GPII 1988 Insegnamenti - Ai nuovi sacerdoti ordinati nella Basilica Vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Ai nuovi sacerdoti ordinati nella Basilica Vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Ognuno di voi porterà frutto se avvicinerà l'uomo a Dio, onnipotenza nell'amore"

Testo:


1. "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra" (Mt 28,18).

Oggi Cristo pronuncia l'ultima parola della sua missione in terra.

Oggi egli pronuncia il nome del Dio vivente, che è: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Del Dio infinito, che, solo, abbraccia tutto.

"In lui infatti viviamo, ci muoviamo, ed esistiamo" (Ac 17,28).

Il suo nome è: eternità.

Ed anche se il libro dell'Apocalisse proclama Dio come "Colui che è, che era e che viene" (Ap 1,8), tuttavia queste parole sono una manifestazione del mistero di Dio riguardo a tutto ciò che trapassa, che è sottoposto al tempo.

Infatti il suo nome proprio è: eternità.

Il suo nome è: amore.

L'amore significa insieme l'unione più perfetta. Dio è uno, l'unità solo a lui spetta, ed è unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. L'unità della Trinità. Nell'ambito delle creature a noi accessibili non siamo in grado di trovare il corrispondente a questa realtà, e di riconfermarla. E, in Dio, la perfetta unità è Trinità.

Proprio per questo egli è: amore.

Solo Dio, che è unità della Trinità, può essere Dio-amore.

Senza ciò potrebbe essere soltanto Dio-onnipotenza. Ma l'onnipotenza, che non è amore, non è neppure perfetta onnipotenza. E proprio di questa realtà Gesù Cristo ha convinto l'umanità mediante tutta la sua missione, quando, al termine di essa, dice agli apostoli: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra... ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,18-19) - cioè dice in pari tempo: immergete l'essere umano in Dio, che è amore. Introducetelo nel più profondo mistero dell'unità di Dio. Lo spirito umano deve maturare per l'incontro con questo mistero. La pienezza dell'Onnipotente è amore. Dio è amore. Vi ho fatto vedere la via che conduce a lui. Ho ispirato in voi lo Spirito Santo. Egli è diffuso nei vostri cuori come Dio.


2. "O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra" (Ps 8,2 Ps 8,10), canta il salmista. E canta con lui ogni uomo, riconoscendo le orme di Dio nella creatura... Le orme dell'onnipotenza.

Cristo traccia una nuova orma. E' l'orma di Dio-amore: "Ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,2).

Al termine della sua missione Cristo invita tutti: "Seguite queste orme". E' l'orma incancellabile che ho lasciato nella storia del mondo... nella storia dell'uomo.

Se volete arrivare a Dio - a colui che è - e unirvi a lui, così come è - seguite questa orma. La mia orma.

E' l'orma dell'intero Vangelo. Questa è in definitiva l'orma della croce e della risurrezione. Questa orma conduce attraverso la Parola e il sacramento.

Questa orma conduce attraverso il Battesimo.

Anzi: se vi immergete nell'acqua, rinascete dall'acqua - questo sarà un segno sacramentale - immergetevi soprattutto nella mia morte per ritrovarvi nelle profondità del mistero di Dio: di colui che è. Ritrovarvi nelle profondità del mistero, e in fine vedere Dio "così come egli è" (1Jn 3,2).


3. Cristo dice agli apostoli: "Andate" (Mt 28,19). Questa parola significa missione.

Vengono inviati per introdurre tutti nella missione salvifica di Cristo, sacerdote, profeta e re, perché tutti in unione con lui raggiungano il Regno, del quale Cristo ha indicato la via. E l'ha aperta. E questa via rimane sempre aperta.


4. Cari neo-presbiteri! Il sacramento del Sacerdozio che oggi ricevete, affonda le sue radici nel santo Battesimo. Esso è lo sviluppo di ciò che il Battesimo ha iniziato in ciascuno di noi. Ereditate la missione degli apostoli - di coloro che Cristo ha mandato in tutto il mondo.

Lo Spirito Santo "attesta al nostro spirito" (cfr. Rm 8,16), perché esercitiate fedelmente il vostro servizio.

Ciascuno di voi venga aiutato da Maria, colei alla quale Cristo ha affidato l'uomo in Giovanni, suo apostolo e suo sacerdote.

Si rafforzi in ciascuno di voi la potenza di Cristo: "A lui solo è stato dato ogni potere in cielo e in terra". Sia sempre vivo in voi il suo Vangelo. La sua croce e risurrezione.

Innamoratevi del Vangelo.

