GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della santa Messa in onore di don Bosco - Torino

Omelia della santa Messa in onore di don Bosco - Torino

Titolo: Il grande carisma di don Bosco: il bambino visto nella prospettiva definitiva della vocazione di ogni uomo

Testo:


1. "Rallegratevi nel Signore, sempre, ve lo ripeto ancora rallegratevi" (Ph 4,4).

Questo invito di Paolo alla gioia viene accolto oggi dalla grande Famiglia Salesiana, e insieme con essa, da tutta la Chiesa, nella quale l'eredità spirituale del fondatore san Giovanni Bosco, è fortemente innestata.

Ci rallegriamo in questa solenne liturgia, che celebriamo qui, davanti alla Basilica di Maria Ausiliatrice, costruita da don Bosco in onore della Madre di Dio, ispiratrice e maestra di tutta la sua opera di educatore e fondatore. La Vergine Maria, che don Bosco vide spesso nei suoi "sogni" nell'atto di indicargli il campo del suo peculiare apostolato e camminare alla testa del "gregge" affidatogli dal Signore, è stata da lui spesso chiamata fondatrice e madre delle sue opere. Nell'Ausiliatrice egli vide, altresi, la risposta alle esigenze della Chiesa dei suoi tempi.

Noi ci rallegriamo insieme di questa eredità. Nello spirito della vera gioia e con animo grato a Dio festeggiamo il Giubileo salesiano. Cento anni fa don Bosco termino la sua vita terrena; e la sua dipartita da questa terra fu un passaggio alla vita nuova in Dio. Colui che, con tanta perseveranza aveva seguito le orme di Cristo crocifisso e risorto, lascio questo mondo per partecipare pienamente al mistero pasquale del suo maestro. E' partito da questa terra in concetto di santità, e la Chiesa presto ha confermato quest'opinione che egli aveva lasciato sulla santità della sua vita.

perciò noi celebriamo l'attuale ricordo della morte di san Giovanni Bosco nello spirito della gioia. "Rallegratevi", questo gaudio sia noto a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! (Ph 4,5).


2. Troppo bene e troppo universalmente è conosciuta la figura e la grande opera della sua vita, per ricordarla oggi dettagliatamente. Cerchiamo, piuttosto, di rileggere il messaggio della Chiesa racchiuso nell'odierna liturgia al fine di ritrovare in esso la "caratteristica" del santo educatore della gioventù.

Ci aiuta in questo, soprattutto, il testo del Vangelo di Matteo, che sembra essere singolare commento alla vita, alla vocazione, all'opera e alla santità di Giovanni Bosco. Anzi, si direbbe che questa vita, questa vocazione, la sua opera e la sua santità siano come un vivo commento alle parole dell'odierno Vangelo. Il nostro santo a Valdocco non era forse un uomo che si è pienamente ritrovato in questo testo di Matteo? Gesù dice agli apostoli: "Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 18,3).

E poiché precedentemente i discepoli avevano chiesto: "Chi è... il più grande nel regno dei cieli?" (Mt 18,1), ora Cristo dà loro la risposta: "Chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli" (Mt 18,4).


3. Il mistero del bambino viene profondamente iscritto nell'intera buona novella di Cristo, dato che essa, il Vangelo, è la viva parola del Figlio del Padre.

E' la rivelazione della figliolanza in Dio. Ed è, altresi, una chiamata, una vocazione rivolta agli uomini a partecipare a questa figliolanza, alla dignità dei figli di Dio: figli adottivi nel Figlio unigenito.

Il mistero del Figlio! Ed ecco, Cristo dice agli apostoli: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me!" (Mt 18,5).

Non inizia proprio qui, in questo passo, in questa frase, la vocazione di Giovanni Bosco? Accogliere un bambino in nome di Cristo! Non è stato forse questo il contenuto di tutta la sua vita, del suo apostolato, della sua opera? "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me".


4. Quanti bambini "ha accolto" durante la sua vita questo umile e zelante sacerdote torinese! E li ha accolti nel nome di Cristo.

E quale significato ha avuto per lui accogliere un bambino nel nome di Cristo? Per lui educatore significava impersonare e rivelare la carità di Cristo, esprimere il continuo e gratuito amore di Gesù per i piccoli e i poveri, e sviluppare in essi la capacità di ricevere e di donare affetto. San Giovanni Bosco aveva promesso a Dio che si sarebbe impegnato in favore dei giovani fino all'ultimo suo respiro, e nel presentare il suo "metodo preventivo" scrisse: "La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di san Paolo che dice: "Charitas benigna est, patiens est... omnia suffert, omnia sperat, omnia sustinet" (1Co 13,4-7)" ("Memorie biografiche di don Bosco Giovanni", XIII, 912-913).


