GPII 1980 Insegnamenti - In Piazza Alcide De Gasperi - Cassino


Al popolo - Montecassino

Titolo: Il mondo guardi a san Benedetto artefice di pace, di ordine e di santità

1. Una grande, sincera letizia pervade il mio cuore nel trovarmi qui a Cassino, in mezzo a voi.

Non nascondo che questo nome mi è oltremodo caro, anche perché legato al ricordo dei mille miei connazionali che, spargendo eroicamente il giovane sangue, diedero l'avvio alla liberazione di Montecassino e dell'intera zona circostante dagli orrori della guerra, che vi aveva infierito per lunghi mesi.

La mia visita odierna avviene nel nome di san Benedetto, del quale si celebra quest'anno, come sapete, il XV centenario della nascita: una circostanza che mi auguro abbia a recare un valido contributo al rinnovamento della vita ecclesiastica e umana in senso autenticamente cristiano.


2. San Benedetto appartiene alla storia di tutto il mondo. Il grande Papa Pio XII lo chiamo "padre dell'Europa", ed il mio predecessore di venerabile memoria Paolo VI venne qui personalmente a proclamarlo "patrono primario di tutta l'Europa", sottolineando con tale titolo l'opera meravigliosa svolta dal santo mediante la Regola ed i moltissimi discepoli per l'avvento della cultura e della civiltà europea. L'insegnamento del grande patriarca ha tuttavia valicato, nel corso dei secoli, i confini del continente, diffondendo in tutto il mondo, grazie al lavoro di mente e di mani e soprattutto all'esempio di virtù e di spirito di contemplazione, offerto dai suoi figli, i frutti che la preziosa Regola racchiudeva come germi fecondi.

La dottrina di san Benedetto è semplicemente evangelica: questo ne spiega la perenne validità ed insieme il fascino singolare. Essa non mira che a fare del monaco un ricercatore e conquistatore di Dio, della sua santità, del suo regno. Per questo essa esplica tutta la sua forza nel promuovere le virtù che sono basilari nel Vangelo: l'amore di Dio e del prossimo, lo spirito di fede, l'umiltà, l'obbedienza, la preghiera, la carità. L'intera struttura istituzionale in essa fondata, tanto salda da sfidare oltre quattordici secoli di storia, converge a creare il clima nel quale mettere in atto efficacemente quelli che il santo chiama gli "strumenti delle buone opere" (S.Benedicti "Regula", 4).

Sul modello della famiglia naturale, e di quella soprannaturale che è la Chiesa, il grande legislatore costruisce la sua "dominici schola servitii" (S.Benedicti "Regula", Prol., 45) quale tipica forma di famiglia, che trova un suo fondamentale principio nella "stabilitas congregationis" (S.Benedicti "Regula", 4,78). Le relazioni tra abate e fratelli e quelle mutue tra i fratelli medesimi, l'autorità e l'obbedienza, la sottomissione e i diritti della ragione, l'incitamento all'eroismo e la considerazione della debolezza, l'intransigenza per il necessario e l'indulgenza per l'accessorio, tutto è contemperato con un equilibrio romano e cristiano, che fa della Regola un capolavoro di sapienza e di discrezione.

In quella "casa di Dio" (S.Benedicti "Regula", 31,19; 53,22; 64,5) che è il monastero, deve regnare l'amore, che, originato e fomentato dalla fede, può dirsi il pilastro portante di tutto l'edificio sociale e spirituale, creato da questo genio gigantesco. L'amore invade ed ispira tutto, come in ogni vera e sana famiglia: basta ricordare quel testamento della carità che è il capitolo 72della Regola. Ed è da questo amore, sentito e vissuto realmente come dono di Dio, che nasce quel gaudio, per cui "nessuno nella casa di Dio deve turbarsi o rattristarsi" (S.Benedicti "Regula", 31,19). Realtà ineffabile, causa ed effetto di questa gioia, è la pace, dolce traguardo a cui il legislatore aspira come a segno e garanzia della sanità spirituale della famiglia monastica: "et ita omnia membra erunt in pace" (S.Benedicti "Regula", 34,5): e così tutte le membra di questo mistico corpo, sorto dall'amore per Cristo, saranno nella pace.


3. Carissimi fratelli e sorelle e figli carissimi, ho voluto accennare brevemente a questi principi e a questi tratti dalla fisionomia particolare della Regola benedettina, perché tutti possiamo scorgervi evidenti e salutari lezioni per il tempo nostro.

