GPII 1988 Insegnamenti - Ai partecipanti al convegno "L'Italia fuori d'Italia" - Città del Vaticano (Roma)


1. A tutti rivolgo il mio cordiale saluto, lieto di questo incontro, con cui avete voluto concludere una settimana intensa di lavoro, che vi ha portato nei vari capoluoghi abruzzesi.

Ringrazio per il nobile indirizzo di omaggio rivoltomi a nome delle numerose rappresentanze - locali, nazionali e internazionali - qui presenti.

L'iniziativa, infatti, partita dalle provincie abruzzesi con lo scopo di realizzare un più efficace collegamento con le proprie comunità di emigrati, si è via via allargata sino a coinvolgere le regioni italiane, i comuni dei capoluoghi provinciali, i comitati dell'emigrazione, i giornalisti operanti nei vari rami delle comunicazioni sociali sparsi nei cinque continenti.

In tal modo la manifestazione ha assunto un volto del tutto originale, ed ha potuto approfondire, in vista del prossimo futuro, i problemi del settore, che negli anni ottanta si sono tanto estesi ed intrecciati da superare le possibilità di analisi e di soluzione di una sola regione, per chiedere la collaborazione diretta di tutte le forze, ad ogni livello, oltre le frontiere regionali e nazionali.


2. La migrazione è un aspetto del problema molto più ampio dello sviluppo umano, sul quale mi sono intrattenuto nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" (SRS 24-25). Anche il fenomeno migratorio ha oggi una dimensione mondiale, così che non è possibile affrontarlo in modo adeguato senza la collaborazione di tutti, nella cornice di un ordine giuridico internazionale (cfr. SRS 43), col contributo necessario delle iniziative locali.

Già il titolo che voi avete dato al vostro convegno "L'Italia fuori d'Italia" è assai significativo. Esso richiama alla mente il grande esodo di una popolazione di oltre trenta milioni di connazionali che, dall'inizio dell'unificazione politica ad oggi, ha lasciato la madre-patria per prendere le vie del mondo.

E' un altra Italia che, come un fiume per l'apporto dei propri affluenti, è venuta moltiplicandosi nel numero dei figli, nipoti e pronipoti.

Voi vi proponete di raggiungere anche questi altri italiani d'origine, fino alla terza e alla quarta generazione, per ravvivare in essi i legami con le loro antiche radici, per diffondere il patrimonio linguistico e i grandi valori culturali di quello che Dante ha chiamato "il bel Paese", per elevare il livello sociale del migrante, facilitare il suo pieno inserimento nella terra che lo accoglie, realizzare una promozione umana più autentica, fare di lui un ambasciatore accreditato della propria patria.


3. Oggi l'emigrazione italiana non si presenta più col volto d'un tempo. A lasciare la terra natia non è più soltanto, come una volta, l'operaio che non dispone se non della forza delle proprie braccia; sempre più frequentemente varca oggi i confini della patria il tecnico, l'imprenditore, l'operatore culturale artistico, lo specialista di una delle branche delle attività moderne.

Molti progressi sono stati fatti nell'assistenza ai migranti, ma numerose questioni restano ancora aperte. Occorre assumere idonee iniziative, ad esempio, nei campi attinenti alla tutela dei diritti dei lavoratori, alla vita sociale e culturale, all'assistenza sanitaria, all'informazione, al libero esercizio dei diritti civili, alla parità della donna. Sono sorti in questi campi problemi nuovi, la cui soluzione esige la cooperazione attiva di istituzioni e di gruppi al di qua e al di là delle frontiere.

Egregi signori, nell'esprimere il mio apprezzamento per ogni iniziativa volta all'autentica promozione umana, rivolgo il mio più vivo incoraggiamento a quanti spendono generosamente le proprie energie.


4. Desidero soprattutto assicurarvi della collaborazione della Chiesa locale sia dentro che fuori d'Italia.

La Chiesa conosce la complessità di questi problemi e s'impegna volentieri a cooperare per risolverli giustamente. Essa, nel ricordo della Famiglia di Nazaret, costretta a trasferirsi in terra straniera, si sente solidale con quanti devono affrontare i disagi della migrazione.

La Chiesa italiana, poi, si è mostrata degnamente all'avanguardia, da quando nacque il fenomeno della grande emigrazione moderna. Essa è stata sempre vicina agli italiani all'estero; ed io non posso fare a meno di ricordare qui, fra una rosa di nomi anche illustri, due eccezionali figure, che hanno dedicato la loro vita a servizio dei migranti, fondando specifiche congregazioni religiose per continuare la propria opera. Sono il Vescovo di Piacenza, monsignor Giovanni Battista Scalabrini, e santa Francesca Saverio Cabrini, la madre degli emigrati italiani.

