GPII 1988 Insegnamenti - Con gli uomini di cultura - Lima (Perù)

Con gli uomini di cultura - Lima (Perù)

Titolo: "Avete nelle vostre mani la responsabilità di fare del Perù un luogo dove tutti vivano secondo la loro dignità di persone"

Testo:

Distinti partecipanti a questo incontro.


1. Desidero che le mie prime parole questa sera esprimano la viva soddisfazione di incontrarmi con voi, uomini e donne del mondo della cultura e dell'impresa. Nella mia precedente visita in Perù, foste molto presenti nel mio pensiero. Quando ringraziavo Dio per la evangelizzazione del nuovo mondo, in realtà non mi riferivo unicamente al generoso lavoro dei missionari ma anche a quegli uomini di cultura che collaborarono a modellare la identità di questi popoli alla luce della fede.

Allo stesso modo, quando parlavo del lavoro, non alludevo solamente al ruolo dei contadini e degli operai, ma anche agli sforzi degli imprenditori che con dedizione ed impegno esemplari portano avanti le attività produttive e contribuiscono allo sviluppo.

Questi due mondi sono espressioni di una medesima realtà, che può essere compresa, in senso ampio, sotto la denominazione di "sviluppo culturale".

La riflessione sulla cultura ha una lunga storia nella vita e nel pensiero della Chiesa. Effettivamente è stata una costante preoccupazione che si è accentuata in modo singolare in occasione di momenti cruciali della storia dell'umanità. Siamo realmente davanti ad un tema centrale per la vita dell'uomo e della Chiesa.

Il lavoro imprenditoriale, da parte sua, è un aspetto molto importante del vasto orizzonte della cultura. Tanto più nei Paesi in via di sviluppo, come il vostro, dove i dislivelli economici sono grandi e di conseguenza si rende necessario un grande sforzo comune per raggiungere uno sviluppo economico sufficiente, che permetta la costruzione di una cultura veramente umana, che vuol dire realmente orientata a Dio.


2. Le radici culturali del vostro Paese sono impregnate del messaggio cristiano.

La storia del Perù si è venuta svolgendo al calore della fede, che l'ha ispirata e che ha impresso un proprio sigillo alla vita della nazione e alle sue consuetudini. Alla luce della fede si è venuta modellando una nuova sintesi culturale meticcia che unisce in sè l'eredità autoctona americana e l'apporto europeo.

Tuttavia, il permanere di strutture capaci di originare gravi squilibri all'interno del corpo sociale può generare una certa sfiducia nella valutazione del substrato di fede della prima evangelizzazione, dando per scontato che esso o non ha intriso con sufficiente forza i principi e le decisioni di chi è responsabile del campo culturale e sociale (cfr. "Puebla", 437), oppure si è debilitato di fronte all'aggressione di ideologie estranee.

Si tratta di ideologie di tipo individualista che non fanno caso alla ingiusta riparazione delle ricchezze e che concepiscono l'uomo come un individuo autosufficiente, teso alla soddisfazione del proprio fine attraverso il godimento dei beni terreni, nel disinteresse dei diritti altrui; oppure si tratta di ideologie di tipo collettivistico, che negano la vocazione trascendente della persona umana indicandole unicamente una finalità terrena (cfr. Congr. Pro Doctr. Fidei "Libertatis Conscientia", 13).

Di fronte a queste concezioni incompatibili con la vostra tradizione culturale cristiana, voglio ripetervi l'invito che a Santo Domingo indirizzai a tutti i popoli dell'America Latina: rimanendo sempre fedeli ai valori della dignità della persona e della solidarietà fraterna che il popolo peruviano porta nel suo cuore, come imperativi ricevuti dal Vangelo, resistete alla tentazione di coloro i quali vogliono che dimentichiate questa innegabile vocazione cristiana (cfr. "Allocutio Dominicopoli, ad Episcopos Americae Latinae congregatos habita", 2, die 12 oct. 1984: , VII, 2 [1984] 894).


3. L'interesse per la cultura è, prima di tutto, un interesse per l'uomo e per il senso della sua esistenza. Questo ho affermato nel mio discorso all'UNESCO anni addietro: "Per creare la cultura bisogna considerare integralmente, e fino alle sue ultime conseguenze, l'uomo come valore autonomo e particolare, soggetto portatore della trascendenza della persona. Bisogna affermare l'uomo per se stesso, e non per altri motivi o ragioni: unicamente per se stesso! Ancora di più, bisogna amare l'uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l'amore verso l'uomo per la particolare dignità che possiede" ("Allocutio ad UNESCO habita", 10, die 2 iun. 1980: , III, 1 [1980] 1643). La cultura deve essere spazio e strumento per rendere la vita umana sempre più umana (cfr. RH 14; GS 38) e perché l'uomo possa vivere una vita degna, secondo il progetto divino. Una cultura che non è al servizio della persona non è una vera cultura.

