GPII 1988 Insegnamenti - Il congedo all'aeroporto di Montevideo (Uruguay)

Il congedo all'aeroporto di Montevideo (Uruguay)

Titolo: "Uruguay, que seas muy feliz!"

Testo:

Signor Presidente della Repubblica, Eccellentissime autorità, Amati fratelli nell'episcopato, Carissimi amici dell'Uruguay.


1. A conclusione della mia visita pastorale nel vostro nobile Paese, che ho attraversato in questi giorni venendo direttamente a contatto con le diverse Chiese locali e incontrando gente di ogni settore e categoria sociale, devo riconoscere che siete realmente un popolo "di cuore": l'ho riscontrato in ogni luogo, vedendo il come riuscite, con il vostro affetto, a conquistare il cuore di chi viene a trovarvi. Porto come un indelebile ricordo di questo viaggio apostolico e non potro dimenticare le manifestazioni di religiosità e di entusiasmo cui ho assistito durante il mio itinerario evangelizzatore.

Grazie, popolo dell'Uruguay, per l'ospitalità che hai dato al Papa e per l'accoglienza che hai riservato alla sua parola di seminatore di speranza evangelica! So che quando parte un amico, voi avete l'usanza di salutarlo augurandogli il meglio: "Que seas muy feliz!" Voi lo augurate anche a questo pellegrino che ora si congeda, ed io contraccambio sinceramente con lo stesso augurio: "Uruguay, que seas muy feliz!" In questo momento, voglio ricordarvi, ancora una volta, che l'autentica felicità si raggiunge soltanto rimanendo vicini a Dio, che vi aspetta per colmarvi di tutti i suoi doni, soprattutto nell'Eucaristia. Che la celebrazione nello stadio "Centenario", dove vi ho impartito la benedizione con il Santissimo Sacramento, la sera stessa del mio arrivo, rappresenti per voi un memoriale perenne di quello che deve essere il vostro atteggiamento di cristiani: vivere con l'attenzione rivolta al Redentore e mettere in pratica la sua consegna di amare i fratelli, soprattutto i più poveri e bisognosi. Questo e niente altro deve essere il servizio diligente e accurato della Chiesa in Uruguay nel corso dell'anno eucaristico e sempre.


2. L'Uruguay sarà felice se le sue famiglie risponderanno affermativamente al disegno di Dio, aprendosi con generosità al dono della vita.

Come il vostro primo "procere" Josè Artigas, sognate tutti una nazione fiorente, libera e unita, che sia la famiglia di tutti in cui si vive la pace, il rispetto reciproco e la convivenza nella giustizia. Questo sogno non è un'utopia: dovete farlo diventare realtà, con la collaborazione e l'impegno di tutti; voi cristiani siete chiamati ad essere i primi in questo compito necessario e impellente.

Prima di lasciare la vostra patria, voglio nuovamente rivolgermi ai giovani che in questi giorni mi hanno fatto il dono della loro amicizia. Conto su di voi! Siate forti nella fede e siate testimoni di speranza e di generosità per costruire un mondo migliore. Proseguiamo uniti, pregando e dialogando, perché restiate fedeli al Signore, e siate costanti nella piena consapevolezza che la società nuova cui anelate non è opera facile; per costruirla bisogna superare molti ostacoli, soprattutto quelli che si annidano nel cuore dell'uomo. Ma, se mantenete viva la vostra speranza e il vostro impegno cristiano, avete anche la vittoria assicurata. Cristo è la vostra vittoria! Egli è l'amico che non delude mai.

Fra i molteplici e commoventi ricordi di questi giorni, mi accompagna quello dell'incontro con i rappresentanti del mondo della cultura, nell'Università Cattolica dell'Uruguay "Damaso Antonio Larranaga". Se il vostro Paese continua ad applicarsi con ogni cura perché la sua cultura sia ravvivata dai principi della fede cristiana, tradotti nella vita anzitutto dai figli della Chiesa, la sua felicità sarà assicurata.

Fate quanto vi è possibile perché il "Vangelo del lavoro" e "la civiltà dell'amore", temi della nostra riflessione, rispettivamente a Melo e a Salto, siano realtà.


3. La Chiesa dell'Uruguay, vale a dire ciascun membro insieme ai pastori, sarà autenticamente l'anima della società uruguayana se non desiste dal suo impegno per portare a termine la "nuova evangelizzazione" di cui ha bisogno e a cui è stata chiamata con tutti i Paesi dell'America Latina, in occasione del V Centenario, ormai prossimo, dell'arrivo del messaggio di Cristo in questo continente. Comincia anche a delinearsi all'orizzonte il grande Giubileo del terzo millennio del cristianesimo.

