GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sotto il soffio dello Spirito, con la protezione della Madre di Dio e con la buona volontà di tutti il movimento ecumenico possa segnare ulteriori passi

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Riprendiamo il nostro ideale pellegrinaggio ai santuari mariani sparsi nel mondo. Meta della nostra visita spirituale sono oggi i luoghi mariani dell'Egitto.

I santuari che sorgono in quella regione hanno un significato tutto particolare, essendo legati, in forza di antichissime tradizioni, al ricordo del passaggio della santa Famiglia, secondo gli accenni presenti nel Vangelo di Matteo (cfr. Mt 2,14-15 Mt 2,19-21).

Tra i luoghi di culto mariano, che a tal riguardo possiamo menzionare, vi è innanzitutto il villaggio di Matarieh, a breve distanza dal Cairo, dove, accanto a numerosi centri di culto copto-ortodossi, esistono anche una chiesa copto-cattolica ed un Carmelo, nel quale le monache, nel ricordo della permanenza della santa Famiglia in Egitto, pregano in modo speciale per tutti coloro che, per vari motivi, sono perseguitati e sono costretti a lasciare la loro patria ed a cercar rifugio in terra straniera.


2. Un altro centro di culto mariano meritevole di citazione è la Chiesa dedicata alla Madonna in Meadi, alla periferia del Cairo, sulla riva del Nilo. Il tempio sembra risalire addirittura al quinto secolo, anche se ha subito, nel corso dei secoli, ed anche di recente, modifiche e restauri. E' affidato ai cristiani copto-ortodossi, e numerosi sono i pellegrini che giungono continuamente a questo Santuario per affidare le loro intenzioni alla Mediatrice di tutte le grazie.


3. Il passaggio della santa Famiglia è ricordato anche dalla grotta a lei dedicata, che si trova sotto il Santuario dei santi Sergio e Bacco, nel Vecchio Cairo, ai margini dell'antica città di Fostat, prima capitale dell'Egitto islamico.

Anche questo piccolo ma prezioso luogo di culto è officiato dai copto-ortodossi. La sua storia antica ed illustre registra anche, sotto gli auspici della Madre di Dio, la presenza e l'influenza dei cattolici, in special modo dei francescani, i quali, nel XVII secolo, vi costruirono un ospizio ed ottennero il permesso dagli ortodossi di celebrare la santa Messa all'altare della cripta della santa Famiglia.

Questo Santuario attrasse l'attenzione persino dei musulmani, i quali, sotto il regno del famoso Saladino, nell'XI secolo, restaurarono il tempietto che era stato precedentemente distrutto.

Ogni anno, il 1° giugno, i copto-ortodossi organizzano un pellegrinaggio in ricordo dell'ingresso della santa Famiglia in Egitto.


4. I santuari mariani dell'Egitto, oltre ad avere una specialissima importanza in quanto ricordano la presenza storica della santa Famiglia, hanno sempre rivestito ed oggi più che mai rivestono uno speciale interesse dal punto di vista ecumenico, a motivo della devota frequentazione da parte dei fedeli appartenenti a confessioni diverse. Alle soglie dell'Ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani, noi ci auguriamo - e per questa intenzione preghiamo - che il movimento ecumenico possa segnare ulteriori progressi con la buona volontà di tutti, sotto il soffio dello Spirito, e con la protezione della santissima Madre di Dio.

[Al termine della preghiera il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:] Come ho accennato, si apre domani nel mondo intero l'annuale "Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani". Vi partecipano cattolici, ortodossi, anglicani, protestanti, in una invocazione corale, intensa e fervida. Questa prassi è iniziata 80 anni or sono, quando padre Paul Wattson, nel 1908, diede inizio all'"Ottavario per l'unità", collocandolo tra il 18 e il 25 gennaio.

L'unità è un dono di Dio. E, mentre il movimento ecumenico progredisce, si ha sempre maggiore necessità della luce e della forza celeste. E' il Signore che guiderà i passi dei cristiani verso la meta che egli stesso ha indicato ai suoi discepoli: essere perfetti nell'unità, affinché il mondo creda che Gesù Cristo è il Figlio di Dio e il salvatore dell'umanità.

La preghiera, che genera la fiducia in Dio e l'amore verso i fratelli, libererà i cristiani dalla reciproca diffidenza, dal sospetto, dalle paure vicendevoli. Fondamento della comunità cristiana è infatti l'amore. L'amore spingerà i cristiani a percorrere tutta intera la via che porta all'unità. Su questo tema siamo invitati a riflettere e a pregare nei prossimi giorni. "L'amore di Dio scaccia la paura" (1Jn 4,18).

