GPII 1988 Insegnamenti - Recita del "Regina Coeli" - Verona

Recita del "Regina Coeli" - Verona

Titolo: Rivolgiamoci a Maria con animo grato

Testo:

E' l'ora del "Regina Coeli". Con l'animo colmo di gratitudine per il dono che Iddio ci ha fatto stamane con la proclamazione dei due nuovi beati, ci rivolgiamo ora a Maria, "Regina di tutti i santi", per invitarla a partecipare alla nostra gioia: "Regina Coeli, laetare!".

La diocesi di Verona ha una profonda devozione verso la Vergine santa.

Lo testimoniano i numerosi santuari disseminati in ogni sua parte: dalla pianura alle colline, dalle valli alla montagna. Oggi avro la gioia di recarmi in quel singolare luogo di devozione mariana, annidato nella roccia, che è il Santuario della Madonna della Corona. Ieri ho potuto venerare, in Cattedrale, la dolce immagine della Madonna del Popolo, tanto amata da tutti voi, come il titolo stesso eloquentemente manifesta. Ma come non ricordare, tra gli altri, la Madonna del Frassino, la Madonna della Salute, Santa Maria della Scala, Santa Maria della Pace, il tempio votivo Madonna del Carmine di san Felice del Bènago, la Pieve di Colognola, la Madonna della Strà? Spiritualmente uniti con quanti, in queste "cittadelle dello spirito", si pongono in ascolto della Vergine per imparare da lei a meglio conoscere e amare Gesù, eleviamo ora anche noi la nostra preghiera a Maria santissima.

[Alla fine il Santo Padre ha così parlato:] Al termine della preghiera, nella quale siamo divenuti partecipi della letizia della Vergine Maria, mi è caro ricordare l'odierna celebrazione della "Giornata dell'Università Cattolica del Sacro Cuore".

Rivolgo a quanti operano e studiano in questo ateneo la mia parola di incoraggiamento perché facciano sempre più risplendere nella società contemporanea la funzione propria di tale Istituto. Questo compito, oltre ad esigere un serio impegno nella ricerca e nella formazione culturale, richiede di porre la conoscenza umana e la ricerca intellettuale nella luce e nella sapienza del Redentore.

Esorto, poi, tutti i cattolici italiani a sostenere questa preziosa istituzione, che non è solamente una scuola di pensiero, ma è pure un ambito dove le giovani generazioni sono educate ad una vita autenticamente cristiana ed a un'umanità piena.

Con la mia benedizione apostolica.

[Prima di concludere l'incontro con i fedeli Giovanni Paolo II vuole esprimere gratitudine alla divina Provvidenza e ringraziamento agli organizzatori per la giornata trascorsa a Verona. Queste le parole del Santo Padre:] Prima di concludere la nostra assemblea eucaristica con la benedizione, vorrei ringraziare la Provvidenza divina per questa stupenda giornata, per questo tempo primaverile che ci ha dato qui, a Verona, in questa solenne giornata della città e della Chiesa. Avendo ringraziato la divina Provvidenza, ringraziamoci ancora gli uni gli altri, tutti i partecipanti alla celebrazione che sono in questo stadio e tutti coloro che si trovano fuori, specialmente i nostri carissimi confratelli nell'episcopato, tutti i numerosi sacerdoti che hanno celebrato questa santissima Eucaristia, tutte le suore, le religiose, specialmente le sorelle e i fratelli delle due congregazioni oggi onorate con la beatificazione dei loro fondatori. Ringraziamo tutti gli organizzatori, gli esecutori di questa bellissima liturgia. Alla bellezza della natura primaverile, al sole, alla bella giornata corrispondeva questa bellezza liturgica, perché la Chiesa è una sposa, e la sposa deve cercare di essere bella, attraverso la sua liturgia e attraverso la sua santità. Allora la Chiesa di Verona, sposa di Cristo, ringrazia il suo sposo divino, crocifisso e risorto, con questo dono della beatificazione dei due nuovi beati, suoi sacerdoti, suoi figli, protagonisti della santità nella vostra Chiesa.


Data: 1988-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1988




Agli operatori di Radiotelepace - Verona

Titolo: Da un pulpito fatto di antenne diffondete il messaggio di fede

Testo:


1. In questa mia visita pastorale a Verona mi è caro intrattenermi qualche momento con voi, prima di incontrarmi nell'Arena con i giovani del Triveneto.

