GPII 1988 Insegnamenti - Con il consacrati ed i laici nella chiesa di sant'Antonio a Maputo - Mozambico

Con il consacrati ed i laici nella chiesa di sant'Antonio a Maputo - Mozambico

Titolo: Vi indico due mete: siate araldi ed artefici della conversione e fautori della riconciliazione

Testo:

Cari fratelli nel sacerdozio, religiosi e religiose, seminaristi e aspiranti alla vita consacrata e laici impegnati.


1. E' per me motivo di grande gioia questo incontro con voi, sui quali il Signore ha fissato lo sguardo con speciale predilezione. E' stato lui a scegliervi e a chiamarvi, affinché, fin dalla consacrazione del Battesimo, rinunciaste al mondo e, in condizioni particolari, lo seguiste più da vicino: - alcuni, i sacerdoti, segnati col segno dello Spirito Santo, per consacrarsi al culto divino, al ministero della Parola e al servizio della comunità; - altri, i religiosi, perché vivano esclusivamente per lui, "per amore del Regno celeste", nella libertà di chi si riconosce figlio di Dio, "signore" nei riguardi del mondo e fratello degli altri individui, in dialogo e comunione fraterna con loro; - altri, infine, i laici, affinché esercitino con particolare impegno, per la parte che spetta loro, la missione di tutto il popolo cristiano, nella Chiesa e nel mondo.

A tutti voglio applicare le parole programmatiche dell'Apostolo: "liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna" (Rm 6,22), nel testimoniare che il mondo non può essere trasfigurato, né offerto a Dio senza lo spirito delle Beatitudini (cfr. LG 31).


2. Sono venuto da voi per conoscervi meglio e dimostrarvi che tutta la Chiesa, Corpo mistico di Cristo, è con voi e condivide i vostri problemi e le vostre aspirazioni, le vostre sofferenze e le vostre speranze, in un momento di profonda trasformazione di questo Paese. Ciò comporta grandi mutazioni, non solo esterne, ma anche riguardanti l'"anima" di questo Popolo mozambicano che tutti amiamo. A questo popolo vogliate annunciare il Vangelo, affinché possa, con la forza dello Spirito Santo, purificarsi e affermarsi con pienezza, nel suo essere e nei suoi valori autentici.

La vostra generosità e dedizione sono state guidate dai pastori della Chiesa di questa giovane nazione, ai quali spetta il compito di orientare tutta la vita ecclesiale delle proprie comunità diocesane, differenziare ed armonizzare nella pastorale di gruppo le attività delle persone di vita consacrata (cfr. "Mutuae Relationes", 6) e riunire intorno a sé l'intero gregge e provvedere alla sua formazione, in modo che tutti vivano ed operino nella comunione della carità (cfr. CD 16).

Nel salutarvi cordialmente, saluto anche i vostri fratelli e sorelle sparsi nel Mozambico, con l'espressione della mia stima in Cristo e con l'augurio che tutti continuino ad ascoltare "che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore" (Ps 85[84],9).

So che le difficoltà di vario tipo che dovete affrontare non vi scoraggiano: né l'esiguità numerica, né i pericoli della guerra, né l'incertezza delle situazioni, né l'insufficienza di mezzi di ogni ordine. L'amore con cui Cristo vi ha amato e l'amore della vostra risposta sono più forti di tutto questo.

Con voi e per voi innalzo riconoscente le mie lodi al Dio di ogni consolazione e autore di ogni bene, per l'attività della vostra fede, per lo sforzo della vostra carità e per la costanza della vostra speranza, ben salda in Gesù Cristo (cfr. 1Th 1,3). E' infatti di grande conforto per me, insieme con la sollecitudine di tutta la Chiesa, la testimonianza che state offrendo.


3. Saldi nella forza dello Spirito, siate presenti ai fratelli che soffrono, solidali con la loro sofferenza, per condividere con loro le insondabili ricchezze dell'amore divino e aiutarli, con la testimonianza di "Cristo in voi, speranza della gloria" (cfr. Col 1,27). E non esitate a porvi all'avanguardia della missione, affrontando i rischi maggiori, compreso il rischio della vostra vita.

Sarà un bene se a voi potrà essere applicata la frase della "Evangelii Nuntiandi": "In verità la Chiesa vi deve molto" (Pauli VI EN 69).

In questo senso, non posso tralasciare di esprimere apprezzamento per il meritevole lavoro qui realizzato e da voi favorito, per far radicare la Chiesa nella cultura locale, per assicurare i servizi essenziali alle comunità cristiane, e dotarle delle strutture indispensabili al loro mantenimento e sviluppo. Oggi quale espressione della comunione ecclesiale, tutto questo va avanti grazie alla presenza e alla collaborazione fraterna dei benemeriti missionari, provenienti da altre nazioni; domani - Dio voglia! - grazie ai membri della comunità della Chiesa locale, realizzando quanto auspicato dal Concilio per quel che riguarda l'impianto solido della Chiesa in un determinato gruppo umano (cfr. AGD 19).


