GPII 1980 Insegnamenti - Incontro con gli anziani - Monaco (Germania)

Incontro con gli anziani - Monaco (Germania)

Titolo: Nelle prove della vecchiaia accompagnate Cristo alla croce

Miei cari fratelli e sorelle avanzati negli anni! Mi colma di gioia particolare il potervi incontrare durante la mia visita in Germania, in un'ora di preghiera a voi riservata. Vengo a voi come un amico intimo; so di essere sorretto nel mio ministero proprio dalla vostra partecipazione, dalla vostra preghiera e dai vostri sacrifici. Perciò vi saluto con commossa gratitudine qui nel grande duomo di Monaco dedicato alla Madonna! Un grazie particolare per le sentite parole di saluto e per le preghiere con cui mi avete accompagnato in questi giorni! Con voi saluto tutti i vostri compagni anziani della vostra patria, specie quelli che sono collegati con noi attraverso la radio e la televisione. "Dio benedica" tutti voi, che nel pellegrinaggio di questa vita più a lungo di me "sopportate il peso della giornata e il caldo" (Mt 20,12), più a lungo di me incontrate il Signore e vi sforzate di servirlo fedelmente nel piccolo e nel grande, nella gioia e nel dolore! 1. Il Papa s'inchina con rispetto davanti all'anzianità e invita tutti a farlo con lui. L'anzianità è il coronamento delle tappe della vita. Essa porta la raccolta di ciò che si è appreso e vissuto, la raccolta di quanto si è operato e raggiunto, la raccolta di quanto si è sofferto e sopportato. Come al finale di una grande sinfonia ritornano i temi dominanti della vita per una potente sintesi sonora. E questa risonanza conclusiva conferisce saggezza: saggezza implorata dal giovane Salomone (cfr. 1R 3,9 1R 3,11), che è per lui più decisiva della potenza e della ricchezza, più importante della bellezza e della salute (cfr. Sg 7,7 Sg 7,8 Sg 7,10); la saggezza, di cui leggiamo nelle regole di vita dell'antica alleanza: "Come s'addice la sapienza ai vecchi, il discernimento e il consiglio alle persone eminenti! Corona dei vecchi è un'esperienza molteplice, loro vanto il timore del Signore" (ss).

All'attuale generazione degli anziani, che siete voi, miei cari fratelli e sorelle, spetta in maniera del tutto particolare questa corona onorifica della saggezza: voi avete dovuto in parte sperimentare da soli e con gli altri durante due guerre mondiali infiniti dolori; molti hanno perduto parenti, salute, professione, casa e patria; avete conosciuto gli abissi del cuore umano, ma anche la sua capacità e disponibilità eroica ad aiutare, la sua costanza nella fede e la sua forza di cominciare da capo.

La saggezza conferisce distanza, ma non una distanza di estraniamento dal mondo, permette all'uomo di elevarsi al di sopra delle cose, senza disprezzarle; ci fa vedere il mondo con gli occhi e col cuore! - di Dio. Ci fa dire "si" a Dio, ai nostri limiti, al nostro passato con le sue delusioni, defezioni e peccati. Infatti "noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,28). Dalla forza conciliante di questa saggezza fioriscono allora bontà, pazienza, comprensione e il prezioso ornamento dell'anzianità: l'amore.

Voi stessi, mie venerate sorelle e fratelli, sapete meglio che questa preziosa raccolta della vita, che il Creatore ha previsto, non è un possesso inattaccabile. Esige vigilanza, cura, autocontrollo, talvolta anche lotta decisa.

Altrimenti viene, una volta per sempre, lesa o anche minata da indolenza, capriccio, superficialità, dominio di potere o addirittura amarezza. Non perdetevi d'animo, cominciate sempre da capo con la grazia di nostro Signore, e servitevi delle fonti di energia che Cristo vi offre nel sacramento del pane e del perdono, nella parola della predicazione e della lettura biblica e nel dialogo spirituale! A questo punto mi è certamente permesso cordialmente in nome vostro di ringraziare tutti i sacerdoti che riservano alla cura pastorale degli anziani un posto decisivo nel loro lavoro e nel loro cuore. Essi prestano con ciò nello stesso tempo il migliore servizio a tutta la loro comunità; acquistano nello stesso tempo in voi una schiera di oranti fedeli.

