GPII 1980 Insegnamenti - Messaggio all'XI Congresso Eucaristico Nazionale del Cile


Visita all'ospedale - Potenza

Titolo: La croce, con Cristo nella speranza della redenzione

Voglio ringraziare per le parole con cui sono stato introdotto in questa circostanza. Ho sentito un dovere, un impulso del cuore, della coscienza, di venire qui, di essere, almeno parzialmente, più vicino a voi sofferenti, a voi che avete sofferto e a voi che soffrite.

Questa necessità interiore è certamente causata da una compassione, non da una sensazione. Da una compassione umana e cristiana.

Voi terremotati, feriti, colpiti, senza casa - e con voi, i vostri morti - siete certamente circondati da una compassione umana e cristiana da parte di tutti i vostri connazionali, di tutta l'Italia e siete specialmente circondati della compassione della Chiesa. E io vengo, carissimi fratelli e sorelle, per mostrarvi il significato di questa vicinanza; per dirvi che siamo vicino a voi per darvi un segno di quella speranza, che per l'uomo deve essere l'altro uomo. Per l'uomo sofferente, l'uomo sano; per un ferito, un medico, un assistente, un infermiere; per un cristiano, un sacerdote. così un uomo per un altro uomo. E quando soffrono tanti uomini ci vogliono tanti uomini, molti uomini, per essere accanto a quelli che soffrono.

Io direi, continuando le parole del vostro pastore, del vostro Vescovo: non posso portarvi niente più di questa presenza; ma con questa presenza, con questa visita, relativamente breve e parziale, si esprime tutto. E vi prego di ricevere con questa parziale visita un atteggiamento totale, una risposta totale alla vostra sofferenza.

Ho detto che quando soffrono uomini, quando soffre un uomo, ci vuole un altro uomo accanto a quello sofferente. Vicino a lui. Perché così si realizza quello che ha sottolineato il vostro Vescovo. Si realizza la presenza di Cristo in ambedue; nell'uomo sofferente e nell'uomo che gli è vicino, che lo assiste. E, con la presenza di Cristo, il mondo anche stigmatizzato dalla croce porta in sé la speranza della risurrezione. Un mondo stigmatizzato dalla morte - sono tanti i morti in questo ambiente, si scrive già di 3.000 morti - porta in sé la speranza della vita. Un mondo stigmatizzato dalle rovine porta in sé la speranza della nuova vita, della ricostruzione, perché la vita e la carità non possono essere indifferenti di fronte alla distruzione. Cercano di ricostruire, cercano di rifare, di dare di nuovo all'ambiente umano un carattere umano, una dimensione umana. Ecco i sentimenti, le espressioni che mi vengono dal cuore. E, come vedete, vengono con difficoltà, perché la commozione è maggiore della possibilità di parlare e di formulare bene le idee.

Voglio parlarvi solo con la mia presenza, e con questo servizio della presenza. Qualche volta ci rimane soprattutto o solamente questa forma di prestare il nostro servizio, il nostro ministero umano e cristiano e sacerdotale. Ci rimane questo solo: la presenza. Si, c'è anche la mia benedizione. Vorrei benedire tutti i presenti, specialmente tutti i sofferenti, i ricoverati, ma anche tutti i professori, i medici, gli infermieri, le infermiere, e tutti coloro che assistono i malati e i sofferenti, e quanti lavorano ancora nei paesi colpiti dal terremoto alla ricerca delle persone che si trovano ancora sotto le rovine.

Tutti voglio benedire di cuore con le parole e con la grazia che la benedizione del successore di Pietro ci porta.

Data: 1980-11-25 Data estesa: Martedi 25 Novembre 1980.





Ai Vescovi della Thailandia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Messaggio di speranza per le Chiese locali che crescono

Venerabili e cari fratelli Vescovi della Thailandia, 1. L'aspetto più importante del nostro incontro di oggi è l'amore che ci unisce a Cristo espresso con il servizio al suo Vangelo. Questo amore è alla base della nostra "collegialitas affectiva"; è questo amore che ci aiuta a perseverare nel nostro compito di adempiere sempre più perfettamente a quella collegialitas affectiva alla quale il Signore ci chiama.