Invito voi presenti e tutti i cattolici a intensificare l'invocazione per l'unità dei cristiani nel mondo intero. Il Signore ascolti la nostra comune preghiera.



Data: 1988-01-17 Data estesa: Domenica 17 Gennaio 1988




Visita pastorale del Vescovo di Roma

Titolo: Parrocchia di san Lorenzo in Lucina - Roma

Testo:

[Il primo saluto alla comunità parrocchiale] Sia lodato Gesù Cristo.

Voglio salutare tutta la comunità della parrocchia di san Lorenzo in Lucina, tutti i presenti. Ci troviamo, come ha detto monsignor parroco, nel centro di Roma, nel centro storico.

Questo centro è segnato con la presenza spirituale di un santo che è tutto romano, san Lorenzo, diacono martire. Come santo Stefano, martire di Gerusalemme, segna la storia della Chiesa di Gerusalemme, la Chiesa apostolica, così san Lorenzo segna la storia della Chiesa di Roma.

Voglio abbracciare con questa visita pastorale, con questo incontro, tutta la vostra comunità, tutti coloro che a questa comunità appartengono fisicamente, come abitanti di questo territorio, e anche moralmente, come ospiti, a causa delle diverse istituzioni dello Stato italiano, istituzioni di tipo sociale, economico, commerciale che qui sorgono, come pellegrini che qui, in questa chiesa, in questo punto trovano anche un pezzo della Roma antica, imperiale, medievale, di Roma da duemila anni cristiana. A tutti voglio dire che sono felice di questa domenica. Ma soprattutto, voglio dire buon anno all'inizio di questo 1988.

Quando dico buon anno voglio implorare con queste parole tutto ciò che si può definire come vero bene dell'uomo. Sappiamo che qualche volta l'uomo considera bene ciò che non lo è e altre volte perde di vista ciò che è il vero bene. Allora auguro questo vero bene con tutta la proporzionalità dovuta ai diversi bisogni, alle diverse aspirazioni dell'uomo, al suo essere nello stesso tempo corporale e spirituale, temporale, transitorio ed eterno, destinato alla vita eterna, alla partecipazione alla stessa vita di Dio. Con questa gerarchia di valori ripeto a tutti e a ciascuno buon anno. Che il Signore vi dia questo buon anno con la pluralità dei beni ai quali aspira l'uomo intero, ai quali aspira il cuore umano, e nelle diverse situazioni, situazioni talvolta difficili che non mancano nella vita dell'uomo dappertutto. Anche negli ambienti più ricchi e più opulenti non mancano le sofferenze. Il Signore vi dia anche la forza di superare, di vincere il male con il bene. Questo imploriamo. Tutto questo voglio trasmettere con queste semplici parole: buon anno.


[L'omelia durante la celebrazione eucaristica]


1. "Sacrificio e offerta non gradisci, / gli orecchi mi hai aperto. / Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. / Allora ho detto: ecco io vengo" (cfr. Ps 40[39],7-8). "Ecco io vengo"...

Queste parole del salmo acquistano un'eloquenza particolare alla luce del recente periodo liturgico del Natale, in cui abbiamo vissuto la venuta di Cristo. E' venuto il Figlio eterno nella forma umana di un bambino, nato dalla Vergine a Betlemme.

Il salmo responsoriale usa il linguaggio dell'antica alleanza. E' il linguaggio dei sacrifici dei frutti della terra che vengono presentati a Dio, ed anche dei sacrifici cruenti. E' il linguaggio dell'attesa e dell'avvento. E, allo stesso tempo, è il linguaggio che esprime la certezza della venuta del Messia.


2. Ecco io vengo...

Colui che è venuto dando inizio con la sua nascita alla nuova alleanza, porta in sè il compimento delle speranze e delle attese. Dio "si è chinato e ha dato ascolto al grido" (cfr. Ps 40[39],2).

Colui che è venuto porta sulle sue labbra "un canto nuovo". Le sue orecchie sono aperte. Il suo cuore manifesta una tale sensibilità verso Dio, quale nessuno ha mai saputo manifestare. E il canto, il nuovo "canto al nostro Dio" (cfr. Ps 40[39],4) che risuona sulle sue labbra, esprime la perfetta letizia della volontà del Figlio unita con la volontà del Padre.

