GPII 1988 Insegnamenti - Ai Vescovi del Kenya in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai Vescovi del Kenya in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il futuro della Chiesa in Kenya dipende dalla vita e dal ministero dei suoi preti

Testo:

Cari fratelli Vescovi.


1. Il significato spirituale della vostra visita "ad limina", che è un ritorno alle tombe dei beati apostoli Pietro e Paolo, ci offre una meravigliosa opportunità di confessare ancora una volta insieme la fede che ci unisce e che ci è stata tramandata dagli apostoli, testimoni privilegiati di quanto Gesù disse e fece "incominciando dal Battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo" (Ac 1,22). E' per noi occasione di sperimentare l'intensa gioia della particolare comunione fraterna e apostolica che ci unisce nel Collegio dei successori di quei primi testimoni, al cui posto siamo stati nominati.

Miei cari fratelli, in questa gioia e unità del cuore e della mente vi accolgo e saluto cordialmente. Alla vostra presenza io sento presente l'intera Chiesa del Kenya, i suoi sacerdoti, religiosi e laici. Rendo grazie a Dio per la grazia e la santità di vita che continuamente accorda a coloro che lo cercano con cuore sincero, per la vitalità delle vostre Chiese locali, per l'amore che unisce ed edifica l'intera comunità di fede nel vostro Paese.


2. Nel corso del mio ministero apostolico nella sede di Pietro, ho già avuto diverse occasioni di rivolgermi a voi, pastori della Chiesa in Kenya. Ricordo con grande piacere le due visite nel vostro Paese: la prima nel 1980 e la seconda in occasione del 43° Congresso internazionale eucaristico tenuto a Nairobi nel 1985.

Ci incontrammo anche nella vostra precedente visita "ad limina", nel dicembre del 1982. In queste occasioni ho cercato di compiere il compito a me affidato nella Chiesa: incoraggiarvi e confermarvi nella fede, rafforzarvi nell'unità, nell'amore e nella comunione con tutto il Corpo di Cristo.

Sono pienamente consapevole della vostra generosa dedizione al vostro ministero episcopale, alle necessità del vostro compito profetico, sacerdotale e pastorale nelle diocesi affidate alla vostra cura. Imploro Dio di sostenervi in questo servizio ecclesiale, per il bene spirituale e integrale di coloro che voi guidate nel nome di Cristo, a vantaggio di coloro che ancora non credono nel messaggio evangelico e per il bene delle future generazioni di kenyoti che avranno anch'essi il diritto di ricevere da voi il dono della fede, autentico e completo.

Come vostro fratello nel ministero apostolico, gioisco "al vedere la vostra condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo" (Col 2,5).


3. Oggi desidero accennare brevemente ad alcune delle principali questioni del vostro ministero, particolarmente in vista del centesimo anniversario dell'evangelizzazione del vostro Paese che comincio con l'arrivo dei missionari Spiritani nel 1889, seguiti presto da altri discepoli di Cristo, uomini e donne.

Un tale anniversario è un ottimo punto di osservazione da cui considerare quanto è stato fatto per costruire e consolidare "la casa di Dio" (1Tm 3,15) in mezzo a voi.

I vostri seminari e le case religiose di formazione sono piene. Il Kenya oggi può contare su molti candidati al sacerdozio e alla vita religiosa. Questa è una grande benedizione del Signore per tutta la Chiesa. E' una situazione che suscita gratitudine verso il "padrone della messe" che desidera mandare dei lavoratori nella sua vigna (cfr. Lc 10,2). E questo richiede attenzione e adeguate iniziative da parte vostra e da parte delle Congregazioni religiose per quanto riguarda la scelta e la formazione dei candidati. La recente introduzione di un "anno spirituale" prima dell'inizio degli studi di filosofia è un'indicazione del vostro desiderio di fare tutti i passi necessari per garantire che i vostri futuri sacerdoti abbiano il tempo necessario e l'opportunità per maturare la loro consapevolezza della vocazione e la loro risposta per amore di Cristo.

