GPII 1988 Insegnamenti - In occasione della "Giornata universitaria" in Italia - Città del Vaticano (Roma)

In occasione della "Giornata universitaria" in Italia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera del Cardinale Casaroli al rettore della Cattolica

Carissimo professore.

Approssimandosi l'annuale "Giornata universitaria", nella quale la comunità cattolica italiana è invitata a prendere rinnovata coscienza delle finalità per le quali è sorto codesto Ateneo, il Santo Padre desidera sottolineare ancora una volta la nobiltà di tale causa ed esortare i fedeli a volerla sostenere con il loro appoggio fattivo.

Egli ha appreso con compiacimento che, per la circostanza, l'Università invita a riflettere su un argomento che tocca i complessi problemi morali emergenti dalla quotidiana esperienza dell'uomo contemporaneo, indicati nel tema: "Vita, lavoro, comunicazione, le sfide etiche del progresso scientifico".

L'era in cui viviamo è testimone di sempre nuove conquiste della scienza e della tecnica, con la scoperta e il dominio di energie della natura, fino a ieri ignote. Tale incremento delle risorse e delle conoscenze amplia, da una parte, la gamma delle scelte possibili, ma postula, dall'altra, una sempre più vigile ed informata coscienza etica. Il progresso tecnico, infatti, non è privo di una intrinseca ambiguità, che si presta ad applicazioni talvolta contrarie al vero bene dell'uomo. Ne fanno prova il moltiplicarsi delle possibilità di attentati alla vita in ogni suo stadio, il rischio ecologico e l'impoverimento della qualità della vita e del lavoro.

A un'osservazione attenta dei fenomeni non sfuggono le radici culturali di tali deviazioni. Esse si trovano, ad esempio, in quelle visioni riduttive o distorte dello sviluppo, sul quale il Santo Padre ha richiamato l'attenzione nella recente enciclica "Sollicitudo Rei Socialis": la concezione ingenuamente ottimistica di un progresso lineare e saggio, di chiara matrice illuministica; quella, di stampo economicistico, ispirata a un programma di mera accumulazione quantitativa di beni e di servizi; quella, ancora, che rivolge tutte le sue speranze all'espansione della scienza e della tecnica, da cui s'attende la soluzione di ogni problema.

Elaborare una visione autenticamente e integralmente umana dello sviluppo, indicando chiaramente la illusorietà dei miti sottesi a tali concezioni dello sviluppo, è preciso compito di chi professionalmente si dedica allo studio e alla ricerca. Uno sviluppo che voglia, peraltro, ispirarsi a quell'"umanesimo plenario", di cui parlo Paolo VI nell'enciclica "Populorum Progressio", non può non fondarsi su di un'antropologia aperta alla trascendenza, qual è quella suggerita dalla narrazione biblica: in essa l'uomo è posto al vertice del cosmo in quanto creato da Dio a sua immagine e somiglianza e, come tale, impegnato a sviluppare tutte le potenzialità del creato, nel rispetto delle leggi e dei limiti in esso originariamente iscritti dal suo artefice divino. Alla luce di tale antropologia, integrata dalle due opzioni tipicamente evangeliche della sollecitudine per i poveri e della destinazione universale dei beni, dalle quali il Sommo Pontefice ha tratto, nella menzionata enciclica, i due principi-guida della interdipendenza e della solidarietà, è possibile all'uomo moderno giungere ad invertire la tendenza, oggi drammaticamente avvertita, all'aggravamento degli squilibri nel mondo.

L'interdipendenza, dei singoli come delle nazioni, che è, in ogni caso, un dato oggettivo del mondo contemporaneo, si configura eticamente come una tensione spirituale a percepire come propri i problemi altrui. Essa è, perciò, "categoria morale" che esprime e stimola la solidarietà intesa come "determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno" (SRS 38). Ciò è possibile quando l'altro è percepito come "prossimo", cioè come persona, il cui destino ci sta a cuore e misteriosamente ma realmente si intreccia col nostro.

