GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della Messa a Melo (Uruguay)

Omelia della Messa a Melo (Uruguay)

Titolo: Spirito di sacrificio, collaborazione, solidarietà per la realizzazione di una "civiltà del lavoro"

Amatissimi fratelli e sorelle, sia lodato Gesù Cristo!


1. Sia lodato Gesù Cristo in questa regione orientale dell'Uruguay, in cui vivono e lavorano tanti uomini e donne che conservano nei loro cuori, come in un sacro reliquiario, il tesoro della loro fede cattolica. Dio benedica le vostre famiglie cristiane, affinché siano scuole di virtù e di lavoro dove regnino l'amore e la pace.

Saluto il signor Presidente della Repubblica e le autorità. Saluto tutti i fedeli della diocesi di Melo, iniziando dal loro pastore che ringrazio vivamente per le cordiali parole di benvenuto che mi ha rivolto.

Saluto inoltre gli altri Arcivescovi e Vescovi qui presenti. Il mio saluto va ugualmente ai pastori e ai fedeli delle vicine diocesi del Brasile che si sono unite con gioia ai fratelli uruguayani per accogliere il Papa.

E' con immenso piacere che mi trovo qui tra voi per celebrare insieme la fede in Cristo. Non voglio annunciarvi altro che Cristo Redentore; Gesù Cristo, il Figlio di Dio, che ha lavorato, con le sue mani, per insegnarci come dobbiamo comportarci nel nostro sforzo per costruire in modo solidale un mondo migliore.


2. Possiamo con l'aiuto di Dio imparare a conoscere più e meglio la vita di lavoro di Cristo, "il figlio del carpentiere" (Mt 13,5) che trascorse la maggior parte della sua vita terrena condividendo con i suoi fratelli uomini la vita di tutti i giorni e vivendo i suoi anni come un lavoratore.

Non è forse vero che, quando ascoltiamo il Signore, ci rendiamo conto che ci sta parlando di ciò che lui e gli uomini del suo tempo hanno vissuto? Gesù doveva conoscere perfettamente il lavoro dei campi. Per esempio, espone nei dettagli le cure di cui ha bisogno un vigneto (cfr. Jn 15,1-6) e parla della diversa sorte che avranno i semi di grano sparsi sul terreno dal seminatore (cfr. Lc 8,5-8). Gesù è felice di contemplare i campi dorati, pronti per la mietitura (cfr. Jn 4,35) e si intenerisce di fronte all'amore con cui un buon pastore porta sulle spalle la pecora che aveva smarrito (cfr. Lc 15,4-6).

Nei suoi insegnamenti il Figlio di Dio prende spunto dal lavoro dell'uomo e della donna per farci conoscere le verità del Regno dei cieli. Gesù sa come una donna impasta il lievito e la farina per fare il pane (cfr. Mt 13,33); come si rammenda un abito rotto (cfr. Lc 5,36); come contratta un cercatore di perle (cfr. Mt 13,45-46) e anche in quale modo si può gestire il proprio denaro (cfr. Mt 25,14-17). Al tempo stesso il Signore non ignora la sorte dei disoccupati che attendono un contratto di lavoro (cfr. Mt 20,1s).


3. L'impegno umano, la laboriosità, la creatività, sono temi già presenti agli inizi della rivelazione divina. "La Chiesa - come ho sottolineato nell'enciclica "Laborem Exercens" - trova già nelle prime pagine della Genesi la fonte della sua convinzione che il lavoro costituisce una fondamentale dimensione dell'esistenza umana sulla terra" ("Laborem Excercens", 4) in virtù del comando di dominare la terra dato da Dio all'umanità.

E' vero che il lavoro richiede impegno e causa fatica e stanchezza, che sono conseguenze del disordine creato dal peccato, ma, essendo stato assunto e praticato da Cristo, che lo ha così trasformato in realtà redenta e redentrice, è tornato ad essere una benedizione di Dio.

"Mediante il suo lavoro (l'uomo) partecipa all'opera del Creatore e a misura delle proprie possibilità, in un certo senso, continua a svilupparla e la completa, avanzando sempre più nella scoperta delle risorse e dei valori racchiusi in tutto quanto il creato" (LE 25).

