GPII 1987 Insegnamenti - Al Presidente dell'Argentina - Città del Vaticano (Roma)

Al Presidente dell'Argentina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cercare punti comuni d'intesa per superare le divergenze

Testo:

Signor presidente.


1. E' per me motivo di viva soddisfazione ricevere questa mattina, il supremo rappresentante della Nazione Argentina e le personalità, che lo accompagnano. A tutti do il mio più cordiale benvenuto.

In questa circostanza mi tornano in mente le due occasioni in cui ho avuto la gioia di toccare il suolo argentino. La prima, nel giugno del 1982, quando come messaggero della pace volli rendermi presente durante alcuni momenti particolarmente difficili nella storia della Nazione. La seconda, in questo stesso anno che sta terminando, mi permise di incontrarmi con la amata popolazione di tutto il Paese, di cui conservo ancor vivo nella mia memoria il ricordo. Furono giorni di ricche esperienze spirituali e umane, condivise durante intense celebrazioni di fede e di speranza, nelle quali gli argentini mostrarono i profondi sentimenti religiosi che nascevano dai loro cuori, in una atmosfera di pace e di giustizia.

Questa visitai fu un pellegrinaggio di ringraziamento al Signore per il dono della pace - ristabilita e assicurata - fra due Paesi fratelli, l'Argentina e il Cile, le cui relazioni erano state seriamente messe in pericolo a causa della contesa australe. Gli abitanti di entrambi i Paesi, che in quei giorni mi accompagnarono durante il mio peregrinare in lungo e in largo, attraverso il cono sud dell'America Latina, sono stati un'eloquente testimonianza della ferma volontà di conservare la pace che anima i due popoli, alla quale si diede forma nel vigente Trattato di pace e amicizia.


2. In Argentina inoltre aveva già preso il via il processo di pieno ritorno alle istituzioni democratiche, cosa che - come già ebbi occasione di segnalare nel mio incontro con il mondo politico nella Casa Rosada - "costituisce un momento privilegiato affinché gli argentini siano sempre più coscienti del fatto che tutti sono chiamati a partecipare con responsabilità alla vita pubblica, ciascuno secondo il suo particolare ruolo" (n. 3). Da parte loro i vescovi della Nazione, mossi dalla sollecitudine pastorale, non hanno mai smesso di incoraggiare, partendo dal campo che è loro proprio, lo sforzo solidale e collettivo per superare le difficoltà che ostacolano la volontà di costruire una comunità che abbia come fondamenti la ricerca della verità, l'amore per la giustizia, la vocazione per la libertà. In un recente documento essi affermavano: "Dobbiamo riconoscere che il presente stato di diritto, nel quale è necessario progredire, favorisce un maggior apprezzamento della libertà, il rispetto per l'autorità legittima, una partecipazione effettiva ai diversi livelli, l'occasione per promuovere un'autentica modernizzazione, e l'esercizio della solidarietà in un popolo che cerca, senza averle ancora trovate, le strade definitive della riconciliazione".


3. Il futuro, certamente, si presenta come una grande sfida per la capacità creativa e per la volontà di comprensione degli argentini. perciò è ancora più necessario che, ispirati ai valori morali che hanno configurato il loro essere storico, scoprano con occhi nuovi le radici loro proprie e progrediscano nel loro camminare sempre aperto alla speranza. Questa speranza ottiene ancor più consistenza se valutiamo le mete raggiunte sullo sfondo del passato storico della Repubblica. In effetti, l'Argentina fin dalla sua nascita si ispiro a una decisa volontà di accoglienza per tutti. I padri della patria argentini, diedero vita a una Nazione grande e generosa, nella quale qualunque cittadino potesse avere un'esistenza degna della persona umana. Furono mossi dalla speranza, fondata in Dio "fonte di ogni bene e giustizia" (Preambolo alla costituzione), di formare una comunità nazionale prospera e giusta.


4. Oggi è particolarmente necessaria una coscienza collettiva fondata su questi principi. Infatti il mondo contemporaneo - preda di tante tensioni e squilibri - cerca di realizzare i modelli di convivenza civile, i principi sicuri e sperimentati, capaci di mantenere unita la famiglia umana. Su scala nazionale, l'Argentina s'impegno fin dalle origini a rendere realtà questa convivenza fra razze e popoli; con ciò si spiega come il suo progetto originario sia ancora oggi di piena attualità e perché valga la pena che tutti, in uno sforzo unitario, facciano tutto ciò sta in loro potere, per far fruttificare nei nostri giorni l'esperienza di civiltà iniziata nel secolo scorso.

Siamo coscienti del fatto che questo impegno così nobile sta attraversando un momento pieno di difficoltà. perciò è necessaria una grande responsabilità sociale a tutti i livelli; è imprescindibile che ognuno riconosca il bene comune di tutto il Paese e operi affinché questo si realizzi.


5. In questo senso, durante il mio recente viaggio apostolico, ho voluto far riferimento in più occasioni alla riconciliazione degli argentini. Questo perché mi muoveva la convinzione che per superare le differenze è necessario cercare punti comuni di intesa e di consenso. Da parte sua la Chiesa in Argentina - secondo la propria missione - accompagna e incoraggia questo processo di avvicinamento e fraternità a tutti i livelli. Non bisogna dimenticare che molti problemi della vita sociale e persino politica, hanno la loro radice nel campo morale. perciò la Chiesa con la sua azione evangelizzatrice ed educatrice conferisce dignità alle relazioni umane, favorisce la convivenza e orienta perché si possa vivere liberamente nel quadro della giustizia e del rispetto mutuo.

Concludendo, desidero far notare che a questo arduo impegno di costruire valori, si oppone un certo atteggiamento secolarista che porta l'uomo a fare riferimento a se stesso in modo esclusivo, dimenticando la sua dimensione trascendente. Si crea così una innegabile indifferenza, sia rispetto al bene comune sopra accennato, sia rispetto all'identità storica e permanente di un popolo. La conseguenza logica di ciò è l'oscuramento di quella piattaforma originaria di valori comuni, per cui il futuro diventa incerto e si fa difficile proporre obiettivi comuni capaci di suscitare la partecipazione di tutti.

