GPII 1988 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)

Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria ci aiuta a discernere la voce dello Spirito

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. L'odierna solennità di Pentecoste riveste un particolare significato perché riporta il pensiero all'apertura dell'anno mariano.

Questa coincidenza ci vuole ricordare che la venuta dello Spirito Santo nel mondo è strettamente congiunta con la presenza di Maria tra noi. Lo Spirito Santo ci dona Maria, e Maria ci conduce allo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo e la Madonna sono all'origine della Chiesa.

Maria ha donato alla Chiesa il suo stesso fondatore: nostro Signore Gesù Cristo. Lo Spirito Santo dona alla Chiesa la sua stessa vita e la forza di crescere e di espandersi fino ai confini della terra.

Presenti nella Chiesa fin dalla sua nascita, lo Spirito Santo e Maria, per tutto il corso della storia, invocano, con tutti i discepoli del Signore Gesù, il suo ritorno nella gloria.


2. Come ho detto nell'enciclica "Dominum et Vivificantem", "spiritualmente l'evento di Pentecoste non appartiene solo al passato: la Chiesa è sempre nel cenacolo, che porta nel cuore. La Chiesa persevera nella preghiera come gli apostoli insieme a Maria, Madre di Cristo" (DEV 66).

Nello Spirito Santo ed in unione con la preghiera di Maria, la Chiesa può vivere una perenne Pentecoste. E' unendosi alla preghiera dello Spirito Santo e di Maria che la Chiesa, nel corso dei secoli, trova la forza per rimanere fedele alla missione affidatale dal Signore Gesù, per accrescersi di sempre nuovi figli, per realizzare sempre nuove iniziative di carità e di santità, per vincere definitivamente il potere del male.

Tutto il segreto del nostro cammino di santificazione, del nostro essere in comunione con Cristo e con la Chiesa, sta nel saperci unire a questi "gemiti inesprimibili" dello Spirito - come dice san Paolo (Rm 8,26), - a questa misteriosa "intercessione" dello Spirito, il quale solo conosce a fondo la volontà di Dio ed il suo piano di salvezza per noi. Per realizzare questo piano, dobbiamo far nostri i "desideri dello Spirito" (Rm 8,27). Solo così potremo pregare nel nome di Cristo ed ottenere la misericordia del Padre.


3. E Maria, a sua volta, ci aiuta a discernere la voce dello Spirito, ad aprirci al suo soffio vitale e fecondatore, a disporci, nell'umiltà e nella fiducia, ad ascoltare e a far nostro quanto lo Spirito in se stesso o per il tramite della Chiesa ha da dirci.

Maria ci insegna ad essere aperti a tutti i canali della verità, da qualunque parte e comunque essa venga a noi "Qualunque vero, da chiunque sia detto - osserva san Tommaso -, viene dallo Spirito Santo" (S Thomae "Comm. in Evang.

Io." 1, 4b, lect. III, 103). Il soffio della Pentecoste è il soffio della verità che conquista il mondo, che conquista le coscienze ed i cuori degli uomini. E Maria è al centro di questo evento, di questo cammino di salvezza.


Preghiamola ancora una volta perché ci renda disponibili alla voce dello Spirito! [Omissis. Seguono i saluti]


Data: 1988-05-22 Data estesa: Domenica 22 Maggio 1988




In occasione del Convegno internazionale sulla "Redemptoris Mater" - Antonianum (Roma)

Titolo: Lettera al Presidente del Comitato per l'anno mariano

Testo:

Al venerato fratello il signor Cardinale Luigi Dadaglio Presidente del Comitato Centrale per l'anno mariano.


1. "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

Con queste parole pronunciate da Gesù all'inizio del suo ministero pubblico mi rivolgo a lei ed ai carissimi fratelli e sorelle partecipanti al convegno internazionale dedicato allo studio dei contenuti e delle prospettive dottrinali e pastorali dell'enciclica "Redemptoris Mater". L'incontro, organizzato dalla Pontificia Accademia Mariana Internazionale sotto gli auspici del Comitato centrale per l'anno mariano, si inserisce nella serie di iniziative che, allo scopo anche di preparare la Chiesa e l'umanità al Giubileo cristologico del duemila, si propongono di approfondire sempre più la conoscenza del mistero di Maria (cfr. RMA 4).


