GPII 1988 Insegnamenti - Saluto a marinai britannici - Città del Vaticano (Roma)

Saluto a marinai britannici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Siate sempre al servizio della pace"

Testo:

Cari amici.

Molti cordiali saluti a voi, ufficiali ed equipaggi delle HMS Intrepid e HMS Euryalus. E' un piacere ricevervi in Vaticano. Saluto in particolare l'ammiraglio sir Julian Oswald, comandante in capo della flotta e lady Oswald.

La vostra presenza qui oggi richiama le parole del salmista: "Coloro che solcavano il mare sulle navi / e commerciavano sulle grandi acque, / videro le opere del Signore, / i suoi prodigi nel mare profondo" (Ps 107[106],23-24).

In questo passo della Bibbia, vediamo come l'esperienza di andar per mare può aiutarci a riflettere sulla potenza di Dio e le meraviglie della sua creazione. Ci può spingere a una maggior consapevolezza della presenza di Dio negli eventi umani e nella nostra vita di ogni giorno. Mi auguro che questo sia avvenuto per ciascuno di voi durante il servizio nella Reale Marina. Prego che il vostro adempimento del dovere, sempre al servizio della pace, vi abbia aiutato ad approfondire la vostra fede e l'amore di Dio. Perché, alla fin fine, questa è la cosa più importante nella vita. Come dice san Paolo: "Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!" (1Co 13,13).

Preghero per voi e i vostri cari, perché il Signore vi rafforzi nella fede, la speranza e la carità. Perché riempia il vostro cuore con abbondanza di gioia e di pace.

Il Signore sia con tutti voi.


Data: 1988-11-19 Data estesa: Sabato 19 Novembre 1988




A un gruppo di lavoratori dell'ENEL - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il progresso tecnico sia anche espressione di promozione umana e di solidarietà spirituale

Testo:

Egregi signori.


1. Sono lieto d'incontrarmi con voi, rappresentanti dell'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica (ENEL), convenuti a Roma per ricordare il venticinquesimo anniversario della fondazione del vostro istituto.

Saluto il Cardinale Ugo Poletti e il vostro presidente, dottore Franco Viezzoli: li ringrazio vivamente per le calde espressioni di omaggio a me rivolte a nome anche del personale e di tutti i presenti. Nel ricordo dell'incontro avuto a Civitavecchia, saluto unitamente a monsignor Girolamo Grillo, Vescovo di quella diocesi, tutti voi, dirigenti, amministratori, impiegati, operai e famiglie, che siete venuti da ogni regione d'Italia in rappresentanza di quanti operano nel settore in tutto il territorio nazionale.

Venticinque anni costituiscono un periodo sufficiente per compiere i primi bilanci, sia al fine di rivedere il quadro delle realizzazioni e delle eventuali carenze, sia per sottolineare l'impegno su quello che resta ancora da fare. Dalle parole del presidente è stata messa soprattutto in rilievo la volontà dell'Ente di portare l'energia nelle zone più depresse e di venire incontro alle crescenti richieste della comunità nazionale.

Al termine delle manifestazioni dell'anniversario, che hanno offerto al Paese l'opportunità di avere davanti un panorama più preciso delle vostre molteplici attività, voi avete chiesto di ascoltare anche la parola del Papa, per trarne motivo d'incoraggiamento e di riflessione.


2. Volentieri ho acconsentito al vostro desiderio. Vi esorto a ben continuare nel vostro lavoro che rappresenta uno dei servizi sociali di primaria importanza, insostituibile nell'organizzazione moderna della società e nello sviluppo dei rapporti umani. Industria, agricoltura, commercio, turismo, cultura presuppongono oggi l'utilizzazione dell'energia elettrica su vastissima scala. Se si blocca l'energia si ferma tutto il complesso delle attività così come si articolano nelle loro più diverse dimensioni. Il progresso contemporaneo è il risultato del motore, ed il motore è a sua volta messo in moto dalla forza elettrica. Fornire energia significa stare al servizio della comunità.

Voi sapete quanto la Chiesa incoraggi gli sforzi di adeguare alle esigenze delle popolazioni le prestazioni dei servizi sociali, e come non manchi di intervenire, nei modi che le sono propri, e di denunciare le situazioni d'ingiustizia e di arretratezza.