Il futuro della Chiesa in Kenya dipende in modo particolare dalla vita e dal ministero dei suoi sacerdoti. A loro volta, essi saranno propriamente formati per il loro ministero se i vostri seminari offriranno loro una intensa e completa formazione spirituale, intellettuale e umana, specialmente in relazione al generale crescente livello dell'educazione del Paese. Direttori e insegnanti del seminario devono essere acutamente consapevoli dell'importanza del loro lavoro, e devono ricevere il pieno incoraggiamento e sostegno della Chiesa locale. Devono ovviamente essere scelti tra i migliori ed essere adeguatamente preparati al loro compito (cfr. OT 4-5). I vescovi devono resistere alla tentazione di conservare i preti migliori "per quei compiti che, sebbene di più grande significato all'apparenza, non possono in alcun modo essere paragonati con quello del seminario, che è fondamentale e indispensabile" (Pii XI, "Ad Catholici Sacerdotii", die 20 dec. 1935: AAS 28 [1936] 37).


4. I seminaristi hanno bisogno dell'attenzione personale di uno staff esperto, specialmente riguardo alla loro più profonda formazione spirituale. Hanno bisogno di insegnanti e direttori che sappiano creare un clima di mutua fiducia, amicizia e apertura dentro la comunità del seminario, essenziale per lo sviluppo di un giusto atteggiamento di rispetto e obbedienza all'autorità, nel modo richiesto dal Vangelo e fortemente riaffermato dai decreti conciliari. Una comunità salda in seminario aiuta nello sviluppo delle virtù cristiane e nello stile di vita sacerdotale. In particolare contribuisce a stabilire un ben fondato apprezzamento e pratica della castità. Sarebbe ingiusto verso gli individui coinvolti e verso la comunità ecclesiale presentare all'ordinazione dei candidati non sufficientemente qualificati spiritualmente e intellettualmente. Per quanto urgenti siano le necessità di una diocesi, deve essere rispettato il principio conciliare che in ogni selezione e prova dei seminaristi, devono essere sempre fermamente rispettati dei criteri necessari (cfr. OT 6). Vi esorto, cari fratelli Vescovi, a fare di questa una delle priorità assolute nel vostro impegno comune.

Attraverso di voi invio un cordiale saluto ai vostri sacerdoti kenyoti e ai molti missionari, sacerdoti e religiosi, impegnati nel lavoro di formazione. La mia stessa esperienza di insegnamento mi fa comprendere le loro speranze e il loro profondo impegno, come anche le difficoltà che accettano di buon grado per l'edificazione del Corpo di Cristo, la Chiesa. Spero che tutti voi siate convinti della centralità di questo compito.


5. I vescovi sono chiamati a stabilire uno speciale rapporto di amicizia e fiducia con tutti i loro sacerdoti, che sono i più vicini e reali collaboratori nel ministero pastorale. La pace e il bene di una diocesi, così come la sua energia e il suo zelo, dipendono in larga misura dall'esistenza di un positivo rapporto tra il Vescovo e i sacerdoti e i religiosi (cfr. CD 16).

Voi, più di tutti, conoscete la bontà e l'impegno dei vostri sacerdoti.

Voi conoscete anche le difficoltà che affrontano quando certi fattori culturali e sociali si scontrano con la dottrina cristiana o le esigenze del sacerdozio cattolico. Talvolta essi sono privi di sostegno fraterno perché devono vivere soli e lontani gli uni dagli altri. L'esperienza dimostra che c'è un solo reale ed efficace rimedio: una profonda fede personale, alimentata da una costante preghiera, e uno stile di vita fondato sulla donazione di sè, e sull'umiltà, nel tentativo di identificarsi sempre più pienamente con Cristo, il sommo sacerdote che offri se stesso senza macchia a Dio (cfr. He 9,11-14). Per questo motivo ogni cosa che fate in collaborazione con gli altri e con le comunità religiose, per sostenere e aumentare la crescita spirituale e la comunione fraterna dei sacerdoti che lavorano nelle vostre diocesi, è un meraviglioso servizio a loro e alla Chiesa.