Aperta globalmente a tutta la complessa varietà del mondo delle migrazioni, la Chiesa, dopo il Concilio, ha istituito la "Pontificia Commissione per la pastorale delle Migrazioni e del Turismo", allo scopo di dare assistenza a quanti, per qualsiasi ragione, sono lontani dalla propria terra. Sul piano nazionale agisce l'"Ufficio Centrale per l'Emigrazione", collegato con le organizzazioni ecclesiali delle terre di immigrazione.

L'apporto sincero e fecondo di tutti è oggi quanto mai necessario per realizzare una nuova tappa di autentico sviluppo; ciò che auguro di cuore. E con tale auspicio affido il vostro lavoro alla costante assistenza di Dio, del quale invoco su di voi e sui vostri cari la paterna benedizione.


Data: 1988-05-28 Data estesa: Sabato 28 Maggio 1988




Ai Vescovi dell'Australia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Partecipare alla liturgia significa condividere la missione della Chiesa nella vita quotidiana

Testo:

Cari fratelli Vescovi.


1. Abbiamo appena portato a compimento la celebrazione annuale della Chiesa dei grandi misteri della redenzione: la morte e risurrezione di Cristo, la sua Ascensione al cielo e la discesa dello Spirito Santo alla Pentecoste. E' con gioia che vi accolgo per la vostra visita "ad limina" nel momento in cui la celebrazione di questi grandi misteri della fede è ancora così viva nella nostra mente e nel nostro cuore.

La Pentecoste, in particolare, ci ricorda che la Chiesa, anche dopo due millenni, è sempre giovane per l'opera dello Spirito Santo. E stato, in parte, per accrescere la consapevolezza di questo che il mio predecessore, Papa Giovanni XXIII convoco il Concilio Vaticano II. La sua preghiera fu che le meraviglie dello Spirito Santo si rinnovassero nei nostri giorni come in una nuova Pentecoste. Se guardiamo la lunga storia della Chiesa con gli occhi della fede, troviamo ampia conferma del fatto che le meraviglie dello Spirito Santo davvero si rinnovano in ogni secolo, nonostante gli ostacoli frapposti dalla umana fragilità e inclinazione al peccato. Con le parole del Concilio, "ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente nell'accresciuta fedeltà alla sua vocazione... La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno" (UR 6). Dobbiamo aggiungere che la fedeltà della Chiesa alla sua vocazione significa fedeltà a una persona reale: Gesù Cristo. Attraverso di lui, suo sposo e Signore, essa entra in comunione con il Padre e con lo Spirito Santo.


2. Per noi Vescovi, il nostro rapporto con Dio, o, più precisamente, la nostra comunione con la Santissima Trinità, è ovviamente non solo un'esperienza individuale per nostro personale godimento. Piuttosto, in quanto dono ricevuto nel Battesimo e impresso nuovamente dallo Spirito alla nostra ordinazione episcopale, questo rapporto diventa la fonte reale del nostro ministero per il Popolo di Dio.

Il ruolo del Vescovo nella sua Chiesa locale e nella comunione universale della fede è in un'intima e dinamica relazione con il suo impegno personale con Dio attraverso Gesù Cristo nello Spirito Santo.

Come ricorda il Concilio: "Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse" (LG 9). Secondo san Paolo, insieme noi formiamo il corpo di Cristo (cfr. 1Co 12,27), con tutto ciò che implica per il nostro rapporto con Dio e tra noi, e per la missione che abbiamo ricevuto nel Battesimo e negli Ordini Sacri. Nel contesto di questo mistero di comunione ecclesiale desidero riflettere brevemente con voi su alcuni aspetti della vita della Chiesa in Australia.


3. La dimensione comunionale dell'esistenza della Chiesa è bene illustrata dalla sua vita cultuale e sacramentale. Il rinnovamento descritto dal Concilio includeva il profondo desiderio che tutti i fedeli siano formati a quella "piena, consapevole e attiva partecipazione" alla liturgia (SC 14), e che "si accostino con somma diligenza a quei sacramenti che sono destinati a nutrire la vita cristiana" (SC 59). Mi rallegro con voi che il rinnovamento liturgico abbia finalmente condotto a una partecipazione al culto reso dalla Chiesa, e a una nuova consapevolezza che piena partecipazione significa condivisione attiva della missione della Chiesa nella vita quotidiana.