Il salmista ripete ciò che è stato scritto circa il Messia "sul rotolo del libro": "E' gioia per me che io faccia la tua volontà" (cfr. Ps 40[39],9). E questa letizia della volontà significa, allo stesso tempo, che, in Cristo, la pienezza della legge divina ha preso dimora nel cuore dell'uomo. Tutto l'ordine divino, corrotto dal peccato, viene sostituito dalla pienezza della giustizia.

Insieme a Cristo, nato a Betlemme, si prepara la rivelazione di questa pienezza: il suo annuncio "nella grande assemblea" (cfr. Ps 40[39],10). E' giunto il tempo in cui "infine", nella storia dell'uomo, parla il Figlio di Dio e "non tiene chiuse le labbra" (cfr. Ps 40[39],10) prima di pronunciare la parola definitiva del suo messaggio salvifico: la parola della croce e della risurrezione.

"Ecco io vengo, Signore, per fare la tua volontà" (cfr. Ps 40[39],8-9).


3. La Chiesa desidera dirci tutto questo con l'odierna liturgia della Parola.

Desidera, al principio del nuovo anno 1988, annunziare la missione di colui che è nato nella notte di Betlemme. Di colui che è venuto nel nome del Signore.

E allo stesso tempo la Chiesa desidera insegnarci che Gesù Cristo è la fonte della nostra vocazione nel Regno di Dio: nella Chiesa e nel mondo.

Questa vocazione è insieme una grande scoperta, come lo provano le parole aggiunte al canto dell'Alleluia. "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo), la grazia e la verità vennero per mezzo di lui" (cfr. Jn 1,41 Jn 1,17).

Ai nostri tempi, è il Concilio Vaticano II che ci aiuta efficacemente a scoprire la vocazione cristiana. Ed insieme ci aiutano tutti i suoi orientamenti e tutte le sue forme, che hanno la loro comune fonte nella riscoperta di quella "verità" e "grazia", le quali sono divenute la nostra parte in Gesù Cristo.

Come non ricordare, poi, che l'ultimo Sinodo dei Vescovi è stato dedicato in modo particolare alla vocazione dei laici nella Chiesa e nel mondo? Cerchiamo pertanto di leggere il messaggio dell' odierna liturgia alla luce dell'insegnamento del Concilio e dei suggerimenti dell'ultimo Sinodo, ad esso unito.


4. Il brano del Vangelo di Giovanni risale in un certo senso all'inizio di quelle vocazioni che ebbero carattere decisivo. Riguardavano quei discepoli di Cristo, che più tardi si sono trovati nel gruppo dei Dodici e sono diventati i suoi apostoli.

Gesù chiama personalmente. Egli stesso pronuncia parole - semplici ed insieme molto profonde - che permettono a quegli uomini di scoprire "la verità e la grazia".

"Venite e vedete" dice Gesù ai due discepoli di Giovanni Battista quando gli domandavano: "Rabbi, dove abiti?" (cfr. Jn 1,38-39). E questo invito è sufficiente.

Non solo essi stessi si sentono chiamati, ma uno di loro, Andrea, trasmette questa chiamata a suo fratello. Quei fratello era Simone. Quando Andrea lo ebbe condotto al Maestro, Gesù lo fisso e gli disse: "Tu sei Simone... ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)" (Jn 1,42).

Sotto il velo di fatti apparentemente ordinari si compiono cose straordinarie. Lo confermerà il successivo sviluppo degli eventi.

Andrea è venerato dalla Chiesa come il "proto-kletos" (=il primo dei chiamati), Pietro come il "koruphaios" (=colui che è a capo dei chiamati). così nella tradizione bizantina.


5. Della vocazione parla anche la prima lettura, tratta dal libro di Samuele. In essa vi è una magnifica descrizione della chiamata che viene da Dio stesso. E l'uomo chiamato per nome - proprio come nel caso di Samuele - all'inizio non sempre è in grado di comprendere chi è che lo chiama: chi chiama nel mezzo della notte: "Samuele". Poi finalmente comprende (con l'aiuto del suo superiore) e risponde: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta" (1S 3,9).

Questa è davvero una descrizione magnifica, in cui troviamo quasi il modello di tutte le vocazioni. Anzitutto delle vocazioni al servizio di Dio in quella forma particolare che distingue nella Chiesa la missione dei sacerdoti e delle persone religiose.

