GPII 1987 Insegnamenti - Alla Famiglia agostiniana - Città del Vaticano (Roma)

Alla Famiglia agostiniana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Agostino, guida sicura per approfondire la comunione con Dio

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Sono lieto, in occasione delle celebrazioni conclusive del XVI centenario della conversione di sant'Agostino, di salutare il priore generale degli Agostiniani e, con lui, tutti voi che avete preso parte allo speciale Simposio della Famiglia agostiniana. Siete venuti da molte nazioni per onorare insieme la memoria di quell'uomo incomparabile, di cui siete eredi spirituali.

A voi l'espressione del mio compiacimento per la bella iniziativa. Ho scritto nella lettera apostolica "Augustinum Hipponensem" che tutti, nella Chiesa e in Occidente, ci sentiamo discepoli e figli di sant'Agostino per il profondo influsso da lui esercitato sulle generazioni che si sono susseguite nel corso dei secoli. Per questa ragione ho esortato gli Istituti religiosi, maschili e femminili, che portano il suo nome e vivono sotto il suo patrocinio o in qualunque modo seguono la sua regola, a incrementarne gli studi e a diffonderne la conoscenza e la devozione.


2. E' immensa e profonda l'eredità spirituale che Agostino ci ha lasciato; una spiritualità che egli visse in prima persona, e per mezzo dei suoi scritti comunico, con lucidità insuperata, a innumerevoli fratelli. Uomo di intensa e prolungata attività apostolica al servizio del Cristo bisognoso, egli capi per propria esperienza che "nessun movimento della vita religiosa ha alcun valore se non è simultaneamente un movimento verso l'interno, verso il centro profondo dell'essere, dove Cristo ha la sua dimora".

Nella sua Regola Agostino traccio le basi di una vita veramente apostolica, tutta centrata nell'amore di Dio e del prossimo, e vissuta non con lo spirito di schiavi asserviti alla legge, ma come uomini liberi sotto la grazia, mossi dal vivo desiderio della bellezza spirituale.


3. I santi fondatori, i teologi, e i maestri di spirito hanno attinto a piene mani lungo i secoli alla dottrina di sant'Agostino. In lui anche l'uomo di oggi può trovare una guida sicura, che non solo ha approfondito teoricamente la vita di comunione con Dio, ma ne ha fatto personale, altissima esperienza.

Fanno pertanto onore al santo quelli che non solo ne ricordano la vita ma che si sforzano di imitarne le virtù, facendo proprio con l'aiuto della grazia, il suo amore per Dio, per i fratelli e per la Chiesa, alla cui vita e santità appartiene inseparabilmente il carisma dello stato religioso (cfr. LG 44).

Alle varie iniziative e celebrazioni dell'Anno della conversione sono stato presente con animo grato e beneaugurante, e ora su questo Simposio della Famiglia agostiniana e su ciascun membro dei vostri Istituti invoco di cuore la celeste protezione e l'efficace ausilio della Vergine Maria, che Agostino ha esaltato come Madre della Chiesa (cfr. "De Sancta Virginitate", 6,6: PL 40, 339).

A conferma del mio affetto mi è caro impartire a voi e ai membri dei vostri Istituti la mia benedizione, con l'auspicio che anche il presente Simposio possa essere fecondo di frutti per l'intera Famiglia agostiniana.

1987-11-14 Data estesa: Sabato 14 Novembre 1987




A ex allievi di Scuole cattoliche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Garantire ai genitori libertà di scegliere il tipo di scuola

Testo:

Signore e signori.


1. Sono felice di dare il benvenuto a voi che animate l'Organizzazione mondiale degli ex alunni ed ex alunne della Scuola cattolica. Voi celebrate a Roma il 20° anniversario della fondazione della vostra organizzazione e potete fare il bilancio del considerevole lavoro già compiuto. Rinnovando i vostri impegni, voi preparate le iniziative destinate a rispondere sempre più efficacemente ai diversi problemi che si pongono nella società. Ma voi siete venuti qui prima di tutto con un passo ispirato dalla fede, per esprimere la vostra adesione agli orientamenti del magistero pontificio in un settore importante e delicato della vita della Chiesa, la scuola cattolica. Desidero dire quanto apprezzi l'opera della vostra Organizzazione. Convinto che voi saprete lavorare ancora con generosità per il bene della Chiesa, conformemente alle ferme opzioni dei vostri statuti, vi assicuro la mia fiducia e vi incoraggio vivamente nelle vostre attività.


2. Nell'ambito delle riflessioni di queste giornate vorrei ricordarvi semplicemente alcuni punti essenziali per tutti coloro che lavorano in una scuola cattolica e per essa: questa situazione costituisce, oggi più che mai, un esercizio molto prezioso nella comunità cristiana stessa e anche nella società civile, poiché essa garantisce ai genitori la libertà della loro scelta educativa.