2. Nel linguaggio neo-testamentario la "pienezza del tempo" coincide con la venuta del Regno di Dio nella persona e nell'opera di Gesù Cristo, alla quale deve corrispondere l'adesione di fede dell'intero Popolo di Dio. Questa risposta corale trova il suo apice ed il suo punto di riferimento in Maria che con il "fiat" dell'annunciazione e di tutta la sua vita si fa modello di un "si" pienamente libero e totalmente disponibile. Senza la sua accettazione dell'iniziativa divina la storia della salvezza non avrebbe avuto il decorso che noi conosciamo.

La Madre del Signore riveste un ruolo particolare nel cammino storico della comunità dei credenti, essendo a lei spettato di generare nel tempo l'eterno Figlio di Dio. Essa pero non costituisce un principio parallelo a quello di Cristo e della Chiesa, bensi, con Cristo e con la Chiesa, è manifestazione dell'attività salvifica di Dio nella storia; è luogo di incontro tra il divino e l'umano, tra la grazia e la fede; è paradigma del comportamento dell'uomo verso Dio: con la sua vicenda pur unica e irripetibile, Maria ci invita agli atteggiamenti di figliolanza, di discepolato e di apertura allo Spirito.


3. Ella diventa così una sorta di "esegesi vissuta" del Vangelo. Il suo mistero potrebbe essere spiegato anche a partire dalla frase programmatica di Gesù, a cui ho fatto riferimento: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

"Convertitevi": Nell'Immacolata Concezione di Maria, Dio pone in atto la sua volontà salvifica di ristabilire lo stato della giustizia primordiale. Già dall'inizio della sua esistenza la Madre del Messia fu avvolta dall'amore redentivo e santificante di Dio. La sua elezione è frutto della grazia: in lei si manifestano in maniera singolare l'iniziativa mirabile del Padre, l'azione santificante dello Spirito e la redenzione perfetta compiuta da Cristo. Anche se appartiene alla schiera dei redenti, di tutti gli uomini bisognosi di salvezza (cfr. LG 53), essa non conobbe una storia senza Dio. Divenne così per grazia l'immagine della nuova umanità, l'icona della Chiesa futura, "senza macchia e ruga" (Ep 5,26), creazione purificata e trasparente davanti a Dio. Tutto in lei è pura grazia e solo grazia ("sola gratia").

"Credete al Vangelo": Essendo vergine, Maria pronuncia il suo "si" alla maternità. La fede è la ragione profonda della sua verginità: dalla fede verginale e dal grembo verginale il Figlio di Dio fece il suo ingresso nella storia umana.

Mediante questa fede Maria accolse il "Figlio della promessa" e il suo grembo divenne il luogo in cui la povertà umana è resa capace di aprirsi al divino e di collaborare così alla propria salvezza. La sua fede è insieme responsabile adesione e fiducioso abbandono all'azione divina: "Nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37): Una fede attiva nella sua passività, passiva nella sua attività ("sola fides"). Se credere significa "abbandonarsi" alla Parola di Dio, riconoscendo quanto siano imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie, "Maria, che per l'eterna volontà dell'Altissimo si è trovata, si può dire, al centro stesso di quelle "inaccessibili vie" e di quegli "imperscrutabili giudizi" (cfr. Rm 11,33) di Dio, vi si conforma nella penombra della fede, accettando pienamente e con cuore aperto tutto ciò che è disposto nel disegno divino" (RMA 14).

"Il Regno di Dio è vicino": Come Genitrice del Figlio di Dio Maria dona al mondo colui che è il Regno di Dio in persona. Il Figlio di Dio diventa il Figlio dell'uomo grazie anche alla partecipazione di una donna che diventa la Madre del Figlio di Dio "nato da donna, nato sotto la legge" (Ga 4,4).

Nell'ordine attuale della provvidenza non si può pensare il Dio incarnato senza la Vergine Maria. Ma la sua maternità supera la sfera puramente biologica, perché è una maternità resa possibile nella fede, una maternità misteriosa nella quale Dio Padre si rivela come tale all'umanità. Maria dona al mondo il Redentore, dalla cui redenzione essa stessa dipende, perché nessuno si salva da se stesso: è Cristo il salvatore di tutti ("solus Christus").

"Il tempo è compiuto": In Gesù Cristo Dio ha posto la pienezza di ogni cosa, ed egli nel suo tempo ha accolto tutti i tempi e tutte le generazioni. Anche nella Vergine Assunta in cielo si incontrano il "già adesso" della salvezza e il "non ancora" della pienezza; l'elezione da parte di Dio comporta la salvezza completa. Là dove c'è la totalità della grazia, c'è anche la totalità della salvezza: in Maria si incontrano così la grazia e la gloria. E poiché la grazia e la fede sono state straordinarie, anche la glorificazione è stata straordinaria.