Inoltre, il lavoro non è qualcosa che l'uomo deve realizzare solo per guadagnarsi la vita; è una dimensione umana che può e deve essere santificata, affinché gli uomini portino a compimento la loro vocazione di creature fatte a immagine e somiglianza di Dio.

Attraverso il lavoro, la persona si perfeziona, si procura i mezzi necessari per mantenere la sua famiglia, e contribuisce al progresso della società in cui vive. Ogni lavoro è la testimonianza della dignità dell'uomo, del suo dominio sulla creazione, ed ogni lavoro onesto è degno di stima.

Gesù Cristo, nostro Signore, è anche la nostra guida e il nostro modello. "Ha fatto bene ogni cosa" (Mc 7,37) diceva di lui la gente. Ciascuno di noi - accettando con fede la nostra condizione di figli di Dio in Cristo - deve impegnarsi a seguire il suo esempio nel lavoro quotidiano. Come si legge nell'Antico Testamento, non si portano a Dio offerte difettose (Lv 3,1 Lv 3,6 Lv 3,23 Lv 3,28). I cristiani saranno veramente "il sale della terra" e "la luce del mondo" (Mt 5,13-14), se sapranno dare al loro lavoro la qualità umana di un'opera ben fatta, con l'amore di Dio e con lo spirito di servizio verso il prossimo.


4. L'obbligo di lavorare, imposto da Dio all'uomo, all'inizio della creazione, come un dovere, si adempie solo se è assicurato il corrispondente diritto al lavoro. L'importanza di tale problema mi ha portato ad affermare che "il lavoro è la chiave essenziale di tutta la questione sociale" (LE 3), e nella mia ultima enciclica ho nuovamente manifestato la preoccupazione sociale della Chiesa per l'autentico sviluppo dell'uomo e della società. Con la sua dottrina sociale, la Chiesa "cerca così di guidare gli uomini a rispondere, anche con l'ausilio della riflessione razionale e delle scienze umane, alla loro vocazione di costruttori responsabili della società terrena" (SRS 1).

Per quanto riguarda il primato del lavoro nella soluzione dei problemi sociali, la Chiesa ritiene che: "Se il sistema dei rapporti di lavoro, posto in atto dai protagonisti diretti, lavoratori e datori di lavoro - con l'indispensabile sostegno dei pubblici poteri, riesce a dare origine ad una civiltà del lavoro, si produrrà allora, nel modo di vedere dei popoli e perfino nelle basi istituzionali e politiche, una pacifica e profonda rivoluzione" (Congr. Pro Doctr. Fidei "Libertatis Conscientia", 83).


5. Creare una "civiltà del lavoro" è un compito che richiede la solidale partecipazione di tutta la società. Per questo desidero rivolgere un appello a tutti i fedeli cattolici e tutti gli uruguayani di buona volontà.

Quelli che possiedono la terra e altre categorie di beni, devono tener presente che su tutta la proprietà privata "grava un'ipoteca sociale" che li obbliga a fare si che le loro proprietà portino beneficio alla collettività.

Il datore di lavoro è moralmente obbligato a controllare che i suoi impiegati godano buone condizioni di lavoro e che ciascuno abbia un alloggio adeguato alla sua famiglia. Al tempo stesso deve preoccuparsi che il salario sia sufficiente a condurre una vita decorosa e, se possibile, di aumentarlo. Deve inoltre preoccuparsi che i lavoratori dei campi abbiano condizioni di vita tali da impedire l'emigrazione verso le città, causa di gravi problemi umani e sociali.


6. Nell'ambito di questo vasto mondo del lavoro, non voglio trascurare quanti si dedicano all'attività imprenditoriale, ma ricordare loro quanto ho scritto nell'enciclica "Laborem Exercens": "La priorità del lavoro sul capitale si trasforma in un dovere di giustizia... nell'anteporre il bene dei lavoratori all'aumento dei profitti. Hanno l'obbligo morale di non mantenere capitali improduttivi e, negli investimenti, di mirare prima di tutto al bene comune. Ciò esige che si cerchino prioritariamente il consolidamento o la creazione di nuovi posti di lavoro per la produzione di beni realmente utili" (Congr. Pro Doctr. Fidei "Libertatis Conscietia", 87).