Vi auguro che possiate immettere nel vostro impegno quello spirito di amore per il prossimo, senza il quale il progresso rimarrebbe a livello soltanto tecnico, puramente materiale e numerico. Se nel vostro servizio saprete guardare all'uomo, in quanto uomo e in quanto fratello, partecipe dei beni creati dall'unico Padre, allora il vostro lavoro si eleverà qualitativamente e contribuirà a che il progresso materiale e tecnico diventi anche espressione di promozione umana e di solidarietà spirituale.


3. Ma dire energia elettrica è dire anche forza, luce e calore. Questa energia mirabile, alla quale la scienza non ha ancora strappato tutti i segreti, appartiene all'ordine della materia, ma, per quanto è dato sapere sulla struttura infratomica, è una realtà che ci avvicina allo spirito, e meglio di altre lo prefigura.

La filosofia infatti presenta Dio sotto l'immagine del primo Motore immobile. E Dante, che si richiama a quella concezione, dà inizio alla cantica del paradiso con la famosa terzina: "La gloria di colui che tutto muove / per l'universo penetra e risplende / in una parte più o meno altrove".

Senza dubbio Dio risplende con tutto il fulgore della sua luce spirituale e col calore del suo amore, senza di cui il mondo sarebbe freddo e senza vita.

Vi auguro di avere sempre in voi e nelle vostre famiglie il conforto di questa luce, che è Cristo, come egli stesso ci ha rivelato: "Io sono la luce del mondo; chi viene dietro a me, non cammina nelle tenebre" (Jn 8,12). La sua grazia santificante vi illumini e vi conforti nel vostro lavoro e nelle importanti decisioni della vostra vita! Nel suo nome vi benedico ed auguro ogni bene.


Data: 1988-11-19 Data estesa: Sabato 19 Novembre 1988




Al Presidente del Consiglio dei ministri d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Visita ufficiale del Presidente del Consiglio dei ministri d'Italia

Testo:

Signor Presidente del Consiglio.

Sono lieto di questo incontro e le porgo il più cordiale benvenuto, che desidero estendere a tutte le distinte personalità che la accompagnano.

La sua visita mi offre la gradita opportunità di rivolgere un deferente saluto al signor Presidente della Repubblica ed agli illustri membri del governo, che ella presiede. In pari tempo, il mio pensiero abbraccia l'intera nazione italiana, del cui singolare legame ed attaccamento al successore di Pietro ricevo quotidiana testimonianza, qui in Roma come nei viaggi pastorali nelle diverse diocesi del Paese.

La società italiana attraversa, oggi, un periodo contrassegnato da una vivace crescita civile, culturale ed economica. Emergono nell'articolazione del tessuto sociale nuovi e promettenti dinamismi di partecipazione, di dialogo e di corresponsabilità, ai quali non sono estranei il lievitare di una più sensibile coscienza etica nella gioventù, il rifiorire del senso religioso ed un crescente impulso di solidarietà, che è determinato anche dall'esperienza del volontariato.

Tutto ciò non può non incontrare, da parte della Chiesa, apprezzamento ed incoraggiamento.

Per contro, antichi e nuovi problemi restano ancora senza adeguata soluzione. Gran parte di essi investono anche la sfera della missione pastorale della Chiesa. Conosco la sensibilità, l'attenzione e l'impegno che il governo che ella presiede dedica alla promozione del bene comune ed al superamento delle situazioni di tensione e di disagio; d'altro canto, desidero ricordare la cura con cui la Chiesa cattolica in Italia vi apporta il suo contributo generoso, non di rado in significativa convergenza d'intenti e d'azione con cittadini di altre convinzioni e con organismi di differente aspirazione.

Una prima spontanea annotazione riguarda la diminuzione del senso morale in larga parte della popolazione ed i concomitanti fenomeni del degrado del costume, che sempre meno sembrano suscitare quelle reazioni che sarebbe legittimo attendersi da un Paese di tradizione cristiana come è l'Italia.