Mi avete portato l'espressione dell'affetto che il vostro popolo prova per me come Pastore e servo della Chiesa universale. Ne sono profondamente grato, e vi offro tutto il mio amore per Cristo Gesù nostro Signore.

E' veramente un piacere per me salutarvi come Vescovi di un grande popolo con tre secoli di esperienza cristiana, in mezzo al quale la Parola di Dio si è radicata come in suolo fertile (cfr. Mt 13,23); questa stessa parola è ancora oggi per voi fonte di forza e causa di gioia.


2. Con particolare soddisfazione ho notato il vostro impegno nel promuovere l'unità ecclesiale. Questo impegno è dimostrato dalle vostre diverse attività e dai vostri programmi finalizzati alla promozione della solidarietà, della collaborazione, e della condivisione delle responsabilità che dovrebbero caratterizzare tutti coloro che si riconoscono nella famiglia di Cristo e che sono chiamati ad esserne testimoni "fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).

Ogni sforzo per promuovere e mantenere l'unità fra i cattolici è importante soprattutto perché è diretto alla manifestazione dell'unità della Santissima Trinità, la suprema rivelazione di Dio. Come discepoli di Cristo siamo chiamati ad essere uno come lui è uno con il Padre. La credibilità della missione di Cristo di fronte al mondo, inoltre, dipende sempre dall'unità della sua Chiesa.


3. La vostra sollecitudine pastorale vi sprona a prestare attenzione alla creazione delle diverse comunità cristiane presso le quali i vostri fedeli possono trovare un efficace sostegno per la loro fede. Queste comunità si basano per loro stessa natura sulla parola di Dio, che diventa il criterio per ogni azione dell'umanità redenta. Ogni comunità deve essere consapevole della nuova nascita che, secondo le parole di San Pietro, si realizza attraverso la "parola di Dio viva ed eterna" (1P 1,23). Ogni nucleo del popolo di Dio rigenerato dall'acqua e dallo Spirito Santo è chiamato a rendere gloria, tramite la testimonianza delle opere buone, al Padre che è in cielo (cfr. Mt 5,17). Ogni comunità è chiamata ad essere una comunità di preghiera e ringraziamento: ed ogni comunità trova la sua realizzazione nel Sacrificio Eucaristico al quale tutta la vita cristiana è orientata.


4. Per questo motivo, tutto quello che fate come Vescovi per promuovere le vocazioni è di vitale importanza per tutto il vostro popolo. E' necessario che tutti i seminaristi siano istruiti nella profonda comprensione della natura della Chiesa, che ha lo scopo di diffondere la luce di Cristo e di essere "il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1). Siate certi delle mie preghiere affinché il vostro Seminario nazionale, "Lux Mundi", adempia sempre più degnamente alla sua alta missione di evangelizzazione. Mi da una grande gioia, inoltre, sapere che le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa sono in costante aumento. Questo fatto ci sprona ad accettare l'invito del salmista: "Cantate al Signore un canto nuovo; la sua lode nell'assemblea dei fedeli" (Ps 149,1).


5. Allo stesso modo, il mio incoraggiamento è rivolto ai vostri sforzi per promuovere la partecipazione dei laici alla missione di salvezza della Chiesa.

Sono certo che una maggiore comprensione del proprio ruolo distintivo ed indispensabile da parte dei laici non potrà che dare ottimi frutti nei prossimi anni. Spero allo stesso tempo che i laici siano sempre più consapevoli della loro conformazione sacramentale a Gesù Cristo e della loro personale vocazione alla santità nella comunità di una Chiesa evangelizzatrice e catechista. L'intero Corpo della Chiesa universale è solidale con la Chiesa Tailandese nell'arduo compito di portare il Vangelo nelle vite dei bambini, dei giovani e degli adulti. E l'intera Chiesa è con voi nel proclamare al vostro popolo lo scopo dell'educazione cattolica, che San Paolo succintamente riassume come: "donec formetur Christus in vobis" (Ga 4,19).