Nel corso del recente Sinodo dei vescovi sulla vocazione e missione di laici nella Chiesa e nel mondo, è stato sottolineato a giusto titolo che l'educazione nelle scuole rappresenta un ministero ecclesiale di valore per l'opera di evangelizzazione. La scuola cattolica infatti compie un servizio pastorale autentico. La dichiarazione conciliare sull'educazione cristiana (GE 8), fa chiaramente emergere che la scuola cattolica è in se stessa un luogo di evangelizzazione, di azione pastorale, non in ragione delle attività complementari o "parascolari", ma in ragione della stessa natura della sua azione pedagogica per la formazione della personalità cristiana degli alunni.

D'altra parte la scuola cattolica è un luogo di mediazione culturale: con i suoi alunni essa rispetta l'"autonomia" delle scienze rimanendo fedele all'originalità del Vangelo. E, più generalmente, essa assicura una presenza attiva della cultura cattolica in un mondo fortemente secolarizzato.


3. Tuttavia, perché queste missioni possano essere compiute, vale a dire affinché le nostre scuole conservino in avvenire la possibilità di lavorare nella serenità al servizio di tutte le categorie sociali, è necessario e urgente che tutti i genitori abbiano la libertà di scelta, senza discriminazioni di alcun genere, il tipo di scuola che essi desiderano. In molti casi, la vostra attenzione vigilante può essere determinante in questo campo.

Permettetemi di formulare un voto: che l'identità delle nostre scuole sia sempre più manifesta, con relazioni costanti con la Chiesa locale, attraverso lo stile di vita degli educatori, con l'accoglienza dei poveri e dei giovani portatori di handicap, con una proposta autentica di valori che aprono a una visione integrale dell'uomo! So che la vostra Organizzazione ha a cuore questi di obiettivi e contribuisce in modo ammirevole alla loro realizzazione.

Di cuore affido voi al Signore e alla nostra Signora con tutti i vostri amici dell'Organizzazione, e vi imparto la mia benedizione apostolica.

1987-11-14 Data estesa: Sabato 14 Novembre 1987




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria guida la nostra fede nel pellegrinaggio verso Cristo

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle! 1. Nell'odierno pellegrinaggio spirituale mariano, desidero rivolgere il mio pensiero alla Madonna del Pilar a Saragozza, in Spagna, la cui basilica ho avuto la gioia di visitare, "portando così a compimento il mio desiderio di inginocchiarmi, quale figlio devoto di Maria, davanti alla sua sacra colonna" (Omelia, 6 novembre 1982).

Questo venerabile santuario, costruito sulla riva del fiume Ebro, è un simbolo grandioso della presenza di Maria fin dagli inizi della predicazione della buona novella nella penisola iberica. Secondo una tradizione locale molto antica, la Madonna apparve all'apostolo Giacomo a Saragozza per confortarlo, e gli promise il suo aiuto e la sua assistenza materna nell'opera della predicazione apostolica.

Non solo: quale segno della sua protezione, ella gli lascio una colonna di marmo che, lungo i secoli, è stata devotamente custodita nella santa cappella, che poi diede nome al Santuario.


2. Da allora "el Pilar de Zaragoza" (come viene chiamato in Spagna) è considerato "il simbolo della fermezza della fede degli spagnoli", ed è insieme un'indicazione del cammino che porta alla conoscenza di Cristo mediante la predicazione apostolica. In questo senso, si avvera in modo significativo quello che ho scritto al riguardo nell'enciclica "Redemptoris Mater" (RMA 27): "Coloro che in ogni generazione, fra i diversi popoli e nazioni della terra, accolgono con fede il mistero di Cristo, Verbo incarnato e Redentore del mondo, non solo si rivolgono con venerazione e ricorrono con fiducia a Maria come sua Madre, ma cercano nella fede di lei il sostegno per la propria fede".

E' per questo che moltitudini di cristiani di tutte le epoche hanno proclamato beata la Madonna del Pilar. I cristiani della Spagna hanno visto nel "pilar" una chiara analogia con quella colonna che guido la peregrinazione del popolo di Israele verso la Terra promessa (cfr. Nb 14,14). E così lungo i secoli, essi hanno potuto cantare: "Columnam ducem habemus". Si, noi abbiamo per guida una colonna che accompagna il nuovo Israele, la Chiesa, nel suo pellegrinaggio verso la Terra promessa, che è Cristo Signore. La Madonna del Pilar è il "faro splendente", il "trono della gloria", che guida e consolida la fede di un popolo che non si stanca di ripetere nella Salve Regina: "Mostraci Gesù".


3. "E' questo che Maria fa costantemente, come viene indicato dal gesto di tante immagini della Madonna, come quella del Pilar. Essa, col suo Figlio tra le braccia, ce lo presenta quale via, verità e vita". E quando, per nostra disgrazia, perdiamo l'amicizia con Dio a causa del peccato, "cerchiamo istintivamente chi ha il potere di perdonare i peccati (cfr. Lc 5,24) e lo cerchiamo attraverso Maria, i cui Santuari sono luoghi di conversione, di penitenza, di riconciliazione con Dio.

