GPII 1988 Insegnamenti - Visite pastorali del Vescovo di Roma - Roma

Visite pastorali del Vescovo di Roma - Roma

Titolo: Parrocchia dei santi Simone e Giuda Taddeo

Testo:

[L'accoglienza della comunità ecclesiale] Voglio lodare Gesù Cristo, nostro Signore e salvatore e voglio insieme salutare tutti voi carissimi fratelli e sorelle di questa parrocchia. Parrocchia grande, numerosa, dedicata ai Santi apostoli Simone e Giuda Taddeo. E' appena passata la festa liturgica di questi due apostoli. Oggi pero è una buona occasione per farvi visita. Possiamo dire che è quasi l'onomastico della vostra parrocchia.

Vi saluto cordialmente e vi auguro tutto quello che si deve augurare nel giorno onomastico: vi auguro il bene, tutte le cose buone e promettenti, vi auguro un futuro migliore. Tutto questo desidero augurare a tutte le componenti di questa comunità: alle persone, ad ogni famiglia ed alle diverse generazioni, in quanto ho potuto, passando tra voi, abbracciare, incontrare queste generazioni ed anche baciare le più giovani, quelle dei piccolissimi.

Quando guardo alla vostra Chiesa mi viene in mente Mosè, il quale, seguendo il comandamento di Jahve, del Signore, ha costruito una tenda come abitacolo, come tempio del popolo pellegrino. Quando il Popolo di Dio, il popolo di Israele del Vecchio Testamento, era nel deserto, quella tenda per tutti loro fu segno visibile della presenza di Dio. così anche in questa borgata tanto popolata, tra tante persone e tante famiglie, questa tenda, la vostra Chiesa, è segno della presenza di Dio. Oggi, quindi, davanti a questa presenza di Dio presenza neotestamentaria, presenza eucaristica, ci incontriamo, vogliamo, con Dio che si è fatto uomo, con l'Emanuele, il Dio con noi, il quale ha inviato nel mondo gli apostoli, vivere la nostra vita. Vivere alcune ore privilegiate della nostra vita; sono le ore del giorno domenicale, le ore del Signore. Consacriamo almeno una parte di questo tempo sacro ad essere con lui. E così essendo vicini a lui vogliamo anche noi diventare migliori. Quando uno è più vicino a Dio è più uomo, migliora, approfondisce la sua realtà personale, si alza e cammina. E' così importante che ciascuno di noi cammini sulla strada della vita, che progredisca su questa strada. La presenza di Dio, la nostra presenza con Dio, oggi l'ultima domenica di ottobre, deve spingere verso un cammino più umano, più cristiano, più degno dell'uomo e degno del figlio di Dio. Ecco, questo è l'augurio che rivolgo alla vostra parrocchia ed a ciascuno di voi, a tutte le comunità, ai vostri sacerdoti, soprattutto al parroco ed ai suoi collaboratori. A tutti auguro di camminare insieme con Gesù Cristo, come camminavano gli apostoli. Camminare in una vita sempre più umana e cristiana.

[Il gioioso incontro con i bambini] Devo subito dirvi che mi piace questa tenda, riempita da tanti ragazzi e ragazze insieme con i vostri genitori, con i vostri insegnanti, le suore ed anche con i vostri sacerdoti della parrocchia dei Santi Simone e Giuda. Chi erano questi santi? Erano apostoli? E quanti erano gli apostoli... Dodici... Mi ricordo che erano dodici. Chi era il primo degli apostoli? E questo Pietro dove è adesso? Ma Pietro è già morto da tanti secoli... Quasi duemila anni... Dove è la sua tomba? Voi avete detto che sta a Roma... C'è anche una Basilica a lui intitolata: San Pietro. E voi siete andati almeno una volta a vedere questa Basilica? Voi sapete dove si trova San Pietro a Roma?... Allora voi potrete ancora una volta venire a fare visita al successore di Pietro... Anche voi potrete restituire la visita che lui, ora, sta compiendo qui. Sugli apostoli sembra che sappiate abbastanza. Ma c'è ancora un altro tema molto bello, quello che avete cantato: cancelliamo l'egoismo.

