GPII 1988 Insegnamenti - Messaggio per la "Giornata Mondiale del Migrante" - Città del Vaticano (Roma)


1. Ancora una volta, in occasione della "Giornata Mondiale del Migrante", desidero rivolgere il pensiero a tutti coloro che sono in qualche modo toccati da questo fenomeno, che ha assunto tanta importanza nel mondo contemporaneo. Avendo ancor viva nell'animo l'eco dell'anno mariano, recentemente concluso, mi piace guardare ai migranti nella luce di Maria, la quale, "per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce, per così dire, e riverbera i massimi dati della fede" (LG 65).

La Vergine snta, in verità, per il modo con cui visse la sua vicenda umana, si pone come punto di riferimento per i migranti ed i rifugiati. La sua vita terrena fu segnata da un continuo peregrinare da un luogo all'altro: l'accorrere in grande fretta presso la sua cugina Elisabetta; il trasferimento a Betlemme per il censimento, dove, in mancanza di altro posto a disposizione, partori il Figlio in una grotta; il viaggio a Gerusalemme per la presentazione di Gesù al tempio; il muoversi sollecito e discreto al seguito di Gesù nella sua attività apostolica in Palestina la presenza di sofferta compartecipazione al Calvarlo.

Maria, inoltre, conobbe per diretta esperienza il travaglio dell'esilio e dell'emigrazione in terra straniera; vi fu costretta dalla minaccia che incombeva sulla vita di Gesù. "L'angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe per dirgli: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto..., perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo" (Mt 2,13). Si tratto di una fuga improvvisa, attuata nel cuore della notte, in un clima drammatico, in cui non mancarono certo quelle tribolazioni ed angosce che, voi migranti e rifugiati, purtroppo ben conoscete: il trauma del distacco dalle persone e dalle cose, l'abbandono delle più care speranze, il camminare per luoghi sconosciuti, la difficile ricerca di un riparo in terra straniera, dove tutto è ignoto, l'incertezza di un lavoro che consenta di procurarsi i mezzi di sussistenza, il clima di sospetto, di discriminazione, di rifiuto, che non di rado s'avverte all'intorno, la precarietà delle situazioni che rende insicuro ogni programma di vita per sé e per i familiari, in particolare per i figli.

Nelle vicende della Vergine santissima appaiono così anticipati e quasi rispecchiati non pochi aspetti della vostra personale vicenda. Nella luce di lei, anzi, voi potete cogliere un singolare rapporto tra la vostra esperienza e la stessa storia della salvezza.


2. Il Concilio Vaticano II, com'è noto, stabilisce un'analogia fra la Chiesa, Popolo di Dio in cammino, e il popolo di Israele in cammino nel deserto (LG 9). Ma tale cammino aveva già avuto inizio con l'ordine dato da Dio al capostipite Abramo di partire per una terra sconosciuta: "Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre verso il paese che io ti indichero. Ed egli subito parti, come gli aveva indicato il Signore" (Gn 12,1). Il suo camminare è il suo credere: l'obbedienza fa di lui il padre dei credenti. Dietro i passi di Abramo si muovono i Patriarchi, sorretti dalla speranza di dare vita ad un popolo nuovo, quello dell'alleanza. Al cammino dei Patriarchi si riannoda successivamente quello dell'Esodo, la cui meta è la terra promessa.

Col tempo, tuttavia, il linguaggio relativo al cammino geografico assume valenze di ordine spirituale: il muoversi sulle strade della terra è visto come un segno del cammino di fede, del comportamento morale e della ricerca di Dio.

La Chiesa, che ama definirsi nuovo Popolo di Dio, pellegrinante nella storia, assume ed applica a sé questo significato e si esprime con lo stesso linguaggio. Per san Paolo i cristiani sono esuli in cammino verso la patria: nella loro vita acquistano una nuova luce le vicende dell'Esodo: la nube, il passaggio del mare, l'acqua della roccia, il serpente di bronzo (1Co 10). San Pietro si rivolge ai cristiani come a forestieri e viandanti, che debbono vivere nel timore di Dio il tempo del loro pellegrinaggio terreno (1P 1,2 1P 1,11).

Così la prospettiva biblica delinea la vita del credente come un cammino di speranza che si indirizza verso Dio e si qualifica appunto come un pellegrinaggio per la tenacia contro le difficoltà, la resistenza contro le tentazioni e il coraggio nel professare la fede.

Fra tutte le esperienze umane Dio ha voluto scegliere quella della migrazione per significare il suo progetto di salvezza dell'uomo. Il cammino appare lo sfondo più adatto per salvare l'uomo nei limiti della sua precarietà e coglierlo nella sua tensione verso la liberazione definitiva.