Dopo i vostri cappellani vorrei rivolgere la mia parola ai sacerdoti anziani come voi. Miei cari confratelli! La Chiesa vi ringrazia per il lavoro compiuto durante la vostra vita, nella vigna del Signore. Ai sacerdoti più giovani Gesù dice nel Vangelo di Giovanni (Jn 4,38): "Altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro". Reverendi presbiteri, portate ancora le aspirazioni della Chiesa nel vostro servizio di oranti "ad Deum, qui laetificat iuventutem meam" (Ps 43,4).




2. Fratelli e sorelle delle generazioni più avanzate, voi siete un tesoro per la Chiesa, voi siete una benedizione per il mondo. Quando spesso dovete aiutare i genitori giovani, come potete ben iniziare i piccoli alla storia della vostra famiglia e della vostra patria, nelle fiabe del vostro popolo e nel mondo della fede! I giovani nei loro problemi trovano più facile ricorrere a voi che ai loro genitori. Siate voi per i vostri figli e figlie l'aiuto più prezioso nelle ore difficili. Col consiglio e l'azione portate la vostra collaborazione nei gruppi, nelle associazioni e iniziative della vita ecclesiale e civile.

Voi, complemento necessario di un mondo che ci entusiasma per lo slancio dei giovani e per la forza dei cosiddetti anni migliori, di un mondo in cui vale solo ciò che si può contare. Voi ricordate loro che essi continuano a costruire sulla fatica di coloro che prima furono giovani e pieni di forza e che anch'essi un giorno rimetteranno l'opera in mani più giovani.

In voi si vede chiaramente che il senso della vita non può solo consistere nel guadagnare e spendere danaro, che in ogni azione esterna deve maturare qualcosa di interiore e in ogni realtà temporale qualcosa di eterno secondo la parola di san Paolo: "Anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno" (2Co 4,16).

Si, l'anzianità merita il nostro rispetto, il rispetto che riluce nella Sacra Scrittura quando ci pone davanti agli occhi Abramo e Sara, invita ad andare al tempio Simeone e Anna per incontrare la sacra famiglia, chiama i sacerdoti "anziani" (Ac 14,23 Ac 15,2 1Tm 4,14 1Tm 5,17 1Tm 5,19 Tt 1,5 1P 5,1), sintetizza l'omaggio di tutta la creazione nell'adorazione dei 24 "seniori" e designa infine Dio stesso "il vegliardo" (Da 7,9 Da 7,22).




3. Si potrebbe elevare un inno di lode più splendido alla dignità degli anziani? Ma voi resterete certamente delusi cari anziani che mi ascoltate, se il Papa non guardasse anche l'altro aspetto dell'avanzamento in età, se vi avesse portato solo l'omaggio - forse inaspettato - senza dirvi una parola di conforto. Alla stagione autunnale in cui ci troviamo non appartengono solo la raccolta e la festosa magnificenza dei rami, ma anche l'inaridimento dei rami, la caduta e la disintegrazione delle foglie, non solo la piena e splendida luce, ma anche la fosca e desolata nebbia. Analogamente è proprio dell'anzianità non solo il potente accordo conclusivo o la somma riconciliatrice della vita, ma anche un tempo di avvizzimento, un tempo in cui il mondo può divenire estraneo ad una persona, la vita un peso, il corpo un tormento.

Il peso dell'età consiste per i più in una certa fragilità del corpo; i sensi non sono più acuti, le membra non più così agili, gli organi diventano vulnerabili (cfr. Qo 12,3ss). Ciò che si sperimenta da giorni di malattia, accompagna spesso gli anziani di giorno e di notte! Essi devono rinunciare definitivamente anche ad attività che stavano loro molto a cuore. Anche la memoria può rifiutare il suo servizio: le nuove informazioni non vengono accolte più così facilmente e molte di quelle antiche si dileguano. così il mondo perde la sua familiarità: il mondo della propria famiglia con le condizioni di vita e di lavoro degli adulti divenute totalmente diverse, con gli interessi e le forme espressive dei giovani tanto cambiati, con i nuovi intenti e metodi di apprendimento dei fanciulli, col crescente intensificarsi del traffico e il paesaggio molto modificato. Estraneo diviene il mondo dell'economia e della politica, anonimo e impenetrabile il mondo dell'assistenza sociale medica.

E persino quell'ambito, che dovrebbe offrire al massimo un rifugio, - la Chiesa con la sua vita e il suo insegnamento - è per molti di voi divenuto in qualche caso estraneo, nell'intento di soddisfare le esigenze dei tempi, le attese e i bisogni delle nuove generazioni.

Voi vi sentite mal compresi da questo mondo difficilmente comprensibile, anzi spesso un poco respinti.