Rivolgo un saluto cordiale al direttore di Radiotelepace, don Guido Todeschini, e, con lui, ai collaboratori, agli operatori radiotelevisivi, agli "amici" che in vari modi si impegnano ad assicurarne la vitalità, e a tutti gli affezionati utenti.

Sono lieto di rilevare che la finalità qualificante della trasmittente è il servizio all'evangelizzazione in un contesto culturale, che appare spesso ostico ai valori della fede. Voi avvertite tutta la responsabilità che vi deriva dal poter disporre di questo efficace e straordinario ritrovato della scienza e della tecnologia, e cercate di esserne all'altezza.

Mi compiaccio, poi, perché avete vivo il senso della professionalità, e sentite forte il dovere di conoscere con rigorosa coscienziosità le leggi che regolano la comunicazione di massa, così da far giungere il messaggio del Vangelo al maggior numero possibile di persone attraverso la via della persuasione, nel rispetto della libertà dell'utente.

In tal modo Radiotelepace si fa via di evangelizzazione autentica, non solo presso i suoi abituali fruitori, ma anche presso imprevedibili e occasionali ascoltatori: chi può avvertire dove va a cadere la semente sparsa attraverso le onde di una emittente? Non è raro che raggiunga benefica anche qualche persona dubbiosa o lontana, che si sta interrogando sul significato della sua vita.


2. Vostro preciso proposito è inoltre quello di ravvivare il senso sia della Chiesa particolare - facendone conoscere gli avvenimenti più significativi - sia della Chiesa universale, delle cui vicende rendete partecipi i vostri ascoltatori.

A tale riguardo mi è motivo di conforto e di gioia la vostra fedeltà al Papa e al suo magistero, a cui date vasta risonanza.

So inoltre che vi impegnate a favorire la preghiera: ogni giorno dalle vostre antenne si trasmettono, tra l'altro, la celebrazione dell'Eucaristia in collegamento con la Radio Vaticana e il canto delle Lodi e dei Vespri; da questa sera, poi, anche il rosario, che le vostre telecamere riprenderanno nel Santuario della Madonna della Corona, continuerà ad essere trasmesso ogni giorno.

Quale beneficio spirituale reca alle famiglie e specialmente alle persone sole, anziane e ammalate la preghiera radioteletrasmessa! 3. Davvero Radiotelepace può essere considerata "una versione moderna ed efficace del pulpito" (Pauli VI EN 45): per suo mezzo voi "predicate dai tetti" (Pauli VI EN 45), come ci comanda il Signore, e così vi invitava a fare il mio predecessore Paolo VI, a cui l'emittente è intitolata.

Vi incoraggio a proseguire sulla strada di questo prezioso servizio all'uomo, fedeli a Dio e alla Chiesa, tendendo sempre al meglio.

Guardate con serena fiducia al domani. V'accompagni la provvidenza di Dio, la materna intercessione della Madonna e il conforto della mia benedizione.


Data: 1988-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1988




Ai giovani del Triveneto radunati nell'Arena - Verona

Titolo: Ascoltate la parola di Dio, ponetela all'interno del messaggio della vostra giovinezza

Testo:


1. Mi trovo in una situazione molto speciale, perché da una parte ho già un discorso preparato, ma dall'altra parte mi vengono delle tentazioni. Ma come fare con le tentazioni quando noi ogni giorno preghiamo "et ne nos inducas in tentationem"? Allora facciamo così: facciamo pubblicare questo discorso.

Adesso vi diro brevemente che cosa mi è venuto in mente partecipando a questa vostra assemblea. Soprattutto vi ringrazio per questo invito, per la presenza di così numerosi rappresentanti di tutto il Veneto, anzi del Triveneto, di tutte le diocesi, di tutte le Chiese. Vi ringrazio per il programma che avete preparato. Questo programma è sempre interessante.


2. Qualcuno ha detto che il Papa ama incontrarsi con i giovani. E' vero, si, ma non mi piace tanto quando sono troppo insistenti con le domande. Non mi piace. E' un modo un po giornalistico, da intervistatori. Mi piace invece quando i giovani vogliono dire da parte loro quello che sentono o ancora di più. Voi oggi avete detto molto ed è la cosa più importante. Avete parlato. Lo avete fatto con la vostra presenza, con questi cappelli, con i vostri canti, con la vostra danza.

Vorrei soffermarmi su questa danza, perché se ho sentito una tentazione l'ho sentita soprattutto durante questa danza.