Nell'ambito di quella che si è soliti chiamare "questione morale", affatto preminente appare il dovere di affermare senza esitazioni la dignità della persona e la sacralità della vita umana. Fedele al mandato ricevuto dal divin fondatore, la Chiesa proclama e difende il principio della intangibilità della vita, che è dono di Dio. Il rifiuto di questo dono, come pure talune manipolazioni o sperimentazioni sulla vita umana da parte di una tecnologia priva di norme etiche non possono non essere fermamente respinti come contrari alla legge divina ed alla stessa dignità umana. La difesa della vita si estende a tutto l'arco della giornata terrena dell'uomo e si esprime in ogni iniziativa atta a proteggerne ed a promuoverne la qualità, nella cura rivolta al debole, all'infermo ed all'anziano.

Non poca rilevanza sotto il profilo morale rivestono, poi, alcune situazioni di ingiustizia e di sofferenza, soprattutto le cosiddette "nuove povertà", l'insufficienza degli istituti assistenziali, l'inquietante dilagare della tossicodipendenza e della criminalità collegata,le condizioni spesso precarie in cui versano ancora immigrati da altre nazioni, soprattutto dai Paesi in via di sviluppo. Sono questioni di grande portata e complessità, alle quali non è agevole trovare soluzioni soddisfacenti e definitive. E' tuttavia motivo di speranza costatare che all'opera delle pubbliche istituzioni si affiancano iniziative di associazioni - in buon numero cattoliche - che meritano riconoscimento e sostegno.

Del resto, ogni componente della società deve responsabilmente farsi carico di tali problemi. Un ruolo del tutto particolare spetta pero alla famiglia, il cui valore da sempre il popolo italiano ha tenuto in grande considerazione e che è stata inesausta fonte di risorse morali e religiose. La famiglia è oggi sottoposta a spinte disgregatrici, che rischiano di comprometterne - soprattutto nella coscienza dei giovani - l'unità, l'indissolubilità e la stessa missione di educazione dei figli. Sostenere, favorire, difendere la famiglia, anche attraverso adeguate scelte di politica sociale, significa garantire il futuro stesso della nazione.

Signor Presidente del Consiglio.

Il recente accordo concordatario, che ha inaugurato una nuova fase dei rapporti istituzionali tra Chiesa e Stato, si apre con l'affermazione del reciproco impegno a collaborare per la promozione dell'uomo e per il bene del Paese.

L'odierno incontro mi offre l'occasione di assicurarle la ferma volontà della Chiesa di proseguire, con lealtà e disinteresse, in questa proficua collaborazione. Essa ha infatti coscienza di svolgere un ruolo attivo nella vita della società e di portarvi il suo specifico contributo di valori, di idee e di forze, che attinge al messaggio evangelico ed alla memoria di una tradizione religiosa, che ha segnato pagine luminose della storia nazionale.

Importanti passi in avanti sono già stati compiuti sul nuovo cammino ed ho ragione di ritenere che, nonostante qualche inevitabile difficoltà, possa esserci, da entrambe le parti, giusta soddisfazione.

Ella mi consentirà, a questo proposito, di ricordare con gratitudine l'opera svolta dalla Conferenza episcopale italiana, alla quale gli accordi attribuiscono speciali e dirette responsabilità. I Vescovi italiani, sia nell'attuazione concreta delle norme concordatarie, sia, più in generale, nell'animare e guidare le loro comunità nel rinnovato impegno per il bene comune, hanno dato eloquente prova di grande dedizione e di profondo senso di responsabilità, non solo pastorale, ma anche civica, che nessuno potrebbe legittimamente disconoscere.

Essi hanno, peraltro, la consolazione di trovare una rispondenza sempre più volenterosa da parte dei loro fedeli. Vorrei menzionare, in particolare, l'insegnamento della religione nelle scuole, contemplato dall'accordo e regolato dalla successiva intesa. I giovani e le loro famiglie hanno liberamente compiuto la scelta di avvalersene in proporzione talmente maggioritaria, che riuscirebbe assai difficile attribuire il fenomeno a motivazioni contingenti.

La Chiesa guarda con sincero rispetto a quanti professano una diversa fede o ideologia, ma non può, senza mancare di proprio dovere, più che rivendicando il proprio diritto, non tutelare con serena fermezza il legittimo desiderio dei genitori cattolici e dei giovani che intendono integrare la loro formazione con i valori del cristianesimo, che appartengono al patrimonio spirituale e culturale della nazione italiana.