Nell'affrontare l'evangelizzazione della cultura, la Chiesa fa, dunque, un'opzione radicale per l'uomo. La sua opzione è, dunque, quella di un vero umanesimo integrale che eleva la dignità dell'uomo alla sua vera e irrinunciabile dimensione di figlio di Dio. Cristo rivela l'uomo all'uomo stesso (cfr. GS 22), gli restituisce la sua grandezza e dignità, permettendogli di riscoprire il valore della sua umanità oscurata a causa del peccato. Quale immenso valore deve avere l'uomo agli occhi di Dio se ha meritato si grande Redentore! Di conseguenza, l'azione della Chiesa non può associarsi a quella di certi "umanesimi" che si limitano ad una visione solamente economica, biologica o psichica. La concezione cristiana della vita è sempre aperta all'amore di Dio.

Fedele a detta vocazione, la Chiesa vuole mantenersi al di sopra delle diverse ideologie per optare solo per l'uomo a partire dal messaggio liberatore cristiano.

La Chiesa - come ho indicato nella mia recente enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" - non propone sistemi o programmi economici e politici, nè manifesta preferenze per gli uni o per gli altri, purché la dignità dell'uomo sia debitamente rispettata e promossa ed a lei stessa sia lasciato lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo (SRS 41).


4. Questa opzione umanistica dal punto di vista cristiano, come ogni opzione, richiede la chiara consapevolezza di una scala di valori, poiché sono essi il fondamento di ogni società. Senza valori non si ha la possibilità di costruire una società veramente umana; questi infatti determinano non solo il senso della vita personale ma anche la politica e le strategie della vita pubblica. Una cultura che perde il suo fondamento nei valori supremi si ritorce necessariamente contro l'uomo.

I grandi problemi che affliggono la cultura contemporanea hanno origine da questo voler isolare la vita personale e pubblica da una retta scala di valori.

Nessun modello economico o politico servirà pienamente il bene comune se non si basa sui valori fondamentali corrispondenti alla verita sull'essere umano, "verità che ci viene rivelata da Cristo, in tutta la sua pienezza e profondità" (DM 1-2). I sistemi che considerano la realtà economica quale fattore unico e determinante del tessuto sociale sono condannati, dalla propria logica interna, a ritorcersi contro l'uomo.

E' certo che unicamente ricorrendo alle capacità morali e spirituali della persona, si ottengono cambiamenti culturali, economici e sociali che siano realmente al servizio dell'uomo, poiché il peccato, che si trova alla radice delle ingiustizie, è propriamente primordialmente un atto volontario che ha la sua origine nella liberà di ogni persona. Per questa ragione, la rettitudine dei costumi è condizione per la salute di tutta la società (cfr. Congr. Pro Doctr. Fidei "Libertatis Conscientia", 75).


5. All'interno dell'enorme compito di evangelizzazione a cui siamo chiamati come Chiesa, l'evangelizzazione della cultura occupa un luogo preferenziale (cfr. Puebla, 365s). Essa deve raggiungere tutto l'uomo ed ogni manifestazione dell'uomo, arrivando fino alla stessa radice del suo essere, dei suoi costumi e tradizioni (cfr. Pauli VI EN 20).

L'evangelizzazione della cultura richiede uno sforzo per andare incontro all'uomo contemporaneo, cercando insieme con lui vie di avvicinamento e di dialogo per far progredire la sua condizione. E' uno sforzo di comprensione delle mentalità e degli atteggiamenti del mondo contemporaneo per poterli illuminare con il Vangelo. E' la volontà di arrivare a tutti i livelli della vita umana per renderla più degna. In questo modo vengono innalzati a maggiore dignità i modelli di comportamento, i criteri di giudizio, i valori dominanti, gli interessi prevalenti, le abitudini e i costumi che caratterizzano il lavoro, la vita familiare, sociale, economica e politica.

Evangelizzare la cultura vuol dire promuovere l'uomo nella sua dimensione più profonda. perciò, a volte è necessario indicare tutto ciò che, alla luce del Vangelo, attenta alla dignità della persona. D'altra parte, la fede è fermento per una autentica cultura perché il suo dinamismo promuove la realizzazione di una sintesi culturale equilibrata, che si può ottenere solamente grazie alla luce superiore di cui essa e apportatrice. La fede offre la risposta a quella sapienza "sempre vecchia e sempre nuova" che aiuta l'uomo ad adeguare, con criteri di verità, i mezzi ai fini, i progetti agli ideali, le azioni ai principi morali che permettono di restaurare, oggi, l'alterato equilibrio dei valori. In una parola, la fede, lungi dall'essere ostacolo, è forza feconda per la creazione della cultura.