3. La figura di Maria è intessuta, per così dire, con i fili della storia della salvezza. Ella riassume in sé tutte le attese e tutte le disposizioni più mature del suo popolo. Ella viene da un popolo e si impegna per un popolo: manifesta così sia la continuità dell'alleanza di Dio e degli uomini, sia la differenza e la novità apportate da Cristo. Ella appartiene agli umili e ai poveri del Signore, i quali con fiducia camminano verso di lui per ricevere la salvezza. "Maria - ho scritto nell'enciclica "Redemptoris Mater" - avanzo nella peregrinazione della fede... Il duplice legame che unisce la Madre di Dio al Cristo e alla Chiesa acquista un significato storico. Né si tratta soltanto della storia della Vergine Madre, del suo personale itinerario di fede..., ma della storia di tutto il Popolo di Dio, di tutti coloro che prendono parte alla stessa peregrinazione della fede" (RMA 5). La peregrinazione del Popolo di Dio passa per sentieri tortuosi, il cui tracciato si fa spesso labile ed incerto, fino a perdersi talvolta nel tunnel oscuro di situazioni oppressive, per le quali non si vedono sbocchi. L'unica guida rimane allora la fede, e l'unico sostegno la preghiera.

Tale fu il cammino di fede, percorso da Maria. Le viene annunciato che, senza conoscere uomo, avrebbe partorito il Figlio Gesù, salvatore del suo popolo, erede del trono di David, Figlio dell'Altissimo. Ma tali assicurazioni non costituiscono una facilitazione nello svolgimento del suo compito, né un salvacondotto contro le avversità. Al contrario, da quelle promesse ha inizio il suo itinerario di fede. A Betlemme non c'è posto per questo Figlio. Successivamente le viene svelato che le circostanze in cui egli svolgerà la sua missione saranno la contraddizione e l'incomprensione, e che in tale destino di sofferenza sarà coinvolta anche lei: una spada le trafiggerà l'anima. Altre tappe dolorose segnano il suo cammino, quali la fuga in Egitto e lo smarrimento di Gesù nel tempio. Ma, sorretta dalla fede nell'adempimento delle promesse del Signore, ella vive queste vicende nella fiducia e nella conformità al volere del Signore. "Maria da parte sua serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).


4. La beatitudine della fede di Maria raggiunge il suo pieno significato ai piedi della croce, dove ella, con animo materno, si associo al sacrificio di Gesù: "Avanzo nella peregrinazione della fede e serbo fedelmente la sua unione con il Figlio fino alla croce" (LG 58). Qui Gesù conferma la funzione di Maria come madre sollecita per i figli, quale già si era mostrata in occasione delle nozze di Cana. Qui troviamo "il riflesso e il prolungamento della sua maternità verso il Figlio di Dio" (RMA 24). Maria viene posta come punto di riferimento per la Chiesa e per i singoli nel cammino di fede verso il Signore. Per questo brilla "quale segno di sicura speranza e di consolazione" per il peregrinante Popolo di Dio (LG 68).

In lei, dunque, cari migranti, abbiate fiducia. A lei affidatevi in tutte le pene inerenti alla vostra condizione. Credete nell'amore di Dio per voi, anche quando è difficile vederlo o avvertirlo negli avvenimenti o nel comportamento degli uomini. Ricorrete sempre a Maria, ricorrete a Maria con ferma fiducia! E ricordate che ciò non significa cercare in lei comprensione soltanto per il tempo dell'emergenza, in attesa di riacquistare una sicurezza umana per poi adagiarsi in essa, quasi ciechi ad un destino superiore e sordi all'incontro con Dio. Al contrario ricorrere a Maria e affidarsi a lei significa allargare la speranza a quegli spazi, in cui Dio può entrare e operare. Maria è l'inizio di un popolo che riceve il Salvatore. Ella conosce la miseria e la debolezza degli uomini, ma sa anche che ogni male, compreso il peccato, non ha l'ultima parola sull'uomo. Ella ha fatto l'esperienza della croce e sa che si può "stare in piedi" accanto ad essa. Per questo canta la gioia di coloro che hanno fatto posto a Dio nella propria vita. Proclamata beata perché ha creduto alla realizzazione delle promesse del Signore, ella si effonde in quel canto di esultanza e di gioia che è il "Magnificat", mirabile professione di fede nella potenza del Dio fedele e misericordioso. Il "Magnificat" è il compendio del Vangelo, di cui costituisce come l'introduzione: è la buona novella annunciata ai poveri. Operando nella storia degli uomini, Dio si oppone alla boria dei superbi che emarginano i miseri, all'arroganza dei potenti che opprimono i deboli, alla cupidigia degli accaparratori di ricchezze ai danni dei poveri, e interviene per rinfrancare gli infelici, per sollevare gli umili e ricolmare di beni gli indigenti. Egli è "il Dio degli umili, il soccorritore dei derelitti, il rifugio dei deboli, il protettore degli sfiduciati, il salvatore dei disperati" (Jdt 9,11).