5. "Ognuno procuri di farsi amare se vuol farsi temere. Egli conseguirà questo grande fine se con le parole e più ancora con i fatti, farà conoscere che le sue sollecitudini sono dirette esclusivamente al vantaggio spirituale e temporale dei suoi allievi" ("Regolamento per le Case della Società di san Francesco di Sales", in G. Bosco, Opere edite, XIX, 111-113).

La carità operosa e sapiente, riflesso e frutto della carità di Cristo, fu così per san Giovanni Bosco, la regola d'oro, la molla segreta che gli fece affrontare stenti, umiliazioni, opposizioni, persecuzioni, per dare ai giovani pane, casa, maestri e specialmente per procurare la salute delle loro anime; e che gli permise di aiutare i piccoli a compiere ed apprezzare "con slancio ed amore" gli impegni faticosi, necessari alla formazione della loro personalità (cfr. "Lettera da Roma sullo stato dell'Oratorio" in "Memorie biografiche di don Bosco Giovanni", XVII, 107-114).


6. Grande educatore della gioventù! Non è stato egli così grande, proprio perché fedele allo Spirito di Cristo? Allo Spirito di verità e di amore? "Ogni sapienza viene dal Signore ed è sempre con lui", proclama il libro del Siracide (Si 1,1). Proprio questa sapienza divina forma il programma del santo educatore di Valdocco.

E quando si parla del programma, sarebbe difficile non richiamarsi alle parole dell'Apostolo: "Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri" (Ph 4,8).

E tutto questo fate! "Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!" (Ph 4,9).


7. Fate tutto questo lasciandovi guidare da una grande fiducia in Dio, poiché "chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato ed è stato da lui trascurato?" (Si 2,10).

L'uomo che ama molto, deve avere un'enorme fiducia. L'uomo che lavora molto, deve permanere costantemente nella presenza di Dio. "Il Signore è clemente e misericordioso, rimette i peccati e salva al momento della tribolazione. Guai ai cuori pavidi e alle mani indolenti, e al peccatore che cammina su due strade!" (Si 1,11-12).

Si! E' passato qui, attraverso questa città, attraverso questa terra, l'uomo umile e fiducioso, e perciò anche forte, pieno di coraggio divino, di coraggio sacro nel vivere.


8. In tale spirito don Bosco ha educato i suoi collaboratori nelle comunità salesiane, e continua ad educarli ancora.

"Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della seduzione. Sta' unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita, sii paziente nelle vicende dolorose, perché con il fuoco si prova l'oro, e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Affidati a lui ed egli ti aiuterà; segui la via retta e spera in lui" (Si 2,1-6).

Vorrei raccomandare a tutta la famiglia salesiana, alla luce di questi testi sapienziali, di raccogliere con impegno generoso la missione ed il servizio per l'educazione giovanile ereditati da don Bosco.

Si tratta anzitutto di affrontare con coraggio e con animo pronto i sacrifici che il lavoro tra i giovani richiede. Don Bosco diceva che occorre essere pronti a sopportare le fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi, le mancanze, le negligenze dei giovani, per non spezzare la canna flessa, né spegnere il lucignolo fumigante (cfr. "Lettera da Roma sullo stato dell'Oratorio", in "Memorie biografiche di don Bosco Giovanni", XVII, 107-114).

Alla famiglia salesiana è affidato in modo speciale il compito di conoscere i giovani, per essere, nella Chiesa, animatori di un apostolato peculiare, orientato specialmente verso il servizio della catechesi. Occorrerà pertanto studiare attentamente il mondo giovanile, per aggiornare costantemente le linee pastorali appropriate, mettendo sempre in luce, con attenzione intelligente e amorosa, le aspirazioni, i giudizi di valore, i condizionamenti, le situazioni di vita, i modelli ambientali, le tensioni, le rivendicazioni, le proposte collettive del mondo giovanile nel suo costante evolversi (cfr. "Iuvenum Patris", 12).

E' compito peculiare dei figli di don Bosco incarnare una spiritualità della missione tra i giovani, avendo sempre presente che la personalità del giovane si modella sulla figura del suo educatore. I giovani sono sempre molto attenti ai loro maestri: non solo ai loro atteggiamenti esterni, alle loro esortazioni e richieste; ma soprattutto alla loro vita interiore, alla ricchezza della loro sapienza e carità soprannaturali.


9. Nel corso del colloquio con gli apostoli sul mistero del figlio nel regno di Dio, Cristo dice anche parole dure e minacciose.

Ecco, egli dice: "Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare" (Mt 18,6).