Ognuno di voi porterà tanto maggior frutto - un frutto "che rimanga" (cfr. Jn 15,16), - quanto più l'uomo sarà avvicinato, mediante voi, a Dio, che è amore. Che è onnipotenza nell'amore.

L'uomo contemporaneo è capace di comprendere questa verità? Non si è allontanato troppo da essa? E tuttavia, Cristo che vi manda dice: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra".

Non abbiate paura! Siete stati mandati nella potenza di Cristo; del suo potere in cielo e in terra. Non abbiate paura!


Data: 1988-05-29 Data estesa: Domenica 29 Maggio 1988




Nella solennità della santissima Trinità - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il cammino della vita cristiana è "essenzialmente" trinitario

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. La solennità di oggi ci ricorda il mistero principale di tutta la rivelazione cristiana, che è anche il fine ultimo verso cui è orientato il nostro pellegrinaggio terreno, il mistero dell'unico Dio in tre Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

La contemplazione del mistero trinitario coincide, per espresso insegnamento del divin Maestro, con la stessa vita eterna, che egli ci ha meritato con la croce: "Questa è la vita eterna - dice infatti Gesù parlando col Padre - che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Jn 17,3). A questa suprema conoscenza ci prepara fin d'ora lo Spirito Santo, il quale ci è stato donato da Cristo precisamente per questo scopo. Annunciandone la missione, Gesù dice infatti: "Quando verrà lo spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera" (Jn 16,3). Quale verità? Appunto la rivelazione piena del Padre, del Figlio e dello Spirito.


2. Il cammino della vita cristiana è quindi un cammino essenzialmente "trinitario": lo Spirito ci conduce alla piena conoscenza degli insegnamenti di Cristo, del suo Vangelo, dei suoi esempi. Gesù a sua volta è venuto nel mondo per farci conoscere il Padre, per guidarci a lui, per riconciliarci con lui, come unico e sommo Mediatore e Sacerdote. Egli è la via verso il Padre.

E pure lo Spirito Santo è "Signore" (2Co 3,17), cioè è Dio. E "dove c'è lo Spirito del Signore - ci dice san Paolo - c'è la libertà" (2Co 3,17). L'etica cristiana trova dunque il suo compimento nella "vita secondo lo Spirito" (cfr. Ga 5,16). L'etica cristiana è un'etica trinitaria, per la quale è lo Spirito che conduce alla perfezione e alla santità; e quest'opera dello Spirito consiste precisamente nel portarci alla "conoscenza" del Figlio e del Padre. Tutto nella vita cristiana ruota attorno al mistero trinitario, tutto dev'essere fatto e compiuto in ordine a questo infinito mistero.

Cerchiamo, pertanto, cari fratelli e sorelle, di non abbassare mai il "tono" della nostra vita, dimenticandoci per qual fine, per quale gloria immensa dobbiamo agire, lavorare, faticare, lottare; a quale immenso premio siamo chiamati.

La Vergine Maria, che più di ogni altra creatura ha conosciuto, adorato, amato questo mistero, ci guidi per mano.

Desidero porgere il mio cordiale saluto a tutti i presenti - singoli o in gruppi - che sono riuniti in questa piazza San Pietro per la recita della preghiera mariana.

In particolare, desidero ricordare il gruppo dei neo-cresimati di Poggio Mirteto; i partecipanti alla manifestazione internazionale turistica "Roma 88", organizzata dal "Vespa Motor Club Roma", in occasione del 40° anniversario di fondazione; i membri dell'"Associazione Italiana fra Anziani e Volontariato (AIFA)" del comune di Provisdomini diocesi di Pordenone.

A tutti, i miei sinceri voti augurali e la mia benedizione apostolica.

[Al termine della preghiera il Santo Padre ha pronunziato le seguenti parole] Domenica prossima la diocesi di Roma sarà spiritualmente raccolta in tutte le Chiese per una giornata di preghiera e di ringraziamento in occasione del 50° di Ordinazione sacerdotale del Cardinale vicario Ugo Poletti. Una celebrazione eucaristica per il fausto anniversario avrà luogo poi, martedi 28 giugno, in San Giovanni in Laterano.

La diocesi di Roma, come è noto, sta anche vivendo un momento di forte comunione fraterna e di impegno pastorale nella preparazione del prossimo Sinodo diocesano. E' in tale prospettiva che tutto il presbiterio e il laicato di questa Chiesa intende collocare tale felice circostanza. Come Vescovo di Roma mi associo anch'io ai sentimenti di tutta la comunità verso il Cardinale vicario elevando per lui fervide preghiere ed esprimendo il riconoscente pensiero per il lavoro che egli, da quasi vent'anni, svolge nella guida della diocesi.