L'esistenza di Maria fu la risposta completa al disegno salvifico di Dio, e proprio mediante questa piena e incondizionata disponibilità di Maria il Verbo ha fatto il suo ingresso nella storia, che è diventata storia della salvezza ("totus Christus").


4. Maria santissima, guardata alla luce della parola programmatica di Gesù (cfr. Mc 1,15), ci si manifesta con le sembianze della donna credente, discepola esemplare del Cristo. Maria è l'icona perfetta del volto di Dio, non secondo la natura come suo Figlio (cfr. Col 1,15), bensi secondo la grazia come "serva del Signore" (Lc 1,38). In Maria, Immacolata e Assunta, la Chiesa canta la piena vittoria della grazia, e nella singolare santità di lei si riconosce pienamente come la sposa immacolata dell'Agnello (cfr. Ap 19,7). Con lei, vergine e madre, la comunità dei cristiani canta la vittoria della fede, e si manifesta come sacramento, segno e strumento di salvezza, luogo d'incontro tra Dio e l'umanità.

Tanto la Chiesa quanto Maria sono al servizio della salvezza: non una accanto all'altra, ma in un rapporto reciproco. E poiché la Chiesa esiste da Abele il giusto (cfr. LG 2), così anche Maria non è stata mai fuori di essa. La Chiesa si comprende come comunità dei credenti e nel Nuovo Testamento la Madre del Signore appare come la credente per eccellenza: "Beata perché ha creduto" (cfr. Lc 1,45). La Chiesa, quale comunità messianica di salvezza, trova in Maria un esempio sublime di fede e di carità ed a lei ispira la sua missione: "Come Maria è al servizio del mistero dell'incarnazione, così la Chiesa rimane al servizio del mistero dell'adozione a figli, mediante la grazia" (RMA 43).

L'esistenza esemplare della Madre di Gesù diventa paradigmatica per la Chiesa, che trova in essa un modello di fede, di speranza e di perfetta unione con Cristo (cfr. LG 58). L'incondizionata disponibilità di Maria nel compiere la volontà di Dio è modello per la comunità escatologica chiamata a seguire senza compromessi il Cristo, in tutta la sua storia: dal presepio fino al Calvario, alla risurrezione, alla gloria.

Per tutti i cristiani Maria è così figura che suscita e rinnova la speranza, assicura la forza liberatrice della grazia, illumina la condizione dell'uomo e lo invita a donarsi con fiducia a Dio e a lasciarsi accogliere dal suo infinito amore.

Questi pensieri desidero proporre a tutti gli studiosi radunati per codesto convegno internazionale, mentre formo cordiali auspici che i loro interventi offrano a vantaggio di tutta la Chiesa un valido contributo per una conoscenza sempre più profonda del mistero di Maria, Madre del Redentore e modello di fedeltà per i credenti.

Con tali voti ben volentieri imparto a lei, signor Cardinale, ed a tutti i partecipanti a codesto incontro la benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 22 Maggio 1988.


Data: 1988-05-22 Data estesa: Domenica 22 Maggio 1988




In occasione del 50° anniversario dell'Ordinazione sacerdotale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera al Cardinale Vachon

Testo:

Al nostro venerabile fratello sua reverendissima eccellenza Cardinal Louis Albert Vachon, Arcivescovo di Québec.

Con la stessa fiducia e la fraterna benevolenza con la quale abbiamo nominato te; venerabile nostro fratello, Arcivescovo di Québec sette anni fa e tre anni fa ti abbiamo scelto come padre Cardinale della Chiesa romana, oggi ti inviamo questa lettera per festeggiare con te la prossima fausta ricorrenza della tua vita davanti a tutto il clero e al popolo della comunità della Chiesa, alla quale hai dedicato tutta la tua opera sacerdotale con grande zelo e tutta l'attività del tuo episcopato ormai da cinquant'anni.

Infatti l'11 giugno ricorrerà, se Dio lo concederà, il 50° anniversario della tua ordinazione sacerdotale che, come desideriamo e invochiamo con la preghiera, ti conferirà nuova dignità e onore presso i fedeli della comunità di Québec e sarà motivo di nuova consolazione per la coscienza di aver svolto il tuo ministero con efficacia e in modo degno di lode.