Alla luce di tali valori non è difficile trarre illuminanti indicazioni per ciascuno dei tre campi evocati dal tema della "Giornata universitaria": la vita, il lavoro, la comunicazione E' convinzione comune che lo straordinario sviluppo scientifico e tecnologico, applicato ai delicati processi della vita, dischiuda promettenti orizzonti, ma insieme susciti motivate inquietudini. Al riguardo, occorre aver sempre presente l'antico ma irrinunciabile principio secondo cui non tutto ciò che è tecnicamente possibile è per ciò stesso moralmente lecito. Sull'argomento il Santo Padre s'è ripetutamente soffermato, specialmente negli incontri con i rappresentanti della scienza medica, ricordando che "la norma etica, fondata sul rispetto della dignità della persona, deve illuminare e disciplinare tanto la fase della ricerca quanto quella dell'applicazione dei risultati in essa raggiunti"(Cfr. , III, 2 [1980] 1008).

Anche nello studio e nella soluzione dei problemi del lavoro, va custodita e promossa la gerarchia dei valori suggerita dall'enciclica "Laborem Exercens": il primato dell'uomo sul lavoro, del lavoro sul capitale, della destinazione universale dei beni della terra sulla pur legittima libertà di intrapresa economica. Spetta in special modo agli economisti di elaborare uno statuto disciplinare della scienza economica, ove i criteri etici di solidarietà e di giustizia non siano estrinsecamente proposti come correttivi della dinamica dello sviluppo, ma figurino come operanti dal suo interno, così da determinarne il senso e le caratteristiche.

Da ultimo, in tema di tecnologie applicate alla comunicazione, gli uomini di studio e gli operatori devono vigilare nei confronti dei processi di concentrazione su scala mondiale, ove i Paesi in via di sviluppo vengono degradati a semplici parti di un gigantesco ingranaggio, nel quale sono più oggetto che soggetti dei propri destini.

Nella recente enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" il Sommo Pontefice ha rilevato che "ciò si verifica spesso anche nel campo dei mezzi di comunicazione sociale, i quali, essendo per lo più gestiti da centri nella parte Nord del mondo, non tengono sempre nella dovuta considerazione le proprietà ed i problemi propri di questi Paesi né rispettano la loro fisionomia culturale, ma non di rado impongono una visione distorta della vita e dell'uomo e così non rispondono alle esigenze del vero sviluppo" (SRS 22).

Sono temi, come è facile vedere, di grande rilevanza per l'instaurazione di una convivenza degna dell'uomo. Il Santo Padre auspica che la riflessione su di essi, alla luce dei principi cristiani, possa stimolare nei fedeli un rinnovato impegno per la tutela di quei fondamentali valori etici dai quali dipende la piena realizzazione dell'uomo.

Con questi voti il Sommo Pontefice imparte volentieri a lei, signor rettore, ai professori ed agli alunni di codesta Università, a lui tanto cara, la propiziatrice benedizione apostolica. Egli è lieto, altresi, di farle avere una sua offerta (lire cento milioni), segno di apprezzamento e di affetto.


Mi valgo della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio della signoria vostra illustrissima devotissimo Agostino Cardinal Casaroli


Data: 1988-04-12 Data estesa: Martedi 12 Aprile 1988









Ai partecipanti all'XI Congresso europeo di Medicina perinatale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "No" alla legalizzazione dell'eutanasia neonatale

Testo:

Illustri signori.


1. Sono lieto di questo incontro con voi in occasione dell'XI Congresso europeo di Medicina perinatale. Vi porgo il mio saluto, che estendo con vivo senso di apprezzamento agli organizzatori ed ai relatori del simposio.

La vostra presenza, illustri signori, evoca al mio pensiero l'impegno scientifico e curativo che, soprattutto in questi ultimi decenni, ha caratterizzato questa vostra specialità. La medicina perinatale si giustifica e si incentra nello sforzo qualificato e assiduo di salvare, proteggere e promuovere la vita e la salute del nascituro e del neonato e, simultaneamente, la vita e la salute della madre. La vostra specialità è tutta pervasa da questo "ethos" in favore della vita nascente: è stata questa finalità a far compiere progressi scientifici alla disciplina e a rendere migliore la qualità dell'assistenza prenatale, perinatale e neonatale.