Che il Signore sostenga tutti i generosi sacerdoti e religiosi tailandesi e stranieri che, con i fratelli laici, si sforzano nella gioia e nel dolore, nella speranza e nella delusione, di essere fedeli al Vangelo del Regno di Dio.


6. Fra le molte opere buone di testimonianza cristiana e servizio d'amore che fanno onore alla vostra comunità ci sono quelle svolte nei confronti dei rifugiati e di coloro le cui vite sono colpite dal problema dei rifugiati. La ricompensa promessa da Cristo per le buone azioni compiute per gli affamati e gli assetati, ai forestieri e ai bisognosi non è niente di meno che la vita eterna. (cfr. Mt 25,31ss).

Che questa certezza vi incoraggi nel vostro ministero verso i bisognosi, fornendo tutto l'aiuto materiale e spirituale che potete, con l'aiuto offerto dai cattolici di tutto il mondo tramite le organizzazioni filantropiche.

Chiedo al Signore Gesù di dimostrare anche in quest'epoca, attraverso i vostri programmi di assistenza pastorale, di essere il Buon Pastore di tutta l'umanità. Con la carità del vostro popolo, possa la Chiesa di Cristo manifestarsi nuovamente come simbolo di speranza e segno di misericordia. E che Maria, Madre di misericordia e di amore, interceda per tutti coloro che hanno compassione o sono compatiti, dimostrano misericordia e bontà e sono oggetto di misericordia e bontà (cfr. Col 3,12).


7. In questa occasione desidero esprimere i miei migliori auguri per le autorità del vostro paese e per tutti i vostri fratelli non cristiani. In particolare, mando il mio saluto ai vostri concittadini Buddisti. Le relazioni amichevoli che cercate di mantenere con loro sono in perfetta sintonia con il Concilio Vaticano II, che esorta i figli della Chiesa "affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi" (NAE 2). Questa esortazione è una norma per tutta la Chiesa, ma ha un particolare significato per la Chiesa in Tailandia, che cerca di essere fedele a Cristo facendosi araldo del suo Vangelo e serva di tutti i suoi fratelli e sorelle.


8. Cari fratelli, il consiglio fornito nella Lettera agli Ebrei ha un profondo significato per tutte le nostre attività in favore del Vangelo: "corriamo con perseveranza nella corsa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede" (He 12,2). Con tutta la nostra forza crediamo nel Mistero Pasquale, nella grazia redentrice di Cristo, che sosterrà la Chiesa fino alla sua venuta nella gloria per presentarci al Padre. In nome dell'amore di Cristo, vi chiedo di portare questo messaggio di speranza a tutti i membri della vostra Chiesa locale, a "tutti quelli che ci amano nella fede" (Tt 3,15).

Sia lodato Gesù Cristo! [Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-11-27 Data estesa: Giovedi 27 Novembre 1980.


Al capitolo generale dei Padri di Schönstatt - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'educazione dell'uomo per una società nuova

Cari confratelli! Era vostro cordiale desiderio potervi incontrare col successore di Pietro qui a Roma, dopo la conclusione del secondo capitolo generale della vostra comunità dei padri di Schönstatt. Volentieri sono venuto incontro al vostro desiderio e vi saluto tutti molto cordialmente.

Il vostro Superiore generale, che ringrazio sinceramente per la sua parola di saluto, ha già fatto allusione al significato e al senso del nostro odierno incontro. Per me personalmente è un'occasione propizia per esprimere a voi e a tutta l'opera internazionale Schönstatt la mia gioia, perché il "Movimento apostolico per la diffusione, la difesa e l'interiorizzazione della vita cristiana", chiamato in vita da padre Kentenich, ha conosciuto un così fecondo sviluppo dopo gli anni della sua fondazione. Di fronte ad alcuni fenomeni di crisi in vari settori della vita religiosa ed ecclesiale, il movimento di Schönstatt si distingue anche oggi nei suoi diversi rami e gruppi per una particolare forza vitale spirituale e per un apostolato ricco di benedizioni, che sono decisamente contrassegnati nello spirito del vostro fondatore da un grande amore alla chiesa e da una profonda devozione alla madre di Dio Maria. Come grato riconoscimento dell'eredità spirituale che egli ha lasciato alla chiesa, durante la mia recente visita in Germania, ho voluto espressamente nominare padre Kentenich come una delle grandi figure sacerdotali della storia a noi più vicina e in tal modo ho voluto rendergli onore in modo particolare.