Entrambi gli avvenimenti richiedono una buona preparazione perché maturino frutti abbondanti: frutti di convivenza sociale più giusta e fraterna, frutti di vita cristiana più intensa e profonda, frutti di abbondanti vocazioni a servizio di Dio e della sua Chiesa.

A Florida ho affidato le vostre vite, le vostre famiglie e il vostro lavoro alla santissima Vergine, capo e guida dei Trentatrè e Madre della Regione orientale. In questo anno mariano, ella ci protegge in modo speciale. Lasciatevi guidare da Maria, Stella dell'Evangelizzazione, che indica sempre il cammino sicuro.


4. Grazie, signor Presidente, per tutte le attenzioni che mi ha rivolto e per il suo generoso contributo alla buona riuscita di questo viaggio pastorale. Desidero inoltre manifestare la mia gratitudine a tutte le autorità di Montevideo, Melo, Florida, Salto e Canelones, che hanno collaborato puntualmente ed attivamente con i rappresentanti della Chiesa, per rendere possibile ed agevolare il mio viaggio apostolico. Molte grazie a tutti.

Ai fratelli nell'episcopato, ai quali mi sento molto legato, ai sacerdoti, religiosi e religiose, a tutti i fratelli, uomini e donne, e soprattutto a quelli che soffrono fisicamente e moralmente; a tutti dico dal più profondo del mio cuore: arrivederci e grazie! Che il Signore vi benedica! Uruguay, che tu sia molto felice nel cammino della tua nuova storia!


Data: 1988-05-09 Data estesa: Lunedi 9 Maggio 1988




L'arrivo a La Paz (Bolivia)

Titolo: Insieme per condividere difficoltà e aspirazioni di un paese povero di risorse e di solidarietà

Testo:

Signor Presidente, venerabili fratelli nell'episcopato, amati fratelli e sorelle di Bolivia.


1. Dopo aver baciato la terra boliviana in questo aeroporto di El Alto de La Paz, desidero innanzitutto rendere grazie a Dio per avermi concesso l'opportunità di compiere questa visita pastorale nel vostro Paese.

Già mentre sorvolavo lo spazio aereo, ho potuto ammirare la meravigliosa varietà dei vostri paesaggi, la maestosa armonia delle sue montagne, le sue colline, le sue valli e gli altopiani.

Per questo, giungendo in questa città dell'Illimani, che trova la sua continuità in linea d'aria con il Mururata e il Huayna Potosi, invio il mio più cordiale saluto a tutti gli uomini e le donne della Bolivia a partire da quelli qui presenti. In primo luogo il signor Presidente della Repubblica che ringrazio profondamente per le sue ossequiose parole di benvenuto. Saluto inoltre i signori Ministri dello Stato e tutte le autorità, i comandanti delle Forze armate e della Polizia nazionale, così come i rappresentanti del Corpo diplomatico. A tutti va la mia riconoscenza per essermi venuti a ricevere così cordialmente.

Desidero indirizzare un saluto particolare e un abbraccio fraterno ai mie fratelli nell'episcopato, che con tanto amore e tanta abnegazione si prendono cura del Popolo di Dio che costituisce la Chiesa in Bolivia. In questo saluto il mio cuore abbraccia anche gli amati sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici impegnati nella missione ecclesiale.


2. Posso dirvi con grande sincerità che da lungo tempo desideravo visitare la Bolivia. Ora questo desiderio si concretizza felicemente, per conoscerci più da vicino e perché insieme ci avviciniamo di più alle mète che Gesù nostro salvatore, ci propone.

L'approssimarsi del V Centenario dell'evangelizzazione di questo continente è una buona occasione per infondere nuovo vigore alla fede che missionari impegnati seminarono in queste generose terre. Questo è in sintesi il messaggio che mi propongo di annunciarvi, con l'aiuto divino, perché il Popolo di Dio in Bolivia sappia rispondere con il dinamismo della vita cristiana all'attuale momento della storia e della Chiesa.


3. Il Papa conosceva e stimava da lungo tempo, le nobili doti del popolo boliviano dimostrate fin dai tempi più remoti della sua storia. Conosceva anche la composita fisionomia soprattutto spirituale che qui si venne a creare dall'incontro tra le antiche culture autoctone e quelle che giunsero nel corso dei secoli. Questa è una delle peculiari caratteristiche della nazione boliviana. Per questo fin d'ora vorrei rendere un omaggio di profondo rispetto e stima alla vostra multiforme realtà culturale ed etnica, che è ricchezza nella varietà partendo dal mutuo rispetto e da un dialogo che è arricchimento reciproco.