Chi ci ha insegnato a cancellare l'egoismo? Gesù... Lui non ha parlato pero con questa espressione, ha usato la parola amore. Ha detto che ciascuno deve amare il suo prossimo. Amare Dio soprattutto, poiché Dio è il sommo bene, senza di lui non ci sarebbe nessuno, non ci sarebbe niente. Amare Dio soprattutto, vuole dire amare i nostri simili, gli altri uomini, come amiamo noi stessi. Questo vuole dire cancellare l'egoismo. Cancellare l'egoismo significa amare il nostro prossimo, i nostri fratelli, e sorelle. Tutto questo ci ha insegnato Gesù Cristo, e non solamente con le parole; parole che ascolteremo anche oggi nel Vangelo, durante la Messa. Ma lo ha insegnato soprattutto con il suo esempio, con la sua vita. Anzi ha dato la vita per amore di noi, per salvarci dal peccato e dalla morte eterna, ha dato la sua vita morendo sulla croce. E con questo suo sacrificio Cristo non ci ha lasciato. Cosa celebriamo quando partecipiamo della santissima Eucaristia nella santa Messa? Celebriamo il suo sacrificio, il sacrificio che Cristo ci ha lasciato come sacramento. Sacramento in cui lui ha manifestato l'amore supremo del Padre.

Ci ha lasciato l'Eucaristia come alimento, come cibo e bevanda, come forza del nostro cammino. Allora gli apostoli sono stati inviati per portare questo messaggio di salvezza in tutto il mondo. E noi, impariamo questo messaggio da bambini, da piccoli e poi crescendo ci sforziamo di capirlo sempre meglio per porlo al centro della nostra vita e per realizzare questo messaggio di salvezza nella nostra vita. così diventiamo sempre più maturi come persone, come cristiani.

A tutti voi, ragazze, ragazzi e bambini auguro di diventare sempre più cristiani. Siete contenti di questo augurio? Non potrei augurarvi niente di più grande. Questo è l'augurio più grande: diventare sempre più maturi, più buoni cristiani, imitatori di Cristo, figli di Dio. Benedico di cuore tutti i presenti ed i piccoli così numerosi nella parrocchia dei Santi Simone e Giuda Taddeo.


[Omelia durante la celebrazione eucaristica]


1. "Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze" (Dt 6,4-6).

Così parla Mosé al popolo dell'antica alleanza. Queste parole riassumono tutta la fede d'lsraele, e alla fede collegano strettamente il supremo principio del comportamento: la legge dell'amore di Dio sopra ogni cosa.

Questa legge è principio della vita di ogni figlio e figlia di Israele.

E la loro eredità spirituale, il frutto della liberazione dalla schiavitù d'Egitto. E l'eredità della rivelazione di Dio ai piedi del monte Sinai. E' il fondamento di ogni bene - anche nella vita temporale.


2. Quando a Gesù viene chiesto da uno degli scribi: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?" (Mc 12,28), egli risponde con le stesse parole che un tempo Mosé aveva proclamate al popolo. La stessa legge dell'amore di Dio sopra ogni cosa è pure il primo e più grande comandamento della nuova alleanza.

Questo primo e più grande comandamento implica - anzi in un certo senso include in sè - il secondo: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". E Cristo aggiunge: "Non c'è altro comandamento più importante di questi" (Mc 12,31).

"Di questi", cioè: di questi due che ne formano e costituiscono uno solo.

"Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" così leggiamo nella prima lettera di san Giovanni (1Jn 4,20).


3. Le letture dell'odierna liturgia ci ricordano ciò che è fondamentale e centrale in tutta la morale cristiana.

La morale decide della forza spirituale di un uomo. L'uomo attinge questa forza spirituale da Dio, quando fa del comandamento dell'amore il principio del proprio comportamento.

Quanto espressiva è la testimonianza che ne rende il salmista nell'odierna liturgia! "Ti amo, Signore, mia forza, / Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; / mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo" (Ps 18[17],2-3).

Si, Dio è questa "roccia", questa "rupe" sulla quale si costruisce la forza spirituale dell'uomo. In lui l'uomo trova il riparo da tutto ciò che è contrario alla sua forza morale, da ciò che offende anche la dignità di un essere creato ad immagine e somiglianza di Dio.

L'amore è la potenza contro le debolezze, le tentazioni e i desideri che sono latenti nell'anima umana come effetto della caduta originale. L amore è quindi la potenza dei deboli.

E' la potenza che "si manifesta pienamente nella debolezza" come scrive san Paolo (2Co 12,9) - e consente all'uomo di riportare le vittorie spirituali a somiglianza di Cristo.


4. "Se uno mi ama osserverà la mia parola", dice Cristo agli apostoli la vigilia della sua passione. Sono parole che pronunzia e ripete anche oggi ad ogni uomo.

Allo scriba - dopo aver risposto alla sua domanda, ricordando il primato dell'amore di Dio e del prossimo - Gesù dirà: "Non sei lontano dal Regno di Dio" (Mc 12,34).

Infatti: il Regno di Dio è un'attuazione dell'intero "ordine dell'amore". Si potrebbe dire - utilizzando le parole pronunciate nei nostri tempi da Paolo VI - di tutta la "civiltà dell'amore".