Nello stesso tempo riconosciamo che i cambiamenti della Chiesa, come anche la accentuata secolarizzazione della società sono stati l'occasione per alcuni di allontanarsi dalla vita sacramentale, in particolare l'Eucaristia domenicale. Questo fenomeno non è limitato all'Australia, ma so che questo non attenua la vostra preoccupazione per il fatto che la percentuale di cattolici nel vostro Paese che assiste regolarmente alla Messa domenicale è in diminuzione, nonostante l'apparente stabilità della presenza alla Messa dovuta all'aumento della popolazione cattolica.

Questa linea di tendenza ferisce in profondità il cuore della comunione ecclesiale, perché, come insegna il Concilio: "Il lavoro apostolico è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il Battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore" (SC 10).


4. Una delle caratteristiche di rilievo della Chiesa in Australia è stata la forte testimonianza della fedeltà del popolo cattolico al culto domenicale. I vostri primi Vescovi e sacerdoti inculcarono in essi la verità che "la Messa è importante". La gente superava le difficoltà della distanza e del clima per partecipare all'Eucaristia. Lo facevano per imitare i loro sacerdoti, il cui sacrificio personale per portar loro la Messa era in molti casi eroico. Desidero lodare voi e i vostri sacerdoti per la fedeltà a questa tradizione e per i vostri sforzi nel portare i sacramenti al Popolo di Dio. Vorrei sollecitarvi a considerare modi per approfondire una consapevolezza del supremo valore della partecipazione all'Eucaristia tra coloro che hanno abbandonato il culto domenicale.

Come aiuto per compiere questo lavoro, i documenti del Concilio prevedono il necessario orientamento. Costituiscono una grande fonte di ispirazione e riflessione per tutti coloro che cercano di approfondire la loro considerazione per il culto e la partecipazione alla liturgia. Per i Padri conciliari, la liturgia è una caparra del cielo, è l'azione sacra per eccellenza, in cui Dio è glorificato e noi siamo resi santi. Contribuisce alla nostra formazione interiore e fa nascere uno spirito cristiano autentico, ed è perciò di grande importanza per la vita spirituale. La liturgia anima la nostra ricerca della unità e la nostra pratica della carità. E' davvero "il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù" (SC 10). Lungi dall'essere semplicemente un obbligo, la partecipazione all'Eucaristia è un'attualizzazione e rafforzamento di tutto ciò che di più vitale e sacro c'è nella vita cristiana. La gente ha bisogno che le siano ricordate le immense ricchezze spirituali che porta loro la partecipazione all'Eucaristia, in quanto membri di un sacerdozio regale.


5. Il mezzo più efficace per impartire questo insegnamento conciliare è la testimonianza di pastori la cui vita irradi un amore riverente basato su una profonda comprensione dei sacri misteri, specialmente l'Eucaristia. Una catechesi completa è di capitale importanza per la piena partecipazione ai sacramenti. La catechesi sul significato e la necessità del culto domenicale deve essere fatta in casa e nelle scuole. Quelli che non sono più a scuola, in particolare i giovani, devono essere costantemente incoraggiati a ricevere i sacramenti e dovrebbero sempre essere bene accolti dalla comunità. Come ho puntualizzato nella "Catechesi Tradendae", "la vita sacramentale si impoverisce e diviene ben presto un ritualismo vuoto, se non è fondata su una seria conoscenza del significato dei sacramenti. E la catechesi diventa intellettualistica, se non prende vita nella pratica sacramentale" (CTR 23).

La catechesi in generale, e specialmente quella riguardo all'Eucaristia, deve insistere sul contenuto soprannaturale della dottrina cattolica.

Diversamente, la fede del Popolo di Dio rischia di essere ridotta al livello di soggettive sensazioni religiose, o a un "moralismo" staccato da un fondamento dottrinale. La fedeltà all'oggettivo contenuto della fede è fondamentale nella vita e nella missione della Chiesa. Difendere questo contenuto e trasmetterlo alle nuove generazioni è tra le più gravi responsabilità dell'insegnamento e dell'ufficio pastorale del Vescovo. Desidero incoraggiarvi a fare di questo un aspetto principale del vostro ministero.


6. Quanto ho detto sull'Eucaristia si applica anche al sacramento della Penitenza.

In altre occasioni ho sottolineato lo stretto legame tra questi due sacramenti (cfr. RH 20 et "Dominicae Cenae", 7). L'Introduzione al Nuovo Ordinamento della Penitenza lo esprime molto bene, quando stabilisce che "Nel sacramento della Penitenza... il Padre riceve il figliol prodigo, Cristo si pone sulle spalle la pecora smarrita e la riporta all'ovile, e lo Spirito Santo santifica di nuovo il suo tempio e dimora in esso più pienamente. Tutto questo si manifesta in una rinnovata e più fervente partecipazione alla mensa del Signore dove c'è grande gioia nel banchetto preparato dalla Chiesa di Dio per il figlio tornato da lontano" ("Ordo Poenitentiae", Praenotanda, 6d.).