Conseguita la laurea nella tua patria e a Roma hai dedicato la tua attenzione e la tua attività pastorale prima alla direzione dell'Università di Laval e poi a quella del seminario maggiore di Québec, finché, dopo essere stato chiamato nel Collegio dei successori degli apostoli, hai assunto con saggezza e moderazione la cura episcopale di tutta la Chiesa di Québec come Vescovo ausiliare e Ordinario.

Siamo particolarmente lieti del fatto che l'attuazione del rinnovamento conciliare e le tue molteplici attività in favore della famiglia umana furono per te in questi anni causa di tanta preoccupazione e di opera pastorale tanto attenta, da cui sono derivate tante iniziative e decisioni veramente utili per le famiglie.

Abbiamo perciò più motivi per congratularci moltissimo con te, venerabile nostro fratello, in questa felice occasione e di elevare fervide preghiere perché la ricorrenza dell'anniversario del tuo sacerdozio sia per te assai lieta e motivo di consolazione per gli anni a venire.

Mentre lodiamo volentieri il tuo impegno pastorale, lo accresciamo con la benedizione apostolica come certissimo pegno della ricompensa divina e propiziatrice di ogni genere di doni divini.


25 maggio 1988.


Data: 1988-05-25 Data estesa: Mercoledi 25 Maggio 1988




Per la nomina ad inviato straordinario alle celebrazioni per il 150° dell'inizio dell'evangelizzazione delle Isole Wallis e Futuna - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera al Cardinale Pio Taofinu'u

Testo:

Al nostro venerabile fratello sua eccellenza reverendo Cardinal Pio Taofinu'u Arcivescovo di Samoa- Apia e Tokelau.

Già in molte occasioni precedentemente, ma soprattutto durante i viaggi apostolici nelle isole polinesiane (viaggi che tanti frutti hanno portato), senza ambiguità abbiamo mostrato noi e il nostro predecessore Paolo VI di immortale memoria, quanto ci stia a cuore la prosperità e la solidità di quelle comunità ecclesiali, ma anche di quanta gioia e consolazione per tutto il Popolo di Dio sia stato motivo quell'impegno missionario e quell'ardore evangelico che in questi ultimi secoli hanno diffuso, seminato e alimentato la fede cristiana in quell'immenso territorio.

Tutte le volte che si celebra l'anniversario della nascita della Chiesa in quei luoghi o si ricorda l'inizio di un'opera missionaria, il nostro pensiero e il nostro affetto spontaneamente vanno là, a quelle province di testimoni tanto mirabili della fede e della verità cristiana e di tanto costante attività pastorale da cui si sono visti scaturire per innumerevoli moltitudini di uomini sceltissimi frutti di grazia divina e di salvezza eterna.

Lo stesso sentimento ci muove ora che gli annali della storia sacra ci indicano che ricorre il 150° anniversario da che san Pietro Chanel, membro della nuova Società di Maria, partito dalla Francia e divenuto poi patrono dell'Oceania, approdo all'isola minore di Fjtuna con un fratello laico Maria Nizier; essi felicemente piantarono un po dappertutto le vigne del messaggio evangelico; con la loro opera e con la loro fatica, o meglio con il loro dolore e il loro sangue fu gettato il seme in tre anni della conversione cristiana degli abitanti di quell'isola e di tutto l'arcipelago.

Noi ci rallegriamo fin da ora di tale avvenimento ecclesiale e della stessa dignità dell'evento con te, venerabile nostro fratello, che giustamente ti glorii di appartenere alla stessa Società di Maria che tanti missionari ha avuto tra i suoi figli, e con i Vescovi i sacerdoti e i religiosi di quei luoghi che consapevoli delle testimonianze del passato e dei meriti del presente hanno fissato le solenni celebrazioni per il mese di giugno per onorare il loro celeste patrono san Pietro Chanel e per dare un giusto rilievo all'inizio dell'attività missionaria nelle isole di Wallis e di Fjtuna.

Per l'attenzione con cui in nome di Cristo salvatore accompagniamo e abbracciamo tutti i missionari e i fondatori delle Chiese, e per lo zelo con cui desideriamo incitare e aiutare gli operai e le operaie della vigna del Signore nell'opera quotidiana di evangelizzazione. Noi saremo presenti con animo lieto e grato alle solenni celebrazioni, ma vogliamo che tu ci rappresenti fisicamente come nostro inviato straordinario dal 12 al 18 giugno nell'isola di Wallis e vogliamo che tu intervenga a nome nostro e presieda alla liturgia, quando si celebri l'avvenimento e la memoria di un fatto tanto insigne.