5. In Maria, inoltre, è simboleggiato l'intero popolo credente e pellegrino tra le vicende di questo mondo. In lei si esprime anche l'intera comunità, che annuncia la realtà del regno e ne indica la dinamica. Per questo, il suo canto diventa profezia. Ciò che si è verificato in lei si realizzerà in tutti coloro che credono all'avvento del Regno di Dio. Nel mondo di oggi i superbi, i potenti, i ricchi hanno ancora la meglio sui deboli e sui poveri, che soffrono la miseria e l'emarginazione. L'impegno a ribaltare la situazione secondo la logica del Vangelo costituisce un vero programma etico per i credenti.

La promessa di Dio non si traduce, tuttavia, in evento di salvezza senza la collaborazione dell'uomo. Non è sufficiente credere alla buona causa dei migranti; è necessario impegnarsi a difenderla e a sostenerla.

Questo programma di azione ha molteplici risvolti, da quelli interiori personali a quelli collettivi e perfino strutturali. L'esperienza odierna ci dice, anzi, che questi ultimi hanno una grande importanza nel peregrinare dell'umanità verso la sua pienezza. Nella mia recente enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" ho qualificato come "strutture di peccato" quei fattori negativi che agiscono contro il bene comune, impediscono il cammino dell'umanità verso il suo sviluppo e umiliano la dignità della persona umana. La loro rimozione rientra nel dovere di permanente conversione del cristiano. "Nel "Magnificat" Maria si presenta come modello per coloro che non accettano passivamente le avverse circostanze della vita personale e sociale, né sono vittime della alienazione, come si dice oggi, ma proclamano con lei che Dio innalza gli umili e, se ne è il caso, rovescia i potenti dal trono". così affermavo il 30 gennaio 1979 nel Santuario di Zapopan in Messico; e nella citata enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" ho aggiunto: "La materna sollecitudine di Maria si estende agli aspetti personali e sociali della vita degli uomini sulla terra" (SRS 49). Maria, che intona il suo cantico al Signore, diventa un modello straordinario per l'umanità di oggi.

Ella impegna tutti gli uomini di buona volontà in questa opera di superamento delle situazioni di peccato. "Attingendo dal cuore di Maria, dalla profondità della sua fede, espressa nelle parole del "Magnificat", la Chiesa rinnova sempre meglio in sé la consapevolezza che non si può separare la verità su Dio che salva, su Dio che è fonte di ogni elargizione, dalla manifestazione del suo amore di preferenza per i poveri e gli umili" (RMA 37).


6. Desidero affidare a Maria la difficile situazione personale di tanti emigrati, affinché, intercedendo presso il suo Figlio, ottenga loro sollievo e soccorso.

Affido a lei la difficile situazione internazionale, il cui squilibrio economico e sociale costringe tante persone a cercare all'estero più degne condizioni di vita.

Un aspetto particolare delle migrazioni è oggi costituito appunto "dai milioni di rifugiati, a cui guerre, calamità naturali, persecuzioni e discriminazioni di ogni tipo hanno sottratto la casa, il lavoro, la famiglia e la patria" (SRS 24). Invito tutti a riflettere e ad impegnarsi attivamente per la rimozione delle cause che sono all'origine dello sradicamento di tanti milioni di persone dalle loro terre di origine; ciascuno, per quanto da lui dipende, eserciti l'accoglienza cristiana verso i rifugiati e i migranti, come efficace adempimento della preghiera della liturgia: "O Padre, che hai mandato il tuo Figlio a condividere le nostre fatiche e le nostre speranze e hai posto in lui il centro della vita e della storia, guarda con bontà a quanti migrano per lavoro lungo le vie del mondo, perché trovino dappertutto la solidarietà fraterna che è libertà, pace e giustizia nel tuo amore" ("Orat. in Missam pro Migrantibus").

A tutti voi, venerati fratelli e figli carissimi, il mio saluto e la benedizione in Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

Dal Vaticano, il 4 Ottobre dell'anno 1988, decimo di Pontificato.


Data: 1988-10-04 Data estesa: Martedi 4 Ottobre 1988




Omelia all'ordinazione episcopale di monsignor Audrys Backis - Basilica Vaticana (Roma)

Titolo: Umiltà, fierezza, libertà interiore caratteristiche del vero apostolo

Testo:


1. "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perchè hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11,25).

Queste parole di Gesù, vibranti di commozione, la Chiesa ha scelto per presentarci Francesco d'Assisi nel giorno della sua festa. Quanto eloquenti esse ci appaiono nella luce del "Poverello"! Egli è stato certamente uno di quei "piccoli", a cui il Padre ha rivelato i misteri del suo regno.