Su altri punti di comune interesse i contatti tra Chiesa e Stato sono tuttora in corso, come esplicitamente previsto dal testo pattizio; in altri settori, da questo non presi in considerazione, prosegue un positivo dialogo nel quadro di una feconda collaborazione. La Chiesa altro non chiede che una reale libertà e persegue un clima di leale concordia per un servizio comune, che risponda nella migliore misura possibile alle attese non soltanto dei suoi fedeli, ma di tutti i cittadini.

Signor Presidente del Consiglio.

La Santa Sede segue con costante attenzione e viva simpatia l'opera svolta dall'Italia, nelle diverse istanze internazionali, in favore della pace, del rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dell'uomo - tra cui la libertà di coscienza e di religione - e per la costruzione di un ordine internazionale più rispettoso delle esigenze della giustizia e della solidarietà.

Fra i problemi che giustamente richiamano l'attenzione dell'Italia, anche come potenza mediterranea, si distacca quello del Medio Oriente, ove una conflittualità dolorosa e ormai endemica semina lutti e divisioni, ponendo un'intollerabile ipoteca sul futuro di interi popoli e mettendo a repentaglio la sicurezza e la pace del mondo. Il contributo del governo italiano corrisponde alle attese ed alle esigenze di tante popolazioni, che guardano con fiducia anche alla paziente opera dell'Italia in favore della pace.

Nè potrei dimenticare il fattivo apporto che l'Italia ha dato, sin dagli inizi, al processo di unificazione dell'Europa. Importanti scadenze dell'integrazione comunitaria si annunciano in tempi brevi. Ma al di là dei termini tecnici e delle determinazioni pratiche, ritengo doveroso esprimere il cordiale appoggio della Santa Sede alla costruzione di un'Europa unita. Per raggiungere tale fine, i cattolici d'Italia, come degli altri Paesi del continente, hanno svolto un ruolo decisivo, evidenziando l'antica comunanza di radici cristiane e la ricca eredità di comuni valori culturali e morali. E' su questi fondamenti che l'Europa unita potrà essere un centro propulsore di solidarietà e di pace nel concerto delle Nazioni.

Desidero, infine, rammentare il meritorio impegno che - soprattutto negli ultimi anni - vede l'Italia tra i convinti protagonisti della cooperazione ai Paesi in via di sviluppo. Sarebbe superfluo sottolineare quanto ciò stia a cuore della Chiesa cattolica, da sempre particolarmente sensibile ai bisogni dei popoli meno fortunati; del resto, il governo si è avvalso, in numerose circostanze, della collaborazione di missionari e di organizzazioni ecclesiali di volontariato internazionale. L'azione volta alla promozione del progresso dei popoli, in spirito di solidarietà, rende onore all'Italia ed a coloro che ne reggono le sorti.

Signor Presidente del Consiglio.

Il Vescovo di Roma non può non sentire l'Italia come particolarmente sua, per i singolarissimi legami fra di essa e questa Sede apostolica. E' perciò con affetto di predilezione ch'io formulo per questa nazione un sincero auspicio di pace, di benessere e di progresso. Di gran cuore, porto questo augurio nella mia preghiera ed invoco sul Capo di Stato, su di lei e su quanti hanno responsabilità nella vita sociale, come su tutti gli italiani, l'abbondanza delle benedizioni di Dio.


Data: 1988-11-19 Data estesa: Sabato 19 Novembre 1988




Beatificati nella Basilica vaticana tre religiosi martiri e una madre fondatrice - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Adoriamo Cristo Re elevando alla gloria degli altari i suoi seguaci che hanno dato prova di essere "dalla verità"

Testo:


1. Gesù Cristo è "il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra" (Ap 1,5).

Il libro dell'Apocalisse ci introduce nell'odierna solennità di Cristo Re, che è come il "coronamento" liturgico dell'intero anno ecclesiastico.

Durante quest'anno abbiamo potuto approfondire e consolidare, di giorno in giorno, il convincimento espresso dall'autore dell'Apocalisse, l'apostolo Giovanni, nelle ulteriori parole: Gesù Cristo è "Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, e ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre" (Ap 1,5-6).