Ma anche di tutte le altre vocazioni, che compongono la ricchezza e la varietà della vita cristiana. Il Concilio infatti insegna: "la vocazione cristiana è per sua natura anche una chiamata all'apostolato" (cfr. AA 2). Ed esso spiega, in modo perspicuo e preciso, in che cosa consiste questo universale apostolato di tutti i cristiani, e in particolare dei laici, i quali - come e noto - costituiscono numericamente l'enorme maggioranza dei seguaci di Cristo.

Non si approfondisce mai abbastanza questo insegnamento del Concilio Vaticano II.


6. Nell'odierna liturgia le parole della lettera dell'Apostolo ai Corinzi in un certo senso ci pongono in mano una particolare chiave per comprendere questo importante problema.

Che cosa vuol dire essere chiamato? Che cosa significa scoprire la propria vocazione cristiana? Significa - risponde san Paolo - comprendere nuovamente se stesso. La propria umanità. La propria anima e il proprio corpo.

"O non sapete - scrive l'Apostolo - che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?" (1Co 6,19).

Spontaneamente nasce l'interrogativo: come, non apparteniamo a noi stessi? Risponde l'Apostolo: si. Non appartenete a voi stessi... Infatti "siete stati comprati a caro prezzo" (1Co 6,20).

Siete stati comprati... siete stati redenti! Portate in voi un valore nuovo. Una nuova vita. Una nuova dignità.

Questo valore - questa vita - questa dignità provengono dalla redenzione. Dovete comprenderlo. Dovete scoprire le radici stesse della vostra chiamata in Cristo. Nel suo amore redentore. Nel suo amore sponsale.

Allora comprenderete anche che la vostra vita non può essere vissuta nella "dissolutezza", cioè in uno spensierato uso di tutto ciò con cui vi illude il mondo nella sua temporalità.

La vostra vita deve diventare una risposta all'amore di Cristo. All' amore redentore. All'amore sponsale.

In questo modo scoprirete la vostra vocazione cristiana. E la seguirete su ogni via della vita umana.


7. Cari fratelli e sorelle della parrocchia di san Lorenzo in Lucina, la chiamata di Cristo, la familiarità con lui e l'invio al mondo sono tre fasi di quel cammino di santità, che oggi vi è dato di compiere in modo del tutto particolare col vostro Vescovo.

Mentre con voi rendo grazie al Signore per il dono di questa Eucaristia, che celebriamo con fede in una Basilica tanto antica quanto illustre, sono lieto di manifestarvi la mia gioia per essere tra voi e di salutare in primo luogo il Cardinale Vicario insieme con il Cardinale Opilio Rossi, titolare di questa Chiesa, e monsignor Filippo Giannini, Vescovo responsabile del Settore.

Saluto, poi, monsignor Piero Pintus, che svolge tra voi il ministero di parroco, il vicario parrocchiale e gli altri sacerdoti, i quali prestano qui la loro preziosa opera, attenti alla crescita spirituale della comunità.

La mia parola di affettuoso saluto va pure ai rappresentanti delle congregazioni religiose, presenti ed operanti nel territorio della parrocchia, ai membri del Consiglio pastorale ed ai laici impegnati nelle molteplici attività pastorali.

Rivolgo il mio saluto pure alle autorità civili e militari, ed a quanti hanno preparato questa mia visita, favorendo un incontro solenne e, al tempo stesso, familiare.

A tutti, soprattutto ai giovani, desidero rivolgere il mio saluto insieme con l'invito ad accogliere senza esitazioni la bellezza della vocazione cristiana ed a collaborare alle iniziative parrocchiali, che riguardano la liturgia come la carità, la catechesi come la cultura.


8. La consolante certezza che Cristo nella sua eterna carità vi ha prediletti prima ancora che foste in grado di incontrarlo e di rispondere alla sua chiamata, vi induca a seguirlo con generosità.

In ciò vi sia di esempio il martire san Lorenzo, diacono della Chiesa di Roma, che imito il Redentore sino a donare come lui la vita. Il vostro protettore ancor oggi insegna a dare testimonianza al Vangelo in tutte le circostanze dell'esistenza, con coraggio e dedizione a Dio.

In ciò vi sia di guida la Vergine Maria, la cui completa disponibilità nel porre se stessa al servizio di Dio la fece acconsentire senza indugio al compito grande che era chiamata a svolgere.