4. Prima di rivolgermi alle diverse componenti vorrei indicare a tutti due mete da tenere presente per incoraggiare ed unificare gli sforzi di carità pastorale e di apostolato: 1) - siate araldi ed artefici della conversione, in un senso più ampio: il cambiamento delle mentalità in funzione di valori di ordine superiore, quali sono il bene comune e il pieno sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini (cfr. SRS 38); preparerete, così, il cammino del perdono e della riconciliazione; 2) - siate testimoni e fautori della riconciliazione, cercando di estirpare dal cuore degli uomini il risentimento e l'avversione. Pertanto, pregate "che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (cfr. 1Tm 2,4 2P 3,9), annunciate il messaggio della riconciliazione (2Co 5,19), insistendo in ogni occasione opportuna e non opportuna (2Tm 4,2), perché si affermi "l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ep 4,3).

Solo dopo aver percorso questi due cammini si potrà aspettare la piena realizzazione della promessa del salmo che abbiamo appena recitato: "Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto" (Ps 85[84],11-13).


5. Cari sacerdoti.

C'è una formula, molto conosciuta, creata dall'intuizione del Popolo di Dio, che dice: il sacerdote è un altro Cristo. Non è una metafora. E' una realtà meravigliosa e confortante, ma che indica anche tremende responsabilità.

Diretti collaboratori del ministero episcopale, con l'Ordine sacerdotale siete stati introdotti in un tipo di vita che vi distingue in maniera essenziale dagli altri battezzati; per il "carattere" impresso su di voi, c'è stata una trasformazione nell'"organismo" soprannaturale, che vi ha abilitati ad agire "in persona Christi", per servire l'amore col quale egli coinvolge l'intera famiglia umana. E' un dono che stando in voi, ma non per voi, vi arricchisce e vi richiama affinché cresciate nella consapevolezza e nella coerenza di una reale conformazione a Cristo, sacerdote e buon pastore.

Costituiti "per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio" (He 5,1), la vostra funzione ecclesiale è essenziale e ben definita: non ha solo valore di rappresentanza giuridica della comunità. E' vita: é vivere come se Cristo stesso vivesse in voi; significa essere sempre simili a lui nel comportamento, nel ministero consacrato, nel servizio e nel trattare i fratelli e le sorelle: in ogni caso deve essere evidente la vostra intimità col Padre, nello Spirito Santo. Il sacerdote non potrà mai essere un "altro Cristo" per gli uomini, se non sarà stato prima "uomo di Dio" (cfr. 1Tm 6,11).


6. Qui con voi, ringrazio l'Altissimo per la sublime missione e l'ineffabile fiducia riposte in voi, per il bene della Chiesa: della Chiesa nel Mozambico, che grazie alla dedizione dei suoi sacerdoti, anche nelle tribolazioni, sta qui sempre più crescendo in numero e qualità. Senza mai scoraggiarvi, appoggiatevi al Dio vivo, attraverso la preghiera in tutte le sue forme, centrata nell'Eucaristia e verificata sulla Liturgia delle Ore, accompagnata sempre da un'autentica devozione alla Vergine, Regina degli Apostoli.

Il vostro ministero pastorale, in comunione con il Vescovo, esige perseveranza, la sensibilità e la diligenza di cui ben narrano le parabole del regno (cfr. Mt 13,1-51); e non vi esime da chiedervi ripetutamente e a lungo: "Chi sono io, alla fine?". La risposta starà nella vostra fede e nel vostro amore, chiamato, consacrato ed inviato per essere un "altro Cristo", per il bene degli uomini, miei fratelli.


7. A causa di note vicende storiche nel Mozambico c'è una insufficienza di sacerdoti diocesani. Le vocazioni giunte alla consacrazione, negli ultimi tempi, sono poco numerose. C'è qualche sintomo di miglioramento, grazie a Dio. Senza il ministero gerarchico, i laici, con tutta la loro buona volontà, non sarebbero in grado di eseguire bene il proprio compito. perciò, si spera, e c'è da chiederlo al Signore della messe, che, sempre di più, i sacerdoti mozambicani prendano in mano ed orientino i destini della Chiesa in questo Paese.

E' più congeniale a voi, cari fratelli, che agli instancabili missionari, "prendere a cuore" l'uomo mozambicano, comunicare e dialogare nel suo "linguaggio", riuscire a capire il suo modo di aprirsi a Dio e i suoi costumi. Ma sarà più grande anche l'efficacia della vostra testimonianza e del vostro esempio.

Che Gesù Cristo - uomo perfetto, principio e ideale dell'uomo ricostruito, dell'uomo nuovo (cfr. GS 22), nella dimensione divina e umana del mistero della redenzione - sia sempre il modello della vostra vita e del vostro impegno nell'opera di diffusione del Vangelo.


8. Mi piacerebbe, carissimi religiosi - anche sacerdoti, in gran parte - avere tempo per tracciare qui il vostro "ritratto", in qualità di testimoni delle Beatitudini vissute nel quotidiano, testimoni dell'assoluto di Dio, dell'invisibile e della vita futura, che deve essere vissuta con speranza già nel presente; non essendo possibile, mi limito a ripetere per voi le parole della "Evangelii Nuntiandi": "Siete un mezzo privilegiato di evangelizzazione efficace" (Pauli VI EN 69).