Dobbiamo riflettere seriamente su queste parole, osservando il contenuto sociale spesso amaro in cui vive oggi tanta parte dei giovani. Noi tutti rimaniamo sconcertati dall'enorme pressione che su di essi esercitano tante ideologie, numerose suggestioni, molteplici forze, organizzate nel creare gradualmente un clima di pensiero e di vita disancorato da ogni riferimento soprannaturale ed aperto a qualsiasi avventura intellettuale e morale.

Accanto a tanti sforzi per l'educazione dei giovani, esiste anche il lavoro assiduo di un' anti-educazione, che compromette il destino della gioventù, orientandola verso esperienze distruttive.

E' urgente vigilare ed operare, per liberare i giovani dai miti ricorrenti, dalle droghe ideologiche, dalle suggestioni devianti e dai mezzi che le diffondono.

La severa parola di Cristo ci sprona verso la via complessa, e forse molto lunga, che occorre percorrere per rieducare la coscienza morale dell'intera comunità civile alla luce del Vangelo, e per soccorrere tanti giovani nelle loro incertezze, nelle tensioni e nelle ispirazioni che si sottendono alle loro scelte ed ai loro atteggiamenti.


10. Ecco quindi ciò che Cristo dice alla fine: "Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli" (Mt 18,10).

Prima disse: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in mio nome, accoglie me". Ora dice: "Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli".

Lo stesso invito in due forme diverse: un invito ed insieme una premonizione. Tutti e due si completano reciprocamente. Indicano insieme il "mistero del bambino".. il mistero che non può essere espresso adeguatamente, se si separa il "bambino", il giovane, l'uomo in generale, da quella che è la sua vocazione definitiva. Proprio questa vocazione è custodita dagli angeli, che "vedono sempre la faccia del Padre... che è nei cieli". E ogni bambino, ogni giovane, ogni persona umana, deve arrivare a questa visione, alla visione di Dio "a faccia a faccia"! (cfr. 1Co 13,12). San Giovanni Bosco lo sapeva. Questo è stato il suo grande carisma: egli ha visto il "bambino" nella prospettiva definitiva della vocazione di ogni essere umano. La gloria di Dio è l'uomo vivente; (S. Irenaeus) la gloria di Dio è che l'uomo viva di vita eterna, della vita che è da Dio.

Lo sapeva il nostro santo di Valdocco. Questo è stato il suo grande carisma. In tale "conoscenza", in tale consapevolezza si è radicato il suo programma educativo.


11. Non si può educare diversamente l'uomo. Non si può educarlo pienamente, se non si conosce la sua fine definitiva e il suo destino.

Giovanni Bosco lo sapeva, e trasmetteva questa conoscenza agli altri.

Mediante tale conoscenza egli "accoglieva" ogni bambino, ogni giovane "in nome di Cristo". Accoglieva in lui Cristo stesso.

Dopo cento anni...

Che cosa possiamo dire dopo cento anni, mentre ci riuniamo nel luogo in cui questo santo ha vissuto ed operato? Che cosa possiamo dire? Caro santo! Quanto ci è necessario il tuo grande carisma! Quanto occorre che tu ci accompagni e ci aiuti a comprendere il mistero del bambino, il mistero dell'uomo, in particolare dell'uomo giovane! Caro san Giovanni! Benché tu ci abbia lasciato cento anni fa, sentiamo la tua presenza nel nostro "oggi" e nel nostro "domani".

Caro san Giovanni! Prega per noi.

Amen!


Data: 1988-09-04 Data estesa: Domenica 4 Settembre 1988




Al termine della celebrazione eucaristica - Torino

Titolo: "Rileggete il Vangelo attraverso la testimonianza di don Bosco"

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle torinesi.

Nel nome dl tutti i pellegrini, nel primo centenario della morte - che vuol dire chiamata alla vita eterna - del vostro concittadino san Giovanni Bosco, voglio esprimere la nostra gratitudine, di tutti i pellegrini, per la vostra accoglienza e la vostra ospitalità. Qui, a questo luogo significativo, che non si può dimenticare, veramente indimenticabile, a questo luogo pellegrina non solamente la grande famiglia salesiana maschile e femminile ma pellegrina tutta la Chiesa, pellegrina l'episcopato italiano rappresentato da tanti Cardinali e Vescovi e soprattutto dal presidente della Conferenza episcopale italiana, Cardinale Ugo Poletti. Pellegrina poi il collegio cardinalizio, rappresentato da tanti Cardinali, anche figli di don Bosco e provenienti da diversi popoli, ma soprattutto dal suo decano, il Cardinale Agnelo Rossi. E tutti diciamo alla vostra città di Torino: ti vogliamo bene! Ma, nello stesso tempo, la Chiesa in Italia, la Chiesa in tutto il mondo si domanda, deve domandarsi: perché questa effusione dello Spirito Santo, perché tanti santi moderni, della nostra epoca, del secolo scorso, perché tanti santi appunto qui in Torino? Ce lo domandiamo, e dovete domandarvelo anche voi, e soprattutto voi torinesi. Se leggiamo attentamente il Vangelo, le parole di Cristo, l'invio dei profeti era sempre legato nella economia divina, economia della salvezza, con la chiamata alla conversione. Che cosa vuol dire questo nei nostri tempi, nei nostri secoli? Che cosa vuol dire la presenza di san Giovanni Bosco, san Giuseppe Cafasso, san Leonardo Murialdo e tanti altri santi e sante qui a Torino? Certamente vuol dire la stessa cosa: la divina chiamata alla conversione.

