GPII 1988 Insegnamenti - Con i sacerdoti religiosi e seminaristi - Cochabamba (Bolivia)

Con i sacerdoti religiosi e seminaristi - Cochabamba (Bolivia)

Titolo: "Abbiamo bisogno di nuovi "Curati d'Ars" che annuncino la buona novella ai poveri"

Testo:

Cari sacerdoti diocesani e religiosi, cari seminaristi.


1. Mi è molto gradito lo stare con voi, in questo seminario, centro di formazione sacerdotale, cuore che alimenta la religiosità di questa valle bella ed accogliente di Cochabamba. Tutti voi siete al servizio delle Chiese particolari, presiedute dai Vescovi, e siete anche in comunione con la Chiesa universale, presieduta dal Papa, successore di Pietro.

Come sacerdoti diocesani il vostro carisma vi radica in modo speciale, nella vostra Chiesa locale e nel presbiterio; come sacerdoti religiosi, il vostro carisma comunica una nota di varietà alla sequela del Vangelo nella stessa Chiesa particolare; come futuri sacerdoti, la vostra generosa fedeltà alla vocazione costituisce la speranza di tutta la Chiesa specialmente in questa amata terra boliviana.

Tutti voi vi sforzate di identificarvi con il Vangelo di Gesù e con il mistero della sua Chiesa, e desiderate essere qui e adesso un segno visibile del Buon Pastore, "unto e inviato" (cfr. Lc 4,18) per dare la sua vita secondo i disegni salvifici di Dio amore sugli uomini (cfr. Jn 10,1-39). Nella sequela sacerdotale di Cristo avete udito la chiamata a rendere presente l'opera salvifica del redentore come segno dell'amore di Dio per tutta l'umanità. "Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedek" (He 5,6).


2. Senza dubbio uno degli aspetti che colpiscono maggiormente meditando attentamente la vita di Cristo è la sua vicinanza e sollecitudine verso i poveri ed i sofferenti. Chi non prova una intima emozione quando ascolta le espressioni uscite dal cuore di Gesù il buon pastore, a contatto con la realtà umana? "Sento compassione per questa folla" (Mc 8,2), "ho altre pecore" (Jn 10,16), "venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi confortero" (Mt 11,28).

Anche voi vivete quotidianamente queste preoccupazioni del Buon Pastore, condividete i suoi desideri e i suoi gesti, in comunione profonda con la sua persona. Punto di partenza per interpretare correttamente le realtà che dovete affrontare dal punto di vista pastorale, è lo stesso Gesù, Parola del Padre. La vostra vocazione esige che voi rimaniate in questa Parola, che siate fedeli ad essa, alla persona di Gesù in quanto partecipi della sua unzione e della sua missione. In questo modo potrete rispondere ad una realtà stimolante, che richiede la presenza di uomini esperti in umanità proprio perché si sono addentrati nell'aspetto contemplativo del Cristo risorto, presente nella Chiesa e nel mondo.

Il "seguimi" della chiamata al ministero apostolico e alla vita consacrata (cfr. Jn 1,43 Mc 1,17 Mt 4,19) ha un duplice aspetto indivisibile ma allo stesso tempo complementare: incontro con Cristo e missione.

L'uno e l'altro aspetto si richiamano e si integrano reciprocamente. La vocazione ci si presenta quindi, come un dono di Dio, e si deve rispondere ad essa, assumendone anche tutte le esigenze di offerta alla sequela di Cristo e dell'opera di evangelizzazione. E' così che si manifesta l'affetto di Cristo "ai suoi" (Jn 13,1) come vocazione, che è dichiarazione di amore e solo in conseguenza di questo amore si comprendono perfettamente i due aspetti, della vocazione tra loro complementari: "Chiamo a sè quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costitui Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare" (Mc 3,13-14).

La sequela di Cristo vi lega indissolubilmente a lui, non solo per partecipare al suo essere o alla sua "unzione", ma anche per prolungare la sua missione e per entrare nel suo amore redentivo. Come non ricordare la commovente scena di Nazaret, dove Gesù aveva vissuto per trent'anni, e da dove alla fine fu espulso proprio per aver annunciato la sua missione di "unto" e "di inviato per annunziare ai poveri un lieto messaggio" (Lc 4,18). L'"incarnazione" o l'inserimento di Gesù nelle circostanze concrete di Nazaret, sua terra, nella storia dei suoi contemporanei e negli avvenimenti di tutta l'umanità, doveva realizzarsi secondo i disegni e "il comando del Padre" (Jn 10,18). Questo modo di inserirsi è il più autentico, il più profondo, perché non si limita ad assumere alcuni dati sociologici, ma consiste principalmente nel riscattare dal dominio del peccato e della morte, la storia dei fratelli facendosene carico personalmente come mediatore e "sacerdote". Il mistero di Nazaret è già compreso nel messaggio delle beatitudini e in qualche modo lo anticipa. Tutto il Vangelo produce "stupore", "ammirazione" (Mt 7,28) e, non poche volte, "scandalo" in coloro che lo ascoltano (cfr. Mt 13,57); e così vediamo che i nazareni tentarono di far precipitare Gesù dalla rupe, dopo la sua predicazione nella sinagoga (cfr. Lc 4,29).