Essa risveglia in noi la speranza nel pentimento e nella perseveranza nel bene" (Omelia, 30 gennaio 1979).

Santissima Vergine del Pilar, aumenta la nostra fede, consolida la nostra speranza, riaccendi la nostra carità. Amen.

Per la Giornata delle migrazioni e "Pro orantibus" Si celebra oggi in Italia la Giornata nazionale per le migrazioni. Nel tema scelto per quest'anno si mette in evidenza l'importanza della famiglia nel fenomeno migratorio. Essa infatti ha, di norma, una indiscutibile centralità in tale fenomeno: si emigra per la famiglia, da mantenere o da formare. Ciò che possiamo auspicare è che i governi interessati pongano maggiore attenzione ai diritti delle famiglie e non solo alla capacità produttiva dei singoli. E' infatti soprattutto dalla coesione e dalla stabilità delle famiglie che sorge anche il benessere delle Nazioni. Plaudo di cuore alla ricorrenza odierna e chiedo al Signore che questa "Giornata" serva a risvegliare nella pubblica opinione maggiore sensibilità per questo problema, così di accelerarne le opportune soluzioni.

Sabato prossimo, 21 novembre, festa della Presentazione di Maria SS.ma al tempio, sarà celebrata, come ogni anno, la Giornata "Pro Orantibus", che ci invita ad avere un particolare pensiero per le monache e le religiose contemplative di clausura. La scelta di vita di queste nostre sorelle appare sempre come "pietra di scandalo e sasso d'inciampo" (Rm 9,33) per la mentalità mondana; eppure essa è di una stroardinaria fecondità per la salvezza del mondo.

La vocazione contemplativa, esercitata in questa forma esclusiva, è componente essenziale della vita della Chiesa. Vi invito tutti, pertanto, a ricordare in modo particolare, sabato prossimo, queste mostre sorelle consacrate a Dio. Dobbiamo esser loro grati per l'esempio che ci danno e per il bene che fanno alla Chiesa.

Sovveniamole nelle loro necessità, talora molto gravi. E preghiamo per loro, come segno di riconoscenza per le preghiere che, notte e giorno, esse elevano per noi.

1987-11-15 Data estesa: Domenica 15 Novembre 1987




Alla parrocchia di Sant'Alberto Magno - Vigne Nuove (Roma)

Titolo: Essere sempre pronti per "il giorno del Signore"

Testo:

[Omelia:] "Chi rimane in me... fa molto frutto" (Jn 15,5).


1. La parola di Dio imbandita sulla mensa della liturgia della domenica odierna ci invita a riflettere. Che cosa ci vuole dire la Chiesa, nostra Madre, rivolgendosi a noi con le parole delle letture di oggi tratte dal Libro dei Proverbi, dalla Prima Lettera di san Paolo ai Tessalonicesi, dal Vangelo secondo san Matteo, e inoltre con le parole del salmista? Cerchero di delineare in una breve meditazione una risposta a questa domanda. Penso che essa debba essere sintetica, abbracciando ciò che intuiamo in queste diverse letture, come pensiero unitario e nello stesso tempo come kerigma fondamentale.


2. L'Apostolo parla del "giorno del Signore che verrà come un ladro di notte" (cfr. 1Th 5,2). Vi è qui l'aspetto escatologico, che viene messo in particolare evidenza nelle letture del mese di novembre, dopo la solennità di Tutti i Santi e dopo la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. Quel "giorno del Signore" di cui parla san Paolo, si collega con la prospettiva di "sterminio", di morte e di distruzione, e nello stesso tempo viene paragonato ai dolori di una donna incinta, dolori che accompagnano la nascita di un nuovo uomo.

Così, dunque, il giorno del Signore è contemporaneamente il giorno del termine e il giorno dell'inizio. Il mondo - e specialmente l'uomo del mondo - non trapassa soltanto verso il termine e la morte. Trapassa nello stesso tempo verso un nuovo inizio, verso una vita nuova. I cristiani hanno sempre creduto che il giorno della morte dei santi è contemporaneamente il giorno della loro nuova nascita. Quindi la conclusione che ne deduce l'Apostolo è univoca: non lasciate che "il giorno del Signore possa sorprendervi come un ladro... non dormiamo... ma restiamo svegli e siamo sobri" (cfr. 1Th 5,4 1Th 5,6).


3. Quest'invito si riferisce non soltanto a un momento concreto, che viene improvvisamente. Si riferisce anche a tutta la vita. Il giorno del Signore deve maturare in ognuno di noi attraverso una giusta visuale della vita, e un giusto modo di vivere questa vita.

L'uomo ha del resto - per così dire - una consapevolezza connaturale del fatto che, nel corso della sua vita, egli deve in qualche modo "realizzarsi". Tale è la profonda struttura della personalità umana. L'uomo vive per realizzarsi, in un certo senso per una auto-realizzazione. L'opposto della realizzazione è una dissipazione di se stesso, della profonda umanità, della propria vita.