L'amore per Dio, anzitutto, la generosa e piena osservanza delle sue leggi, la necessità della preghiera e del contatto con lui, il dovere primario della lode di adorazione e di ringraziamento sono valori che non hanno perso nulla della loro attualità. Dio, e il suo Cristo, devono entrare profondamente nel tessuto dell'intimità individuale come in quello della vita pubblica e comunitaria: famiglia, scuola, cultura, lavoro, politica, mass media, sport, divertimento.

Amando Dio, amiamo con ciò stesso il prossimo; rispettando i diritti altrui, specialmente quello basilare della vita, riconosciamo i doni più grandi dell'onnipotenza e della bontà divina.

San Benedetto ci esorta a fare veramente della famiglia un santuario, un centro di amore cristiano, dove genitori e figli sentano il dolce obbligo di amarsi, e perciò di compatirsi e di sacrificarsi gli uni per gli altri. Egli ci invita, altresi, a trasformare l'intera umanità in una famiglia cristiana di popoli, sulla base dei valori immessi dalla Regola nel fermento storico che creo l'unità di fede dell'Europa. Che i popoli si amino, riconoscendosi fratelli in Cristo; che tutti aprano gli occhi e i cuori verso i più bisognosi; che le relazioni politiche ed economiche sbocchino sempre in un sincero rafforzamento della solidarietà umana e cristiana.

Così potremo sperare di conquistare la pace. La pace: questa dolce parola debbo pronunziarla specialmente a Cassino, teatro di una incredibile e assurda guerra di nazioni, che pure vantano tanta civiltà. Questa città per lunghi mesi logorata da incursioni, bombardamenti, incendi e infine totalmente distrutta.

La gloriosa abbazia di Benedetto, centro mondiale di pietà, di cultura e d'arte, barbaramente rasa al suolo. Tutti i popolosi borghi circostanti, fervidi di onesto lavoro; tutti i bei campi vostri, così fertili e rigogliosi, ridotti ad una landa desolata, infestata dalla malaria. Perché ricordare tutto ciò, se non per gridare da qui a tutti, singoli e collettività, che ogni guerra è sempre un fratricidio; se non per proclamare l'esigenza, la sicurezza, la gioia della pace? 4. Questa vostra città, già fiorente per ville e monumenti nel periodo classico della romanità, trasferita nel medioevo al sito attuale e, per così dire, rifondata dall'abate san Bertario e governata dai figli di san Benedetto, ricca di vicende storiche che l'hanno sempre avvinta a quel Montecassino, a cui essa è "ne la costa" come dice Dante (Dante Alighieri "La Divina Commedia", "Paradiso", XXII,37) per suo egregio titolo di gloria; questa città, ora rinata dalle sue macerie per un dono di Dio, della Madonna Assunta e di san Benedetto, e per il valore del vostro intelligente lavoro, dev'essere oggi e domani non un richiamo alla morte inflitta dalle guerre, ma un fortissimo e risonante invito alla vita operosa e gioiosa della pace.

Ne è simbolo e speranza l'incremento che la vostra città dimostra nel moltiplicarsi delle industrie e delle officine, come nel fiorire delle scuole di tutti i tipi, perfino in quelle che già ne fanno, e ne faranno ancor più, una città universitaria. Son questi i giocondi frutti della pace.

Desidero ricordarlo in modo particolare in questo momento delicato e difficile, nel quale tante persone si sentono minacciate dalle conseguenze della congiuntura economica. So bene quanto importante sia per la serenità familiare la sicurezza del posto di lavoro. Di cuore partecipo alle ansie e alle preoccupazioni delle famiglie, trepidanti per le prospettive che vedono delinearsi all'orizzonte, ed esprimo, pertanto, l'augurio che, grazie al senso di responsabilità ed al generoso impegno di tutti, si possa giungere a trovare una soluzione equa e rispettosa dei diritti di ciascuno.

Il mio augurio si estende a tutta la "terra di san Benedetto", provata a suo tempo dalla bufera devastatrice della guerra, ed ora assillata, ove più ove meno, da problemi di ordine sociale ed economico: che ogni comunità civica, memore della protezione paterna ad essa dimostrata dal santo in tanti secoli di storia, si senta da lui invitata ad operare, a costruire, a pregare per l'avvento universale della pace nella giustizia.