Ricevi perciò, venerabile nostro fratello, questo fraterno saluto e la testimonianza della nostra grande fiducia nei tuoi confronti.

Sii interprete del nostro pensiero tra i missionari nei luoghi evangelizzati nel secolo scorso da san Pietro Chanel e trasmetti la nostra paterna esortazione a persistere nell'opera di evangelizzazione, con l'aiuto efficace della benedizione apostolica che impartiamo per mezzo di te, nostro inviato vive ai singoli e a tutti i partecipanti alle solenni celebrazioni, come se fossimo presenti.


Data: 1988-05-25 Data estesa: Mercoledi 25 Maggio 1988







Ai Sacerdoti del Movimento dei Focolari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria, icona della Trinità, vi renda partecipi dell'unico sacerdozio di Cristo

Testo:

Carissimi fratelli nel presbiterato.

L'intima e profonda gioia con cui vi accolgo oggi, rinnova in me il caro ricordo dell'incontro del 30 aprile 1982, con alcune migliaia di sacerdoti diocesani e religiosi aderenti al Movimento dei Focolari. Nell'atmosfera della celebrazione della Pentecoste, della discesa dello Spirito Santo su Maria e gli Apostoli riuniti in preghiera nel cenacolo, non posso non rivolgermi a voi con l'augurio pasquale del Cristo risorto che si rende presente in mezzo ai suoi: "Pace a voi!" (cfr. Jn 20,21).


1. Il tema che avete approfondito in questi giorni, "Insieme per l'umanità: presbiteri e laici nella prospettiva di una Chiesa-comunione", mette a fuoco senza dubbio una realtà che va al cuore del messaggio che il Concilio Vaticano II ha indirizzato alla Chiesa e alla umanità del nostro tempo. Il dono grande che lo Spirito di Cristo ha fatto alla Chiesa con l'evento conciliare, facendole riscoprire luminosamente la sua identità di "popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (LG 4) e la missione, in Cristo, di "sacramento, e cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 4), costituisce infatti per noi e per tutta la Chiesa, avviata verso il terzo millennio dell'era cristiana, un impegnativo e affascinante compito, anzi una vera e propria chiamata che ci viene dallo Spirito Santo. In questa chiamata si riassumono, a ben vedere, sia la nostra vocazione di battezzati, sia il significato più profondo del ministero presbiterale di cui siamo stati insigniti.

Come ha scritto lo stesso Concilio, "il supremo modello e il principio" di quel mistero di comunione che è la Chiesa "è l'unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio e Spirito Santo" (UR 2; GS 24). Occorre dunque innalzare sempre di nuovo il nostro sguardo alla sorgente inesauribile dell'amore trinitario, per attingere quella divina forza dell'amore che, facendoci "partecipi della natura divina" (2P 1,4), ci fa una cosa sola fra di noi, presbiteri e laici, attraverso il reciproco amore (cfr. Jn 13,34); e, in lui, ci fa insieme testimoni dell'amore del Padre, secondo la sua preghiera nell'ultima cena: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (cfr. Jn 17,21).


2. E non è un caso che questo approfondimento - che tocca innanzitutto la nostra esistenza personale prima ancora che il nostro ministero pastorale - avvenga nel contesto particolare dell'anno mariano e - per voi sacerdoti diocesani - nel contatto stretto e personale con la "spiritualità dell'unità" del Movimento dei Focolari che ha un'accentuata e peculiare caratterizzazione "mariana", come sottolinea il suo nome: "Opera di Maria".

Come ho richiamato nella lettera enciclica "Redemptoris Mater", la Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, guida il Popolo di Dio pellegrinante nel suo cammino di fede, e perciò, come nel mistero dell'incarnazione, ella ha in certo modo "preceduto" la venuta di Cristo, così ancora oggi "precede" il cammino della Chiesa indicandole la direzione da tenere per attuare, nella forza e nella luce dello Spirito, un "avvento" sempre più pieno della grazia e della verità di Cristo fra gli uomini (cfr. RMA 3 RMA 5 RMA 27).