4. A questa consapevolezza viene incontro la parabola dei talenti che leggiamo oggi nel Vangelo di san Matteo. Il "talento" era un denaro; pertanto la parabola parla indirettamente di ogni ricchezza che Dio-Creatore "investe" in ciascuno di noi. Ci troviamo, possiamo dire, nel campo dell'economia; l'analogia dei rapporti economici è soffusa a tutta la parabola. Si vede questo specialmente nel caso del terzo servo, che "nascose" sotterra il suo talento. Quando si presenta dinanzi al padrone, lo sente pronunciare la seguente sentenza: "Avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse" (Mt 25,27).


5. Benché la parabola si serva dei concetti di "denaro", di "interesse" e anche di "banchieri", tuttavia tutti sentiamo chiaramente che l'unico ed essenziale valore in questa economia evangelica è l'uomo stesso. E' l'uomo che deve "arricchirsi", "realizzarsi" come uomo, facendo uso di tutti talenti ricevuti dal Creatore.

Il Vangelo, in pari tempo, mette in rilievo molto chiaramente il fatto che qui non si tratta soltanto di "realizzazione" nel senso immanente. La "realizzazione" evangelica si collega con un "aggiustamento dei conti". L'uomo deve "regolare il conto" dei talenti che ha ricevuto dinanzi a colui da cui li ha ricevuti: dinanzi a Dio. Il "giorno del Signore" - come giorno del "regolamento dei conti" circa i talenti - è il giorno del giudizio di Dio.


6. Riflettendo su tutta la "liturgia della Parola" della domenica odierna, si potrebbe dire che essa desidera mostrarci un quadro positivo della vita umana, richiamando la figura della "donna perfetta" del Vecchio Testamento. Nel Libro dei Proverbi ne vediamo descritta una che sfrutta bene i talenti della propria personalità femminile, servendo i suoi cari e unendo in una comunità d'amore tutti i membri della sua famiglia (Pr 31).

Anche il Salmo responsoriale presenta un quadro simile. E' un quadro che manifesta l'armonia e la felicità della vita familiare (cfr. Ps 127). Si! La virtù - secondo le voci della sapienza biblica ed extrabiblica - serve al bene dell'uomo e alla sua vera felicità, anche nella vita terrena.


7. Tuttavia il "giorno del Signore" indica il termine di ciò che è temporale.

Tutto il messaggio della parola di Dio nell'Antica e Nuova alleanza è indirizzato non tanto a questo termine, quanto piuttosto oltre questo termine. Il giorno del Signore è un nuovo inizio, è il giorno della rinascita. I "talenti" della parabola odierna, indicando il giudizio di Dio al termine, vanno, al tempo stesso, oltre questo termine: indicano il nuovo Inizio. "Bene servo buono e fedele... sei stato fedele nel poco, ti daro autorità su molto, prendi parte alla gioia del tuo padrone" (Mt 25,21 Mt 25,23).

Come spiegare questa straordinaria economia? Non si può comprenderla in altro modo, se non accettando che nei "talenti", che l'uomo riceve da Dio, vi sia in pari tempo la capacità di fruttificare per l'eternità in Dio! Per la vita in Dio ("prendi parte alla gioia del tuo padrone").

Ed è proprio così. Non lo dice forse Gesù: Chi rimane in me - e io in lui - fa molto frutto"? Il frutto della vita eterna. Il "giorno del Signore" significa insieme l'inizio della vita eterna in Dio.


8. Cari fratelli e sorelle! Abbiamo riflettuto sulla parola di Dio delta liturgia odierna. Vediamo come essa è profondamente compatta, satura della pienezza di quella logica divina che è, allo stesso tempo, la logica della nostra fede.

Adesso voglio ancora salutare, insieme col card. vicario, tutti i presenti e tutta la vostra comunità parrocchiale. Penso soprattutto ai giovani, ai fanciulli, alle famiglie, ai lavoratori, agli anziani, a tutti coloro che in qualche modo soffrono nel fisico o nello spirito, a coloro che hanno difficoltà nel trovar lavoro, a quanti sentono il peso della solitudine o sono vittime di ingiustizie, a coloro che ancora resistono, ostinandosi, alla voce di Dio che li chiama a tornare a lui nella piena conversione del cuore. A tutti auguro pace e gioia nel Signore! Oggi la Chiesa, fa memoria del grande vescovo e dottore sant'Alberto Magno, patrono della vostra comunità parrocchiale. Ne conoscete la vita e ne ammirate le virtù cristiane. Come dotto maestro di filosofia, di teologia e di scienze naturali, egli formo al sapere umano e alla conoscenza di Dio generazioni di giovani, i quali dietro il suo esempio non si stancarono di animare cristianamente gli uomini e le donne di quell'epoca così difficile, ma anche così sensibile ai valori dello spirito, quale fu il XIII secolo. Anche voi, alla scuola di sant'Alberto Magno, fatevi irradiatori della verità e apostoli del Vangelo, rifuggendo da qualunque lusinga e insidia del mondo ateo e materialista, rifuggite da ogni errore e da ogni forza di deviazione, contro cui egli lotto senza tregua; e lasciatevi illuminare dalla pienezza della fede. Come fece lui, anche voi riservate nella vostra vita il primato alla preghiera e alla ricerca delle verità eterne, della pace e della riconciliazione tra i fratelli.