Il Papa conosce anche il vostro profondo senso religioso e la vostra adesione alla fede cristiana. Gli è anche noto il vostro coraggio per dominare una natura ostile e avversa, la vostra indomabile fortezza di fronte alla contrarietà, il vostro sforzo per superare il delicato momento dei vostri gravi problemi attuali. Conosce ugualmente la vostra profonda umanità, il senso di solidarietà, l'amore per l'ospitalità e la considerazione per l'amicizia.

Per questo vengo ad incoraggiarvi in questo faticoso cammino, perché non perdiate la speranza di raggiungere le mete migliori da voi tanto desiderate. Dio vi accompagna nella vostra vita e benedice le aspirazioni di uomini e popoli che vogliono cercare in lui la loro dignità. Queste sono le autentiche radici cristiane e umane che vorrei promuovere con la mia visita.


4. Trascorrero cinque giorni tra voi, condividendo le vostre aspirazioni, vedendo da vicino le difficoltà di questo amato Paese, che soffre a causa della povertà, dell'inadeguatezza dello sviluppo e delle risorse, per la mancanza di solidarietà, e per l'ingiustizia. Giorni in cui considerare, inoltre, le basi religiose ed etiche che devono essere il fondamento di ogni impegno volto a promuovere sia le persone che il popolo, con il proprio sforzo e con la solidarietà degli altri.

Il mio più grande desiderio sarebbe quello di esporre questi ideali ad ogni uomo e ad ogni donna della Bolivia presente fisicamente in ognuna delle loro città e comunità. Poiché questo non è possibile, il mio messaggio sarà rivolto ugualmente a tutti; in questo modo almeno per mezzo della radio e della televisione, potro sentirmi vicino a quanti non potro incontrare di persona. A questi va il mio primo pensiero, in particolare sono nel mio cuore i malati, i bambini e gli anziani, coloro che sopportano il duro peso della disoccupazione, gli amati contadini, i minatori e gli operai, le amate comunità "aymaras", "quechuas" e altre minoranze etniche, gli intellettuali, i professionisti o responsabili dell'amministrazione pubblica e sociale.

Affido queste intenzioni alla protezione della santissima Vergine di Copacabana, Regina della Bolivia e a lei chiedo che protegga tutti i suoi figli, mentre con profondo affetto imparto a tutti i boliviani la benedizione apostolica.


Data: 1988-05-09 Data estesa: Lunedi 9 Maggio 1988




Telemessaggio ai giornalisti - Bolivia

Titolo: Nell'incorruttibile adesione alla verità siate autentici promotori del bene comune

Testo:

Amati giornalisti e operatori della Comunicazione sociale.

Ho saputo che domani, 10 maggio, si celebrerà in Bolivia la Giornata del giornalista. A voi, amati giornalisti boliviani, così come a voi che siete qui convenuti da altri Paesi in occasione di questa mia visita pastorale, il mio saluto, il mio anticipato augurio.

Desidero dirvi che ho una profonda stima per la vostra professione, che considero di massima importanza e di estrema influenza sulla vita della società.

Per questo vi incoraggio a svolgere sempre i vostri compiti di informazione con un grande senso dell'etica professionale e una costante attenzione ai principi morali che devono guidarli. Questo vi farà sentire autentici promotori del bene comune e mai detentori privilegiati di potenti mezzi di diffusione al servizio di interessi privati o corporativi.

Il codice deontologico del giornalista, che conoscete molto bene, implica un'incorruttibile adesione alla verità; un rispetto incondizionato per l'obiettività, senza cedere ad eventuali pressioni ingiuste nè alla tentazione di alterare i fatti o le opinioni altrui.

So, miei amatissimi giornalisti di Bolivia, che la maggior parte di voi sente e apprezza la condizione di professionista cattolico. Vi invito quindi ad esercitare il vostro lavoro con quest'alta ispirazione che deve scaturire dalla vostra fede cristiana. E non dimenticate, nel vostro lavoro, colui che venne nel mondo per essere la buona notizia di salvezza, colui che è la verità (cfr. Jn 14,6;18,38), Cristo Gesù, il redentore e l'amico dell'uomo.

Con questo augurio e con questa speranza, chiedo a Dio che benedica il vostro lavoro, le vostre persone e le vostre famiglie.