Come l'Eucaristia, il sacramento della Penitenza richiede un'accurata catechesi. Un'evidente stima di questo sacramento da parte dei preti stessi aiuterà i laici a rendersi conto della necessità e del valore della Confessione individuale e dell'assoluzione per la crescita nella santità e come mezzo ordinario con cui la persona, consapevole della gravità del peccato, si riconcilia con Dio e con la Chiesa (cfr. CIC 960).


7. Desidero ricordare anche il legame tra la vitalità della pratica sacramentale e le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, così importanti per il futuro delle vostre Chiese locali. Il dono di Dio della vocazione al sacerdozio e alla vita religiosa è misteriosamente collegato con la partecipazione dei fedeli al sacrificio eucaristico con devozione e con la dignità conferita dal sacramento della Penitenza. In quanto fonte principale della carità pastorale (cfr. PO 14), l'Eucaristia non solo sostiene i sacerdoti e i religiosi in una vita di fede e di amore disinteressato; ma anche accende quella carità pastorale nei potenziali sacerdoti e religiosi, così che anch'essi possano servire Cristo e la sua Chiesa in queste vocazioni particolari.

Incoraggiare l'amore per i sacramenti tra i giovani, e in particolare l'amore per l'Eucaristia, è una parte importante nella promozione delle vocazioni.

Dobbiamo anche pregare, perché in gioco non è un nostro progetto umano, ma piuttosto la realizzazione del disegno di Dio (cfr. Congr. Pro Clericis "Postquam Apostoli", die 25 mar. 1980). Durante il suo ministero terreno, Gesù riconobbe che "la messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Lc 10,2). Egli allora ci rivelo la nostra grave responsabilità per superare lo squilibrio tra le necessità del Popolo di Dio e il numero degli operai apostolici, quando ci raccomando di "pregare dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2). Anche qui, l'intensità della nostra preghiera per le vocazioni è intimamente legata al nostro amore e comprensione dei sacramenti.

Nello stesso tempo le Chiese locali, come anche le comunità religiose, devono essere energiche nel mettere in atto la ricerca, la pianificazione e l'organizzazione necessari per la promozione delle vocazioni. La qualità e il numero delle persone e delle risorse assegnate a questo lavoro sono non solo un segno della priorità data a questa sfida, ma anche una testimonianza della ferma convinzione, da parte delle varie diocesi e comunità religiose, che la generosità di Dio non mancherà di sostenere i nostri umani sforzi. Dobbiamo costantemente rinnovare la nostra fiducia nell'immensa potenza del mistero pasquale di Cristo di suscitare e sostenere nuove vocazioni nella Chiesa.

Cari fratelli, mentre l'Australia celebra il suo bicentenario, voi e il vostro popolo siete chiamati a riflettere sul contributo che la Chiesa ha dato e dà attualmente alla vostra vita e storia nazionale. E stata una grande gioia per me testimoniare di prima mano questo contributo durante la mia visita pastorale.

Insieme con voi, prego che il popolo dell'Australia non manchi di edificare una società fondata sull'amore e sul culto a Dio Onnipotente. Siano sempre i cattolici un esempio luminoso di questo per i loro fratelli e sorelle! In quest'anno dedicato a Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, affido voi e i vostri sacerdoti e il popolo alla sua amorevole intercessione e cordialmente imparto la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-05-28 Data estesa: Sabato 28 Maggio 1988




Ai ragazzi e alle ragazze dell'Azione Cattolica Italiana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Sapete che vi aspettavo. Voi siete la mia gioia!"

Testo:

Carissimi ragazzi dell'Azione Cattolica.

Ben meritavate che il Papa venisse a trovarvi alla conclusione del vostro grande raduno nazionale sul tema: "Diamo volto alla gioia". Anche voi, infatti, avete fatto della strada, e anzi un numero elevato di ragazzi ha fatto molta strada per non mancare all'appuntamento.


1. Voi sapete che vi aspettavo. La vostra venuta mi era stata annunciata alcuni mesi or sono, dai vostri colleghi che mi fecero visita per gli auguri natalizi. Io allora vi invitai, nonostante la stagione invernale, a seminare gioia, e a seminarne sempre di più andando incontro alla primavera, in cui speravo di rivedervi, e in molti, come oggi effettivamente avviene (cfr. "Allocutio ad iuvenes sodales consociationis v.d. "Azione Cattolica Italiana"", die 22 dec.1987: , X, 3 [1987] 1493 s).