6. Per la loro vita e il loro ministero, i sacerdoti e i religiosi nel vostro Paese hanno un compito e una responsabilità speciale nell'"incarnazione" del Vangelo nella cultura del popolo che essi servono. La Parola di Dio è diretta a tutte le culture, e il lavoro da compiere è di tradurre il deposito della fede, nella sua originalità e senza tradimenti, nella legittima varietà di espressioni presenti presso i vari popoli del mondo. L'inculturazione non è semplice assimilazione di costumi locali, espressioni o prospettive nella vita della Chiesa. Essa deriva soprattutto dall'autentico potere del Vangelo di trasformare, purificare ed elevare il genio e i valori di ogni cultura.

Una volta che gli elementi di una particolare cultura siano visti fedelmente conformarsi alla rivelazione così com'è posseduta e trasmessa dalla Chiesa, essi potranno venire incorporati nel culto, nella vita e nel ministero della comunità ecclesiale. C'è sempre bisogno di un autentico discernimento che è soggetto al carisma pastorale affidato al magistero dei Vescovi.


7. Ricordare l'importante ruolo dei catechisti e degli insegnanti cattolici nell'evangelizzazione del vostro Paese vuol dire qualcosa di evidente per voi che lavorate con loro ogni giorno e da loro dipendete nel vostro ministero pastorale.

Sono consapevole dei molti sforzi che fate per dare loro la formazione e il sostegno necessari. A tutti loro mando un saluto speciale nel Signore, e gli chiedo di rafforzare la loro fede e sostenerli nel consolidare le comunità cristiane in cui lavorano. Oggi c'è bisogno anche di una migliore catechesi degli adulti, per quanti si avvicinano alla fede per la prima volta e per i fedeli in generale che sono chiamati a vivere la loro vita cristiana in un mondo sempre più complesso e talvolta secolarizzato. La difesa della famiglia cristiana, il sostegno della dignità della persona umana di fronte a vecchie e nuove forme di violenza contro l'immagine di Dio in ogni individuo, compreso il bambino non ancora nato, sono gravi provocazioni che richiedono l'unità e la collaborazione tra clero e laicato. Sono anche aree in cui può portare benefici risultati uno spirito di collaborazione ecumenica con i membri di altre Comunità cristiane e un dialogo con i seguaci di altre tradizioni religiose.

Nello spirito del recente Sinodo dei vescovi sui laici, la Chiesa è chiamata a incoraggiare l'impegno dei laici a tutti i livelli, nelle parrocchie, attraverso le organizzazioni laicali e aiutando i laici ad assumere il proprio ruolo di responsabilità nelle attività della Chiesa. Molto è già stato fatto in questo campo, e voi avete manifestato la vostra intenzione di continuare su questa strada nelle vostre Chiese locali, cercando di incrementare la formazione dei laici per i loro compiti specifici, ecclesiali e sociali. Non esitate a promuovere la formazione di leaders cattolici capaci di assumere un ruolo preminente nella vita pubblica e culturale del vostro Paese. Per raggiungere questo scopo, avete a Nairobi l'Istituto Superiore Cattolico dell'Africa orientale, che ho avuto la gioia di inaugurare durante il Congresso eucaristico internazionale del 1985.

L'Istituto offre inesauribili risorse per l'educazione dei leaders laici, e anche per tutta la vita spirituale ed ecclesiale delle vostre Chiese locali che stanno crescendo. Vi esorto a portare a compimento i molti progetti che avete in mente per il continuo miglioramento dell'educazione cattolica.

Da questo punto di vista è confortante sapere che viene data più attenzione alla presenza dei cattolici nei mass-media, e che state per dare risposta al bisogno di un giornale cattolico. I promotori di queste iniziative devono muoversi per il desiderio sincero di servire il progresso reale e il bene dei loro concittadini.


8. Miei cari fratelli Vescovi: chi guarda allo stato della Chiesa in Kenya è subito colpito dal senso di impegno, il duro lavoro e la donazione di sè che caratterizza voi, Pastori, e i vostri collaboratori. Tanto avete fatto in questi cento anni! E sempre nuovi progetti vengono iniziati. Il progresso della Chiesa nella vostra terra è simbolizzato, in un certo senso, dalla creazione di quattro nuove diocesi negli ultimi quattro anni. Nairobi stessa è la sede di varie organizzazioni internazionali e regionali e degli uffici africani di varie organizzazioni cattoliche, le quali tutte saluto e incoraggio nelle loro attività.