Non vorrei tralasciare comunque di mettere in risalto l'originalità della vostra condizione ecclesiale e il suo indiscutibile valore. Anche quando vi dedicate direttamente alla "pastorale", restate fedeli al vostro posto nella Chiesa, ben definito dal Concilio Vaticano II, e ai carismi che vi sono propri. E che la finalità della vostra attività, in accordo con quella del clero diocesano sia sempre a somiglianza della missione del Figlio di Dio fatto uomo, missione di amore, di pace e di redenzione.

Nelle vostre persone vedo la schiera di religiosi cui si lega la storia della Chiesa in questo Paese: ancora oggi, costituite la maggioranza del clero attivo. Perché il vostro servizio proceda, ogni volta con più frutti spirituali, per i figli di questa terra, sono certo che continueranno a svilupparsi armoniosamente, come finora, secondo lo spirito del documento "Mutuae Relationes", i contatti, i dialoghi e i buoni rapporti dei superiori religiosi con i Vescovi, posti dallo Spirito Santo a governare la sua Chiesa.


9. Carissime religiose.

Anche a voi voglio esprimere stima per il dono che siete per i mozambicani, che hanno tanto bisogno della tenerezza della Madre Chiesa, sull'esempio della tenerezza materna di Maria, la Madre di Gesù. Per alcuni ha "incominciato già a brillare una luce", altri, ancora non hanno visto la "grande luce" del "Principe della Pace" (cfr. Is 9,2 Is 9,6). Potrà succedere attraverso la vostra testimonianza di amore sponsale a Cristo, per il quale tutta la verità salvifica del Vangelo si fa particolarmente visibile fra gli uomini; da qui nasce, come cosa intrinseca alla vostra vocazione, la vostra partecipazione all'apostolato della Chiesa, nella sua missione universale (cfr. "Redemptionis Donum", 15).

La testimonianza del dono totale della vostra persona a Dio, per servirlo nei fratelli, vissuta in castità, povertà ed ubbidienza, fa di voi l'espressione privilegiata della Chiesa stessa, che così interroga la società e il mondo. E, sensibili alle necessità e alle sofferenze degli uomini che sono davanti ai vostri occhi in maniera così chiara e sconcertante, non dimenticate mai: la vostra opera fondamentale di apostolato rimane quello che voi siete nella Chiesa, secondo le parole dell'Apostolo: "Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio" (Col 3,3).


10. La maturità e la continuità di una Chiesa particolare devono moltissimo anche alla vita consacrata. Nel Mozambico si sta vivendo un momento di buone speranze: il confortante momento della nascita di vocazioni femminili e di nuovi istituti nelle diocesi. Queste speranze potranno essere confermate se ci sarà una formazione raffinata e profonda delle nuove religiose mozambicane, con il dovuto inquadramento: visione di fede, per sostenere la generosità e il perfezionamento nella carità, preghiera-dialogo continuo con Dio (cfr. Jn 15,5), vincolo con un determinato istituto, con il suo carisma e la sua vita comunitaria, nonostante le sollecitazioni del presente.

E', di per sé, molto valido il modello concreto di vita che offrite, soprattutto ai giovani - con la disponibilità, il distacco, la competenza e l'operosità - nelle comunità, nell'insegnamento, nella cura dei malati e nell'assistenza ai poveri di ogni condizione, nella promozione della donna e degli analfabeti. Ma, ricordate sempre che dovete far risplendere in tutto questo il dono della redenzione, impressa nei consigli evangelici, come "sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (cfr. Rm 12,1): in un continuo atteggiamento di offerta.

Siate assidue nella preghiera, gioiose nella dedizione ed entusiaste della vostra vocazione! 11. Desidero qui ricordare quelli e quelle che vivono totalmente consacrati alla preghiera, al silenzio e alla penitenza: i religiosi di vita contemplativa. Anche loro sono costruttori della "città" di Dio, con quello che sono, costituendo per gli uomini "segni" dell'amore-redenzione e arricchendo la Chiesa pellegrina di una misteriosa fecondità apostolica.

So che sono ancora pochi, i contemplativi, in terra mozambicana, ma il Signore provvederà; e sono certo che non mancheranno persone attente ad assecondare la divina Provvidenza affinché si moltiplichino.


12. Ai cari seminaristi e agli aspiranti alla vita consacrata voglio dirigere ugualmente un saluto amichevole e una parola: avete sentito quello che ho appena detto ai vostri fratelli e sorelle maggiori, che già assaporano e vedono quanto è buono il Signore. E non troverete strano certamente che la Chiesa si mostri attenta e perfino esigente per quel che riguarda la vostra formazione e buona preparazione per l'impegno che volete assumere, coscientemente e con generosità.

La Chiesa è madre e maestra e possiede una lunga esperienza.

Imparate a distinguere la voce di Dio e ad approfondire quella "scienza" importantissima che è la conoscenza di se stessi e la ricerca delle certezze, in rapporto al bel sogno che, in un'ora felice, avete incominciato a sognare; donare la vostra vita, in una consacrazione totale al Signore.