La figura di sant'Alberto, che insegno dalle cattedre più celebri del suo tempo, vi ricorda anche l'impegno serio e generoso che oggi più che mai è richiesto nella scuola e in generale nella educazione dei giovani.

Il fenomeno della devianza minorile, purtroppo presente in queste zone, nonostante gli sforzi per impedirlo, deve far ricordare l'urgente necessità di un impegno di promozione dei valori morali della famiglia. La vostra comunità parrocchiale è giovane, e quindi piena di fervore e di crescita. Pochi anni fa, la parrocchia contava circa 3000 abitanti, oggi essi sono quadruplicati e si aggirano sui 12.000. Mancano purtroppo molti servizi sociali e manca anche l'edificio della chiesa, il cui progetto è già stato preparato. Vi auguro di poter vedere quanto prima la realizzazione dell'edificio sacro, per cui il vostro parroco, don Donato Perron, si sta adoperando con grande zelo. Non lasciatelo solo in quest'opera tanto importante, ma siategli solidali con l'affetto e la generosa corrispondenza.

Auspico che la vostra zona, in forte sviluppo urbanistico e con notevole immigrazione, sappia ben amalgamarsi per vivere in armonico sviluppo umano e cristiano.


9. "Beato l'uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie"! (Ps 127,1). Vi auguro, cari fratelli e sorelle, con tutto il mio cuore, proprio tale felicità.

Riflettete bene su tutto il messaggio della liturgia odierna. E rimanete in Cristo nostro Signore. Egli è la sorgente fondamentale della maturità cristiana. La sorgente della "realizzazione" della vita.

"Rimanete in me e io (rimarro) in voi... Chi rimane in me... fa molto frutto" (Jn 15,4 Jn 15,5). Amen! [Ai giovani:] La vostra è una parrocchia senza chiesa visibile, senza chiesa edificio, ma grazie a questo fatto tutti si trovano fuori dalla chiesa e nello stesso tempo tutti si trovano dentro la Chiesa: è il grande paradosso che io vivo in questa visita. Ecco, tutti si trovano fuori perché la chiesa non c'è, ma grazie a questo tutti si trovano dentro perché tutti fanno questa Chiesa e la fanno dove sono, dappertutto, e specialmente questo pomeriggio, durante l'assemblea eucaristica, tutti facevano la Chiesa. Era una Chiesa trasparente. Il fenomeno della trasparenza, di cui ha appena parlato il vostro parroco, è un fenomeno che appartiene certamente all'ordine fisico, ma ha anche un suo significato analogico, metaforico: parliamo della trasparenza dell'uomo. Ecco, io vorrei fermarmi un po' su questa parola perché si tratta di una parola che esprime un concetto profondo, molto importante. Io vorrei augurarvi questa trasparenza.

Essa certamente non toglie il mistero, non lo pregiudica. Sappiamo che Gesù Cristo è trasparente, assolutamente trasparente per tutti, in tutti i tempi, in tutte le epoche, per tutte le generazioni, per tutti i popoli e la sua trasparenza, la sua assoluta trasparenza non toglie il suo mistero. Anzi la trasparenza serve a mantenere, ad approfondire, a radicare il nostro mistero. Un mistero che viene da Dio, Dio creatore, e poi viene di nuovo messo in evidenza da Dio redentore. Ma la trasparenza ci deve portare sempre verso questo Dio. Non possiamo essere per Dio un mistero. Per Dio siamo trasparenti, per Dio siamo sola trasparenza. Ci vuole pero trasparenza anche nelle relazioni con gli altri.

Qui stasera abbiamo parlato molto delle relazioni familiari. Ne ha parlato il vostro parroco, ne ha parlato il vostro amico. Il fatto di avere come pareti per questo vostro ambiente dei vetri rende la vostra attuale chiesa anche visivamente trasparente. Ma io penso a una trasparenza interiore che deve caratterizzarvi per essere veramente famiglia, per essere fratelli, per essere genitori e figli: bisogna essere reciprocamente trasparenti. E si deve anche aprire se stessi agli altri per creare quel mutuo atteggiamento di trasparenza.

Nello stesso tempo poi trasparenza vuol dire fiducia: sono trasparente perché mi fido; sono trasparente perché non temo l'altro, non ho paura che altri potrebbero abusare nel mio mistero, della mia intimità come persona; non lo temo, anzi mi apro perché mi affido a lui. così deve essere tra noi e Gesù Cristo, tra noi e la sua Madre, tra non e il nostro padre celeste e poi tra noi come fratelli e sorelle, come membri della stessa famiglia, della stessa comunità, della stessa comunione. La comunione non è possibile senza una trasparenza reciproca.