So che, a ricordo di questo evento, si intende donare ad un quartiere della periferia di Roma una chiesa parrocchiale, dedicata a sant'Ugo Vescovo: sarà essa il segno del sincero affetto e della viva gratitudine verso il Vicario del Vescovo di Roma. Invito tutti a sostenere questa iniziativa.


Data: 1988-05-29 Data estesa: Domenica 29 Maggio 1988




Messaggio all'Assemblea generale delle Nazioni Unite - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lo sforzo per il disarmo non può riguardare qualche Paese o un solo tipo di armamenti

Testo:

All'assemblea generale delle Nazioni Unite riunita per la terza sessione straordinaria dedicata al tema del disarmo.

Signor Presidente, signore e signori rappresentanti degli stati membri.


1. La terza sessione straordinaria dell'assemblea generale dedicata al tema del disarmo, alla quale ho l'onore di indirizzare questo messaggio, si riunisce in un momento in cui diversi indizi della vita internazionale lasciano sperare nell'esito positivo degli sforzi messi in atto per progredire, attraverso un disarmo effettivo, sulla via della cooperazione e della pace.

La comunità internazionale sembra giustamente esitare oggi tra l'inquietudine per i conflitti locali permanenti e la speranza suscitata dalla determinazione delle due grandi potenze dell'emisfero Nord di pervenire a nuovi accordi di disarmo.

Ma il progetto del disarmo non può conseguire il suo scopo se l'aspirazione alla pace non viene condivisa da tutte le nazioni e se queste non desiderano impegnarsi tutte in un comune processo di riduzione delle tensioni e delle minacce di guerra. Ora, la pace richiede, per sua stessa natura, un approfondimento dei valori etici che danno coesione ai rapporti tra i popoli e gli stati. Perché la pace divenga realtà, è necessario che l'umanità faccia appello alle sue risorse spirituali più profonde e più universali.

L'invito dello stimato segretario generale a parlare alla vostra assemblea, che rinnova quello fatto al mio predecessore Paolo VI nel 1978 e a me nel 1982, rivela quindi l'importanza da voi attribuita a quegli aspetti, rispetto ai quali la Santa Sede ha tutti i titoli, universalmente riconosciuti, per fare intendere la sua voce.

E' naturale che un tema così intimamente legato alla causa della pace come è il disarmo abbia sempre attirato l'attenzione della Santa Sede. I principi morali che la Chiesa attinge nel Vangelo e che hanno le loro radici nella coscienza dell'uomo, sono validi, per essa, per tutte le comunità umane e in tutte le circostanze. La pace è un bene cui aspirano tutti gli esseri umani, a qualunque tradizione culturale appartengano.


2. Il disarmo non è un fine in se stesso. Il fine è la pace, di cui uno dei fattori essenziali è la sicurezza. Ora, l'evoluzione dei rapporti internazionali fa apparire oggi il disarmo condizione essenziale, se non la prima, della sicurezza, perché apre la strada, per un effetto di sinergia, ad altri fattori di stabilità e di pace. In effetti, non può sfuggire a nessuno che il genere di sicurezza su cui riposa da alcuni decenni il nostro pianeta - l'equilibrio del terrore attraverso la dissuasione nucleare - è una sicurezza con troppo alta percentuale di rischio. Questa presa di coscienza deve spingere le nazioni ad aprire con urgenza una fase nuova nei loro rapporti, proprio quella cui lavorate voi per eliminare definitivamente lo spettro di una guerra nucleare di ogni conflitto armato.

L'eliminazione progressiva, equilibrata e controllata degli armamenti di distruzione di massa e la stabilizzazione dei sistemi di difesa dei diversi Paesi al più basso livello possibile di armamento, è un obiettivo su cui si deve ottenere il necessario consenso, come primo passo verso l'aumento della sicurezza.


3. La seconda sessione straordinaria dedicata al tema del disarmo non aveva conseguito i risultati previsti, in gran parte - pare - a causa delle tensioni esistenti nei rapporti Est-Ovest. Il miglioramento di questi stessi rapporti cui assistiamo, non può che avere effetti favorevoli sull'impegno di tutta la comunità internazionale. La firma del Trattato di Washington nello scorso dicembre va salutata come una grande novità, soprattutto per il fatto che le parti in causa hanno dichiarato - come conferma il loro attuale incontro nel summit di Mosca - che si è trattato solo di un inizio, e non di un punto di arrivo, sulla strada di un disarmo effettivo.