Ma è soprattutto la profonda vita dello Spirito, la crescita in grazia e santità, che costituisce il vostro principale impegno. Dobbiamo rendere grazie umilmente a Dio per la sua grazia e la sua misericordia. Possiate voi mettere in atto con sempre maggior successo le parole che il Concilio ha rivolto ai Vescovi: ""Perseveranti nella preghiera e nel ministero della parola" (Ac 6,4), pongano ogni loro impegno, perché tutti quelli che sono affidati alle loro cure siano concordi nella preghiera, e perché, frequentando i santi sacramenti, crescano nella grazia, e siano fedeli testimoni del Signore" (CD 15).

In questo anno mariano vi affido alla beata Vergine Maria. La sua intercessione e il suo esempio di discepola costituiscono una delle fonti più fruttuose di forza e ispirazione per i vostri e nostri fratelli e sorelle nella fede.

Vi prego di portare al vostro popolo i miei saluti e il mio amore nel Signore Gesù Cristo. Con la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-02-20 Data estesa: Sabato 20 Febbraio 1988




Visita pastorale del Vescovo di Roma - Roma

Titolo: Parrocchia di santa Prisca all'Aventino

Testo:

[Il saluto e l'augurio ai giovani della comunità parrocchiale] Saluto cordialmente tutti i membri della vostra parrocchia in questo primo incontro con la vostra comunità parrocchiale in santa Prisca. La saluto soprattutto attraverso i giovani perché i giovani sono i primi ad essere accorsi all'incontro col Papa. Ho sentito una bella canzone che riproponeva una bella parola: camminero. L'avete ripetuta più volte questa parola. Ecco, camminare vuol dire spostarsi lungo una strada, spostarsi geograficamente, territorialmente. Ma questa parola ha anche un altro significato, ben più elevato. Quando voi cantate camminero pensate forse ai due suoi significati: quello che è proprio alle vostre comunità giovanili, soprattutto agli scouts che qui sono molto numerosi; fate le escursioni, andate a conoscere le bellezze naturali del vostro Paese e di altri Paesi. Ma fate anche un'altra esperienza di cammino, e questa volta si tratta di un'esperienza spirituale. Si cammina cioè non solo con i piedi, e con le gambe, ma si cammina anche con lo spirito. E oggi la Chiesa inaugura un nuovo periodo liturgico, il periodo della Quaresima - questa è infatti la prima domenica di Quaresima - e dunque questa parola, camminero, deve risuonare nei vostri cuori, nella vostra coscienza con il suo significato spirituale, perché Cristo ci invita, dal mercoledi delle Ceneri e da oggi, ci invita a compiere un cammino insieme con lui. Lo fa sempre per la verità, durante tutto l'anno, durante tutta la vita. Ma ci sono dei momenti in cui questo suo invito risuona più fortemente. Ecco, la Quaresima è appunto uno di questi periodi forti, quando si deve cioè sentire tutta la forza dell'invito di Cristo a camminare insieme con lui, e si deve anche dare una risposta, con maggior forza e con il nostro spirito. Oggi la liturgia ricorda un momento strano, in cui Cristo, essendo Figlio di Dio, ha permesso di essere tentato dal demonio, dallo spirito maligno. Ma lo ha permesso per mostrare a tutti voi che in questo cammino, il quale, attraverso questo mondo, conduce alla salvezza, certamente incontrerete diversi ostacoli, diverse tentazioni. Molte volte il male cercherà di presentarsi più volte, più convincente, più attraente; qualche volta può bastare una distrazione per consentirgli di occupare il vostro spirito e di dominare la speranza. Ecco, Cristo ha subito, ha accettato di essere tentato per mostrarci anzi per mostrarsi uomo, e simile a noi, simile anche in tentazione ma mai nel peccato. Ecco dobbiamo cercare di capire bene l'invito di Cristo all'inizio della Quaresima: l'inizio del camminare insieme a lui attraverso le prove e le difficoltà della nostra vita. Camminare attraverso tutto ciò nella certezza della vittoria sul nemico, nonostante tutto. Questo è il cammino che Cristo ha tracciato nel suo mistero pasquale; il giorno del Venerdi santo sembrava che tutto fosse finito, che il Messia, o quello che si presentava come il Messia era già sconfitto, totalmente. Invece, la mattina della Pasqua ci fu la risurrezione. Questo è il mistero pasquale, il quale ci dice sempre che la vittoria finale appartiene a Dio, dunque appartiene a noi. Questa è la sorgente della nostra speranza. Io auguro a voi giovani, anche ai più piccoli, di prendere parte a questo cammino: camminate con Cristo! Sono certo che voi camminerete con Cristo, a cominciare dalla Quaresima, per tutta la vostra vita. Vi convincerete della superiorità del bene sul male.