Ti vogliamo bene Torino! Ti vogliamo bene, Torino, specialmente in questa solenne giornata commemorativa del tuo concittadino, di questo don Bosco. E appunto ti invitiamo alla riflessione: questo invio, questo segno vivo del Dio vivente, i tuoi santi, cominciando da san Giovanni Bosco, i tuoi santi recenti, moderni, ha portato e porta ancora oggi la conversione? Lascio la risposta a voi stessi. A voi stessi, a voi tutti: non solamente a questi che mi ascoltano qui presenti, ma a voi tutti, oltre due milioni di torinesi, lascio la risposta e vi invito a rileggere il Vangelo attraverso questa testimonianza che oggi abbiamo vissuto insieme: don Bosco, torinese, figlio di questa terra.

Carissimi, ancora una volta vi ringrazio per la vostra grande ospitalità. Sia lodato Gesù Cristo.


Data: 1988-09-04 Data estesa: Domenica 4 Settembre 1988




Recita dell'"Angelus" Santuario di Maria Ausiliatrice (Torino)

Titolo: Santa Maria Ausiliatrice ci aiuti a far nascere e crescere la fede nel cuore dei giovani

Testo:


1. Siamo qui a Torino-Valdocco davanti al Santuario di Maria Ausiliatrice, voluto dall'amore e dal coraggio di un santo.

Prima di iniziare la costruzione, don Bosco aveva detto: "La Madonna vuole che la veneriamo sotto il titolo di Maria Ausiliatrice: i tempi corrono così tristi che abbiamo proprio bisogno che la Vergine santissima ci aiuti a conservare e difendere la fede cristiana" ("Memorie Biografiche", 7, p. 334).

E quando il tempio fu inaugurato scrisse: "Un'esperienza di diciotto secoli ci fa vedere in modo luminosissimo che Maria ha continuato dal cielo e col più gran successo la missione di Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei cristiani che aveva incominciato sulla terra" (G. Bosco "Meraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice", Torino 1868, p. 45). Egli ci invita a saper vedere in Maria una presenza efficace di difesa e di aiuto, di intercessione e di servizio amoroso.


2. Il Concilio Vaticano II ci presenta Maria come modello della Chiesa per la sua ricchezza di grazia, la sua incrollabile testimonianza di fede, la sua maternità e la sua sollecitudine per la salvezza degli uomini. Ciò che Maria è personalmente in forma piena nella sua singolare unione con Cristo e nella comunione con la prima comunità degli apostoli, è pure la Chiesa lungo il pellegrinaggio dei secoli, fatta Corpo mistico di Cristo in tutte le latitudini.

In particolare la Chiesa dimostra la sua fisionomia mariana attraverso la generazione di Cristo nel cuore dei credenti e attraverso la solerte cura della loro crescita nella fede. La Chiesa è davvero Madre perché genera ed educa alla fede i suoi figli.

E' una maternità, quella della Chiesa, che ha bisogno di interpreti santi, docili e oranti come don Bosco; soprattutto quando si tratta di educare alla fede la gioventù.


3. Da questo Santuario mariano tanto significativo per i giovani rivolgo un appello ai genitori, ai presbiteri, alle persone consacrate ed agli educatori tutti, ricordando loro che hanno la vocazione d'interpretare con generosa donazione di sé la maternità della Chiesa per la nascita e la crescita della fede nel cuore dei giovani. Quante difficoltà trova oggi la gioventù al riguardo! E' una sfida preoccupante, tra le più urgenti e anche tra le più delicate e complesse. Non è un compito facile, ma è più che necessario.

Invito, pertanto, a guardare Maria, potente aiuto e materna guida degli educatori della fede.

Se ci affidiamo veramente a lei, sentiremo crescere in noi un atteggiamento di piena fiducia e capacità pedagogica e, insieme, un grande amore riconoscente, come ricambio della sua sollecitudine per la gioventù. Saremo portati a sentire più intensamente, guidati da "colei che ha creduto", il compito dell'educazione della fede, e a percepire più distintamente che l'azione della Chiesa nel mondo è come un prolungamento della maternità della Vergine piena di grazia.