In ciò vi sia di sostegno soprattutto il Signore Gesù, che con il sacrificio della croce, compiuto con pienezza di amore, ci ha ottenuto i doni della grazia e del perdono divini, e ci unisce alla sua obbedienza salvifica: "Ecco, io vengo!".


9. Nella luce che promana da Cristo redentore, ti saluto cordialmente, comunità cristiana! Parrocchia romana intitolata a san Lorenzo in Lucina! Saluto tutte le famiglie che a volte da generazioni, a volte da secoli, formano questa comunità. E saluto tutti gli abitanti.

Alle soglie dell'anno del Signore 1988 ti auguro di essere luogo di vocazioni. Di essere quell'ambiente, in cui ognuno ode la voce di Cristo. La chiamata di Dio stesso, che risuona in Cristo...

Ode e risponde: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta". Si. Il servo! Perché servire Dio vuol dire regnare. Proprio questo ci ha insegnato Cristo. E questo continua ad insegnarci: nel servire consiste la nostra vocazione cristiana, consiste anche la nostra cristiana dignità.

[Ai giovani] La vostra parrocchia ha un grande passato, grande e lontano: ho visitato anche gli scavi sotto la chiesa. Si scende verso il II, il I secolo dopo Cristo.

Tempi molto lontani, ma tempi in cui vissero anche persone che allora erano giovani. Ed è grazie a queste persone che questa chiesa antica - che come chiesa risale al V secolo anche se a un'epoca più tarda come parrocchia - ha sempre non solo un suo passato, ma anche un suo futuro: per andare avanti. E oggi questa parrocchia dal passato tanto lungo e tanto nobile ci si presenta nelle vostre persone, nella vostra comunità giovanile.

Appartenete alle famiglie che da secoli, da generazioni, appartengono a questa comunità parrocchiale di san Lorenzo: famiglie nobili, romane, di prestigIo, importanti per la vita della città di Roma, per la sua ricchezza, per il commercio, per l'artigianato, per tutto ciò che costituisce la grandezza di ogni comunità umana e cristiana. E tutto ciò che è umano diventa cristiano, viene incorporato nel mistero di Cristo. E la sua realtà, non solo storica, ma anche mistica. E così il mistero di Cristo, nella sua realtà, è sempre presente, e la Chiesa rappresenta questo mistero di Cristo.

Ho voluto ricordare questi elementi storici del passato, insieme agli elementi per così dire sociologici,comunitari. La vostra chiesa ha una grande specificità, è una chiesa atipica, o piuttosto è una chiesa tipica del vecchio centro di Roma. E atipica perché non mi ricordo di una parrocchia in cui ho potuto visitare degli scavi. Nemmeno di una in cui ho visitato anche un centro radiofonico, Radio Obiettivo Romano.

Ma in questo punto, qui dove siamo, è una chiesa tipica perché in ogni parrocchia incontro i giovani. Parlo con loro e rispondo alle loro domande, quando me ne fanno. In particolare rispondo adesso a queste parole di carattere esistenziale sullo stare insieme, sull'essere insieme e sull'andare avanti insieme. E una domanda giusta, che fanno tutti i cristiani ai loro Pastori. E il Pastore, il Vescovo, in questo caso il Vescovo di Roma, deve essere pronto a rispondere a questa domanda sul camminare insieme con tutto il Popolo di Dio, come ha detto la vostra amica: perché noi camminiamo insieme a tutto il Popolo di Dio, a tutte le generazioni del Popolo di Dio.

Naturalmente, camminando così, insieme, nella dimensione umana - cristiana, certo, ma anche umana - camminiamo insieme con Cristo, camminiamo all'interno di quella realtà mistica che è poi quelha principale. Noi siamo Chiesa grazie a lui. Noi abbiamo il futuro, si il futuro. Ma è grazie a voi che siete giovani, e soprattutto grazie a lui, che noi abbiamo un futuro definitivo: e lui ci porta a questo futuro.

Ecco il significato di questo incontro. Vi auguro tutto il bene, a voi giovani, alle vostre famiglie, alla vostra comunità, al vostro modo di vivere la vostra epoca. Perché, certo, nei tempi antichi non c'erano questi vostri moderni strumenti musicali, ma fate bene a suonare: la Chiesa deve essere fedele anche alla storia dell'uomo, alla sua cultura, a tutto quello con cui si esprime il suo genio, la sua umanità. Mancherebbe qualcosa se voi non foste qui. Vi ringrazio. Vi benedica Dio onnipotente.