Nel Perù di oggi e del futuro la azione evangelizzatrice della cultura deve partire da un fatto consegnatoci dalla storia: la prima evangelizzazione - il cui inizio presto compirà 500 anni - modello l'identità storico-culturale del vostro popolo (cfr. "Puebla", 412, 445-446; "Allocutio Dominicopoli, ad Epesopos Americae Latinae congregatos, habita", 1, die 12 oct. 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 2 [1984] 885); ed il substrato culturale cattolico, che porta soprattutto l'impronta del cuore e dell'intuizione, si esprime nelle realizzazioni artistiche, delle quali i vostri templi, i vostri dipinti tradizionali, la vostra arte popolare sono una dimostrazione così preziosa. Si esprime anche, con caratteristiche spesso commoventi, nella pietà fatta vita delle manifestazioni popolari di devozione.


6. Sebbene sia evidente che la fede trascende ogni cultura, dato che manifesta avvenimenti che hanno origine in Dio e non nell'uomo, ciò non vuol dire che essa sia al margine della cultura. Esiste un intimo vincolo fra il Vangelo e le realizzazioni dell'uomo. Tale vincolo è creatore di cultura.

Nello stesso modo in cui la cultura ha bisogno di una visione integrale e superiore dell'essere umano, la fede ha bisogno di inculturarsi. "Una fede che non si fa cultura è una fede che non è stata pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta" ("Epistula ad Cardinalem Augustinum Casaroli missa de institutione Pontificii Consilii pro hominum Cultura", die 20 mai 1982: , V, 2 [1982] 1777).

Pertanto, è missione di ogni cristiano impegnarsi per inculturare sempre più profondamente il messaggio del Vangelo nella varietà di espressioni culturali che sono profondamente radicate nel vostro Paese, nelle quali la fede ha svolto una funzione di felice integrazione. In questo modo anche voi collaborerete a questo elevato impegno rafforzando la coesione e la necessaria unità della vostra patria.

Non è fuori luogo indicare un pericolo che può rendersi presente nel processo di integrazione della fede nella cultura, ossia il pericolo del temporalismo come criterio riduzionista del messaggio cristiano. In popoli che stanno cercando, con indicibile impegno, di vivere una maggiore giustizia, dove le disuguaglianze socioeconomiche sono grandi e le condizioni di vita di molti sono a volte infraumane, spesso appare la tentazione di ridurre la missione della Chiesa alla ricerca di un progetto meramente temporale o addirittura all'azione politica.

In questo modo, il punto di arrivo è chiaro per tutti: si svuota il messaggio cristiano dei suoi contenuti essenziali, si adultera la fede, si tradisce il Vangelo.


7. In modo particolare voglio rivolgermi questa sera a tutt voi che vi occupate della creazione e della promozione della cultura. Su di voi ricade una non lieve responsabilità, dal momento che dalle opzioni che saprete portare avanti dipenderà se la vostra cultura sarà al servizio dell'uomo o contro di lui.

Siete voi, intellettuali, quelli che con senso cristiano della vita dovete dimostrare che fede e scienza non si contrappongono. Infatti, l'intelligenza umana, con il trascorrere dei secoli, ha scoperto non pochi dei misteri naturali che incuriosiscono l'uomo e ha svelato la logica correlazione fra teologia e scienze temporali. La grandezza del lavoro intellettuale, lo sapete bene, è costituita in definitiva dalla ricerca della verità. così lo segnalavo nella mia enciclica "Redemptor Hominis": "In questa inquietudine creativa batte e pulsa ciò che è più profondamente umano: la ricerca della verità, l'insaziabile bisogno del bene, la fame della libertà, la nostalgia del bello, la voce della coscienza" (RH 18).

Il lavoro che Dio vi chiede è un servizio alla verità. Verità che deve essere cercata senza posa nelle istituzioni di ricerca e deve essere insegnata in ogni momento nei centri educativi; che deve presiedere all'attività dei mezzi di comunicazione sociale, della politica, dell'economia, dell'arte nelle sue diverse e ricche manifestazioni, e che deve resistere alla tentazione di manipolare e di lasciarsi manipolare.

A questo proposito desidero esortare i professionisti dell'informazione ad essere autentici promotori del bene comune, come corrisponde al loro nobile ed elevato compito, che quasi sarei tentato di definire missione di servizio alla comunità. Quella stessa società alla quale devono servire chiede e spera che essi non si lascino trascinare da interessi o convenienze di parte che, deformando i fatti, possono arrecare pregiudizio alla pacifica convivenza cittadina o indebolire i valori essenziali della stabilità democratica e dell'ordine costituzionale.


8. Vorrei anche soffermarmi sul ruolo dell'imprenditore nel mondo attuale. Per voi, cari imprenditori cristiani, il grande compito consiste nell'impregnare le realtà della vita lavorativa ed economica, e in generale tutta l'economia, con l'ideale evangelico così come è proposto dall'insegnamento sociale della Chiesa.