Voi avete il sentore che non si richiede la vostra opinione, collaborazione e presenza, e ciò talvolta purtroppo è vero.


4. Che può dire allora il Papa? Con che cosa debbo consolarvi? Non voglio sbrigarmela con troppa facilità. Non vorrei svalutare le pene dell'anzianità, le vostre fragilità e malattie, il vostro abbandono e isolamento. Vorrei pero vederli con voi in una luce conciliante, alla luce del nostro Salvatore, "che per noi ha sudato sangue, per noi è stato flagellato, per noi è stato coronato di spine".

Nelle prove della vecchiaia sta il vostro itinerario di dolore e voi accompagnate Cristo nel suo cammino, verso la croce. Voi non versate lacrime da soli e non ne versate alcuna invano (cfr. Ps 56,9). Per mezzo del dolore egli ha redento il dolore e per mezzo del dolore voi collaborate alla sua opera redentrice (cfr. Col 1,24). Prendete le vostre sofferenze come un suo abbraccio e trasformatele in benedizione, prendendole con lui dalla mano del Padre, che nella sua imperscrutabile ma indubitabile sapienza e amore, costruisce in tal modo il vostro perfezionamento. L'oro si prova col fuoco (cfr. 1P 1,7); nel tino l'uva si fa vino.

In questo spirito, che solo Dio ci può dare, diventa allora più facile aver comprensione anche per coloro che mettono alla prova la nostra sofferenza con la loro noncuranza, disattenzione e sbadataggine, e perdonare anche quelli che coscientemente, anzi volutamente aggravano il nostro dolore, ma non possono mai misurare quanta pena c'infliggono. Diciamo col Crocifisso: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34). Anche per noi stessi è stata pronunciata questa parola redentrice.


5. In tale spirito - per il quale ora preghiamo insieme gli uni per gli altri - prendiamo coscienza con gratitudine delle amorevoli parole; dei pensieri e delle opere che ci vengono offerte ogni giorno, ma alle quali facilmente ci abituiamo, per cui, finiamo facilmente per considerarle come dovute. Celebriamo oggi la festa di sant'Elisabetta, una santa che la vostra nazione ha donato a tutto il mondo come simbolo della carità soccorritrice. Ella è l'alto esemplare e la sublime patrona di tutti coloro che per la loro professione, in una carica onorifica o nell'anonimato, servono il proprio fratello bisognoso e in lui - lo sappia o no - incontrano Cristo. Questa è, cari anziani, la ricompensa che date a coloro, per i quali tanto mal volentieri siete di peso. Voi offrite loro l'occasione di incontrarsi con Cristo, l'opportunità di superare se stessi, e con la vostra amorevolezza li rendete partecipi dei menzionati frutti della vita, che Dio fa maturare in voi! Non seppellite quindi le vostre preghiere in un cuore trepidante, disilluso o pieno di rimbrotti, ma esprimetele in tutta la loro evidenza, persuasi della vostra dignità e del bene che si trova nel cuore degli altri. Siate lieti di ogni occasione che vi si presenta per dire la regale parola "grazie", che si eleva da tutti gli altari e colmerà la nostra beatitudine eterna.

Mi sia permesso di ringraziare insieme con voi tutti quelli che in molte organizzazioni, associazioni e iniziative ecclesiali, civili e pubbliche, ad alto e comune livello, nella legislazione e nell'amministrazione o anche a titolo strettamente privato promuovono l'assistenza spirituale e materiale degli anziani, una loro vita piena e permanentemente inserita nella società.


6. Ed eccomi di nuovo a voi, cari sorelle e fratelli anziani, e al conforto che da me vi aspettate. Dice un proverbio: "Se sei solo, fai visita ad uno che è ancora più solo di te". Aprite i vostri pensieri a quei compagni di viaggio, a cui sotto qualche aspetto è capitato peggio di voi e che potete in qualche modo aiutare dialogando con loro, porgendo loro una mano o almeno manifestando loro la vostra comprensione! Vi prometto in nome di Cristo che in ciò troverete forza e conforto (cfr. Ac 20,35).

Così voi esercitate in piccolo ciò che noi siamo in grande. Siamo un corpo dalle molte membra: quelli che portano aiuto e quelli che lo ricevono, i più sani e i più malati, i più giovani e i più vecchi; quelli che si sono già realizzati nella vita, quelli che sono ancora in via di realizzazione; quelli che sono in crescita; quelli che sono giovani e quelli che un tempo furono giovani; quelli che sono anziani e quelli che lo saranno domani. Tutti rappresentiamo gli uni per gli altri la pienezza del corpo di Cristo e tutti ci aiutiamo a maturare in questa pienezza: "La piena maturità di Cristo" (Ep 4,13).