La danza è una categoria dell'arte molto tradizionale, sempre moderna, nella quale l'uomo, la donna, il giovane, non parlano con le parole, ma parlano con una coreografia, con i gesti, con la bellezza di questi gesti, parlano con il corpo. Questo ci dice che cosa è l'uomo: uno che parla anche con il corpo.

Il suo corpo ha anche un linguaggio ed il linguaggio serve a manifestare sempre un messaggio. Nella danza, forse ancor più che nelle altre categorie dell'arte, si vede come l'uomo è determinato dalla sua natura intellettuale.

Anche l'uomo è un verbo, una parola. Quando danza, parla, si esprime. La danza che, con grande soddisfazione, con ammirazione, abbiamo visto, voleva esprimere tante cose. Era una danza simbolica, ricca di simboli. Non vorrei fare una interpretazione di questi simboli, di questo simbolismo della vostra danza, ma era chiaro a tutti noi che i giovani, i diversi gruppi coreogafici volevano dirci qualche cosa con i loro movimenti, con i loro corpi, con questa danza, che ci fa pensare. Con questa danza avete rivolto un messaggio a voi stessi, a noi tutti, anche a me.

Devo dirvi che sono un recettore molto sensibile ai messaggi dei giovani, specialmente quando essi parlano con i gesti, con l'espressione artistica. E' una parola certamente meno scientifica, meno precisa, meno astratta, ma una parola abbondante, ricca, simbolica. Se la parola umana, le parole dei libri, i sistemi scientifici cercano di precisare le cose, le idee, i concetti, il simbolo ci suggerisce sempre molto di più. E con i simboli si vede maggiormente che l'uomo è un essere destinato alla trascendenza, a vivere al di là di sè. Vi ringrazio per questo messaggio.


3. Ma adesso viene la seconda parte: che cosa ho pensato seguendo la vostra coreografia. Ho pensato ad un'altra parola e ad un'altra dimensione della vocazione dell'uomo. Se l'uomo è capace di trasmettere la parola, di esprimersi, di parlare anche con il suo corpo - il linguaggio del suo corpo -, è chiaro che l'uomo deve essere capace anche di ascoltare, di ricevere la parola, e qui siamo subito alle radici di ciò che è il Vangelo. Il Vangelo è la Parola di Dio. Dio ci parla. Come dice l'autore della lettera agli Ebrei, all'inizio ha parlato attraverso i profeti e alla fine ha parlato attraverso suo Figlio, questo Figlio che san Giovanni presenta come Verbo. Allora Dio ha parlato all'uomo attraverso il suo Verbo, la sua Parola, Verbo fatto uomo.

Dio parla per essere ascoltato. Vorrei adesso ricordarvi due momenti di un tale ascolto, si, di una conversazione. Un momento è legato al periodo pasquale nel quale viviamo. E' lo stupendo colloquio dei due discepoli che vanno ad Emmaus con un pellegrino, un altro itinerante ignoto, e parlano con lui. Hanno aperto il loro cuore, hanno presentato le loro angosce dopo la passione e morte di Cristo, il Messia, a Gerusalemme e probabilmente fuggivano da Gerusalemme per non essere in pericolo quali discepoli del Maestro. E dopo le loro confidenze, l'ignoto ha cominciato a parlare. E ha fatto una stupenda catechesi basandosi su tutta la tradizione veterotestamentaria, sui profeti, per spiegare che non poteva essere altrimenti: che quegli che essi aspettavano e che avevano trovato come Messia, non poteva non soffrire. E cercava di presentare loro come nel vecchio testamento tutto ciò era già presente. E lo sappiamo che era presente, soprattutto nei profeti, in particolare in Isaia. Sono cose stupende. Isaia è uno che vede, per esempio, la passione di Cristo meglio di qualsiasi evangelista, nella sua epoca, secoli prima. Il famoso cantico sul Servo di Jahvè è veramente una descrizione quasi da testimone oculare della passione di Cristo, più commovente, più esatta di ogni narrazione evangelica.


4. Allora Cristo - essi non sapevano che era Cristo - ha cercato di parlare ai due suoi compagni di strada, di presentare loro come nel vecchio testamento era presente tutto ciò, come il Messia doveva soffrire. E loro ascoltavano.