Signor presidente, prima di concludere questo incontro desidero rinnovarle il mio vivo ringraziamento per questa visita, e attraverso la sua persona rendo omaggio a tutta la Nazione argentina, mentre chiedo a Dio che elargisca abbondantemente i suoi doni a tutti i cittadini, specialmente la saggezza e la prudenza, affinché possano plasmare un presente proiettato verso il futuro, perseguendo il bene di tutti gli uomini.

1987-12-11 Data estesa: Venerdi 11 Dicembre 1987




A gruppi di neocatecumenali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa cresce con la Grazia e il contributo dei battezzati

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Vi saluto di cuore e vi do il benvenuto in questo incontro, che, per le vostre comunità, costituisce una tappa significativa del cammino neocatecumenale. Saluto le comunità di recente formazione, che provengono da Roma, da Catania, da Palermo, da Perugia, e le altre comunità, che, pur avanti nel cammino di perfezionamento, non hanno avuto finora l'opportunità di pregare insieme sulla tomba dell'apostolo Pietro.

Voi, oggi, siete venuti qui, per fare atto di fedeltà al suo successore e per cantare davanti a lui il Credo come espressione di una fede rinnovata e consapevolmente accolta. Il rito vuole così sottolineare soprattutto il vostro impegno di ecclesialità.

Da Roma il vostro pellegrinaggio proseguirà con intendimento più specificatamente mariano, per il santuario di Loreto, dove voi avete in animo di esprimere a Maria la volontà di accoglierla ciascuno nella sua casa, come fece l'apostolo Giovanni sotto la croce. Dopo di che le vostre comunità hanno in programma d'intraprendere la tappa finale del Cammino neocatecumenale. Saluto, perciò, di cuore voi tutti qui presenti, con un pensiero affettuoso anche alle altre comunità, che voi oggi rappresentate. A tutti desidero rivolgere la mia parola d'incoraggiamento con l'augurio che il vostro itinerario sia ricco di frutti autenticamente evangelici.


2. Voi venite a quest'incontro all'indomani di un Sinodo, che ha concentrato la propria attenzione sul ruolo specifico dei laici cristiani nel mondo contemporaneo. Venite nel corso di un anno spiritualmente intenso, che la Chiesa ha voluto dedicare a Maria nella prospettiva dell'ormai prossimo terzo millennio dell'èra cristiana.

Nell'esortarvi a perseverare con impegno e generosità lungo le tappe graduali del vostro cammino, vi invito a non avere ripensamenti di fronte alle inevitabili difficoltà. Chi vuole contribuire alla realizzazione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II non si volge indietro, abbandonando l'aratro nel solco. Vi esorto, perciò, caldamente a non considerare mai esaurito l'impegno della formazione personale e comunitaria. E' perciò il Concilio a ricordare con insistenza che "la formazione deve essere perfezionata lungo tutta la vita a misura che lo richiedono i nuovi compiti che si assumono" (AA 30). La vita del cristiano è una scalata senza soste.

Voi vi proponete di riscoprire, per viverla in pieno, la grandezza e la bellezza del Battesimo, che trasforma la vita umana dal profondo, collocandola in una dimensione incommensurabilmente più alta. Non perdete mai di vista un orientamento di fondo: il Battesimo costituisce il vincolo sacramentale dell'unità, "che vige tra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati" (UR 22). La Chiesa si costruisce giorno per giorno con la grazia divina e col contributo di tutti i battezzati. E' necessario, quindi, che le associazioni dei laici chiamati a svolgere ruoli da protagonisti, senza perdere la propria identità, siano più che infondate sulla reciproca carità, in spirito di comprensione e di collaborazione, seguendo le chiare indicazioni del recente Sinodo in ordine alla interazione tra i vari movimenti laicali, sotto la guida della gerarchia.


3. Ho scritto nell'enciclica mariana, ricordando l'indirizzo di un grande santo della Chiesa, che la consacrazione a Cristo per le mani di Maria è mezzo efficace per vivere fedelmente gli impegni battesimali (RMA 48). E' Maria che precede la Chiesa nel cammino verso l'eternità mediante la fede. Davanti a lei ci sentiamo veri fratelli e sorelle. E' lei che prepara, per il futuro, le vie della cooperazione all'opera di salvezza.

La benedizione, che vi imparto di cuore, sia pegno dell'abbondanza dei doni celesti.

1987-12-13 Data estesa: Domenica 13 Dicembre 1987




Messaggio ai giovani per la III giornata della gioventù

Titolo: "Fate quello che egli vi dirà"

Testo:

Carissimi giovani! 1. Anche quest'anno mi rivolgo a voi per annunciarvi la prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà nelle Chiese locali la Domenica delle Palme 1988.

Questa volta la Giornata avrà, pero, un carattere tutto particolare, poiché stiamo vivendo nella Chiesa l'anno mariano, che ho aperto nella solennità di Pentecoste e che chiudero il 15 agosto dell'anno prossimo, solennità dell'Assunzione.

Alla fine del secondo millennio dell'era cristiana, in un momento critico della storia di un mondo travagliato da tanti difficili problemi, l'anno mariano costituisce per tutti noi un dono speciale. In quest'anno Maria appare ai nostri occhi sotto una luce nuova: madre piena di amore tenero e sensibile e maestra che ci precede nel cammino della fede e ci indica la strada della vita.

L'anno mariano è quindi un anno di particolare ascolto di Maria. E così deve essere anche la prossima Giornata Mondiale della Gioventù. E' Maria che questa volta vi convoca - giovani! E' lei che vi dà appuntamento, perché ha molto da dirvi! Sono sicuro che - come negli anni precedenti - non mancherete di impegnarvi attivamente, sotto la guida dei vostri pastori, nella celebrazione della Giornata della Gioventù.