So che il vostro patriarca, nei mesi scorsi, si è fatto pellegrino per visitare, salutare e benedire tutti i centri della sua "terra". In tale "peregrinatio" molti ne ha già incontrati, accolto sempre con grande giubilo e devozione; gli altri li visiterà, ricominciando il giro fra breve. Non è stato e non dovrà essere un fatto di carattere soltanto esteriore e, per così dire, folcloristico. San Benedetto viene per ricordare il suo messaggio perpetuo di amore e di pace. E' un messaggio che faccio mio: la pace sia con voi e con tutto il mondo! Nell'auspicare che l'intercessione del santo monaco disponga gli animi ad accoglierlo e ad impegnarvisi con generosità, benedico di gran cuore voi, qui presenti, questa dilettissima diocesi cassinese, il suo Vescovo, il suo clero, le comunità religiose, la Chiesa ed il mondo, che guardano a san Benedetto come artefice di pace, di ordine e di santità.

Data: 1980-09-20 Data estesa: Sabato 20 Settembre 1980.


All'associazione Santa Cecilia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La musica sacra espressione del patrimonio culturale cristiano

"Lodate, servi del Signore, / lodate il nome del Signore. / Sia benedetto il nome del Signore, / ora e sempre!" (Ps 112[113],1ss).

1. Queste parole del Salmo responsoriale dell'odierna Liturgia domenicale si adattano perfettamente ai vostri sentimenti, cari fratelli e sorelle dell'"Associazione Italiana Santa Cecilia", che a migliaia siete convenuti a Roma, nel centro della cattolicità, sulla venerata tomba del Principe degli Apostoli, per lodare e per benedire il nome del Signore con la suggestività armoniosa del vostro canto, che in questa mirabile Basilica si eleva come adorante preghiera a Dio.

Voi avete voluto celebrare, in maniera solenne e significativa, una data fondamentale per la vita della vostra Associazione, che proprio in questi giorni ha compiuto i suoi 100 anni di vita! Una data questa che manifesta non già vecchiezza e atrofia di codesto organismo, ma, al contrario, ne pone in mostra la sorprendente vitalità, di cui è lieta garanzia la vostra presenza, che vuole essere un'affermazione di vita, di gioia, di speranza, di fede cristiana, ed altresi una proclamazione di fiducia e di amore alla musica "sacra", alla quale avete dedicato, e continuate a dedicare, una parte, forse la migliore, la più entusiastica, del vostro tempo, dei vostri interessi, delle vostre energie! Nel lontano 4 settembre 1880 a Milano si riuniva il primo Congresso Nazionale Ceciliano: nasceva così la vostra Associazione, la quale intendeva riunire, al servizio dell'Episcopato Italiano, quanti avevano a cuore la musica "sacra". Ma, nelle date, potremmo andare ancora più indietro: la vera origine dell'"Associazione Italiana Santa Cecilia" potremmo farla risalire al 1584, quando a Roma fu istituita la "Congregazione di Santa Cecilia", approvata da Sisto V nel 158 5. Anche il grande Giovanni Pier Luigi da Palestrina fece parte di quella Congregazione, la quale perduro fino al secolo XVIII. Nel secolo XIX essa riprese vita, dividendosi in due rami, per la musica "profana" con il nome di "Accademia Statale di Santa Cecilia"; e per la musica "sacra" con il nome di "Associazione Italiana Santa Cecilia". L'affetto e la stima, che i miei Predecessori, in particolare san Pio X e Paolo VI, hanno avuto per la vostra Associazione sono ben noti; come è anche noto che essa ha avuto tra i suoi membri i più qualificati Compositori, Maestri, Direttori delle Cattedrali e delle Chiese d'Italia.


2. Voi, carissimi fratelli e sorelle, siete fieri di appartenere ad un'Associazione, che ha come scopo principale quello di promuovere l'autentica musica "sacra"; con ciò stesso voi vi inserite coscientemente in tutta la plurisecolare tradizione della Chiesa, la quale, nel rendere alla Trinità Santissima il culto, si è servita della musica e del canto per esprimere i più profondi sentimenti religiosi del cristiano: l'adorazione, il ringraziamento, la supplica, la impetrazione, il dolore, lo slancio spirituale. Per questo, il Concilio Vaticano II ha potuto affermare che il "canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della Liturgia solenne", e che "la Musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all'azione liturgica sia esprimendo dolcemente la preghiera e favorendo l'unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri" (SC 112).