Glieli ha rivelati in un modo così profondo e toccante che l'esperienza spirituale dell'assisiate è diventata punto di riferimento e luminosa sorgente di ispirazione per innumerevoli schiere di credenti nel corso dei secoli. Il movimento francescano, sulla scorta di quella esperienza, ha risalito l'Europa, ha varcato gli oceani, ha permeato culture diverse, ha suscitato una fioritura ininterrotta di iniziative benefiche, si è arricchito di frutti meravigliosi di santità cristiana.

"Ti benedico, o Padre...". Guardando alle splendide manifestazioni della spiritualità francescana nei tempi passati e nel presente, anche noi ci sentiamo spinti a ripetere le parole di Gesù e a ringraziare il Padre per l'inestimabile dono che, nel "Poverello", ha fatto alla Chiesa.


2. Francesco conobbe veramente il mistero di Cristo. Illuminato dalla fede capi che, al centro di tale mistero, stavano la passione, morte e risurrezione del Verbo Incarnato. Lo capi e ne trasse le conseguenze con coraggiosa coerenza, senza indulgere a "glosse" deformanti o, comunque, riduttive. Nessuno meglio di lui ha potuto far sue e ripetere, con l'eloquenza di una vita misurata sul Vangelo, le parole di Paolo: "Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo" (Ga 6,14).

Fu proprio da questa condivisione della passione di Cristo che Francesco derivo quel senso di interiore libertà nell'annuncio del Vangelo, grazie a cui - come scrive il suo biografo - "non temeva censori e predicava la verità con estremo coraggio" (S. Bonaventurae "Legenda maior", XII, 8). Anche lui, infatti, poteva ripetere con l'Apostolo: "D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi, poiché io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo" (Ga 6,17).


3. Ecco il contesto spirituale in cui la Provvidenza ha disposto che avvenisse la tua promozione all'episcopato, carissimo monsignor Audrys Backis. Sono lieto di essere io stesso ad importi le mani per conferirti la pienezza del Sacerdozio ed introdurti nel collegio dei successori degli apostoli, ai quali Cristo affida oggi, come un tempo ai Dodici, la sua Chiesa.

Ne sono lieto, perché posso anche in questo modo manifestarti la mia gratitudine per i molti servizi da te resi alla Santa Sede in questi anni, per la piena fedeltà che hai sempre avuto verso il Papa, per lo spirito di sacrificio con cui hai saputo spenderti nell'adempimento delle varie mansioni, che ti sono state affidate: dalla solerte collaborazione nelle Rappresentanze Pontificie di Manila, San José de Costarica, Ankara, Lagos, fino all'intensa attività di questi anni nel Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, ove nel 1979 fosti chiamato alla responsabilità di sottosegretario.

Ora ti invio come mio rappresentante nei Paesi Bassi, terra di ricche tradizioni civili e religiose, nella quale peraltro la Chiesa ha attraversato di recente un periodo di sofferte tensioni. Desidero che tu rechi ai fedeli di quelle regioni l'attestazione del mio affetto, insieme con l'assicurazione della mia fiducia nella loro capacità di trarre dal patrimonio del passato nuove risorse per costruire il futuro. Sarà altresi tuo compito coltivare buoni rapporti con le autorità civili, promuovendo con esse quella collaborazione leale e costruttiva che tanti vantaggi suole arrecare ai cittadini.


4. Va' dunque, carissimo fratello, verso il nuovo campo di lavoro, che oggi ti viene affidato.

Ci vai come Vescovo, cioè come persona su cui Cristo conta per continuare la sua opera di salvezza nel mondo. Intorno al Vescovo, infatti, si edifica la Chiesa, della quale come "pietre vive" (1P 2,5) entrano a far parte i fedeli guadagnati al Vangelo dal suo ministero di sacerdote, di maestro e di pastore. Ci vai come rappresentante del Papa, per consentirgli di assolvere in concreto a quella "diaconia" della carità, che Cristo ha affidato a Pietro e ai suoi successori. Sarà quindi tuo compito lavorare per rendere più intensa la comunione nei vincoli di unità, di carità e di pace tra i Vescovi della Chiesa che crede, prega ed opera nei Paesi Bassi e il Vescovo della Chiesa che, in Roma, "presiede all'assemblea universale della carità" (cfr. S. Ignatii Antiocheni "Ad Romanos", Intr.).


5. Va' fidando nel Signore. Va' ripetendo col salmista: "Sei tu, Signore, l'unico mio bene... / Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio... / Io pongo sempre innanzi a me il Signore, / sta alla mia destra, non posso vacillare" (Ps 16[15],passim.).