La solennità del Re è nello stesso tempo la solennità del Regno. Questo ha il suo inizio nel sangue del Re crocifisso. E' il sangue della redenzione del mondo. Mediante il sacrificio della sua vita, Cristo ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre.


2. Quando Gesù di Nazaret venne portato davanti al tribunale del procuratore romano, Ponzio Pilato, questi gli pose la domanda: "Tu sei il re dei Giudei?" (Jn 18,33). Questa domanda, dal punto di vista dell'uomo che rappresentava gli interessi di Cesare e la ragione di stato dell'impero romano, rivestiva un'importanza capitale.

Pilato fece questa domanda, perché gli accusatori di Gesù avevano avanzato davanti a lui proprio una tale incriminazione.

Alla domanda, Cristo dà una risposta negativa. Non è Re nel senso in cui lo si è accusato: "Il mio regno non è di questo mondo... non è di quaggiù" (Jn 18,36).

Questa risposta spiega la nuova domanda di Pilato: "Dunque tu sei re?" (Jn 18,37).

Ed ecco la risposta di Gesù: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità.

Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce" (Jn 18,37).


3. Oggi, in questa Basilica di san Pietro, adoriamo Cristo Re.

Colui che eternamente è "il testimone fedele". Colui che è venuto "nel mondo per rendere testimonianza alla verità".

Lo adoriamo elevando alla gloria degli altari i suoi discepoli e seguaci: coloro che hanno ascoltato la sua voce. E con tutta la loro vita hanno dato prova di essere "dalla verità".

Sono diventati testimoni di quello che egli stesso è: "il testimone fedele".

Ecco i loro nomi: Liberat Weiss, Samuele Marzorati, Michele Pio Fasoli, tutti Frati Minori francescani, e madre Katharine Drexel, fondatrice delle Suore del Santissimo Sacramento per gli indiani e la gente di colore.


4. Nel tempio eterno del Signore gli rendono gloria (cfr. Ps 93[92],5) i nuovi beati. Tra essi i tre degni seguaci di san Francesco, i quali hanno amato il Cristo sopra ogni cosa e, per lui, hanno saputo amare la croce redentrice e tutti gli uomini.

I martiri Liberat, Samuele e Michele Pio hanno meritato di stare per sempre accanto al "saldo trono" (cfr. Ps 93[92],2) del Re dell'universo, ammantato di splendida luce e cinto di potenza, perché hanno lasciato tutto, anche la vita terrena per servirlo.

Il consegnare la propria esistenza sino all'effusione del sangue fu per essi la risposta generosa alia vocazione, con la quale Cristo li chiamava a partecipare all'offerta che egli aveva fatto di se stesso al Padre.

Il loro martirio fu il supremo gesto di amore forte e di fede tenace, con cui, unendosi alla testimonianza dell'Agnello immolato, hanno confermato la verità che salva e rende capaci di amare Dio ed il prossimo con la stessa carità di Gesù.


5. Lo zelo e la dedizione con i quali Liberat, Samuele e Michele Pio hanno risposto alla chiamata del Redentore li fece crescere in familiarità interiore con lui. Essi riconobbero sempre più chiaramente la loro vocazione ad annunciare agli altri uomini la buona novella. In questo erano consapevoli di prendere parte nel modo più elevato alla signoria regale di Cristo, facendosi, come lui, testimoni della verità e servitori dei fratelli e delle sorelle. Nell'annuncio della buona novella essi non si servirono di "discorsi persuasivi di sapienza"; essa era assai più collegata "alla manifestazione dello Spirito e della sua potenza" (1Co 2,4).

perciò essi non esitarono a suggellare con il sangue la loro missione. La dedizione di sè senza riserva è la conferma più convincente della novella annunciata con le labbra. Essa fa risplendere la testimonianza nella sua totale purezza, per cui ai fratelli e alle sorelle viene posto dinanzi agli occhi soltanto Cristo, che dall'alto della croce regna sul mondo.