Sono passati quasi 80 anni dal Motu Proprio "Inter Pastoralis Officii", emanato da san Pio X il 22novembre 1903, in un periodo difficile per le condizioni della musica "sacra", che - come notano gli storici e gli specialisti - non manteneva sempre e dappertutto quel decoro, che si addice al culto divino. Il Documento del mio santo Predecessore fu, per più di mezzo secolo, stimolo fecondo di frutti ubertosi di arte autentica e di profonda spiritualità. Il Concilio Vaticano II, da parte sua, emanava una Costituzione sulla Liturgia, che, riferendosi esplicitamente al citato Motu Proprio di san Pio X, dedicava una parte rilevante alla musica sacra (SC 112-121); e nel marzo del 1967, l'allora Sacra Congregazione dei Riti pubblicava un'ampia ed articolata Istruzione, dal titolo "Musicam Sacram".

Non si insisterà mai abbastanza sulla importanza culturale, formativa, sociale e spirituale della musica sacra; e le iniziative e gli sforzi che, a tutti i livelli, saranno compiuti in questo campo, meriteranno il sincero plauso della Sede Apostolica, dei Vescovi, dei fedeli tutti, desiderosi di rendere a Dio un culto non indegno né indecoroso della sua infinita maestà, ma provocheranno altresi l'approvazione anche di tutte quelle persone, che guardano con una certa preoccupazione a dei fenomeni e a degli esperimenti discutibili, concernenti espressioni musicali in certe celebrazioni liturgiche.


3. La Chiesa ha insistito ed insiste, nei suoi documenti sull'aggettivo "sacro", applicandolo alla musica destinata alla Liturgia. Ciò vuol dire che essa, per la sua secolare esperienza, è convinta che tale qualificazione ha un suo importante valore. Nella musica destinata al culto sacro - ha detto Paolo VI - "non tutto è valido, non tutto è lecito, non tutto è buono"; ma solo quanto, in connubio di dignità artistica e di superiorità spirituale, può "esprimere pienamente la... fede, per la gloria di Dio e per l'edificazione del Corpo mistico". Non si può pertanto affermare che ogni musica diventi sacra per il fatto e nel momento in cui venga inserita nella Liturgia; in tale atteggiamento manca quel sensus Ecclesiae, "senza il quale il canto, invece che aiutare a fondere gli animi nella carità, può invece essere fonte di disagio, di dissipazione, di incrinatura del sacro, quando non di divisione nella stessa comunità dei fedeli".

E' noto inoltre che la Costituzione conciliare sulla Liturgia esige che le nuove composizioni devono avere "le caratteristiche della vera musica sacra" (SC 121). Ed io, oggi, per la dignità della Liturgia mi rivolgo, con stima e con rispetto, a tutti i Musicisti, perché anch'essi sono tra quegli "amici della vera arte", dei quali la Chiesa ha dichiarato di aver bisogno ed ai quali ha indirizzato, in nome della bellezza ispirata dal soffio dello Spirito Santo, l'invito a non lasciar cadere un'alleanza tra le più profonde tra Essa e la vera arte. Voi, o Musicisti, che avete il dono mirabile e misterioso di trasformare il sentimento dell'uomo in canto, di adeguare il suono alla parola, date alla Chiesa, alla Liturgia nuove composizioni, sulla scia di tanti Musicisti che sono riusciti a mantenere la loro ispirazione artistica in perfetta e feconda sintonia con le alte finalità e le esigenze del culto cattolico! 4. La musica destinata alla Liturgia deve essere "sacra" per caratteristiche particolari, che le permettano di essere parte integrante e necessaria della Liturgia stessa. Come la Chiesa, per quanto concerne luoghi, oggetti, vesti, esige che abbiano una predisposizione adeguata alla loro finalità sacramentale, tanto più per la musica, la quale è uno dei più alti segni epifanici della sacralità liturgica, essa vuole che possegga una predisposizione adeguata a tale finalità sacra e sacramentale, per particolari caratteristiche, che la distinguano dalla musica destinata, ad esempio, al divertimento, all'evasione o anche alla religiosità largamente e genericamente intesa.