Come il giovane Samuele (cfr. 1S 3,1-10), cercate queste certezze sotto l'orientamento dei vostri maestri. Stabilite un dialogo intimo, nella preghiera e nella meditazione, con Cristo, il "buon Maestro" (cfr. Mt 19,6ss), affinché vi illumini nella risposta che dovete dare a Dio. Non vi lasciate sedurre da umani interessi. Il consacrato non è una persona sottratta alla società, bensi una persona che ad essa si dedica con raddoppiato valore. La vita consacrata è, perciò, un modo superiore di servire i vostri fratelli, il vostro Paese: di servire questo caro popolo mozambicano, che ha sete di verità e fame del "pane della vita" (cfr. Jn 6,48).


13. Con grande soddisfazione vedo qui rappresentati, e voglio salutarli, i laici del Mozambico, in particolare quelli che si sono impegnati a prendere parte attiva alla vita della Chiesa. Nell'animare le comunità, nella catechesi, nei diversi servizi comunitari, la vostra presenza e la vostra azione sono una preziosa collaborazione per l' attuazione della pastorale; preziosa non soltanto perché moltiplica il numero dei lavoratori della Chiesa, così necessari nelle circostanze attuali del vostro Paese, ma perché indica che avete capito bene il valore del vostro Battesimo e della vostra Confermazione. Ricordate, pero, che il frutto del vostro apostolato procede di pari passo con la qualità della vostra fede, della vostra preghiera e della vita personale, familiare e professionale.

In una fiduciosa collaborazione con i pastori, la vostra attività nella Chiesa è importante. Ma la vostra attenzione e dedizione dovranno estendersi ad un campo più vasto, affinché il vostro ambiente sia animato dalla forza del Vangelo.

I cristiani, mossi dallo spirito delle Beatitudini, articolano la loro azione con ciò che si fa all'interno della comunità nazionale, ai diversi livelli, per il bene comune. Dovunque si muovano, nei differenti settori della società - dalla politica alla cultura, dall'educazione alla preghiera, dal lavoro alla sofferenza - hanno lo scopo di formare un'immensa famiglia di fratelli, uniti dalla forza della redenzione di Cristo, nostra Pasqua, per ascoltare "che cosa dice Dio il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i fedeli e la speranza a quelli che a lui si convertono" (Ps 85[84],9).


14. Fratelli e sorelle.

Il momento storico che questa nazione sta vivendo esige da tutti, senza eccezione, sacrifici, rinunzie, dedizione e amore. E' risaputo ed edificante che non pochi tra di voi - sacerdoti, religiosi, religiose e laici - per stare più vicini alle popolazioni si assoggettano alle loro sofferenze e difficoltà, alla loro instabilità e al loro isolamento. Al di là dell'ardore apostolico, dimostrano di sapere in chi hanno riposto la loro fiducia (cfr. 2Tm 1,12). Grazie alla forza misteriosa dello Spirito di amore e di fortezza, c'è profumo di olocausto volontario, che ogni giorno si leva da queste terre verso l'Alto. Che sia promessa di pace e prosperità per tutto il popolo mozambicano.

E poiché abbiamo bisogno di santi più numerosi, di santi mozambicani, invochiamo lo Spirito della santità e della giustizia: "Tana Moya" (Vieni Santo Spirito).


Data: 1988-09-18 Data estesa: Domenica 18 Settembre 1988




Ai Vescovi del Mozambico nella sede della Conferenza episcopale a Maputo - Mozambico

Titolo: La Chiesa vuole contribuire al bene massimo del Mozambico: ritrovare l'unità e la concordia degli animi

Testo:

Signor Cardinale e venerabili confratelli nell'episcopato.

E' sempre "buono e soave che i fratelli vivano insieme" (cfr. Ps 133[132],1). Gioisco profondamente, infatti, dopo queste giornate intense, per questo incontro fraterno con voi, prima di tornare a Roma. E' il momento, innanzitutto, di rendere tutti insieme grazie a Dio, riassumendo in armonia con il suo pensiero, i momenti più significativi dell'incontro del successore di Pietro con i nostri fratelli e le nostre sorelle in Gesù Cristo e con il popolo del Mozambico: "Siano rese grazie a Dio, il quale diffonde per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza nel mondo intero" (cfr. 2Co 2,14).

Desidero inoltre esprimervi la mia riconoscenza, amati fratelli Vescovi, eletti per guidare nella fede e servire nella carità le Chiese particolari del Popolo di Dio e peregrino in Mozambico. Sono profondamente grato a questa Conferenza episcopale per avermi invitato, insieme alle autorità del Paese, a venire qui, come pure per la generosa dedizione, sollecitudine e sacrifici nell'accurata preparazione di questa visita; riconosco, con soddisfazione, la lungimiranza che avete dimostrato nel prevedere la sua continuità, affinché produca abbondanti frutti di rinnovamento nella vita cristiana e contribuisca al maggior bene del popolo mozambicano.