2. L'ampio programma del vostro convegno internazionale rende evidente, anche a chi non possieda la vostra competenza, la densità morale, il valore scientifico ed i risultati incoraggianti del vostro lavoro. Il mio pensiero va ora a tutti quei bambini che voi avete condotto alla luce e alla vita, nonostante le difficoltà della gestazione difficile, offrendoli allo sguardo, alle braccia e all'attesa trepida dei loro genitori e familiari.

Desidero dirvi grazie insieme con tutti coloro, che hanno goduto della nascita di queste nuove vite e le hanno accolte con affetto profondo e sempre nuovo dalle vostre mani esperte e benefiche.

Voglio dirvi che quest'opera a servizio della vita e della maternità parla da se stessa davanti al Creatore e attira su di voi, sulle vostre famiglie e sulla vostra attività la benedizione del Creatore.

Desidero anche interpretare la voce della Chiesa, madre e maestra, per incoraggiarvi a mantenere intatta e inviolata la vostra esperienza e la vostra arte medica da certe pressioni sociali o ideologiche, dalle tentazioni della fragilità umana e dagli abusi delle tecnologie innovative, perché il vostro stesso "ethos medico", che si alimenta ad una lunga tradizione di umanità, e le vostre coscienze siano sempre in conformità con la norma morale e la volontà paterna del Creatore.


3. E' noto purtroppo che in questa delicatissima fase dell'esistenza del nascituro si è insinuata la nefasta tentazione di interrompere la vita innocente, specialmente quando questa si presenta non perfetta e non del tutto sana, e talvolta anche per ragioni ancor più inconsistenti e, comunque, non mai giustificative.

Opportunamente, pertanto, la recente istruzione della Congregazione per la Dottrina della fede "Donum Vitae" ribadisce: "L'essere umano è da rispettare - come una persona - fin dal primo istante della sua esistenza" (Cong. Pro Doctr. Fidei "Instr. Donum Vitae", pars I, n.1). E' l'insegnamento del Concilio, secondo il quale "la vita umana, una volta concepita, dev'essere protetta con la massima cura, e l'aborto, come l'infanticidio, sono abominevoli delitti" (GS 51) ed è la dottrina e la prassi costante della Chiesa.

L'istruzione, che ora ho richiamato, offre peraltro indicazioni preziose circa le condizioni richieste per la liceità della diagnosi prenatale e per gli interventi terapeutici sugli embrioni e sui feti prima della loro nascita, mentre esplicitamente richiama il divieto morale relativo alla sperimentazione sui feti e sugli embrioni.

Il grado di rispetto alla vita nascente in tutte le sue fasi di vita nel seno materno è la premessa di quel rispetto che deve proseguire nella fase neonatale anche e soprattutto verso gli immaturi gravi e i neonati malformi. E' la logica di morte, insita nella legittimazione dell'aborto, che spinge oggi in qualche parte alcuni a chiedere la legalizzazione della eutanasia neonatale e ad avviarne la pratica a carico dei feti portatori di handicap e di quelli la cui esistenza neonatale, a causa della loro nascita prematura, risulta, anche se possibile, non priva di qualche difficoltà e di qualche rischio.


4. Si avanza, da pare di alcuni, il presunto "diritto al figlio sano" e si colloca la così detta "qualità di vita", come criterio dirimente perché venga accettata la vita.

Occorre riaffermare con chiarezza che ogni vita è sacra e che la esistenza di una eventuale malformazione non può costituire motivo di una condanna a morte, neppure quando siano i genitori stessi, presi dall'emotività e colpiti nelle attese, a chiedere l'eutanasia attraverso la sospensione delle cure e dell'alimentazione.

La qualità di vita è da perseguire, per quanto è possibile, mediante cure proporzionate e appropriate, ma essa suppone la vita e il diritto di vivere per tutti e per ognuno, senza discriminazione e senza abbandoni. La storia stessa della vostra disciplina, multiforme e ammirevole per risorse e per progressi, si oppone alla acquiescenza a disegni di morte quali l'aborto e l'eutanasia neonatale.

Quei figli che passano fra le vostre mani e che escono dalla culla dei vostri nidi e dalle vostre corsie, sono coloro che vi benediranno insieme con i loro genitori, ma soprattutto vi benedice il Signore Gesù, Verbo fatto carne, sacrificatosi volontariamente per gli uomini, e risorto il terzo giorno per dare vita e risurrezione a tutti gli uomini.

