GPII 1988 Insegnamenti - Nella Cattedrale con le persone consacrate - Messina

Nella Cattedrale con le persone consacrate - Messina

Titolo: "Come sant'Eustochia, siate uniti a Gesù e cercate tutti di camminare insieme"

Testo:

Venerati fratelli nell'episcopato, cari fratelli e sorelle.


1. Mentre esprime la mia gratitudine per le affettuose parole a me rivolte da monsignor Cannavo, voglio dirvi la mia viva gioia nell'incontrarvi con voi, porzione eletta di questa diocesi, così ricca di tradizioni e di meriti nel campo civile ed ecclesiale.

Il mio pensiero va ai figli di questa terra, che hanno fondato movimenti e congregazioni religiose: dal Cardinale Arcivescovo Giuseppe Guarino a monsignor Antonio Celona, al canonico Annibale Maria Di Francia e al non meno noto fratello Francesco Maria. Per non dire di uomini come san Pietro Canisio e il beato Luigi Orione che, pur nati altrove, furono condotti dalla Provvidenza ad operare per qualche tempo in questa parte della vigna del Signore.


2. Particolare gratitudine esprimo al Signore per la testimonianza di comunione e di affetto che vi lega al vostro pastore, ed ai suoi due ausiliari.

Nell'attenzione amorosa al dovere pastorale, nella fedeltà al carisma della vostra vita di consacrati e di consacrate, continuate a perseguire l'ideale evangelico del "cor unum et anima una" (Ac 4,32).

Siate tutti, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, dediti ad un unico servizio di amore, ricordando che la pastorale è sostanzialmente una sola, anche se diversificata in varie specializzazioni, e che - come recita la costituzione "Sacrosanctum Concilium", - "Il Vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui deriva e dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo" (SC 41).


3. Dio, nella sua provvidenza, ha voluto che il successore di Pietro giungesse alla vostra incantevole città per la canonizzazione di una santa chiamata al premio eterno ben cinque secoli or sono. Quale messaggio scaturisce oggi da questo avvenimento per voi, che, con il vostro Arcivescovo, condividete i pesi e le fatiche, le gioie e le speranze di questa Chiesa particolare? 4. Innanzitutto, l'amore incondizionato al Signore Gesù, con particolare riferimento alla sua passione. Ricorderete che santa Eustochia si rivolgeva al Signore invocandolo "dolcissimo amore mio, amantissimo mio Signore, speranza mia, mia piena consolazione" (Iacoba Pollicino, "La vita di santa Eustochia Calafato", 12) e che chiedeva con ogni insistenza di "patire nel corpo quanto sentiva nello spirito, per un'assimilazione totale allo sposo Cristo Gesù" (Iacoba Pollicino, "La vita di santa Eustochia Calafato", 14).

Ponendosi, anche in questo, sulla scia della più genuina spiritualità cristiana, la santa giunse a chiedere: "O amore mio, o mi togli da questa vita, o mi dai sofferenze, perché non potrei vivere diversamente, visto che tu sei morto per me tra tante pene. Non posso vivere senza di te" (Iacoba Pollicino, "La vita di santa Eustochia Calafato", 12). Essere come lo Sposo divino era diventato per lei assillo costante: "Signore, ti ho sempre chiesto di essere disprezzata da tutti, come lo fosti tu, durante la passione, o amore mio. Signore, io sono stolta e l'ultima tra tutte le creature, concedimi, perciò, quanto ti chiedo" (Iacoba Pollicino, "La vita di santa Eustochia Calafato", 17). E' un meraviglioso esempio di vita consacrata che tende alla perfetta unione con il Signore Gesù e a condividere i suoi pensieri ed i suoi desideri: la glorificazione del Padre e la redenzione del mondo, nella forza e nell'amore dello Spirito.

L'intercessione di santa Eustochia ci ottenga di essere pronti e diligenti nella sequela di Gesù, di essere come lei, che "correva dietro al suo innamorato Gesù" (Iacoba Pollicino, "La vita di santa Eustochia Calafato", 29). Ci ottenga, inoltre, il dono della "sapientia crucis" e la voglia di attendere con sempre maggiore impegno a tutto ciò che serve al rinnovamento del cuore e dello spirito.

Ci ottenga, infine, una tenerissima devozione verso la Madonna del cenacolo. Siamo alla vigilia del terzo millennio dell'era cristiana e sono sicuro che il Signore sarà tanto più glorificato quanto più nutriremo "infuocato amore e dolore verso il Crocifisso e la sua dolcissima Madre" (Iacoba Pollicino, "La vita di santa Eustochia Calafato", 33).