Nel compimento di questa ardua impresa dovete aver presente che nonostante l'importanza fondamentale dei mezzi, sono in primo luogo le vostre disposizioni quelle che dovete esaminare alla luce della fede, per cambiare conseguentemente ciò che si deve cambiare, secondo le esigenze della stessa fede.

A volte si è interpretato male o non si è compreso il vostro ruolo, presentandolo come necessariamente contrario ai lavoratori o connesso con i grandi interessi stranieri. Ci si dimentica che tutti uniti, imprenditori e lavoratori, cooperate per raggiungere un obiettivo comune. Ci si dimentica con frequenza che siete uomini d'iniziativa, che affrontate rischi, che siete creatori di nuovi metodi, che contribuite al progresso tecnologico e che arricchite la comunità con i frutti delle vostre attività. L'imprenditore cristiano non può concepire l'impresa se non come costituita da persone al cui sviluppo e alla cui perfezione deve contribuire il lavoro che egli svolge. L'ideale di comunità umana e umanizzatrice deve illuminare la realtà delle imprese in mezzo ad una società aperta e pluralista, favorendo uno sforzo creativo, partecipato e responsabile, per mezzo del quale si ottenga una produzione efficace e ragionevole di beni e di servizi.

Tuttavia occorre d'altra pare deplorare che non poche volte ci sono imprenditori - nei diversi tipi di impresa - che non corrispondono ai doni ricevuti e che sembrano ignorare la loro responsabilità rispetto a coloro che lavorano nella impresa e rispetto alla società. Alcuni sembrano dimenticare che devono essere, si, promotori di ricchezza; ma avendo sempre come fine il bene comune, cioè, senza lasciarsi trascinare da desideri di esclusiva utilità personale.

Abbiate sempre presente che i valori della solidarietà e della sussidiarietà sono una guida sicura per l'edificazione cristiana dell'impresa e della società intera (cfr. SRS 32). L'impresa non soltanto è un'attività produttiva, ma deve essere anche un mezzo per rendere possibile il concreto esercizio del lavoro, con cui l'uomo si realizza (cfr. LE 14). Non dimenticate che il lavoratore è per se stesso tutto il suo capitale e che, perciò, nella concettualizzazione dell'impresa ordinata al bene comune, il lavoro ha priorità (cfr. LE 2).


9. Rivolgendomi a imprenditori non posso fare a meno di pensare ad uno dei problemi più gravi che, con riguardo alla vita economica, affliggono tante nazioni dell'America Latina, e in particolare il Perù.

Come ho detto recentemente nella mia enciclica "Sollicitudo Rei Socialis": "Il mezzo destinato allo sviluppo dei popoli si è risolto in un freno, anzi, in certi casi, addirittura in una accentuazione del sottosviluppo" (SRS 19).

Infatti, il movimento di capitali da un Paese ad un altro, o da istituzioni pubbliche o private di credito verso regioni o nazioni che ne hanno necessità per dotarsi di infrastrutture o per far fronte a bisogni fondamentali delle popolazioni, può essere un gran segno di solidarietà mondiale. Il criterio perché questo sia una realtà è proprio il senso di solidarietà con cui si fa. Da parte del Paese che chiede il credito, si richiede che abbia esaminato accuratamente quali siano le sue vere priorità, quale sia il costo finanziario ed umano del prestito, come pure le conseguenze dirette e indirette di un ritardo o di un'interruzione dei pagamenti. In caso contrario il meccanismo di crediti e prestiti si può convertire in un ostacolo e in un peso insopportabile.

Il problema del debito internazionale, così come è stato esposto nel documento della Pontificia Commissione "Justitia et Pax" su questa materia, non è solo una questione finanziaria o economica, e neppure meramente politica, bensi innanzi tutto etica e morale. Essa deve essere esaminata e avviata a soluzione alla luce del principio della solidarietà tra popoli e nazioni, tra ricchi e poveri, tra sviluppati e sottosviluppati, con il fine di non naufragare tra gli scogli dell'egoismo, del guadagno a qualsiasi costo o di una concezione strettamente e puramente materiale dello sviluppo.


10. Tutti voi, rappresentanti della cultura e dei settori dirigenziali del Paese, avete nelle vostre mani una grande responsabilità: quella di fare del Perù un luogo dove non soltanto si sopravviva, ma tutti i cittadini vivano secondo la loro dignità di persone, sia nell'aspetto materiale che in quello spirituale.