Se i negoziati tra le due super-potenze lasciano sperare, a breve termine, nella conclusione di nuovi accordi di disarmo, questi successi non devono far dimenticare l'importanza di un approccio multilaterale complementare della questione del disarmo: al contrario, essi la sottolineano di più. Questo approccio ha il vantaggio di intensificare gli sforzi in vista del disarmo secondo tre direttive che permettano: - di esaminare gli aspetti interdipendenti del disarmo, non solo nucleare, ma anche chimico e convenzionale; - di impegnare tutte le nazioni ad assumersi le loro responsabilità nell'elaborazione e applicazione delle misure di disarmo; - di rafforzare il consenso sui principi etici da osservare e sulla priorità da dare a un'azione internazionale concreta.

Per quanto non sia più facile da gestire del negoziato bilaterale, solo il dialogo multilaterale e globale consente di far emergere la posta in gioco nel disarmo in tutta la sua complessità. Risulta evidente che, se il processo di disarmo ha per fine la sicurezza e la pace, non può ignorare le cause profonde che condizionano la pace.

L'impegno per il disarmo non può riguardare solo qualche Paese nè concentrarsi su un tipo solo di armamenti. Deve mirare all'eliminazione di tutte le minacce che incombono sulla sicurezza e sulla pace, su scala regionale e su scala mondiale.


4. Un piano di disarmo globale deve essere adottato senza restrizioni, con la volontà di passare, con ogni mezzo, da una situazione pericolosa di super-armamento offensivo a una situazione di equilibrio degli armamenti difensivi al livello più basso compatibile con la sicurezza di tutti.

a) La prima decisione necessaria è evidentemente la sospensione della corsa agli armamenti. Questa esigenza riguarda sia i produttori che i compratori di armi. Certo, finché i diversi Paesi saranno costretti a dotarsi di mezzi di difesa adeguati per dissuadere o respingere un'eventuale aggressione, sarà inevitabile che li modernizzino o li rinnovino. Ma al di là di questa soglia, ogni crescita o perfezionamento degli armamenti metterebbe in forse la possibilità stessa di arrivare alla mèta auspicata e deve dunque essere decisamente evitato.

b) Si tratta piuttosto di procedere alla riduzione equilibrata o all'eliminazione degli armamenti esistenti. Questo le due super-potenze hanno dichiarato essere loro intenzione, proponendosi di diminuire della metà i loro arsenali strategici. Auspichiamo che il processo iniziato possa affermarsi ed estendersi a tutti i Paesi, prendendo rapidamente in considerazione le minacce che fanno ancora pesare gli squilibri tattici, convenzionali, ecc.

c) Le discussioni che si svolgono nell'ambito della Conferenza per il disarmo sull'eliminazione delle armi chimiche hanno registrato un qualche progresso, e auspichiamo che si pervenga ad una nuova Convenzione internazionale.

Se c'è un campo dove si impone un accordo multilaterale, è proprio quello di questo genere di armi, indegne dell'umanità. Il fatto che questa arma abbia potuto essere di nuovo usata in tempi recenti, mostra l'urgenza di ricerche avanzate per precisare meglio i metodi di controllo internazionale per garantire non solo che le armi chimiche non vengano più prodotte, ma anche la distruzione degli stocks esistenti. E' importante che tutti gli stati, senza eccezione, aderiscano lealmente a una tale Convenzione. Per tutti, la rinuncia alle armi chimiche, come anche alle armi batteriologiche e a tutte le armi di distruzione di massa, è anzitutto una questione morale.

d) Non posso tacere la minaccia costituita dal commercio delle armi, le cui conseguenze nefaste si fanno sentire nelle guerre persistenti tra Paesi in via di sviluppo. Se il diritto è impotente a difendere i Paesi deboli, tocca alla società internazionale, alla Carta della vostra organizzazione, di prendere le misure appropriate, atte a prevenire potenziali aggressioni.


5. L'impegno internazionale a favore del disarmo deve basare la sua efficacia sui principi fondamentali della convivenza pacifica. Per questo, salutando con soddisfazione, il I gennaio 1985, la ripresa, da parte delle due grandi potenze, dei negoziati per il disarmo, suggerivo di dar vita a una "nuova filosofia delle relazioni internazionali", che orientasse l'azione in una duplice direzione: - la prima è un invito agli stati a rimettere in discussione il loro egoismo nazionale e le loro ideologie espansionistiche, che li spingono ad auto-affermarsi negando la differenza e con la paura degli altri; - la seconda è l'assunzione solidale delle condizioni profonde della pace che sono il rispetto dei diritti umani e lo sviluppo.