7. Sono anche molto vicino, con la parola e con il cuore, a quanti si dedicano all'attività sindacale. La Chiesa ha sempre difeso il diritto di associazione a tutti i livelli della convivenza, perché esso è una conseguenza della natura sociale e comunitaria dell'uomo. L'associazione per fini lavorativi, nei sindacati, non solo è giusta, ma - sempre nel rispetto dei principi della giustizia - è anche utile per raggiungere l'armonia sociale. Meritano appoggio e sostegno incondizionato tutti quelli che, con zelo e sacrificio, si impegnano per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori. Come sapete, "La dottrina sociale cattolica non ritiene che i sindacati costituiscano solamente il riflesso della struttura "di classe" della società e che siano i promotori della lotta di classe, che inevitabilmente reggerebbe la vita sociale. Si, essi sono promotori della lotta per la giustizia sociale, per i giusti diritti degli uomini del lavoro a seconda delle singole professioni... ma questa non è una lotta "contro" gli altri.

...I giusti sforzi per assicurare i diritti dei lavoratori, che sono uniti dalla stessa professione, devono sempre tener conto delle limitazioni che impone la situazione economica generale del Paese. Le richieste sindacali non possono trasformarsi in una specie di "egoismo" di gruppo o di classe, benché esse possano e debbano tendere pure a correggere - per riguardo al bene comune di tutta la società - anche tutto ciò che è difettoso nel sistema di proprietà dei mezzi di produzione o nel modo di gestirli e di disporne" (LE 20).


8. E infine, vorrei sottolineare quanto sia importante dare valore sociale alle funzioni che, con zelo e dedizione, le madri di famiglia svolgono nelle loro case.

Con questo voglio manifestare il riconoscimento e l'omaggio che si devono alla donna uruguayana. Ella ha rivestito un ruolo provvidenziale e inconfutabile nel conservare la fede e nel custodire il carattere proprio dello spirito cristiano in America Latina. E' giusto che anche il suo lavoro sia apprezzato come merita; e se tutti i lavori sono degni davanti a Dio e alla società, quello che ogni giorno svolge una madre ha una trascendenza superiore. "Tornerà ad onore della società - come ho sottolineato nella mia enciclica sul lavoro umano - rendere possibile alla madre - senza ostacolarne la libertà, senza discriminazione psicologica o pratica, senza penalizzazione nei confronti delle sue compagne - di dedicarsi alla cura e all'educazione dei figli... La vera promozione della donna esige che il lavoro sia strutturato in modo tale che essa non debba pagare la sua promozione con l'abbandono della propria specificità e a danno della famiglia, nella quale ha come madre un ruolo insostituibile" (LE 19).


9. Costruire una "civiltà del lavoro" è un imperativo etico voluto dalla vocazione soprannaturale dell'uomo, e, al tempo stesso è una sfida alla sua capacità creatrice. La Chiesa non può farsi strappare da nessuna ideologia o corrente politica la bandiera della giustizia, che è esigenza del Vangelo. D'altra parte, "La dottrina sociale della Chiesa non propone alcun sistema (economico, sociale o politico) particolare, ma alla luce dei suoi principi fondamentali, consente di vedere, anzitutto, in quale misura i sistemi esistenti sono conformi o meno alle esigenze della dignita umana" (Congr. Pro Doctr. Fidei "Libertatis Conscientia", 74).

La costruzione di una "civiltà del lavoro" comporta inoltre un invito al sereno dialogo fra coloro che hanno opinioni diverse sulle possibili soluzioni dei problemi che bisogna risolvere. Per loro non vi è alcuna soluzione e nessuno ha il diritto di definire cattolica la sua soluzione, dato che i principi insegnati dalla Chiesa ammettono una pluralità di applicazioni pratiche (cfr. SRS 41).

Bisogna anche dire che nessuna ideologia può arrogarsi il monopolio delle soluzioni ai problemi sociali. La "civiltà del lavoro" esige l'accurata analisi dei problemi e la disponibilità ad accogliere la verità; richiede, al tempo stesso, di mettere da parte le ambizioni individuali o di gruppo, per guardare, innanzi tutto, al bene comune. Una "civiltà del lavoro" richiede spirito di sacrificio, spirito di collaborazione e solidarietà. La sua realizzazione esige soprattutto un impegno educativo delle giovani generazioni nelle virtù del lavoro e nella pratica della spiritualità che è loro propria (cfr. LE 24-27).