In questo modo, la partecipazione alla missione della Chiesa si tradurrà in amore per Maria, stella dell'evangelizzazione, e in riconoscenza per il suo materno aiuto.


Data: 1988-09-04 Data estesa: Domenica 4 Settembre 1988




Con gli educatori nel Duomo - Torino

Titolo: Superare la distanza tra la civiltà umana e la fede cristiana e ripristinare l'alleanza tra la scienza e la sapienza

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo.


1. Sono particolarmente lieto di trovarmi tra voi in questa stupenda Cattedrale di Torino, in cui è simboleggiata e realizzata l'unità di questa arcidiocesi, molto cara al mio cuore. Essa infatti è quanto mai ricca di storia e di fedeltà, di laboriosità e di generosità per il Vangelo, di fede e di testimonianza di amore nell'eroica sequela di Cristo e nel servizio disinteressato a tutti i fratelli, ma soprattutto ai più poveri e bisognosi.

Vorrei ringraziare il vostro portavoce, che ha presentato la storia e la realtà della educazione in Torino, famosa per i nomi di tanti educatori, soprattutto di san Giovanni Bosco; e le ha presentate in modo così realistico e concreto.

Considero privilegiato questo incontro con voi, cari educatori impegnati nel mondo della scuola, lo considero privilegiato perché voi realizzate uno dei compiti più importanti e più delicati per il futuro della Chiesa e della società.

Esso s'inquadra, in quest'occasione, nella celebrazione del primo centenario della morte di san Giovanni Bosco, "padre e maestro della gioventù", "il missionario dei giovani" ("Messaggio di apertura del Capitolo Generale", 10 gen. 1984).

Celebrare un centenario è un avvenimento profondamente significativo.

Vuol dire custodire una preziosa eredità storica e spirituale e possedere la grazia di farla rifiorire. E' un invito a ritrovarci insieme per guardare ed approfondire la traiettoria di un uomo che, ispirato ed illuminato da Cristo, ha saputo vivere e diffondere con chiarezza il contenuto e la prassi di un nuovo stile di vita, vissuto alla luce del Vangelo.

A cent'anni di distanza, la Chiesa vuol riesprimere la testimonianza e la forza della fede di don Bosco nel valore dell'educazione come servizio urgente ed improrogabile per superare il dramma della rottura tra Vangelo e cultura (Pauli VI EN 20).


2. Sono venuto oggi tra voi per porre in evidenza la mia predilezione appassionata per la gioventù, per riaffermare, come ebbi occasione di segnalare dinanzi ai membri dell'UNESCO, che "il compito primario ed essenziale della cultura in generale, e anche di ogni cultura, è l'educazione. Questa consiste nel fatto che l'uomo diventi sempre più uomo, che possa "essere" di più e non solamente che possa "avere" di più, e che, di conseguenza, attraverso tutto ciò che egli "ha", tutto ciò che egli "possiede", sappia sempre più pienamente "essere" uomo" ("Lutetiae Parisiorum: allocutio ad eos qui conventui Consilii ab exsecutione internationalis organismi compendiariis litteris UNESCO nuncupati affuere", 11, die 2 iun. 1980: , III, 1 [1980] 1644).

Si, sono qui per dirvi di essere sempre più coscienti della missione affidatavi dai genitori per l'educazione dei loro figli! Essi hanno riposto in voi la loro fiducia. D'altra parte, la Chiesa vi considera come suoi cooperatori, nella formazione dei giovani e costruttori della dignità della persona.

A voi spetta di offrire ai giovani studenti la verità sull'uomo e di insegnare loro a vagliare le nuove conoscenze. Poche sfide sono così stimolanti come l'istruzione, soprattutto quella che si impartisce nell'ora di religione, e poche così difficili per la saggezza e la creatività profetica che sono loro richieste.


3. Come educatori e operatori scolastici, sperimentate le ambiguità e i gravi conflitti che caratterizzano l'attuale società. Come ebbi già ad osservare nella lettera per il centenario, "la situazione giovanile nel mondo d'oggi - a un secolo dalla morte del santo - è cambiata e presenta condizioni ed aspetti multiformi, come ben sanno gli educatori ed i pastori" ("Iuvenum Patris", 6).

Le profonde e numerose mutazioni scientifiche e tecnologiche che continuano a contrassegnare la nostra epoca hanno rotto la stabilità, con tutti i vantaggi e gli inconvenienti che presenta. Nel breve spazio di una generazione abbiamo potuto vedere cambiamenti enormi nei valori sociali e nelle situazioni economiche. La crisi che stiamo affrontando è la crisi dell'uomo strappato dal suo contesto e dalle sue relazioni.