2. Pregando e meditando sui diversi incontri che avrei potuto avere in questo breve pellegrinaggio e in questa mia partecipazione alla vita della Chiesa nella vostra terra, in un delicato momento di ricostruzione e di crescita, questo, con voi, mi è sembrato sempre il più importante, fra quelli che la Provvidenza mi ha permesso di avere e fra i molti da me auspicati e che non sono stati possibili.

Importante per la doppia responsabilità che avete in questo momento: verso la Chiesa del Mozambico e verso la società e le istituzioni umane dove si esprime la cultura, intesa come totalità di vita, del caro popolo mozambicano.

Infatti, insieme all'evangelizzazione e facente parte di essa, e come sottolineato dal recente Concilio Vaticano, è dovere dei Vescovi: - mostrare, nell'annunciare il mistero di Cristo nella sua integrità, che le cose terrene e le istituzioni umane, nel disegno di Dio creatore, sono finalizzate alla salvezza degli uomini; - insegnare, secondo la dottrina della Chiesa, il valore della persona umana con la sua libertà e la sua dimensione fisica; la famiglia con la sua stabilità ed unità; la procreazione e l'educazione dei figli; la società civile con le sue leggi e le sue professioni; il lavoro e il riposo, le arti e la tecnica; la povertà e la ricchezza; - esporre i principi secondo cui bisogna risolvere i gravissimi problemi della proprietà, della promozione e della giusta distribuzione dei beni materiali, della pace e della guerra e della convivenza fraterna di tutti i popoli (cfr. CD 12; Ioannis XXIII "Pacem in Terris", passim.).

Partendo da queste dimensioni del nostro ministero di educatori della fede, del Popolo di Dio, in una continuità ideale con quello che vi dissi qualche mese fa a Roma durante la vostra visita "ad limina" e con quello che ho ricordato qualche giorno fa in occasione dell'assemblea dell'IMBISA, desidero incoraggiare alcune delle vostre opzioni quali pastori diretti del Popolo di Dio che qui pellegrina.


3. Non avendo tempo sufficiente per scambiare le prime impressioni relative all'incontro con questa realtà viva che è la Chiesa nel Mozambico - per me impressioni ottime - vi rinnovo la certezza che tutti noi abbiamo la consapevolezza di quanto sia arduo il vostro compito, per le difficoltà che siete chiamati a superare nel vostro lavoro quotidiano, difficoltà che derivano dalla storia passata e recente e dall'attività della vostra giovane nazione.

Vedendosi in condizioni nuove e sotto molti aspetti delicate, nel momento dell'indipendenza, la Chiesa del vostro Paese si è trovata di fronte ad un bivio e a limitazioni di vario genere. Tali limitazioni si sono aggravate sempre più a causa della problematica, non del tutto nuova ma diversa, di una violenza che subito comincio a dominare praticamente tutto il Mozambico, con il suo seguito di mali fisici, morali e sociali.


4. Per menzionare soltanto alcune delle sfide poste alla vostra sollecitudine di pastori, vorrei ricordare l'isolamento delle comunità cristiane - ormai in precarie condizioni di assistenza per l'allontanamento di molti missionari - che hanno potuto contare sulla vostra generosità e sui grandi sacrifici degli animatori, dei vostri collaboratori diretti nel sacro ministero e di voi stessi, per garantire loro un minimo di assistenza e il collegamento con i centri missionari e con voi, come garanti della comunione nella Chiesa universale.

Un altro motivo di preoccupazione nella vita pastorale è lo spostamento della popolazione, che cerca riparo o sopravvivenza in altre zone più sicure, dentro e fuori i confini nazionali. Migliaia e migliaia di rifugiati e dislocati.

In questo modo le famiglie si disgregano, le comunità si smantellano e l'evangelizzazione soffre a causa della violenza; una violenza che semina terrore e uccide, che disumanizza i cuori e rende difficili vivere e convivere. Con grande perizia, avete avuto la preoccupazione di lanciare una pastorale peculiare, a favore dei rifugiati, con l'aiuto caritatevole della Chiesa dei Paesi vicini al vostro. Questa è stata e continua ad essere una convincente prova di comunione nell'amore di Cristo.


5. Non potendo menzionare tutta la serie di iniziative in cui si è concretizzato il vostro zelo pastorale, desidero condividere la vostra gioia perché sono apparsi all'orizzonte della speranza segni incoraggianti di vitalità della Chiesa nel Mozambico: uomini e donne che tornano ad affollare i luoghi di culto e ad osservare la pratica cristiana e ad accostarsi ai sacramenti; i molti giovani che tornano alle comunità parrocchiali; il discreto numero di vocazioni e di persone che bussano alla porta degli istituti di vita consacrata e che cominciano ad affollare i vostri seminari minori mettendosi in cammino verso il vostro seminario maggiore nazionale.

Questa manifestazione di vita deve essere accolta, purificata, santificata ed organizzata per dare sempre più frutti. Il vostro cuore di pastori non può non colmarsi di gioia di fronte a queste certezze e promesse nella "vigna del Signore", come non può non sentirsi esortato il vostro cuore a rispondere alle aspettative di queste moltitudini, che hanno fame nel corpo e nell'anima, che cercano nei pastori la "compassione"" del Buon Pastore (cfr. Mc 8,2).