Ascoltavano certamente con un atteggiamento buono, con apertura di cuore. Erano forse anche pronti ad accogliere quello che diceva, ma la verità era sempre troppo difficile. L'esperienza del venerdi santo era ancora troppo vicina, troppo sconvolgente. Non potevano capire il Messia, il Figlio di Dio, condannato a morte, crocifisso, morto. E alla fine viene ancora una parola, che non e più una parola, ma è il pane. Hanno spezzato il pane e in quel momento hanno capito. Si, lo hanno riconosciuto: è lui.

Carissimi, è una stupenda narrazione biblica di come Cristo parla ai suoi discepoli, a questi due di Emmaus, ma anche similmente a tutti noi. così vuole parlare. così vuole conversare con noi. Bisogna aprirci. Bisogna ascoltare.

Bisogna cercare di capire. Bisogna oltrepassare i limiti, perché tutto ciò che è divino, che è rivelato, che è soprannaturale, è superiore all'umano, ai nostri limiti. E molti non lo accettano perché non vedono o non possono oltrepassare questi limiti. 5. C'è una stupenda lezione che ci presenta come si deve ascoltare la Parola di Dio e come quella parola ultima, decisiva è l'Eucaristia. Ho conosciuto tante persone molto colte, scienziati, altre che avevano difficoltà con la fede. Alla fine decidevano: vado alla Confessione, vado alla Comunione. E tutto era risolto.

Perché dico tutto questo? Lo faccio, carissimi, per dirvi cosa ho pensato durante questo programma, per dirvi come il Papa ha tratto profitto dal vostro programma, dai vostri canti, dalle vostre danze. Ne ho tratto profitto così, con questa riflessione. Voi tutti, noi tutti, ciascuno di noi è, come uomo, come persona umana, capace di esprimersi, di parlare, di essere ascoltato, di trasmettere al mondo il suo messaggio. Ma nello stesso tempo ciascuno di noi deve essere un ascoltatore. Il nostro messaggio, il mio, il tuo, sarà tanto più adeguato, sarà - direi - tanto più salvifico, quanto più dentro questo tuo, nostro messaggio, sarà già presente l'ascolto della Parola di Dio.


6. Per concludere, voglio augurare a tutti voi giovani del Triveneto e a tutti i giovani d'Italia e del mondo, di vivere questa espressione della vostra personalità, questa vostra parola, questo vostro messaggio. Vi auguro di far giungere questo messaggio al mondo. Ma vi auguro nello stesso tempo e ancora di più di saper ascoltare la Parola di Dio, il suo messaggio e di porre questo messaggio di Dio, questa parola di Cristo, dentro il vostro messaggio, dentro ciò che potete, che dovete dire ai vostri coetanei, ai vostri colleghi, ai vostri amici, al mondo, a tutti, ai giovani, agli anziani.

Prendere dentro, incorporare, assorbire il più profondamente possibile la Parola di Dio dentro il messaggio della vostra vita, della vostra giovinezza, delle vostre personalità, nei vostri ambienti e comunità. Ecco, la nuova evangelizzazione del mondo, dell'Europa sarà questo.


7. Ho detto che c'è un altro esempio di ascolto. Ne parlero brevemente perché è troppo grande per poterlo presentare ampiamente: è la Vergine. La Vergine dell'ascolto. Sono poche le sue parole nel Vangelo, ma è tanto il suo ascolto.

L'evangelista dice: tutte queste cose ha sempre conservato, considerato, ponderato nella sua memoria, nel suo cuore, nel suo spirito. Grande ascolto: per questo poteva essere Madre di Cristo, del Verbo, e per questo può essere anche madre nostra, perché da una madre ci si aspetta sempre che sappia ascoltare, che sappia ascoltarci.


Data: 1988-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1988




Il discorso consegnato ai giovani - Verona

Titolo: Giovani:abbiate il coraggio come uomini liberi e responsabili di rischiare sulla parola di Cristo le scelte della vostra esistenza

Testo:

Carissimi giovani!


1. Sono veramente lieto di essere qui, oggi, con voi. Ringrazio il Cardinale Marco Cè per il saluto che, a nome dei vescovi presenti, del clero e di voi tutti, mi ha rivolto. Ho ascoltato con viva attenzione gli indirizzi dei giovani, che hanno dato voce ai vostri propositi, alle vostre ansie, alle vostre speranze. Le loro parole mi hanno aiutato ad entrare pienamente nel "clima" di questo nostro incontro.