Anche se "non mancano oggi tra i giovani di tutto il mondo gruppi genuinamente sensibili ai valori dello spirito, desiderosi di aiuto e di sostegno nella maturazione della loro personalità" ("Iuvenum Patris", 6), non sono estranee tuttavia ad essi le ambiguità, le antinomie e le contraddizioni che si manifestano, specialmente quando i giovani si trovano sommersi, minacciati e spesso schiacciati da un universo amorfo, unidimensionale e disumanizzante; quando i valori del Vangelo sembrano talora sopraffatti dalla povertà relazionale a tutti i livelli, dall'eccesso di informazioni contraddittorie e senza scale di valori, dalla mancanza di senso della vita e dall'angoscia per le incertezze dell'avvenire, dalla carenza di ideali, da un certo "lasciarsi andare" che può arrivare alla criminalità, al consumismo dannoso che corrode l'amore e isterilisce la vita.

A questo quadro complesso che condiziona non poco la gioventù, si aggiunge la crisi della scuola, spesso sofferente per la carenza di valori da porgere ai giovani e infeconda per generare sapienza e cultura, e della famiglia, in cui l'amore è talora soffocato.

Ecco una sfida che richiede un urgente impegno nell'opera educativa! Come maestri e formatori dovete cercare di affrontare con intelligenza creativa questi cambiamenti, che sono la situazione quotidiana del vostro servizio professionale e l'ambito della vostra testimonianza cristiana.


4. In questo mondo contemporaneo, Cristo vuole essere di nuovo presente con tutta la forza dirompente del suo mistero di amore. Vuole andare incontro all'uomo di oggi attraverso maestri e formatori che siano veri educatori, ricchi di una forte predilezione per i giovani, attinta da Cristo che possiede la verità sull'uomo, e dotati di una grande sapienza per umanizzare tutte le nuove scoperte (cfr. FC 8), e per restaurare l'armonia della persona.

Oggi il mondo ha bisogno, da una parte, di maestri dotati di un forte pensiero che possa riportare l'uomo al suo posto originale e, dall'altra, di formatori, ricchi di inventiva per superare la crescente distanza tra la civiltà umana e la fede cristiana e ripristinare l'alleanza tra la scienza e la sapienza (FC 8). Bisognerà allo stesso tempo arricchire il sapere, incitare all'azione solidale e risuscitare la vita interiore.

Si rende necessario pertanto ricuperare la coscienza del primato delle verità e dei valori perenni della persona umana, in quanto tale; affrontare con fermezza la sfida di dare un'educazione che nei suoi programmi miri più all'uomo e alla dignità della sua persona che alle cose, più alla ricerca della sapienza che alla materia.

E' necessario che i giovani delle vostre scuole imparino ad elevarsi.

Assaliti da un movimento sempre più rapido di stimoli esterni, come è possibile salvare la facoltà della concentrazione e la maturazione silenziosa della fede? Come illuminare le coscienze? Come insegnare a dialogare con se stessi? Come pensare alla propria dignità e a quella degli altri? Come coltivare ancora il senso dell'ammirazione e dell'attenzione che sono, in definitiva, la possibilità, che abbiamo a disposizione, per amare in profondità, con dedizione e rinuncia di sé? E' necessario per tutto questo riaffermare con don Bosco la convinzione che in ogni giovane ci sono energie di bene e qualità interiori che, se opportunamente stimolate, possono dare sapienza all'uomo.


5. A questo proposito, un aspetto fondamentale della vostra missione è di guidare i giovani a Cristo.

Cristo è il punto di costante riferimento del maestro cristiano. Solo Gesù Cristo è la risposta adeguata ed ultima alla domanda suprema circa il senso della vita e della storia. Ma non basta dirlo con le parole.

I vostri allievi devono percepire dalla testimonianza della vostra vita che l'uomo non ha senso al di fuori di Cristo; che Cristo è la vostra opzione suprema e il nucleo centrale di tutte le vostre iniziative. Insegnare non significa solo trasmettere le conoscenze che possedete, ma rivelare quello che siete, vivendo quello che la fede vi ispira.

Donarsi ai giovani e partire da essi significa appunto divenire capaci di leggere la condizione di questa società, tenendo conto del loro giusto punto di vista, e di esprimere il disagio che si siano generate una cultura e una società che invece di dedicarsi ad accoglierli, si concentra su altri interessi marginali.

Partite dai giovani! E' li il vostro campo di missione e il vostro laboratorio di cultura più prezioso. Siate missionari dei giovani! Andate fino al loro cuore! Scendete nella loro intimità spirituale! Coglierete, li, il fondo autentico di una personalità che si sente provocata ad uscire da sé, dalla propria misura, dai propri progetti, per aprirsi alla realtà trascendente di un grande destino.