[Ai membri del Consiglio pastorale] Saluto la rappresentanza del Consiglio pastorale di san Lorenzo in Lucina, allargata ad altre rappresentanze parrocchiali. Voglio sottolineare l'aspetto fondamentale di ogni parrocchia, di ogni comunità cristiana, quell'aspetto costituito sempre dalle persone umane e dalle famiglie.

Voi carissimi fratelli e sorelle, con i vostri doni evocate la crescita di questa comunità, ma non solo, evocate la crescita di tutta Roma nelle diverse epoche, crescita umana, culturale e nello stesso tempo cristiana. Tutto questo e dovuto alle tradizioni delle persone e delle famiglie. Tradizioni delle generazioni che si sono succedute nei secoli.

Ecco, se io posso concludere con una parola, che mi sembra una parola chiave: voi siete quello che siete nella parrocchia di san Lorenzo, nella città di Roma, grazie a Cristo.

Cristo che vi ha fatto nei vostri antenati, e in voi stessi, vi ha fatto vivere la sua vita, irradiare questa vita, trasmetterla. E' lui che ci ha dato questa dimensione nuova della nostra umanità, delle persone umane, della società, della storia. lui. Oggi, se guardiamo al passato e al futuro, e vediamo le nuove generazioni, i vostri figli, i giovani, allora guardiamo sempre con la stessa speranza che viene da Cristo. Perché, come ha detto il profeta, lui è Padre dei futuri secoli.

E lo è per la generazione del diacono Lorenzo, di san Lorenzo; per la generazione di quelli che nel VI secolo hanno partecipato alla fondazione della chiesa. E poi per sempre nuove generazioni. Era il padre del futuro secolo, portava verso il futuro, verso un futuro non solamente umano, non solo di questa terra, ma verso un futuro divino, il futuro della comunione, della Santissima Trinità, della partecipazione alla vita di tutti.

Questo costituisce il titolo più importante della vostra storia, della vostra storia personale e di quella delle vostre famiglie: famiglie molto note, prestigiose, nella storia di Roma.

E questo costituisce il titolo principale, il titolo trascendente, il titolo di Cristo, che vuol dire anche il titolo dei cristiani.

E qui noi ci incontriamo in un'altra dimensione, una dimensione divina, per cui siamo chiamati a vivere su questa terra per incontrare, per entrare in questo futuro secolo di cui Cristo è il Padre. Formulo auguri a tutti i presenti, a tutte le famiglie, a tutti i parrocchiani di san Lorenzo. Vi benedica Dio onnipotente.

[Ai rappresentanti del laicato] Vi ringrazio per il vostro contributo alla vita comunitaria di questa parrocchia e per il vostro apostolato. Riallacciandoci a quello che abbiamo già detto all'omelia durante la Messa, vi sono diverse forme di apostolato. Oggi siamo già consapevoli di quello che è l'apostolato dei laici, lo specifico, indispensabile, utile apostolato dei laici. Vi ringrazio per l'apostolato che fate qui insieme al vostro parroco collaborando con lui, e collaborando col Vescovo di Roma. Vi auguro di camminare sempre, sulle strade della vostra vita insieme con quella verità e grazia di Dio che ci fa crescere e servire Cristo; crescere verso i nostri destini definitivi. Ciascuno di noi ha i suoi destini, Iddio stesso. Vi benedica Dio onnipotente.


Data: 1988-01-17 Data estesa: Domenica 17 Gennaio 1988




Ai giornalisti dell'Associazione della stampa estera in Italia - Roma

Titolo: Indipendenza e rigore nel servizio alla verità

Testo:

Signor ministro, signori direttori generali, cari amici giornalisti.


1. A voi il mio cordiale saluto! Sono vivamente grato per le parole di benvenuto del vostro presidente e per l'invito a visitare la vostra sede, rivoltomi a nome dei giornalisti soci dell'Associazione della stampa estera in Italia.

Oggi, in occasione dell'incontro con i fedeli della vicina parrocchia di san Lorenzo in Lucina, mi è stata offerta l'opportunità di accettare il vostro invito, che si situa nel contesto del 75° anniversario della fondazione del vostro sodalizio, avvenuta nel lontano 1912. La mia presenza qui, nella vostra sede, vuole essere soprattutto espressione di sincero apprezzamento per il lavoro, a cui dedicate le vostre energie.