Avete preparato e avete già vissuto, in parte, questa giornata, nello splendido scenario dell'Arena, come un tempo di festa. E' stata innanzi tutto la festa dell'incontro tra voi, giovani che provenite dalla Chiesa di Verona e dalle altre Chiese del Triveneto. Il vostro vissuto e la vostra ricerca di fede hanno trovato gioiosa espressione nella vivacità dei canti e nel coraggio delle testimonianze che vi siete scambiati.

E' stata la festa dell'incontro dei giovani con Cristo nel segno dell'Eucaristia che avete celebrato. In essa avete accolto e sperimentato la presenza e la forza di colui che "dà la vita per i suoi amici" e vi siete dichiarati desiderosi di essere davvero suoi amici nell'impegno dell'amore vicendevole (cfr. Jn 15,13-14). Avete così prefigurato nel segno la realtà di quel mondo nuovo, che sta al fondo delle vostre più vere aspirazioni.

Ora la festa continua nell'incontro col successore di Pietro che è venuto a farvi visita. Carissimi! La mia presenza tra voi intende rendere visibile la sollecitudine che la Chiesa ha per voi e la speranza che ripone in voi, nel desiderio di offrirvi un aiuto nel vostro cammino verso la maturità della vita e la pienezza della fede.


2. Un tale incontro non poteva avvenire in un clima più significativo. Ho avuto stamane la gioia di proporre solennemente alla venerazione della Chiesa due eminenti figure di educatori della gioventù: don Giovanni Calabria e mons.

Giuseppe Nascimbeni. Celebriamo, inoltre, in questo anno il centenario della morte di san Giovanni Bosco, l'apostolo dei giovani. La loro testimonianza di educatori e le opere che il loro carisma ha suscitato hanno forgiato generazioni di giovani al senso profondo della vita e dell'esperienza della fede. Le loro intuizioni e i loro insegnamenti sono luce anche per voi, giovani di oggi, che pur vivete situazioni sociali e culturali per tanti versi inedite.

Accanto a questi grandi di ieri non mancano, del resto, figure significative di educatori nell'oggi della Chiesa. Ad essi voi potete chiedere modelli credibili di vita, significati nuovi per la vostra condizione giovanile, valori apprezzabili per cui spendere la ricchezza delle vostre energie.

Conosco le difficoltà a cui dovete far fronte, nel voler diventare uomini e donne di ricca sensibilità e di fede matura. Tanti incontri con i vostri coetanei mi hanno mostrato al vivo i problemi che la vostra generazione subisce, vive e affronta. Siete esposti a processi di massificazione che rischiano di stendere il grigiore sulla vostra vita, facendovi perdere il gusto della vostra originalità personale. Il clima di una società edonistica sollecita in voi falsi bisogni e tende a farvi vivere alla superficie della realtà. Il dialogo affettivo e il cammino dell'amore sono divenuti problematici per la prorompente pressione di modelli falsi o poveri e per una diffusa ideologia libertaria, che svilisce il vero esercizio della libertà e il sentimento profondo della responsabilità. Pochi spazi vi sono aperti, perché possiate esprimere le vostre energie e le vostre capacità nel lavoro e perché, nella certezza del lavoro, possiate progettare con tranquillità il vostro futuro. In questo vuoto, dalle molte facce, si insinuano in modo turpe i mercanti di morte che attentano pesantemente alla vostra integrità psichica e fisica e al futuro dell'umanità attraverso la droga.


3. Ma conosco anche la generosità dei vostri slanci, gli impegni veri che sapete assumervi per voi stessi e per gli altri, i desideri sinceri e le speranze forti che vi animano. Per questo ho viva speranza nelle energie spirituali che custodite nel vostro cuore. Le sento importanti e decisive per il domani dell'umanità e della Chiesa. Per questo insisto sulla necessità di un contesto educativo che liberi queste energie e l'urgenza di veri educatori che le orientino ai valori più alti.

Il mio appello va ai vostri genitori, ai vostri sacerdoti; va a quanti hanno specifici compiti e possibilità di intervento nel campo sociale, culturale e informativo. Essi possono maggiormente incidere su quei fenomeni che creano disgregazione, perdita di valori, deformazione del costume e della mentalità. Essi perciò devono sentire acuta l'ansia per il vostro futuro. Devono sentirsi chiamati a spendere intelligenza e passione operativa per far fiorire una qualità di vita che vi permetta concretamente di sperare.