Ma nel vostro animo nascono le interrogazioni dell'Apostolo quando sottolineava che lo stesso Signore di tutti è generoso con tutti coloro che lo invocano: ma come lo devono invocare senza credere, senza avere sentito parlare di lui, senza che ci sia chi preghi, senza disporre di "inviati" dello stesso Signore? (cfr. Rm 10,14ss). Sottolineo questo punto, amati fratelli, perché la principale delle vostre preoccupazioni pastorali è la promozione delle vocazioni sacerdotali. E "non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Jn 14,27) e siate perseveranti e pazienti come il lavoratore (cfr. Jc 5,7).

So che siete attenti e diligenti nell'aiuto a coloro che hanno la vocazione alla vita sacerdotale e alla vita consacrata in vista di una Chiesa locale sempre più forte; come so anche che non avete perduto di vista la netta distinzione, sottolineata dal Concilio Vaticano II, fra i due tipi di chiamata di Dio, che bisogna rispettare, lasciando agli interessati assoluta libertà di scelta. Si tratta di un dono e di un'iniziativa di Dio per arricchire la Chiesa.


6. Il divino Maestro, partendo da una riflessione sul discepolato, ci ha voluto insegnare la necessità di accostarci alla Mensa e calcolare i mezzi e le forze di cui disponiamo per l'edificazione e per la difesa del Regno di Dio con la duplice preoccupazione: che il sale conservi sempre il sapore (cfr. Lc 14,25) e che le provvidenze umane non pospongano mai la provvidenza del Padre celeste (cfr. Mt 6,25ss).

Per questo, fermi nella convinzione che egli è il Signore e che è lui che "suscita in noi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni" (Ph 2,13), in armonia con il nostro tempo, caratterizzato da una perfetta organizzazione e lungimiranza, dobbiamo pianificare pastoralmente e sapere "investire" i mezzi e le forze a disposizione. In questo senso vorrei esortarvi a proseguire nell'impegno di valorizzare e moltiplicare chi continuerà la vostra azione pastorale puntando su: - fiducia, responsabilità e formazione sacra, totale e permanente per i sacerdoti e per i laici impegnati, curando gli aspetti dottrinali, spirituali, liturgici e di guida; - catechesi, continua che impegni le famiglie nella comprensione, nell'accoglienza e nell'accompagnamento dei giovani in risposta alla fiducia da loro dimostrata verso la Chiesa; - ricostruzione della famiglia secondo il disegno divino con il suo ruolo insostituibile di luogo privilegiato di culto e trasmissione della vita e dei valori autentici, compresi i valori della fede cristiana; - ecumenismo e dialogo chiaro e adeguato, con i fratelli cristiani e coloro che professano altre religioni; - preghiera, molte preghiere per la pace nel Mozambico.


7. Sono giunte nel profondo del mio cuore le parole che mi ha rivolto il presidente di questa Conferenza episcopale in occasione della recente visita "ad limina"; condividendo con me gioie e preoccupazioni, vostre e del vostro popolo: "Constatiamo con dolore - diceva dom Paulo Mandlate - che la guerra affligge sempre più il nostro Paese e distrugge le infrastrutture indispensabili allo sviluppo del Mozambico. La guerra in corso distrugge, uccide indiscriminatamente migliaia di innocenti indifesi, soprattutto bambini, donne e anziani. Cresce il numero dei rifugiati e profughi di guerra costretti a vivere in condizioni umilianti e incompatibili con la dignità umana. Molti missionari e missionarie hanno dovuto abbandonare le zone del loro lavoro; molte comunità cristiane si sono disgregate o sono state private dell'assistenza sacerdotale nelle zone considerate di guerra. Il problema della fame si è aggravato".

A conclusione della mia visita pastorale posso affermare che soltanto vedendo si può comprendere bene l'intensità della sofferenza che si vive in questo Paese, così gravemente ferito e dissanguato. Intanto ringrazio Dio, voi fratelli e quanti mi hanno dato la possibilità di incontrare l'amato popolo mozambicano, che soffre molto ma dà dimostrazioni di fiducia e di coraggio e continua a sperare.

Posso dire che si percepisce bene la fede di questa gente in un futuro diverso. E in un Paese dotato di risorse e con un ruolo da svolgere nello sviluppo di questa zona dell'Africa Meridionale, questo futuro sembra essere a portata di mano. Prima, pero, bisogna bandire tante miserie che affliggono questa patria devastata dalla violenza.


8. L'origine di questa violenza è ben nota. Dopo tanti anni di guerra per l'indipendenza, è venuto un breve periodo di gioia, comprensibile per l'importanza dell'obiettivo raggiunto, che, come si sa, non costituisce un fine in se stesso.

Per rendere un popolo culturalmente e giuridicamente unito, in modo da costituire una vera nazione c'è bisogno di idee e di modelli a cui rifarsi.

L'esperienza di questo continente africano ci insegna che si tratta di un problema che non può essere semplificato. In modo analogo, non può essere minimizzato il problema del confronto con le ideologie, intendendo con questo termine un insieme di idee in una visione organica e con prospettive pratiche.