5. Altra caratteristica della spiritualità di santa Eustochia di Messina è la contemplazione della vita di Gesù. Diceva alle sue suore: "Richiamate continuamente al vostro spirito e assaporate le parole dolci come miele, che il Signore mio dolcissimo ci rivolge nella Sacra Scrittura" (Iacoba Pollicino, "La vita di santa Eustochia Calafato", 36). Suor Jacoba riferisce che la santa teneva capitoli che "duravano due o tre ore", durante i quali spiegava alle suore "tutti i detti del Signore" (Iacoba Pollicino, "La vita di santa Eustochia Calafato", 36).

Questo indica, ancora una volta, l'importanza della preghiera e della "lectio pia". Ma dice anche la necessità di saper leggere la Scrittura e, quindi, dello studio per procurarsi tutte quelle conoscenze che aiutino a cogliere i profondi significati della Parola di Dio.

Vi esorto, perciò, ad attendere con rinnovato impegno allo studio della Sacra Scrittura come dei Padri e dei Dottori della Chiesa, dei documenti del Magistero, degli autori sicuri nei vari settori della teologia e della spiritualità. Il mondo di oggi e la dignità del nostro ministero non sopportano ministri sacri o religiosi o religiose culturalmente disimpegnati e non aggiornati: soprattutto in una città come questa, ricca di tradizioni culturali, dovute in gran parte, come ben sapete, alla azione illuminata della Chiesa.


6. Altra nota distintiva della spiritualità di santa Eustochia è l'adorazione di Gesù eucaristia e la celebrazione della liturgia delle ore.

Suor Jacoba Pollicino, biografa fedele e particolarmente attenta, ricorda che la santa passava ore intere dinanzi all'Eucaristia. Non appena poteva, "si recava in Chiesa davanti al corpo di Cristo e, a una certa distanza - perché non si riteneva degna di avvicinarsi del tutto - si gettava per terra con somma riverenza e ringraziava il Signore" (Iacoba Pollicino, "La vita di santa Eustochia Calafato", 33).

Immaginiamo la nostra santa, prostrata ai piedi dell'altare, e cerchiamo di cogliere e far nostra qualche sua espressione di "infuocato amore" verso "il suo dolce sposo Signore Gesù Cristo" (Iacoba Pollicino, "La vita di santa Eustochia Calafato", 7b), come essa diceva.

Domani, nella vicina Reggio Calabria, si concluderà il XXI Congresso eucaristico nazionale, che, come sapete, ha per tema "l'Eucaristia segno di unità". Avro la gioia di trovarmi in quella solenne assise di preghiera. Ebbene, vi chiedo fin d'ora che, dinanzi al sacramento del corpo e del sangue di Cristo, a imitazione di santa Eustochia, sappiate cogliere i palpiti del Cuore di Gesù, che vi invita a sempre più stretta unione con lui, con il vostro pastore e con i Vescovi ausiliari, come con i vostri vicini collaboratori, dai lettori agli accoliti, dai catechisti ai ministranti e a tutti coloro che svolgono un servizio ecclesiale.

Cercate tutti di "Camminare insieme". E' un motto che sta a cuore al vostro Arcivescovo: lo faccio mio e lo affido a ciascuno di voi, invitandovi a "Camminare insieme" con gli altri nell'ambiente in cui il Signore vi ha posti.

L'intercessione di santa Eustochia, vostra patrona, ottenga dal Signore abbondanti benedizioni su tutte le vostre attività apostoliche, ed io pure vi benedico di cuore, insieme con i vostri familiari e le anime a voi affidate.

Ed insieme con voi prego anche per le nuove vocazioni sacerdotali e religiose, tanto necessarie per la Chiesa dovunque e specialmente anche per la Chiesa in questa regione della vostra carissima terra italiana.


Data: 1988-06-11 Data estesa: Sabato 11 Giugno 1988




Alle Clarisse di Montevergine - Messina

Titolo: La vita dei santi è veramente una risposta a quell'infinito amore che Dio ci offre in Cristo

Testo:

Carissime sorelle.