Il Signore sarà accanto a te perché non abbia a vacillare, se cercherai di far tue, sull'esempio di Paolo e di Francesco, le caratteristiche del vero apostolo: l'umiltà dei "piccoli" a cui il Padre rivela i suoi segreti; la fierezza di chi non ha altro da annunciare che la croce di Cristo; la libertà interiore che deriva dal portare nel proprio animo le "stigmate" dei molteplici distacchi richiesti dalla fedeltà al Vangelo; la certezza che nell'annuncio della croce è posta la sorgente della pace e della misericordia "per tutto l'Israele di Dio".


6. Nel pronunciare queste parole, che riecheggiano il testo dell'Apostolo proclamato poc'anzi, il mio pensiero va con particolare affetto al tuo popolo d'origine, a quella Lituania a me tanto cara, che lo scorso anno ha celebrato il VI centenario del suo "battesimo".

Nella croce di Cristo il tuo nobile popolo ha trovato veramente "pace e misericordia". Intorno alla croce esso ha costruito la propria identità nazionale; dalla croce ha tratto ispirazione per il proprio cammino storico; in essa ha riscoperto le ragioni per vivere e sperare anche nelle ore buie e dolorose della prova.

Possa la croce continuare a svettare sulle chiese, che la fede degli avi ha eretto verso il cielo; possa avere ancor sempre il posto d'onore nelle case e nei luoghi più frequentati delle varie città e paesi, per riproporre dappertutto l'annuncio di una sicura speranza; soprattutto, sia essa accolta nel cuore dei fedeli, a cui spetta il compito di onorare con instancabile tenacia per l'avvenire di un futuro migliore.


7. "Sei tu, Signore, l'unico mio bene... / Mi indicherai il sentiero della vita, / gioia piena nella tua presenza, / dolcezza senza fine alla tua destra" (Ps 16[15],11).

Questa "gioia piena", che scaturisce dalla comunione col Signore, io auguro a te, carissimo fratello; al tuo popolo d'origine, la Lituania; al popolo dei Paesi Bassi, verso il quale t'avvii per svolgervi il mandato apostolico nel nome di Cristo. "Gioia piena" in Cristo Gesù. Egli ti accompagni e ti benedica.

Amen!


Data: 1988-10-04 Data estesa: Martedi 4 Ottobre 1988




Commissione Teologica Internazionale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Incontro con la Commissione Teologica Internazionale

Testo:

Dato che secondo un'antichissima convinzione della Chiesa la "legge della preghiera" e la "legge della fede" sono sempre strettamente congiunte, è cosa assai opportuna che la vostra Commissione Teologica Internazionale proprio in questi giorni dia inizio ai suoi lavori e alle sue deliberazioni a partire dal rito liturgico di oggi che si celebra intorno allo stesso umile successore del beato Pietro.

Porgiamo innanzitutto il nostro saluto al vostro prefetto il Cardinal Ratzinger e agli altri partecipanti al vostro congresso. Il tema dei vostri studi è "La retta interpretazione dei dogmi".

In questa celebrazione liturgica perciò dobbiamo chiedere la luce e l'aiuto divino e la guida celeste nello scrutare e interpretare le dottrine immutabili della Chiesa, cosicché la comunità di Cristo in terra possa sempre con la massima fedeltà seguire ed obbedire alle rivelazioni di Dio onnipotente, alla misericordia del quale vogliamo affidare il Cardinale Hans Urs von Balthasar, un tempo vostro onorato collega, morto recentemente. Intanto secondo la volontà di Cristo preghiamo perché sia fruttuoso e fecondo l'esito dei vostri studi, imponendovi la nostra benedizione alla fine di questo rito e celebrando con animo lieto la sacra Eucaristia di oggi.


Data: 1988-10-05 Data estesa: Mercoledi 5 Ottobre 1988










A familiari ed amici del neo-Arcivescovo Backis - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Madre della misericordia, fa' che la Chiesa in Lituania continui ad essere generosa e fedele

Testo:


1. Sono lieto di accogliere i familiari e gli amici, che si sono stretti attorno a monsignor Backis in occasione dell'ordinazione episcopale, che ho avuto la gioia di conferigli nella festa di san Francesco.

Rivolgo un saluto particolare ai genitori e agli altri familiari del nuovo Arcivescovo: voi avete dato alla Chiesa il vostro figlio e la Chiesa vi è grata per questo dono che è una viva testimonianza della fede e dell'amore su cui avete costruito la vostra famiglia.