Data: 1988-05-09 Data estesa: Lunedi 9 Maggio 1988




Con i Vescovi boliviani - La Paz (Bolivia)

Titolo: La Chiesa non può limitarsi a offrire speranze solo temporali confinando l'uomo in spazi di esclusiva liberazione materiale

Testo:

Venerabili fratelli nell'episcopato.


1. Ho desiderato che questo mio primo incontro dopo aver messo piede sul suolo boliviano, fosse con voi, amati fratelli Vescovi, che avete la responsabilità di guidare nella fede e di governare nella carità le Chiese particolari del Popolo di Dio pellegrino in Bolivia. Rendo grazie a Dio di poter essere tra voi nella vostra amata terra, in questa casa che è come un focolare di tutti, perché è la casa del Papa.

Desidero innanzitutto dirvi che sono profondamente grato al signor Presidente e, nella sua persona, a tutti i membri di questa Conferenza episcopale, per avermi invitato, insieme con le autorità del Paese, a compiere questa visita pastorale. Al tempo stesso, desidero manifestarvi la mia ammirazione e gratitudine sincera per la generosa dedizione, sollecitudine e abnegazione che ponete nel vostro compito di pastori. La mia gratitudine anche per la cura che avete dimostrato nella preparazione di questo viaggio, perché produca abbondanti frutti di rinnovamento nella vita cristiana, delle vostre rispettive circoscrizioni ecclesiastiche Chiedo a Dio che benedica ciascuno dei Vescovi, i sacerdoti e gli operatori pastorali, come pure i fedeli delle vostre Chiese particolari, ai quali invio attraverso di voi il mio affettuoso saluto.


2. Oltre a queste espressioni della mia sincera gratitudine verso di voi in generale, desidero anche ringraziare più concretamente: che il favore divino accompagni ogni membro dell'arcidiocesi di La Paz, il suo Arcivescovo, l'Arcivescovo coadiutore e i Vescovi ausiliari, così come i pastori delle Chiese particolari di Coroico e di Corocoro.

Ringrazio inoltre i fedeli dell'arcidiocesi di Cochabamba, il suo Arcivescovo e i Vescovi ausiliari, nonché i Vescovi di Oruro e Aiquile. Dio Onnipotente continui a benedire con i suoi doni queste Chiese.

Il mio ringraziamento, divenuto preghiera, giunga ugualmente alla arcidiocesi di Sucre, al suo pastore, ai Vescovi ausiliari e alle diocesi di Potosi e Tarija, e ai loro rispettivi Vescovi.

La benevolenza divina protegga ora e sempre la sede metropolitana di Santa Cruz, il suo Arcivescovo, i Vescovi ausiliari e i fedeli.

E le grazie del Signore discendano abbondantemente sui membri dell'ordinariato Castrense, sulle comunità ecclesiali dei vicariati apostolici di Chiquitos, Cuevo, El Beni Nuflo de Chavez, Pando e Reyes, così come sui loro Vescovi, ai quali esprimo ugualmente la mia profonda ammirazione.

Infine desidero rivolgere uno speciale ricordo al signor Cardinale Josè Clemente Maurer, che spero di incontrare nei prossimi giorni; come pure agli altri Vescovi che per motivi di salute non hanno potuto partecipare a questo incontro.

Il mio ringraziamento a tutti per l'attenzione e la cura che avete posto nel preparare la mia visita pastorale.


3. Voi, fratelli Vescovi, con parole del Concilio Vaticano II, "posti dallo Spirito Santo succedete al posto degli apostoli come pastori delle anime e insieme con il Sommo Pontefice e sotto la sua autorità avete la missione di perpetuare l'opera di Cristo Pastore eterno" (CD 2).

La vostra condizione di pastori della Chiesa colloca tutta la vostra missione nella prospettiva del piano divino della redenzione e vi indica già di per sè quale è la vera e primaria dimensione del vostro ministero: dare vita perennemente all'opera di Cristo, che è l'opera di salvezza.

Per questo - come ci dice il documento conciliare appena citato - "i Vescovi, per virtù dello Spirito Santo, che loro è stato dato, sono divenuti i veri e autentici maestri della fede, i Pontefici e i pastori" (CD 2). E' la triplice funzione di insegnare con autorità la verità rivelata e di vigilare per prevenire gli errori, di essere i primi ministri del culto divino per la santificazione dei fedeli, in virtù della pienezza del sacerdozio ricevuto, e di reggere e guidare il Popolo di Dio con potestà ordinaria, propria e immediata.