1. "Ecco io stabilisco la mia alleanza con voi" (Gn 9,9).

Oggi prima Domenica di Quaresima, la Chiesa ci ricorda nella liturgia l'alleanza stipulata da Dio con il patriarca Noè dopo il diluvio. E, questa, una delle alleanze che formano la storia della salvezza nell'Antico Testamento: "Molte volte e in diversi modi Dio ha parlato ai padri per mezzo dei profeti", leggiamo nella lettera agli Ebrei (cfr. He 1,1); "Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza" proclama la IV Preghiera Eucaristica.

"Ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi; con ogni essere vivente... uccelli, bestiame e bestie selvatiche, con tutti gli animali che sono usciti dall'arca" (Gn 9,9-10).

In queste parole del Libro della Genesi sentiamo una chiara eco del primo capitolo dello stesso Libro, nel quale Dio sottomette al dominio dell'uomo tutto il creato.

Nella storia biblica l'opera della creazione e l'alleanza camminano insieme.


2. L'alleanza con il patriarca Noè è caratterizzata dal fatto che essa è stata stabilita dopo il diluvio. Questo era stato causato dai peccati commessi dagli uomini d'allora. L'alleanza era quindi un segno del perdono e della grazia da parte di Dio.

"Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutto nessun vivente dalle acque del diluvio, nè più il diluvio devasterà la terra" (Gn 9,11).

Dal Libro della Genesi si può dedurre che il diluvio biblico, che devasto la terra e tutto ciò che esisteva in essa, tranne gli esseri salvati nell'arca di Noè, fu il castigo per un altro diluvio, quello del peccato (cfr. Gn 6), nel quale si resero ben presto evidenti gli effetti della corruzione provocata dal peccato originale nei cuori e nelle coscienze del genere umano. A causa della prima trasgressione l'uomo si trovo sotto l'influenza del "padre della menzogna" (cfr. Jn 8,44), che nella Sacra Scrittura è chiamato anche "il principe di questo mondo" (Jn 12,31 cfr. Jn 14,30 Jn 16,11).


3. Se la Chiesa ci ricorda tutto questo nella prima Domenica di Quaresima, lo fa per introdurci nel mistero e insieme nella realtà della Nuova ed Eterna alleanza, che l'Eterno Padre ha concluso con il genere umano in Cristo: nella sua croce e nel suo sangue. Nella sua morte e nella sua risurrezione.

Ecco, Cristo è già presente nel mondo. Il brano del Vangelo di Marco informa che Egli è venuto in Galilea per proclamare il Vangelo di Dio, e che, prima ancora, Egli ha subito nel deserto una tentazione per opera dello stesso "padre della menzogna" e "principe di questo mondo".

"Lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana" (Mc 1,12).

Il racconto è conciso. Gli altri Evangelisti sinottici danno più ampi particolari. Il fatto della tentazione di Gesù nel deserto deve essere letto nel contesto della logica dell'incarnazione. Dato che il Figlio di Dio si è fatto uomo, dato che è venuto "nel mondo" ed ha voluto mostrare che egli accoglie questo mondo e l'uomo così come è in realtà, ha anche voluto sottomettere la sua vera umanità all'influenza tentatrice del "principe delle tenebre". Soltanto in un tale contesto è possibile comprendere poi pienamente le parole: "Io sono la luce del mondo" (Jn 8,12), oppure l'espressione di Simeone: "Luce per illuminare le genti" (Lc 2,32).