Tale strettissima presenza di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, è anche all'origine di quel "profilo mariano" della sposa di Cristo che - come già ho avuto occasione di dire recentemente - è "altrettanto fondamentale e caratterizzante per la Chiesa quanto il profilo apostolico e petrino al quale è profondamente unito" ("Allocutio ad Cardinales et Praelatos Romanae Curiae", die 22 dec. 1987: , X, 3 [1987] 1481 ss). Questa dimensione mariana della Chiesa si esprime, in special modo, nel fatto che anche la Chiesa, come Maria, fedelmente e costantemente vive "nella gazia, nella sottomissione allo Spirito Santo, alla sua luce interpreta i segni e le necessità dei tempi, e avanza nel cammino della fede in piena docilità allo Spirito" ("Allocutio ad Cardinales et Praelatos Romanae Curiae", die 22 dec. 1987: , X, 3 [1987] 1481ss).

E come non vedere, perciò, quasi un nitido e provvidenziale emergere di questo "profilo mariano" della Chiesa nel fiorire di spiritualità e carismi ecclesiali, come quello del Movimento dei Focolari che Dio ha suscitato pochi anni prima dell'evento conciliare, così rispondente alle esigenze dei nostri giorni e così in sintonia con lo spirito che ha animato il Concilio?


3. Carissimi, nella lettera da me indirizzata quest'anno a tutti sacerdoti del mondo, in occasione del giovedi santo, contemplando l'icona di Cristo crocifisso che dona Maria, sua madre, all'apostolo Giovanni, ho invitato ciascuno a rivivere, per quanto possibile, quest'esperienza: a prendere cioè, come Giovanni, Maria "nella sua casa". "Introduciamo anche noi - ho detto - Maria come madre nella "casa" interiore del nostro Sacerdozio" ("Epistula ad Presbjteros", 6, die 25 mar. 1988: , 11, 1 [1988] 729). E' ciò che voi, in qualche modo, avete voluto fare in questi giorni. Come l'apostolo Giovanni vi siete voluti mettere, per così dire, "alla scuola di Maria". E che cosa vi ha insegnato Maria, che cosa continuamente ha da insegnare a noi sacerdoti oggi, nel nostro servizio alla Chiesa e all'umanità? Maria ci insegna innanzitutto a congiungere profondamente nella nostra esistenza e nel nostro apostolato il sacerdozio ministeriale - di cui, per grazia, siamo insigniti per il servizio degli uomini - col sacerdozio regale che ci rende fratelli nell'unica famiglia dei figli di Dio, che è la Chiesa.

Maria, che non ha ricevuto il carisma del sacerdozio ministeriale, è colei che ha vissuto nella forma più alta e più pura, durante tutta la sua vita, quel sacerdozio regale che consiste nell'offrire se stessi in oblazione d'amore al Padre (cfr. Rm 12,1). Partecipare pienamente al sacerdozio di Cristo è dunque anche per noi, prima di tutto, "rivivere" l'offerta totale di sè fatta da Maria, "unita a Cristo nella sua spogliazione"; (RMA 18), e, su questa base, accogliere ed esercitare il dono gratuito del sacerdozio ministeriale.

Inoltre, è proprio questa "spogliazione" di Maria, vissuta in intima unità col Figlio, che ci guida a contemplare, con l'apostolo Giovanni, il mistero più intimo di lei come Madre di Dio e Madre della Chiesa, e ci introduce, perciò, a penetrare in profondità nel significato del nostro servizio presbiterale nella Chiesa e per la Chiesa. E' infatti il "fiat" di Maria, pronunciato all'annuncio dell'angelo e maturato in pienezza ai piedi della croce, che ci svela, per così dire, il "segreto" della sua divina maternità.


4. Guardando a Maria possiamo dunque comprendere più profondamente e più luminosamente qual è il fine e il frutto dell'offerta sacerdotale del Cristo, in cui si riassume la sua missione, e quindi anche il significato della nostra partecipazione ministeriale ad essa.

Maria ci è modello in quella che è la vocazione fondamentale della Chiesa, e dunque anche la nostra: dare Gesù al mondo. Come affermano i Padri della Chiesa, se Gesù è nato dalla Vergine, nessuno che non sia Maria può "generare" Gesù (cfr. Origenis "Frag. Matth". 281). Ma, per essere come Maria, per partecipare in qualche modo alla sua maternità nell'opera dell'evangelizzazione del mondo, occorre vivere innanzitutto la pienezza di quel sacerdozio regale di cui ella è l'inarrivabile modello. In altre parole, occorre vivere quell'amore spinto sino al dono della propria vita (cfr. Jn 15,13), che, quand'è reciproco, rende presente Cristo in mezzo a noi e lo offre al mondo: "Dove sono due o più riuniti nel mio nome, ivi sono io in mezzo ad essi" (Mt 18,20).