Di qui sorge l'esigenza, in primo luogo, di non trascurare le funzioni ministeriali, le quali devono occupare un posto preminente nella vostra attività pastorale.


4. Per lo stesso motivo, il vostro servizio magisteriale assume una funzione prioritaria, nel diffondere la Parola di Dio e nell'illuminare con adeguati orientamenti dottrinali il vostro presbiterio e i vostri fedeli, come leggiamo nel salmo: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino" (Ps 119[118],105). In questo modo, saprete guidare la Chiesa con fedeltà alla volontà del Signore e con l'attenzione rivolta sempre alle necessità dell'uomo, che attende l'insegnamento autorizzato che lo aiuti a scoprire il valore trascendente della sua esistenza e lo illumini nel suo cammino come cittadino e come figlio di Dio.

Con orientamenti chiari, opportuni e adeguati alle situazioni di ogni epoca, i vostri fedeli potranno avere criteri ogni volta più maturi sulla vita cristiana e sulle loro responsabilità nella società mentre acquisteranno la solidità dottrinale necessaria per contrastare le idee, le mentalità e i sistemi che non siano in sintonia con la fede autenticamente professata.


5. Riguardo a ciò mi rallegra profondamente poter constatare di persona la religiosità del popolo boliviano, che aspetta e ha bisogno della vostra guida dottrinale per poter così purificare e consolidare nella verità la sua sincera e profonda fede religiosa. Ha bisogno inoltre dei vostri orientamenti per sapere come agire e difendersi di fronte alle attività proselitiste delle sette che, in tempi recenti si stanno moltiplicando in Bolivia; queste sette di tipo fondamentalista stanno seminando confusione tra il popolo e, sfortunatamente, possono attenuare in breve la coerenza e l'unità del messaggio evangelico. Sarà vostro compito fornire un adeguato criterio ai vostri fedeli, perché con un atteggiamento di sincero ecumenismo verso i fratelli delle altre confessioni cristiane e di rispetto per tutti, sappiano tuttavia conservarsi e comportarsi come figli fedeli della Chiesa nella quale sono stati battezzati.

In questo senso, desidero mettere in evidenza e incoraggiarvi, amati fratelli, per l'interesse che dimostrate nel promuovere un'adeguata formazione cristiana a tutti i livelli, con particolare attenzione ai bambini e ai giovani.

Mi compiaccio per lo sforzo che state facendo per preparare in maniera opportuna i catechisti, i responsabili religiosi, gli operatori di pastorale e i laici in generale, che come uomini e donne impegnati nella loro vocazione cristiana si impegnano nell'opera evangelizzatrice e nella diffusione del Regno di Dio. Ma soprattutto vi incoraggio dare una particolare importanza alla solida formazione culturale e umana, teologica e pastorale dei seminaristi e dei sacerdoti, primi vostri collaboratori, ai quali vi chiedo di essere sempre molto vicini, preoccupandovi fraternamente della loro vita spirituale e materiale. Questo favorirà inoltre l'auspicato aumento di vocazioni.

Con questo atteggiamento sarete autentici costruttori di una Chiesa viva e dinamica, che, partendo dalla sua fede, sia con voi e con il Papa seminatrice di giustizia e di speranza secondo il motto scelto per il mio viaggio pastorale nel vostro Paese.


6. La causa della giustizia è una causa pienamente assunta dalla Chiesa nel suo servizio all'uomo, in particolare verso il più bisognoso. Una causa che è presente nella sua dottrina sociale "per favorire sia la corretta impostazione dei problemi che la loro migliore soluzione" al fine di conseguire uno sviluppo autentico dell'uomo e della società "che rispetti e promuova la persona umana in tutte le sue dimensioni" (SRS 41. 1). In questa stessa direzione si sono mossi i grandi documenti del Magistero sociale dei miei predecessori e quella che ha ispirato la mia recente enciclica.

Essere seminatori di giustizia presuppone difenderne e promuoverne i postulati a tutti i livelli e al tempo stesso denunciarne le violazioni come cosa contraria al Vangelo e alla dignità della persona. Presuppone inoltre denunciare i metodi ingiusti utilizzati dai potenti, così come il non assolvere i loro obblighi qualora questo avvenisse, da parte dei meno ricchi. Perché "il bene, al quale siamo tutti chiamati e la felicità a cui aspiriamo non si possono conseguire senza lo sforzo e l'impegno di tutti, nessuno escluso, e con la conseguente rinuncia al proprio egoismo" (SRS 26).