2. La Giornata Mondiale della Gioventù 1988 avrà quindi come suo centro Maria, Vergine e Madre di Dio, e sarà una giornata di ascolto. Che cosa ci dirà Maria, nostra madre e maestra? Nel Vangelo c'è una frase in cui Maria si mostra veramente come nostra maestra. E' la frase da lei pronunciata durante le nozze di Cana di Galilea. Dopo aver detto al Figlio: "Non hanno più vino", dice ai servitori: "Fate quello che egli vi dirà" (Jn 2,5).

Proprio queste parole ho scelto come filo conduttore della Giornata Mondiale 1988. Racchiudono un messaggio molto importante, valido per tutti gli uomini di tutti i tempi. "Fate quello che egli vi dirà..." vuol dire: ascoltate Gesù mio Figlio, seguite la sua parola e abbiate fiducia in lui. Imparate a dire "si" al Signore in ogni circostanza della vostra vita. E' un messaggio molto confortante, di cui tutti sentiamo bisogno.

"Fate quello che egli vi dirà...". In queste parole Maria ha espresso soprattutto il segreto più profondo della sua stessa vita. Dietro queste parole sta tutta lei. La sua vita è stata infatti un grande "si" al Signore. Un "si" pieno di gioia e di fiducia. Maria piena di grazia, Vergine Immacolata, ha vissuto tutta la sua vita in una totale apertura a Dio, in perfetta consonanza con la sua volontà e ciò anche nei momenti più difficili, che hanno raggiunto l'apogeo sulla cima del monte Calvario, ai piedi della croce. Non ritira mai il suo "si", perché ha posto tutta la sua vita nelle mani di Dio: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). Nell'enciclica "Redemptoris Mater" ho scritto a questo proposito: "Nell'annunciazione, infatti, Maria si è abbandonata a Dio completamente, manifestando "l'obbedienza della fede" a colui che le parlava mediante il suo messaggero e prestando "il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà". Ha risposto dunque con tutto il suo "io" umano, femminile, ed in tale risposta di fede erano contenute una perfetta cooperazione con "la grazia di Dio che previene e soccorre" ed una perfetta disponibilità".

"Fate quello che egli vi dirà...". In questa breve frase si racchiude tutto il programma di vita che Maria maestra realizzo come prima discepola del Signore, e che oggi insegna anche a noi. E' un progetto di vita basata sul solido e sicuro fondamento che si chiama Gesù Cristo.


3. Il mondo in cui viviamo è scosso da varie crisi, tra le quali una delle più pericolose è la perdita del senso della vita. Molti dei nostri contemporanei hanno perso il vero senso della vita e ne cercano surrogati nel consumismo sfrenato, nella droga, nell'alcool e nell'erotismo. Cercano la felicità, ma il risultato è una profonda tristezza, un vuoto nel cuore e non di rado la disperazione.

In una simile situazione molti giovani si pongono interrogativi fondamentali: Come devo vivere la mia vita per non perderla? Su quale fondamento devo costruire la mia vita perché sia una vita veramente felice? Che cosa devo fare per dare un senso alla mia vita? Come devo comportarmi in situazioni di vita spesso complesse e difficili - nella familia, nella scuola, nell'università, nel lavoro, nella cerchia degli amici?...Sono domande a volte molto drammatiche, che oggi certamente molti tra voi giovani si pongono.

Sono sicuro che tutti voi volete costruire la vostra vita su un fondamento solido, che renda capaci di resistere alle prove che non mancheranno mai - un fondamento di roccia. Ed ecco dinanzi a voi Maria, Vergine di Nazareth, l'umile ancella del Signore, che mostrando suo Figlio dice: "Fate quello che egli vi dirà", cioè ascoltate Gesù, ubbidite a Gesù, ai suoi comandamenti, abbiate fiducia in lui. Questo è l'unico progetto di una vita veramente riuscita e felice.

Questa è anche l'unica fonte del piu profondo senso della vita.

L'anno scorso durante la Giornata Mondiale della Gioventù avete meditato le parole di san Giovanni: "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi" (1Jn 4,16). Quest'anno Maria spiega a voi, giovani, che cosa vuol dire credere e amare Dio. Fede e amore non si riducono alle parole o a sentimenti vaghi. Credere e amare Dio vuol dire una vita coerente, vissuta tutta alla luce del Vangelo, vuol dire impegno di fare sempre ciò che Gesù ci dice sia nella Sacra Scrittura che nell'insegnamento della Chiesa. Si, questo non è facile, spesso richiede molto coraggio di andare contro le correnti della moda e delle opinioni di questo mondo. Ma questo - lo ripeto - è proprio l'unico progetto di una vita veramente riuscita e felice.

Tale è l'insegnamento di Maria alle nozze di Cana, insegnamento che vogliamo approfondire ed accogliere durante la Giornata Mondiale della Gioventù 1988.

Carissimi giovani! Vi invito tutti a partecipare a questo avvenimento assai importante. Venite ad ascoltare la Madre di Gesù, vostra madre e maestra! 4. Ogni Giornata Mondiale della Gioventù, per non diventare una celebrazione meramente esteriore e superficiale, esige un itinerario di preparazione nella pastorale diocesana e parrocchiale, nella vita dei gruppi, dei movimenti e delle associazioni giovanili, e ciò soprattutto nel periodo quaresimale.