In Cristo la sublime potenza dell'amore di Dio si abbassa verso gli uomini. Essa volge la loro volontà e dispone i loro cuori alla comprensione reciproca, alla concordia e alla pace. Profondamente convinti di non essere padroni di ciò che possedevano, i santi martiri si concepirono come amministratori e annunciatori dei doni ricevuti da Cristo. Da lui si sapevano inviati alle stirpi dei popoli in Etiopia. In spirito di considerazione fraterna e di disposizione al dialogo, ma anche con fermezza e assoluta fedeltà di coscienza, essi annunciarono agli uomini la fede cattolica. Con carità ammirevole e dedizione disposta al sacrificio divennero testimoni viventi della Chiesa e della redenzione operata attraverso Gesù Cristo. Nella loro opera missionaria, nella loro sofferenza e morte i martiri Liberat, Samuele e Michele Pio sono esempi luminosi di come la verità può essere annunciata e vissuta senza con ciò ferire l'amore.


6. La celebrazione del martirio di questi francescani ci ricorda anche i periodi durante i quali le relazioni tra la Chiesa cattolica e la Chiesa etiopica erano difficili. La fraternità, che avrebbe dovuto regnare tra due Chiese sorelle, era allora turbata da gravi, reciproche incomprensioni causate dall'ignoranza del linguaggio degli uni e degli altri, dalla differenza di cultura e da varie circostanze. La Chiesa cattolica, dopo aver approfondito la sua contemplazione del disegno di Cristo durante il Concilio Vaticano II, si è con risolutezza impegnata a percorrere il cammino ecumenico. Con un rinnovato slancio di carità, essa ha chiaramente espresso i principi di questo suo impegno nel Decreto conciliare sull'ecumenismo, rinnovando la sua comprensione dei legami di comunione che l'uniscono alle altre Chiese. Essa ha intensamente ricercato la collaborazione con gli altri cristiani e ha operato affinché sia esaudita la preghiera di Cristo per i suoi discepoli (cfr. Jn 17,21).

Rilevo con gioia come oggi i legami di fraternità tra i cristiani di Etiopia siano più profondi e come essi conducano, in particolare, ad una collaborazione tesa ad alleviare le pene di chi soffre. Possano i nuovi beati e tutti i santi del cielo intercedere presso il Signore affinché in tale Paese, dove da tanti secoli i cristiani hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo fino a dare la vita per lui, vivano tutti nell'unità di fede e di amore.


7. "Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Jn 18,37). Queste parole di Gesù descrivono i santi. Con particolare precisione descrivono Katharine Drexel che oggi ho beatificato. Ella fu una donna di fede viva, profondamente coinvolta con la verità rivelata da Cristo, verità che conosceva molto bene perché sempre ascoltava la voce di Cristo. E per questo indubbiamente ha colto quelle verità fondamentali che sfuggivano a molti suoi contemporanei, tra cui la verità relativa alla pari dignità e valore di ogni essere umano, indipendentemente dalla razza o dalle sue origini etniche. Ai suoi tempi, gli indiani e i neri d'America erano vittime di gravi ingiustizie a causa delle discriminazioni razziali. Ben consapevole del male radicato in quel contesto, si impegno con determinazione per combatterlo e sconfiggerlo.

Il suo impegno maggiore si concentro sull'evangelizzazione, soprattutto attraverso la fondazione di scuole cattoliche. Quale modo migliore per superare i terribili effetti del razzismo e per aiutare efficacemente questi fratelli e sorelle in difficoltà? Ella voleva dar loro una educazione completa, integrale, tale da rafforzare e approfondire la loro fede, speranza e carità e insieme aiutarli a conquistare il loro posto nella società.

L'impegno di Katharine fu sostenuto dalla profonda convinzione che la verità rende l'uomo libero, la pienezza di verità che si trova in Gesù Cristo. E per questo, nella sua vita, fu sempre ardente dal desiderio di approfondire l'amore per Gesù, che riceveva e adorava ogni giorno nell'Eucaristia. La sua unione con Cristo Re le diede fiducia che qualsiasi cosa, fatta nel suo nome, avrebbe portato molto frutto per il regno di Dio.


8. Questo stesso amore per Gesù condusse Katharine ad accettare la vocazione alla vita religiosa, vocazione suggerita a lei dapprima dal mio predecessore, il Papa Leone XIII. Katharine era venuta a Roma per chiedere al Papa dei missionari per le scuole che stava fondando tra gli indiani americani. Con sua grande sorpresa Papa Leone le chiese di prendere in considerazione di farsi lei stessa missionaria.