Cercate di guardare i giovani con gli occhi stessi di Cristo. Pur nella consapevolezza delle deficienze che i giovani hanno, abbiate la convinzione che il Vangelo, se seminato all'interno del processo della loro formazione umana, li può condurre a impegnarsi generosamente nella vita.

Per questo privilegiate l'ora di religione! Datele priorità nelle vostre cure. In essa i giovani devono essere in grado di poter trovare Cristo e il suo Vangelo e sentire tutto il fascino della sua persona.


6. I giovani oggi sono attratti dai richiami che giungono loro dal mondo. Ma sono pure desiderosi di incontrare valori solidi e durevoli che possono dar senso e orientamento alla loro vita. Il messaggio salvifico del Vangelo dovrà dir loro dove possono trovare questo appoggio e la giusta direzione lungo il processo educativo. Questa missione certo è impegnativa. Richiede da voi un duplice senso di responsabilità: indirizzare la coscienza e l'esperienza del giovane verso il mistero di Cristo e mostrarvi voi stessi, allo stesso tempo, veri scultori di uomini, dotati di un alto senso di spiritualità.

Questa capacità di rivolgere lo sguardo a Cristo e questo senso spirituale sono la molla nascosta di tutta l'educazione e la cultura. E' in questa linea che l'insegnamento potrà, allo stesso tempo, coltivare il pensiero, arricchire l'azione e promuovere la vita interiore.


7. Don Bosco è un educatore santo che "propone la santità quale meta concreta della sua pedagogia" ("Iuvenum Patris", 5). "Proprio un tale interscambio tra "educazione" e "santità" è l'aspetto caratteristico della sua figura: egli è un "educatore santo", si ispira a un "modello santo", san Francesco di Sales, è discepolo di un "maestro spirituale santo", san Giuseppe Cafasso e sa formare tra i suoi giovani un "educando santo", Domenico Savio" ("Iuvenum Patris", 5).

Che grande esigenza quella dell'educatore di poter convincere ciascuno dei discepoli di essere chiamato alla santità! Preoccupatevi, dunque, anche di rendere visibile il Vangelo nella vostra vita quotidiana. Solo così potrete avere un coinvolgente influsso evangelico sugli alunni a cui insegnate.

Oggi è necessario riproporre il grande tema della santità. Gli obiettivi specifici dell'educazione cristiana che ci traccia il Concilio Vaticano II vanno in questa linea. Sono una vera sfida e descrivono con chiarezza il delicato lavoro educativo: "L'Educazione cristiana... tende soprattutto a far si che i battezzati, iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero della salvezza, prendano sempre maggior coscienza del dono della fede, che hanno ricevuto; imparino ad adorare Dio Padre in spirito e verità (cfr. Jn 4,23), specialmente attraverso l'azione liturgica, si preparino a vivere la propria vita secondo l'uomo nuovo, nella giustizia e santità della verità (Ep 4,22-24) e così raggiungano l'uomo perfetto, la statura della pienezza di Cristo (cfr. Ep 4,13) e diano il loro apporto all'aumento del corpo mistico" (GE 2).

Non posso fare a meno di ricordare con profonda gratitudine tutti quegli educatori, sacerdoti, religiosi e religiose, laici qualificati che, affrontando e superando non sempre facili problemi, sanno rendere incisiva e proficua la loro funzione educatrice.

Ringrazio quelli di loro che sono qui presenti. Nel salutarli cordialmente, intendo esprimere il mio incoraggiamento a questa iniziativa che mira ad un rinnovato impegno.

La Chiesa attribuisce fondamentale importanza alla scuola cattolica. Non esistono, oggi, forme alternative che possano sostituire con efficacia la qualità di un'educazione orientata verso la pienezza della vita cristiana, quale dovrebbe offrire una scuola cattolica preoccupata di tradurre in atto le proprie specifiche finalità; ossia, di essere un vero laboratorio di cultura che si ispira al Vangelo per un cammino da cristiani nel mondo d'oggi.

Di fronte ad un ambiente povero di relazioni, la scuola cattolica trasmette e rafforza il senso della comunità, della preoccupazione sociale e della solidarietà universale. La sua finalità, attingendo di continuo alle sorgenti del mistero di Cristo, è di preparare i giovani a sentirsi protagonisti della salvezza umana, impegnandosi concretamente con dinamismo apostolico, secondo il proprio stato, alle esigenze delle situazioni.

Il servizio rinnovato della scuola cattolica, oggi più che mai, è di liberare i giovani dal materialismo invadente e dall'edonismo ossessivo, per guidarli con bontà e fermezza verso le altezze della verità piena e dell'amore oblativo.