5. Se volessi riassumere, in una parola soltanto, il ricco e vitale insegnamento che viene a noi da Maria, nel nostro servizio di edificazione della Chiesa-comunione e di testimonianza di Cristo al mondo, e attorno al quale si è imperniato il vostro approfondimento di questi giorni, difficilmente potrei trovare un'espressione più sintetica e densa di quella di sant'Agostino: "Vides Trinitatem, si caritatem vides" (S. Augustini "De Trinitate", 8, 8, 12). Una Chiesa vivificata dall'amore reciproco è una Chiesa che, come Maria e in lei, testimonia la Trinità, salvezza e patria dell'umanità.

Il mio augurio a voi è che Maria, icona della Trinità e per questo Madre dell'unità degli uomini, vi renda sempre più profondamente e intimamente partecipi dell'unico sacerdozio di Cristo per il servizio dei fratelli secondo il suo cuore di Madre! Con la mia benedizione.


Data: 1988-05-26 Data estesa: Giovedi 26 Maggio 1988




Ai Vescovi cattolici e altre Chiese del Sud Africa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "La collaborazione ecumenica in Sud Africa faccia germogliare la giustizia e la pace"

Testo:

Cari amici.


1. Sono felice di accogliervi in Vaticano, e vi saluto con le parole dell'apostolo Paolo: "Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (1Co 1,3).

La natura ecumenica del vostro gruppo richiama alla mente le parole del Concilio Vaticano II, che "la cooperazione di tutti i cristiani esprime vivamente quella unione, che già vige tra di loro, e pone in più piena luce il volto di Cristo Servo" (UR 12). L'unione che già vige tra noi è diffusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo (cfr. Rm 5,5), attraverso la nostra configurazione battesimale con Cristo. Deve essere nostra ardente preghiera che una più matura consapevolezza della natura e del significato di quell'unità renda più autentica e convincente la nostra testimonianza davanti al mondo. Essenziale, in questa testimonianza, è lo spirito di servizio con cui cerchiamo di rispondere ai bisogni dei nostri fratelli e sorelle.


2. So bene quanto siete impegnati, come responsabili delle Chiese e comunità cristiane nel vostro Paese, nell'annuncio del messaggio evangelico di salvezza e nell'affermazione, dentro le condizioni storiche e sociali dei vostri popoli, dei valori intrinseci a questo messaggio e da esso inseparabili, come la pace, la solidarietà, la giustizia e l'uguale dignità di tutti. Nella stessa "casa di Dio" (cfr. He 3,6) c'è un posto per ciascuno, ma anzitutto per i più deboli e più poveri e più indifesi tra i nostri fratelli.

Conosco l'angoscia che sperimentate, giorno dopo giorno, nel vedere il terribile tributo che il sistema di "apartheid" continua a imporre alla vita degli individui e delle famiglie, e alla società stessa. Voi siete consapevoli che la Santa Sede si è costantemente proclamata in difesa della dignità umana e dei diritti dell'uomo, e si è sempre opposta ad ogni forma di discriminazione razziale. Non esito a ripetere una volta ancora che "ogni forma di discriminazione fondata sulla razza, praticata sia occasionalmente che sistematicamente, rivolta a individui o a interi gruppi razziali, è assolutamente inaccettabile" ("Allocutio ad Nationum Unitarum Commissionem contra segregationem racialem v. d. "Apartheid"", die 7 iul. 1984: , VII, 2 [1984] 35ss). Perché noi crediamo che quanto è insegnato nelle Scritture si applica a ogni uomo e donna, che "Dio creo l'uomo a sua immagine" (Gn 1,27) e che tutti noi "siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo" (Rm 5,10).


3. Poiché la riconciliazione è al cuore del Vangelo, i cristiani non possono accettare strutture di discriminazione razziale che violino i diritti umani. Ma devono anche rendersi conto che un cambiamento di strutture è legato a un cambiamento dei cuori. Il cambiamento necessario è radicato nel potere dell'amore, l'amore divino da cui proviene ogni azione e trasformazione cristiana. I Cristiani in Sud Africa sono chiamati a lavorare insieme per promuovere tra tutti i popoli che vivono in quella società un senso di effettiva solidarietà, che di recente ho descritto, in altro contesto, come "la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti" (SRS 38).

Prego affinché le comunità in Sud Africa continuino a promuovere mezzi esclusivamente pacifici per rispondere alle difficoltà della presente situazione.