La Chiesa ha dichiarato quali sono i generi musicali che con eccellenza posseggono la predisposizione artistica e spirituale consona al divino Mistero: sono il canto gregoriano e la polifonia. In un periodo, in cui si è diffuso l'apprezzamento ed il gusto per il canto gregoriano, la cui eccellenza è universalmente riconosciuta, occorre che nei luoghi, per cui esso è sorto, sia rimesso in onore e praticato, nel grado di capacità delle singole comunità liturgiche, in particolare col recupero dei brani più significativi e di quelli che, per la loro facilità e pratica tradizionale, devono diventare i canti comuni espressivi dell'unità e dell'universalità della Chiesa. La polifonia è anch'essa oggi rivalutata dal sorgere, inaspettato e felice, delle "Scholae Cantorum", composte anche di giovani, desiderosi di autentica bellezza e di profonda spiritualità. A questi due generi si affianca il canto popolare sacro, che deve effettivamente coinvolgere tutto il popolo e possedere, pertanto, elementi di coralità e di eloquente solennità, quali un'assemblea orante ed adorante può e deve esprimere. Sant'Ambrogio paragona felicemente il canto dei fedeli al mare: "Le loro salmodie - egli scrive - rivaleggiano col mormorare dell'onde che sciabordano lievemente, ...Che cos'è il canto del mare, se non un'eco dei canti dei canti dell'assemblea cristiana? ... Mentre il popolo prega tutto insieme, scroscia come il riflusso di onde spumeggianti, quando il canto degli uomini, delle donne, delle vergini, dei ragazzi fa eco ai responsori dei salmi come l'armonioso fragore dell'onde".


5. La composizione e l'esecuzione di una vera musica sacra esigono una preparazione specifica, sia artistica sia spirituale-liturgica. In questo momento non posso non lodare tutte quelle iniziative, che tendono sia ad offrire ai Compositori gli aiuti, i suggerimenti e gli strumenti adeguati, sia a dare ai Cantori la possibilità di dedicare parte del loro tempo a questa forma di espressione, qual è la musica sacra.

Occorre pertanto che nella pratica musicale liturgica della Chiesa Latina venga valorizzato l'immenso patrimonio che la civiltà, la cultura, l'arte cristiana hanno prodotto in tanti secoli; l'accoglimento eventuale di forme e di strumenti tipici di altre civiltà e culture dovrà essere operato con discernimento, nel pieno rispetto del genio dei popoli e con quel sano pluralismo, che è innanzitutto salvaguardia dei valori caratteristici di una singola civiltà e cultura, che solo in tal modo potrà accogliere ed assimilare, con la prova di una prudente e vagliata esperienza, elementi di altra provenienza, che non la snaturino, ma la arricchiscano (cfr. GS 44 AGD 22).

Fratelli e sorelle carissimi! In questa solenne celebrazione, che vi vede raccolti festanti attorno al Papa, per ringraziare il Signore dei cento anni di vita della vostra Associazione, vi dico: Amate l'"Associazione Italiana Santa Cecilia"! Seguitela! Sostenetela! Continuate con rinnovato fervore nell'opera magnifica, che è insieme sintesi di "arte" e di "fede"! Ma proprio perché la musica "sacra" è espressione e manifestazione di fede - della fede della Chiesa e dei suoi membri - è necessario che nel vostro comportamento di cristiani, a livello interiore ed a livello di testimonianza esteriore, ci sia una perfetta sintonia, una vera coerenza tra il vostro canto e la vostra vita. "Canta a Dio- ci dice Sant'Agostino- chi vive di Dio; salmeggia al suo Nome, chi opera per la sua gloria. così cantando, così salmodiando, cioè, così vivendo, così operando... preparate la via a Cristo, affinché mediante l'opera degli evangelizzatori siano a lui aperti i cuori dei fedeli".

Se sarete autentici cristiani, con il vostro canto sarete degli evangelizzatori, cioè dei messaggeri di Cristo nel mondo contemporaneo! Amen!

Data: 1980-09-21Data estesa: Domenica 21Settembre 1980.


Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Matrimonio e famiglia comunione d'amore e di vita

1. Desidero salutare tutti voi, romani e pellegrini, riuniti in piazza san Pietro.

Nel corso di questi ultimi due mesi il luogo dei nostri incontri per l'"Angelus" è stato Castel Gandolfo. Perciò, nel salutare i presenti, desidero, in pari tempo, ringraziare tutti coloro che, tanto volentieri e in così grande numero, sono convenuti per la nostra preghiera domenicale nel luogo del soggiorno estivo del Papa. Questa comunità cordiale e veramente familiare è stata per me sempre fonte di gioia e di sollievo spirituale. Il Signore ricompensi i cittadini di Castel Gandolfo e tutti gli ospiti che si sono succeduti durante le vacanze. Riprendendo da oggi a Roma la preghiera domenicale, mi è caro innanzitutto ricordarvi, cari fratelli e sorelle, queste parole di Gesù Cristo: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).