"Calicem Domini accipiam et nomen Domini invocabo". Ho trovato queste parole del salmo nella liturgia dei vespri di oggi e ho pensato, recitando queste parole sacre, ai tanti possibili significati che si trovano dietro questa espressione. Ho pensato soprattutto a quel calice che ci ha lasciato Cristo, l'Eucaristia nel cenacolo: calice del suo sangue, calice della nostra redenzione, calice che ritorna sacramentalmente in ogni celebrazione eucaristica. E in questo calice veramente "nomen Domini invocatur". Iddio viene nominato con il suo proprio nome, perché questo calice, questo sangue, esprime l'amore: l'amore che Dio è e che ci ha manifestato dandoci il suo Figlio, perché diventasse l'Ostia, l'Ostia perenne, perché compisse questo unico sacrificio, che può attingere al nome di Dio, alla sua maestà infinita, alla sua santità. Ecco le parole profetiche: così parla il salmista nel Vecchio Testamento, ma esprime il mistero del Nuovo ed eterno Testamento. Nello stesso tempo, riflettendo sulla realtà sacramentale e mistica espressa con queste parole, ho pensato alla vita di questa vostra madre e sorella fondatrice, che oggi arriva agli onori degli altari come una santa, santa di questa terra, patrona di questa città. Perché il calice del sacrificio che ci ha lasciato Cristo è destinato a noi, a ciascuno di noi, per santificare un altro calice: quello della nostra vita. La vostra madre sant'Eustochia ha saputo riempire questo calice della sua propria vita con un amore eroico per il suo Sposo, Sposo divino. Ha saputo riempire questo calice della sua propria vita monastica, francescana, clarissa, con un amore straordinario. E portava questo calice della sua vita monastica ogni giorno all'altare, insieme con il calice eucaristico. E nell'Eucaristia trovava la perfetta identificazione spirituale con il suo Sposo crocifisso. E il suo spirito si riempiva di amore: "excelsus amoris".

Parlando ai sacerdoti, alle religiose di questa arcidiocesi di Messina ho citato molti testi dei suoi scritti spirituali. E si sente attraverso questi testi quel "excelsus mentis", come dicevano i santi mistici e teologi: quasi un trasporto mistico nel Cristo, trasporto attraverso l'amore della sua persona, perché non si può rispondere all'amore se non con l'amore. E la vita dei santi si può riassumere sempre nel modo migliore con queste parole: è veramente una risposta data a quell'amore, a quell'infinito amore che Dio ci offre in Cristo. E così il calice è il simbolo di questo amore, di questo amore che è andato fino alla fine: "Ha amato i suoi fino alla fine".

Alla fine nel senso umano della sua vita e della sua morte umana. Ma questo amore, essendo divino, è rimasto e rimane sempre infinito.

Ecco alcune riflessioni tratte dalla preghiera liturgica di oggi, nella previsione della canonizzazione. E' quasi la preparazione a questa canonizzazione quella che ho dovuto fare qui, in questa chiesa, in questa comunità storicamente tanto legata alla nuova santa, alla santa Eustochia. Ma nello stesso tempo è anche una preparazione alla conclusione del Congresso eucaristico nazionale, che si celebra qui vicino, a Reggio Calabria. E' una cosa bella che la canonizzazione della vostra santa venga introdotta come un punto centrale in questo insieme del programma del Congresso eucaristico nazionale celebrato qui. Perché nell'Eucaristia noi sempre rinnoviamo la realtà di questo calice: "calicem Domini accipiam, calicem salutaris accipiam et nomen Domini invocabo". Noi sempre rinnoviamo questo calice, noi sempre lo ripresentiamo davanti a Dio. E se questo è un sacramento, se questo è un mistero, quel sacramento e quel mistero sono destinati a noi tutti, a ciascuno di noi. Devono diventare la nostra vita. E possiamo rallegrarci tutti insieme che questo mistero, questo calice, questo sacramento si sia riempito della vita di una vostra concittadina, di una sorella clarissa figlia di santa Chiara, figlia di san Francesco, oriunda in questa terra, cresciuta in questa terra, cresciuta non solamente secondo la sua biogafia terrestre, la sua biografia monastica, ma soprattutto secondo la sua biografia della santità.

Mi congratulo con voi, carissime suore, e attraverso questa canonizzazione vorrei che il Congresso eucaristico che si celebra a Reggio Calabria porti molti frutti di santità per voi e per tutti i vostri concittadini, per tutti i fedeli di questa terra. Che possa portare nuovi frutti di quell'amore verso Cristo che sempre rimane la risposta più perfetta, più adeguata a quell'amore con cui Lui ci ha amato. E adesso voglio benedire tutte le suore, insieme con i fratelli nell'episcopato, raccomandando me stesso e la santa Chiesa di Dio alle vostre preghiere.