7. Per questo nel promuovere il fine della giustizia, non solo si devono combattere le "strutture di peccato" e "i meccanismi perversi" ai quali facevo riferimento nella mia ultima enciclica (SRS 37 SRS 39 SRS 30), ma anche il peccato personale, soprattutto l'egoismo, che è la radice originaria di queste stesse strutture ingiuste e del peccato.

Così la vostra missione di pastori ha un ampio campo di azione, nella quale deve risplendere la dottrina e l'esercizio dell'amore solidale, dell'amore voluto da Cristo, poiché "chi non pratica la giustizia, non è da Dio nè lo è chi non ama il suo fratello... Se uno ha ricchezze in questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio?" (1Jn 3,10 1Jn 3,17).

Questo amore è il criterio di discernimento per ogni cristiano e deve essere il suo stesso metodo di azione. Per questo motivo è sempre riprovevole il ricorso alla violenza e all'odio come mezzi per raggiungere una meta di pretesa giustizia. Questa è una convinzione che la Chiesa ha conservato sempre e che continua ad avere pieno valore nel momento attuale.


8. Seminare la giustizia - soprattutto là dove esistono tanti esempi e strutture d'ingiustizia - è trarre dalla propria fede e dai principi del Vangelo la forza e l'ispirazione per cercar di cambiare queste situazioni concrete con metodi evangelici. E' a questo riguardo che il Concilio esortava ad evitare ogni dicotomia tra la vita professionale e sociale e la vita cristiana, perché "il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio, e mette in pericolo la propria salvezza eterna" (GS 43).

Questo impegno per la giustizia e in favore della eliminazione di ogni abuso e oppressione è stato il canale di raccolta di una corrente di pensiero e di azione che, specialmente in America Latina, si è concretizzata nell'ansia di liberazione da ogni giogo e schiavitù.

Tale aspirazione è certamente qualcosa di nobile e di valido; non si può negare che in una teologia della liberazione sana e autenticamente evangelica esistano valori positivi, ma non si deve dimenticare che "anche le deviazioni e i pericoli di deviazione, connessi a questa forma di riflessione e di elaborazione teologica, sono stati convenientemente segnalati dal Magistero ecclesiastico" (SRS 46).

Vi ricordo caldamente, cari fratelli, di tenere sempre presenti nell'esercizio della vostra funzione magisteriale, i criteri dell'autentico discernimento dottrinale e pratico che illumini e guidi gli operatori della pastorale e tutti i fedeli. Una riflessione teologica che porti alla distorsione della parola ispirata con arbitrari riduzionismi, non può essere accettata dalla Chiesa. Questo non significa che i pastori debbano tacere davanti a innegabili situazioni di ingiustizia. La Chiesa, nel campo sociale, ha una funzione profetica alla quale "appartiene pure la denuncia dei mali e delle ingiustizie. Ma conviene chiarire che l'annuncio è sempre più importante della denuncia, e questa non può prescindere da quello, che le offre la vera solidità e la forza della motivazione più alta" (SRS 41).


9. Essere seminatori di speranza è adempiere un'altra missione essenziale per la Chiesa, perché "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo" (GS 1).

La solidarietà e la vicinanza della comunità ecclesiale ad un mondo come il nostro, provato dal dolore e diviso da odi e inimicizie, è già di per sè un segno di speranza.

Come anche deve esserlo il deciso impegno nel predicare la fratellanza di tutti gli uomini in Cristo: uguali in dignità personale e chiamati alla stessa vocazione di eternità. Una fraternità che si arricchisce ed acquista nuova dimensione nella relazione con la Vergine Maria, Madre di Gesù e madre nostra.

La Chiesa sarà pure seminatrice di speranza se saprà chiamare ciascuno a prestare il suo contributo responsabile, qui e adesso, al miglioramento della società secondo le sue possibilità, "senza sperare tutto dai Paesi più favoriti ed operando in collaborazione con gli altri che sono nella stessa situazione.

Ciascuno deve scoprire e utilizzare il più possibile lo spazio della propria libertà. Ciascuno dovrà rendersi capace di iniziative rispondenti alle proprie esigenze di società" (SRS 44).