"Se uno mi ama... il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui" (Jn 14,23).

L'intero ordine dell'amore, basato sul comandamento, l'assetto dell'amore, "la civiltà dell'amore" hanno la loro radice nel cuore dell'uomo. Mediante l'amore Dio abita in questo cuore. Dio dimora in esso e plasma l'uomo dal di dentro. Dio: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, diventa, dal di dentro, la potenza dell'uomo, la "roccia" e la "rupe" della sua umanità.

Soltanto su tale via, l'uomo trasformato interiormente dall'amore, può rendere il mondo, in cui vive, più umano, più degno dell'uomo. può contribuire alla "civiltà dell'amore", che è un grande "progetto" evangelico per l'organizzazione del mondo a misura della piena dignità dell'uomo. E mediante questa, si avvicina anche il Regno di Dio: "Non sei lontano dal Regno di Dio".


5. La parrocchia - la comunità della Chiesa - è un ambiente che deve servire a questa trasformazione salvifica. Cristo è presente in essa per rendere costantemente testimonianza al primato dell'amore di Dio e del prossimo.

Fu appunto questo amore cristiano a muovere lo zelo dei due apostoli Simone e Giuda Taddeo, che voi venerate come patroni della vostra comunità parrocchiale. Sull'esempio del Signore Gesù, che li aveva chiamati alla sua sequela, essi non dubitarono di versare il proprio sangue e di dare la propria vita per i fratelli, per recare il dono della fede in Paesi lontani e sconosciuti: a questo vertice di eroismo arriva l'amore evangelico, divenuto il segno distintivo del discepolo di Cristo! 6. Con questi pensieri che ci provengono dalla liturgia di questa domenica e, in particolare, dalle figure intrepide ed affascinanti dei due apostoli, desidero esprimere insieme col Cardinale Vicario, Ugo Poletti, e col Vescovo ausiliare del settore est, monsignor Giuseppe Mani, a tutti voi qui presenti i miei saluti più cordiali. Saluto i sacerdoti, a cui è affidata la cura pastorale di Torre Angela: il parroco, don Carlo Motta, e i suoi zelanti collaboratori Conosco l'impegno di questa comunità parrocchiale per la catechesi, articolata in varie forme; per la vita liturgica, particolarmente sentita e curata; per la promozione umana e sociale, in cui tanti laici danno esempio di dedizione e di generosità nell'assistere gli anziani, che vivono nella solitudine; gli ammalati e gli handicappati.

So anche che la parrocchia dedica assistenza ai nomadi di passaggio a Roma; ai giovani irretiti dall'uso della droga, alle famiglie prive di una casa dignitosa e sicura.

Con tante forze operanti e tante possibilità, in una zona che conta circa 40.000 abitanti, è chiaro che la vostra parrocchia è chiamata ad essere una "comunità aperta", posta, cioè, in atteggiamento di disponibilità generosa verso tutti coloro che fanno ricorso al vostro aiuto. Vi invito ad accentuare questo impegno di animazione cristiana e di promozione umana. Non ponete mai un limite ai risultati raggiunti, ma ispirate sempre la vostra condotta agli esempi dei vostri patroni, gli apostoli san Simone e san Giuda Taddeo, che seppero spendere tutte le loro energie per la causa del Regno di Dio.

In preparazione poi all'Avvento, ormai vicino, accentuate sempre di più in voi l'impegno della conversione del cuore, che attira in modo speciale i doni della divina misericordia, e che si esprime in modo speciale in una fervorosa pratica del sacramento della Riconciliazione. Per questo non posso non incoraggiare ogni piano pastorale, che prevede una maggiore disponibilità da parte dei sacerdoti ad ascoltare le confessioni dei fedeli. Si tratta del sacramento del perdono divino, nel quale è possibile compiere una preziosa esperienza della grazia che ci salva.


7. La parola dell'odierna liturgia ci ha introdotti nel centro stesso dell'alleanza con Dio. Il comandamento dell'amore è un principio di quest'alleanza. Cristo è il suo patrocinatore, il suo compimento. E' il suo sacerdote. E' questo sacerdote unico, come leggiamo nella lettera agli Ebrei: "santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori (cioè dal peccato) e che nello stesso tempo ha offerto se stesso per i peccati e per i peccatori" (cfr. He 7,26-27).

Ha offerto se stesso una volta per tutte sulla croce. E si offre continuamente nell'Eucaristia. Egli, "il Figlio che è stato reso perfetto in eterno" (He 7,28). Egli, "elevato sopra i cieli", è sempre vivo per intercedere a nostro favore (cfr. He 7,25-26).