Data: 1988-06-11 Data estesa: Sabato 11 Giugno 1988




Incontro con gli ammalati - Messina

Titolo: "Sono qui per portare all'altare il dono delle vostre sofferenze"

Testo:

Saluto cordialmente tutti i malati, come anche tutti coloro che assistono i malati qui riuniti. Ci avviciniamo alla celebrazione eucaristica, dobbiamo avvicinarci all'altare del Signore, deve avvicinarsi il celebrante, il Papa, i Vescovi, ma portando le preghiere ed i sacrifici di tutti i presenti. Per questo io vi ringrazio molto di questo incontro, tanto significativo nel momento in cui mi avvicino all'altare. Andando all'altare, devo portare i sacrifici, i doni spirituali di tutti i miei fratelli e sorelle; e voi malati avete un dono più prezioso da offrire all'altare di Dio, quello della sofferenza. Io sono qui venuto quasi a raccogliere e portare all'altare questo vostro dono, fatto dei vostri sacrifici, delle vostre preghiere, e per introdurle nel sacrificio unico dell'Eucaristia di Cristo, che si offre al Padre per tutto il mondo, per la redenzione dell'umanità intera, del mondo intero. così carissimi, fratelli e sorelle, voi sarete presenti in questa sua offerta, attraverso il pane ed il vino eucaristico, che rappresenta, simbolizza le offerte dei fedeli, le vostre offerte.

Insieme con queste offerte della malattia e della sofferenza voglio portare all'altare del Signore anche tutti i servizi dei "buoni samaritani" che vi assistono, delle sorelle e dei fratelli che vi aiutano nella vostra malattia, nella vostra sofferenza, che non vi lasciano soli. Anche questo sacrificio del cuore umano, della carità umana sarà offerto al Signore, tutto questo sarà offerto durante la celebrazione eucaristica in cui la Chiesa vuole proclamare santa la vostra concittadina suor Eustochia. così anche la vostra presenza in questo luogo sarà segnata, diventerà presenza spirituale nella celebrazione eucaristica, in questa canonizzazione, glorificazione di una persona, di una santa monaca clarissa. E per voi tutti, specialmente per voi che soffrite, sarà un segno che il Cristo, attraverso la croce, ci porta verso la glorificazione, verso la gloria eterna nel seno della santissima Trinità.

Con queste parole vorrei impartire una benedizione a tutti voi qui presenti, specialmente ai sofferenti ed a tutti gli altri, soprattutto a quanti assistono i sofferenti. Invito tutti i Vescovi presenti a prendere parte a questa benedizione.


Data: 1988-06-11 Data estesa: Sabato 11 Giugno 1988




Omelia per la canonizzazione di sant'Eustochia (Messina)

Titolo: Sant'Eustochia ci insegna la preziosità della consacrazione totale a Gesù Cristo

Testo:


1. "Io sono la vera vite" (Jn 15,1).

Cristo pronuncia queste parole - l'allegoria della vite e dei tralci - il giorno prima della sua passione. perciò esse acquistano un significato particolare. Si può dire che, tra le parabole del Vangelo, questa contiene in sè una singolare sintesi dell'opera salvifica di Cristo, il cui culmine è il mistero pasquale.

"Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo". Qui troviamo come un commento a quelle altre parole: "Il Padre mio opera sempre e anch'io opero" (Jn 5,17). Il Padre opera mediante il Figlio. E l'operare del Padre rassomiglia al lavoro del vignaiolo. Quando il Figlio chiama se stesso "la vera vite", lo dice perché il Padre ha deciso di innestare in lui e per lui la vita nuova nell'uomo: nelle anime umane, nella storia umana.

La vigilia della sua morte Gesù ne parlo agli apostoli, e questo ha una sua grande eloquenza. Poiché proprio tale morte, la sua morte, il sacrificio della croce, diventerà fonte di vita per l'uomo. Essa è la "vite" mediante la quale la nuova vita, la vita divina deve essere partecipata ai "tralci".


2. Ascoltando l'odierno brano del Vangelo, la nostra attenzione si è concentrata in particolare su di un "tralcio", in cui la vite divina che è Cristo ha portato frutto di vita nuova: un frutto particolarmente abbondante. La Chiesa gioisce di poter oggi qui, a Messina, proclamare solennemente la santità di una delle figlie della vostra terra siciliana: la beata Eustochia Smeralda Calafato. Questa ragazza, stimando Cristo sopra ogni cosa, gli si dono totalmente ed inizio un cammino di crescita nella carità mediante severi sacrifici e lunghe veglie di adorazione dinanzi a quel trono di misericordia, che è la croce, dinanzi a quel trono di maestà, che è il tabernacolo.


3. Le letture della presente liturgia di canonizzazione ci permettono di penetrare nel modo migliore nella storia dell'anima di questa nuova santa della Chiesa.

Ascoltiamo quindi, dalle parole del salmo, questo fervente grido del cuore, che cerca Dio con tutte le sue forze.

Con slancio e in spirito di pietà eleviamo la voce per dire: "O Dio, tu sei il mio Dio, dall'aurora ti cerco, / di te ha sete l'anima mia" (Ps 63[62],1).

Matura e serena è quell'anima che avverte l'esigenza di Dio con la stessa intensità, con la quale la "terra deserta, arida, senz'acqua" (Ps 63[62],2) attende la pioggia che dà refrigerio e vita.