Eccovi ora, tutti insieme, in una magnifica, variopinta assemblea giovanile, che è inno alla vita e che dà volto alla gioia. Si, per il Papa, e anche per la città di Roma che - un po' sorpresa - oggi vi ospita, voi date realmente volto alla gioia. La gioia esiste e voi la conoscete, la accogliete nella vostra casa, la custodite coi vostri gesti di festa.

Ma voglio dire di più con le parole stesse dell'apostolo Paolo: voi siete la mia gioia (cfr. 1Th 2,20). Lo siete in quanto ragazzi, verso i quali Gesù stesso uso predilezione (cfr. Lc 18,15-17 Mt 19,13-15 Mc 10,13-16). Egli volle stare con i fanciulli del suo tempo e delle città che visitava. Tra le occupazioni inerenti alla sua missione divina, trovo spazio per chiamare a sè i bambini e stabilire con essi un'intesa misteriosa e affascinante: saranno loro soprattutto ad accogliere festanti Gesù e ad applaudirlo mentre entrava in Gerusalemme, prima della sua Pasqua (cfr. Mt 21,15-16).

Anche oggi continua a stare con i più giovani, li attira a sè, parla al loro cuore, ascolta le loro domande, li fissa con lo sguardo, sancisce con loro una amicizia invincibile.

Come fece Gesù, così vorrei fare anch'io in mezzo a voi. Tanto più che siete i ragazzi dell'Azione Cattolica, per i quali - ma allora si trattava dei vostri papà e dei vostri nonni - i Papi, miei predecessori, hanno avuto sempre un'attenzione, un'accoglienza, una fiducia tutte speciali. Sono, dunque, felice di stare oggi con voi e vi ripeto ancora una volta: voi siete la mia gioia! Siete la gioia, la speranza della Chiesa.


2. In ogni parte del mondo, ove mi reco per ministero, incontro molti giovani, ragazzi e fanciulli. E posso dire che vi assomigliano, nel senso che hanno nel volto la vostra stessa gioia. In ogni continente, a qualunque latitudine, questa è la caratteristica distintiva dei ragazzi, questa la loro "divisa" di riconoscimento e di conquista: la gioia.

Come vorrei che non si spegnesse mai, neppure per un attimo, questa gioia sul volto della gioventù del mondo! Come vorrei che ai ragazzi fossero risparmiate le vicissitudini più amare che smorzano il sorriso e che fanno invecchiare precocemente! E come vorrei che gli adulti rispettassero questo diritto dei ragazzi alla gioia. Quando non lo fanno, gli adulti non derubano solo voi, ma immiseriscono se stessi e l'intera società. Nessun adulto si assuma, quindi, la responsabilità di deturpare la gioia costitutiva della vostra età, la gioia del vostro candore, la gioia della vostra innocenza.

L edonismo scriteriato di una certa mentalità, che crede di essere moderna, arriva talvolta a profanare la vita dei più giovani, e anche dei fanciulli, per cui è necessario ripetere ad alta voce la parola grave del Vangelo: "Se uno scandalizza uno di questi piccoli che credono in me, meglio sarebbe per lui essere gettato in mare" (Mc 9,42).

Ugualmente, nessun governo carichi armi sulle fragili spalle di chi è ancora un ragazzo. Nessuna parte in guerra punti i suoi micidiali ordigni verso le nuove generazioni che vivono in qualsiasi parte della terra. I ragazzi sono sacri, essi sono di Dio, appartengono all'umanità intera, sono la primavera destinata a subentrare e a vincere la brutta stagione.

Insieme a tutti i ragazzi del mondo che qui idealmente rappresentate, voi siete il sorriso e la speranza di questa terra; voi potete rendere più umano il mondo. Avete il dono di non disperarvi, il dono di saper ricominciare sempre con entusiasmo, e anche di far coraggio agli adulti, con la vostra parola, la vostra capacità di iniziativa, la vostra innata attitudine alla speranza.