3. Voi cari fratelli, avete sentito un giorno la chiamata di Gesù di Nazaret, lo avete seguito con decisione e generosità. Sapete molto bene che, con la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata, siete stati chiamati a correre la sorte di Cristo, a "bere il calice" (Mc 10,38), a condividere la sua vita. Questa chiamata non solo vi sostiene e vi prepara per le difficoltà, secondo le parole del Signore: "Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove" (Lc 22,28), ma comporta anche una gioiosa partecipazione all'amicizia di Cristo: "Voi siete miei amici" (Jn 15,14). Il segreto della missione consiste proprio nel vivere questa amicizia: "voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio" (Jn 15,27).

Alla luce di queste parole uscite dalla bocca di Gesù, possiamo mettere a fuoco in modo corretto gli avvenimenti e i problemi che più ci preoccupano. Vi posso assicurare che il mio cuore vive giorno per giorno le vostre inquietudini spirituali e preoccupazioni apostoliche. Come non pensare alla necessità e alla urgenza di vocazioni native numerose e scelte! Come non esservi vicino in tante situazioni di dolore e ingiustizia! Come non accompagnarvi nel vostro compito di inserimento e promozione del messaggio evangelico nelle differenti culture! Come non incoraggiarvi a vivere in modo migliore e più autentico il sacerdozio come segno personale e comunitario di Cristo sacerdote e Buon Pastore! Permettetemi che vi apra il mio cuore per dirvi che la principale preoccupazione di ogni sacerdote deve essere la fedeltà, la lealtà alla propria vocazione, come discepolo che vuole seguire il Signore in un abbandono totale e con una disponibilità missionaria senza condizionamenti nè frontiere. Solo alla luce di questa donazione si possono affrontare gli altri problemi. E' molto consolante vedere che il numero delle vocazioni sta aumentando sensibilmente, nella misura in cui, eliminando ogni tipo di ambiguità, si sta creando nei seminari un ambiente di sequela evangelica. Queste vocazioni hanno bisogno di avere davanti a sè lo specchio chiaro di presbiteri che riflettano la "intima fraternità sacramentale" (PO 8); hanno bisogno del sostegno di comunità ecclesiali e religiose che siano impegnate responsabilmente nella comunione e nella missione della Chiesa (cfr. PC 15).


4. So che un'alta percentuale dei sacerdoti diocesani e religiosi viene da fuori della Bolivia e che questa terra vi accoglie e vi tratta con affetto. Proprio questo aiuto di altre Chiese sorelle è una prova in più del fatto che Chiesa è cattolica e missionaria. Come pastore universale desidero esprimere la mia gratitudine più cordiale a quelli di voi che avete dato numerosi questo segno di universalità e che esercitate il vostro ministero con sacrificio e generosità in questa vostra patria adottiva.

A tutti gli evangelizzatori, nati qui o venuti da terre lontane, desidero ricordare in questo giorno che devono portare il Vangelo a tutti gli uomini, tenuto conto dei loro valori culturali. La vera "inculturazione" parte dalla luce e dalla forza del Vangelo, che supera le manifestazioni di ogni cultura, rendendo così possibile il discernimento degli autentici valori, la loro purificazione, trasformazione ed elevazione.

Ogni evangelizzazione deve, pertanto, immergersi e, potremmo dire, "inculturarsi" prima nello spirito del Vangelo con un processo di contemplazione e di conversione personale, per poter poi innestare lo stesso Vangelo, così come è, senza restrizioni, in una determinata cultura. In questo modo si potrà evangelizzare la cultura "in modo vitale, in profondità e fino alle radici" (Pauli VI EN 20).

Le vocazioni native sono necessarie per continuare il processo di evangelizzazione iniziato quasi cinque secoli fa. Molte vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa hanno le loro origini in ambienti popolari e contadini. Questi ambienti abituano a salvaguardare le radici culturali del vostro popolo e a preservare i suoi valori autoctoni in una ricca varietà di espressioni, e perfino di idiomi (come il "quechua e l'aymara"), che sono canali privilegiati di evangelizzazione. Il Signore chiama chi vuole, senza distinzione di classe nè di situazione sociale, come vediamo nel gruppo dei suoi primi discepoli.


5. Per questo, desidero incoraggiare gli sforzi fatti per potenziare la pastorale giovanile e vocazionale, e animarvi a seguire con crescente entusiasmo gli orientamenti ricevuti dai vostri pastori e superiori religiosi riguardo la formazione e il lavoro apostolico.