Questo confronto presuppone una coscienza socio-politica, in cui ci sono valori peculiari e un'identità che caratterizza un determinato popolo o un insieme di popoli, gli dettano il comportamento e sottolineano il suo impegno comune nel costruire la nazione, con una propria personalità.

Naturalmente, non sempre le esperienze di questo tipo hanno esito positivo. In linea di principio, dicono gli studiosi, l'Africa crede che lo sviluppo dipenda dall'uomo e dal popolo, come protagonisti, in piena libertà.


9. Comunque è successo fra voi che, a poco a poco, vasti strati della popolazione hanno iniziato a mostrare malcontento, impazienza e insoddisfazione per il modo in cui veniva gestita la cosa pubblica e per alcune decisioni impopolari prese allora, contrarie al sentimento della gente del Mozambico.

Come sempre succede in situazioni di questo genere, dove e quando manca la solidarietà, il significato di "altro" come "simile" - persona, popolo o nazione - sono intervenuti dall'esterno elementi nuovi, utilizzando come mero "strumento" la giovane nazione e rendendole difficili i primi passi incerti, cosa che avrebbe contribuito ad escluderla per lungo tempo dal banchetto della vita (SRS 39). Le manifestazioni ostili ai governanti e alle strutture del nuovo stato sono andate sempre più aumentando fino a raggiungere le proporzioni di una violenza dichiarata, favorita anche da difficoltà economiche a cui si sono aggiunte le calamità naturali di quel periodo.

E siccome la violenza genera violenza, si esasperavano gli estremismi fino al fanatismo e all'odio fra gruppi opposti determinando la triste situazione che ultimamente si vive qui: un paese ricco di promesse, diviso e percorso da gente armata che dà libero sfogo agli istinti della violenza con azioni di vendetta e di morte.


10. Da qui, da questo accenno ad un quadro che vi è familiare, la necessità urgente per il caro popolo del Mozambico che venga ritrovata l'unità e la concordia degli animi a livello nazionale. E la Chiesa, quando proclama questa necessità e indica le vie della riconciliazione vuole solo contribuire al bene massimo della nazione. Come si sa, voi, amati fratelli non avete trascurato di prodigarvi per eliminare le cause di questa penosa situazione le cui conseguenze recano sofferenza a tanti innocenti.

La vostra sollecitudine, come Vescovi, è stata naturalmente suscitata dalla situazione concreta; vi siete sentiti in dovere di interpellare i responsabili del ristabilimento della pace in Mozambico, mossi da un'inquietudine profonda, vedendo il vostro popolo innocente soffrire e perdere i valori essenziali e naturali di bontà e di convivenza pacifica, che tradizionalmente possiede. Al sentire il pianto di coloro che soffrono era giusto che, seguendo il Buon Pastore voi seguiste la sua voce, esercitando la vostra responsabilità morale; oltretutto la virtù della solidarietà nel bene comune è impegno per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili nei confronti degli altri (cfr. SRS 38).


11. Oggi e in questo luogo desidero dare il mio appoggio ancora una volta e sostenere il vostro grande impegno, lanciando un sentito appello, che parte dal fondo del mio cuore, a quanti si trovano in un modo o nell'altro coinvolti in questa guerra: - a tutti quei figli di questo caro popolo del Mozambico paziente e coraggioso che desiderano il bene comune e affrontano con sentimenti di umanità il futuro della propria nazione: affinché mettano da parte le azioni distruttrici e cerchino di rispettare ciò che resta come base per curare le ferite aperte e salvare tanti fratelli dalla morte prematura e dall'ingiustizia; che pensino prevalentemente allo sviluppo e al progresso di tutti, in fraterna convivenza pacifica; - a tutti quei figli di questo caro popolo di Cristo che hanno il compito di gestire il bene comune e che, certamente, desiderano solo l'autentico progresso della nazione e la felicità dei propri fratelli e delle proprie sorelle, affinché uniscano costruttivamente i propri sforzi, in quanto è urgente e importante, obbedendo agli imperativi etici di servire, giacché di questo sono stati incaricati.

A tutti senza eccezione voglio dire, facendo mie le parole proprie dei miei fratelli Vescovi: ricordatevi della responsabilità di fronte alla famiglia umana e alla storia. Le armi non portano alla vera pace, umana e duratura. La guerra genera la guerra e la pace nata dalla guerra delle armi, sarà sempre una pace forzata, illusoria e precaria. Abbandonino tutti i cammini della violenza e della vendetta e riprendano i cammini della giustizia, della dignità, del diritto e della ragione: smettano di uccidere se vogliono domani un popolo pacifico, solidale e fraterno intraprendano oggi la strada della riconciliazione e del dialogo (cfr. CEM "A paz é possivel", Quaresma de 1985).