Nel suo nome, e come pegno di questa lode e segno della sua approvazione per quanto fate e farete e insegnerete a difesa della vita nascente, imparto a voi, rinnovando l'augurio di pace del Signore risorto, la mia benedizione.


Data: 1988-04-14 Data estesa: Giovedi 14 Aprile 1988




Ai Vescovi del Mozambico in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Libertà religiosa e solidarietà senza frontiere per promuovere la dignità di vita in Monzambico

Testo:

Venerabili e cari fratelli nell'episcopato.


1. Siete i benvenuti a questo incontro, per me un momento di grande gioia in Cristo. Ringrazio le delicate parole che il signor presidente della vostra Conferenza episcopale del Mozambico mi ha rivolto, interpretando i sentimenti di tutti, dei cristiani affidati alle vostre cure pastorali e, in certi aspetti, di tutta la diletta popolazione del Mozambico.

Questo vostro pellegrinaggio quinquennale ai luoghi segnati dalle tracce della presenza e del sangue degli apostoli - come quello di tutti i Vescovi del mondo - testimonia la vostra unione con la Chiesa di Roma, nell'intero Corpo mistico di Cristo e la vostra comunione con il successore di Pietro. Grazie! Ma questo è anche il momento privilegiato per ravvivare l'interesse e l'affetto fraterno di tutta la comunità cattolica verso la porzione dell'unico gregge del Signore, nuovo Popolo di Dio pellegrino il quale, nel Mozambico, trova in mezzo alle tentazioni e le tribolazioni, il conforto della grazia di Dio promessa, affinché, anche li, la Chiesa "rimanga la sposa degna del suo Signore" (cfr. LG 8).


2. Venite a trovarvi anche con gli immediati collaboratori del Vescovo di Roma nei diversi organismi della Santa Sede, esprimendo, in modo tangibile, i profondi vincoli che ci uniscono tutti, nonostante le distanze geografiche e le differenze culturali. Questa unione si radica esattamente nel mistero pasquale che celebriamo: il mistero della morte e della risurrezione del Signore. Per lui il popolo messianico che cammina verso la città futura e permanente (cfr. He 13,14) è stato riscattato; e, come Chiesa, ha cominciato ad essere "per tutta l'umanità un seme fecondissimo di unità, di speranza e di salvezza" (LG 9), nella missione di far penetrare e instaurare nella storia degli uomini il Regno di Dio, che trascende i tempi e i confini.

E' un fatto conosciuto e mi è stato da voi confermato che, nella Chiesa del Mozambico, nonostante la luce della speranza pasquale, ci sono ancora segni della sofferenza. Abbiamo già offerto tutto ciò in unione al sacrificio dell'Eucaristia concelebrata, punto più alto di incontro e di comunione nella vostra visita "ad limina apostolorum". La testimonianza che voi date e della quale siete portatori, da parte delle care comunità cristiane mozambicane, è tanto più apprezzata quanto più le sappiamo povere e bisognose di tutto. Nonostante ciò, hanno saputo "rinnovarsi per l'azione dello Spirito Santo", grazie alla grande generosità delle sue forze vive, per mantenere la sua qualità di segno dell'assoluto di Dio.


3. Questo anno rappresenta per voi un anno di nuove speranze, le quali hanno già cominciato a segnare e polarizzare le vostre attività pastorali: è l'anno della visita pastorale del successore di Pietro. Confesso che anche da parte mia, nutro simili sentimenti e aspettative; voglia Dio che i nostri desideri si compiano, per il più grande bene e gioia di tutti i mozambicani, della Chiesa e della famiglia umana. In questa, infatti, cresce sempre la convinzione di una "radicale interdipendenza" e della esigenza di una solidarietà senza frontiere, da assumere come imperativo etico (cfr. SRS 26).