Adulta nella fede e lieta nella grazia è quella persona che, sia nel silenzio della notte e della contemplazione, sia nella preghiera semplice, elevata anche nel lavoro quotidiano, si affida alla paternità divina per avere conforto e pace: Dio concede sempre questi doni a chi si rifugia sotto le sue ali (cfr. Ps 63[62],9). La contemplazione della misericordiosa bontà divina è cibo e bevanda che "sazia l'anima" (cfr. Ps 63[62],6), la quale viene ricolmata dalla linfa vitale di Cristo. L'assimilazione a Gesù, che ne deriva, fa vivere la persona in modo sovrumano, perché non si vive più per se stessi, ma per Dio, adempiendo i suoi voleri e partecipando alla sua vita, cercata con anelito incessante (cfr. Ps 63[62],2).


4. Il grande Pascal mise sulla bocca di Cristo queste parole "Non mi cercheresti, se non mi avessi già trovato" (B.Pascal,"Pensèes", 553). Non mi cercheresti, se io stesso per primo non ti avessi chiamato.

Le parole del profeta Osea alludono proprio a questa chiamata, all'invito di Dio. E questo è l'invito alle nozze spirituali.

Dio chiamo santa Eustochia, la prese per sè (cfr. Os 2,16) ed ella, nel deserto della sua angusta cella e nelle prolungate veglie, visse l'attesa del suo Signore e sposo, il quale la rese capace di intendere le divine parole che rivolgeva al suo cuore (cfr. Os 2,16).

L'Onnipotente la fece sua sposa per sempre nella carità e nella compassione, e con questa vera, divina giustizia la condusse alla santità ricolmandola di beni (cfr. Os 2,21). Da parte sua, la nuova santa, con umile costanza, persevero in questo amore e non esito mai nel sacrificio, per crescere in tale amore e permanervi.


5. Quando, dunque, l'anima umana sente la chiamata del suo Dio, di quel Dio che essa cerca, senza del quale è "come terra deserta, arida, senz'acqua" (cfr. Ps 63[62],2), allora si compie nell'uomo una conversione sempre più profonda.

E questa conversione è, nel contempo, una grande "rivalorizzazione", come lascia intendere san Paolo nella lettera ai Filippesi. La chiamata - conversione, che derivo dall'incontro con Cristo sulla via di Damasco, produsse nell'Apostolo delle genti un completo capovolgimento dei "valori". Da quel momento il persecutore dei cristiani inizio a ritenere una perdita quanto in precedenza aveva considerato come un guadagno. E, sebbene il seguire Gesù avesse portato con sè persecuzioni, sofferenze e fatiche non comuni, egli non muto giudizio, anzi si rafforzo in esso (cfr. Ph 3,8).

Nella luce del Redentore risorto, l'unico suo desiderio fu di conseguire la comunione totale con lui (cfr. Ph 3,9). Paolo, quale ineccepibile fariseo, aveva tentato di darsi una propria giustizia mediante una puntigliosa osservanza della legge, in tutte le sue prescrizioni. Ma con la conversione comprese che la vera giustizia viene unicamente dal Signore Dio. La condizione prima per poter ricevere tale dono di benevolenza è la povertà di spirito, che apre l'anima a Cristo e la porta ad amarlo più di se stessa.

Elargita per fede, la giustizia divina strappa gli uomini dalla bassezza del male e li eleva al vertice della figliolanza soprannaturale. Da tale altezza luminosa è possibile avere uno sguardo vasto, penetrante, che consente di conoscere in profondità il mistero di Cristo (cfr. Ph 3,10). E tale conoscenza di Cristo, nel quale "sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza" (Col 2,3), è valore supremo per l'uomo "convertito", trasformato dalla grazia, ed è conoscenza non riducibile ad un mero apprendimento intellettuale. Essa è comunione di mente e di cuore con Cristo-verità, grazie alla quale si diventa pienamente partecipi della sua passione, morte e risurrezione, condividendone pure la forza redentiva.

La conoscenza di Cristo, la consapevolezza di essere afferrati da lui, di "trovarsi in lui mediante tale conoscenza", ci fa accogliere la "giustizia che deriva da Dio" come grazia sorgiva di impegno e come caparra, che ci rende certi dell'utilità delle energie spese con dedizione per l'edificazione del Regno.


6. Ne è splendido esempio sant'Eustochia. Ella, ponendosi con assiduità alla scuola di Cristo crocifisso, crebbe nella sua conoscenza e, meditandone i misteri splendenti di grazia, concepi un fedele amore per lui.

Per la nostra santa la vita claustrale non fu una mera fuga dal mondo per rifugiarsi in Dio. Ella con la severa ascesi, che si era imposta, voleva certamente unirsi a Cristo, eliminando sempre più ciò che in lei, come in ogni essere umano v'era di caduco, ma sentiva di essere al tempo stesso unita a tutti.