La riduzione e l'eliminazione degli armamenti sono, in realtà, l'esito visibile di un altro processo di disarmo più profondo, quello degli spiriti e dei cuori, secondo l'espressione già usata dai miei Predecessori.

Molti, poi, sono convinti che il disarmo deve accompagnarsi a un impegno intensificato per lo sviluppo. La Conferenza internazionale tenuta nel 1987 dalla vostra organizzazione sul tema del rapporto tra il disarmo e lo sviluppo, ha constatato, fra l'altro, che il disarmo effettivo può creare un clima nuovo favorevole al trasferimento delle risorse e delle tecnologie verso i Paesi in via di sviluppo. Il trasferimento dei capitali e delle conoscenze, che creano occupazione e migliorano le condizioni di vita degli uomini, contribuisce con più efficacia alla sicurezza che non la vendita delle armi.

Il disarmo per lo sviluppo è una questione di scelta etica e di volontà politica concertata. Auspico vivamente che la comunità internazionale faccia questa scelta, perché il disarmo per lo sviluppo, comportando la riduzione del divario tra Nord e Sud, attenuerebbe nello stesso tempo una delle cause dello squilibrio mondiale, la più carica di minacce per la pace.


6. La causa della pace richiede dunque oggi, primariamente, non un supplemento di conoscenza strategica o tecnologica, ma un supplemento di coscienza e di forze morali. Le più alte tradizioni religiose e filosofiche dei popoli da voi rappresentati, contengono risorse spirituali sufficienti per dare impulso e coraggio a tutti coloro che non cessano di costruire la convivenza pacifica tra le nazioni. La "nuova filosofia delle relazioni internazionali" cui ho accennato, non è un'utopia, ma si ispira al supremo realismo della solidarietà e della speranza.

Che Dio benedica il vostro lavoro per assicurare la pace del mondo! Dal Vaticano, il 31 maggio 1988.


Data: 1988-05-31 Data estesa: Martedi 31 Maggio 1988




Ai Vescovi Usa in visita "ad limina"

Titolo: La ricociliazione dell'umanità a livello di "blocchi" deve fondarsi sulla conversione dei cuori e sulla verità

Testo:

Cari fratelli nel Signore Gesù Cristo.


1. E' di nuovo una grande gioia accogliere un gruppo di Vescovi americani. Saluto in voi tutti i sacerdoti, diaconi, religiosi e laici delle provincie di Louisville, Mobile e New Orleans. Il ricordo di New Orleans mi invita a mandare un saluto particolare a gruppi là incontrati: i giovani americani, gli apostoli dell'educazione cattolica, l'amata comunità negra del vostro Paese, e tutti coloro che cercano di affrontare la grande sfida dell'educazione cattolica superiore.

Nello stesso tempo ricordo nel pensiero e ho caro nel mio cuore tutti i fedeli d'America, per i quali noi ci sforziamo di provvedere un autentico servizio pastorale nel nome del "Pastore supremo del gregge" (1P 5,4), il nostro Signore e salvatore Gesù Cristo.

Tra tutti gli avvenimenti pastorali vissuti con voi, Vescovi degli Stati Uniti - ogni avvenimento è in continuità con i precedenti - è mia intenzione riflettere con voi su una visione pastorale organica del vostro ministero episcopale. Questa visione organica deve tener conto delle esigenze perenni del Vangelo; deve anche esprimere le indiscutibili priorità della vita della Chiesa oggi, nelle sue necessità universali come in quelle particolari della Chiesa degli Stati Uniti. Nello stesso tempo deve riflettere fedelmente il richiamo del Concilio Vaticano II alla riforma e al rinnovamento, come viene ripetuto dal Vescovo di Roma e dall'episcopato di tutto il mondo in comunione con lui. Questa comunione è soprattutto evidente delle diverse sessioni del Sinodo dei Vescovi, le cui conclusioni sono di urgenza particolare per i piani pastorali della Chiesa.


2. Uno dei temi essenziali del Vangelo sottolineato dal Concilio Vaticano II e dal Sinodo dei Vescovi è il richiamo alla penitenza o alla conversione - e, per conseguenza, alla riconciliazione - necessarie per tutti i membri della Chiesa, e particolarmente rilevanti per la nostra vita e per il ministero di Vescovi. La conversione annunciata da Cristo è un grande programma di vita e di azione pastorale. E' la base per una organica visione del ministero pastorale, legato ai grandi aspetti della rivelazione divina.