10. Al di sopra di tutto, la Chiesa deve seminare speranza, mostrando con chiarezza nella sua predicazione e nella sua vita Gesù di Nazaret, luce per ogni uomo, via, verità e vita (cfr. Jn 14,6). Lo farà efficacemente se saprà condurre l'essere umano che ha perduto ogni speranza, verso Cristo che è nostra fede, nostra fortezza, nostra Pasqua.

perciò la Chiesa, a motivo dell'esigenza della sua fedeltà a Cristo, non può limitarsi ad offrire speranze meramente temporali o liberazioni parziali da mali unicamente terreni. Non possiamo confinare l'uomo in spazi di sola liberazione materiale, privandolo così della sua dignità più alta che lo chiama alla trascendenza in Dio, un Dio che è e si è mostrato a noi come Padre di misericordia, un Cristo fratello e redentore dell'uomo, uno Spirito, Signore e vivificatore della nostra esistenza temporale, che le inspira il soffio della vita che mai finisce.

Diffondendo così la fiducia nel Dio vicino, che ci ama infinitamente come figli, la Chiesa porterà coraggio e nuove energie all'uomo dal viso dolente, boliviano e latinoamericano. Un coraggio fondato in Cristo "per mezzo del quale - come ci insegna san Paolo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata, e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori" (Rm 5,2-5). Solo in questa prospettiva trovano la loro piena realizzazione le aspettative di pace, giustizia e felicità dell'uomo.


11. Maria santissima, la Vergine di Copacabana, che ci ha dato Cristo, sole di giustizia, e che è la "Madre della speranza", dia coraggio al vostro cammino e vi sostenga nel vostro fedele impegno ecclesiale.

Lei vi insegni a infondere fede, giustizia e speranza nei poveri, nella gioventù, nella famiglia, perché a loro volta si trasformino in diffusori di questi grandi ideali.

La Madre di Gesù e nostra ci aiuti a suscitare dinamismo nella Chiesa di Cristo che è in Bolivia e benedica gli obiettivi di questo viaggio pastorale.

Perché la mia voce possa essere di incoraggiamento nelle difficoltà di ciascun boliviano. E per essere tutti insieme, in questa società tanto bisognosa di aiuto, seminatori di giustizia e di speranza.

Così sia.


Data: 1988-05-09 Data estesa: Lunedi 9 Maggio 1988




Al Corpo diplomatico - La Paz (Bolivia)

Titolo: Reciprocità, solidarietà e collaborazione effettiva necessarie nei rapporti tra le nazioni latino-americane

Testo:

Eccellenze, signore e signori.


1. Voglio esprimere la mia viva soddisfazione di trovarmi in questa città di La Paz, con i rapresentanti di tanti Paesi ed organizzazioni internazionali, accreditati presso il governo di Bolivia.

Le alte cariche diplomatiche che rivestite vi fanno meritevoli del nostro rispetto e della nostra più attenta considerazione. Siete in buona parte i depositari di grandi speranze in ordine all'anelata costruzione di un mondo in cui la pace, la solidarietà, la mutua cooperazione e la reciproca intesa siano i cammini definitivi per giungere a rapporti umani più giusti in seno alla comunità internazionale. A questa nobile opera, che merita ammirazione e gratitudine, avete consacrato le vostre capacità e i vostri sforzi, messi continuamente alla prova nell'esercizio della non sempre facile professione diplomatica. In realtà, la stessa indole della vostra vocazione vi rende artefici di comprensione e di concordia fra le nazioni, affinché regni la pace.

Ma l'aspirazione umana alla pace fra i popoli non è un semplice dono a portata di mano, ma il frutto di una decisa volontà e di un costante impegno da parte di tutti. "In un mondo come il nostro, in cui la stabilità e la pace delle nazioni sono frequentemente minacciate da interessi contrapposti, l'azione diplomatica acquista una notevole importanza nei rapporti internazionali, sia a livello bilaterale che multilaterale. Sebbene le decisioni ultime spettino agli uomini di governo, l'attività del diplomatico - che informa con veridicità e precisione, orientando verso vie di soluzione, creando ponti di dialogo, di negoziati e di intesa - rappresenta un mezzo insostituibile nell'ordine internazionale. Contemporaneamente, nel mondo diviso e sconvolto da ogni tipo di conflitti - ho sottolineato nella mia ultima enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" - si fa strada la convinzione di una radicale interdipendenza e, per conseguenza la necessità di una solidarietà che la assuma e la traduca sul piano morale. Oggi forse più che in passato, gli uomini si rendono conto di essere legati da un comune destino da costruire insieme, se si vuole evitare la catastrofe per tutti" (SRS 26).


2. Il valore supremo della pace, del quale dovete essere promotori convinti, difensori instancabili e restauratori quando è necessario, va posto, io credo, fra le vostre priorità in quanto professionisti della diplomazia.