4. La Chiesa ricorda tutto questo all'inizio del periodo che, come il digiuno di Cristo nel deserto, dovrà durare quaranta giorni. Di qui deriva tale riferimento nell'odierna liturgia.

Tuttavia il pensiero di questa celebrazione non si ferma soltanto su tale avvenimento.

Esso va verso l'alleanza di Dio con l'uomo, che deve compiersi in modo definitivo nella morte di Cristo.

Ecco le parole dell'apostolo Pietro: "Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito" (1P 3,18).

Qui san Pietro fa riferimento a Noè e alla sua arca, per dire che la morte di Cristo annunzia la salvezza a quelli che morirono allora (cfr. 1P 3,19-20).

Ma poi l'apostolo spiega il significato del Battesimo, nel quale egli vede un'analogia con l'esperienza biblica del diluvio e dell'arca, quando gli uomini furono salvati per mezzo dell'acqua (cfr. 1P 3,20). Nel Battesimo la forza salvifica del sacramento deriva non dall'acqua in sè, che ne è soltanto un simbolo espressivo, ma dalla potenza della risurrezione di Cristo.

E' la stessa verità che proclama san Paolo nella lettera ai Romani, scrivendo del battesimo che abbiamo ricevuto nella morte di Cristo, per partecipare poi alla sua vita, rivelata dalla risurrezione (cfr. Rm 6,1ss).


5. La liturgia della Quaresima - come si vede - ci prepara sin dall'inizio agli avvenimenti pasquali. Questo è il suo fondamentale significato e scopo.

In un tale spirito ciascuno di noi deve meditare le parole del salmista dell'odierna liturgia, e pregare con lui: "Fammi conoscere, Signore, le tue vie,/ insegnami i tuoi sentieri. / Guidami nella tua verità e istruiscimi" (Ps 25[24], 4-5).

Qui si tratta degli insegnamenti più importanti per la vita della Chiesa, delle verità decisive e definitive, che nel tempo pasquale, e prima ancora nella Quaresima, sono particolarmente condensate.

Alla luce di queste verità e di questi insegnamenti possiamo pienamente riconoscere che: "Buono e retto è il Signore, / la via giusta addita ai peccatori; / giuda gli umili secondo giustizia, / insegna ai poveri le sue vie" (Ps 25[24],8-9).


Proprio questo è il senso dell'alleanza, che Dio molte volte ha offerto agli uomini, nella storia della salvezza, per preparare l'alleanza ultima e definitiva nel sangue di Cristo, nella sua croce e nella sua risurrezione.

Se il salmista prega, "Ricordati, Signore, del tuo amore, della tua fedeltà che è da sempre", (Ps 25[24],6), il mistero della redenzione di Cristo costituisce la realizzazione di queste parole.

Un tempo - dopo il diluvio - il segno dell'alleanza era un arcobaleno sull'orizzonte.

Ora questo arcobaleno di pace lo è, in definitiva, la croce sul Golgota: la croce sull'intero globo terrestre.


6. La croce di Cristo risplende anche sulla vostra parrocchia di santa Prisca, carissimi fratelli e sorelle. Anche la vostra parrocchia è entrata con tutta la Chiesa, nel periodo della Quaresima per conoscere e percorrere le vie del Signore.

Con tutta la Chiesa, che è in Roma e nel mondo intero, anch'essa ha intrapreso il suo cammino, per impegnarsi sempre più a corrispondere alla missione che nei nostri tempi il Signore le ha affidato.

In questa visuale universale, mi è caro porgere a tutti il mio saluto: al Cardinale vicario; al Vescovo monsignor Filippo Giannini, ausiliare per il Centro di Roma; a Monsignor Lorenzo Micheli Filippetti, prelato emerito della missione agostiniana di Chuquibambilla, particolarmente poi, al parroco, padre Antonio Lombardi ed ai suoi collaboratori.