Dalla cella del monastero di Montevergine ella estendeva la sua preghiera e il valore delle sue penitenze al mondo intero. In tal modo intendeva essere vicina ad ogni fratello, lenire ogni dolore, chiedere perdono per i peccati di tutti. Oggi sant'Eustochia ci insegna la preziosità della consacrazione totale a Cristo, da amare con affetto sponsale, devoto, completo. Quando si aderisce a lui, si ama col suo stesso cuore, che ha una capacità infinita di carità.


7. In questo giorno di festa, cari fratelli sorelle della comunità ecclesiale di Messina-Lipari-santa Lucia del Mela, mi unisco alla vostra letizia e vi rivolgo con gioia queste parole piene di affetto pastorale. E' cosa per me grata porgere, in primo luogo, il mio saluto ai signori Cardinali presenti, all'Arcivescovo della diocesi, monsignor Ignazio Cannavo, che ringrazio per le cordiali parole, con le quali mi ha espresso, a nome proprio e di tutti, sentimenti di devozione, manifestando pure le attese ed i propositi di bene, presenti in ciascuno dei fedeli.

Desidero salutare i confratelli nell'episcopato, i sacerdoti, i religiosi e le religiose. In particolare, saluto cordialmente le suore Clarisse del Secondo Ordine Francescano, di cui faceva parte colei, che ora è stata iscritta nell'albo dei santi.

Porgo un deferente saluto a tutte le autorità civili e militari, che con preziosa collaborazione hanno facilitato questa mia venuta a Messina. Giunga, infine, il mio saluto a voi tutti, cari fratelli e sorelle, che siete intervenuti in così gran numero e con la vostra presenza festosa manifestate in modo semplice, ma autentico, la comunione con la Chiesa, col successore di Pietro, confermando così significativamente quanto ha detto il vostro Arcivescovo.

Carissimi, mentre vi dico il mio compiacimento per il devoto affetto che avete per la vostra santa, vi esorto ad essere come lei testimoni della luce, che illumina ogni uomo. Da secoli la invocate e onorate come protettrice; continuate ad imitarne la pietà eucaristica; come lei amate Maria santissima, la cui devozione è ben radicata nella vostra terra, come egregiamente è attestato dalle numerose Chiese a lei dedicate in città e in diocesi - prima fra tutte la cattedrale, ove è venerata sotto il titolo di "Madonna della Lettera" - e come dimostra anche l'alta colonna, che all'ingresso del porto reca la statua della Madre del Redentore.

Miei cari, ricorrete sempre alla Vergine santa ed ella, oltre a favorire la vostra assimilazione a Gesù, vi insegnerà a compiere quanto è gradito a Dio, il quale consacra ciò che gli viene offerto, come questa celebrazione eucaristica ricorda e compie.


8. "Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me" (Jn 15,4).

Ecco, oggi la Chiesa torna alla storia di uno di questi tralci, la cui vita si sintetizza pienamente in questo "rimanere" in Cristo. "Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla" (Jn 15,5).

Ecco, la vostra nuova santa "messinese", figlia della Sicilia, sembra ripetere attraverso i secoli e le generazioni questo invito di Cristo: "Rimanete in me e io in voi" (Jn 15,4).

Questo invito di Cristo è stato riconfermato dalla testimonianza di santa Eustochia, come, in antecedenza, lo fu dalla testimonianza della vita di tanti santi di quest'isola, fin dai primi secoli del cristianesimo.

Oggi, questo invito è rivolto dalla nuova santa in particolare a voi sacerdoti, a voi religiosi e religiose, che avete scelto la vita della piena consacrazione per servire con ogni energia all'edificazione del Corpo mistico della Chiesa. Lo rivolge a voi sposi, perché la vostra famiglia sia nel mondo testimonianza della fedeltà amorosa del Creatore; a voi lavoratori, che contribuite a portare elementi nuovi per una comune costruzione, ove il Signore possa a tutti dare pace e serenità. Invita anche voi, cari giovani, perché vi dedichiate alla conoscenza di Cristo, risposta vera ad ogni domanda e ad ogni attesa.


9. "Rimanete in me e io in voi".

"In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli" (Jn 15,8).

La Chiesa, elevando alla gloria degli altari a nuova santa, glorifica Dio.

"La gloria di Dio è che l'uomo viva" (cfr. S.Irenaei "Adv. Haer", IV, 20, 7: PG 7, 1037) che viva di quella pienezza di vita che è in Cristo: la vite.

Si. L'uomo è chiamato alla gloria in Cristo crocifisso e risorto.