Costruire una "civiltà del lavoro" è, infine, un ideale alla portata di una società come la vostra, profondamente radicata nella sua storica vocazione cristiana e con un profondo senso della giustizia e dell'uguaglianza fra gli uomini.


10. Cari fratelli e sorelle: a conclusione del nostro incontro, vi invito nuovamente a far riferimento a Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio, il "figlio del carpentiere". Insieme alla santissima Vergine, sua madre, e con san Giuseppe, Gesù è stato parte di quel focolare che è modello per tutte le famiglie cristiane. Ha santificato la nobile realtà del lavoro umano, svolgendo, per la maggior parte della sua vita, l'umile lavoro di un artigiano. In tal modo Gesù ci ha insegnato a valorizzare il lavoro in funzione dell'amore con cui lo svolgiamo.

Costruite dunque, la "civiltà del lavoro", operando in ogni momento e in ogni luogo con amore, secondo giustizia e carità, con generosità e senza mai perdere di vista la luce eterna che illumina il nostro cammino sulla terra. Affido a voi tutti qui riuniti, venuti dai dipartimenti di Cerro Largo e Treinta y Très, da luoghi lontani e dal Brasile, a san Giuseppe lavoratore, sposo della Vergine santissima, affinché sotto la sua protezione otteniate la gloria eterna, dopo aver lavorato per gli uomini, vostri fratelli. Con affetto imparto a voi tutti la benedizione apostolica.


Data: 1988-05-08 Data estesa: Domenica 8 Maggio 1988




Recita del Regina Coeli in volo per Montevideo (Uruguay)

Titolo: La piccola immagine della Vergine dei Trentatré esprime la presenza della Madre di Dio

Testo:


1. "Regina del cielo rallegrati, alleluia".

In questa domenica del mese di maggio, dedicato alla Vergine Maria, in pieno periodo pasquale, vi invito, cari fratelli e sorelle, a salutare la Madre di Cristo, nostro Redentore, che è risorto dal sepolcro.

Il pellegrinaggio spirituale che ho compiuto ogni domenica, durante quest'anno mariano, nei diversi luoghi di venerazione e di culto alla Vergine Maria, sparsi in tutto il mondo, mi guida oggi al Santuario della Vergine dei Trentatrè, patrona dell'Uruguay, nella città di Florida, dinanzi alla cui immagine mi inginocchiero questa sera, come tappa gioiosa e obbligata dell'itinerario di questo viaggio pastorale.

Li contemplero la santa immagine che richiama l'attenzione di tutti gli uruguayani e infonde dolcezza e bontà; celebrero l'Eucaristia e ordinero nuovi sacerdoti per la Chiesa di Dio.

Quella piccola scultura della Vergine Immacolata, esprime in modo meraviglioso la presenza della Madre di Dio in queste terre dell'Uruguay.

Nel suo umile silenzio questa immagine ci mostra il frutto più eminente della redenzione, Maria, nella quale non c'è macchia alcuna di peccato.

Contemplando la Vergine purissima, cantiamo la vittoria di Cristo risorto sul peccato e sulla morte.


2. "Rallegrati, perché il Signore che hai meritato di portare è risorto, secondo la sua parola, alleluia".

L'annuncio della risurrezione del Signore, messaggio culminante del Vangelo, è giunto in queste terre unito alla presenza amorosa della Madre del Risorto.

In prossimità del V Centenario dell'Evangelizzazione dei popoli dell'America, la Vergine Maria, Regina degli apostoli, che con la sua fede e con il suo esempio di vita precede gli araldi del Vangelo, ci fa sentire la fratellanza di tutti i popoli che in queste terre benedette hanno accolto la Parola e il Battesimo di Cristo. Maria è madre e patrona di tutti loro; riunisce tutti in una grande famiglia per la quale desideriamo questa unità latinoamericana che affonda le sue radici nel messaggio cristiano.

A nostra Signora, la Vergine dei Trentatrè, patrona dell'Uruguay, con una supplica che vuole essere la voce di tutte le popolazioni dell'America Latina, rivolgiamo il saluto pasquale che riempie i nostri cuori di gioia per il trionfo del suo Figlio risorto, vittorioso sul peccato e sulla morte, che ci ha aperto le porte del cielo.