7. L'ultimo conforto, che cerchiamo insieme, miei cari pellegrini "in questa valle di lacrime" (cfr. "Salve, Regina") è quello di fronte alla morte. Sin dalla nostra nascita le andiamo incontro, ma nella vecchiaia diventiamo sempre più consci del suo approssimarsi, se non soffochiamo con violenza i nostri pensieri e sentimenti.

Il Creatore ha disposto che nella vecchiaia si prepari, si faciliti e si eserciti l'accettazione e il superamento della morte. L'invecchiamento che abbiamo visto, è un congedarsi gradualmente dalla pienezza ininterrotta della vita, dal contatto diretto col mondo.

La grande scuola della vita e della morte ci porta poi presso qualche tomba aperta, ci fa assistere qualche moribondo, prima di essere noi stessi in quello stato, per assistere - ce lo conceda Iddio! - gli altri con la preghiera.

L'anziano ha sperimentato spesso tali lezioni della vita e le sperimenta in frequenza crescente. E' questo un grande vantaggio nel cammino verso la grande soglia, che spesso ci dipingiamo unilateralmente come abisso e notte. Siamo abituati a guardare oltre ma Dio può, più spesso di quanto pensiamo, concedere a quelli che ci hanno preceduto, di accompagnarci e prendersi cura di noi nella vita terrena. E' stato un pensiero di fede viva e profonda l'aver dedicato una Chiesa alle "anime del Purgatorio". E le due Chiese tedesche a Roma si denominano "santa Maria in campo santo" e "santa Maria dell'anima". Quanto più i nostri fratelli del mondo visibile, giungono ai limiti della loro possibilità di aiutarci, tanto più dobbiamo vedere i messaggi dell'amore di Dio in coloro che hanno già affrontato la morte e di là ci attendono: i santi, i patroni di ciascuno di noi e i nostri parenti e amici defunti, che speriamo accolti dalla misericordia di Dio.

Molti di voi, miei cari fratelli e sorelle, avete perduto la vicinanza visibile del vostro compagno di vita. A loro è rivolta la mia preghiera pastorale: "Fate divenire sempre più coscientemente Dio il "partner" della vostra vita; allora sarete subito collegati con colui che Dio vi concesse come compagno di cammino ed ora ha trovato egli stesso la sua meta in Dio".

Senza fiducia in Dio non c'è in definitiva alcun conforto in punto di morte. Anzi Dio con la morte vuole proprio che ci abbandoniamo totalmente al suo amore almeno in quest'ora suprema della nostra vita, senza alcun'altra sicurezza al di fuori di esso. Come potremmo mostrargli in maniera più serena la nostra fede, la speranza e l'amore! Un ultimo pensiero in questo contesto. Certamente ho parlato al cuore di qualcuno di voi. La morte stessa è un conforto! La vita su questa terra, anche se non fosse "una valle di lacrime" non ci potrebbe offrire per sempre una patria.

Essa diventerebbe sempre più una "prigione", un "esilio" ("Salve, Regina").

Infatti "tutto il transitorio è solo una figura" (Goethe, "Faust", II, Schusschor)! E così ci vengono pressantemente sulle labbra le parole incancellabili di sant'Agostino: "Ci hai creato per te, o Signore e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te" (S.Augustini "Confessiones", I,1,1).

Così non ci sono i consacrati alla morte e quelli che sono nella cosiddetta vita. Davanti a tutti noi sta una nascita, una trasformazione, di cui temiamo i dolori con Gesù nell'orto degli ulivi ma di cui già portiamo in noi l'esito radioso, da quando fummo immersi col battesimo nella morte e nella vittoria di Cristo (cfr. Rm 6,3-6 Col 2,12).

Con tutti voi, che siete qui presenti in questo duomo dedicato alla Madonna o collegati mediante la radio e la televisione, con tutti coloro che ho potuto incontrare in questi giorni, con tutti i cittadini e ospiti di questo magnifico paese, con tutti i credenti e per tutti coloro che sono in ricerca, coi fanciulli e i giovani, gli adulti e gli anziani vorrei in quest'ora di congedo far divenire la nostra riflessione una preghiera: "Dal seno materno tu sei il mio sostegno... Non mi respingere nel tempo della vecchiaia" (Ps 70 [71], 6.9).