La conversione ci parla della necessità di riconoscere la supremazia di Dio nel mondo e nella nostra vita individuale. Presuppone l'esistenza del peccato e la necessità di rispondere a Dio in e attraverso Cristo salvatore, che ci libera dai nostri peccati. Il comando di Cristo di convertirci ci impone "l'obbedienza alla fede" (Rm 1,5) con tutte le sue implicazioni.

La conversione diventa per noi una sintesi del Vangelo, e le continue conversioni lungo tutti i secoli rispecchiano l'incessante intervento di Cristo risorto nella vita della Chiesa. Gesù stesso ci introduce nel significato della conversione e della penitenza quando dice: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15). Conversione significa un cambiamento interiore di atteggiamento e disposizione verso Dio e il mondo. così la Chiesa ha sempre compreso tale realtà.

Il Sinodo del 1983 l'ha descritta come "l'intimo cambiamento del cuore sotto l'influsso della Parola di Dio e nella prospettiva del Regno", e ancora come "la conversione che passa dal cuore alle opere e, quindi, all'intera vita del cristiano" (RP 4).


3. La nostra conversione è quindi una risposta all'invito di Gesù ad abbracciare il Vangelo ed entrare nel suo Regno. Questo invito era stato anticipato dal precursore del Regno, Giovanni il Battista: "Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino" (Mt 3,2).

Gesù stesso ha affidato questo invito agli apostoli e, attraverso loro, a noi. Nel giorno di Pentecoste fu accolto da Pietro che chiamo il popolo a proclamare Gesù Cristo, Signore e Messia, dicendo: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo" (Ac 2,38). L'apostolo Paolo testimonio pubblicamente il fatto che egli "predicava di convertirsi e di rivolgersi a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione" (Ac 26,20).

Imitando gli apostoli Pietro e Paolo, tentando di abbracciare la realtà della conversione e predicandola, noi proclamiamo realmente l'intero contenuto della verità rivelata da Gesù sulla conversione. Parlando di conversione o penitenza noi dirigiamo l'attenzione della gente verso Dio stesso e verso il bisogno di vivere in conformità con la verità espressa da Dio sulla natura dell'uomo. Invitare a convertirsi significa proclamare il dominio di Dio su tutta la nazione, in particolare su tutti gli uomini. Significa onorare la legge di Dio e riconoscere tutti gli effetti pratici della creazione. Nell'atto di convertirsi la persona umana proclama la sua dipendenza da Dio e riconosce la necessità di obbedire alla legge del Signore per vivere liberi.

La conversione presuppone un riconoscimento della realtà della ribellione dell'uomo alla maestà di Dio. Nel cuore di ogni persona convertirsi significa la vittoria della grazia sul peccato, così che "laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (Rm 5,20). La conversione è resa possibile e compiuta nel cuore dell'uomo dalla vittoria di Gesù nel mistero pasquale. Ogni conversione umana è manifestazione del disegno di Dio, laddove gli esseri umani devono acconsentire all'azione salvifica di Dio. Dunque ogni conversione esprime la nobiltà degli sforzi umani e nello stesso tempo la loro assoluta inadeguatezza.

Ogni conversione proclama la supremazia della grazia.


4. Riflettendo sulle parole di Gesù di convertirsi, di pentirsi, di aprire il cuore alla vita della grazia, di rinunciare al peccato, scopriamo il rapporto tra la conversione e l'amore di Dio, il rapporto tra la conversione e la potenza di Dio. Quando riflettiamo sull'invito di Gesù a fare penitenza, scopriamo la nuova parola di misericordia, rivelata nella croce.

La croce di Gesù Cristo è davvero - come ho detto prima - "una rivelazione radicale della misericordia, ossia dell'amore che va contro a ciò che costituisce la radice stessa del male nella storia dell'uomo: contro il peccato e la morte... la croce di Cristo, infatti ci fa comprendere le più profonde radici del male" (DM 8).

La misericordia a sua volta presuppone la conversione da parte nostra, e la nozione di conversione ci costringe a riflettere sulla verità con cui dobbiamo vivere. Accade spesso che quando la Chiesa parla della necessità della verità per la conversione e la misericordia, il mondo reagisce negativamente. Ma la Chiesa non può proclamare la realtà dell'infinita misericordia di Dio senza precisare come accettare la misericordia richiede una apertura verso la legge di Dio.

Richiede che venga osservata la legge di Dio, come risposta alla misericordia.

Dimostrando la sua fedeltà al suo amore paterno, Dio non può contraddire la sua stessa verità. perciò la vera conversione, che consiste nello scoprire la misericordia di Dio, comprende il pentimento per ciò che nega la verità di Dio espressa nella natura dell'uomo.