Mantengono ancora la loro grande attualità e urgenza le promesse che padre Kentenich ha fatto personalmente ad entrambi i miei predecessori Pio XII e Paolo VI, e cioè di impegnarsi decisamente per la ricostruzione di un ordine sociale cristiano e di contribuire anche secondo le proprie forze alla realizzazione del Concilio Vaticano II. Perciò ricevo da voi, suoi figli spirituali, il rinnovamento di tali promesse con animo ancor più grato e incoraggio voi e l'intera famiglia di Schönstatt ad un impegno ancora più vasto e più forte a essere corresponsabili del rinnovamento morale della società, mediante l'approfondimento e la ripresa della vita religiosa ed ecclesiale nello spirito del Concilio nelle famiglie, nelle comunità e nelle associazioni ecclesiali.

Questo incoraggiamento si rivolge in modo particolare alla vostra comunità dei padri di Schönstatt, che si comprende come "pars motrix et centralis" di tutta l'opera Schönstatt. Voi stessi avete già posto al vostro istituto la meta di coadiuvare insieme alle altre comunità Schönstatt, per l'educazione di "un uomo nuovo in una nuova comunità", secondo l'esempio di Maria, per diventare così "lievito della pasta e strumento nelle mani di Dio per il rinnovamento della società".

Nello spirito del vostro fondatore voi ponete il vostro sacerdozio e la vostra attività apostolica sotto la protezione particolare della madre di Dio Maria, che ho dichiarato "Madre dei sacerdoti" nella mia lettera del Giovedi santo 1979. In esplicito riferimento a tale lettera siete ora venuti a Roma, per consacrarvi in forma solenne alla madre di Cristo e alla Chiesa, secondo il desiderio da me ivi espresso. Per questa pronta e coraggiosa risposta al mio fraterno invito vi ringrazio sinceramente. Proprio il Concilio Vaticano II ha fatto risaltare in modo luminoso l'eminente posizione di Maria nel mistero di Cristo e della chiesa e l'ha designata come "sovreminente e del tutto singolare membro della chiesa e sua immagine ed eccellentissimo modello nella fede e nella carità", che la chiesa cattolica venera "con affetto di pietà filiale come una madre amatissima" (LG 53).

Come pegno spirituale di questo nostro odierno incontro, in occasione della vostra consacrazione a Maria, vorrei affidarvi nel vostro cammino la seguende considerazione finale tratta da quella mia lettera: "Vostro compito (di sacerdoti) è di annnciare Cristo che è suo figlio: e chi vi trasmetterà meglio la verità su di lui, se non sua Madre? Voi dovete nutrire i cuori umani con Cristo: e chi può rendervi più coscienti di ciò che fate, se non colei che l'ha nutrito?...C'è nel nostro sacerdozio ministeriale la dimensione stupenda e penetrante della vicinanza alla Madre di Cristo. Cerchiamo dunque di vivere in questa dimensione" (Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i sacerdoti, Giovedi santo, 8 aprile 1979).

Anche il Concilio Vaticano II sottolinea espressamente nell'ultimo capitolo della Costituzione sulla Chiesa che la Vergine Maria fu "nella sua vita il modello di quell'amore materno, del quale devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini" (LG 65).

Insieme con voi raccomando la vostra vita sacerdotale e la vostra attività alla particolare protezione di Maria, che voi onorate con il titolo di "Tre volte miracolosa", e accompagno di cuore l'apostolato della vostra comunità e di tutto il movimento Schönstatt con la mia benedizione apostolica.

[Traduzione dal tedesco]

Data: 1980-11-28 Data estesa: Venerdi 28 Novembre 1980.