"Vienici incontro con la tua misericordia e preservaci da ogni turbamento e peccato, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo!" ("Ordinarium" Missae).

E vorrei unire la mia preghiera da noi elevata in questo duomo, che è sempre espressa nello Spirito ed è sempre da Gesù presentata al Padre, alla preghiera di colei che quale prima redenta è per noi madre e sorella (cfr. Pauli VI, "Allocutio tertia SS. Concilii periodo exacta habita", die 21nov. 1964: "Insegnamenti di Paolo VI", II [1964] 675 et 664).

"Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte. Amen!".

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1980-11-19 Data estesa: Mercoledi 19 Novembre 1980.


Congedo dalla Germania a Monaco di Baviera

Titolo: Pace tra i popoli e unità dei cristiani

Signor Presidente della Repubblica Federale di Germania! Signor Cardinale, cari confratelli nell'Episcopato, Signore e Signori! 1. Il mio viaggio pastorale attraverso la terra di Germania volge al termine. Nel momento del congedo vorrei esprimere la mia sincera riconoscenza davanti a Dio e agli uomini per il dono di questo straordinario evento.

Prego il signor Presidente di accogliere il mio cordiale e profondamente sentito ringraziamento per l'accoglienza amichevole che ho ricevuto in ogni luogo dai cittadini del vostro Paese.

Un grazie particolare vorrei rivolgere agli innumerevoli aiutanti che hanno curato intensamente da diverse settimane e con così grande successo l'organizzazione esteriore di questo viaggio: sicuramente hanno dovuto fare diverse ore di straordinario! Penso qui soprattutto alle amministrazioni cittadine, alla polizia, al servizio di sicurezza - in particolare ai piloti degli elicotteri - al servizio di soccorso (Malteser Hilfsdienst), alle commissioni locali delle singole diocesi. A tutti vada il mio cordiale: Dio vi ricompensi! Durante questo viaggio abbiamo fatto sosta in luoghi importanti che ci hanno fatto ricordare la storia della Chiesa e del popolo di questo Paese. Ero consapevole che il Paese attraverso il quale ho compiuto il mio viaggio di pellegrino apostolico, affonda le sue radici cristiane fino all'epoca romana; un Paese in cui il santo vescovo e martire Bonifacio nel secolo VIII ha posto il fondamento di questa chiesa locale; un Paese, da cui nel Medioevo è uscita una serie storicamente significativa di papi, di imperatori, di santi e di scienziati.

E' il Paese, in cui 700 anni fa è morto sant'Alberto Magno e in cui 450 anni fa fu proclamata la "Confessio Augustana".


2. Se faccio memoria reverente di questo lontano passato accennando alle sue più grandi pietre miliari, non posso pero tralasciare gli avvenimenti della storia più recente. Poco tempo fa sono già stato nel vostro Paese, come arcivescovo e cardinale di Cracovia, e precisamente nel settembre 1978, insieme con una delegazione di vescovi polacchi. Quella visita ebbe luogo solo poche settimane dopo l'elezione papale di Giovanni Paolo I e - chi l'avrebbe mai pensato - solo pochi giorni prima della sua morte. Nessuno allora poteva parimenti presagire che la divina Provvidenza mi avrebbe subito dopo incaricato di assumere al suo posto l'eredità della Sede di Pietro.

Due motivi mi spingono a ricordare nel momento del congedo questi avvenimenti storici lontani e vicini. Il primo motivo consiste nel fatto che quella visita dei vescovi polacchi, sotto la guida del primate della Polonia testimoniava un importante sviluppo che si è verificato e ancora continua tra la vostra e la mia patria: intendo quel processo, che ha come meta il superamento delle tragiche conseguenze della seconda guerra mondiale, soprattutto le conseguenze che si sono impresse nel cuore degli uomini. Io le conosco per esperienza personale, perché insieme con la mia nazione ho esperimentato profondamente la crudele realtà di tale guerra.

In questo contesto provo grande riconoscenza per la visita in Polonia che di recente un gruppo di cardinali e di vescovi tedeschi ha fatto in contraccambio. Vi saro molto riconoscente, cari fratelli, se in futuro vi prenderete ancora a cuore l'impegno di approfondire questi contatti. Al riguardo abbiamo davanti agli occhi la storia della chiesa e della cristianità della nazione polacca nella sua millenaria dimensione, in cui spesso la vita dei suoi cittadini non fu facile. Questa nazione vi è stata assegnata dalla divina Provvidenza come la vostra immediata vicina orientale. Il pensiero-guida di queste relazioni potrebbe essere sempre la dottrina, che il Concilio Vaticano II ha esposto circa il reciproco scambio di doni tra le chiese, che sono radicate in differenti nazioni, lingue e rapporti storici. Un simile scambio di beni spirituali fa parte dell'essenza di quella "Communio", mediante la quale esiste la Chiesa di Gesù Cristo.