8. Faccio appello anche e soprattutto ai genitori, che sono i primi educatori e maestri dei propri figli.

E' a tutti noto quale importanza abbia avuto mamma Margherita nella vita di san Giovanni Bosco! Non solo ha lasciato nell'Oratorio di Valdocco quel caratteristico "spirito di famiglia" che sussiste ancor oggi, ma ha saputo forgiare il cuore di Giovannino a quella bontà e a quell'amorevolezza che lo faranno l'amico e il padre dei suoi poveri giovani.

E' maturato il tempo, ormai, delle associazioni dei genitori cristiani! Esse concorrono all'amicizia fra le famiglie e con gli educatori, ed aiutano i genitori a comprendere meglio le attuali mutazioni socio-culturali e ad utilizzare i metodi educativi più appropriati.

Cari educatori e genitori: la formazione cristiana delle nuove generazioni è in buona parte nelle vostre mani. Siatene consapevoli! Il Signore vi invita a riconoscere l'urgenza primaria della formazione dei giovani.

Vi assista Maria santissima, vostra maestra e guida; vi illumini con il suo materno intervento nel trasmettere la verità e nell'essere maestri di bontà e di coraggiosa testimonianza di fede. Vi accompagni anche la benedizione che noi, poveri pastori della Chiesa, vogliamo offrirvi alla fine di questo incontro.

Grazie per questa vostra buona accoglienza. Mi sono sempre, sentito, come Vescovo, un educatore fra gli educatori. E i gruppi con cui più avevo contatto durante le visite pastorali nelle parrocchie erano sempre educatori. E venivano spontaneamente, nonostante i divieti venuti dalla ideologia amministrativa. Si vedeva che l'educazione è superiore ad una ideologia che vorrebbe solamente ridurre tutto all'amministrazione: l'educazione non si riduce all' amministrazione. Io non vorrei diminuire l'importanza della parte amministrativa anche nell'educazione; ma voglio dire che l'educazione è sempre l'emanazione della paternità e della maternità. E così è legata alla famiglia, è legata a Dio Padre.

Cosa è la Sacra Scrittura? Un grande libro della educazione dell'umanità, di come Dio Padre ha saputo educare l'umanità, attraverso le diverse tappe, quelle conosciute dalla rivelazione, e infine attraverso la incarnazione di suo Figlio.

Ecco, preghiamo questo Padre, primo educatore di noi tutti.

[Dopo il canto del "Pater Noster" il Papa così prosegue:] Penso che questo discorso certamente era molto centrato sull'evento salesiano, possiamo dire, quello del centenario della morte di don Bosco. Era un po' anche centrato sulla realtà italiana, ma il problema che voi rappresentate è un problema universale. Io lo vedo, lo sento, incontrando i Vescovi di tutto il mondo: sia che si tratti del mondo ricco americano del nord, sia che si tratti, soprattutto, del mondo povero, del Terzo Mondo. Il problema principale è quello dell'educazione. E soprattutto il problema della educazione a livello dei seminari. Quanti Vescovi mi ripetono: "A noi mancano gli educatori, i formatori".

Perché si è creata una confusione nel mondo di quelli che erano formatori. E mancano i formatori: proprio i formatori di questi indigeni non sono ancora maturi. Naturalmente sempre supplisce la formazione fondamentale che viene dalla famiglia; ma per andare avanti, per una inculturazione, per lo sviluppo della Chiesa, dell'evangelizzazione, soprattutto con una Chiesa indigena, sono necessari i seminari, sono necessari i formatori. E' un problema mondiale e penso non solamente nel campo della Chiesa, ma anche nel campo delle società civili. Non si può educare se non nella verità e nell'amore. Allora, educatori sono quelli che sono capaci di rappresentare questi valori: verità e amore. E se ci sono tali educatori, i giovani seguono. Non solamente seguono: non è importante che seguano, perché possono seguire anche quelli che portano ideali falsi; ma soprattutto è importante quello che seguono sviluppandosi nella loro umanità, nella loro cristianità. E' un problema mondiale. E voi, carissimi fratelli e sorelle educatori, dovete molto pregare per gli educatori di tutta la Chiesa, di tutto il mondo. Direi che questo è fra i problemi principali della Chiesa: si parla di "sollicitudo socialis", ma se voi leggete dentro la "Sollicitudo Rei Socialis", dentro c'è il problema dell'educazione. Perché il progresso di cui si parla, lo sviluppo, è finalmente progresso dell'uomo come tale, della persona umana; e di questo si parla adesso, cioè dell'educazione. Non attraverso l'economia: l'economia si, può aiutare, ma può anche danneggiare, può distruggere. Vi ringrazio per la vostra attenzione.


Data: 1988-09-04 Data estesa: Domenica 4 Settembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Omelia della santa Messa in onore di don Bosco - Torino