Il suo sacerdozio non tramonta mai. E salva perfettamente quelli che si accostano a Dio.

Ricordiamo tutto questo ora, mentre ci è dato partecipare al sacrificio di Cristo nell'Eucaristia.

E' il sacrificio dell'alleanza: nuova ed eterna. In esso trova la sua realizzazione definitiva la legge dell'amore di Dio e del prossimo.

Mediante questo sacrificio ci avviciniamo al Regno di Dio in mezzo a tutte le vicende della nostra esistenza terrena. In virtù di tale sacrificio tutto il creato viene restituito a Dio Creatore e Padre, affinché l'amore rivelato nella creazione e nella redenzione trovi risposta nei cuori umani e nella comunità della Chiesa-Popolo di Dio.

Così sia! [Alle religiose] Vi voglio bene. Ho scritto una lunga lettera sulla dignità della donna.

E vi voglio bene in questo senso: perché siate veramente forti per quello che il nostro Creatore ha voluto che fosse la donna. E vi voglio bene ancora di più per questo: perché Dio ha voluto che ci fosse una donna consacrata, una Vergine consacrata a Dio e allo Spirito Santo, consacrata per il Regno dei cieli. Per testimoniare, in questo mondo, un altro mondo, superiore, divino. E vi voglio bene perché in questo mondo, tra i vostri fratelli, in questa parrocchia, con la vostra testimonianza, siete apostole portatrici di bene. Ecco questo è il bene che vi voglio dire, a ciascuna di voi. E vi benedico.

[Ai rappresentanti del consiglio pastorale] Grazie per questo vostro programma ben studiato, basato sull'esperienza di questa vostra parrocchia. E appunto qui si esprime il significato del consiglio pastorale: fare un'esperienza umana e cristiana insieme ai vostri sacerdoti, ed essere aperti ai loro consigli, ai loro suggerimenti.

Questo che ho sentito da voi è un programma completo della vostra parrocchia, che si trova di fronte a una determinata realtà concreta. Questa vostra assemblea è espressione di due consigli: quello pastorale e quello economico. E rifletto sul fatto che "pastorale" vuol dire anche "economico". Non certo nel senso che tutto, nella pastorale, si riduce al denaro. Bensi nel senso che tutto - ciò che è pastorale e ciò che all'aspetto pastorale è necessario - si può ricondurre a una economia divina.

Questa economia divina è eterna, e si è manifestata nella storia con la venuta di Gesù, con la sua missione, con il suo mistero pasquale, e continua nella Chiesa.

E così, in questo senso, il consiglio pastorale è, deve essere considerato un consiglio economico. Non prescindendo dalle realtà terrene, umane, in cui anche per l'economia divina sono necessari elementi dell'economia umana. Vi auguro di continuare così per il bene di questa parrocchia dedicata ai carissimi apostoli Simone e Giuda Taddeo, e per il bene di questo vostro territorio.

Vi benedico.

[Agli animatori della catechesi, della liturgia e della carità] Prima di tutto, un'osservazione scherzosa. Ovunque io vada i giornalisti mi pongono domande. Oggi sono venuto in questa parrocchia pensando che qui non me ne avrebbero fatte, ma ecco, ancora domande. Si vede che avete uno spirito giornalistico. Ma, a parte gli scherzi, voglio soprattutto ringraziarvi per la vostra presenza, una presenza che è piuttosto una sintesi di tante presenze vostre nella parrocchia, nella comunità umana e cristiana che si chiama parrocchia dei Santi apostoli Simone e Giuda Taddeo.

E questo è prezioso. così, questa parrocchia che porta il nome degli apostoli, diventa veramente parte della Chiesa apostolica, perché la Chiesa in cui crediamo - che è santa, cattolica, apostolica - è tale grazie alla successione apostolica dei suoi pastori.

Questo è un aspetto molto importante, essenziale per l'identità della Chiesa di Cristo. Ma c'è ancora un altro aspetto di questa apostolicità, ed è l'aspetto che si chiama apostolato. La Chiesa è apostolica attraverso l'apostolato, attraverso lo spirito apostolico di tutti i suoi componenti, di tutti i cristiani. Forse in passato era più diffusa l'opinione che l'apostolato fosse cosa del clero, degli ecclesiastici; ma in fondo nemmeno in passato era così. E adesso il Concilio Vaticano II ci ha reso consapevoli che l'apostolato della Chiesa è l'apostolato di tutti i credenti, di tutti i cristiani. Anzi, il Concilio dice espressamente che l'apostolato, per propria natura, è vocazione, chiamata all'apostolato.