Vi invito tutti a intraprendere questo cammino di preparazione spirituale, per cogliere meglio sia la grazia dell'anno mariano che il dono della Giornata Mondiale 1988. Meditate la vita di Maria. Meditatela soprattutto voi ragazze, le giovani. Per voi, la Vergine Immacolata costituisce un sublime modello di donna cosciente della propria dignità e della sua alta vocazione. Meditatela anche voi, ragazzi, i giovani! Ascoltando le parole pronunciate da Maria a Cana di Galilea: "Fate quello che egli vi dirà", cercate tutti di costruire la vostra vita fin dall'inizio sul solido fondamento che è Gesù. Vi auguro che la vostra meditazione del mistero di Maria trovi il suo sbocco nell'imitazione della sua vita: imparate da lei ad ascoltare e seguire la Parola di Dio (cfr. Lc 2,5), imparate da lei a stare vicino al Signore anche se questo alle volte può costare molto (cfr. Jn 19,25). Vi auguro che la vostra meditazione del mistero di Maria trovi anche il suo sbocco nella fiduciosa preghiera mariana. Cercate di scoprire la bellezza del rosario, che diventi fedele compagno per tutta la vostra vita.

Concludo questo breve messaggio con un cordiale saluto a tutti i giovani del mondo. Sappiate che il Papa è vicino a ciascuno di voi con le sue preghiere.

Nell'itinerario di preparazione spirituale e nella celebrazione stessa della Giornata Mondiale della Gioventù 1988 nella vostra diocesi vi accompagni la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 13 Dicembre 1987, Terza Domenica d'Avvento.

1987-12-13 Data estesa: Domenica 13 Dicembre 1987




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Vergine di Guadalupe guida della nuova evangelizzazione

Testo:

1. L'odierno nostro pellegrinaggio spirituale si volge al santuario della Madonna di Guadalupe, che sorge a Città del Messico, sulla collina di Tepeyac. E' quello il più famoso centro mariano di tutta l'America, uno dei più frequentati della cattolicità.

La sua origine si colloca all'alba dell'evangelizzazione del nuovo Mondo, quando i credenti nel Vangelo erano ancora un piccolissimo gregge. La Vergine santa apparve in quegli anni a un contadino indio, Juan Diego, e lo invio al vescovo del luogo per manifestargli il desiderio di avere lassù, sulla collina, un tempio a lei dedicato. Il vescovo, prima di accogliere il messaggio, chiese un "segno". E allora Juan Diego, per ordine della "Signora dei cieli", ando a cogliere un fascio di rose, nel mese di dicembre, sull'arido colle, a duemila metri di altezza. Trovate con comprensibile sorpresa le rose, gliele porto. Fu in quel momento che nel mantello rozzo dell'indio, tessuto con fibre vegetali, si vide l'immagine che oggi si venera col nome di Nostra Signora di Guadalupe. Essa raffigura Maria come una giovane donna dal viso bruno, che porta nel seno il Figlio divino prossimo a nascere. E' lei che lo dona al mondo per la salvezza di tutti.


2. Maria disse a Juan Diego, e oggi ripete a ogni cristiano: "Son qui io, tua Madre. Sei sotto l'ombra della mia protezione. Io sono la tua salute. Tu sei nel mio cuore". La Vergine si presentava, così, come Madre di Gesù e Madre degli uomini. Di fatto, l'apparizione di Maria sul colle di Tepeyac diede inizio in tutto l'antico territorio Azteco a un eccezionale movimento di conversioni al Vangelo, con ripercussioni in tutta l'America Centro-Meridionale e fino al lontano arcipelago delle Filippine. perciò, nel mio primo viaggio in quel continente, ho chiamato Nostra Signora di Guadalupe "Stella dell'evangelizzazione" e "Madre della Chiesa in America Latina".


3. La Madonna di Guadalupe resta anche oggi il grande segno della vicinanza di Cristo, col quale ella invita ogni uomo a entrare in comunione, per avere accesso al Padre. Al tempo stesso, Maria è la voce che invita gli uomini alla comunione fra di loro, nel rispetto dei reciproci diritti e nella giusta compartecipazione ai beni della terra.

Oggi a lei noi chiediamo che indichi alla Chiesa le vie migliori da percorrere nell'impegno di una nuova evangelizzazione. Da lei imploriamo la grazia di servire questa causa sublime con rinato spirito missionario. A Maria chiediamo pure di sostenere lo sforzo di quanti lavorano per l'affermazione della giustizia e della solidarietà nei rapporti tra gli uomini, dei quali Dio vuol fare, in Cristo, un'unica famiglia.

[Dopo la preghiera:] Voglio ricordare che martedi prossimo, 15 dicembre, celebreremo, come è ormai tradizione, la santa Messa per gli universitari. Sarà quest'anno una celebrazione d'Avvento dell'Anno mariano con la specifica propria di quest'anno. Voglio invitare tutti rappresentanti delle comunità universitarie di Roma, professori e studenti come di solito, per prepararci insieme alle feste natalizie e anche al nuovo anno che, con il Natale, sempre di nuovo incomincia.

Poi voglio ricordare che domenica prossima, all'Angelus, benediro le statuine del Bambino Gesù, che saranno poste nei presepi. Aspetto bambini delle scuole e delle parrocchie con il proprio bambinello, per poi portarlo nelle famiglie. Ringrazio tutti per la loro partecipazione e vi auguro una buona preparazione al Natale in questo ultimo periodo dell'Avvento.

1987-12-13 Data estesa: Domenica 13 Dicembre 1987




Nella parrocchia di San Carlo da Sezze in Acilia - Roma

Titolo: Avvento, via verso la gioia per la venuta della salvezza

Testo:

[Omelia:] "Il mio spirito esulta in Dio mio salvatore" (Lc 1,47).


1. La terza domenica d'Avvento ha sempre in sé una nota particolare di gioia.

Quest'anno la liturgia prende a prestito l'espressione di questa gioia prima di tutto dalle parole della Madre del Redentore: il suo "Magnificat" manifesta in modo singolarmente intenso e profondo la gioia dell'Avvento. Oggi queste parole ispirano il salmo responsoriale della Chiesa: "Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore... perché grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente" (Lc 1,47 Lc 1,49).

La gioia della Vergine-Madre sgorga dalla consapevolezza di essere stata particolarmente gratificata da Dio. Questa è la gioia nello Spirito Santo, nel significato più pieno della parola.