Dopo un po di tempo e dopo aver riflettuto e pregato, si convinse che il Signore davvero la chiamava a mettere tutta la sua vita e la sostanziosa eredità familiare al servizio del Vangelo, fondando una congregazione religiosa intitolata all'Eucaristia e impegnata nell'evangelizzazione degli indiani e dei neri d'America.

Madre Katharine Drexel non era una anima timida. Cristo Re era il suo sposo ed ella bramava imitarlo. Come Cristo aveva fronteggiato Pilato parlandogli a nome della verità, così ella, serva e amica dilettissima, avrebbe combattutto con coraggio per i diritti degli oppressi. E avrebbe preso iniziative per dare una educazione di alto livello ai negletti della società.

Come il Salvatore, anch'essa raccolse molti discepoli intorno a sé per lavorare insieme a lei nel suo impegno missionario. Tra questi le Suore del Santissimo Sacramento, che fondo e che oggi portano avanti l'eredità del suo carisma. Davvero con il suo esempio ella ci sprona ad "ascoltare la voce" del Re eucaristico e "dare testimonianza alla verità nella carità".


9. La Chiesa sta oggi dinanzi a Cristo Re e dice: Ecco il tuo Regno.

Ecco coloro dei quali tu stesso hai fatto "un regno di sacerdoti per il tuo Dio e Padre".

I beati! E beato è il tuo Regno che viene per mezzo di essi: Cristo, tu regni in essi e i tuoi insegnamenti sono degni di fede (cfr. Ps 93[92],5).

In essi risplende il tuo potere, che è eterno e "non tramonta mai". Il tuo potere che "non sarà mai distrutto" (cfr. Da 7,14).

In essi hai posto la "tua casa", alla quale si addice la santità "per la durata dei giorni, Signore" (cfr. Ps 93[92],5).

Cristo, Figlio dell'uomo, secondo le parole della profezia di Daniele.

Ognuno ti vedrà. Ti vedranno quelli che ti trafissero (cfr. Ap 1,7), quando con il tuo sangue ci hai liberati dai nostri peccati e hai fatto di noi un regno di sacerdoti per il tuo Dio e Padre.

Tu sei - insieme con il Padre tuo e con lo Spirito Santo - il Dio vivente. "Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!" (Ap 1,8).

L'Alfa e l'Omega (Ap 1,8).

Beato il tuo regno! Beato nei beati! Amen.


Data: 1988-11-20 Data estesa: Domenica 20 Novembre 1988




L'"Angelus" nella solennità di Cristo Re - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristo con la sua vittoria sul male porterà a termine l'edificazione del Regno

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. La domenica odierna conclude il ciclo dell'anno liturgico ed è significativamente dedicata a Cristo Re dell'universo, quasi a prefigurare la conclusione della storia terrena con l'avvento finale e glorioso del Signore risorto. Egli, con la sua vittoria su tutte le forze del male, porterà a termine l'edificazione di quel "Regno di Dio" che ha già avuto inizio quaggiù nella realtà della Chiesa pellegrina e militante.

Questa bella solennità, che ci porta ad allargare il nostro sguardo di fede alle prospettive future della finale rigenerazione del mondo e della definitiva liberazione degli eletti, fu istituita, come è noto, da Papa Pio XI nel 1925 con l'enciclica "Quas Primas".


2. Guardando a Cristo, Re dell'universo, il cristiano è invitato a non lasciarsi intimorire dalla conturbante esperienza del male. A volte infatti sembra che le forze dell'errore debbano trionfare su quelle della verità, l'ingiustizia sulla giustizia, la divisione e la guerra sulla pace e la concordia tra gli uomini.

Questa festa ci fa attendere, nel riverenziale timor di Dio, l'avvento di Cristo "Giudice dei vivi e dei morti", come recitiamo nel Credo; ci fa attendere, nel rispettoso ossequio per i misteriosi decreti della Provvidenza, quell'"ora del Signore", nella quale ciascuno riceverà il frutto delle sue opere, sia nel bene come nel male. Ciò che la giustizia umana non ha saputo o voluto risolvere adesso e quaggiù, sarà risolto allora, ed in una forma irrefragabile e perfetta.