La vostra patria continui ad essere in futuro un luogo accogliente, nel quale i diritti fondamentali di ogni persona siano tutelati, dove gli egoismi e gli antagonismi politici siano superati, dove lo sfruttamento, la violenza, il terrorismo non lascino sentire le loro tragiche sequele di oppressione e di morte, dove le libertà civili e la forza creatrice di tutti i peruviani diano una maggiore coesione sociale al Paese come garanzia di un futuro migliore, dove l'infanzia e la gioventù non siano vittime innocenti di inconfessabili interessi, di inimicizie di parte, di strategie destabilizzatrici. Insomma, una società nella quale i valori cristiani siano predominanti e dove il nobile ideale di solidarietà prevalga davanti al caduco ideale di dominio (cfr. SRS 46).


11. Per portare a termine questo arduo compito, il vostro Paese conta su di un potenziale di risorse naturali sufficienti; conta soprattutto, pero, sul gran tesoro di un popolo dalle profonde radici cristiane, i cui valori devono essere ravvisati e potenziati per far fronte alla sfida del presente.

In questa economia solidale nutriamo tutti grandi speranze perché si mobilitino le forze vive della nazione. Voi ed io siamo convinti che, attraverso la convergenza di tante volontà solidali, sarà possibile una politica economica articolata nella quale l'autorità pubblica, senza abdicare alle sue funzioni di direzione superiore, crei gli spazi sufficienti perché l'iniziativa privata possa imprimere un deciso impulso allo sviluppo economico di tutta la regione.

Come imprenditori cristiani, la vostra patria spera molto da voi, soprattutto nella difficile situazione che l'economia attraversa e i cui effetti negativi, sebbene coinvolgano tutti, si ripercuotono con più forza sui più poveri.

Collaborate con generosa dedizione e impegno alla costruzione di una economia fondata sulla retta gerarchia dei valori, siate sempre attenti alle esigenze della giustizia, della misericordia e della solidarietà.

Non voglio finire senza rivolgere la mia parola d'incoraggiamento a tutte le istituzioni cattoliche di istruzione superiore e ai centri universitari del Paese; in particolare ai membri del Consiglio Cattolico per la Cultura del Perù.

Congedandomi da voi, degni rappresentanti del mondo culturale e dell'impresa, desidero invitarvi a contribuire attivamente alla costruzione e alla difesa di una cultura più umana. Vi esorto a trasformarvi in veri promotori e messaggeri di una cultura di vita che esprima la validità della solidarietà e dello sviluppo, che riconcilii i diversi elementi che appaiono divisi, che trovi il suo fondamento nella verità e nell'amore, e che manifesti nella vita quotidiana la centralità del bene e della bellezza.


Data: 1988-05-15 Data estesa: Domenica 15 Maggio 1988




Il saluto ai giovani - Lima (Perù)

Titolo: Gesù con il suo messaggio d'amore è la risposta ai mali del nostro tempo

Testo:

Cari giovani del Perù!


1. Grazie per la vostra presenza numerosa ed entusiasta in questo incontro significativo che ho voluto riservarvi nella mia breve visita a Lima. Siete la speranza della Chiesa! Sarete l'alba del domani, se siete portatori della vita che è Cristo! Questa è la vostra sfida e la vostra felicità: accogliere la vita che il Signore ci ha dato e comunicarla agli altri, con la vitalità e l'energia della vostra gioventù, con la trasparenza e il dinamismo propri della vostra età. Siate costruttori di un mondo migliore, fin da oggi! Ricordo molto bene l'incontro che abbiamo avuto a Monterrico, durante la mia precedente visita, quando vi proposi l'ideale delle beatitudini. Anche oggi desidero rivolgermi ad ognuno di voi, e attraverso di voi a tutti i giovani di questo Paese, perché il Signore ama tutti ed ognuno di voi e da ognuno aspetta la risposta personale e irripetibile che nasce dal cuore generoso. Tutti siete stati chiamati personalmente a vivere nell'amore di Gesù e ad essere suoi apostoli. "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi" (Jn 15,16), ci dice Cristo; è questa l'esperienza dell'apostolo san Giovanni, che conobbe il Signore quando era giovane come voi.


2. Il mondo in cui vi è toccato vivere, oltre a gandi progressi conosce profonde contraddizioni. La sequela del peccato è grande e dolorosa. Molti uomini si allontanano sempre più da Dio, sviando così dal sentiero della felicità alla quale sono invitati. Rompendo il legame con il Padre entrano in conflitto con gli altri, con loro stessi e con la natura. Li sta la radice del peccato personale e delle sue terribili conseguenze sociali. Oggi poche cose non vengono messe in discussione. Tutto viene messo in dubbio. Le relazioni umane - pretendono alcuni - sono semplici convenzionalismi. Si sperimenta il turbamento di un cambiamento che si arroga il diritto di mettere da pare i valori eterni. Si esalta la violenza. Si rifugge dagli impegni personali e da una autentica costruzione del mondo, per rifugiarsi invece nell'alcool e nella droga. Si è venuto generalizzando il disprezzo per la vita umana. I principi morali non sono rispettati. E' come se l'uomo avesse smarrito la sua strada.