2. Oggi preghiamo in modo particolare affinché Cristo Gesù sia in mezzo al Sinodo dei Vescovi, che inizia i suoi lavori venerdi prossimo, 26 settembre. Il tema della sessione ordinaria del Sinodo riguarda, come è noto, i compiti della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo. Tenendo presente il carattere peculiare di questo argomento, è sembrato giusto e conveniente che, oltre ai Vescovi, ai teologi e ai pastori di anime, partecipassero a questa sessione anche i laici ed in particolare i rappresentanti delle famiglie, cioè i coniugi cristiani.

I compiti della famiglia cristiana scaturiscono dalla sua partecipazione alla missione del Popolo di Dio. E sono compiti talmente fondamentali - sia dinanzi alla Chiesa come dinanzi alla società: nazione e stato - che nessun'altra istituzione può sostituire o rimpiazzare la famiglia. Rivolgiamo quindi la nostra preghiera a Cristo, buon pastore, invocandolo di dare al Sinodo la grazia della testimonianza autentica e del discernimento penetrante in questo problema, che si propone già nel corso della settimana entrante.


3. La Chiesa desidera servire il matrimonio e la famiglia come una particolare comunione di amore e di vita. Tale servizio è necessario. E' necessario in proporzione ai compiti della famiglia, ma anche su misura delle sue minacce. Una settimana fa ho parlato, nella mia visita per onorare santa Caterina da Siena, del problema sociale tanto importante della responsabilità per la vita, e l'ho fatto perché noi non possiamo mai perdere la coscienza che questo problema è soprattutto un problema di responsabilità morale. E' un problema di ogni coscienza e al tempo stesso, di tutte le coscienze. Per la Chiesa questo problema ha esigenze di natura morale. Ma la Chiesa è anche pronta a far tutto per servire, a questo proposito, ogni famiglia e l'intera società. Essa non vuol giudicare nessuno, ma non può non rendere testimonianza alla verità. La Chiesa sa che ogni attentato alla vita del bambino nel seno della madre è un grande sconvolgimento della coscienza. E' una grande disgrazia. E' un grande dolore. La Chiesa quindi vuole soprattutto aiutare, vuole servire.

[Omissis. Seguono i saluti ai membri dell'associazione italiana "Santa Cecilia"]

Data: 1980-09-21Data estesa: Domenica 21Settembre 1980.


Al Comitato per la Famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una testimonianza vigorosa ed entusiasta di identità cattolica

Signori Cardinali, Cari fratelli e sorelle, 1. Sono veramente felice di potere incontrare oggi voi tutti che partecipate alla IV Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. Non dimentico infatti di essere stato consigliere del Consiglio dei Laici sin dalla sua creazione nel 196 7. Promulgando allora il Motu proprio "Catholicam Christi Ecclesiam", il mio venerato predecessore Paolo VI concretizzava una raccomandazione precisa dei Padri Conciliari. Dieci anni dopo, un nuovo Motu proprio, "Apostulatus Peragendi", valutava positivamente il lavoro svolto da questo organismo a titolo sperimentale; precisava e sviluppava il suo campo d'azione, riformava e rinforzava la sua struttura, trasformandolo in un Dicastero permanente della Curia Romana, l'attuale Pontificio Consiglio per i Laici, che partecipa pienamente al governo pastorale della Chiesa universale, al servizio del Successore di Pietro.

Questo Motu proprio confermava anche l'esistenza e la missione del Comitato per la Famiglia alla nascita del quale il Consiglio dei laici aveva enormemente contribuito e al quale mi rivolgero tra un istante.

Innanzi tutto, vorrei esprimere i miei sinceri ringraziamenti per la disponibilità e la generosità con le quali avete accettato, sotto la responsabilità del Presidente, Cardinale Opilio Rossi, e del Vice-Presidente, Monsignor Paul J. Cordes, di mettervi al servizio della Santa Sede, mantenendo le vostre responsabilità in seno ai vostri rispettivi organismi d'appartenenza.

Venendo da tutte le regioni del mondo, portate la ricchezza delle molteplici esperienze delle vostre associazioni a livello locale, nazionale e persino internazionale.