Vi vedo qui come un gruppo che ha preso sul serio la propria vocazione cristiana, che ha preso sul serio l'apostolato in questa parrocchia, il proprio essere cristiani. Per questo ringrazio ciascuno di voi personalmente e ringrazio soprattutto lo Spirito Santo perché è la sua azione che fa vivere così ciascuno di noi, la nostra fede, il nostro essere cristiani. E prego lo Spirito Santo che vi faccia perseverare in questa disponibilità apostolica nel campo della catechesi e nel campo della carità. E carità vuol dire solidarietà con ogni uomo, soprattutto con i più bisognosi, che lo sono in modo diverso.

Avete citato i nomadi, ma ci sono certamente tanti altri bisognosi con cui dobbiamo essere solidali per vivere il nostro cristianesimo nel senso più pieno.

Ho detto che ringrazio lo Spirito Santo perché tutti i doni, i cosiddetti carismi, doni spirituali che costruiscono la Chiesa come corpo di Cristo, la Chiesa come comunità vivente, tutti questi doni vengono da lui, sono i doni dello Spirito Santo. Grazie al mistero pasquale, grazie al sacrificio di Cristo, alla sua croce e risurrezione, lo Spirito Santo ci è stato dato, e rimane sempre tra noi, e opera nei nostri spiriti.

Qui siamo sulla soglia delle risposte. Perché queste risposte possono essere molto lunghe. Per esempio, come compiere meglio la missione catechistica, come convincere meglio i giovani, come rendere più attraente questo messaggio che dobbiamo trasmettere ai giovani nei diversi momenti della vita? Qui entrano anche altri aspetti: la maturazione personale, intellettuale, affettiva, ma direi soprattutto che qui si deve lasciare spazio allo Spirito Santo. E questo spazio allo Spirito Santo si lascia sempre attraverso la preghiera.

Se vogliamo perfezionare il nostro apostolato come catechisti dobbiamo pregare. Pregare soprattutto nei momenti più difficili, nei casi più difficili, come Gesù nel Getsemani. Ha sofferto di più e ha pregato di più. Quando ci troviamo davanti alle difficoltà maggiori, nei casi più difficili, dobbiamo pregare di più. E poi le risposte vengono. Non si tratta di risposte generiche, si tratta sempre di una risposta concreta. Qualche volta una sola parola decide, converte, convince.

Lo stesso per il problema della carità. Su questo problema, certo, la Chiesa di Roma, dappertutto, in ogni parrocchia, si trova davanti al tema dell'amministrazione pubblica, comunale, che "ex officio" dovrebbe occuparsi di molti di questi problemi. Molte volte non è in grado, non è preparata, e mancano anche i mezzi. Allora la Chiesa molte volte assume un compito pionieristico, e fa quello che può. Non può fare tutto, perché per risolvere i problemi della povertà, i bisogni di carattere anche economico, sono necessari i mezzi di cui la Chiesa dispone scarsamente.

D'altra parte, dal punto di vista evangelico, dal punto di vista della logica del Vangelo, tante volte Cristo esalta questo poco, queste piccole cose, che hanno tanto valore nel Vangelo, nell'apprezzamento di Cristo. E queste piccole cose valgono anche molto nella realtà sociale, ambientale, perché sono, in sé, un inizio, portano avanti una iniziativa, inaugurano. Allora, non dobbiamo scoraggiarci se ci sono difficoltà, e se queste difficoltà sono grandi. Penso che è stato sempre così, anche ai tempi degli apostoli Simone e Giuda Taddeo. Era, è così, e probabilmente sarà sempre così. Pero, bisogna fare quel poco. E talvolta quel poco vale più di una realizzazione anche sontuosa, lussuosa, splendida, quando non mancano i denari.

Questa è la mia risposta, un abbozzo di risposta alle vostre domande, che non sono meramente accademiche, astratte, ma sono domande che sorgono dal vostro apostolato, dalla vostra attività apostolica, quando vi dedicate ai giovani nella catechesi o ai bisognosi nella vostra attività caritativa. Vorrei ringraziarvi ancora una volta. Auguro tutto il bene alle vostre persone, alle vostre famiglie, al vostro lavoro. E vi benedico insieme ai Vescovi qui presenti e a tutti i vostri cari.

[Ai numerosi giovani riuniti nell'antica Chiesa parrocchiale] Sono lieto di incontrarvi, e di incontrarvi in questa parrocchia. E' una parrocchia giovane, che cresce, che ha un futuro, e che cerca di costruire questo suo futuro. Costruire anche in senso architettonico. Vediamo qui, dove siamo, la chiesa più antica, ma più in là c'è già la nuova chiesa. Ecco, si costruisce anche così il futuro. Non è tutto, per la chiesa, ma è un elemento importante.