Si, si tratta proprio di questo! Dobbiamo fare tutto quello che è in nostro potere per dare un nuovo fondamento e una nuova forma alla vita e alla solidarietà delle persone e delle nazioni di questo continente e così superare le conseguenze sconvolgenti del nostro secolo. I martiri e i santi di tutti i tempi fino al beato Massimiliano Kolbe ci hanno mostrato che "l'amore di Cristo è più forte", come affermava il motto dell'ultimo Katholikentag di Berlino. Secondo questo principio fondamentale non solo è possibile la costruzione di un futuro migliore per le nazioni e per le persone, ma esso diventa perfino un grave obbligo per noi: il compito più urgente del nostro tempo in questo secondo millennio dopo Cristo, che è già entrato nel suo ultimo periodo.

Per questo sono così riconoscente per l'invito rivoltomi per questo viaggio pastorale, che ho potuto compiere ancora entro quest'anno, in modo da farvi dono del mio servizio come vescovo di Roma e successore di san Pietro.


3. Il secondo motivo, cui ho accennato in precedenza, consiste nel fatto che ho colto nell'invito fattomi, dapprima dal signor cardinale di Colonia e poi da tutti i vescovi e cardinali insieme, non solo un richiamo particolare del passato lontano e recente, ma anche la sfida del futuro, la cui direzione viene tracciata mediante la dottrina e lo spirito del Concilio Vaticano II. Proprio nella vostra terra, in cui nacque Martin Lutero e 450 anni fa fu proclamata la Confessio Augustana, questa sfida del futuro mi è apparsa assolutamente importante e decisiva.

Di quale futuro si tratta? Di quel futuro, che per noi discepoli di Cristo deriva dalla preghiera di Gesù nel cenacolo, da quella preghiera che dice: Ti prego, Padre "che tutti siano una cosa sola" (Jn 17,21). Questa preghiera del Signore diventa per tutti noi la sorgente di una vita nuova e di una nuova nostalgia. Come vescovo di Roma e successore di san Pietro mi pongo totalmente nella corrente di questa nostalgia; in essa riconosco la lingua dello Spirito Santo e la volontà di Cristo, a cui vorrei essere obbediente e fedele fino all'ultimo.

Voglio servire all'unità, voglio percorrere tutte le strade, lungo le quali Cristo, dopo le esperienze dei secoli e dei millenni, ci conduce verso l'unità di un solo gregge, di cui egli è l'unico e sicuro pastore.

Era perciò mio grande desiderio compiere questa visita proprio in questo significativo anno ecumenico. Vorrei pertanto ringraziare cordialmente il Consiglio della chiesa evangelica di Germania e il gruppo di lavoro delle chiese cristiane per aver preso parte all'incontro con il papa e aver intrapreso con me il dialogo nel loro proprio Paese.

Ho questa ferma speranza che l'unità dei cristiani è già in cammino nella forza dello Spirito di verità e di amore. Sappiamo quanto lunghi siano stati gli anni della divisione e della frattura. Non sappiamo pero quanto durerà il cammino verso l'unità. Ma una cosa sappiamo con ancor maggior sicurezza: dobbiamo andare avanti lungo questo cammino con perseveranza - andare avanti e non rimanere fermi. Molto dobbiamo fare per questo, ma soprattutto perseverare nella preghiera, in una preghiera sempre più forte e interiore. L'unità può esserci donata solo come dono del Signore, come frutto della sua passione e della sua risurrezione nella "pienezza dei tempi" opportuna.

"Vegliate e pregate" (Mt 6,41) nel giardino del Getsemani delle innumerevoli esperienze della storia, per non cadere in tentazione e non fermarsi lungo il cammino! 4. Ancora una volta vorrei ringraziare cordialmente il signor Presidente della Repubblica Federale di Germania e tutti rappresentanti delle autorità statali per l'invito che mi hanno rivolto.

Nel momento del congedo esprimo a tutti i cittadini del vostro Paese i miei migliori auguri di benedizione, comprendendo in essi anche tutti i vostri fratelli e sorelle tedeschi, che vivono oltre i confini del vostro Paese, come pure tutti quelli che talvolta già da generazioni sono emigrati in diversi paesi del mondo.