4. Ognuno di voi, carissimi fratelli, è portatore di ciò che sente e vive una Chiesa particolare: delle consolazioni del Signore, le gioie e le speranze, così pure delle tristezze e delle angosce degli uomini che la compongono. E nell'insieme, come concretizzazione locale della collegialità dei Vescovi, voi vi dichiarate profondamente fiduciosi in colui che ci dà la forza, e che è fedele alla promessa che ci ha fatto: "Io saro con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Allo stesso tempo, pero, nei vostri rapporti, elaborati con cura in funzione di questa visita, vi dimostrate preoccupati di una rottura generalizzata dei valori spirituali e morali nella vostra patria, la quale risulta prevalentemente dalla introduzione non graduale di mutazioni profonde, nel piano sociale, e di situazioni di insicurezza; rottura alla quale non si può rimediare subito, tenendo conto della mancanza di opportunità, mezzi e personale indispensabili per la difesa e la promozione di questi valori nella stima comune, tramite il lavoro pastorale, l'educazione e il contributo per uno sviluppo ordinato.

Tra le molteplici concretizzazioni di questa crisi, riferite: la perdita del senso del valore supremo e sacro che è la vita umana, con il sorgere di una mentalità di violenza e di malessere, che si ripercuote nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nel quotidiano; ciò ha un'incidenza negativa soprattutto nei giovani che, perplessi, disorientati e confusi, s'interrogano oppure "evadono" dai condizionamenti reali e dalla prospettiva del futuro, abbandonando il generoso impegno nel tracciare e costruire, secondo le direttive del bene e della verità, un proprio progetto di vita.

In questo contesto, che si presenta alla vostra sollecitudine pastorale e alla sensibilità della Chiesa universale, "manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza... e cerchiamo di stimolarci a vicenda nella carità" (He 10,23), e non si turbi il vostro cuore, né venga meno (cfr. Jn 14,27).


5. Condividendo le vostre cure di pastori, come cultori di Dio per la preghiera, e dei suoi diritti, per la vigilanza del gregge, come annunziatori di Gesù Cristo e del suo messaggio e fautori dei valori spirituali e morali nonché come padri solleciti ed educatori nella fede e allo stesso tempo fratelli accoglienti di tutte le persone umane, vorrei analizzare con voi, riflettere e pregare sulle cause lontane e vicine, più o meno riscontrabili e più o meno rimuovibili, di una tale congiuntura. Mi limito a toccare solo alcune.

La più evidente è la situazione di conflitto che da tempo investe la vostra patria, con il suo corteo di morte, desolazione, carestia, nudità, fame e malattia, che si aggiungono ai mali endemici non ancora totalmente debellati; c'è, poi, un condizionamento che rende inefficaci, se non impossibili, i tentativi e gli sforzi di buona volontà per soccorrere i bisognosi. Voglio fare mia la richiesta che più volte avete fatto: che si cerchi, si favorisca e si coltivi la pace, con tutti i mezzi a disposizione (cfr. "Allocutio ad Nationum apud Sanctam Sedem Legatos", 8, die 9 ian. 1988: , XI, 1 [1988] 57-58).

Pensando prevalentemente al bene dell'uomo mozambicano, voglio qui ricordare che la pace autentica e la sicurezza collettiva, indispensabili per lo sviluppo di un popolo, non possono essere separati dalla giustizia, dalla libertà rettamente compresa e dalla verità, che debbono dettare la sintonia degli sforzi per la costruzione delle basi dello sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini.

E questa richiesta, così sincera e rispettosa, è implicata nell'appello formulato a tutto il mondo nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis: "I Paesi di recente indipendenza, che sforzandosi di conseguire una propria identità culturale e politica, avrebbero bisogno del contributo efficace e disinteressato dei Paesi più ricchi e sviluppati, si trovano coinvolti - e talora anche travolti - nei conflitti ideologici, che generano inevitabili divisioni al loro interno... e impediscono il diritto di ogni popolo alla propria identità, alla propria indipendenza e sicurezza, nonché alla partecipazione, sulla base della uguaglianza e della solidarietà, al godimento dei beni che sono destinati a tutti gli uomini" (SRS 21).


6. In questo contesto di solidarietà senza frontiere, penso e prego anche per le migliaia di senza tetto e profughi, che sono l'oggetto della vostra preoccupazione e carità pastorale. Nell'incoraggiarvi negli sforzi generosi che, lo so, non risparmiate per "farvi tutto a tutti", come ho fatto altre volte - principalmente in occasione della visita del signor Cardinale Roger Etchegaray nel vostro Paese - voglio fare appello perché la comunità internazionale risponda ai problemi aperti in questo campo e fornisca a questi nostri fratelli l'aiuto umanitario possibile.