L'ammonimento contenuto nella lettera di san Giacomo è molto appropriato: "Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace" (Jc 3,18). Condividiamo la speranza che nel mezzo di così grandi sofferenze in Sud Africa, di cui il mondo intero è testimone, i vostri sforzi ecumenici deporranno semi di giustizia e di pace che, con l'aiuto della grazia di Dio, porteranno presto il loro frutto.

Che Dio benedica tutti i suoi figli e figlie in Sud Africa.


Data: 1988-05-27 Data estesa: Venerdi 27 Maggio 1988




Per i 50 anni di sacerdozio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera al Cardinale Ugo Poletti

Testo:

Al venerabile nostro fratello Ugo di santa romana Chiesa Cardinale Poletti nostro Vicario generale nell'Urbe.

Cosa può esserci davvero di più gradito, opportuno e lieto, per il Vicario nella diocesi di Roma dello stesso Vicario di Gesù Cristo in terra, che poter commemorare il felice esordio del suo presbiteriato e l'inizio luminoso del suo fecondo e diuturno apostolato proprio nel giorno solennissimo "per noi reso sacro dalla passione dei beatissimi apostoli Pietro e Paolo... giorno festivo consacrato per noi dal sangue degli apostoli" (S. Augustini "Sermo CCXCV")? Nemmeno a noi poteva toccare cosa più dolce e gradita che inviare di nostra mano a te, venerabile nostro fratello, una fervida lettera per manifestarti pubblicamente ancora una volta tutti gli intimi sentimenti del nostro animo grato in occasione di questo faustissimo evento della tua vita.

In quel giorno infatti ricorrerà il cinquantesimo anno da quando - per generosissima grazia divina - sei stato costituito sacerdote di Cristo in eterno, nonché fidatissimo figlio e ministro della comunità ecclesiale di Novara.

Or sono cinque anni, abbiamo commemorato affettuosamente e pubblicamente l'inizio del tuo ministero episcopale con analoga nostra lettera, volentieri passando in rassegna i tuoi molti meriti sia come presbitero e vescovo nella Chiesa di Novara, sia nelle Pontificie Opere Missionarie d'Italia, sia soprattutto nella responsabilità pastorale della diocesi di Spoleto e finalmente nello stesso quotidiano ministero nella nostra comunità di Roma. Ora, più brevemente ma non meno intensamente, vogliamo porre in chiara luce i primordi del tuo Ordine sacro e l'intero svolgimento del tuo ministero, rinnovando l'ampio e meritato elogio che molto spesso noi e i nostri predecessori, Giovanni Paolo I e Paolo VI, ti abbiamo tributato esaltando la tua dedizione operosa al Signore Gesù e alla Chiesa.

Quando con grande frequenza ci incontriamo con te, venerabile nostro fratello, per trattare i problemi della nostra diocesi, pensiamo non ti sfugga quanto siano da noi apprezzate la tua opera di collaboratore e la somma tua fedeltà nell'adempimento dell'ufficio di nostro Vicario. E proprio per le virtù del tuo animo e per le doti del tuo ingegno, come pure per la tua ricca esperienza, abbiamo ritenuto giustamente di nominarti Presidente della Conferenza episcopale italiana.

Non c'è dunque bisogno di molte parole perché tu avverta quanto desideriamo, e anzi quanto da Dio onnipotente imploriamo che il giorno anniversario del tuo sacerdozio rifulga per te felicissimo e ricco d'ogni consolazione. Oltre che con questa fraterna lettera, anche in altre forme concelebreremo con te questa lietissima ricorrenza della tua vita. Intanto abbracciamo di vero cuore te che abbiamo voluto aiuto a noi vicinissimo e ci congratuliamo vivamente con te per tutti gli anni spesi nel servizio di Gesù Cristo e della Chiesa.

Infine ti impartiamo, come già innumerevoli volte nel passato, la nostra apostolica benedizione a conferma di questi pensieri e come auspicio per il futuro di elettissime gazie e consolazioni celesti.

Dal Vaticano, 28 maggio 1988, decimo di Pontificato.


Data: 1988-05-28 Data estesa: Sabato 28 Maggio 1988




Ai partecipanti al convegno "L'Italia fuori d'Italia" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cooperazione al di quà e al di là delle frontiere per risolvere le nuove questioni dell'emigrazione

Testo:

Venerati fratelli nell'episcopato, Onorevoli ministri, signori e signore.


GPII 1988 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)