Ma io voglio rispondere anzitutto alla prima domanda, perché essa implicitamente ci riporta alle altre due. Perché - ha chiesto la vostra amica - il Papa ha tanta fiducia nei giovani? La mia risposta è semplice: perché Dio ha fiducia nell'uomo. Di qui si deve cominciare: Dio ha fiducia nell'uomo. Non si può capire quello che troviamo nelle Scritture, incominciando dalla creazione, se non accettiamo che Dio ha fiducia in noi. Cominciamo dalla Genesi, dove si parla del]'uomo creato ad immagine di Dio. Che cosa vuol dire? Vuol dire che Dio, in un certo senso, affida se stesso, la sua natura spirituale - sublimissima - a una creazione che è simile a se stesso.

Questo ci conferma passo per passo la fiducia che Dio ha nell'uomo.

Questa strada prosegue, e arriva al suo vertice in Gesù Cristo. Non si può pensare alla prova di fiducia maggiore di Dio verso l'uomo se non che Dio stesso - mistero trinitario: Padre, Figlio, Spirito Santo - si fa uomo. E suo Figlio, eterno consustanziale al Padre, diventa Figlio dell'uomo. Non si può immaginare una fiducia maggiore del mistero dell'incarnazione e della redenzione di Cristo.

Guardare a Gesù Cristo vuol dire ritrovare sempre questa verità: Dio ha fiducia nell'uomo. E non nell'uomo astratto, generico, ma nell'uomo concreto, in ogni uomo, in noi. Dio ha fiducia in me, questo è il ragionamento della fede basato sulla Parola di Dio, su tutto il messaggio cristiano e sulla sua continuazione.

Come non pensare che Dio ha fiducia nell'uomo se preghiamo insieme l'Eucaristia? Questo fatto che Dio uomo, crocifisso, ci affida il suo corpo, il suo sangue, il suo sacrificio, la sua morte, la sua risurrezione... Dio ha fiducia in noi. E Giovanni Paolo II ha fiducia nei giovani. Come può il servo dei servi di Dio non avere fiducia nell'uomo, in ogni uomo, e soprattutto nei giovani? Ho scritto una volta, in una lettera ai giovani, che essere giovani vuol dire vivere un grande progetto: il progetto di essere uomini, cristiani, di rispondere a questa fiducia che Dio ha in noi.

Allora, carissimi, penso che se voi rifletterete su queste parole, su questo contenuto fondamentale della vostra fede, avrete una luce nei momenti difficili, perché specialmente nei momenti difficili l'uomo cerca Dio. E ancora di più cerca la sua fiducia, questa fiducia che Dio ha nell'uomo. Vi auguro di camminare con questa luce, e vi benedico.


Data: 1988-10-30 Data estesa: Domenica 30 Ottobre 1988




Alla Pontificia Accademia delle Scienze - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Il Papa vi domanda oggi, ancora una volta di "operare la verità" per il bene dell'uomo"

Testo:

Signor presidente, signori Cardinali, eccellenze.


1. Saluto con gioia i membri della Pontificia Accademia delle Scienze, in occasione della sessione plenaria in cui si è trattato il tema della responsabilità della scienza. L'importanza di questo incontro viene sottolineata dalla presenza dei Cardinali e dei responsabili delle missioni diplomatiche accreditate presso la Santa Sede. Li ringrazio per questo segno di interesse per il lavoro dell'Accademia.

Questa Assemblea plenaria avviene al termine della settimana di studio nel corso della quale gruppi di esperti provenienti da tutte le parti del mondo hanno discusso da una parte su "l'agricoltura e la qualità della vita", e dall'altra parte su "la struttura e le funzioni del cervello".

Sul tema dell'agricoltura, gli esperti hanno fatto un ampio bilancio in cui gli aspetti scientifici e tecnici del problema si uniscono agli aspetti etici.

Da una parte, la ricerca scientifica ha permesso uno sviluppo notevole della produzione alimentare del mondo. Su scala globale, la produzione agricola sarebbe attualmente sufficiente per rispondere ai bisogni di tutta l'umanità. Questa constatazione apre, per contrasto, il problema drammatico della fame e della malnutrizione nel mondo. Certo, occorre tener conto degli ostacoli fisici e materiali, tra cui la grande differenza di fertilità a seconda delle aree. Ma la distribuzione molto inuguale delle risorse alimentari finora non ha dato vita a una politica generale, né a progetti efficaci perché la distribuzione agricola vada a vantaggio di tutti i popoli e di tutti gli uomini. Ancora una volta dobbiamo osservare che il problema dello sviluppo richiede anzitutto una volontà politica e un intervento di carattere etico e culturale, come dicevo nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis". La chiave dello sviluppo umano va trovata in uno sforzo generoso di solidarietà tra tutti i gruppi e tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Giustamente voi avete sottolineato che gli interventi necessari, in questa grave materia, devono rispettare le persone con le loro tradizioni, cioè superare il piano strettamente economico e tecnico per tener conto dei principi della giustizia sociale e dell'autentico sviluppo della persona umana.