3. Intanto a noi, discepoli del Maestro divino, spetta di impegnarci sotto la sua guida nell'edificazione graduale e progressiva di quel regno di giustizia e di pace, di grazia e di amore, che egli ci ha meritato con la sua beata passione e morte, sconfiggendo le forze del peccato, della morte e del maligno. La vita cristiana è infatti una militanza, una "buona battaglia", per usare le parole di san Paolo (1Tm 1,8), nella quale ciascuno deve combattere per il conseguimento dei valori veri e più alti, che sono quelli della virtù, della carità, dell'unione con Dio. Seguire Cristo che ci guida al suo Regno, vuol dire, in definitiva, seguirlo nella ricerca del "volto del Padre", nel desiderio fervente di vederlo, un giorno, "così come egli è" (1Jn 3,2).

La beata Vergine Maria addolcisca la fatica del cammino, ci renda più leggere le esigenze del combattimento spirituale, ci infonda coraggio nella lotta e nella sopportazione delle prove, e così, sostenuti da lei, giungeremo felicemente là dove regnano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

[A termine della preghiera, il Santo Padre ha rivolto alcuni saluti particolari:] Saluto ora con vivo affetto i numerosi cantori delle varie "Scholae" convenuti a Roma per celebrare, con l'attiva partecipazione dell'Associazione italiana Santa Cecilia, il XXV anniversario dell'istituzione della "Consociatio Internationalis Musicae Sacrae". Con la loro presenza essi hanno dato un pregevole contributo di bellezza e di intensa preghiera all'odierna cerimonia di beatificazione.

Cari fratelli e sorelle, vi esorto a perseverare nel servizio musicale, che non solo rende più decorose le sacre celebrazioni, ma amplifica il significato del messaggio evangelico vissuto nella liturgia ed aiuta a scoprirne le risonanze e l'armoniosa pienezza. Nell'esprimervi l'augurio che le vostre esecuzioni spingano ogni fedele ad elevare il proprio cuore e la propria lode a colui che del cosmo è il Creatore onnipotente e misericordioso, a tutti imparto la benedizione apostolica.

Ricorre domani la Giornata "Pro orantibus", per le anime "oranti", vale a dire per le religiose degli istituti di clausura, le quali, nel silenzio e nella solitudine con Dio, si dedicano in modo speciale alla preghiera non solo per se stesse, ma anche per i grandi bisogni della Chiesa e del mondo.

Invito tutti, pertanto, a riservare domani un pensiero speciale per queste nostre sorelle che, con esemplare generosità, offrono la loro vita per la salvezza del mondo. La loro immolazione è particolarmente gradita a Dio ed attira su di noi abbondanti benedizioni. Dobbiamo, perciò, essere grati a queste donne coraggiose, e sentirci anche in dovere di aiutarle, per quanto è possibile, nelle loro necessità.

Rivolgo ora una parola di saluto agli alunni della classe I, sezione A, della Scuola media Statale di Stornara, in diocesi di Foggia; e alle alunne della V classe della Scuola elementare Statale "san Pietro" di Nuovo, ai quali è stato assegnato il premio nazionale della bontà "Livio Tempesta".

Esprimo a questi cari ragazzi il mio plauso per i bei gesti di generosità e di dedizione, con i quali hanno saputo dimostrare che anche i piccoli possono dare il loro contributo in favore di chi è nel bisogno. Esprimo il mio compiacimento anche agli educatori e alle famiglie.

Un saluto particolare va infine ai pellegrini della parrocchia di santa Maria Assunta in Ceglie Messapico, in diocesi di Oria, i quali prendono parte a questo incontro mariano.

Saluto con piacere i numerosi libanesi, soprattutto giovani, convenuti in questa piazza per ricordare la Festa dell'Indipendenza del loro Paese, che sta vivendo un momento particolarmente cruciale della sua storia.

Invito tutti a pregare affinché questa cara nazione ritrovi l'unità e la pace tanto desiderate da tutti i suoi figli.


Data: 1988-11-20 Data estesa: Domenica 20 Novembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Saluto a marinai britannici - Città del Vaticano (Roma)