2. Il vostro indispensabile contributo implica due processi: Da una parte, tramite l'ascolto ed il dialogo, dovete prestare una particolare attenzione alle aspirazioni, ai bisogni e alle sfide che si manifestano nella vita dei laici in quanto persone, nelle loro famiglie, nei loro movimenti, nelle loro comunità cristiane e nei loro diversi impegni sociali e culturali. In questo modo, anche voi aiutate la Santa Sede a conoscere il contesto nel quale essa esercita il suo governo pastorale.

Dall'altra parte, voi dovete valutare le varie esperienze del laicato alla luce della Rivelazione e della Tradizione cristiana, vegliando affinché esse si realizzino in uno spirito di fedeltà alla Parola di dio e al Magistero della chiesa, per riaffermare l'identità cattolica delle associazioni, ravvivare il loro slancio evangelizzatore nei confronti delle attese più profonde degli uomini e dei popoli ed incoraggiarli ad inserire il loro specifico apostolato, in modo attivo e profondo, nel dinamismo della missione pastorale della Chiesa e delle sue comunità.

Posso già assicurarvi che ricevero e considerero con grande interesse i risultati di questa IV Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici che ha studiato la situazione attuale delle associazioni dei fedeli, in particolare dei movimenti dei laici, nella vita e nella missione della Chiesa.


3. Il Consiglio Pontificio per i Laici è ancora molto giovane, è vero, ma ha già affrontato problemi ed esperienze, sul piano universale, che lo mettono in grado di rivedere, valutare ed orientare l'evoluzione delle associazioni di fedeli.

Sin dalla sua origine, il Consiglio dei Laici, e poi il Pontificio Consiglio per i Laici, in collaborazione con la Segreteria di Stato, ha attentamente seguito la vita di queste associazioni, accompagnandole nelle loro riflessioni e nelle loro azioni, interpellandole nei momenti di crisi, aiutandole a tessere legami all'interno della comunità ecclesiale, favorendone la partecipazione e sostenendone il programma di lavoro.

Tutti i contatti regolari che intrattengono sono preziosi: contatti con i dirigenti e gli assistenti ecclesiastici delle Organizzazioni Internazionali Cattoliche e la loro Conferenza, contatti con i movimenti di spiritualità e le altre associazioni di laici e, attraverso quest'ultime, con l'insieme del laicato operante nelle comunità parrocchiali o, al di là di quest'ambito, contatti con le Conferenze Episcopali, in particolare con le loro commissioni o settori dell'apostolato dei laici, e contatti con gli altri Dicasteri della Curia Romana.


4. E' con la costituzione "Lumen Gentium" ed il decreto "Apostolicam Actuositatem" che il Concilio Vaticano II ha aperto una prospettiva di profondo significato e di vasta ripercussione: il pieno riconoscimento dei laici come cristiani che "dopo essere stati incorporati a cristo col battesimo e costituiti popolo di dio e, nella loro misura, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano" (LG 31).

Come ben sapete, l'importanza delle molteplici forme di apostolato organizzato (cfr. AA 18-19) nella vita e nella missione della Chiesa deriva dal sacerdozio comune dei fedeli e dal riconoscimento della diversità dei ministeri nell'unità della missione (cfr. AA 2). L'Esortazione Apostolica "Evangelii Nuntiandi", in una meravigliosa sintesi, giudica con discernimento l'effervescenza così feconda, ma a volte così critica ed incontrollata, di questo periodo post-conciliare; ne ricorda i frutti migliori e traccia dei punti di riferimento per l'avvenire. Nell'insegnamento che sono chiamato io stesso a fornire, in particolare nell'Enciclica "Redemptor Hominis" e nell'Esortazione Apostolica "Catechesi Tradendae", così come in occasione dei miei viaggi pastorali, voi trovate i criteri sostanziali di cui bisogna tener conto affinché l'azione die movimenti e delle associazioni possa svilupparsi in sintonia con questi tempi di rinnovamento del cattolicesimo nei quali viviamo.


5. Mi accontento di ricordarvi quello che dicevo in occasione del mio primo viaggio apostolico alle organizzazioni cattoliche del Messico e, tramite loro, a tutte le organizzazioni di laici: "Che le vostre associazioni, domani come oggi, e sempre meglio, formino dei cristiani votati alla santità, con una fede solida, che si poggiano con sicurezza sulla dottrina proposta dall'autentico magistero, fermi ed attivi nella Chiesa, alimentati da una ricca vita spirituale, che si avvicinano spesso, per nutrirsi, ai sacramenti di penitenza ed eucarestia, perseveranti nella testimonianza e nell'azione evangelica, coerenti e coraggiosi nei loro impegni temporali, che oppongono con costanza la pace e la giustizia a qualsiasi forma di violenza od oppressione, capaci di discernere con spirito critico le situazioni e le ideologie alla luce della dottrina sociale della Chiesa, fiduciosi e pieni di speranza nel Signore" (La Documentation Catholique, 1979, p. 178).