Un sacerdote o religioso ben formato fin dal seminario o dal noviziato, deve essere capace e disposto a vivere nella comunità ecclesiale, per quanto povera possa essere, senza cercare privilegi nè difendere interessi personali.

Abbiamo bisogno di nuovi "Curati d'Ars" che accompagnino le comunità delle quali fanno parte, e che annuncino la buona novella ai poveri, come segno della venuta del Regno (cfr. Mt 11,5).

Dobbiamo rallegrarci perché la Chiesa boliviana è sempre più presente negli ambienti contadini e nei quartieri emarginati delle città, senza dimenticare l'urgenza degli altri settori come la gioventù, la famiglia, il mondo del lavoro e della cultura. Questa testimonianza di vicinanza ad ogni persona che cerca e soffre, e specialmente ai più poveri ed emarginati, farà si che gli uomini di oggi, come ai tempi di Gesù, sentano la presenza del Padre. Per mezzo di questa vicinanza ministeriale, Cristo "diviene un segno particolarmente leggibile di Dio che è amore" (DM 3).

L'esistenza e le aspirazioni del sacerdote e del religioso devono essere centrate in Cristo, del quale prolungano la parola, la presenza e l'azione salvifica. La luce e la forza, per se stessi e per la comunità devono cercarla nella Parola di Dio, nell'azione dello Spirito Santo, nella celebrazione eucaristica. perciò "l'Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione" (PO 5). Solo partendo da questa realtà di fede, sapranno vivere immersi e impegnati nella realtà della comunità ecclesiale e umana, per essere in essa "strumenti vivi di Cristo eterno sacerdote" (PO 12) e adottare un atteggiamento di povertà, castità e obbedienza, come "ascetica propria del pastore d'anime" (PO 13), che è la nota caratteristica dei pastori e dei profeti al servizio di un popolo che soffre e che molte volte non ha voce.


6. Nonostante le difficoltà di ogni genere che le vostre comunità devono affrontare, siete chiamati ad approfondire, vivere ed annunciare la enorme forza del Vangelo e la ricchezza del magistero della Chiesa, specialmente nella presentazione della sua dottrina sociale. I vostri Vescovi, compiendo la propria missione non hanno tralasciato di illuminare i momenti difficili che il vostro Paese ha attraversato. In questo modo, come ho segnalato nella recente enciclica "Sollicitudo Rei Socialis", "la dottrina sociale cristiana ha rivendicato ancora una volta il suo carattere di applicazione della Parola di Dio alla vita degli uomini e della società, così come alle realtà terrene che ad esse si connettono, offrendo "principi di riflessione", "criteri di giudizio", e "direttrici di azione"" (SRS 8).


7. Nel suo lavoro ministeriale il sacerdote deve essere integrato in una azione pastorale di comunione o d'insieme, come ci ricorda il documento conciliare "Presbyterorum Ordinis", "nessun presbitero è quindi in condizione di realizzare a fondo la propria missione se agisce da solo e per proprio conto, senza unire le proprie forze a quelle degli altri presbiteri, sotto la guida di coloro che governano la Chiesa" ("Presbyterorum Ordinus", 7). Niente di meglio per loro che lavorare uniti applicando la linea proposta dalla Conferenza episcopale di Bolivia, come cammino di evangelizzazione ("Enfoques, Directrices y Camino Pastoral"). Tale cammino pastorale è stato preso come base di preparazione per questa visita del successore di Pietro e sarà, senza dubbio, il migliore frutto della stessa se tutti quanti uniti intorno ai propri pastori, si impegneranno in questo compito di dare nuova luce e nuove forze all'evangelizzazione.

L'unità del Popolo di Dio sarà frutto della unità dei suoi pastori che, senza rinunciare ad un sano, fecondo pluralismo, lavorano con unità di vedute, di cuori e di azioni, spinti dal medesimo amore a Cristo e fedeli alla stessa dottrina evangelica della quale la Chiesa è depositaria. L'unità fra i sacerdoti è una "fraternità sacramentale" perché è "in virtù della comune sacra ordinazione e della missione" (LG 28), e perché è un segno efficace di santificazione ed evangelizzazione. Se questa fraternità è autentica, "è già un'azione evangelizzatrice" ("Puebla", 663).

E' urgente, di conseguenza, mettere in pratica queste esperienze di fraternità tra tutti i presbiteri, in modo che possa concretizzarsi in un aiuto reciproco a livello di vita pastorale, spirituale, culturale, economica e personale. E sarà particolarmente apprezzabile comunicare queste stesse esperienze e servizi a livello nazionale tra le diverse diocesi e tra i vari istituti religiosi. Da questa collaborazione tra i presbiteri e le organizzazioni religiose nasce una forza insospettata per la vita della Chiesa e per la evangelizzazione del Popolo di Dio.