3. Qualcuno potrebbe pensare: la gioia passa presto, è sentimento di una stagione molto breve. Il Papa è venuto, invece, a dirvi che, se volete, quella che è in voi è una gioia che nessuno può togliervi (cfr. Jn 16,22), una gioia che, mentre voi crescete, potrà crescere insieme con voi. La vostra gioia infatti nasce da un tesoro che è sempre con voi, addirittura è dentro di voi. Quel tesoro, voi lo sapete, è Gesù: è lui la vostra gioia, una gioia che non invecchia e non si consuma. Lo avete trovato forse senza molta fatica, perché lui vi è venuto incontro, è venuto a cercarvi, e anche perché altre persone - i vostri genitori, i vostri educatori, la vostra comunità - vi hanno aiutato a incontrarlo. Dovete ricordarvi, pero, che al mondo ci sono tanti ragazzi meno fortunati di voi che impiegano anni della loro vita, e affrontano rischi e traversie, per trovare il nome dolcissimo dell'amico Gesù.

Non sprecate quindi questa fortuna. Non sprecate voi stessi, non disperdete il capitale di gioia che già si accumula in voi. Non lasciatevi sedurre dalle gioie false, che mandano luccichii ingannevoli. Nonostante le apparenze, lontano dal Signore troviamo solamente quelle "ghiande", di cui non poteva saziarsi il figliol prodigo, come ci dice il Vangelo (cfr. Lc 15,16).

So che l'incontro personale con Gesù è la meta che qualifica il vostro metodo di lavoro, la vostra pedagogia associativa. Vi esorto a camminare con sempre maggiore slancio lungo questa strada, ad accogliere e ad amare Gesù come ce lo presenta Maria, sua madre. L'incontro di queste giornate, convocato nel segno dell'anno mariano, significa che intendete fare sul serio, che volete guardare a Maria, affezionarvi sempre di più a lei, e darle un posto grande nel vostro cuore, per non perdere mai di vista Gesù che è tutta la nostra gioia. Maria resti al centro della vostra vita, come lo era per i discepoli di Gesù agli inizi della Chiesa: lo avete riascoltato dalla lettura degli Atti degli Apostoli (cfr. Ac 1,12-14). Ella vi rimanda costantemente al Figlio suo Gesù: "Fate quello che egli vi dirà" (Jn 2,5).

Cari ragazzi, la preghiera personale, come la preghiera con le vostre famiglie o fatta in gruppo comunitario, e soprattutto il sacramento della Eucaristia e quello della Riconciliazione, la catechesi in parrocchia, l'insegnamento della religione a scuola, sono le grandi occasioni per incontrare Gesù e non privarsi mai della gioia che egli solo dà.

Ricordate: non diventerete domani adulti felici, se oggi non siete ragazzi che crescono sapendo conservare il segreto della gioia.


4. C'è una prova che rivela quanto Gesù prenda sul serio la vostra gioia sapete qual è? E' il comandamento che Gesù vi dà di portare questa gioia agli altri.

Essa è troppo importante perché la tratteniate solo voi. Quando non è condivisa, la gioia inaridisce, svanisce. Ecco allora l'impegno che la Chiesa, in nome di Gesù, vi affida: siate apostoli della gioia tra tutti i ragazzi dei vostri paesi e delle vostre città. Il Papa non ha paura di usare per voi ragazzi la parola "apostoli": lo siete in quanto battezzati, in quanto partecipate all'Eucaristia; molti di voi lo sono in quanto cresimati; in più, avete scelto di essere apostoli proprio aderendo all'Azione Cattolica dei Ragazzi.

Anche il Concilio Vaticano II vi ha riconosciuti apostoli e vi ha chiamati "veri testimoni viventi di Cristo tra i compagni" (AA 12). Tra i vostri amici, infatti, potete fare ciò che a nessun altro è possibile nello stesso modo: potete dire parole così convincenti quali gli adulti spesso non sanno trovare; potete essere dei trascinatori invitanti e irresistibili. Anche nel recente Sinodo dei Vescovi si è fatto riferimento a voi ragazzi. Con la vostra vita, voi richiamate la realtà di Cristo sempre nuova e sempre giovane e la necessità per la Chiesa di ringiovanire sempre, mobilitando quelle risorse di cui proprio i ragazzi sono capaci.


5. Oggi vorrei chiedervi una cosa in più: di essere testimoni e apostoli della gioia non solo come singoli, ma anche come gruppi di ragazzi. E' sempre il Concilio che ci aiuta a capire meglio questo punto, quando spiega che i "piccoli gruppi" sono il luogo ideale per prepararsi e formarsi all'apostolato (cfr. AA 30). Ma poi il Concilio saggiamente aggiunge che l'apostolato non deve essere esercitato solo all'interno dei gruppi e delle associazioni; occorre infatti uscire allo scoperto e andare incontro agli altri, cercare gli altri, invitarli, coinvolgerli nei vostri giochi, proporre ad essi di prendere parte alle vostre nuove iniziative, essere insomma loro amici, portando insieme anche i pesi della vita.