2. Nel corso dei miei viaggi pastorali, ho voluto incontrarmi in diverse parti del mondo con i vostri colleghi e con quelli tra voi, che in più d'una occasione hanno condiviso con me le fatiche dei trasferimenti. In tali circostanze ho manifestato la mia stima per tutte le dimensioni del complesso fenomeno della comunicazione sociale, il cui nucleo centrale consiste sempre, in definitiva, nella trasmissione di valori e di informazioni tra voi, giornalisti, e i destinatari dei mezzi in cui operate.

La complessità tecnica delle trasmissioni e della riproduzione di immagini non può nascondere il fatto essenziale della comunicazione: un rapporto in due direzioni, tra l'operatore dell'opinione pubblica e il pubblico al quale egli si dirige. Parlando a un gruppo di vostri colleghi, ho avuto occasione di dir loro che i giornalisti "come comunicatori, debbono ascoltare oltre che parlare".

Ascoltare le esigenze e le necessità della gente; ascoltare soprattutto la voce con la quale si manifesta la dignità di ogni essere umano, di ogni donna, di ogni uomo, di ogni bambino in qualsiasi circostanza della vita. Il giornalismo, testimone dell'attività quotidiana dell'uomo, non può trascurare di testimoniare in favore della sua originaria dignità, non può separare l'uomo dalla dignità che gli è propria. Il giornalismo che non ascolta l'uomo, finirà per disrezzarlo.

"Ascoltare" l'uomo è rispettarlo nell'affrontarne i problemi individuali e sociali. E inoltre promuoverne l'educazione e il riposo.

Ma è soprattutto fornirgli, mediante la vostra attività, un'informazione, che sia al di là d'interessi personali o di parte, un'informazione che, essendo indipendente, non si piega a concezioni ideologiche o a compromessi di potere. L'uomo che ha scelto la professione d'informare, deve cercare appassionatamente la verità per se stessa, perché amarla in funzione d'altro sarebbe già un rinunciare ad essa.

Su questa base di indipendenza e di rigore nel servizio alla verità il vostro lavoro può rendere un contributo inestimabile alla società. La società ha bisogno d'informazione vera e, entro i limiti della giustizia e della carità, completa. E voi siete i responsabili a cui spetta di offrirgliela.


3. Conosco almeno alcuni dei problemi che voi incontrate nella vostra quotidiana fatica.

Voi sentite la pressione del potere - nelle sue distinte forme ideologiche o economiche - che vi si avvicina per condizionare le vostre informazioni. Dovete lavorare abitualmente - forse come nessun altro professionista - entro limiti di tempo piuttosto ristretti. A volte vi viene chiesto di scrivere su argomenti o temi lontani o addirittura contrari ai vostri principi. Spesso, le esigenze di lavoro vi tengono lontani dalla vostra famiglia e dalla vostra casa, e siete sottoposti a frequenti cambi di residenza, passando da un paese all'altro.

Come non ricordare, di fronte a tali situazioni, che voi siete più importanti del vostro lavoro? La vostra personale dignità umana è superiore a un "successo" intravvisto o a una promozione promessa. Se vi lasciate dominare da una dinamica puramente "professionalistica", la vostra vita si rivelerà "eccentrica" a se stessa, e la vostra intimità personale risulterà invasa dal vuoto. Il prodotto del vostro lavoro favorisce negli altri il riposo e la distensione. Non è dunque giusto che coltiviate anche voi, nella vostra vita, uno spazio per voi stessi, per le vostre famiglie, per quel clima di serenità che facilita all'uomo l'apertura alla trascendenza e l'ascolto della voce di Dio? La Chiesa - l'ho detto ai vostri colleghi in varie occasioni - sta dalla vostra parte. Siate cristiani o no, nella Chiesa troverete sempre la giusta stima per il vostro lavoro e il riconoscimento della libertà di stampa. La Chiesa, pero, va ancora più in là perché, accanto ai diritti, sostiene l'esistenza di doveri. Il dovere della verità. Il dovere dell'indipendenza dalle manipolazioni, che distorcono la verità. Il dovere di rispettare l'uomo, ogni uomo, in ogni luogo, nella sua dignità di figlio di Dio.

Cari giornalisti della stampa estera, vi ringrazio ancora per l'invito che mi avete rivolto in questa ricorrenza anniversaria. Approfitto dell'occasione per chiedervi di portare alle vostre famiglie un saluto speciale del Papa. E rivolgo anche un saluto ai vostri collaboratori in questa sede, alle persone responsabili dei servizi postali e telefonici, che tanto agevolano il vostro lavoro quotidiano. A tutti il mio saluto più cordiale unito ad una particolare preghiera a Dio per voi e per i vostri cari.