8. Per raggiungere tali obiettivi nella vostra vita personale e ministeriale, occorre favorire la formazione permanente nel campo dottrinale, pastorale e spirituale (cfr. OT 22). "La grazia ricevuta nell'ordinazione, che deve essere continuamente ravvivata, e la missione esigono dai ministri gerarchici una seria e continua formazione, che non potrà essere ridotta al solo aspetto intellettuale, ma dovrà essere estesa a tutti gli aspetti della vita" ("Puebla", 719).

Desidero ringraziare e incoraggiare quanti si dedicano generosamente al servizio in questo campo tanto importante della formazione iniziale e permanente del personale apostolico. Voglio ricordare particolarmente i professori della Università Cattolica e del suo Istituto superiore di studi teologici, così come i responsabili della formazione nei seminari e nei centri apostolici e nei noviziati. Ringrazio tutti, direttori, formatori, professori e altri collaboratori, per l'impegno generoso che mettono in questo compito di formazione.

Sono sicuro che il loro lavoro continuerà ad orientarsi verso la fedeltà al Vangelo e agli insegnamenti e alle direttive della Chiesa, nei programmi e nelle strutture dell'insegnamento e nei criteri che reggono la formazione, tanto dei futuri sacerdoti quanto dei religiosi.

A questo riguardo, tra tutti i campi della formazione, bisogna sottolineare quello della formazione spirituale, in accordo con la vocazione specifica del sacerdote diocesano e con il carisma particolare della vita religiosa.

Questa formazione che sarà basata su tutta la personalità del sacerdote e del pastore, deve essere sempre animata dalla preghiera personale, comunitaria e liturgica. Gesù che prega in tutte le circostanze della sua vita diventa per noi il maestro ispiratore del nostro rapporto continuo con Dio, sostenuto in momenti forti di meditazione della Parola di Dio, dalla partecipazione all'Eucaristia e dalla celebrazione del sacramento della Riconciliazione (cfr. PO 18).


9. Sapete che i fedeli cercano sempre nel sacerdote il maestro nella fede. La unzione dello Spirito, ricevuta il giorno dell'ordinazione, vi ha reso rappresentanti di Cristo per operare "nel suo nome"; "preso fra gli uomini viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio" (He 5,1), come abbiamo proclamato nella lettura biblica. La vostra configurazione a Cristo, buon pastore, è un'esigenza e una possibilità per il fatto di essere suoi "strumenti vivi" (He 5,12). La sequela di Cristo, povero, obbediente e casto, vi fa diventare segni del suo modo di amare secondo i piani salvifici del Padre per il bene di tutti i fratelli. In modo particolare, la sequela di Cristo vergine vi farà comprendere che il celibato o castità consacrata, per il Signore e per il Regno dei cieli (cfr. Mt 19,12) vi rende capaci di una donazione sponsale, più generosa e assoluta a Cristo che vi manda e vi attende nel servizio ai fratelli, particolarmente i più poveri e abbandonati. Anche se ho rivolto le mie parole a tutti, sacerdoti, religiosi, seminaristi, persone consacrate, desidero ora salutare in modo speciale quanti si stanno preparando per diventare sacerdoti o a seguire il Vangelo nella vita religiosa. Voi siete il futuro e la speranza della Chiesa. La Chiesa del futuro sarà migliore se voi siete migliori; la Chiesa in Bolivia sarà una Chiesa evangelizzatrice dei poveri, se voi fin da adesso condividete la vita con Cristo povero, obbediente e casto; la Chiesa boliviana del V Centenario dell'evangelizzazione dell'America Latina e dell'anno duemila sarà una Chiesa missionaria, se voi crescerete con spirito missionario e universale; uno spirito senza frontiere che sia libero e generoso nella sua donazione a Cristo che aspetta nei fratelli bisognosi. Tutto ciò lo scoprirete nel "colloquio quotidiano" con Cristo amico, presente nell'Eucaristia e che vi segue parlando, amando e chiamando dalla parola viva e sempre giovane del Vangelo.


10. Tutti, sacerdoti, religiosi, seminaristi, in questo anno mariano, vi invito ad approfondire il sacerdozio di Cristo, la cui unzione per mezzo dello Spirito Santo ha avuto luogo nel seno di Maria, quando il Verbo si fece carne nel suo seno verginale.

Maria, che è vostra madre ha un titolo speciale, sarà il vostro modello e aiuto sicuro affinché la vostra vita si orienti totalmente secondo la carità di Cristo sacerdote e buon pastore. Maria, la quale dedico la sua vita alla crescita e alla formazione di Gesù (Lc 2,51-52), la cui fede "precede la testimonianza apostolica della Chiesa" (RMA 27), sia la vostra protettrice in ogni momento. Insieme ad essa c'è sempre san Giuseppe, il santo patrono di questo seminario, e che è il modello per ogni credente che voglia spendere la propria vita umilmente e silenziosamente servendo Gesù nato da Maria e presente nella Chiesa. Che lo spirito fraterno della sacra Famiglia regni nella famiglia del seminario, in ogni comunità religiosa, in ogni presbiterio.