E, in questa esaltazione dell'uomo, riceve gloria il Padre.

Poiché il Padre è "il vignaiolo"...

La santità dell'uomo - il frutto della coltura di Dio, la messe del mistero pasquale grazie al quale ogni cosa è instaurata in Cristo è la gloria di Dio stesso.

Umile serva del tuo Maestro e sposo, santa Eustochia! I tuoi concittadini e tutta la Chiesa gioiscono oggi della gloria, che riceve Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, dal frutto maturo della tua santità.


Data: 1988-06-11 Data estesa: Sabato 11 Giugno 1988




Alla conclusione della concelebrazione - Messina

Titolo: Quando anche la natura si fa liturgia

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle voglio, insieme a voi, ringraziare il Signore di questa celebrazione eucaristica e per questa canonizzazione della vostra concittadina, della vostra patrona, santa Eustochia Smeralda. Ringrazio il Signore, ringraziando nello stesso tempo tutti i miei fratelli e sorelle, a cominciare dai fratelli nell'episcopato, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e tutti coloro che hanno contribuito alla preparazione di questa splendida celebrazione. Specialmente ringrazio il coro.

Ma vorrei dire di più: ringrazio tutta la Sicilia che ci ha dato questa nuova santa, ringrazio tutte le Chiese che sono in Sicilia, da questo punto che si situa nella parte orientale dell'isola, vicino a Reggio Calabria, dove, domani, dobbiamo concludere il XXI Congresso eucaristico nazionale italiano. Non si sarebbe potuta immaginare una introduzione, una vigilia migliore per la conclusione del Congresso eucaristico, di ciò che abbiamo vissuto insieme qui in Messina, con questa celebrazione e questa canonizzazione.

Oserei inserire in questa stupenda liturgia eucaristica anche l'insieme della bellezza naturale che ci circonda, qui vicino e lontano. Possiamo dire che la natura stessa entra nella nostra preghiera e si fa anch'essa liturgia, una liturgia cosmica, penetrata dalla presenza di Dio, penetrata dall'opera continua dello Spirito Santo che prepara i nostri spiriti umani ad entrare nella realtà di Dio uno e trino, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Così carissimi fratelli e sorelle vorrei che questa celebrazione sia per tutti noi un grande incoraggiamento spirituale, per tutta la popolazione messinese e siciliana. Il vostro Arcivescovo ha citato all'inizio il mondo universitario.

Non potendo incontrare questa comunità accademica, vorrei, a conclusione della nostra celebrazione dire a tutti i suoi componenti, professori e studenti, che erano presenti nel nostro cuore e nella nostra memoria, presenti con il loro lavoro, con il loro compito culturale che riveste tanta importanza per la formazione del futuro di ogni uomo e di ogni nazione.

Così anche la cultura entra nella preghiera, entra nella liturgia insieme con la natura, in quanto la cultura vuol dire: uomo canta la gloria di Dio, poiché la vocazione dell'uomo è di essere gloria di Dio. Sia lodato Gesù Cristo.


Data: 1988-06-11 Data estesa: Sabato 11 Giugno 1988




Incontro con i giovani di Messina - Messina

Titolo: Siate la "lettera" della Madonna in mezzo ai vostri coetanei

Testo:

Carissimi giovani!


1. Sono lieto di incontrarmi con voi a conclusione di una giornata di festa per questa vostra Chiesa di Messina e per tutta la Chiesa cattolica. E' la festa della santità, cioè delle meraviglie di grazia che Dio compie nel cuore dei suoi figli e che sono epifania del suo amore.

Nel nome di Dio vi saluto e vi ringrazio per questa vostra dimostrazione di affetto. Sui vostri volti risplende la giovinezza di questa stupenda isola. Voi siete la speranza delle vostre famiglie e dell'umanità. Siete voi il futuro della Chiesa! Vi porto il saluto di milioni di altri giovani, che in Italia e nel mondo rendono testimonianza a Cristo, "Redentore dell'uomo e centro del cosmo e della storia" (RH 1). Abbiate fiducia in lui! Egli è il risorto, il vivente nei secoli dei secoli, che ripete anche a voi ciò che disse un giorno agli apostoli titubanti: "Abbiate fiducia! Io ho vinto il mondo" (Jn 16,33).


2. L'essere cittadini di Messina costituisce per ciascuno di voi un impegno. Chi non sa che la vostra città, "porta della Sicilia", è ad un tempo un balcone affacciato sul continente e un naturale crocevia fra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud? Non v'è in questo una sorta di vocazione particolare? Voi siete chiamati ad essere uomini e donne del dialogo: dialogo religioso tra Oriente e Occidente cristiano; dialogo culturale tra il mondo europeo e quello dell'Africa e del vicino Oriente; dialogo sociale tra Sud e Nord per la crescita economica delle zone meridionali.