Permettemi di unire questi auguri ad un invito e ad un appello. Dopo la catastrofe dell'ultima guerra con le sue spaventose immagini, che ha attraversato come un terremoto l'Europa e le nostre patrie, è già passato molto tempo. E tuttavia anche oggi dev'essere ancora una volta lanciato l'appello, l'appello per un mondo futuro, che sia, secondo le parole del Concilio Vaticano II, "un mondo più degno dell'uomo", e questo per tutte le persone della terra. Senza dubbio mi concedete che un simile augurio rappresenta una sfida. Infatti il mondo degli uomini e la vita al suo interno possono diventare più degni dell'uomo solo se l'uomo stesso si sforza continuamente di diventare più degno del suo essere umano, e ciò in tutti gli ambiti e le dimensioni della sua esistenza! Mi sento obbligato a ringraziare profondamente la divina Provvidenza, se questo augurio pieno di nostalgia si adempie nei vostri cuori e nel vostro ambiente, se esso diventa sempre più una realtà per voi, per ogni singolo e per tutti nell'insieme degli altri uomini e delle altre nazioni.

Egualmente vi saro riconoscente, se voi, figli e figlie di una nazione così importante, eredi di una eminente cultura e discendenti di così grandi personalità della storia d'Europa e del mondo, diventerete sempre più pionieri di quella civiltà dell'amore, che sola permette di rendere il nostro un mondo più degno dell'uomo.

Che questa possa essere la risposta storica del futuro alle dolorose esperienze del passato. Questo augurio rivolgo indirettamente anche a tutta l'Europa, in cui il vostro Paese grazie alla Provvidenza ha una posizione centrale. A tutta l'Europa si deve augurare che si realizzi in essa quella civiltà dell'amore, che è ispirata dallo spirito del Vangelo e nello stesso tempo è profondamente umanistica. Essa corrisponde cioè ai profondi bisogni e desideri dell'uomo, anche nella dimensione sociale della sua esistenza. In questa dimensione la civiltà dell'amore mira a quella forma di coesistenza e di convivenza tra i popoli, per cui l'Europa dovrebbe formare una vera famiglia di popoli. Come in ogni famiglia umana ciascuna persona che vi appartiene trova tutto il rispetto che si merita, così nella famiglia dei popoli tutte le nazioni - grandi, medie e piccole - devono essere rispettate. Queste nazioni hanno già una lunga storia, la loro piena identità e la propria cultura. A questa loro maturità storica corrisponde il diritto all'autodeterminazione, il che naturalmente deve avvenire nel doveroso rispetto dei corrispondenti diritti delle altre nazioni.

Si deve pensare al tempo che stiamo per incominciare, al futuro dell'Europa, non da una posizione di potere e di prepotenza, non dalla posizione di predominio economico o dell'utilità individuale, ma piuttosto dal punto fermo della civiltà dell'amore, che permette ad ogni nazione di essere completamente se stessa, e a tutte le nazioni insieme permette di liberarsi dalla minaccia di una nuova guerra e della reciproca distruzione. L'amore permette a tutti di essere veramente liberi e di sentirsi eguali in dignità. A tale scopo deve contribuire anche la politica di una sincera solidarietà, ch rende impossibile che qualcuno si serva degli altri per la propria utilità; essa esclude egualmente ogni forma di sfruttamento e di oppressione! Sono questi i miei auguri, che formulo per voi nell'ultimo istante della mia permanenza nel vostro Paese. Vi è inclusa parimenti tutta la mia gratitudine per questi giorni, che ho potuto trascorrere presso di voi, nel vostro Paese.

Dio benedica questo Paese e tutti i suoi abitanti! Dio benedica l'Europa e il suo futuro! [Traduzione dal tedesco]

Data: 1980-11-19 Data estesa: Mercoledi 19 Novembre 1980.


Il ritorno a Roma all'aeroporto di Fiumicino - Roma

Titolo: Contributo alla pace tra i popolo d'Europa

Signor Ministro, Signori Cardinali, Signori Ambasciatori, carissimi fratelli, 1. Al mio ritorno a Roma, mia sede episcopale, dopo le vive emozioni di un breve ma intenso viaggio, ricco di incontri e di colloqui, esprimo anzitutto gratitudine al Signore che mi ha concesso di visitare i cari fratelli di Germania, di intrattenermi personalmente con loro e con le più alte Autorità civili di quel nobile Paese.