Con questi ferventi desideri benedico di tutto cuore voi, così come anche tutti gli altri sacerdoti e religiosi della Bolivia che non hanno potuto essere presenti a questa celebrazione.


Data: 1988-05-11 Data estesa: Mercoledi 11 Maggio 1988




Con i giovani di Cochabamba (Bolivia)

Titolo: "Impegnate le vostre energie e donate il vostro giovane cuore all'edificazione di una società più giusta, fraterna e solidale"

Testo:


1. Accogliete il mio cordiale saluto, carissimi giovani della Bolivia, che avete voluto riunirvi con me in questa città di Cochabamba, ai piedi del Tunari, venendo dagli altopiani, dalle valli, dalla selva e dall'Oriente di questa bellissima terra, cuore del continente della speranza e della gioventù. Molte volte ho ricordato che voi siete il futuro della società e della Chiesa e che in voi ho fiducia, perché la vostra forza, la vostra speranza e il vostro affetto mi riempiono di gioia.

Il mio saluto e la mia parola si rivolgono anche a voi giovani del Paese tutto, che non potete essere qui; sappiate che vi ho tutti ugualmente presenti nel mio cuore, che prego per voi e che faccio affidamento sulle vostre preghiere.


2. Il testo del Vangelo che abbiamo appena proclamato è un palpitante racconto dell'incontro di Cristo con quei due discepoli che si dirigevano ad Emmaus.

Si allontanavano da Gerusalemme, di domenica, dopo gli avvenimenti della passione e morte di Gesù. Parlavano fra di loro di ciò che era accaduto negli ultimi giorni. Camminavano mesti - col "volto triste" (Lc 24,17), ci narra il Vangelo -, delusi. Il loro desiderio di seguire Gesù, la loro fede nel maestro, sembravano crollare da un momento all'altro, di fronte all'apparente sconfitta della croce.

Cari giovani, quante volte avrete sentito quella medesima perplessità e quella delusione! La disperazione, la tentazione dell'abbandono o della fuga, di fronte all'enormità dei problemi del mondo nel quale dobbiamo vivere, della società o della nostra stessa vita personale e nell'accorgersi che le soluzioni non sono nè semplici, nè immediate.

Non è facile capire il perché di tante situazioni di ingiustizia e di oppressione, di disprezzo dei diritti fondamentali della persona. Disuguaglianze senza alcuna possibile giustificazione dal punto di vista cristiano e nemmeno da quello umano, quando accanto a persone che navigano nella ricchezza e che si danno ad un consumo sfrenato, vi sono altri uomini che patiscono la fame e ogni sorta di necessità materiali e spirituali. Come ho scritto nella mia ultima enciclica, "è sufficiente guardare la realtà di una moltitudine innumerevole di uomini e donne, bambini, adulti e anziani, vale a dire di concrete ed irripetibili persone umane, che soffrono sotto il peso intollerabile della miseria" (SRS 13). E' lacerante inoltre vedere che tante situazioni di disuguaglianza ingiusta a livello locale, di gravissime carenze educative e sanitarie, in particolare nei villaggi contadini e nei sobborghi di periferia, sono a volte dovute alla scarsa coscienza civica nello svolgimento dei pubblici poteri, che spalanca le porte alla corruzione ed alla assenza di una civiltà del lavoro (cfr. Congr. Pro Doctr. Fidei "Libertatis Conscientia", 83), che costringono molti all'emigrazione per mancanza di opportunità lavorative, il che produce la paralisi economica.

Come potremmo accettare la crisi della famiglia, lacerata non soltanto dalla mancanza delle minime risorse che le danno la possibilità di nascere e di svilupparsi, ma anche dalla pornografia e dal lassismo sessuale, che impediscono il vero amore! Fra tanti segni di confusione, non tutti sono in grado di capire, che molti di questi mali nascono, in sostanza, da una enorme carenza di Dio nei cuori, da una perdita del senso trascendente della vita e dal crollo dei superiori valori che hanno dato un senso all'uomo nel suo cammino storico.


3. Di fronte a questo quadro, veramente oscuro, vi invito a rivolgervi a Gesù, Figlio di Dio, Figlio di Maria, a dialogare con lui, che ci accompagna sulla via, come quella sera fece con i due di Emmaus, anche se i nostri occhi sono ottenebrati o addirittura si chiudono ostinatamente per non riconoscerlo.