Santa Prisca è una chiesa antica, e la tradizione ama attribuire a questo luogo la presenza, nella Chiesa domestica di Aquila e Priscilla, dell'apostolo Pietro, il quale avrebbe celebrato qui i divini misteri.

Pur prescindendo dall'attendibilità storica di questa tradizione, mi è gradito riferirmi proprio al ministero di Pietro in questa città per meditare con tutti voi, cari fedeli di santa Prisca, sull'impegno di testimonianza, richiesto ai fedeli di oggi, richiesto a voi! Non ci troviamo in qualche modo, in una situazione analoga a quella presentatasi a Pietro quando venne a Roma? Voi conoscete il volto cosmopolita di questo territorio, segnato dalla presenza di persone provenienti da tanti parti del mondo, ed appartenenti a diverse confessioni religiose. E' chiaro che tale fatto richiede anche da voi un impegnativo compito di testimonianza e mette tutta la vita pastorale in atteggiamento di annuncio missionario, di dialogo, di ricerca, di accoglienza. La tensione apostolica di Pietro, e di coloro che per primi ne accolsero il lieto annuncio, illumina la missione della vostra parrocchia.

Mi riferisco inoltre ad un'altra caratteristica della vostra comunità: quella di un progressivo "ringiovanimento" della popolazione, indotto dall'insediamento o dal ritorno di nuove famiglie, con un tenore di vita generalmente buono ed elevato. I cristiani sanno ringraziare Dio per i doni che egli elargisce nella sua provvidenza e si sforzano di conoscere, con premurosa attenzione di fede, le vie che egli indica, ben sapendo di dover testimoniare quanto buono e retto è il Signore. La fede battesimale, che riconosce i segni della bontà divina, vi invita a chiedere altresi con umiltà di essere guidati per le vie dello Spirito così da non cadere nella facile tentazione della dimenticanza dei valori eterni e non cedere alla povertà del consumismo materialistico.


7. Il mio pensiero va ancora alle numerose comunità religiose. Son ben ventitrè.

Le saluto tutte, in modo particolare l'abate ed i religiosi, professori ed alunni dell'Ateneo di sant'Anselmo, nonché le suore e gli ammalati della clinica del "Santo Volto".

Una parola di compiacimento e di incoraggiamento al Consiglio pastorale e per gli affari economici della parrocchia; ai numerosi giovani dell'Agesci, ai catechisti, ai quali è affidato l'itinerario della preparazione dei ragazzi alla Comunione ed alla Cresima. Un saluto speciale a coloro che frequentano i corsi di catechismo per gli adulti.

Desidero, inoltre, rivolgere un pensiero a tutti coloro che si interessano delle opere di carità. La vostra carità, ovviamente, trascende i confini territoriali della parrocchia, ed apre il suo sguardo a tante situazioni di indigenza e talvolta di miseria, che toccano altre vaste fasce dell'area urbana, segnate da particolari casi di emergenza. Vorrei dire a tutti: abbiate occhi aperti e vigilanti, abbiate cuore generoso, tanto per constatare le situazioni che vi interpellano, considerandole con animo illuminato dalla fede, quanto per rispondere ad esse con generosità verso chi ha bisogno, anche se si tratta di persone che vivono lontano da voi. Per questo desidero incoraggiare vivamente tutte le iniziative del gruppo "caritas" e dei gruppi di volontariato, organizzati dalla parrocchia.

Da ultimo un pensiero ai gruppi di preghiera e di animazione liturgica, con particolare riguardo alle persone anziane che, come "Lampade viventi" fanno salire permanentemente al Signore, in questa chiesa parrocchiale, le loro adorazioni e le loro suppliche.


8. "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4).

La liturgia ci ricorda queste parole di Cristo rivolte al tentatore.

Quanto significative esse sono all'inizio della Quaresima! "Non di solo pane"... tale è il senso del digiuno, di una temperanza nel mangiare e nell'utilizzare i beni materiali.

Ma: "di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".

Quindi dedicare più tempo e più spazio a questo cibo che nutre la mente e il cuore, che nutre l'anima.

Nello spirito di queste parole di Cristo, ripetiamo spesso nell'attuale periodo: "Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio" ("Cantus ad Evangelium").