In particolare vi auguro, carissimi giovani, di poter incontrare sulla vostra strada personalità veramente mature, che sappiano, pur nella semplicità della vita, rischiarare e muovere la vostra coscienza verso l'ideale evangelico.


4. Ogni intervento educativo nei vostri confronti, pero, cari giovani, non può essere sostitutivo della vostra responsabilità personale. Nessuno può prendere il vostro posto nell'esercizio di quella libertà nella quale decidete della vostra vita. Quanti sono attorno a voi possono offrirvi conoscenze ed informazioni, orientarvi e sostenervi nei giudizi e nelle scelte. Ma quell'"io voglio", con cui prendete posizione di fronte a voi stessi e alla realizzazione della vostra esistenza, è solo vostro! E' il segno della vostra dignità unica e irrepetibile ed è l'espressione della vostra insostituibile responsabilità. Di questo dono e di questo compito di essere liberi, voi giovani, dovete essere oggi profondamente coscienti e assolutamente gelosi.

Troppo spesso, infatti, la mentalità che vi circonda e vi influenza tende a deformare o a ridurre quel mistero di libertà che è l'uomo, che è ciascuno di voi nella sua irriducibile singolarità. L'accento unilateralmente posto sulla pesantezza dei condizionamenti può indurvi a pensare che siete vittime di un mondo sbagliato e a sollecitare in voi sentimenti o di rifiuto o di passiva acquiescenza. La concezione diffusa che si è liberi solo quando si possono appagare i bisogni soggettivi e gli impulsi più immediati, svilisce e deforma il compito assegnato alla vostra libertà. Per difendervi da questi ed altri più sottili inganni, dovete rafforzare la coscienza che la libertà è necessaria per dare forma e compimento pieno alla vostra vita.

La libertà, nella quale ogni giorno spendiamo le nostre energie vitali e definiamo il nostro volto, è realtà estremamente seria. Da essa non possiamo dare le dimissioni, per viltà o per disperazione, perché ci dichiareremmo già perdenti in partenza. Di essa non possiamo accettare concezioni ridotte, perché inganneremmo noi stessi e sciuperemmo il bene della vita. E' essenziale, invece, che scopriamo il fondamento e le finalità della libertà, che sono già implicate nel mistero della nostra vita, e ad esse aderiamo con tutta la forza del nostro cuore.


5. Se guardiamo in profondità alla nostra vita, la scopriamo come un dono, di cui possiamo meravigliarci. Ci siamo e potremmo non esserci. Ogni giorno ci risvegliamo alla vita, e sentiamo sprigionarsi in noi forze e aspirazioni grandi, di cui non riusciamo a sondare l'origine. Ad ogni momento la vita cresce per l'influsso di realtà che noi non abbiamo predisposto. C'è, dunque, un mistero immenso a sostenere la nostra vita. Chi crede, ha il coraggio di chiamarlo "Dio vivente", pienezza della vita e donatore della vita. Di fronte a lui la nostra vita è chiamata ad una risposta responsabile, perché egli ci ha donato a noi stessi nella libertà. perciò riconoscenza, invocazione e ascolto nei confronti del Dio della vita sono il primo e fondamentale compito della libertà.

Ma l'essere dono porta in sè la chiamata a donarsi. Ciò che abbiamo ricevuto non va trattenuto per noi. Esso va a sua volta donato nell'obbedienza a Dio, nell'apertura al mondo, nella disponibilità verso gli altri. La chiamata alla libertà si svela come chiamata alla gratuità.

So bene che non è facile oggi parlare di gratuità del dono. Essa è raggiungibile solo in un coraggioso cammino di dominio di sè, di assunzione laboriosa delle proprie energie fisiche e psichiche, per renderle disponibili all'impegno permanente di se stessi. Ma, pur cosciente della difficoltà, sentirei di venir meno al mio amore per voi, se non vi proponessi un così alto ideale di vita.


6. Anzi, io oggi trovo il coraggio di presentarvi il cammino stesso che Cristo, Figlio di Dio e uomo vero, ha percorso nella realizzazione della propria libertà.

E' il cammino proposto nelle beatitudini, che oggi nuovamente abbiamo sentito proclamare. Il solenne ripetersi di quel "beati" non può non aver evocato nel vostro cuore quella aspirazione alla felicità che connota particolarmente la vostra esistenza giovanile. Tale felicità non è un sogno. E' una realtà che Dio ha già spalancato dinanzi a voi, quando in Cristo ha reso presente il suo Regno di salvezza e di vita, di libertà e di giustizia.