Il Papa ha un sogno nei vostri riguardi: vedere i gruppi di Azione Cattolica Ragazzi di tutta l'Italia aprirsi ed espandersi a raggiera nei caseggiati e nei quartieri, fino a raggiungere i coetanei più soli e lontani, ed essere nei vari ambienti una presenza irradiante la gioia di Cristo.

Così siete anche voi missionari e portate nella Chiesa un contributo indispensabile. Nello stesso tempo, crescete con l'apertura alla missionarietà, con la capacità di far vostre le necessità sia materiali che spirituali degli altri, nella Chiesa e nella società (cfr. AA 30).

In questo modo potrete fare esperienza della gioia al massimo grado, proprio in quanto collaborerete a far crescere la gioia nel cuore dei vostri amici.

Saprete realizzare questo desiderio? Io sono sicuro di si. Tutta la storia dell'Azione Cattolica Italiana, e specialmente quella delle "sezioni minori", in particolare gli aspiranti, è storia missionaria, storia di un laicato intrepido che ha reso presente la Chiesa in ogni ambiente. I vostri educatori, di ieri e di oggi, ve lo testimoniano: a loro va la riconoscenza del Papa e della Chiesa.

Ricordate: l'aspirazione maggiore degli aderenti all'Azione Cattolica è sempre stata quella di corrispondere alle attese della Chiesa, fatte presenti attraverso la voce del Papa e dei Vescovi, come anche attraverso la voce dei vostri assistenti.

Carissimi! Siate sempre certi che vi porto nel cuore e formulo per voi l'augurio più bello: che siate, come i vostri amici migliori, "giovani e coraggiosi cittadini della Chiesa e del mondo, fratelli di un'umanità nuova, costruttori liberi e non-violenti di una civiltà pienamente umana, segno profetico della Chiesa del terzo millennio" ("Homilia occasione oblata sollemnis Beatificationis Marcel Callo, Pierina Morosini et Antonia Mesina", die 4 oct. 1987: , X, 3 [1987] 804 ss).

Con la mia affettuosa benedizione apostolica.


[Prima di concludere l'incontro nella Basilica di San Pietro, il Santo Padre si rivolge nuovamente ai ragazzi presenti. Queste le sue parole] Vedendovi così riuniti in questa Basilica, mi è venuta in mente un'altra assemblea che ho visto forse tre settimane fa. Era un'assemblea di ragazzi, come voi, in Bolivia. La località, la città nella quale si è svolto questo incontro, si chiama Tarija ed è vicina alla frontiera con l'Argentina. Li erano riuniti tanti ragazzi, ragazze, "los ninos", moltissimi bambini. Quando vi ho visti riuniti qui, nella Basilica di San Pietro, mi è tornato il ricordo di quell'altra assemblea per fare un legame e poi per dirvi che se il Papa va in diversi Paesi, se va per esempio in America Latina - come è avvenuto di recente per la visita in Uruguay, in Paraguay, in Bolivia e anche a Lima - non lo fa invano, senza un riferimento alla Chiesa di Roma. Anzi cerca di trovare dappertutto dei legami. così ho trovato un legame tra quei bambini della Bolivia, riuniti nella città di Tarija, e tutti i bambini riuniti oggi a Roma, nella Basilica di San Pietro, perché il Papa deve fare un ponte tra le diverse comunità, tra le diverse Chiese, tra i diversi popoli.

Questo volevo aggiungere adesso, dopo le parole già pronunciate, per aiutarvi ad entrare in questo ambiente ancora più esteso, non solamente quello italiano, della vostra patria, ma quello molto più esteso dei Paesi e dei continenti dove vive e cammina la Chiesa, dove vivono, dove soffrono anche "los ninos", "las ninas", i bambini, e dove questi bambini hanno lo stesso compito di essere la gioia dei loro genitori, di essere la gioia dei loro popoli, di essere gioia e speranza. Sentitevi, carissimi ragazzi e ragazze dell'Azione Cattolica Italiana, profondamente uniti con tutti loro.

[Nell'aula Paolo VI si è poi svolta la seconda parte dell'incontro] Carissimi ragazzi e ragazze dell'Azione Cattolica, Acr, voglio ancora ringraziarvi per la vostra visita. Devo dirvi che avete scelto molto bene il giorno per questo incontro, perché siamo nel periodo in cui la Chiesa ha concluso il tempo pasquale. Con la solennità della Pentecoste, domenica scorsa, abbiamo visto come nei cuori degli apostoli e dei discepoli di Cristo - cuori umani, molte volte timidi - ha vinto il coraggio divino, attraverso la discesa dello Spirito Santo. Abbiamo vissuto il mistero nel cenacolo di Gerusalemme: mistero della discesa dello Spirito Santo, conclusione divina del tempo pasquale e di tutta la missione messianica di Gesù Cristo. E proprio in questo giorno, sabato dopo la Pentecoste, siete venuti qui a Roma per vedere e per incontrare il Papa. Vi ringrazio di cuore.