Questa sera voglio volgere insieme con voi il mio sguardo al futuro: quel futuro che è già cominciato in voi. Gravi ed urgenti problemi si addensano all'orizzonte. E' certo tuttavia che se voi riuscirete a mettere insieme le vostre energie di mente, di cuore e di braccia, troverete soluzioni originali, capaci di accelerare il processo di adeguamento della società alle esigenze poste dai suoi antichi e nuovi bisogni.

Giustamente voi attendete l'apporto dei pubblici poteri per affrontare efficacemente difficoltà tanto grandi. Anch'io mi unisco a voi nel sollecitare gli opportuni interventi. Dico tuttavia che l'impegno personale di ciascuno resta indispensabile. Se voi saprete rendervi solidali con i più poveri, generosi nell'assumervi le vostre responsabilità, creativi nell'inventare strutture idonee per far fronte ai problemi emergenti, voi vedrete sorgere dalle vostre mani quel mondo nuovo, saldamente fondato sulla giustizia e sulla solidarietà, che costituisce l'aspirazione più profonda del vostro cuore.


3. Voglio, tuttavia, ricordarvi che soltanto la fede può dare pieno significato a un simile impegno. Solo alla luce della fede si può, infatti, scoprire l'"immagine di Dio" che risplende in ogni essere umano e ne fonda la trascendente dignità.

Ravvivate dunque la vostra fede. Non accontentatevi di una conoscenza superficiale di Cristo. Approfondite il rapporto di fede e di amore con lui, avvalendovi anche delle molteplici iniziative programmate dalla diocesi nell'ambito della pastorale giovanile. Non vivete da isolati il cammino di amicizia con Cristo, ma condividetelo con gli altri giovani, attratti dai vostri stessi ideali.

In particolare vorrei darvi tre indicazioni per il vostro sforzo di maturazione personale e comunitaria.

a) La prima riguarda l'impegno di una seria catechesi: solo nella catechesi, intesa come riflessione approfondita sulla propria fede, è possibile operare una sintesi organica tra ciò che si crede e ciò che si vive. La fede arriva così a gettare un raggio di luce sulla problematicità spesso drammatica dell'esistenza, dando la necessaria risposta alla "domanda di senso" che sale dal cuore di ogni essere umano.

b) La seconda indicazione concerne la carità: nel mondo secolarizzato, in cui viviamo, la sola forza capace di vincere tutte le resistenze è la carità.

Certo, l'annuncio di Cristo rimane sempre prioritario ed urgente. Ma parole e riti religiosi restano privi di presa sulle coscienze, se manca loro l'avallo dell'impegno fattivo per gli altri. Volontariato, strutture di accoglienza per chi è nel bisogno, iniziative di solidarietà per il terzo mondo, servizi sociali per situazioni di emergenza ecc. sono le forme concrete che l'impegno di carità può, a volta a volta, assumere. Una fede che restasse inoperante si squalificherebbe da sola.

c) La terza indicazione è la liturgia: la vita cristiana nasce, si sviluppa e giunge a piena maturazione grazie all'apporto dei sacramenti e della preghiera della Chiesa. La celebrazione dei divini misteri crea uno spazio spirituale, in cui il credente può fare un'esperienza unica della presenza di Cristo, ed attingere da lui la generosità di un impegno ogni giorno rinnovato.

Avviene così che la sollecitudine della carità si salda con l'esperienza di Dio vissuta nella liturgia quasi in un moto pendolare, che sospinge dal cuore del mondo all'altare e viceversa: ci si immerge nei problemi del mondo con la forza di carità attinta da Cristo nella liturgia; e si ritorna a celebrare l'Eucarestia portando all'altare i problemi e le ansie, le gioie e i dolori dei fratelli incontrati lungo le strade del mondo.


4. Carissimi giovani, vi accompagni nella vostra testimonianza cristiana la Vergine santissima, la vostra "Madonna della Lettera". Guardate a lei e cercate di essere voi la sua "lettera" in mezzo ai vostri coetanei. Dall'alto della stele che i vostri padri hanno innalzato nel porto, ella, quasi mamma che accoglie e benedice, conosce la vostra gioia di vivere e vi mostra ancora una volta Gesù.

Fate della vostra giovinezza, insieme con Maria, un cantico di lode a Dio che non si stanca di compiere meraviglie, un servizio di amore sul fronte del rispetto alla vita, della promozione della giustizia e della pace.

Maria, la Madre della Chiesa, vi benedice. Ed io con lei.


Data: 1988-06-11 Data estesa: Sabato 11 Giugno 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Nella Cattedrale con le persone consacrate - Messina