La Vergine di Nazaret porta in sé l'inesprimibile Dono di Dio: è Madre del Verbo-Figlio eterno. Lo porta già sotto il suo cuore. E, parimente, questo è Dono per tutti noi. Veramente: il Signore è vicino! (Ph 4,5).

Così noi che ci troviamo al centro stesso del mondo creato, siamo chiamati ad una gioia che supera questo mondo. Questa è propriamente la gioia dell'Avvento.


2. Nello stesso tempo, dal profondo della liturgia della domenica odierna ci è indirizzata la domanda. Sappiamo gioire con la stessa gioia, con la quale esultava lo Spirito della Vergine di Nazaret? Per dare una risposta a questa domanda bisogna - seguendo il pensiero del "Magnificat" - fare un'altra domanda: Sappiamo scoprire con gli occhi dell'anima, con gli occhi della fede, le grandi cose che ha fatto per noi l'Onnipotente? La domanda è di enorme importanza per ogni uomo. L'uomo può trovare gioia soltanto nel bene. Il male lo rattrista e abbatte. Il bene lo rallegra e incoraggia. Per partecipare a questa gioia, preannunciata dalla liturgia odierna per bocca della stessa Madre del Redentore, bisogna vedere il bene, la cui sorgente è in Dio: il bene della creazione il bene della redenzione il bene dell'incarnazione: quale grande cosa ha fatto Dio per noi, divenendo uomo! Sappiamo guardare alle sorgenti di questa gioia come a un punto centrale! Sappiamo, ritornare ad esse! 3. Si. Sappiamo ritornare sulla via dell'Avvento. Su questa via ci conduce - nella prospettiva dell'antica alleanza - il profeta Isaia E' proprio lui che parla del Messia, di Colui che deve venire da Dio come portatore del lieto annunzio, come medico dei cuori spezzati, come ministro della liberazione e della misericordia (cfr. Is 61,1-2).

Questo aspetta continuamente l'uomo. Questo aspettano pure la società e le nazioni. Il "preannunzio" di Isaia sul Messia è attuale, di generazione in generazione.


4. Sulla via dell'Avvento ci conduce oggi anche un altro protagonista di questo periodo liturgico: Giovanni il Battista, nei pressi del Giordano. Il precursore del Messia. "Chi sei tu?", gli domandavano i contemporanei. "Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore" (Jn 1,22-23). così aveva già detto il profeta Isaia. Giovanni è un'eco potente di quel profeta del divino Avvento. "Egli non era la luce" - scriverà poi di lui un altro Giovanni, l'evangelista -, "ma doveva rendere testimonianza alla luce" (Jn 1,8).

Così, dunque, la via della liturgia odierna ci conduce dal "preannunzio" di Isaia alla "testimonianza" di Giovanni, nei pressi del Giordano. Mediante l'uno e l'altro giungiamo al cuore della Vergine. In lei l'Avvento significa non soltanto attesa, ma anche compimento: Dio ha guardato "l'umiltà" della sua serva... tutte le generazioni La chiameranno "beata" (cfr. Lc 1,45). Veramente, "grandi cose" l'Onnipotente ha fatto per Maria e, in lei, per noi tutti! 5. Ecco la sorgente della gioia inimmaginabile. Sappiamo attingere a questa sorgente? Sappiamo ritrovarci in mezzo a questa gioia, proclamata dalla Vergine di Nazaret? Proclamata oggi dalla Chiesa con le sue stesse parole? Tutto ciò dipende dallo sguardo della fede. Dipende dalla sensibilità interiore per queste "grandi cose", che Dio ha fatto per noi. Paolo Apostolo ci offre, in un certo senso, un metodo per raggiungere questa gioia spirituale, e per scoprirla nella nostra vita interiore.

La "ricetta" è concisa. Egli scrive: "State sempre lieti, pregate incessantemente"! (1Th 5,15). Si può interpretarlo così: se volete avere in voi la gioia spirituale, risalite alle sorgenti mediante la preghiera. Quanti uomini, quanti cristiani, hanno collaudato questo "metodo"! Quanti possono confermare la sua esattezza, la sua efficacia! Ma l'Apostolo va oltre, e indica ciò che deve essere collegato con la preghiera. Scrive: "Non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono" (1Th 5,20-21). Dunque Paolo indirizza alla parola di Dio, alla santa Scrittura, all'insegnamento della tradizione divina.


6. Tutto ciò - si può dire - appartiene alla "metodologia" paolina dell'Avvento.

L'Avvento ha la sua sorgente in Dio. E' lui che con la potenza dello Spirito Santo, fa si che tutto quello che è nostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Cioè è lui che fa si che tutti viviamo lo spirito dell'Avvento come Isaia, come il Battista, come la Vergine di Nazaret.

Vivere lo spirito dell'Avvento significa: continuamente consolidare in sé la consapevolezza, la certezza della fedeltà di Dio; "Colui che ci chiama è fedele e farà tutto questo" (1Th 5,24).

Viviamo tra l'attesa e la realizzazione, cioè andiamo verso il compimento. La luce di questa via è per noi certezza della fedeltà di Dio. Per non sviare, per non allontanarsi, bisogna - scrive l'Apostolo - "astenersi da ogni specie di male" (1Th 5,22). Il male ci distoglie dal bene, ci distoglie dalla sua sorgente in Dio. così è stato sempre, fin dal principio! Invece, per non perdere questa via, bisogna ravvivare in sé lo spirito della gratitudine. "In ogni cosa rendete grazie" (1Th 5,18), scrive san Paolo.

Questa "metodologia dell'Avvento" indica contemporaneamente la via verso la gioia, che si trova al centro stesso del messaggio della liturgia odierna: "il mio spirito esulta in Dio".


7. Questa gioia, che ha la sua sorgente in Dio, auguro a voi, cari fedeli della parrocchia di San Carlo da Sezze. Se saprete alimentare in voi tale gioia mediante la preghiera, la partecipazione alla liturgia, la coerenza della vita, voi attirerete anche altri, che ancora non riconoscono Cristo, ad accoglierne il messaggio.