Questo incontro si sarebbe dovuto svolgere in un altro luogo, in uno stadio. Ma è intervenuta la pioggia, che si mostrava più forte dei giovani.

Sembrava, sembrava solamente, perché si è trovato un altro posto, ancora più significativo - la Basilica di San Pietro e questa aula Paolo VI - nel quale si vede ancora meglio il significato vero della vostra riunione nazionale a Roma, della vostra visita al Papa. Si vede cosa vuol dire questa visita. Essa vuol dire: noi giovani siamo venuti qui a Roma per dire al Papa, a noi stessi - ragazzi e ragazze -, alla Chiesa che è in Italia, alle nostre famiglie, alla nostra società, a tutti, che noi siamo anche continuazione di quegli apostoli coraggiosi nel giorno di Pentecoste, la continuazione di quegli apostoli coraggiosamente usciti dal cenacolo di Gerusalemme per andare in tutto il mondo. Noi siamo la continuazione. Noi prendiamo parte alla loro missione. Noi ragazzi, ragazze, Acr prendiamo parte alla loro missione nel modo proprio dei ragazzi, dei bambini.

In Basilica ho parlato di questo apostolato specifico dei ragazzi, l'apostolato della gioia.

Devo dire che prima di andare in Basilica ho guardato attraverso la finestra della mia stanza quando siete arrivati in piazza San Pietro. E cosa ho visto? Si, pioveva, ma i ragazzi danzavano. Facevano delle danze, perché la gioia è connaturale a loro. E' giusto che si sia parlato dell'apostolato della gioia e se Gesù ha detto una volta che il Regno di Dio è dei fanciulli, dei giovani, dei piccoli, dei bambini, questo è intimamente legato con la gioia, perché il Regno di Dio si esprime nella gioia. Chi porta il Regno di Dio in sè, nel suo cuore, è gioioso.

Ma qui, come ho visto anche in Basilica, ci sono parecchi ragazzi e ragazze ammalati, sofferenti. Si può dire che anche loro portano la gioia nel cuore? Lo si può dire? Io penso di si. Nella mia vita ho incontrato molte persone gravemente ammalate ma così gioiose che io mi stupivo. Come è possibile? La gioia non viene da circostanze fisiche, materiali. Viene dal cuore. Anche un uomo sofferente può avere il cuore gioioso. Anzi può dare questa gioia agli altri.

Quante volte i nostri fratelli sofferenti sono di appoggio, di conforto, danno gioia a coloro che stanno bene fisicamente, materialmente, che hanno dei successi! Carissimi, l'unica causa, l'unica circostanza, l'unico fattore che può uccidere la gioia nel cuore dell'uomo, della donna ed anche nel cuore dei giovani è il peccato. Solamente il peccato uccide la gioia e non fa gioiosi, porta con sè il rimorso, porta con sè il dolore. Allora vi auguro, carissimi, di avere nei vostri cuori questa gioia profonda che viene dalla grazia di Dio, dal cuore di Dio e vi auguro di portare questa gioia agli altri. Questo è l'apostolato proprio dei bambini, dei ragazzi, delle ragazze, dell'Acr, l'apostolato di cui ho parlato a tutti ed anche a voi nella Basilica.

Ecco alcune parole per completare il discorso già pronunciato in San Pietro e per ringraziare ancora una volta non solamente per la vostra visita, ma specialmente per aver scelto un giorno così adatto. Vedendovi qui, vedo la continuazione di ciò che si è rivelato nel giorno di Pentecoste a Gerusalemme.

Vedo la continuazione. I dodici apostoli, riuniti attorno alla Vergine, madre di Cristo, madre della Chiesa, sono usciti dal cenacolo, sono usciti coraggiosamente ed hanno dato inizio a tutti i loro seguaci durante le generazioni, i secoli. Voi siete anche la loro continuazione. Vi auguro che sia così. Vi auguro che l'Acr vi prepari ad essere veri apostoli di Gesù Cristo nei vostri ambienti.


Data: 1988-05-28 Data estesa: Sabato 28 Maggio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Ai partecipanti al convegno "L'Italia fuori d'Italia" - Città del Vaticano (Roma)