3. Di fronte ad un panorama che potrebbe infondere scoraggiamento e disperazione anche in spiriti forti, io vi dico: giovani peruviani, Cristo, il suo messaggio d'amore è la risposta ai mali del nostro tempo! E' lui che libera l'uomo dalle catene del peccato per riconciliarlo con il Padre. Egli solo è capace di saziare quella nostalgia di infinito che si cela nel fondo dei vostri cuori. Egli solo può colmare la sete di felicità che vi portate dentro perché egli è la via, la verità e la vita (cfr. Jn 14,6). In lui si trovano le risposte agli interrogativi più profondi e angosciosi di ogni uomo e della storia stessa.

Con l'entusiasmo proprio della vostra gioventù cercate il Signore Gesù.

Egli colmerà le vostre inquietudini. Convertitevi di cuore per ottenere la vita! Solo con una conversione personale e profonda si può aspirare ad un cambiamento reale, che poi si proietti verso gli altri in relazioni solidali.

Non cercate in altri luoghi ciò che solo Cristo può dare. La vostra sete di Dio non può essere saziata da succedanei, come le ideologie che portano ad esacerbare i conflitti e l'odio. Non dovete evadere dall'affascinante avventura di vivere la vita secondo il Vangelo. Non cedete alla tentazione della violenza che tutto distrugge e conduce alla disperazione. Optate per una cultura di vita e di amore fraterno! 4. Giovani del Perù! In voi ripongo la mia fiducia. Saprete accogliere e vivere il dono della vita che Gesù Cristo il Signore ci ha dato. Sarete capaci di ascoltare e accogliere la vocazione di essere discepoli e apostoli? Avrete il coraggio di fare della vostra vita una testimonianza eloquente del fatto che Cristo è la risposta che l'uomo d'oggi cerca? Cari ragazzi e ragazze: dovete avere un desiderio ardente e un grande coraggio per proclamare Gesù Cristo, per annunciarlo nei vostri ambienti, nella società. Siate apostoli tra i vostri amici e compagni. Per questo dovete avere una solida formazione nella fede, alimentarvi dell'Eucaristia, cimentarvi nella preghiera, e così proiettarvi verso gli altri con la sicurezza che il Signore dà.

Ad ognuno di voi spetta il nobile compito di essere messaggeri di Cristo tra quelli che vi stanno intorno. Coltivate nel vostro cuore di giovani il desiderio di essere veri apostoli, testimoni audaci del Vangelo, artigiani della civiltà dell'amore.

Rimetto nelle mani della nostra madre Maria, nostra Signora dell'Evangelizzazione, come la conoscete in questa vostra terra di Lima questa speranza della quale siete i portatori. Accogliete lei, madre dei giovani, perché vi guidi all'incontro con il suo Figlio e vi mostri il cammino della riconciliazione. Lei che è esempio di amore generoso vi sostenga nella fede e vi insegni a vivere nel servizio dei fratelli, particolarmente dei più bisognosi.

A voi, discepoli di Gesù nel terzo millennio del cristianesimo, raccomando il compito dell'evangelizzazione dei giovani, la costruzione della civiltà dell'amore.

[Prima di impartire la benedizione ai giovani il Santo Padre ha così proseguito:] Ancora una parola, ancora una parola: dunque, abbiamo vissuto questa celebrazione conclusiva del Congresso eucaristico bolivariano. Devo dirvi che sono rimasto molto impressionato per il gran numero dei partecipanti, una moltitudine, ma impressionato, soprattutto, da un profondo silenzio. Un silenzio! Il profondo silenzio della fede, si vedeva che tutta l'assemblea viveva il mistero, il mistero dell'Ascensione ed il mistero dell'Eucaristia. Ascensione nell'Eucaristia ed Eucaristia nell'Ascensione del Signore; lo viveva, si vedeva, e nelle mie riflessioni durante la celebrazione mi sono domandato: "Qual'è il contenuto, il contenuto anche umano di questo silenzio?". Si, siamo tutti discepoli di Cristo, abbiamo vissuto come quei dodici, quei dodici discepoli, il suo saluto celestiale, la sua Ascensione, e viviamo il mistero della sua presenza nell'Eucaristia, come i suoi discepoli ed oltretutto siamo quello che siamo, peruviani, latinoamericani, con tutti i problemi dell'oggi e del domani.

Qual è la parola che si potrebbe dire permeasse quell'assemblea silenziosa durante la celebrazione? Ho cercato questa parola ed ho trovato le parole di san Paolo: "Vincere il male con il bene": non permettete di essere vinti dal male, "vincere il male con il bene".

E' una parola attuale e l'ho pensata durante la riunione di questo pomeriggio, ma ho riservato la risposta del Signore attraverso le parole di san Paolo per voi, per voi giovani: vincete il male con il bene. Questo è il programma; il programma per il Perù, per coloro che devono costruire il futuro di questo Paese, di questa patria peruviana, patria molto amata, molto amata da me.