Fissiamo, cari amici, il nostro sguardo sui particolari della scena che ci viene narrata dall'evangelista Luca. Mentre essi camminano, Gesù si avvicina a quei due discepoli, che pero non lo riconoscono. Inizia una conversazione. Prende la parola uno di loro, chiamato Cleopa, il quale esterna il suo scoramento, la sua delusione. S'attendeva da Gesù di Nazaret ogni cosa ma ecco che "i sommi sacerdoti ed i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso" (Lc 24,20) e aggiunge, che sono già passati tre giorni (cfr. Lc 24,21). Il Maestro risponde: "Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?" (cfr. Lc 24,26). E subito dopo spiega loro come siano già state profetizzate nelle Sacre Scritture le sofferenze che doveva patire il Messia, la sua ignominiosa morte e la sua risurrezione.

Gesù, morto e risorto. mostra ai discepoli di Emmaus come il suo dolore, la sua passione e morte, non siano stati cosa inutile, una ulteriore prova della sua sconfitta, bensi, il prezzo della redenzione.

Tocchiamo qui, amici miei, uno dei più profondi misteri in cui l'uomo s'imbatte in questa vita: il mistero del dolore, della sofferenza, che ciascuno prova in sè lungo la propria esistenza e frequentemente anche in quella altrui. Ma questo medesimo soffrire dell'uomo si rivela (si scopre) come via redentrice in Cristo, che ha sofferto ed ora è glorioso alla destra di Dio Padre. Gesù mostra quella via ad ogni uomo, gli va incontro ed accompagna in particolare coloro che soffrono, per dimostrare loro che non è una vita senza senso; per mantenere palpitante in loro la speranza, con l'esempio della sua umile nascita, con la sua esperienza della persecuzione e dell'esilio in una terra straniera, con i suoi anni di vita dedita al lavoro quotidiano, con la sua passione e morte di croce; ma soprattutto con la vittoria sul peccato ed il definitivo trionfo sulla morte nella sua risurrezione gloriosa.

Questi sono alcuni fra gli aspetti salienti del passaggio del Figlio di Dio fra gli uomini. Per questo, seguendo l'esempio del Signore, la Chiesa ama ed è sempre accanto ai poveri, agli ammalati, agli emarginati, a coloro che soffrono.

In questo quadro ed in questa prospettiva assumono valore e acquistano forza le parole delle beatitudini, pronunciate da Cristo nel discorso della montagna (cfr. Mt 5,3-12).

Non interpretate queste cose, amatissimi giovani, come una giustificazione di atteggiamenti che possano favorire l'indifferenza o la inattività. Non smettete di preoccuparvi degli altri con la facile scusa che la vita è fatta così, che i problemi non hanno soluzione. Attraverso il dialogo con Gesù potete capire anche che la vostra patria boliviana, nazione dalle enormi risorse umane e dalle grandi possibilità materiali, vi chiama ad impegnare le vostre energie, a donare generosamente il vostro giovane cuore nella collaborazione all'edificazione di una società più giusta, più fiorente, più rispondente alla dignità dell'uomo. Un appello, soprattutto, a recuperare il vero senso dell'umano, orientando i passi sulle vie del Vangelo, il che significa considerarsi e comportarsi come figli di Dio. Vi accorgerete che dovete contribuire a vincere i "meccanismi perversi" e le "strutture di peccato" - fondate sul peccato, che è sempre personale - "mediante l'esercizio della solidarietà umana e cristiana, a cui la Chiesa invita e che promuove instancabilmente" (SRS 40).


4. Non è forse vero che provate inquietudine al pensiero di dover risolvere tutti questi problemi? Non è pure vero che i vostri migliori desideri si appuntano alla risoluzione delle profonde questioni poste dalla vita? Non sottraetevi ad esse, cari giovani; non decidete mai di fuggire di fronte alle difficoltà. I discepoli fuggivano da Gerusalemme verso Emmaus. Non mancheranno coloro che vi presenteranno, in modo molto allettante, soluzioni che in fondo nascondono una fuga, perché lasciano irrisolti i veri problemi.

Essi non saranno certamente risolti dal raggiungimento degli obiettivi di piacere propagandati dalla società consumistica dove l'importante è ciò che uno ha e non quello che uno è -, dove la ricerca egoistica del proprio benessere dimentica le situazioni di emarginazione, di solitudine ed abbandono che si possono dare intorno a noi. Non lasciatevi rendere schiavi delle cose, cadendo in un materialismo che lascia insoddisfatte le profonde aspirazioni della persona ed impedisce di trovare la vera felicità che solo si trova in Dio (cfr. SRS 28). "Ci hai creato, o Signore, per te - esclama sant'Agostino - ed il nostro cuore resterà inquieto finché non riposerà in te". E' questa la profonda verità che dà un senso alla vita - o al contrario, il grande dramma se la si rifiuta. Quanti giovani cercano disperatamente la felicità senza accorgersi che l'unica cosa che davvero può soddisfare il cuore dell'uomo e della donna è Dio! Quanti sforzi inutili, quante delusioni, quante sconfitte, per aver avuto fiducia e posto il centro della vita al di fuori di Dio! Cari giovani di Cochabamba e di tutta la Bolivia, non dimenticate mai quella rivelatrice esclamazione di sant'Agostino: perché siamo usciti dalle mani di Dio, soltanto in Dio troverà riposo e felicità la nostra anima. Gesù è l'unico che può accendere il nostro cuore con la fiamma inestinguibile dell'amore; non lo separate da voi per volgervi all'adorazione di falsi idoli, inerti e che nulla sanno delle vostre inquietudini.