Ai partecipanti alla IX sessione del Consiglio della Commissione per l'America Latina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rendere effettiva la comunione delle Chiese e delle loro istituzioni

Signor Cardinale Presidente, Signori Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, Carissimi fratelli e sorelle, Mi rallegro molto di poter avere questo incontro con voi, in occasione della Nona Sessione del Consiglio Generale della Pontificia Commissione per America Latina, che vi raduna a Roma. Alla grande soddisfazione che mi offre la presenza di tante prescelte personalità, unite dallo stesso spirito di servizio alla Chiesa, si fa strada dentro di me la ferma convinzione che vi troviate anche "concordi nello stesso pensare e sentire" (cfr. 1Co 1,10) riguardo al compito e ai metodi della attuazione nella specifica attività ecclesiale che vi è stata affidata.

Voglio anzitutto rendere, in unione con voi, pubblico omaggio al mio indimenticabile predecessore, il Papa Paolo VI: che con la sua visione e zelo apostolico ha saputo dare vita e impulso a questo Consiglio, con la finalità di mettere in rilievo l'interesse della cattolicità per il Continente Latinoamericano (cfr. Normas, n. 1); come pure le sue dottrine e le sue direttive, sempre imbevute di un manifesto e costante proposito evangelizzatore, sono state le pietre miliari particolarmente orientative in precedenti sessioni di questo stesso Consiglio Generale. Giunga ancora a lui la nostra ammirazione, il nostro ricordo e il nostro ringraziamento.

Seguendo dunque la scia di questa dimensione evangelizzatrice segnata da Paolo VI, sono state l'esperienza acquisita dalle diverse Commissioni istituzionali e l'intuizione pastorale della Gerarchia di fronte alle situazioni mutevoli della società che hanno suggerito i temi di riflessione e pianificazione per queste riunioni periodiche del Consiglio.

Un semplice cenno ad alcune delle questioni ivi trattate - quali la distribuzione del personale apostolico, l'assistenza agli studenti ed ai sacerdoti all'estero, il sostentamento del clero, etc. -, mette in rilievo una sensibilità particolare, sollecita e adeguata ai bisogni, a volte tanto ampi quanto pressanti, che più frequentemente s'impongono nello sviluppo della vita della Chiesa.

Vi disponete ora a dare un passo in avanti prestando attenzione alle forze vive dell'apostolato, tra cui i laici del volontariato inviati in America Latina. Per ciò, avete voluto volgere lo sguardo retrospettivamente al lavoro svolto in questi anni: uno sguardo, senza dubbio indispensabile, per scoprire le possibili carenze o deficienze involontarie nell'applicazione delle risoluzioni prese; ugualmente questo sguardo vi è servito per collaudare i buoni risultati ottenuti e per definire i nuovi obiettivi da raggiungere. E' questa serena disposizione d'animo, presente nel corso della sessione attuale, che mi spinge a dirvi con San Paolo: "Dal punto a cui siamo arrivati, continuiamo ad avanzare sulla stessa linea" (cfr. Ph 3,16).

A questo riguardo mi è grato mettere in rilievo un aspetto che considero primordiale e che certamente sentite vibrare nel vostro intimo come un dovere ineluttabile: rendere effettiva la comunione tra le Chiese e le loro istituzioni, di cui voi siete degni e qualificati rappresentanti. Il vostro Organismo ha per fortuna numerosi specialisti e tecnici, conoscitori diretti delle esigenze pastorali.

Pero, questa condizione di esperti non può offuscare minimamente - al contrario, deve costituire un'autentica testimonianza di unità -, quello che è stato il nucleo e l'anima delle vostre attività: cercare la vera concordia tra le Chiese particolari, ossia, un cuore comune, una disposizione che supera il puro sentimento per convertirsi in presenza mutua e servizio reciproco.

Di questo vi sono riconoscenti il Papa e la Chiesa intera. Grazie a questa presenza interecclesiale, grazie anche al vostro sforzo e alla vostra collaborazione con la Chiesa in America Latina, quest'ultima presenta oggi un volto ringiovanito: il volto della speranza cristiana che si guarda e si riflette nitidamente nello specchio di una umanità fatta solidarietà ecclesiale per effetto della stessa comunione in Cristo.