12. Rivolgo anche il mio appello alla comunità internazionale, una volta ancora, dal suolo del Mozambico, in nome del Principe della Pace, Gesù Cristo: che si faccia tutto il possibile perché in questo Paese non sia ulteriormente fomentata la discordia; e che siano fatti tutti gli sforzi perché qui la solidarietà umana diventi veramente effettiva. Si tratta di un tipo di società che si trova ai limiti della sopravvivenza: le persone muoiono a causa della violenza e della fame. Questa nazione ha bisogno dell'assistenza di altri popoli e della comunità internazionale per essere messa in condizione di dare, anch'essa, un contributo per il bene comune attraverso i suoi tesori di umanità e di cultura che altrimenti si perderanno per sempre (cfr. SRS 39).

Mi sia permesso di sottolineare l'urgenza di questa solidarietà, mirando ad una rapida e completa pacificazione e a portare immediati soccorsi per salvare un grande numero di vite umane; mirando all'elaborazione di piani di aiuto a breve termine per l'indispensabile ricostruzione delle infrastrutture di sopravvivenza e, quindi, per lo sviluppo integrale di questo amato popolo mozambicano.

So che la comunità internazionale, attraverso le organizzazioni governative e non governative, ha già dato testimonianza, per quanto le è possibile, della sua solidarietà: ma si tratta di una solidarietà che non può fermarsi, che forse necessita di essere intensificata. "Più che di un aiuto materiale - dichiarava il Cardinale Roger Etchegaray, dopo una visita a mio nome in questo Paese - il Mozambico ha bisogno di essere appoggiato nei suoi sforzi per ricomporre il tessuto sociale lacerato: le ferite morali sono molto più difficili da sanare di quelle fisiche. E' arrivato il momento perché questo popolo coraggioso trovi la sicurezza e l'armonia senza le quali non potrà raggiungere né il progresso né il benessere".


13. A voi come Vescovi della Chiesa in mezzo a questo popolo che soffre, affido tutto ciò che ho nel cuore, poiché è a voi che spetta cooperare direttamente, con la vostra specifica missione, per risparmiare agli innocenti tanta sofferenza e per dare agli affamati i beni di prima necessità, affinché sia debellato anche il flagello della fame.

Senza pace questo Paese non potrà svilupparsi e camminare verso il futuro, a testa alta con le altre nazioni che formano la famiglia umana; senza pace non verranno riabilitati e messi nella giusta luce gli autentici valori tradizionali di questo popolo, fra i quali risaltano lo spirito di famiglia ampliata e l'amore per la vita; senza pace non potrà essere migliorata la qualità della vita e non ci sarà spazio perché Cristo Signore, attraverso l'evangelizzazione, continui qui a realizzare il suo desiderio: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (cfr. Jn 10,10).

La Chiesa cattolica, come anche le altre Chiese cristiane, non ha mai smesso di proclamare il Vangelo della pace nel Mozambico; ed è seriamente decisa, come ho ripetuto, a dare il suo contributo per la concordia, l'unità e lo sviluppo di questo popolo. E in questo disegno si inserisce quanto vi ho appena detto e anche il servizio pastorale che sono venuto a compiere qui.

Si, amati fratelli, ho visto sanguinare il cuore di questo popolo.

Rivolti verso la croce e verso la risurrezione, andiamo avanti fiduciosi. Ho guidato nella carità la Chiesa che qui peregrina, perché ognuno dei suoi membri possa "avanzare per la via della fede viva, la quale accende la speranza e opera per mezzo della carità" (cfr. LG 41) e perché l'unico gregge di Dio continui ad essere simbolo, a offrire il Vangelo della pace a tutto l'amato popolo del Mozambico.


14. Per fedeltà al suo Signore, la Chiesa non può limitarsi a proclamare una speranza intramondana, come non può impegnarsi in liberazioni parziali e solo di ordine temporale. Essa vive la consapevolezza della promessa divina, che le assicura che la storia presente non rimane chiusa in se stessa, ma è aperta al Regno di Dio (cfr. SRS 46). Per questo, quando si rivolge verso l'uomo, l'uomo che soffre, essa ha presente le dimensioni di questo regno e cerca di elevare lo stesso uomo alla speranza ultraterrena.

La Chiesa ha fiducia nell'uomo, anche se conosce tutta la perversione di cui questo è capace, perché sa che in ogni persona umana ci sono qualità ed energie sufficienti a mantenere o riconquistare la propria dignità: esiste della "bontà" fondamentale (cfr. Gn 1,31), perché è immagine di Dio creatore, posta sotto l'influsso redentore di Gesù Cristo - che si è unito ad ogni uomo nell'incarnazione - e perché l'azione efficace dello Spirito Santo "riempie il mondo" (cfr. Sg 1,7).

Riaffermando questa fiducia nell'uomo del Mozambico, in nome di Maria santissima - modello del modo di vedere e accettare il piano divino della salvezza - imploro per voi, amati fratelli, e per le vostre cristianità, la fedeltà nella speranza, l'audacia nell'amore e il coraggio per credere, che traspaiono nell'inno al Dio della misericordia, che è il "Magnificat".

Con la mia benedizione apostolica.


Data: 1988-09-18 Data estesa: Domenica 18 Settembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Con il consacrati ed i laici nella chiesa di sant'Antonio a Maputo - Mozambico