I percorsi che portano verso la felicità e la piena realizzazione della vita sono stati segnalati negli atteggiamenti dei destinatari delle beatitudini.

Siate anche voi "poveri in spirito e miti", cioè liberi e pieni di amore. Abbiate piena e totale fiducia nel Dio che non delude la vostra vita. Non chiudetegli mai il cuore nell'egoismo. Non induritevi nella superficialità e nell'indifferenza.

Affidatevi alla sua Parola. Meditatela e abbiate il coraggio di rischiare su di essa le scelte decisive della vostra esistenza. Anche quando potete essere "afflitti", perché la vostra vita è oppressa dalla stanchezza, dalla sofferenza o dalla delusione, non desistete dalla speranza in Dio. Egli ha la forza per capovolgere le situazioni che sono umanamente disperate. Egli è capace di creare la novità dove noi non osiamo attenderla. Non permettete mai che la vostra fame e la vostra sete si appiattiscano nell'eccessiva ricerca dei beni materiali, ne che si esauriscano nel semplice soddisfacimento dei bisogni immediati. Coltivate, invece, in primo luogo "la fame e la sete della giustizia" di Dio, che si manifesta nelle esigenze di una vita secondo il Vangelo. Non lasciatevi scoraggiare dalla loro radicalità, ma fatele continuamente oggetto delle vostre aspirazioni e dei vostri propositi.

"Siate misericordiosi", così come è misericordioso Dio e come egli ha manifestato umanamente la sua misericordia nel suo Figlio Gesù Cristo. perciò siate sempre disponibili ad accogliere chi ha sbagliato e perdonate di cuore chi vi ha offeso, così come Dio Padre perdona ed accoglie voi (cfr. Mt 18,22). Non abbiate nemici. Vincete l'inimicizia con la forza dell'amore. Coltivate una mentalità ed una prassi di non violenza, preferendo all'uso della forza la via del dialogo e l'affermazione dei valori. Siate aperti verso i bisognosi, i poveri, gli emarginati. Siano essi gli amici che invitate con preferenza alla mensa della vostra vita.

"Siate puri di cuore" nella trasparenza dell'animo e nella integrità della vita. Amate la giustizia. Siate corretti nei vostri rapporti interpersonali, operate perché il lavoro sia strutturato umanamente e sia riconosciuta in ogni circostanza la dignità di chi lavora. Desiderate attivamente un mondo in cui i rapporti sociali siano regolati dal criterio della giustizia, in cui i popoli poveri ritrovino la loro liberà nell'affrancamento da schiavitù economiche, culturali e politiche.

"Siate operatori di pace" nella ferialità come nelle grandi occasioni in cui sono in gioco gli interessi di tutti. Imparate a cucire e ricucire rapporti fraterni con chi vi sta accanto, nella famiglia, nella scuola, negli ambienti di lavoro, dentro le vostre aggregazioni giovanili. Siate operatori di pace nella comunità ecclesiale, apprezzando e valorizzando la diversità, ma coltivando il vincolo della carità e la permanente tensione verso l'unità visibile.


7. Carissimi giovani, non abbiate paura degli impegni esigenti che le beatitudini propongono al cammino della vostra libertà. Non fatevi intimorire dalle incomprensioni che la fedeltà evangelica può creare attorno a voi: Cristo vi dichiara felici anche nelle persecuzioni subite per lui. Non lasciatevi scoraggiare dalla pochezza delle vostre forze e dalle incertezze che segnano ancora la vostra vita in formazione. Lo Spirito, che è la luce e la potenza di Dio, è stato effuso nei vostri cuori. Nella vostra docile disponibilità, egli è capace di realizzare cose grandi. Egli geme e opera silenziosamente nel profondo della vostra libertà rinnovata per farvi produrre frutti di "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di se" (Ga 5,22). E tutto questo per la vostra maturità, per il rinnovamento del volto della Chiesa, per la speranza del mondo.

Vi guidi l'esempio della Vergine Maria! Giovanissima, ella seppe trovare nel suo cuore la generosità necessaria per dire un "si" incondizionato alla iniziativa di Dio, "quando venne la pienezza del tempo" (Ga 4,4). Maria ha vissuto come nessun altro lo spirito delle beatitudini: per questo ella cammina alla testa di coloro che hanno accettato di far propria la sfida del Vangelo.