La loro sofferenza è segno, se non causa, degli squilibri persistenti nella famiglia umana, che tutti interpellano, con delle esigenze di carattere etico (cfr. SRS 19).

Quando, in effetti, da un lato sussistono delle difficoltà o addirittura l'impossibilità di organizzare e portare l'aiuto urgente con i beni di prima necessità e di stabilire programmi di assistenza sanitaria, educativa, sociale e morale per tali fratelli e, dall'altro si verifica che il commercio e la circolazione delle armi vince tutti gli ostacoli e attraversa tutti i confini, c'è motivo per interrogarsi (SRS 24).


7. Un'altra realtà estremamente importante, alla quale offrite il meglio del vostro zelo apostolico, è la famiglia, luogo privilegiato di coltivazione, preservazione e trasmissione di valori, con un ruolo unico nella formazione culturale. Condivido con voi la felicità e le angosce delle famiglie mozambicane, in questo momento che stanno attraversando.

Prego Iddio che il rispetto senza indifferenza, la generosità spontanea e lo spirito di solidarietà e comprensione come valori tradizionali, rafforzati dai valori cristiani, possano in breve permettere alla famiglia mozambicana di reincontrarsi e ritrovare i sacri vincoli su cui si appoggia e l'ambiente che la difenda e la favorisca, come formatrice delle persone che compongono il popolo nazionale, per essere sempre più illuminati dagli autentici valori spirituali e dalla fede in Dio.

Nella vostra pastorale, evangelicamente sollecita per i più carenti e bisognosi, ancora nel campo familiare, so che vi preoccupate di difendere i poveri e la loro dignità personale; e non tralasciate di tener presente il desiderio di fare delle famiglie cristiane delle "Chiese domestiche", primo "seminario", dove quelli che crescono si possano confrontare con il disegno e la iniziativa di salvezza di Dio che li coinvolge; confrontarsi con l'amore di Cristo che domanda loro, oggi come ieri: "E voi, chi dite che io sia?" (Mt 16,15). E un tale confronto può avvenire, normalmente, in un clima di fede, di carità e di preghiera che si respira nella famiglia.


8. Ho osservato con soddisfazione, che dopo la vostra visita "ad limina" precedente ed in particolare negli ultimi anni, si è verificato un crescente interessamento dei giovani verso la religione. Questo è un motivo di ringraziamento al Signore e di speranza per il futuro, come è anche un momento per sentire, capire e accogliere i loro desideri per gli ideali più nobili, che soddisfano la tensione che li anima di essere liberi senza sregolatezza, utili senza strumentalizzazione e protagonisti nella ricerca del bene comune senza egoismo, come costruttori di una società più umana, più giusta e fraterna in cui ci sia posto e voce per tutti.

So che voi tutti volete aiutare i cari giovani mozambicani - il futuro della nazione - a coltivare e vivere la propria dignità di uomini, responsabili e consapevoli come persone, nel rispetto della gerarchia dei valori - principalmente il valore della vita in tutti i momenti e circostanze - preoccupati della autentica solidarietà fraterna: "voi siete tutti fratelli" (Mt 23,8).

Per fare tutto ciò, bisogna aiutare questi cari giovani a scoprire le ricchezze della buona novella di Gesù Cristo. A questo proposito, sappiamo che il riconoscimento dei diritti umani, inclusi nel mistero della redenzione, si ottiene per il riconoscimento dei diritti di Dio. Vale la pena rinnovare qui l'appello che ho lanciato a tutto il mondo con il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno, in favore del diritto alla libertà religiosa, che è "la misura degli altri diritti fondamentali, in quanto rispetta lo spazio più geloso dell'autonomia della persona". perciò scrivevo, nel suddetto messaggio: "Il retto ordine sociale esige che tutti - singolarmente e comunitariamente - possano professare la propria convinzione religiosa, nel rispetto degli altri" ("Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum pro a. D. 1988", 1, die 8 dec. 1987: , X, 3 [1987] 1334).