Si. Gloria a te, Verbo, che ti sei fatto carne. Gloria a te, Cristo, nostro Redentore. "Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68).

[Gli incontri con le comunità religiose e col Consiglio pastorale] Ringrazio cordialmente per le parole che mi ha rivolto il presidente del Consiglio pastorale, parole che rappresentano la sintesi di ciò che il consiglio stesso deve essere.

Ascoltando, pensavo allo stesso tempo - e non per una sorta di dissipazione mentale, ma al contrario, per concentrare di più l'attenzione - pensavo a due fili conduttori della visita in questa parrocchia. Uno, antico, e che deriva dal nome stesso della parrocchia, santa Prisca, e ci fa pensare ai tempi apostolici, ai tempi di san Pietro e di san Paolo (persone che ci sono ben note nelle lettere, appunto "apostoliche"). La Chiesa primitiva... C'erano anche allora dei laici, come ad esempio la stessa santa Prisca. Ed era una Chiesa fondata, allora, principalmente su Chiese "domestiche". Un clima apostolico che ancora oggi respiriamo, a Roma, accanto alle Basiliche e a ciò che rimane di quei tempi.

L'altro filo conduttore a cui pensavo è il Concilio Vaticano II. E infatti il Consiglio pastorale è espressione ecclesiologica appunto del Concilio Vaticano II, grande Concilio del nostro secolo.

E' soprattutto importante che il Concilio, dopo aver posto in primo piano il mistero della Chiesa fondato sulla Trinità, come modello divino-umano, subito dopo abbia posto il Popolo di Dio, e successivamente, la Chiesa gerarchica.

Ecco, io penso che una struttura come il Consiglio pastorale - e strutture di questo tipo esistono in quasi tutte le parrocchie romane - sia espressione dell'ecclesiologia del Concilio Vaticano II, e allo stesso tempo dell'ecclesiologia apostolica, dei primi tempi della Chiesa.

E infatti, nella Chiesa non c'è solo una responsabilità dei sacerdoti e delle vite consacrate. In virtù del Battesimo siamo tutti consacrati, e tutti siamo chiamati a partecipare all'unico sacerdozio di Cristo, alla sua missione profetica e regale.

Tutto questo trova appunto espressione nel concetto di apostolato, un tema molto vicino al Concilio Vaticano II. Apostolato dei laici... Il presidente del Consiglio pastorale di santa Prisca ha pronunciato alcune espressioni che mi sono sembrate molto interessanti, come quando ha parlato del volontariato, ma ha anche lamentato che non c'è ancora un'adeguata partecipazione. E infatti qui il nucleo di ciò che deve essere il vostro apostolato di laici: la partecipazione.

Noi tutti partecipiamo al grande mistero divino, siamo partecipi di Cristo e della sua missione. E nella partecipazione ci sono impegni, carismi diversi; ma tutti insieme formiamo il Corpo di Cristo, la Chiesa.

Vi ringrazio per la vostra presenza e per la vostra partecipazione e voglio esortarvi a proseguire sulla strada del volontariato. E' necessario, per diventare responsabili. Ma ci vuole anche una maturazione, per poter partecipare al bene comune: Cristo cui partecipiamo attraverso i sacramenti, e tutto questo mistero divino-umano si realizza infatti nella Chiesa. Li continua l'incarnazione.

La prima incarnazione si è manifestata attraverso il "fiat" di una sola persona e si è poi realizzata attraverso tanti "si" rivolti al Padre.

Vi auguro di proseguire su questa strada. E' una parrocchia ricca di significative presenze religiose, la vostra. E questa parrocchia è interessata più di altre, proprio per l'antichità della sua chiesa, a un rinnovamento organico secondo le linee del Concilio Vaticano II, e secondo le stesse linee della Chiesa primitiva, della Chiesa apostolica, vicina a Cristo e a Pietro. Auguro a tutti e alle vostre famiglie una buona Quaresima, che sia una buona preparazione alla santa Pasqua, e vi benedico.


Data: 1988-02-21 Data estesa: Domenica 21 Febbraio 1988





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