Voglio ricordare, a tale proposito, i principi di reciprocità, solidarietà e collaborazione effettiva nei rapporti internazionali che furono oggetto delle mie riflessioni in un discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede ("Allocutio ad Exc.mos Legatos apud Sedem Apostolicam, novo anno inito coram admissos", 3, die, 12 ian. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 58v).

Sono principi validi per tutta la comunità internazionale e, soprattutto, per la comunità delle nazioni che costituiscono il cosiddetto continente della speranza. Le radici storiche, culturali, linguistiche e di fede che hanno in comune, devono essere fortificate affinché si consolidino sempre di più in America Latina i valori spirituali e morali che rappresentano più autenticamente l'origine e la vocazione di alcuni popoli giovani, chiamati ad assumere un indubbio ruolo di protagonisti nel contesto mondiale.


3. La pace, alla cui causa tutti dobbiamo contribuire, non si raggiunge con l'intransigenza, nè con gli egocentrismi nazionali. Al contrario, si ottiene e si consolida mediante la comprensione reciproca. Tuttavia, tale comprensione diviene più facile e fruttuosa quando nasce da uno spirito sincero di solidarietà; la solidarietà che affratella tutti noi uomini che abitiamo questo mondo, che il Creatore ci ha destinato affinché tutti possiamo partecipare dei suoi beni allo stesso modo.

Solo così, sulla base della giustizia e della solidarietà, e con l'impegno della reciproca comprensione, è possibile fissare basi stabili di equilibrio per costruire una comunità internazionale senza pericoli gravi e permanenti, senza drammatiche insicurezze, senza conflitti dalle irreparabili conseguenze. Solo così potranno trovare adeguate soluzioni i problemi latenti in diverse zone dell'America Latina, quali alcuni conflitti di frontiera o il problema della mediterraneità della Bolivia.


4. Siate protagonisti nella costruzione di una comunità internazionale responsabile e solidale, che possa vivere in laboriosa armonia e in feconda sicurezza; un concerto di nazioni in cui tutti gli uomini e tutti i popoli possano realizzarsi in pienezza: tanto nello arricchimento dei valori dello spirito, quanto nello sviluppo di migliori condizioni di vita materiale. Infatti la pace, che è essenzialmente opera della giustizia, trova la sua strada il suo consolidamento nella promozione dello sviluppo. Non di uno sviluppo che si limiti alla crescita economica quantitativa ma che acceleri soprattutto la promozione sociale integrale, mediante una migliore distribuzione della ricchezza e un miglioramento delle condizioni di vita - spirituale e materiale - di ciascun uomo e di tutti gli uomini.

L'estrema povertà che affligge ancora molti Paesi è un affronto per tutta l'umanità. Le differenze abbissali fra Paesi ricchi e poveri sono incompatibili con il disegno divino di una partecipazione giusta ed equa di tutti ai beni della creazione. Inoltre, come ben sapete, il sottosviluppo, che affligge molti Paesi, è una delle cause della loro grave instabilità sociale e politica. E' evidente che tali fattori di instabilità influenzano non solo i Paesi meno sviluppati ma sono anche il seme di altri conflitti più vasti che possono pregiudicare la pace internazionale.


5. Fra questi fattori di instabilità che oggi affliggono il mondo e, in particolare, i Paesi in via di sviluppo figura il pesante fardello del debito estero. Lo squilibrio tra l'ammontare di questo debito e la possibilità di estinguerlo; la differenza tra le somme concesse ai debitori e gli interessi reclamati dai creditori stanno causando danni gravissimi a molti Paesi poveri.

L'enorme peso di tale debito espone questi Paesi al pericolo della frustrazione delle loro legittime aspirazioni allo sviluppo che è loro dovuto. La Santa Sede non può fare a meno di incoraggiare tutte quelle iniziative che portino alla soluzione, secondo criteri di giustizia e di equità, di questo grave problema, le cui conseguenze colpiscono soprattutto i più poveri e diseredati.

Eccellenze, signore e signori: posso assicurare che troverete sempre nella Santa Sede un interlocutore attento a tutto ciò che concerne la pace mondiale e i problemi che investono la comunità internazionale. Al termine di questo incontro desidero ringraziarvi vivamente per la vostra presenza, mentre esprimo i miei più sinceri auguri per la prosperità dei vostri Paesi, per il conseguimento degli obiettivi delle istituzioni che rappresentate, per il successo della vostra missione in Bolivia e per la felicità dei vostri cari.


Data: 1988-05-10 Data estesa: Martedi 10 Maggio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Il congedo all'aeroporto di Montevideo (Uruguay)