2. Un secondo gruppo di scienziati ha fatto un consuntivo degli studi sul cervello umano e le sue mirabili funzioni. Le ricerche permettono di conoscere meglio, oggi, le strutture e i processi organici che servono di base alle operazioni cognitive ed affettive dell'essere umano. Ma al di là dell'osservazione empirica, appare il mistero dello spirito, irriducibile ai supporti biologici messi in azione nel comportamento dell'essere intelligente aperto alla trascendenza.

Davanti a quello che conosciamo oggi, il credente non può dimenticare le parole del libro della Genesi: "Dio plasmo l'uomo con polvere del suolo e soffio nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" (Gn 2,7). Con termini antropomorfici, l'antico racconto della creazione evoca bene l'intimo legale tra l'organismo e lo spirito dell'uomo. Era quindi giusto che gli scienziati confrontassero i risultati delle loro ricerche sperimentali con la riflessione dei filosofi e dei teologi sul rapporto tra il cervello e lo spirito.

Niels Stensen, nel suo "Trattato sull'anatomia del cervello", aveva già detto che il cervello era "il più bel capolavoro della natura".


3. Voi avete voluto unirvi alla recente celebrazione della beatificazione di Niels Stensen, un grande scienziato che cerco, per tutta la vita e in tutte le sue opere, di conciliare i diversi ordini della conoscenza che fanno la grandezza dell'essere umano. La vostra Accademia, insieme con la Danimarca, ha voluto che il ricordo di questo avvenimento perduri e sia commemorato con una iscrizione posta nella propria sede. Desidero esprimere alla nazione danese e all'Accademia la mia viva gratitudine per questa iniziativa.


4. Oggi, tenendo presente l'itinerario percorso da Niels Stensen nella sua vita, vorrei evidenziare qualche elemento che contribuisce ad approfondire il senso, il valore e la responsabilità della scienza. Questo scienziato esploro le meraviglie della natura, soprattutto nel campo dell'anatomia, della fisiologia e della geologia. Mentre compiva i suoi studi sui fenomeni naturali, non perdette mai di vista ciò che trascende la natura e, rivolgendo la sua attenzione all'infinitamente piccolo e ai dati misurabili, resto sempre aperto alle grandezze che superano ogni misura.

Per lui, la sintesi della conoscenza riunisce i dati raccolti con l'esperienza naturale e i valori che, pur essendo inaccessibili alla esperienza sensibile, fanno parte della realtà. Stensen era profondamente attirato dalla bellezza dell'universo fisico, ma più ancora dai valori spirituali e dalla nobiltà del comportamento umano. Studiava con cura le certezze di ordine matematico, ma era anche attirato da altre certezze di ordine storico, morale spirituale.


5. La scienza sperimentale suscita una legittima ammirazione, e la Chiesa volentieri incoraggia le ricerche degli scienziati che ci aiutano a comprendere gli enigmi dell'universo fisico e biologico. Ma la scienza sperimentale non esaurisce tutta la conoscenza della realtà. Al di là del visibile e del sensibile, esiste un'altra dimensione del reale, che viene attestata dalla nostra esperienza più profonda: è il mondo dello spirito, dei valori morali e spirituali. Al di sopra di tutto, c'è l'ordine della carità, che ci unisce gli uni con gli altri e con Dio, il cui nome è amore e verità.

Pur nella fragilità della sua condizione di creatura, l'uomo conserva il segno dell'unità divina originale, nella quale tutte le ricchezze sono unite senza confusione. Nel mondo sensibile queste ricchezze sembrano disperse e rimpicciolite, ma tuttavia richiamano, soprattutto nell'uomo, l'immagine della vera unità del Creatore. Questa immagine è quella stessa della verità.

Queste sono le caratteristiche della sintesi globale che stabilisce l'unità del sapere e che ispira, per conseguenza, l'unità e la coerenza del comportamento. Si tratta di una unità sempre da costruire, per le caratteristiche dinamiche della vita.