Sono molto lieto di trovarmi oggi tra voi. Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti coloro che operano per il bene della vostra comunità parrocchiale.

Anzitutto al card. vicario e al vescovo ausiliare preposto al Settore Sud della diocesi, mons. Clemente Riva. Saluto con loro anche il nostro ospite, il vescovo caldeo. Saluto poi il parroco, don Mario Torregrossa, il viceparroco e tutti i loro collaboratori nell'apostolato.

Mi compiaccio del cammino compiuto dalla parrocchia nel contesto del rapidissimo sviluppo numerico della popolazione di questo territorio. Nel 1979, quando essa fu istituita e i fedeli cominciarono a radunarsi per il culto in un piccolo locale, le famiglie erano 350. Ora sono i 1.500 e il programma degli insediamenti rimane aperto verso la prospettiva di ben 4.000 nuclei familiari. La parrocchia ha fatto bene il suo cammino, non senza difficoltà e fatiche, ma confortata dalla viva partecipazione dei fedeli, specialmente dei giovani.

Vi esorto a conservare tenacemente, pur nel contesto delle grandi trasformazioni del territorio, il vostro carattere di comunità di fede, insieme compaginata dall'amore. Comunità è infatti un gruppo di persone che si riconoscono tra loro e imparano ad amarsi. Per questo è importante il gesto di accoglienza e di benvenuto dato alle nuove famiglie che arrivano qui. E' importante il dialogo instaurato, via via, con costanza e discrezione, dal Consiglio pastorale. Sono importanti le occasioni di incontro, che generano attenzione dell'uno verso l'altro, e suscitano collaborazione, amicizia, solidarietà. Comunità di fede è, inoltre, un gruppo di persone proteso verso l'impegno di testimoniare il Cristo, di farlo conoscere ad ogni uomo, perché ciascuno sia aiutato a comprendere la speranza e la gioia che provengono dalle promesse di Dio.

Sarà necessario essere sempre vigilanti per non ridurre la propria fede alla sfera chiusa del privato: il cristiano è sempre chiamato a dar vita a una fede comunitaria, fondata sul bisogno costante della testimonianza e della carità spirituale.

Ringrazio, perciò, tutti coloro che si prodigano per la catechesi, affinché sia assicurato un cammino organico di crescita per il singolo e per la comunità. La catechesi comprende innanzitutto l'iniziazione alla fede dei ragazzi e dei giovani, ma continua poi, come guida permanente, durante tutto l'arco della vita. Mi compiaccio, perciò, per i numerosi gruppi di adulti che si radunano per leggere il Vangelo e gli Atti degli apostoli, per meditare la parola di Dio, sotto la guida dei pastori e dei fratelli esperti.


8. Un pensiero speciale desidero rivolgere ai giovani e sono particolarmente lieto di benedire la prima pietra del Centro Madonna di Loreto, che si propone di operare come fulcro e luogo propulsore di tutta la pastorale giovanile parrocchiale. E' giusto ricordare che il servizio dei giovani per lo sviluppo della parrocchia di San Carlo da Sezze ha già un'interessante storia, ricca di iniziative, di attività, di opere, di interventi. Sono stati i giovani a prodigarsi per la costruzione e l'adattamento della capanna prefabbricata che fungeva da cappella qui prima che sorgesse l'attuale chiesa. Sono ancora i giovani che con fervore sostengono l'attività di tanti gruppi, si dedicano alla catechesi, si uniscono per preparare i servizi della carità e per altri numerosi programmi nel volontariato.

Cari giovani, la vostra esperienza di apostolato è preziosa, non solo perché in essa voi raccogliete l'invito di Cristo ad essere suoi testimoni, ma perché vi accorgete concretamente che spetta ai giovani essere apostoli per i giovani. Siate altresi consapevoli del privilegio della vostra condizione giovanile: a voi è consentito di dare l'avvio al rinnovamento dell'evangelizzazione di cui la nostra epoca ha bisogno. Su voi, giovani, poggia la speranza della Chiesa che s'accinge ad affrontare l'evangelizzazione del terzo millennio; a voi, giovani, si volge la generazione degli adulti per affidarvi la costruzione del mondo di domani. Siate all'altezza dei grandi compiti che vi attendono.

Anche qui, nella parrocchia di San Carlo da Sezze alla Madonnetta, sarete voi giovani i protagonisti dello sviluppo del vostro territorio. Non dovrete essere le vittime delle tensioni o dei disordini che sorgono attorno all'espansione rapida di un grande quartiere cittadino come questo; ma dovrete impegnarvi ad essere operatori efficaci di un valido rinnovamento sociale, mediante la sincera adesione a Cristo e il generoso impegno a tradurre nei fatti gli insegnamenti del suo Vangelo.


9. "Il mio spirito esulta in Dio". La meditazione, nata dalla liturgia della domenica odierna, ci ha permesso di sviluppare queste parole del "Magnificat" di Maria.

E' cosa significativa che queste parole trovino il loro radicamento nella profezia di Isaia, che pure risuona nella terza domenica, d'Avvento: "Io gioisco pienamente nel Signore, / la mia anima esulta nel mio Dio, / perché mi ha rivestito delle vesti di saggezza, / mi ha avvolto con il manto di giustizia / ...come una sposa che si adorna di gioielli" (Is 61,10).

La via dell'Avvento, la via verso la gioia spirituale, ce la mostrano oggi Isaia e Giovanni nei pressi del Giordano, ma soprattutto la Vergine di Nazaret, la "Alma Redemptoris Mater". Imbocchiamo questa via! Rivestiamoci delle vesti di salvezza! Avvolgiamoci col manto della giustizia! Veramente, il Signore è vicino! [Ai bambini:] Vorrei porvi una domanda. Nel vostro canto voi avete parlato dell'umanità. Cosa vuol dire umanità? Tutti noi siamo l'umanità. Si, va bene, tutti noi che siamo uomini. Si dice umanità per dire tutti gli uomini. Ma si dice anche che il Figlio di Dio ha preso la nostra umanità. Allora ha preso tutti noi? E' una domanda difficile, filosofica, ma i bambini sono sempre dei grandi filosofi, pongono domande fondamentali. Allora, quando si dice che Gesù, il Figlio di Dio, ha preso la nostra umanità, vuol dire che ha accettato di essere un uomo.