Sono presenti a questo incontro anche numerosi lituani, ai quali desidero porgere il più cordiale benvenuto. Due cari presuli sono giunti, per questa solenne circostanza, dalla vostra patria: il venerato monsignor Stepanovicius, dopo una sofferta lontananza di molti anni, e monsignor Preiksas, in rappresentanza della Conferenza episcopale. A loro affido il mio saluto per tutta la Lituania, sempre presente nel mio pensiero e nella mia preghiera. Saluto anche il Vescovo incaricato dell'assistenza pastorale dell'emigrazione, monsignor Baltakis, ed il suo venerato predecessore monsignor Deksnys, come pure i membri dell'Accademia Lituana Cattolica delle Scienze, che in questi giorni celebrano in Roma un importante convegno. So che tutti voi, fratelli e sorelle lituani, traete motivo di iegittima fierezza dall'elevazione all'episcopato di questo vostro conterraneo: la Lituania, radicata da sei secoli nel suo Battesimo cattolico, continua a portare alla Chiesa un contributo di grande ricchezza spirituale. Al contempo, sono certo che questa circostanza costituirà per tutti e per ciascuno un'occasione privilegiata di confermare il vostro generoso impegno di fedeltà e di amore a Cristo e alla Chiesa.


2. Un saluto cordiale rivolgo anche ai compagni di scuola ed agli amici di monsignor Backis, che da varie parti del mondo sono convenuti per la sua ordinazione. Voi, che avete avuto la gioia di godere della sua amicizia, sapete anche quanto egli sia stato vicino al Papa in questi anni, e gli abbia offerto un servizio sempre generoso, premuroso e fedele.

Egli è ora chiamato a proseguire tale servizio alla Santa Sede come Nunzio apostolico nei Paesi Bassi. Sono sicuro che voi, che ora lo festeggiate con affettuosa partecipazione, continuerete a sostenerlo con la vostra amicizia e con la vostra preghiera nella nuova ed impegnativa tappa del suo ministero.

Il motto episcopale "Sub tuum praesidium" scelto da monsignor Backis, pone il suo servizio, anzi tutta la sua vita di sacerdote e di Vescovo, sotto la protezione di Maria. Insieme con lui, imploriamo l'assistenza della Madre celeste sulla sua missione, sulla sua famiglia e sulla Chiesa che è in Lituania.


3. O Madre della Misericordia, invocata con questo dolcissimo nome alla Porta dell'Aurora di Vilnius! Guarda questo tuo figlio, che a te affida le nuove responsabilità a cui è chiamato nella Chiesa: illuminalo, sostienilo, ottienigli abbondanza di grazie.

O Madre della Misericordia! Benedici e conforta il papà e la mamma di monsignor Backis, i suoi familiari, i suoi amici! O Madre della Misericordia! Guarda con tenero amore alla nazione che ha dato i natali a monsignor Backis! Benedici la Chiesa, che vi è operante da sei secoli, benedici i suoi pastori e fa che continui ad essere, come nel passato, generosa e fedele! Con la mia apostolica benedizione.


Data: 1988-10-06 Data estesa: Giovedi 6 Ottobre 1988




A un pellegrinaggio di fedeli ungheresi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'Ungheria sia sempre fedele al cattolicesimo e alla Tradizione cristiana europea

Testo:


1. Sono lieto di accogliere e di salutare voi tutti, pellegrini ungheresi, venuti a Roma in occasione del 950° anniversario della morte di santo Stefano e per ricordare l'invio della corona reale al medesimo santo da parte di Papa Silvestro II.

Saluto in particolare il Cardinale Laszlo Paskai, Arcivescovo di Esztergom, il quale, unitamente agli altri presuli, ha voluto guidare ed introdurre questo familiare incontro.

In questo anno giubilare avete voluto fare memoria di un uomo grande che fu il fondatore della nobile nazione ungherese; e nello stesso tempo avete voluto ricordare l'uomo santo, che, col dono del Battesimo, condusse il suo popolo nella comunità ecclesiale e in quella delle nazioni cristiane d'Europa. Ricordare quest'uomo significa tornare all'inizio della storia della vostra nazione ed incoraggiare gli uomini di oggi a rimanere fedeli a quelle decisioni storiche prese allora da santo Stefano, che cioè l'Ungheria sia sempre fedele alla fede cattolica ed alla Tradizione cristiana europea.

Santo Stefano apri la nazione ai valori universali della religione e della cultura cristiana, sapendo che nessuna comunità può essere viva per lungo tempo nella storia, se è chiusa in se stessa. La nazione in quel tempo doveva imparare da altri la cultura, la struttura dello stato, l'arte europea. Stefano era capo lungimirante e santo da poter convincere i suoi sudditi sulla necessità di questa apertura ai valori universali. Saper imparare il buono da altri, da altre nazioni, da altre culture, è sempre il segreto della vitalità di una nazione.