Siano queste mie parole una testimonianza di gratitudine alle conferenze episcopali, agli Istituti religiosi, agli organismi e persone che con spirito di genuina "concordia" offrono il loro contributo o, ancora di più, si prodigano - come il lievito nella massa - per il bene della Chiesa.

Con la mia più cordiale benedizione apostolica.

[Traduzione dallo spagnolo]

Data: 1980-11-28 Data estesa: Venerdi 28 Novembre 1980.


L'udienza a un gruppo di lavoratori dell'Enel - Città del Vaticano (Roma)

Cari dirigenti, impiegati ed operai dell'Ente Nazionale per l'Elettricità di Firenze! Vi accolgo e vi saluto con vero piacere! Vi ringrazio per questa visita, che suscita nel mio animo tanti sentimenti, anche solo al sentire il nome della città da cui provenite e in cui operate: davanti allo spettacolo magnifico dei suoi monumenti e del suo patrimonio artistico e religioso, che testimonia attraverso i secoli il mirabile senso di perfezione e di bellezza, di saggezza e di verità, di alto sentire e di ben pensare, che essa ha saputo mostrare al genere umano, l'animo si solleva e quasi trasalisce. Questa vostra presenza mi ricorda anzitutto come l'anima fiorentina sia profondamente intrisa di valori veramente umani e veramente cristiani. Siate dunque i benvenuti! 1. Vi esprimo il mio compiacimento non solo per l'omaggio che avete voluto rendere al Successore di Pietro, ma anche per i preziosi servizi che voi rendete alla società nell'importante settore dell'energia elettrica, che costituisce il punto di partenza, la base fondamentale di tutta la vasta rete dell'attività industriale, sociale, economica, commerciale e di ogni altra attività umana.

Compiacimento, in particolare, per le benemerenze che il vostro Ente si è acquistato, con ammirevole dedizione e sprezzo dei pericoli, in questi giorni, nelle tragiche circostanze del terremoto del mezzogiorno d'Italia. Un senso di profondo rispetto si aggiunge poi al plauso nel considerare la competenza, i talenti, e l'esperienza che ciascuno di voi porta nel settore che gli è stato affidato e da cui dipende il buon funzionamento delle vostre imprese. Tutto questo voi fate perché, da onesti e laboriosi cittadini, avete alto il senso della dignità del lavoro, dei suoi diritti e dei suoi doveri e, penso anche, del rispetto per la scintilla divina che brilla sul volto di ogni uomo, che è nostro fratello e per la sua spiritualità, talora sopraffatta dal fenomeno del tecnicismo e dal materialismo ateo.


2. Infine, vi lascio una parola di esortazione, che bene si inquadra in questa vigilia del tempo sacro dell'Avvento, che è tempo di attesa del Signore e quindi di ripensamento e di riforma. La vostra assorbente attività e il vostro lodevole sforzo per portare il vostro Ente in posizioni sempre più avanzate, non deve sminuire o far mettere in disparte le istanze superiori dello spirito, che tanto hanno caratterizzato gli uomini più illustri della vostra splendida città. La tirannia delle occupazioni e preoccupazioni della giornata tende a soffocare le esigenze spirituali e finisce per negare il tempo necessario per rientrare in se stessi ed ascoltare la voce di Dio che parla nel segreto, invitandoci ad accogliere la sua volontà, in cui è la nostra pace, come cantava il vostro sommo Poeta nella "Divina Commedia" (cfr. Dante Alighieri, La Divina Commedia, "Paradiso", III,85).


3. Ricordatevi che in questo sforzo non siete soli, Cristo è con voi. Collaborate con Lui (cfr. Ph 3,12), lasciatevi afferrare da Lui, che è guida, forza e luce.

Non vi dispiaccia di accogliere in voi e nelle vostre famiglie quella luce misteriosa che proviene da Cristo, che è anzi Lui stesso, avendo detto di sé secondo il Vangelo di Giovanni: "Io sono la luce del mondo; colui che viene dietro a me, non cammina nelle tenebre" (Jn 8,12).