Essendo Figlio di Dio, vero Dio, ha accettato di essere un uomo. Tutti siamo parte dell'umanità, tutti insieme. Nessuno di noi è escluso da questa parola. Nello stesso tempo l'umanità è ciò per cui ciascuno di noi, individualmente, è uomo, ha una umanità. In un certo senso ciascuno di noi, essendo un uomo, rappresenta tutti gli uomini, tutta l'umanità. E Gesù, facendosi uomo, perché era prima perennemente essenza senza inizio e senza fine, era ed è Figlio di Dio, si è fatto uomo, un uomo concreto. così anche lui, come ciascuno di noi, rappresenta tutta l'umanità, tutti gli uomini. E li rappresenta davanti a Dio, suo Padre, davanti alla amatissima Trinità, per portare tutti verso il Padre, per portare tutti a diventare figli di Dio. Allora, essendo ciascuno di noi e tutti noi solamente dei membri dell'umanità, dobbiamo in Gesù Cristo diventare figli di Dio e avere una parte nella divinità della vita di Dio. Questa è la nostra chiamata. Questo Papa non è buono perché ha affrontato un tema così difficile, così filosofico con i più piccoli della parrocchia. Ma il Papa sa che i bambini sono i più grandi filosofi.

E lo sanno molto bene anche le vostre mamme, perché tante volte mi dicevano in passato e mi dicono oggi che le domande che fanno i bambini quando cominciano a ragionare sono filosofiche tanto che si deve riflettere molto bene per dare una giusta risposta.

Sono tanto grato a tutti i presenti, alle vostre mamme, ai vostri papà.

Sono molto grato a tutti voi per questa bella accoglienza. Si dice nel Vangelo che gli ultimi saranno i primi. Questo è un grande problema, ma io lo vedo in ogni parrocchia. Se si considera l'ordine delle generazioni, i bambini sono sempre gli ultimi, ma nelle visite pastorali sono i primi. Sono i primi fra tutti i parrocchiani a rappresentare la comunità cristiana. Come si spiega questo? Forse si spiega anche per il fatto che i bambini sono un po' impazienti e sarebbe difficile per loro aspettare a lungo. Ma sono anche i primi perché sono veramente privilegiati da Gesù. Quante cose Gesù ha detto sui bambini, come li amava, come li abbracciava. Ha anche rimproverato gli apostoli, anzi Pietro, che non permetteva ai bambini di andare vicino a lui. I privilegiati da Gesù. Anzi egli ha detto a tutti noi che per entrare nel regno dei cieli bisogna diventare come i piccoli. Questo privilegio vi viene da Cristo, Figlio di Dio, che si è fatto uomo e si è fatto uomo nascendo, poi crescendo lentamente, poi imparando. Leggiamo nel Vangelo che Gesù è cresciuto nel corpo, come i vostri corpi crescono, ma anche nella sapienza e nella grazia di Dio. Allora questa è la parola più importante, la parola chiave. Vi auguro di crescere, di crescere fisicamente - ma questo esige già un lavoro, uno sforzo, l'impegno dello studio - e di crescere nella grazia.

Questa viene da Dio, ma richiede collaborazione da parte vostra. Non possiamo essere solamente passivi. Dobbiamo essere anche attivi per crescere nella grazia.

Sono questi gli auguri che vi rivolgo. Vi esprimo questi auguri mentre ci avviciniamo al Santo Natale, mentre ci prepariamo ad accogliere Gesù a Betlemme, nelle nostre case, nelle nostre parrocchie, nella Chiesa e nel mondo. Vi auguro di essere sempre vicini a Gesù e di formare la vostra vita secondo il suo esempio.

[Al Consiglio Pastorale:] Carissimi fratelli, in questo anno la Chiesa ripete sempre a se stessa le parole indicateci dal Concilio Vaticano II su Maria: Colei che precede nel cammino della fede, della speranza e dell'unione con Cristo e con tutto il popolo di Dio. E sentendo la vostra testimonianza, ho pensato che Maria precede tutti e ciascuno, e che precede con grande pazienza. Qualche volta, forse, deve rivolgersi a qualcuno per esortarlo ad andare più in fretta. Ma io ho sentito, ho appreso come è sorta la vostra parrocchia, l'ho appreso da due protagonisti come il card. vicario e come il vostro parroco don Mario. E adesso, ascoltando la testimonianza del presidente del Consiglio pastorale, ho pensato che la Vergine, guardando a voi, impegnati in questo cammino di fede, di speranza e di unione con Cristo, non dirà: andate più svelti. E' importante questa crescita della vostra parrocchia come comunità, del quartiere. Tutto ci dice che state andando a un buon ritmo come singole persone, come cittadini italiani, come abitanti del vostro quartiere, e come cristiani. Questa è per me una grande gioia.

Con grandissimo interesse ho ascoltato la presentazione che mi avete appena fatto di questo cammino. Si, è una grande gioia per me. Vorrei congratularmi con voi tutti per queste realizzazioni, e per la gioia che provate nel compimento dei vostri sforzi, come cittadini e come cristiani. Naturalmente, con questa bella chiesa, con questo ambiente umano e cristiano, si deve guardare anche al futuro. La parrocchia è sempre un centro di comunione. E comunione vuol dire anche accoglienza. Accoglienza di ogni nuovo cittadino, di ogni cristiano.