Giovani, seguite Maria, perché essa segue Cristo! Con Cristo voi potete andare fiduciosi incontro al vostro futuro. Carissimi, ricordate! Il presente è vostro, il futuro è vostro, "ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio" (1Co 3,22s)!


Data: 1988-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1988




Agli ammalati e al personale sanitario della cittadella della carità - Negrar (Verona)

Titolo: L'accettazione amorosa della volontà di Dio arricchisce la prova che state affrontando

Testo:


1. A tutti rivolgo il mio cordiale saluto, ringraziando per i sentimenti espressi nelle cortesi parole or ora dettemi.

Con viva commozione sono entrato in questa "Cittadella della carità", sorta per iniziativa di esemplari sacerdoti del presbiterio veronese, quali don Angelo Sempreboni, parroco di Negrar, e il beato don Giovanni Calabria, con la generosa collaborazione delle Piccole Suore della Sacra Famiglia del beato Nascimbeni; ed ho appreso con gioia quanto si va facendo per allargarne l'azione verso le zone tropicali e in particolare verso il Brasile. Nel quadro della solidarietà universale, sulla quale di recente ho richiamato la riflessione nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" (cfr. SRS 39-40), tali iniziative fanno veramente onore ai promotori, ai benefattori ed a coloro che, in vario modo, le sostengono. Esse dimostrano ancora una volta, come chi lavora nel mondo della sofferenza sia particolarmente sensibile verso quanti patiscono disagi, anche se vivono lontano. Continua in tal modo a rinnovarsi la parabola del buon samaritano (cfr. "Salvifici Doloris", 28-30).


2. All'apprezzamento per l'amministrazione dell'ospedale e per il personale sanitario desidero aggiungere una parola di incoraggiamento, egualmente calorosa, per tutti i degenti, presenti in ospedale. So bene, carissimi ammalati, che la vostra attuale condizione comporta difficoltà e disagi sia per voi che per i vostri familiari. Vi esorto ad arricchire la prova, che state attraversando, con l'accettazione amorosa della volontà di Dio, ed in unione sempre più intima con Cristo Signore che, con la sua gloriosa risurrezione, ha dischiuso la speranza della vittoria sul male, di cui la malattia è una delle forme più pesanti; ed auspico di cuore che ognuno di voi possa ritornare, presto e ristabilito in salute, in seno ai propri cari e riprendere, nella serenità e nella gioia, un ritmo di vita tranquillo ed operoso. Assicuro per questo il ricordo nella mia preghiera al sacro cuore di Gesù, sorgente di ogni consolazione, ed alla beata Vergine Maria, aiuto dei cristiani e causa della loro letizia.

Su tutti voi e sui vostri congiunti, sui responsabili e su tutto il personale, laico e religioso, dell'ospedale imparto volentieri la mia apostolica benedizione.

[Il Santo Padre ha poi proseguito:] Non ho potuto visitare tutte le camere, tutti gli edifici, incontrare personalmente tutti i degenti, gli ammalati come anche tutti coloro che li assistono. Ho potuto incontrare di persona solamente un gruppo. Ma adesso voglio esprimere a tutti quella vicinanza che è la vicinanza di Cristo che ha lasciato a noi tutti e specialmente a noi Vescovi il compito, il privilegio di benedire nel nome della Santissima Trinità. E con questa benedizione siamo sempre e dappertutto vicini, non noi, ma lui stesso, il Cristo, suo Padre, lo Spirito Santo sono e si fanno di nuovo vicini a ciascuno.

Vi auguro questa vicinanza di Dio, questa presenza di Cristo. Egli è sempre presente dove è la sofferenza, dove è la croce. Ci ha lasciato il segno della croce e questo segno ha tanti significati. Cristo ha detto: Io sono dappertutto dove è la croce. Dove è la croce, li si trova Cristo, egli è vicino.

Vi auguro questa sua presenza, questa sua vicinanza, questa sua assistenza superiore a tutte le assistenze. Egli compie la sua missione messianica attraverso voi, carissimi fratelli e carissime sorelle medici, infermieri, attraverso voi, carissime suore, religiose, attraverso tutte le altre persone che assistono con grande sacrificio, con grande impegno gli ammalati, i sofferenti. Ecco, desidero che in questo momento conclusivo del nostro incontro sia presente specialmente Cristo e che lui benedica voi tutti e noi tutti qui presenti con il suo mistero pasquale, con la sua croce e la sua risurrezione.


Data: 1988-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Recita del "Regina Coeli" - Verona