5. Nello stesso tempo la conversione porta con sè la riconciliazione. E' il dono del Padre dei cieli dato attraverso Cristo e nello Spirito Santo a coloro che si convertono. Con le parole di san Paolo: Dio "ci ha riconciliati con sè mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2Co 5,18).

La conversione resta la chiave per la riconciliazione e per il ministero di riconciliazione della Chiesa. Ogni riconciliazione individuale e collettiva proviene dalla conversione del cuore. Il tessuto sociale della Chiesa e del mondo sarà riformato e rinnovato solo quando la conversione sarà interiore e personale.

La necessaria riforma delle strutture economiche e politiche oppressive del mondo non può avvenire senza la conversione del cuore.

La riconciliazione dell'umanità a livello di individui, di comunità, di popoli e di blocchi di nazioni presuppone la conversione del cuore degli individui e deve fondarsi sulla verità. Il Sinodo sulla riconciliazione e la penitenza ha proclamato con decisione questa verità, mostrando come alla base di tutte le divisioni c'è il peccato personale, la cui ultima essenza e oscurità è la "disobbedienza a Dio" (RP 14; cfr. RP 16).


6. Chiamata ad essere segno di riconciliazione nel mondo, la Chiesa è perciò chiamata ad essere segno di conversione dal peccato e di obbedienza alla legge di Dio. Per sua stessa natura la Chiesa è il grande sacramento della riconciliazione.

Per vivere pienamente questa verità essa deve in ogni momento essere una comunità riconciliata e riconciliante che proclama la forza di divisione di ogni peccato personale, ma soprattutto la potenza riconciliante e unificante del mistero pasquale di Cristo, in cui l'amore è più forte del peccato e della morte.

Fedele alla sua missione la Chiesa deve predicare l'esistenza del male e del peccato. Con grande intuizione il Sinodo dei Vescovi ha riconosciuto, con il Papa Pio XII, che "il peccato del secolo è la perdita del senso del peccato" (cfr. RP 18). Nell'esortazione apostolica post-sinodale ho notato che "ristabilire il giusto senso del peccato è la prima forma per affrontare la grave crisi spirituale incombente sull'uomo del nostro tempo" (cfr. RP 18). Già la Chiesa dei primi tempi aveva reagito con decisione di fronte all'illusione, da parte di alcuni, dell'assenza del peccato, come dimostra la prima lettera di san Giovanni: "Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi" (1Jn 1,8).

Quando prendiamo a cuore questo insegnamento, apriamo noi stessi all'azione dello Spirito Santo che ci rivela i nostri limiti e le nostre mancanze e ci "dichiara colpevoli" dei nostri peccati in atti e omissioni. Nello stesso tempo, come individui e come comunità nella Chiesa noi sappiamo di non aver ancora conseguito la meta, non viviamo ancora pienamente il Vangelo, non applichiamo ancora alla perfezione le direttive del Concilio. Più abbiamo il senso dei nostri limiti e peccati personali, più ci terremo lontani da ogni sentimento di trionfalismo e accoglieremo ogni osservazione e suggerimento pertinente sulla nostra vita e il nostro ministero.


7. Umiliata davanti al Signore e riconciliata con lui e con se stessa, la Chiesa è in grado di perseguire, con libertà interiore, la sua missione specifica, che è di "suscitare nel cuore dell'uomo la conversione e la penitenza e offrirgli il dono della riconciliazione" (RP 23). Questo fa in molti modi, soprattutto attraverso la catechesi e i sacramenti a lei affidati da Cristo.

Nel momento attuale della vita della Chiesa, negli Stati Uniti come in tutto il mondo, è opportuno riflettere sul sacramento della Penitenza, con l'intenzione di rafforzare, in comunione con tutta la Chiesa, un approccio pastorale organico a una questione di così suprema importanza per la conversione e la riconciliazione del mondo.

L'esperienza generale dei Vescovi partecipanti al Sinodo e di altri in tutta la Chiesa rispetto alla pratica di questo sacramento è stata riassunta in questo modo: "Il sacramento della Penitenza è in crisi... Perché il sacramento della Confessione è stato travisato" (RP 28). Queste considerazioni non sono espressioni negative di pessimismo nè causa di allarme; sono piuttosto espressive di un realismo pastorale che richiede una riflessione pastorale positiva, una pianificazione e azione. Per la potenza del mistero pasquale di Cristo attivo in essa, la Chiesa è in grado di rispondere a tutte le crisi che incontra, compresa questa. Ma deve accertarsi di riconoscere le crisi e di fronteggiarle con i mezzi soprannaturali a sua disposizione.