Volevo aggiungere alle vostre considerazioni qualche riflessione che mi è venuta dopo aver vissuto l'esperienza di questa visita pastorale alla vostra parrocchia, Vi auguro di riflettere su queste parole, su questi concetti, su queste realtà e poi vi auguro di trovare il modo in cui introdurvi nella realtà della vostra vita personale, delle vostre relazioni con Dio, della vostra preghiera, delle vostre relazioni familiari, parrocchiali, dei vostri ambienti di lavoro e di quell'ambiente che è tanto importante per il futuro dell'uomo: l'ambiente dell'amore e della vita. La famiglia, il fidanzamento, il matrimonio: nulla di questo può basarsi altrimenti se non sulla trasparenza e sull'affidamento reciproco. Ve lo auguro e ve lo affido come un grande programma: quello di essere uomo, di essere persona, cristiano, di diventare sempre più persona sempre più cristiano; tutto ciò - lo si deve dire - è bello. E voi giovani siete sensibili in modo particolare alla bellezza, alla bellezza esterna. Ci vuole pero anche una bellezza interiore che accompagni, come una verifica profonda, la bellezza esterna che è più propria a voi".

[Ai bambini:] Oggi il vescovo di Roma visita una parrocchia che porta il nome di sant'Alberto Magno, grande vescovo e dottore della Chiesa del medioevo. Io vi incontro qui e penso a quella vostra chiesa, come ambiente, che non esiste.

Vedo qui intorno le case, grandi palazzi, abitazioni di tanta gente. Naturalmente tanta di questa gente è battezzata, sono cristiani. Ma la chiesa ancora non si vede. Dobbiamo pero anche dire che pur non essendo qui la chiesa visibile come edificio, si vede ancor meglio la Chiesa che voi siete. Siete battezzati, fate catechismo, vi preparate alla prima comunione, vi preparate alla cresima, pregate e cantate, anche molto forte. E c'è tanta gioia con voi. Tutto ciò costituisce la prova che in mezzo a voi c'è Cristo. E dove arriva Cristo nasce la Chiesa. Cristo si è reso visibile su questa terra, in Palestina. Ora non è più visibile ma, essendo invisibile, è dappertutto. E dove c'è lui c'è la Chiesa. E la Chiesa è tutto quello di cui abbiamo parlato prima: la preghiera, i sacramenti, il canto, la gioia, la vita cristiana. Tutto ciò costruisce la Chiesa anche dove manca l'edificio.

Cristo è qui presente. E' presente tramite il vostro vescovo, tramite il vostro parroco e i vostri sacerdoti: è presente tramite tutti voi, parrocchiani, adulti, giovani e bambini. E' presente in tutta la sua forza, nel suo Spirito, nel suo Vangelo e nella vostra partecipazione. Io vi invito a rinnovare sempre questa vostra partecipazione al Vangelo, ai sacramenti, alla preghiera in modo da far crescere la Chiesa, anche quella visibile. Speriamo che presto ci sia anche una chiesa visibile, un edificio sacro, nato dalla volontà dei credenti, dei cristiani; è necessario in ogni luogo, soprattutto in Roma. Vorrei ringraziare i vostri carissimi fratelli e sorelle ammalati per la loro presenza e per le loro preghiere. Come ha detto il vostro parroco ci sono due forze importanti nella Chiesa, nella dimensione che della Chiesa è propria, cioè quella spirituale: la prima forza è costituita dagli ammalati, la seconda forza siete proprio voi, giovani. I giovani portano entusiasmo. Queste due forze devono continuare ad essere presenti e a lavorare per l'ambiente umano, per costruire e far crescere e apparire sempre di più questa parrocchia che porta il nome di sant'Alberto Magno.

[Ai Collaboratori della parrocchia:] Vedo il parroco circondato da tanti parrocchiani che hanno responsabilità diverse ed è una cosa molto importante in questo momento della parrocchia che deve nascere, che cerca di cambiare il suo ambiente, la sua casa. E' un diritto di ogni famiglia e di ogni comunità avere questa casa. Ma nello stesso tempo vedo che ci sono impegni molto diversi, non solamente di tipo pastorale, per i catechisti, ma anche di tipo sociale, per esempio un'opera per diminuire e eliminare la disoccupazione, quindi certamente un servizio, ma anche profondamente pastorale. Allora vi auguro tutto il bene, una buona continuazione di questi auspici sull'esempio del grande sant'Alberto e di tutti i patroni della Chiesa di Roma, perché Roma rinasce continuamente proprio qui in quartieri nuovi, in ambienti nuovi. Roma rinasce sempre pur rimanendo sempre la stessa Roma romana, la Roma dei santi e degli apostoli, rinasce come popolazione, come ambienti e come comunità.