Carissimi fratelli, la sua grazia vi illumini e vi conforti per tutti i giorni della vostra vita. E vi sia anche di sostegno la Benedizione Apostolica che ora imparto a voi e che volentieri estendo ai vostri cari, ai vostri amici e ai vostri colleghi di lavoro.

Data: 1980-11-29 Data estesa: Sabato 29 Novembre 1980.


Alla confederazione dei consultori cristiani - Roma

Titolo: Privilegiate l'aspetto morale nella soluzione dei problemi della coppia

Cari fratelli e sorelle, 1. Il mio saluto cordiale a tutti voi, che state celebrando il convegno nazionale, promosso dalla confederazione nella quale si riconoscono i consultori familiari di ispirazione cristiana, a cui appartenete. Mi è gradito valermi della circostanza per esprimervi il mio apprezzamento: voi siete impegnati in un'azione di grande valore sia sul piano umano che su quello ecclesiale.

La famiglia costituisce un capitolo fondamentale della pastorale, a cui l'intera comunità cristiana nell'attuale momento storico è chiamata a prestare particolarmente attenzione. Non a caso il recente Sinodo dei Vescovi si è soffermato a riflettere sui "compiti della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo", allo scopo di individuare i problemi, analizzare le componenti, indicare le soluzioni. Mai come oggi si è avvertita l'urgenza di un intervento più adeguato e puntuale in questo settore dell'esperienza umana, che le trasformazioni culturali della nostra epoca hanno scosso e messo in crisi in modo particolarmente profondo.

Da molte parti vengono proposti "modelli" di interpretazione della realtà coniugale, che escludono qualsiasi riferimento ai valori superiori dell'etica e della religione. I comportamenti pratici, che ne vengono dedotti, si rivelano conseguentemente in contrasto non soltanto col messaggio cristiano, ma anche con una visione autenticamente umana di quell'"intima comunità di vita e d'amore", che è il matrimonio (cfr. GS 48).


2. E' compito della comunità cristiana proclamare con forza, di fronte alla società odierna, l'annuncio gioioso dell'amore umano redento. Cristo ha "liberato" l'uomo e la donna alla possibilità di amarsi in verità e pienezza. Il grande pericolo per la vita della famiglia, in una società i cui idoli sono il piacere, le comodità, l'indipendenza, sta nel fatto che gli uomini siano indotti a chiudere il loro cuore di fronte ad una simile possibilità, rassegnandosi ad un "ideale ridotto" di vita di coppia. La comunità cristiana deve contestare una visione del rapporto coniugale che, in luogo del dono reciproco senza riserve, proponga la semplice coesistenza di due amori, preoccupati in definitiva soltanto di se stessi.

"Se il matrimonio cristiano - ho detto nel corso del mio pellegrinaggio in terra d'Africa - può essere paragonato ad una montagna molto alta che pone gli sposi nell'immediata vicinanza di Dio, bisogna riconoscere che la sua scalata richiede molto tempo e molta fatica. Ma sarà questa una ragione per sopprimere o per abbassare tale vetta?" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad christianos sponsos, Kinsasae in ecclesia S.Petri Ap. congregatos, habita", 1, die 3 maii 1980: "", III,1[1980] 1075). E' necessario aiutare le singole coppie ad interpretare rettamente il loro amore ed a fortificare le proprie convinzioni, approfondendo le intrinseche ragioni che giustificano la visione cristiana del matrimonio e della famiglia e cogliendone le intime connessioni con le esigenze essenziali di un'antropologia veramente umana.

A tal fine la comunità deve porsi accanto alla coppia con l'offerta di aiuti concreti nel cammino, che essa percorre, per giungere all'attuazione sempre più piena dell'ideale intravisto con quella profondità di intuizione, che l'amore dà agli occhi del cuore. L'uomo è un essere storico, che diviene e si costruisce giorno per giorno grazie ad un impegno molteplice e progressivo. Anche la vita coniugale è un cammino, ed un cammino non privo di ostacoli. E' importante che gli sposi siano sorretti ed incoraggiati, così che non abbiano a piegarsi verso una prospettiva angusta, che non conosce gli "spazi dilatati della carità" (S.Augustinus).