Spetta a voi accogliere i nuovi parrocchiani. E per questo avete già predisposto una casa. Non saranno senza tetto come lo sono tanti nel mondo, in diversi continenti e paesi. Ma, soprattutto, vi preparate ad accoglierli con ciò che rappresenta il nucleo stesso della Chiesa. Infatti, con questa meditazione del Vangelo voi cercate di leggere e di pregare meditando, di vivere il Vangelo e poi di dare testimonianza agli altri, a quelli che abitano già qui con voi e a quelli che verranno dopo. Questi due aspetti, che direi complementari, queste due funzioni della comunità, rappresentate soprattutto dal Consiglio pastorale e in un senso più specifico dai gruppi del Vangelo, ci lasciano sperare bene per il futuro di questa comunità cristiana.

E di nuovo lo ripeto a tutti voi: al card. vicario, a mons. Riva, al parroco, al viceparroco, ai consiglio pastorale e ai gruppi del Vangelo, e a tutti i vostri parrocchiani, tutti insieme uniti con il vostro patrono san Carlo da Sezze, che ha trovato qui una comunità così buona. E questa comunità ha trovato Lui. Con questi sentimenti auguro a tutti buon Natale e un buon anno nuovo: nei vostri cuori, nelle vostre famiglie, nella vostra parrocchia, in questo quartiere di Roma che cresce e che guarda verso il futuro.

[Ai giovani:] Carissimi, c'è una grande somma di energie in questa vostra parrocchia. Io già ne ero a conoscenza da quando è venuto a trovarmi il vostro parroco insieme con il card. vicario e il vescovo ausiliare mons. Riva, ma in questa visita ne ho la conferma con i miei occhi. Mi domando da dove vengano queste energie. Certo, sono energie umane, così come lo sono lo zelo del vostro parroco e del suo giovane collaboratore. E sono umane le vostre energie, frutto della vostra buona volontà. Ma io credo che tutto riconduca alla fede, alla speranza e alla carità. Sono le energie racchiuse nel cuore umano. Le virtù teologali, e sono soprattutto realtà vissute dalle persone, dalla comunità. E quando cerchiamo un punto di partenza, una sorgente di queste virtù, lo troviamo in una persona, in Gesù Cristo. Oggi io ho assolto l'impegno di benedire la prima pietra del vostro Centro giovanile. E' una conseguenza delle vostre realizzazioni, come lo è questa bella chiesa.

Ecco, un Centro per giovani... Questa pietra, questa pietra angolare, come ha detto san Pietro, rappresenta Cristo. E se noi, costruendo una chiesa, una casa destinata alle finalità cristiane, cerchiamo di cominciare un edificio con questa pietra, vogliamo indicare, con questo simbolo, colui che è il vero centro dell'edificio. Ma è soprattutto il centro spirituale di ciò che si costruisce con le pietre vive, le pietre vive che siamo noi. Possiamo dire che insieme con il centro principale, Gesù Cristo, ci sono molti altri centri perché attorno al centro che è Cristo ci siete voi con la vostra personalità e identità umana, col vostro cuore umano. Un centro, Cristo; un centro, il cuore umano. Occorre che questi due centri si incontrino e che così si costruisca una comunità di vita, che non è solamente umana: una comunità di vita umana e divina, perché Cristo è una realtà umana e divina. Qualcuno chiederà: perché non solamente umana? La risposta è in Cristo. L'uomo nella sua natura terrena non è ancora un'opera perfetta. Per completare quest'opera, per completare l'umanità della persona, ci vuole il divino. Ci vuole la presenza attiva delle forze divine, le virtù divine che si chiamano appunto, fede, speranza e carità. E occorre la grazia.

E io, osservando l'insieme di questa vostra parrocchia e le sue realizzazioni, guardando questa comunità così vivace, così piena di energie, mi auguro che camminiate insieme nella dimensione cristocentrica, che tutti ci ispira e che ci fa realizzare. A questo vi esorto in vista del prossimo Natale, memoria liturgica attuale, molto cara e familiare, ma anche realtà continua. Dio è nato per farci nascere sempre, sempre di più. Dio si è fatto uomo per farci uomini.

Soprattutto, è diventato la realtà di tante persone e di tante comunità, nella storia della Chiesa, come di questa vostra comunità che si chiama San Carlo da Sezze, un fratello francescano. Vi auguro, nel nome del Natale, di poter realizzare i vostri programmi, compreso il progetto del Centro giovanile inserito nella vostra parrocchia. Voi giovani dovete essere il lievito che fa crescere una massa sempre più grande. Crescere con la stessa energia, con la stessa identità cristiana. E' questo il senso della mia benedizione.

[Alla popolazione:] Sia lodato Gesù Cristo. Ringrazio per le parole del vostro parroco e saluto tutti i presenti e tutti gli abitanti di questa zona, di questa parrocchia, di questo ambiente molto bello. Direi che dal punto di vista naturale è una zona forse privilegiata rispetto agli altri ambienti di Roma.

Voglio ringraziare per l'invito fattomi e per aver avuto la possibilità di visitarvi oggi. Ringrazio il card. vicario e mons. Riva, come anche il vostro parroco e il suo collaboratore. A voi tutti esprimo i miei auguri, auguri umani e cristiani, perché il tempo dell'Avvento ci dà questa duplice ispirazione. Nasce un uomo, questo uomo è il Figlio di Dio, vero Dio, consustanziale al Padre. E' venuto per guidarci verso i nostri ultimi destini, destini eterni. E' venuto per darci una testimonianza, un'attestazione che anche noi siamo chiamati nella sua divina figliolanza a diventare figli di Dio e a vivere non solamente in questa terra un periodo più o meno breve, ma a vivere l'eternità in Dio. Vi auguro di avvicinarvi a questo mistero, di cercare in questo mistero la luce per la vostra vita quotidiana e così vivere la solennità natalizia che si avvicina e tutto l'anno che deve iniziare.

1987-12-13 Data estesa: Domenica 13 Dicembre 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Al Presidente dell'Argentina - Città del Vaticano (Roma)