Data: 1988-05-08 Data estesa: Domenica 8 Maggio 1988




Con i Vescovi uruguayani - Montevideo (Uruguay)

Titolo: Non basta che si conservi la fede di alcuni: è la vita del paese che deve conformarsi ai principi cristiani

Testo:

Carissimi fratelli nell'episcopato.


1. Il mio saluto a tutti voi, in questa sede della Nunziatura apostolica, che ci vede gioiosamente riuniti in questo giorno, vuole esprimere l'"affetto nella carità" che unisce il successore di Pietro ai pastori della Chiesa in Uruguay: auguro a voi, con parole dell'apostolo san Paolo "grazia, misericordia e pace da Dio Padre e Cristo Gesù" (1Tm 1,2).

Sapete che nei miei viaggi pastorali attendo con particolare gioia l'incontro con i miei fratelli Vescovi. L'anno scorso, data la brevità del mio passaggio da Montevideo, non è stato possibile stare con voi tutto il tempo che avrei voluto. Ora ringrazio Dio perché mi concede di poter condividere, in questi momenti di comunione profonda, la sollecitudine pastorale con la quale vi occupate della Chiesa che è pellegrina in Uruguay. Voglio ricordare, in primo luogo, coloro che si sono fatti carico degli inizi dell'evangelizzazione su questa sponda del Rio della Plata. Il primo Vicario apostolico dell'Uruguay, Damaso Antonio de Larranaga, i primi Vescovi di Montevideo, Jacinto Vera, Tomàs Camacho e Alfredo Viola e il primo Arcivescovo di questa provincia ecclesiastica, monsignor Mariano Soler, illustre pensatore e maestro, sono figure che hanno posto le basi sulle quali si è fondato il successivo lavoro di cristianizzazione.

Come obiettivo generale della Conferenza episcopale uruguayana vi siete proposti di "accompagnare evangelicamente l'uomo e il popolo uruguayano", affinché tutta la sua vita presupponga un incontro con Cristo. Per raggiungere una mèta così ambiziosa, dovete camminare innanzi, come pastori del gregge, guidando il Popolo di Dio, aprendogli cammini di luce e di verità.

Voglio ora invitarvi a meditare con me alcuni passi della prima lettera a Timoteo, piena di consigli e di esortazioni pastorali, che hanno la perenne attualità della rivelazione divina.


2. "Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero" (1Tm 1,12). così si esprime l'apostolo Paolo riconoscendo che, insieme al ministero, ha ricevuto dal Signore una grande responsabilità. E continua più avanti: "La grazia del Signore nostro ha sovrabbondato - ha portato frutto - insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù" (1Tm 1,14).

Fratelli miei, ognuno di noi deve cercare anche che porti frutto il carisma ricevuto "con l'imposizione delle mani" (1Tm 4,14) - "la pienezza del sacramento dell'ordine" (LG 21) - in modo che possiamo ascoltare quelle parole: "Servo buono e fedele... prendi parte alla gioia del tuo padrone" (Mt 25,21). E' questo - lo sapete bene - l'unica cosa che può importarci, "perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono" (1Tm 4,10).


3. "Ti raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche preghiere e ringraziamenti" (1Tm 2,1).

Il primo compito del Vescovo per far si che porti frutto la grazia di Dio deve essere lo stimolo della pietà: la sua personale e quella di tutti coloro che da lui dipendono. "Esercitati nella pietà - dice san Paolo a Timoteo - perché l'esercizio fisico è utile a poco, mentre la pietà è utile a tutto, portando con sè la promessa della vita presente come di quella futura" (1Tm 4,7-8). E' la vita di preghiera quella che mantiene acceso il vostro entusiasmo di servizio, per adempiere con fedeltà al mandato di Cristo di pascere le sue pecore (cfr. Jn 21,17). Se le ansie di una più grande efficacia pastorale non fossero basate su una personale e continua unione con Dio, non sarebbero frutto dell'autentico zelo apostolico. Oggi come ieri si compiono le parole del Signore: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (cfr. Jn 15,5).

Quest'unione con Cristo si rende evidente in modo particolare nella celebrazione della sacra liturgia, che il Vescovo compie con i membri del presbiterio e con la partecipazione del Popolo di Dio che gli è stato affidato.