Due giorni fa ho sentito che sono boliviano. Si, è vero: Cristo stesso si fa boliviano, si fa peruviano, si fa africano... cammina con gli uomini, con gli ebrei, con i greci e adesso con i polacchi, i francesi, gli italiani, con i peruviani.

Bene, vedo che è sufficiente, desiderate ormai la benedizione. Ma prima della benedizione, devo segnalare la presenza di una scritta "Servitori". Vi sono qui certamente molti di quei giovani servitori che hanno contribuito allo sviluppo del Congresso eucaristico e specialmente a questa visita papale di oggi. Grazie.

E adesso la benedizione a tutti voi ed a tutti i giovani di Lima, del Perù e dei Paesi bolivariani, perché siamo uniti a tutti i Paesi bolivariani attraverso il Congresso.


Data: 1988-05-15 Data estesa: Domenica 15 Maggio 1988




Congedo dal Paese - Aeroporto internazionale "Jorge Chavez" di Callao (Perù)

Titolo: Soltanto il Vangelo e la dottrina sociale che proclama possono essere fonte di salvezza per l'America Latina

Testo:

Signor Presidente, signori Cardinali e Vescovi, Autorità civili e militari, fratelli e sorelle carissimi.


1. La mia permanenza fra voi, anche se breve, è stata profondamente caratterizzata da celebrazioni ricche di fede e di religiosità, che abbiamo condiviso insieme.

Ringrazio la divina Provvidenza, perché mi ha permesso di trascorrere a Lima una domenica piena di luce, una giornata memorabile per la storia del Perù e degli altri Paesi bolivariani: la Bolivia, la Colombia, l'Ecuador, il Panama e il Venezuela; un giorno di grazia che può persino rappresentare il principio di una nuova tappa della storia dell'evangelizzazione di tutta l'America Latina, qui rappresentata nel corso del V Congresso eucaristico e mariano che il Papa è venuto a chiudere.

Quale Pastore della Chiesa universale, ho invitato le Chiese locali, che si trovano in quest'area, ad intraprendere con un rinnovato impegno l'opera di evangelizzazione, affinché tutti gli uomini e tutti i popoli di questo continente giovane e pieno di speranza, che si prepara a celebrare il V centenario dell'arrivo della buona novella, facciano di Gesù Cristo il centro vitale della loro esistenza, riconoscendo in lui il loro unico salvatore, signore e liberatore.

Questo deve essere il frutto principale del congresso, come indica lo stesso tema che è stato al centro delle vostre giornate di studio, riflessione e preghiera: "Riconoscere il Signore dalla frazione del pane"; cioè, riconoscerlo soprattutto nell'Eucaristia, attraverso la quale Cristo diventa realmente presente in noi per essere il nostro alimento, la nostra vita; e riconoscerlo anche nei fratelli, soprattutto nei più bisognosi: nei fratelli che soffrono, nei fratelli poveri, per condividere con loro il pane della Parola e il pane materiale, per saziare la loro fame di Dio e la loro fame di giustizia.


2. Permettetemi di dirvi ancora una volta: non vi è autentica liberazione se non in Gesù Cristo. Soltanto il Vangelo e la dottrina sociale, che esso proclama, possono essere fonte di salvezza per l'America Latina. Tutte le ideologie estranee o avverse al cristianesimo o semplicemente incompatibili con gli insegnamenti della Chiesa mancano di questo dinamismo interiore, capace di dare pace e giustizia a questa cara America. Soltanto la luce che viene dal divino Redentore può assicurare alle vostre nazioni un avvenire migliore in cui, superato ogni genere di violenza e di interessi contrapposti, regni la civiltà della verità e dell'amore.

Queste sono le strade che il Congresso eucaristico lascia aperte: strade di rinnovamento cristiano, strade di rinnovamento sociale.

E poiché è stato anche un Congresso mariano, nel nostro cammino ci dobbiamo affidare fiduciosamente alla Vergine e riconoscere la sua presenza di Madre, perché ella ci guidi come Stella dell'evangelizzazione, consapevoli che Maria ci precede sempre nel pellegrinaggio della fede.

Nelle sue mani materne affido le intenzioni pastorali del congresso che abbiamo concluso e, alla sua protezione, le Chiese dei Paesi bolivariani insieme ai loro Pastori, sacerdoti, religiosi, religiose, agenti di pastorale e tutti i fedeli in quest'anno mariano e in questo mese di maggio soprattutto dedicato a nostra Signora.


3. Il mio secondo viaggio apostolico in Perù è terminato. Ho provato nuovamente la grande gioia di incontrarmi con un popolo dalle profonde radici cristiane, che ha instaurato stretti legami di comunione e sintonia con il successore dell'apostolo Pietro, durante la visita pastorale che poco più di tre anni fa mi ha permesso di attraversare gran parte del territorio di questo Paese come pellegrino dell'evangelizzazione.