1987-11-15 Data estesa: Domenica 15 Novembre 1987




Per la festa della Madre della Misericordia venerata nel santuario di Vilnius - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Che il popolo lituano conservi e viva la fede in piena libertà

Testo:

Corrispondendo a un vivo desiderio del cuore, in questo Anno mariano in cui ricorre anche il giubileo del Battesimo della Lituania, ho voluto raccogliermi in preghiera davanti alla sacra effigie della "Madre della Misericordia", in questa cappella a lei dedicata presso la tomba del Principe degli apostoli.

All'inizio di questa celebrazione eucaristica, il nostro pensiero si rivolge all'antico santuario della Porta dell'Aurora di Vilnius, dove da più di quattro secoli è venerata la miracolosa immagine della "Madre della Misericordia".

In questo giorno di festa, numerosi fedeli da tutta la Lituania e dai paesi vicini accorrono a quel santuario. A loro desideriamo unirci nella preghiera, facendoci spiritualmente partecipi del loro pellegrinaggio di fede e di amore. Imploriamo fiduciosi la protezione e l'intercessione di Maria, Madre di Dio e Madre nostra, deponendo ai suoi piedi gioie e sofferenze, aspirazioni e speranze del popolo lituano.

Madre della Misericordia, venerata alla porta dell'Aurora, noi ti invochiamo insieme con tutti i tuoi figli lituani: guarda a questo paese, che significativamente fu detto "Terra di Maria"! Fa' che il popolo lituano conservi e possa vivere in piena libertà il dono della fede che ha ricevuto, trasmettendolo integro e puro alle nuove generazioni!

1987-11-15 Data estesa: Domenica 15 Novembre 1987




A un congresso su Famiglia-Felicità - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Verità sull'uomo, ordine dei beni e comunione con Dio

Testo:

Venerati fratelli nel sacerdozio, illustri signori, gentili signore.


1. Sono lieto di accogliervi in questa speciale udienza, con la quale intendete concludere e coronare il vostra Congresso Internazionale sui tema "Famiglia-Felicità". A tutti rivolgo il mio saluto cordiale, cogliendo al tempo stesso l'occasione per esprimervi vivo compiacimento per le nobili finalità che vi muovono: voi infatti intendete venire in aiuto della famiglia, riconoscendo in essa la cellula fondamentale della società, la culla voluta dal Creatore per la fioritura di nuove vite, la naturale sede per la loro educazione umana e cristiana. In un contesto sociale come il presente, nel quale numerose forze disgregatrici insidiano la saldezza dell'istituto familiare, il vostro impegno appare singolarmente importante e urgente. A voi dunque una speciale parola di plauso, insieme con l'incoraggiamento a perseverare nelle vostre generose iniziative, nonostante le incomprensioni e le ostilità, che certo non mancheranno di ostacolare il vostro cammino.


2. Il tema che avete affrontato nel vostro Congresso è di grande significato, poiché tocca un fondamentale problema umano: quello della felicità. La Chiesa, approfondendo alla luce della rivelazione quanto la retta ragione aveva in qualche misura già scoperto, ha insegnato all'uomo dove porre la sua felicità. E' più necessario che mai, oggi, richiamare nei suoi punti essenziali tale insegnamento.

Il punto di partenza di questa dottrina cristiana è la vera conoscenza della persona umana: una visione riduttiva dell'uomo lo condurrebbe fuori strada, impegnandolo nella ricerca di una felicità illusoria. L'uomo è - come insegna il Concilio Vaticano II - "corpore et anima unus" (GS 14), e pertanto la sua felicità non è né solo pienezza di beni relativi al corpo né solo pienezza di beni relativi allo spirito. E' ugualmente estranea alla tradizione ecclesiale sia una visione materialistica sia una visione spiritualistica dell'uomo e della sua felicità. Vera felicità è soltanto quella che viene incontro alle aspettative tanto del corpo quanto dello spirito umano. Ciò non toglie, tuttavia, che esista una gerarchia fra queste due essenziali componenti dell'umana felicità: i beni del corpo sono subordinati ai beni dello spirito e una ricerca dei primi che non fosse al servizio del possesso sempre più intenso dei secondi, causerebbe in definitiva l'infelicità umana. L'ordine nella ricerca dei beni è la prima condizione della felicità.

A queste semplici acquisizioni può giungere anche la retta ragione da sola. Tuttavia la rivelazione cristiana offre all'uomo la risposta ultima, e perciò interamente vera, agli interrogativi che in questo campo, come in tanti altri, si impongono.


3. La fede cristiana ha rivelato all'uomo che oltre l'ordine dei beni del corpo e l'ordine dei beni dello spirito nella loro ordinata gerarchia, esiste l'ordine dei "beni della carità soprannaturale". L'uomo, quale storicamente esiste, è stato creato per la comunione con Dio, nella visione beatifica della Trinità, nella partecipazione alla sua eterna vita. In questa comunione sta la felicità piena e totale dell'uomo: una comunione di cui la persona possiede già in germe l'anticipo nella vita di grazia. E' questa vita, nel presente ordine della Provvidenza, il bene supremo dell'uomo. Senza di essa i beni del corpo e dello spirito risulterebbero vani. Conseguentemente, per guadagnare quel bene, tutti gli altri devono - se necessario - essere sacrificati. E' questo il senso profondo delle note affermazioni di Gesù: "Qual vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà la propria anima?" (Mt 26,26); "E' meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani e due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno" (Mt 18,8).