8. In questa crisi, che diventa una sfida per la fedeltà della Chiesa, i Vescovi hanno una responsabilità particolare, che devono assumersi con unitaria efficacia.

In una materia così santa come questo sacramento, sforzi sporadici non sono sufficienti per superare la crisi. Per questo vi invito oggi, e attraverso voi tutti i Vescovi degli Stati Uniti, a elaborare un piano pastorale organico in ciascuna diocesi per ridare al sacramento della Penitenza il giusto posto nella Chiesa e rinnovarne la pratica in pieno accordo con le intenzioni di Cristo.

Un punto cruciale in questo processo di rinnovamento è "l'obbligo per i pastori di facilitare ai fedeli la pratica della confessione integra ed individuale dei peccati, che costituisce per essi non solo un dovere, ma anche un diritto inviolabile ed inalienabile, oltre che un bisogno dell'anima" (RP 33). In questo impegno i Vescovi hanno bisogno del sostegno e della collaborazione fraterna di tutti. Di particolare importanza sono gli sforzi concertati di tutti i membri della Conferenza episcopale nel ribadire che la "gravis necessitas" richiesta per l'assoluzione generale sia intesa nel senso indicato nel CIC 961. In diverse parti del mondo la crisi del sacramento della Penitenza è dovuta in parte a interpretazioni non ufficiali di quanto costituisce le condizioni di "gravis necessitas" stabilite dalla Chiesa. I Vescovi, non solo degli Stati Uniti ma di tutti i Paesi, possono dare un grande contributo pastorale al vero rinnovamento del sacramento della Penitenza, con lo sforzo continuo di fare il possibile per promuovere la giusta interpretazione del CIC 961. E' in gioco la questione del rapporto personale che Cristo vuole avere con ogni penitente e che la Chiesa deve difendere senza tregua. Nell'enciclica "Redemptor Hominis" ho parlato di questo rapporto che coinvolge diritti di ogni individuo e di Cristo stesso (cfr.RH 20).


9. In quanto Vescovi noi contribuiamo anche al vero rinnovamento incoraggiando fraternamente i nostri sacerdoti a perseverare nel loro incomparabile ministero di confessori. Questo vuol dire che essi devono per primi percorrere questo cammino di conversione e riconciliazione (cfr. RP 29). Anche in questo voi dovete essere di esempio. I sacerdoti sono destinati da Cristo a una grande pienezza spirituale nel compimento del "ministero della riconciliazione" (2Co 5,18), in una maniera unica e supremamente reale.

La riflessione sul sacramento della Penitenza come sacramento di conversione e riconciliazione aiuterà certo le persone e le comunità nella Chiesa a comprendere la vera natura del rinnovamento auspicato dal Concilio Vaticano II.

Il sacramento della Penitenza è attuazione della vittoria pastorale di Cristo, poiché è l'applicazione alla persona della sua azione riconciliatrice del cuore.

Senza un'appropriata pratica del sacramento della Penitenza ogni altra forma di rinnovamento sarà incompleta e, nello stesso tempo, la riforma e il rinnovamento delle strutture saranno limitati. Per questo il sacramento della Riconciliazione dimostrerà di essere una chiave per il progresso sociale e misura certa dell'autenticità di ogni rinnovamento nella Chiesa degli Stati Uniti e di tutto il mondo.


10. Mentre ci avviciniamo all'anno duemila, dobbiamo con sempre maggiore efficacia proclamare la pienezza della misericordia di Cristo e offrire al mondo la speranza che si fonda solo sul Salvatore pieno di amore e di perdono. Per compiere questo, siamo chiamati a fare il possibile per promuovere il sacramento della misericordia e del perdono, in accordo con il Concilio Vaticano II, le norme liturgiche della Chiesa, il Codice di diritto canonico e le conclusioni del Sinodo del 1983 espresse in "Reconciliatio et Paenitentia". Una meta così grandiosa non può essere conseguita senza il costante e rinnovato impegno collegiale dell'episcopato di tutto il mondo. Oggi, in particolare, questo impegno lo chiedo a voi e ai vostri fratelli Vescovi degli Stati Uniti. A ciascuno di voi e alle vostre Chiese locali: "Grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro" (1Tm 1,2).


Data: 1988-05-31 Data estesa: Martedi 31 Maggio 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Ai nuovi sacerdoti ordinati nella Basilica Vaticana - Città del Vaticano (Roma)