9. In questo stesso ordine di idee sarebbe utile, indubbiamente, fare qui la storia della evangelizzazione nella vostra patria; sarebbe il momento opportuno per rendere omaggio ai missionari e fare il punto della situazione: in quale fase si trova la lievitatura della "massa", per il "lievito" del Regno e il radicamento e la crescita del "granello di senape" nell'"humus" mozambicano, valutare, infine, la presenza autentica dello stesso Regno in questa parcella del continente africano. Il tempo non ci consente.

Le cifre fornite dai rapporti ci offrono il motivo per ringraziare il Signore; ma, da un'altra parte, fanno venire in mente l' ora del realismo del Maestro, quando diceva ai "suoi", in due occasioni: "I campi già biondeggiano per la mietitura" (Jn 4,35); ma "la messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque, il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2).

Vediamo quasi tutti i pastori e alcuni sacerdoti autoctoni, le religiose provenienti del Paese, i catechisti impegnati, animatori delle comunità e laici impegnati nei movimenti che tentano di animare cristianamente le attività secolari; ma avete davanti a voi il grandioso compito di reclutare e formare gli operai del costante rinnovamento vitale e dell'espansione della Chiesa evangelizzata.

Condividendo la vostra speranza e stimolando il vostro impegno, voglio fare mia, anzi, di tutta la Chiesa, la vostra aspirazione: che possiate contare in breve su nuove leve di missionari - sacerdoti, religiose e laici - convinti della indispensabile sollecitudine, gli uni verso gli altri, dei membri dell'unico corpo della Chiesa (cfr. 1Co 22,25) o della realtà della Chiesa-comunione, sottolineata dal Sinodo dei Vescovi, nel commemorare il ventesimo anniversario del Concilio Vaticano II.

So che siete molto impegnati nell'utilizzare e valorizzare quelli di "casa"; impegnati per offrire una formazione ai catechisti e animatori delle "comunità", che sono sorti per coprire la mancanza di sacerdoti. In queste "comunità di base" la responsabilità più grande dei laici e i nuovi ministeri si sono dimostrati molto utili e con molti aspetti positivi. Rimane pero indispensabile il ministero dei sacerdoti. perciò, si deve mantenere l'apertura e proseguire nell'impegno per "dotarsi", il più presto possibile, di "propri" sacerdoti: scelti tra gli uomini di queste "comunità"; ma come li vuole Cristo e la Chiesa, "costituiti" in favore degli uomini nelle cose che riguardano Dio (cfr. He 5,1).


10. Anche se siete pochi, cercate di inserirvi, fraternamente con gli altri, nelle iniziative di sviluppo con un servizio disinteressato. Ho molto a cuore la vostra partecipazione alla grande battaglia contro la fame, la nudità, le malattie, le sofferenze morali e l'analfabetismo, resa più difficile, a volte, a causa della durezza delle calamità naturali. Sono lieto di sottolineare qui con voi i meriti di questo servizio alla vita e alla qualità di vita; e vi affido il compito di trasmettere a tutti coloro che si sono impegnati in questo aiuto fraterno che il Papa apprezza molto la loro testimonianza di carità cristiana e sacrificio e gli impeti di generosità che esso implica.

Voglia Iddio che questa solidarietà, alla luce della fede, con il suo carattere di gratuità, di perdono e di riconciliazione, spinga sempre più chi vede queste "buone opere" a riconoscere e glorificare Dio e alla pratica delle virtù che favoriscono la serena convivenza, e crei l'unione per costruire, dando e ricevendo, una società nuova e un mondo migliore, dove la pace, fondata sulla libertà e sulla giustizia, raduni tutti in uno sforzo congiunto per l'autentico sviluppo umano.

E di altri questioni faccio tesoro nel cuore e prego per l'esito di quello che state facendo. Posso citare: - il dialogo con tutti coloro che credono in Dio; - il ruolo dei membri degli istituti di vita consacrata, soprattutto delle religiose: delle contemplative, che tanto ci aiutano; e di quelle che assicurano la presenza della Chiesa nei campi della sanità, della educazione e della promozione sociale; - la missione dei laici, per rendere il mondo più conforme al disegno del Creatore e con la dignità dell'uomo; - la formazione per il sacerdozio e la formazione permanente del clero.