4. L'uomo cammina verso la felicità vera, quando questo triplice ordine dei beni è rispettato. Per cui - come giustamente è stato detto - alla fine non c'è che una sola vera infelicità, quella di non essere santi. La santità, infatti, che altro è se non il vivere pienamente questo ordine? E pertanto il nemico più subdolo della felicità umana è il disordine morale, il peccato. Esso è la decisione della volontà di porre il proprio bene ultimo, la propria felicità definitiva fuori del retto ordine. Scrive sant'Agostino: "Stia ben lontana dal cuore del tuo servo... l'idea che io possa credermi felice per ogni o qualsiasi forma di godimento! C'è una gioia che non è concessa agli empi, ma solo a coloro che ti onorano con disinteresse: tu sei la loro gioia, e quindi la vera felicità consiste nella gioia che si cerca in te, da te, per te: questa sola e non altre" ("Confessioni", X, 22).

La preghiera di questo grande maestro della Chiesa ci richiama a quel rapporto fra verità e libertà da cui scaturisce lo stato di felicità. Poiché solo l'attuazione della libertà nel vero realizza la persona, solo la sottomissione della libertà alla verità genera la felicità. Il raggiungimento della felicità esige, pertanto, anche una rigorosa ascetica personale che si proponga di portare ordine nella persona umana. E' una tragica menzogna insegnare all'uomo che la felicità possa o addirittura debba essere raggiunta abbandonandosi alle inclinazioni dell'istinto, senza nessuna rinuncia poiché è un tragico errore confondere la felicità col piacere o con l'utilità. Non è questo tragico errore all'origine di tanta disperazione, di tanta noia di vivere che troppo spesso è dato di constatare soprattutto negli spiriti giovanili? 5. Il vostro Congresso si è soffermato a riflettere non tanto sul problema della felicità in se stessa considerata, quanto piuttosto sul rapporto tra felicità e famiglia. E' una riflessione necessaria e, oggi soprattutto, urgente. La famiglia infatti, in quanto prima scuola di umanizzazione della persona, è chiamata a insegnare all'uomo la via della felicità vera: in un certo senso, è questa la sua missione. In essa, quale comunione interpersonale di amore, l'essere umano apprende la verità su se stesso, presupposto imprescindibile per raggiungere la felicità. In essa, in particolare, il bambino può apprendere in maniera vitale quell'ordine dei beni di cui ho parlato, secondo la loro giusta gerarchia. Da essa, egli deve anche essere difeso da tutto ciò che impedisce all'uomo di raggiungere la vera felicità: attraverso l'educazione all'autocontrollo, alla rinuncia e al gioioso esercizio della libertà nella verità.

Ma, soprattutto, è nella famiglia che il bambino deve essere educato a quella comunione con Dio, al di fuori della quale non può esistere nessuna felicità vera. Missione esaltante, dunque, quella della famiglia, ma missione difficile. A voi il compito di ricordare ai coniugi, soprattutto a quelli cristiani, le grandi mete verso le quali sono chiamati! A voi il merito di aiutarli nella quotidiana fatica del loro non facile cammino! Con la mia benedizione.


6. Sono felice di dirigere ora un particolare saluto alle persone di lingua spagnola qui presenti, che incoraggio verso un rinnovato impegno a favore della istituzione familiare. Che questa cellula fondamentale della società e della Chiesa sia l'ambito in cui gli sposi cristiani, grazie al Battesimo e alla Cresima, e per la forza sacramentale del matrimonio, trasmettano la fede ricevuta e diano testimonianza dei valori evangelici nella società in cui vivono. Benedico tutti di cuore.

Agli amatissimi fratelli e sorelle di lingua portoghese, in questo incontro di famiglia porgo i miei saluti più cordiali. E vi dico anche: la felicità esiste; e le minacce alla felicità familiare di ordine sociale, morale e civile possono e devono essere superate. E qual è il cammino? E' sempre quello che il Signore ha rivelato, con il comandamento nuovo: "Amatevi, come io ho amato voi". Un amore personale, accompagnato dall'impegno nel crescere nella comunità di Dio, conduce alla meta finale della peregrinazione nella fede. Vedendo in voi le famiglie della vostra terra condivido la felicità dei focolari felici e con loro, rendo grazie al Signore; sono presente anche presso quelle famiglie che soffrono per qualche dolore, chiedendo per loro conforto e speranza, abbracciando tutti nello stesso amore per Cristo, con la benedizione apostolica.

1987-11-16 Data estesa: Lunedi 16 Novembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Alla Famiglia agostiniana - Città del Vaticano (Roma)