"Per mezzo della liturgia, si arriva oggi al mistero della salvezza. Quando il Vescovo offre il sacrificio eucaristico e celebra i sacramenti trasmette quello che lui stesso ha ricevuto dalla Tradizione che viene dal Signore (cfr. 1Co 11,25) e costruisce in questo modo la Chiesa" ("Allocutio ad Episcopos Italiae liturgico conventui participantes",3, die 12 febr. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 415).

E' dunque necessario che siate fortemente convinti dell'importanza di queste celebrazioni per la vita cristiana dei fedeli. Come "regolatori, promotori e custodi di tutta la vita liturgica" (CD 15), nella Chiesa che vi è stata affidata, dovete vigilare perché si osservino con diligenza le norme e direttive che sono in relazione con la sua celebrazione. Una errata interpretazione della spontaneità non deve far si che si alteri il senso delle azioni liturgiche, e in concreto, della santa Messa.

Con immensa gioia ho accolto la vostra iniziativa di dichiarare quest'anno 1988 anno eucaristico. Chiedo a Dio che questa commemorazione porti frutto in un crescente e rinnovato amore di tutti verso Gesù-Eucaristia.


4. "Questo è l'avvertimento che ti do, figlio mio Timoteo, in accordo con le profezie che sono state fatte a tuo riguardo, perchè, fondato su di esse, tu combatta la buona battaglia con fede e buona coscienza" (1Tm 18,19).

Uniti a Cristo per mezzo della preghiera e della vita liturgica, dobbiamo iniziare questa "battaglia" a cui l'apostolo incoraggia Timoteo. Si tratta del "combattimento condotto dalla Chiesa unita alla Madre di Dio come a suo modello, "contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male"" (Ep 6,12). ("Epistula ad Sacerdotes redeunte Feria V in cena Domini" 7, die 25 mar. 1988: ,XI, 1 [1988] 730). Una lotta spirituale che si scatena all'interno di ogni uomo, ma che ha un riflesso esterno e riguarda la complessa realtà sociale.

Molto felicemente avete detto nel vostro documento congiunto, che si tratta non solo di "accompagnare evangelicamente l'uomo" ma anche "il popolo uruguayano". La nuova tappa di evangelizzazione di ogni fedele cristiano deve avere riflessi in tutta la vita sociale, impregnando tutti gli aspetti della cultura. Non basta far si che si conservi la fede di alcuni: bisogna - lo sapete bene - che la vita stessa del Paese in tutte le sue manifestazioni sia conforme ai principi evangelici. Una cultura trasformata così, senza annullare la legittima pluralità e libertà, creerà un ambiente in cui "la visione cristiana della realtà sia presente fin dai primi momenti in cui la persona umana comincia a porsi il senso della vita e della storia" ("Allocutio ad Uruquariae episcopos oblata "ad limina" visitationis coram admissos", 2, die 14 ian 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 92). Si tratta di una mèta ambiziosa che riuscirete a raggiungere nella misura in cui, fondati sulla preghiera e sulla grazia divina, non rifuggiate di mettere tutto il vostro impegno con tenacia e pazienza al servizio incondizionato del vostro popolo fedele.


5. Ascoltiamo di nuovo l'Apostolo che raccomanda al suo discepolo tanto amato: "Fino al mio arrivo, dedicati alla lettura, all'esortazione e all'insegnamento" (1Tm 4,13). "Abbi premura di queste cose, dedicati ad esse interamente perché tutti vedano il tuo progresso" (1Tm 4,15).

Il cammino che poco a poco andrà superando le difficoltà che trova l'evangelizzazione, che riuscirà a restaurare la civiltà dell'amore e a condurre tutti alla pienezza della gioia del Regno dei cieli, inizia con la propria santità - attraverso la preghiera e la liturgia - ma si fa strada e si consolida anche con la dedizione "alla lettura, alla esortazione e all'insegnamento" (1Tm 4,13).

Questo compito di formazione permanente - tanto proprio dell'ufficio pastorale - riveste un'importanza capitale nella "nuova tappa di evangelizzazione" della vostra patria.

Si tratta di un compito di formazione che deve raggiungere tutti i fedeli senza eccezione e che si deve realizzare utilizzando tutti i mezzi a vostra disposizione in piena sintonia con la fede della Chiesa.