11. Vi ringrazio, cari fratelli, e con voi ringrazio il Signore per la generosa dedizione, come pastori della Chiesa nel Mozambico. Nel vostro quotidiano lavoro pastorale sono con voi molto presente, con l'affezione in Cristo e con la mia preghiera.

Per concludere, ripeto: siamo fermamente attaccati alla nostra speranza, aiutandoci, gli uni gli altri per stimolarci alla carità, perché è fedele colui che ci ha fatto la promessa: "Saro con voi tutti i giorni" (Mt 28,20).

E in questo anno mariano la beata Vergine Maria, "Nostra Speranza", sia sempre vicina ai discepoli mozambicani del suo Figlio - così devoti della nostra Signora - e per tutti sia sempre la "Madre di misericordia": la madre che fu donata ai piedi della croce.

Nel clima della Pasqua, saluto nelle vostre persone le vostre comunità diocesane e tutti i mozambicani, con le parole del divino Risorto: "La pace sia con voi", impartendo, come pegno di comunione, la benedizione apostolica.


Data: 1988-04-15 Data estesa: Venerdi 15 Aprile 1988




Ai rappresentanti dei Vigili Urbani d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Garantire l'ordine pubblico ispirando fiducia e sicurezza


Gentili signori.


1. Venuti a Roma per il "Campionato Nazionale di Maratonina" riservato alle Polizie Municipali dell'intero Paese, voi avete desiderato questa udienza speciale, insieme alle vostre famiglie.

Saluto con viva cordialità il presidente del vostro gruppo sportivo, il cappellano dei vigili urbani di Roma ed ognuno di voi singolarmente; ed estendo per mezzo vostro il mio pensiero affettuoso e beneaugurante a tutti i vostri colleghi, che nei mille e mille comuni d'Italia svolgono con coscienza e diligenza il loro compito a vantaggio dei concittadini.

Vi esprimo altresi il mio vivo compiacimento e vi ringrazio per questa vostra visita, nella quale mi è caro ravvisare un segno eloquente della vostra fede cristiana e dei vostri nobili sentimenti di devozione e di ossequio.


2. La vostra presenza mi porge l'occasione di manifestarvi la mia profonda stima per il vostro lavoro, che è un servizio prezioso e indispensabile per il bene della comunità. Esso comporta continua attenzione, senso di responsabilità, spirito di sacrificio; molte volte non è solo esigente, ma anche pesante ed ingrato. Voi dovete essere sempre disponibili e gentili nell'accogliere i cittadini con i loro differenti problemi, talora con la loro fretta e le loro tensioni; siete inoltre chiamati a educare al rispetto della norma civile, al senso della ordinata e serena convivenza, alla consapevolezza dei diritti, come dei doveri e dei limiti che questa impone. Tutto questo non è sempre facile! Auspico di cuore che siate sempre all'altezza del vostro dovere, in modo che, consci della vostra responsabilità, possiate contribuire efficacemente a garantire l'ordine pubblico, ispirando fiducia, dando sicurezza, inculcando rispetto per l'autorità legittima.

A tal fine sia sempre vivo e presente in voi il pensiero che ogni persona umana è creatura di Dio; ognuno porta in sè un destino eterno, racchiude nel segreto della propria esistenza un mistero di amore, di dolore, di speranza.

Ogni persona che incontriamo per la strada deve essere guardata come un fratello, un amico, con noi incamminato verso l'eternità, e che perciò dobbiamo amare, perché Dio stesso lo conosce, lo ama, lo attende! Infatti, "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito!" (Jn 3,16).

Nella gioiosa atmosfera del tempo pasquale, che stiamo vivendo, vi auguro che le certezze della fede cristiana vi accompagnino sempre nel vostro dovere! Confidate anche voi, insieme con le vostre famiglie, nella materna protezione di Maria santissima, nostra celeste protettrice e pregatela, con fiducia e devozione, per ottene l'aiuto nell'adempimento dei vostri compiti.

Vi accompagni la mia benedizione, che ora di gran cuore vi imparto e che volentieri estendo a tutti i vigili urbani d'Italia!


Data: 1988-04-16 Data estesa: Sabato 16 Aprile 1988





GPII 1988 Insegnamenti - In occasione della "Giornata universitaria" in Italia - Città del Vaticano (Roma)