4. Custodisco gelosamente nella mia anima il ricordo di tutti voi, delle manifestazioni di affetto che mi avete rivolto; dell'entusiasmo con cui avete accolto la mia visita; del dinamismo e della vitalità di questa Chiesa che sta in Perù e che si impegna con il popolo.

Ma, al tempo stesso, non posso tacere la tristezza che invade il mio cuore di Pastore nel constatare che questo nobile popolo peruviano continua a subire il flagello della violenza. Infatti, attentati e crimini continuano a seminare dolore e morte in molte famiglie di questo Paese. Al riguardo, l'esperienza insegna che la violenza, da qualsiasi parte provenga, genera una violenza sempre maggiore e non è la giusta via verso l'autentica giustizia.

Nel corso della mia breve permanenza fra voi ho potuto percepire nuovamente il grido di pace che sgorga dal cuore di tanti peruviani di buona volontà. I lunghi e crudeli anni di lotte fratricide, che hanno prodotto tante vittime nella vita delle persone e della società, non devono impedire che si possa raggiungere una pace giusta e duratura.

perciò, prima di lasciare questa amata terra del Perù, rinnovo ai responsabili di tanto dolore e morte l'appello fatto ad Ayacucho il 3 febbraio 1985: "Vi chiedo in nome di Dio: cambiate strada! Convertitevi alla causa della riconciliazione e della pace! Siete ancora in tempo! Molte lacrime di vittime innocenti aspettano la vostra risposta".

Che tutti, soprattutto coloro che hanno impugnato le armi, ascoltino il grido di pace che nasce da tanti cuori, che hanno subito e subiscono le conseguenze della violenza, e intraprendano il cammino cristiano della riconciliazione e del perdono.

Questa è la grande opera che deve impegnare tutti i peruviani di buona volontà: costruire un Perù più giusto e riconciliato. Mi rivolgo quindi a tutti: ai capi politici e sindacali, agli imprenditori e ai lavoratori, agli uomini di cultura e di scienza, a tutti coloro che contribuiscono - anche se soltanto con la voce e con il voto - al progresso della società; mi rivolgo a tutti e a tutti faccio un appello affinché contribuiate generosamente, con assoluta onestà, con pura coscienza, con chiarezza di idee, con spirito solidale, con opere attive, a costruire questo nuovo Perù che tutti desiderate.


5. Ringrazio il signor Presidente della Repubblica del Perù per la sua cortese attenzione. Estendo questo ringraziamento ai membri del governo e alle altre autorità civili e militari, per la collaborazione allo svolgimento delle attività programmate durante la mia visita pastorale.

La mia gratitudine, profondamente sentita, va al signor Cardinal Primate e a tutti gli amati fratelli nell'episcopato, che con vivo spirito di comunione hanno sostenuto i fedeli nella preparazione spirituale del Congresso mirando ad un nuovo slancio evangelizzatore che fortifichi l'azione pastorale e la vita cristiana in ogni comunità ecclesiale.

Al momento del commiato, do il mio abbraccio di pace nel Signore ai rappresentanti degli episcopati degli altri Paesi bolivariani: la Bolivia, la Colombia, l'Ecuador, il Panama e il Venezuela; come anche a quelli delle nazioni sorelle, qui presenti. Insieme alla mia gratitudine per la vostra presenza e per la vostra dedizione pastorale per far crescere nelle vostre Chiese locali la pietà eucaristica, vi prego di portare a tutti gli amati figli dei vostri rispettivi Paesi il ricordo e l'affettuoso saluto del Papa, che prega fervidamente Dio perché susciti in tutti un rinnovato impegno di vita cristiana, di fedeltà a Cristo, di volontà di servizio e di aiuto ai fratelli, soprattutto ai più bisognosi.

Peruviani e peruviane tutti, delle città e dei villaggi della costa, dei monti e delle foreste: in questa ora della vostra storia vi esorto a rimanere fedeli alla vostra fede cattolica e a rendere testimonianza nella vostra vita individuale, familiare e sociale.

Raccomando al Signore dei miracoli e alla santissima Vergine, tanto venerata in tutta l'America Latina, che questo mio appello come padre e pastore faccia si che le virtù cristiane che professate contribuiscano al superamento delle difficoltà attuali e rafforzino la fraternità e la volontà di pacifica convivenza fra tutti i peruviani.

Cari amici del Perù, sappiate che il Papa vi ama, che condivide le vostre angosce e le vostre speranze, che prega per voi e vi benedice con questa benedizione che tanto implorate e chiedete e che io, prima di partire, vi imparto di cuore.


Data: 1988-05-16 Data estesa: Lunedi 16 Maggio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Con gli uomini di cultura - Lima (Perù)