State attenti a non lasciarvi sedurre da dottrine che cercano di giustificare la violenza o l'odio, che riducono i membri della famiglia umana a semplici fattori di un'evoluzione storica e che li contrappongono in una lotta di classe.

Non cadete nemmeno in quella fuga egoistica e fallace che consiste nel cercare la soddisfazione irrazionale degli appetiti: l'abuso dell'alcool, la droga, l'assenza di ogni regola morale nella condotta sessuale e la tentazione del facile arricchimento attraverso il traffico di narcotici sono tanti concentrati di seduzione che minacciano di distruggere le persone e la società.


5. Dialogando con Gesù senza che se ne accorgessero, si fece tardi. Il Vangelo ci racconta che: "Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano" (Lc 24,28). Giunge la notte. I discepoli si fermano.

Cari giovani: sulla via della vostra vita, non abbandonate la compagnia di Gesù. Se la debolezza della condizione umana vi dovesse portare talvolta a non adempiere ai comandamenti di Dio, volgete il vostro sguardo a Gesù e ditegli: "rimani con noi", ritorna, non ti allontanare. Recuperate la luce della grazia attraverso il sacramento della Penitenza. "Egli entro per rimanere con loro" (Lc 24,29) ci racconta l'evangelista. Gesù torna da voi ogni volta che ricevete l'assoluzione. Ogni volta che il sacerdote vi dice "Io ti assolvo", in quell'incontro personale con Dio che è la Confessione sacramentale, il Maestro ritorna ad abitare nella vostra anima, voi recuperate la grazia santificante, cioè l'amicizia con Gesù, se l'avevate persa.

"Rimani con noi". Gesù che attende l'invito dei due discepoli di Emmaus, si siede con loro al tavolo, prende il pane, lo benedice, lo spezza e lo dà loro.

In questo momento quei due uomini riconoscono il Maestro: "Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero" (Lc 24,31).

Alla supplica che anche noi oggi, sulla fine del XX secolo, rivolgiamo a Gesù - rimani con noi -, egli ci risponde con l'Eucaristia.

Il Maestro amico è rimasto presso i suoi, presso di noi, in questo mistero d'amore che è la sua presenza nel sacramento dell'Eucaristia. Cari giovani, qui incontrerete Gesù per dialogare con lui, per aprirgli il vostro cuore, per rivivere in voi ciò che accadde quella sera, sulla via di Emmaus.


6. I frutti del dialogo mantenuto dai discepoli di Emmaus con il Maestro, non tardano ad arrivare: con il cuore infiammato coloro che prima fuggivano, tornano adesso a Gerusalemme. "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?" (Lc 24,32) commentavano fra di loro.

Carissimi giovani, ragazzi e ragazze della Bolivia, dal vostro dialogo con Gesù otterrete senza dubbio forze per affrontare ancora una volta con decisione quei problemi. Dal dialogo con lui vi deriverà un nuovo vigore per difendere il valore e la dignità dell'uomo, il suo diritto alla vita in tutte le tappe del suo sviluppo, il suo diritto alla libertà e ad un'esistenza con le risorse economiche e morali sufficienti. Tornerete a difendere la pace di fronte alla violenza ed alla guerra. Tornerete a difendere una concezione dell'uomo aperta a Dio, di fronte alle visioni riduttive che impediscono lo sviluppo del suo destino soprannaturale. Tornerete a difendere la famiglia, cercando anche, in collaborazione con i vostri pastori, una adeguata preparazione alla vita matrimoniale. Aiuterete a risvegliare i giovani che troverete accanto a voi e che hanno considerato inutile ogni sforzo, optando per il disinteresse e la fuga.

Non dubitate di tornare a Gesù. Tornate quando avrete visto il suo volto: non il volto di un profeta nè quello di un saggio o di un liberatore, ma il volto di Dio fattosi uomo. Il Signore non vi chiederà di compiere grandi gesta, ma lo sforzo quotidiano di contribuire giorno dopo giorno alla costruzione della vostra patria attraverso una competente preparazione professionale, il compimento generoso di un lavoro realizzato nei confronti degli altri - senza lasciarsi portare dalla "fiacca" - servendo il fratello nelle mille occasioni piccole di ogni giorno.