3. Uno dei modi concreti con cui la comunità cristiana si rende presente accanto alla coppia nella sua crescita e maturazione, è costituito indubbiamente dall'istituto dei consultori familiari. In questi anni essi sono andati moltiplicandosi e la vostra confederazione ne conta ormai una novantina. Altri ne verranno ancora, come auguro. Mi è caro darvi atto, carissimi, della funzione veramente importante che siete chiamati a svolgere al servizio della famiglia, "prima e vitale cellula della società", "santuario domestico della Chiesa" (AA 11).

E' un impegno, il vostro, che ben merita la qualifica di missione, tanto nobili sono le finalità che persegue e tanto determinanti, per il bene della società e della stessa comunità cristiana, sono i risultati che ne derivano.

Al fine, tuttavia, di poter svolgere efficacemente la loro funzione, i consultori di ispirazione cristiana dovranno essere rigorosamente coerenti con la loro identità, che è quella di contribuire alla formazione di famiglie cristiane, conscie della loro specifica vocazione. Non potrà quindi mancare nella impostazione del loro lavoro, pur aperto sulla realtà globale del matrimonio e della famiglia, un'attenzione privilegiata all'aspetto etico-religioso, che ne caratterizza la fisionomia.

Infatti, solo privilegiando su ogni altro l'aspetto morale, si risolvono i problemi della coppia. Il richiamo alla norma etica, che deve regolare il comportamento dei coniugi, è "conditio sine qua non" del servizio ecclesiale, a cui sono chiamati i consultori. Tale richiamo, peraltro, deve essere fatto in piena conformità con l'insegnamento del magistero, che si è ripetutamente espresso a questo riguardo, escludendo tra l'altro sia i rapporti prematrimoniali che quelli extramatrimoniali e condannando la contraccezione e l'aborto. Compito dei consultori è di aiutare a superare le difficoltà, non di assecondare la resa di fronte ad esse.


4. In questa prospettiva desidero sottolineare l'urgenza di una testimonianza inequivocabile di servizio alla vita. I componenti del consultorio non solo debbono impegnarsi nel prestare interessamento ed assistenza a chi ricorre al loro aiuto, ma si devono sentire, altresi, in dovere di escludere ogni forma di partecipazione a procedure finalizzate ad interventi abortivi. I Vescovi italiani hanno parlato chiaro a questo proposito: occorre seguirli, senza lasciarsi sviare da altri maestri.

Un simile atteggiamento di coerente linearità rientra, peraltro, nell'ambito di quell'autonoma libertà d'indirizzo che anche la legge civile riconosce.

L'ispirazione cristiana dovrà d'altra parte, stimolare ciascuno di voi a porre il massimo impegno nel contribuire a fare del consultorio un'istituzione esemplare nel suo genere, capace cioè di svolgere la sua azione in forma altamente qualificata. Ciò non mancherà di attirarvi l'apprezzamento e la simpatia delle persone e delle coppie bisognose di aiuto ed eserciterà anche, col tempo, una benefica influenza sulle organizzazioni similari, spingendole ad assumere criteri di intervento più consentanei con una visione pienamente umana della realtà coniugale.

Proseguite, dunque, con fiducia ed entusiasmo nella vostra azione altamente meritevole. Il Papa vi incoraggia e, con lui, vi incoraggiano i vostri Vescovi e l'intera comunità cristiana. Tutto quello che riuscirete a fare a sostegno della famiglia e destinato ad avere una efficacia che, travalicando il suo ambito proprio, raggiunge anche altre persone ed incide sulla società. Il futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia.

Con questi voti, sono lieto di concedervi, quale auspicio di copiosi favori celesti, la mia apostolica benedizione, che volentieri estendo ai vostri cari ed a quanti con voi collaborano nei consultori familiari.

Data: 1980-11-29 Data estesa: Sabato 29 Novembre 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Messaggio all'XI Congresso Eucaristico Nazionale del Cile