2. E'privilegio dei santi che la data della morte assuma un'importanza particolare, perché è la loro seconda e vera nascita per il Regno di Dio. Stefano ha aperto la sua nazione alla visione cristiana della storia umana, che ha come scopo finale la vita eterna. così la sua morte rievoca sempre la memoria di quella scelta storica che lui propose alla nazione. Oggi, quando la umanità si dibatte nelle incertezze di coscienza e di convinzione, nei dubbi o negazioni di fede, questa testimonianza è ancor più importante. La vocazione dei cristiani è vivere in modo tale che la loro vita terrena sia preparazione alla vita eterna, ed essi siano veri testimoni della fede nel Regno di Dio.

Le festività in Ungheria si sono concentrate attorno alla reliquia della mano destra del santo re. Questa mano, reliquia tanto cara alla nazione e alla Chiesa ungherese, è il segno prezioso di quella autorità forte, di quella volontà decisa che ha tracciato la strada per la vostra nazione nella storia. Nello stesso tempo, la reliquia della mano destra ci richiama alla mente la mano onnipotente di Dio, che con la scelta di uomini eletti dirige la storia dell'umanità verso un destino eterno. Preghiamo che l'Ungheria abbia sempre uomini dalla mano sicura e giusta che garantiscano il futuro dell'Ungheria.


3. Questo vostro pellegrinaggio ci è molto caro anche per la presenza di numerosi giovani venuti dalla patria e da tutto il mondo. Le loro persone, la loro pietà nelle cerimonie, il loro canto disciplinato ci danno fiducia che la nazione ungherese sarà sempre viva ed attiva nella storia. Auguriamo che questa gioventù abbia sempre maestri buoni quali li ebbe sant'Emerico nelle persone del suo padre Stefano e del martire Gerardo.

La festa della "Magna Domina Hungarorum" ha le sue radici nel pensiero di santo Stefano, che affido il popolo alla protezione della Madre di Dio.

Onorando questa "Magna Domina" si rinnova la volontà di Stefano che la nazione magiara sia veramente il "Regnum Marianum".

E'noto a voi tutti che, alla chiusura dell'anno Giubileo di santo Stefano, un invito mi è stato cordialmente rivolto a visitare la vostra terra.

Affido alla Madonna questo invito e preghiamo tutti che la visita - quando sarà possibile effettuarla - ridondi a gloria di Dio ed a bene del caro popolo magiaro.

Con questi pensieri e con questi voti imparto di cuore a tutti voi qui presenti e all'intera nazione ungherese la mia speciale benedizione apostolica, in pegno di copiosi favori celesti.


Data: 1988-10-06 Data estesa: Giovedi 6 Ottobre 1988




Al Congresso di Missiologia dell'Urbaniana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La salvezza, realtà totale ed integrale offerta in dono da Dio a tutti gli uomini

Testo:


1. Sono lieto di accogliere e di salutare tutti voi partecipanti al Congresso Internazionale di Missiologia, organizzato dalla Pontificia Università Urbaniana sul tema: "La salvezza oggi". Il mio riconoscimento va anzitutto al comitato promotore presieduto dal Cardinale Jozef Tomko, al quale dico il mio ringraziamento anche per le amabili parole, con le quali ha introdotto questo incontro. Saluto gli illustri relatori e studiosi tra i quali sua eminenza il signor Cardinale Godfred Danneels, Arcivescovo di Mechelen-Brussel, e tutti coloro che prendono parte al qualificato simposio di studio. Esprimo il mio compiacimento per la costante opera di ricerca e di divulgazione che codesto istituto universitario compie a servizio delle missioni e di tutta la Chiesa, soprattutto sensibilizzando gli studiosi e gli operatori pastorali nel mondo missionario su temi ed argomenti di viva attualità. So che un'eletta schiera di specialisti assicura l'alto livello scientifico e pastorale del congresso, continuando una tradizione ormai collaudata su scala internazionale nell'approfondimento di argomenti teologici ed ecclesiali di grande rilievo.


2. Nella consapevolezza della fondamentale importanza del tema della salvezza, ricordo anzitutto il valore delle parole di Cristo, il divino maestro, la cui portata suona come viva raccomandazione per ogni persona: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?" (Lc 9,25). Tali parole non sono soltanto un forte ammonimento, ma offrono una luce ed un discernimento, che risponde anche alla situazione spirituale in cui vive l'uomo del nostro tempo.

Mentre, infatti, l'uomo moderno, conquistato "il mondo", apparentemente si ritiene pago di sé e crede di non aver più nulla da desiderare, sentendosi pienamente realizzato, in realtà oggi insorge, nella coscienza di molte persone, più acuta ed insistente la consapevolezza degli squilibri che nel mondo generano inquietudine. così la ineludibile esigenza di superare ogni ansia sull'attuale prospettiva del mondo provoca e spinge a cercare il concetto vero di salvezza nei valori trascendenti e nella parola della rivelazione. Che cosa sia la salvezza e come ottenerla non è ovvio per l'uomo. Egli non cessa mai di cercarla e non è mai pago di quello che ha raggiunto, mostrando così chiaramente la sua trepidazione e la sua aspirazione verso l'infinito.