6. "I presbiteri..., siano trattati con doppio onore, soprattutto quelli che si affaticano nella predicazione e nell'insegnamento" (1Tm 5,17), continua dicendo san Paolo a Timoteo. So che i presbiteri - "aiuto e strumento dell'ordine episcopale" (LG 28) - sono obiettivo prioritario della vostra preoccupazione pastorale. Una preoccupazione che include anche gli aspetti materiali (cfr. 1Tm 5,23) ma che, soprattutto, vi indurrà a stimolarli nella loro missione di offrire a tutti i fedeli i mezzi necessari per realizzare il "disegno di Dio manifestato nella fede" (1Tm 1,4): "che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4).

Ricordate loro innanzitutto che devono manifestarsi uniti a Gesù Cristo attraverso la preghiera e i sacramenti, particolarmente attraverso la celebrazione dell'Eucaristia. Consigliate loro di accostarsi frequentemente al sacramento della Riconciliazione perché facciano crescere in loro la grazia che rende accetti agli occhi di Dio e al tempo stesso intensifica la propria intimità con Gesù Cristo il Redentore, al cui sacerdozio partecipano. Preoccupatevi allo stesso tempo, che diano priorità, tra i loro ineludibili compiti, alla predicazione della Parola e alla celebrazione dei sacramenti.

Convinti realmente che compete ai laici santificare le strutture temporali, dovete infondere nella coscienza dei presbiteri l'obbligo, che la propria identità impone loro, di non disperdere il ministero autentico in attività che non siano specifiche della loro condizione. Manifesteranno la loro unità con tutta la Chiesa insegnando la verità della fede senza riduzionismi nè interpretazioni dubbie. Anche qui risuonano attuali le parole di san Paolo quando dice a Timoteo: "Ti raccomandai... perché tu invitassi alcuni a non insegnare dottrine diverse... che servono più a vane discussioni che al disegno divino manifestato nella fede" (1Tm 1,3-4). Costituisce un attentato all'unità soprattutto quella posizione teologica deviata che pone "l'accento in maniera unilaterale sulla liberazione dalle schiavitù di ordine terrestre e temporale" (Congr. Pro Doctr. Fidei "Libertatis Nuntius", Introd.), dimenticando che "la liberazione è innanzitutto e principalmente liberazione dalla schiavitù radicale del peccato" (Congr. Pro Doctr. Fidei "Libertatis Nuntius", introd.). Ricordate che "la Chiesa dei poveri significa la preferenza, senza esclusivismi, data ai poveri intesi in tutte le forme della miseria umana, perché essi sono i preferiti di Dio" (Congr. Pro Doctr. Fidei "Libertatis Nuntius", IX, 9).

Come ho già indicato nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis", "conviene sottolineare il ruolo preponderante che spetta ai laici, uomini e donne, come è stato ripetuto nella recente assemblea sinodale. A loro compete animare, con impegno cristiano, le realtà temporali e, in esse, mostrare di essere testimoni e operatori di pace e di giustizia" (SRS 47).

In questo modo, i figli della Chiesa metteranno "in opera - con lo stile personale e familiare della vita, con l'uso dei beni, con la partecipazione come cittadini, col contributo alle decisioni economiche e politiche e col proprio impegno nei piani nazionali e internazionali - le misure ispirate alla solidarietà e all'amore preferenziale per i poveri" (SRS 47).


7. Alla vostra preoccupazione pastorale per i presbiteri è molto unita la preoccupazione per l'incremento delle vocazioni sacerdotali e l'attenzione nella formazione dei seminaristi.

"Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno" avverte l'Apostolo nella lettera a Timoteo (1Tm 5,22). Il seminario deve essere oggetto speciale delle vostre cure. Il futuro progresso nella diffusione del Regno di Dio dipende grandissimamente dagli sforzi che dedicate a questo compito.

La preparazione dei candidati al sacerdozio "deve tendere allo scopo di formare veri pastori d'anime, sull'esempio di nostro Signore Gesù Cristo maestro, sacerdote e pastore" (OT 4).

