in certe aree a causa della crescita della popolazione, in altre perché nelle ultime decine di anni avviene un esodo dai centri rurali a quelli urbani. Tutto ciò rende il lavoro delle autorità competenti più complesso che mai. E' anche una realtà sociale della più grande serietà, che pesa sulla coscienza di tutti coloro che sono sensibili alle aspirazioni e ai diritti di ogni persona umana. La mancanza di un adeguato alloggio o adeguate condizioni di vita contribuisce al declino morale e allo sfascio della vita familiare. Mina la stabilità della società.

Confido nel fatto che voi condividete la mia preoccupazione circa questo problema, e che già voi state tentando ogni modo per procurare una casa a chi ne è privo: una casa che corrisponda alla dignità di uomo e donna, fatti a immagine di Dio. Offro il mio incoraggiamento a voi perché troviate concreti modi per andare incontro ai bisogni di quelli che si trovano in questa triste situazione. Facendo così voi rispondete alle raccomandazioni del Concilio Vaticano II, che venga prestata attenzione "ai bisogni della famiglia per quanto riguarda l'abitazione, l'educazione dei figli, le condizioni di lavoro, la sicurezza sociale, le imposte" (AA 11).


4. Considerando i vostri doveri e i vostri programmi e alla luce del valido contributo che questo Congresso darà indubbiamente a essi, possiate essere aperti alla forza che la luce della fede porterà sui vostri pensieri e deliberazioni.

Coloro tra voi che sono cristiani troveranno una speciale grazia e saggezza in Gesù Cristo e nel suo Vangelo di salvezza. Ma spingo comunque tutti voi, cristiani o non cristiani, a prendere in considerazione gli aspetti morali e spirituali dei problemi che affrontate. Da parte mia vi assicuro che non manchero di chiedere al Signore di essere con voi e di sostenervi nell'adempimento dei vostri doveri.

L'aiuto divino rimanga sempre con voi, le vostre comunità e i vostri familiari.

1987-09-29 Data estesa: Martedi 29 Settembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Incontro di preghiera con l'Azione Cattolica - Città del Vaticano (Roma)