[Al termine del discorso il Santo Padre ha aggiunto:] Ho parlato della vostra indipendenza, ma per dire la verità ho parlato lungo tutto il testo della vostra e della nostra umana dipendenza. C'è una dipendenza che ci fa onore, la dipendenza che ci costituisce come uomini, come persone: e questa è la dipendenza dalla verità. L'uomo nella sua dimensione personale viene costituito appunto da questa dipendenza e grazie a questa dipendenza dalla verità è indipendente. Non può essere indipendente altrimenti.

Questa piccola spiegazione dei termini è utile per non lasciare, come dire, una eventuale contraddizione. Si, c'è qualche contraddizione, ma di superficie, nel profondo c'è una logica, una logica della nostra esistenza umana, della nostra dignità umana, della nostra personalità umana.

Questa, la prima osservazione per completare il discorso. Ma poi c'è un altro allegato, più circostanziale. Quando ho saputo che voi celebrate la ricorrenza dei 75 anni ho pensato subito a questa stessa ricorrenza nella vita degli ecclesiastici, perché questi 75 anni sono famosi anche in Vaticano. La vostra presidente ha detto che il Vaticano è una realtà un po complessa. Si, io devo vivere in questa complessità. Ma uno degli elementi di questa complessità del Vaticano, ma non solamente del Vaticano, è il 75°, perché 75 vuol dire l'anno in cui il Vescovo, anche il parroco, deve presentare all'istanza superiore la disponibilità a rinunciare al suo compito, alla sua funzione.

Non viene automaticamente messo in pensione, come si dice nel linguaggio più professionale, civile, amministrativo, ma deve presentare la sua disponibilità. Ecco io non vorrei fare un paragone fra la situazione che esiste in Vaticano e quella che esiste nella vostra Associazione. Sono convinto che questo 75° anniversario non deve servire a rinunciare. A rinunciare a che cosa? Ad essere giornalisti? A rinunciare a costituire questa Associazione? A rinunciare a fare giornalismo? Tutto questo è impossibile. Allora, lo dico per tranquillizzare la mia coscienza e forse anche la coscienza di voi tutti e, soprattutto, della vostra presidente, nessuna paura, niente paura per i 75 anni. Se in Vaticano c'è qualche paura, nessuna in questa vostra Associazione.

A me piace incontrare i giornalisti sull'aereo. Poi escono cose diverse e preferisco non leggere tutto. Noi tutti siamo dipendenti dalla verità ma, d'altra parte, siamo condizionati, anche esternamente, dalla società, ma poi interiormente. Naturalmente, tra quello che è la verità e quello che uno pensa che sia la verità ci sono piccoli spazi vuoti, qualche divergenza, forse anche qualche contraddizione. Ma non dobbiamo meravigliarci troppo.

Allora mi viene alla memoria la parola di Aristotele, molte volte ripetuta nella storia della filosofia, che affermava che la prima condizione per conoscere, per la scienza, anzi per la filosofia, è quella di meravigliarsi, è l'ammirazione. La realtà deve creare ammirazione. Auguro a voi anche questa ammirazione.

Voi non siete scienziati, ma siete tutti servitori della informazione, cioè della conoscenza. La vostra professione, la vostra vocazione, possiamo dire, si trova lungo la strada della conoscenza umana. Dovete conoscere voi per primi e poi far conoscere agli altri: e qui subentra il problema della verità da comunicare. Qui entra di nuovo il problema della responsabilità, responsabilità per la comunicazione. Vi auguro questa disponibilità, questa apertura spirituale per essere capaci di ammirare tutto ciò che è buono, che è vero, che è bello, tutto ciò che vi circonda nel mondo, soprattutto nella creazione di Dio, ma poi anche nelle opere umane. Ci sono tante cose da ammirare. Certo sono piuttosto i poeti a trasmettere agli ascoltatori, ai lettori, questa dimensione, questo aspetto della realtà, ma penso che ognuno di voi deve essere un po' poeta. Una vocazione, "anthropos poietikos".

Grazie ancora una volta. Auguro tutto il bene per le vostre famiglie che non sono venute.


Data: 1988-01-17 Data estesa: Domenica 17 Gennaio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)