"Il candidato deve essere irreprensibile" (Tt 1,6), ammonisce nuovamente san Paolo. La direzione spirituale personale deve favorire in loro un amore senza misura a Cristo e a sua madre e una grandissima ansia di associarsi profondamente all'opera della corredenzione. Gli studi filosofici e teologici esigono un corpo docente competente e in possesso di un orientamento dottrinale sicuro. Insieme a questo, la preparazione liturgica e pastorale completa la loro formazione e sviluppa nei loro cuori un amore particolare nei confronti del santo sacrificio dell'altare e una instancabile sollecitudine ad avvicinare tutti gli uomini a Dio.


8. La realtà che viviamo deve condurci a riprendere con rinnovate energie la pastorale della famiglia. Per quanto riguarda i giovani l'Apostolo scrive che "imparino a praticare la pietà verso quelli della propria famiglia..., che i giovani "si sposino, abbiano figli, governino la loro casa"" (1Tm 3,4-14).

Nel vostro Paese l'istituzione del matrimonio soffre, da anni, la piaga del divorzio. Si è indebolito il senso delle definitività dell'impegno coniugale, il che si traduce in numerosi casi di disgregazione familiare e di separazione dei coniugi, con penose conseguenze sui figli.

Non bisogna smettere di ricordare ai fedeli che "il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole" (GS 50). Gli sposi cristiani devono sapere che ogni amore autentico presuppone il sacrificio e il dolore e l'impegno definitivo. E' necessario stimolare la generosità nell'amore, senza timore dei figli che verranno, gli sposi cristiani sono resi forti e come consacrati da un sacramento speciale, con la cui virtù posseggono la grazia e i doni sufficienti per far crescere il proprio amore scambievole e portare cristianamente i pesi della famiglia.


9. "Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano" (1Tm 4,16).

Attraverso la catechesi iniziata dai padri all'interno delle famiglie e continuata successivamente in molteplici luoghi, il compito di formazione deve raggiungere tutti gli angoli del Paese.

L'urgenza imperiosa di estendere il raggio d'azione della catechesi impone la convenienza di aprirsi a tutte le iniziative che sorgano attorno a questo obiettivo. Le numerose attività parrocchiali e i diversi movimenti di apostolato che oggi fioriscono in Uruguay devono essere occasione perché si approfondisca la conoscenza della dottrina cristiana e la partecipazione ai sacramenti, stimolando anche la vita di preghiera e la crescita nelle virtù. La prima istruzione sui principi fondamentali della fede deve continuare nell'adolescenza, aiutando i giovani ad approfondire le basi della dottrina cattolica, in modo che possano affrontare con una ottica cristiana le responsabilità che la vita presenti loro.


10. Ricevere il sacramento della Confermazione fortifica nei cristiani la grazia che hanno ricevuto per prima nel Battesimo. Di fronte a concezioni laiciste nell'ambito sociale e culturale, c'è bisogno di cristiani che siano saldi nella fede (cfr. 1P 5,9); che, combattano "la buona battaglia" (1Tm 6,12) di cui ci parla san Paolo, decisi a identificarsi con Gesù Cristo e a impregnare la cultura dei principi e insegnamenti del cristianesimo. Tutti i battezzati debbono far giungere al culmine la loro iniziazione cristiana ricevendo questo sacramento.


11. Fratelli carissimi, "la grazia sia con voi" (1Tm 6,21). così conclude san Paolo la sua prima lettera a Timoteo, alla luce della quale abbiamo condotto queste considerazioni. In questo momento chiedo al Signore lo stesso per voi. Che non vi manchino i doni dello Spirito Santo per guidare il Popolo di Dio nell'Uruguay verso la casa del Padre che è nei cieli. Incarnate la figura del buon pastore, che "cammina innanzi alle pecore e loro lo seguono perché conoscono la sua voce" (cfr. Jn 10,14). Che la Vergine dei Trentatrè, patrona dell'Uruguay, vi accompagni nella vostra preoccupazione pastorale e vi fortifichi per consolidare e per portare al suo culmine l'opera realizzata finora.

A lei affido tutte le vostre preoccupazioni e compiti apostolici, e chiedo che, come lei, siate sempre docili allo Spirito Santo perché attraverso il vostro ministero la verità divina guidi sempre la Chiesa che è in Uruguay.


Data: 1988-05-08 Data estesa: Domenica 8 Maggio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della Messa a Melo (Uruguay)