Apprezzo vivamente che la riflessione programmata dal congresso si qualifichi in tal modo per un tema di evidente attualità, ponendosi degli interrogativi sul come è vista la salvezza "oggi", dall'uomo contemporaneo, che si considera "adulto", e per questo si mette spesso in atteggiamento di autosufficienza, di distaeco, se non sempre di rifiuto, nei confronti del trascendente e di Dio. Correnti di pensiero e modelli di vita secolarizzati, sconvolgenti trasformazioni socio-culturali, meravigliose conquiste della scienza e della tecnica, sollecitazioni pressanti dei mezzi di comunicazione, l'idea stessa o il pregiudizio circa tutto quello che costituisce la modernità, possono far credere all'uomo d'oggi che il concetto di salvezza si riduca all'ambito temporale, così che egli possa trovare in sé e nel suo progresso terreno quanto occorre per realizzarla.


3. Quello che il Congresso di Missiologia si accinge a mettere in luce è un argomento complesso anche sotto l'aspetto più propriamente teologico ed ecclesiale. E' proprio il concetto di salvezza, che si confronta con i problemi della liberazione e dello sviluppo, dell'inculturazione e del dialogo inter-religioso. E'la salvezza in quanto dono offerto realmente a tutti ed a ciascuno nella propria esistenza concreta, che sollecita a scrutare meglio i segni e le vie della volontà salvifica universale di Dio, pur sempre misteriosa. E', ancora, proprio il concetto di salvezza che rischia di offuscarsi nella sua natura e nei suoi contenuti sotto l'influsso della mentalità che si fa guidare dai programmi culturali della secolarizzazione sicché nel considerare l'incontro tra le varie culture e religioni con il cristianesimo, non pochi giungono a ritenere meno necessaria la missione della Chiesa e perfino imbarazzante il ruolo unico ed assoluto di Cristo "via, verità e vita" (cfr. Jn 14,6).

Si tratta di questioni, che esigono una risposta approfondita ed adeguata, possibilmente esauriente. perciò considero l'impegno dei teologi, degli studiosi, dei pastori d'anime e dei missionari, provenienti da tante aree ed esperienze, un prezioso contributo per la ricerca su tale argomento, ed auspico che ciò sia fatto sempre alla luce della Parola di Dio, in consonanza con il Magistero della Chiesa, in corrispondenza con i copiosi doni di luce e di grazia dello Spirito Santo.

Poiché la salvezza è una realtà totale ed integrale, essa riguarda l'uomo e tutti gli uomini, attingendo, altresi, la stessa realtà storica e sociale, la cultura e le strutture comunitarie in cui essi vivono. Tuttavia la salvezza non può essere ridotta entro il quadro delle sole necessità terrene dell'uomo o della società, né la si può raggiungere solo con il gioco delle dialettiche storiche. L'uomo non è il salvatore di se stesso in maniera definitiva: la salvezza trascende ciò che è umano e terreno, essa è un dono dall'alto. Non esiste autoredenzione, ma Dio solo salva l'uomo in Cristo (cfr. Ac 4,12-13 1Tm 2,5-6).

Questa convinzione di fede non si contrappone, ovviamente, né fa ombra ai valori che sono presenti nelle varie culture del nostro tempo o delle epoche passate, né dimentica o trascura quanto di "vero e santo" ("Nostrae Aetate", 2) possiedono le varie religioni. Ogni elemento di verità e di bene discende da Dio (AGD 9) e conduce al Cristo, salvatore dell'universo e ricapitolatore di tutte le cose (cfr. Ep 1,10). Lo Spirito del Signore, che "riempie l'universo" (Sg 1,7) ed opera anche "oltre i confini visibili del Corpo mistico" (RH 6), è lo Spirito del Cristo, che guida tutti verso la comunione della vita divina. Su queste strade e in queste prospettive cammina la Chiesa, desiderosa di incontrare l'uomo, perché "l'uomo - ogni uomo senza eccezione alcuna - è stato redento da Cristo" (RH 16).


4. Con tale fiducia e speranza, mentre vi assicuro che vi sono vicino nei lavori del congresso e nelle giuste attese circa i frutti che esso potrà portare per il bene delle anime e per la diffusione dell'annuncio evangelico in terra di missione come in ogni luogo ove la Chiesa opera, vi imparto di cuore la mia benedizione.


Data: 1988-10-07 Data estesa: Venerdi 7 Ottobre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Messaggio per la "Giornata Mondiale del Migrante" - Città del Vaticano (Roma)