6. Il mio predecessore, Papa Pio XI, in uno dei primi discorsi alla Pontificia Accademia delle scienze dopo la sua ricostituzione, ha sviluppato ampiamente il tema della verità. Diceva che è importante concepire e affermare la verità, ma è ancor più importante ricordare che "chi opera la verità viene alla luce" (Jn 3,21). Questa è la regola fondamentale del pensiero e dell'azione che trasforma ogni opera in riflesso visibile della verità. Proprio ispirandosi a questo ideale Pio XI nomino, nel 1936, i primi settanta membri della nuova Accademia, invitandoli a farne parte per l'importanza dei loro studi scientifici e le loro alte qualità morali, senza nessuna discriminazione etnica o religiosa. così dicono i vostri statuti e nello stesso spirito vi invito a continuare il vostro lavoro e le vostre ricerche.


7. Il Papa oggi ancora domanda alla vostra Accademia di contribuire a "operare la verità", cioè a ricercare l'unità del sapere nella solidarietà scientifica internazionale, nella solidarietà umana, nell'apertura a tutti i valori, per il bene dell'uomo.

Certo, come scienziati, voi dovete applicare rigorosamente le regole proprie di ciascuna delle vostre discipline, per giungere a conclusioni valide e verificabili da tutti gli altri specialisti nel vostro settore. Ma, pur rispettando la necessità dell'astrazione metodologica e l'autonomia di ogni disciplina, voi siete invitati a esaminare i risultati delle vostre ricerche alla luce delle altre scienze. Ogni scienziato è oggi chiamato a partecipare ad una paziente ricomposizione delle conoscenze umane. Ne va dell'avvenire dell'uomo e della cultura.

La vostra Accademia, che è internazionale, ha una caratteristica particolare: da una parte ha il dovere di lavorare in contatto con la comunità scientifica internazionale e, dall'altra parte, è chiamata a collaborare con gli organismi della Chiesa per fornire loro utili elementi nel campo delle loro competenze.

In questo spirito desidero rinnovare agli illustri membri dell'Accademia la richiesta loro rivolta all'udienza per il cinquantesimo anniversario, invitandoli a promuovere delle proposte concrete per favorire a tutti i livelli la collaborazione interdisciplinare. Pur continuando i vostri programmi specializzati, sarebbe anche utile che elaboraste dei progetti congiunti di ricerca, in stretto accordo con altre realtà culturali, scientifiche e universitarie della Santa Sede. La Chiesa ha bisogno delle vostre ricerche per approfondire la sua conoscenza dell'uomo e dell'universo. Essa conta sui vostri studi per affrontare i gravi problemi tecnici, culturali e spirituali che riguardano l'avvenire della società umana. Intanto vi ringrazio del vostro apporto indispensabile al nostro approfondimento comune del mistero dell'uomo e del suo destino, nell'ordine della creazione e nell'ordine della salvezza.


8. Prima di concludere, desidero salutare in particolare il professor Carlos Chagas, che, dopo sedici anni di presidenza, lascia la responsabilità portata avanti con tanta capacità, generosità e disinteresse. Desidero rendergli onore in modo speciale, prendendo atto del considerevole lavoro svolto sotto la sua guida.

Per merito suo, l'Accademia ha conosciuto un importante sviluppo per quanto riguarda il numero dei membri e la diversità dei Paesi di provenienza: si può ora parlare di una rappresentanza universale. Sotto il suo impulso, l'Accademia è divenuta il centro di una continua attività, iniziando dei contatti con altre Accademie e scienziati di numerosi Paesi, affrontando temi importanti nell'ambito delle scienze storiche, tra cui gli studi su Galileo e su Albert Einstein; nell'ambito delle scienze fondamentali, tra cui le ricerche sulla cosmologia, l'astronomia, le micro-scienze, la struttura della materia, l'origine della vita, i processi biologici; o ancora nell'ambito delle scienze applicate a i problemi del mondo moderno, in particolare la pace e il disarmo. Si può dire che non le sono sfuggite le preoccupazioni importanti del mondo contemporaneo. Oggi, la Santa Sede ringrazia il professor Chagas per la vitalità da lui data all'Accademia, per la sua stimata azione grazie alla quale la Chiesa è divenuta molto più presente nel mondo della scienza. E io stesso gli sarei grato che continuasse a farla beneficiare della sua alta competenza.

Ho chiamato il professor Giovanni Battista Marini-Bettolo a succedere al professor Chagas. Da più di vent'anni collabora attivamente al lavoro dell'Accademia, nella sua nuova responsabilità gli auguro un lavoro fruttuoso.

Sono certo che continuerà, con l'aiuto dei membri dell'Accademia, l'opera iniziata dai predecessori.

Rinnovando l'espressione della mia stima per il lavoro dell'Accademia e della mia gratitudine per il servizio reso alla Santa Sede, invoco su di voi la benedizione di Dio.


Data: 1988-10-31 Data estesa: Lunedi 31 Ottobre 1988





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