Convinti che la cooperazione allo sviluppo di ciascun uomo è un dovere di tutti verso tutti (cfr. SRS 32), servite gli altri nella vostra esistenza quotidiana ed anche attraverso la vostra collaborazione ad iniziative di solidarietà umana e cristiana, specialmente in favore dei più poveri, dei malati, degli anziani, dei giovani che attraversano situazioni difficili ed in generale dei più bisognosi, tanto materialmente che spiritualmente. E soprattutto sfruttate compiutamente gli anni della giovinezza per formarvi seriamente ed in profondità. In questo modo vi preparate ad essere gli uomini e le donne del futuro, responsabili ed attivi nelle strutture sociali, economiche, culturali, politiche ed ecclesiali del vostro Paese che, informate dallo spirito di Cristo e dalla vostra capacità di conseguire soluzioni originali, permettano di raggiungere uno sviluppo sempre più umano e più cristiano.

Ma, - tornando al racconto evangelico -, prestate attenzione al fatto che i discepoli di Emmaus tornano a Gerusalemme perché hanno il cuore acceso. Quel ritorno non è frutto di un ragionamento a freddo, o del vedersi trascinati da fatti non voluti, o conseguenza di un atteggiamento imposto loro dal di fuori.

Tornano perché hanno il cuore infiammato ed hanno il cuore infiammato perché in esso è rimasto il Signore.

Con il cuore infiammato, dialogando con il Signore, forse qualcuno di voi si accorgerà che Gesù gli chiede di più, che il Signore lo chiama a donare tutto, per il suo amore. Al termine di questo incontro con voi, carissimi giovani, vorrei dire a ciascuno di voi: "se una tale chiamata giunge al tuo cuore, non farla tacere! Lascia che si sviluppi fino alla maturità di una vocazione! Collabora con essa mediante la preghiera e la fedeltà ai comandamenti!" ("Epistula Apostolica ad Iuvenes internationali vertente anno iuventuti dicato", 8, die 31 mar. 1985: , VIII, 1 [1985] 776). Vi è - lo sapete bene - un gran bisogno di vocazioni sacerdotali, religiose e di laici impegnati che seguano più da vicino Gesù. "La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,37-38). Con questo programma la Chiesa si rivolge a voi giovani. Pregate anche voi, e se il frutto di questa preghiera dovesse nascere nell'intimo del vostro cuore, ascoltate il Maestro che vi dice: "Seguimi" ("Epistula Apostolica ad Iuvenes internationali vertente anno iunentuti dicato", 8, die 31 mar. 1985: , VIII, 1 [1985] 776). Non abbiate paura e donate a lui, se ve lo chiede, il vostro cuore e la vostra vita intera.

Giovani di Bolivia, i problemi che affliggono la società e voi stessi non sono semplici nè facili. Vi è tutta una serie di soluzioni fittizie su cui non potete fondare la speranza della vostra vita. La soluzione la troverete nel dialogo con il Maestro-amico, con Gesù di Nazaret, che - morto e risorto - ci indica un cammino che ha inizio con la conversione del cuore, un cammino che egli vuole percorrere insieme a noi; un cammino di amore che ci infiamma il cuore e ci porta a dedicarci al servizio di Dio e degli altri.


7. "E fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro" (Lc 24,33). Negli Atti degli Apostoli risalta la presenza di Maria all'inizio del pellegrinaggio della Chiesa (cfr. Ac 1,14). Possiamo, pertanto, pensare che i due discepoli, ritornando a Gerusalemme, incontrano Maria, la Madre di Gesù.

Con loro, anche noi la troviamo. Nel messaggio che vi ho rivolto in occasione della Terza Giornata Mondiale della Gioventù, vi dicevo: "Imparate da lei ad ascoltare e a seguire la parola di Dio (cfr. Lc 1,38), imparate da lei a restare presso il Signore, benché ciò, qualche volta, possa costare molto" ("Nuntius ad Iuvenes Mariali Anno vertente", 4, die 13 dec. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 [1987] 1386).

Veniamo a Maria, madre nostra, venerata qui sotto il titolo di nostra Signora de Urkupina. E' lei il nostro riposo, in lei si rafforza la nostra speranza. Accoglici sotto la tua protezione "Madre Sovrana del Redentore, Porta del cielo sempre aperta; tu, che sulla terra ci hai preceduto nel pellegrinaggio della fede, confortaci nelle difficoltà e nelle prove e fa che siamo nel mondo segno e strumento dell'unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano. Amen" ("Prex Anni Marialis", 1.2, die 6 iun. 1987: , X, 2 [1987] 1996s).


Data: 1988-05-11 Data estesa: Mercoledi 11 Maggio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Con i sacerdoti religiosi e seminaristi - Cochabamba (Bolivia)