Ho potuto così accostarmi all'anima religiosa ed al cuore generoso di quel popolo, del resto a me ben noto, ammirandone le antiche tradizioni di fede, le testimonianze di umana solidarietà, la volontà di una sempre più genuina testimonianza cristiana, ed apprezzandone i profondi valori etici, fondamentali per un autentico progresso civile.

Sono lieto di aver potuto accogliere l'invito dei Vescovi e delle supreme Autorità della Repubblica Federale di Germania per un incontro tanto significativo, realizzato nella circostanza del VII centenario della morte di S.

Alberto Magno, in cui onore a Colonia, dove è sepolto, ho presieduto una solenne Liturgia.


2. Tra i momenti più significativi voglio ricordare l'incontro col mondo della scienza, della cultura e della vita universitaria, nella Cattedrale di Colonia.

Esso è avvenuto nel segno e nella prospettiva degli insegnamenti del "Doctor universalis", Alberto Magno, eccezionale personalità di studioso, di maestro, di pastore e di pacificatore, convinto assertore della distinzione tra le scienze umane, attingibili al solo lume della ragione, e la teologia, scienza della rivelazione divina. Memorabili, sotto l'aspetto ecumenico, anche gli incontri a Magonza con i Rappresentanti delle altre Confessioni cristiane e delle Comunità ebraiche. L'incontro con i fratelli delle altre Confessioni cristiane si è inserito nella linea delle commemorazioni per il 450° anniversario della nota "Confessio augustana", la quale costituisce anche oggi un richiamo per i cristiani di buona volontà a percorrere con chiara coscienza la via della ricerca della verità ed il cammino verso l'unione.

Liete sono state, inoltre, le ore trascorse con gli immigrati di varie nazioni, tra cui spiccava un folto gruppo di Italiani, presenti a concorrere con la loro opera intelligente al progresso di quel Paese, nella cornice di una nuova crescente mentalità europea.

Qualificanti per questo pellegrinaggio pastorale sono stati gli incontri a Fulda con i seminaristi, il clero, la Conferenza Episcopale e le organizzazioni di laici impegnati nel servizio della Chiesa e nell'apostolato Essi si svolgevano accanto alla tomba di San Bonifacio, apostolo ed organizzatore della Chiesa tra i popoli germanici, da lui strettamente legati alla Sede Apostolica. Il suo sepolcro è considerato centro religioso della Germania cattolica; accanto ad esso si riunisce ogni anno la Conferenza Episcopale, in riconoscimento dei valori delle origini e della perennità dell'opera di quel grande Vescovo e Martire.

Mi sono anche presenti le folle, ora esultanti, ora silenziose ed oranti, oltre che delle città nominate, anche di Bonn, di Osnabrueck, di Altoetting e di Monaco, che hanno voluto manifestare devozione al Successore di Pietro, riaffermando la loro comunione con la Sede Apostolica. Specialmente vicini al mio cuore restano tutti gli infermi che ho incontrato lungo i miei itinerari.


3. Alla conclusione del viaggio, mi è caro rinnovare un saluto memore e beneaugurante al popolo tedesco, con un fervido ringraziamento all'Episcopato ed alle Autorità civili per l'amabile invito e la sensibilità con cui hanno sostenuto il mio proposito pastorale e seguito il mio pellegrinaggio.

Ed ora rivolgo a Lei, Signor Ministro, il mio sincero e grato apprezzamento per le nobili e cordiali parole, con le quali ha voluto salutare il mio ritorno, a nome del Presidente della Repubblica e del Governo italiano. A ciascuno dei presenti indirizzo un pensiero rispettoso e riconoscente: ai Signori Cardinali; alle illustri Personalità dello Stato italiano; al rappresentante del Sindaco di Roma; ai distinti membri del Corpo Diplomatico ed a quanti mi hanno accolto col loro benvenuto; ai Dirigenti delle società aeree, Lufthansa e Alitalia, ai piloti, agli equipaggi, a tutti coloro che si sono adoperati per la riuscita del viaggio.

Elevo, ancora una volta, il mio animo grato al Signore per il compimento di quest'ultima fatica pastorale, che mi auguro concorra alla pace ed alla fraterna solidarietà tra i popoli di Europa, e benedico di cuore voi qui presenti, la Città Eterna e la diletta Italia.

Data: 1980-11-19 Data estesa: Mercoledi 19 Novembre 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Incontro con gli anziani - Monaco (Germania)