6. Oggi, non posso sviluppare queste riflessioni brevi ma esigenti che contengono i fili conduttori fondamentali della vita delle associazioni di laici cattolici.

Quest'ultime sono scuole di formazione dei cristiani; li stimolano ad agire come il lievito nella pasta in seno allo stesso popolo di Dio, al fine di suscitare nuove vocazioni al servizio del Vangelo. In comunione stretta con la Chiesa, esse non si isolano in un movimento di élite sufficiente a se stesso, ma offrono un potenziale di carisma in vista della crescita del popolo di Dio in tutte le strutture e attività pastorali, sotto la direzione dei Vescovi.

Ma i cristiani devono essere il lievito nella pasta in seno alla vita familiare, sociale, economica, politica delle diverse nazioni e sul piano internazionale, al fine di evangelizzare le culture, nelle loro stesse radici, affinché si realizzino migliori condizioni di pace e giustizia, lo sviluppo integrale delle persone e dei popoli, in modo che si possano intravedere i frutti della fratellanza nel comune riconoscimento della filiazione divina. Compiti così importanti non potranno essere assunti a meno che i laici cristiani e le associazioni di fedeli in genere non diano una testimonianza vigorosa ed entusiasta d'identità cattolica, di comunione ecclesiale, di formazione di uomini nuovi secondo il Vangelo, di preoccupazione evangelizzatrice.

Dobbiamo essere convinti che solo la densità e la profondità dell'esperienza religiosa, della vita spirituale dei movimenti ed associazioni e dei loro membri, permettono di rispondere a tali esigenze.


7. Vorrei infine incoraggiarvi a proseguire le vostre diverse attività: prima di tutto la realizzazione dei vostri programmi, di cui vi ringrazio per tenermi costantemente informato; ma anche le diverse riunioni regionali con i Vescovi responsabili dell'apostolato dei laici, gli incontri degli assistenti ecclesiastici delle organizzazioni e delle associazioni internazionali cattoliche e il dialogo permanente con queste, l'accompagnamento pastorale dei movimenti di spiritualità o di carità.

E' chiaro che in ogni approccio pastorale riguardante i laici non si può dimenticare l'esperienza fondamentale della loro vita familiare. E' un settore particolare e di primaria importanza sul quale mi attardero un po' più a lungo.


8. Ed ora mi rivolgo al Comitato per la Famiglia. Assieme al suo Presidente, il Cardinale Opilio Rossi, saluto il suo Vice-Presidente, Monsignor Kazimierz Majdanski, vescovo di Szczecin-Kamien, il suo Segretario permanente, i suoi membri e i suoi rappresentanti dei diversi Dicasteri della Curia Romana le cui competenze sono esercitate verso l'uno o l'altro degli aspetti della famiglia.

So che era intenzione di Papa Paolo VI, quando istitui il Comitato per la Famiglia, che questo nuovo Organismo servisse da punto di incontro e di riferimento per tutti i lavori dottrinali e disciplinari, tutti gli sforzi di ricerca e di pastorale che da diversi anni si sviluppano all'interno della Curia Romana, per divenire in seguito il punto di partenza per un servizio pastorale rinnovato ed autentico da parte della Santa Sede per il bene di tute le famiglie della Chiesa.


9. In questi ultimi mesi, tutti gli sforzi del Comitato per la Famiglia, tutti i suoi mezzi sono stati messi al servizio della preparazione della prossima Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi. Ve ne sono molto riconoscente e vi ringrazio tutti per i vostri sforzi. Ringrazio anche i membri delle Commissioni Episcopali per la Famiglia delle diverse Conferenze Episcopali che hanno cercato di stabilire dei legami solidi e pieni di speranza per l'avvenire con il Comitato per la Famiglia. E ringrazio anche, per la loro generosa partecipazione, i diversi Movimenti della Chiesa che cercano di promuovere una giusta concezione della famiglia cristiana prendendo così parte alla missione evangelizzatrice della Chiesa.


10. Ho già avuto occasione di rivolgermi a tutta la Chiesa per esprimere la necessità di accompagnare, d'ora in poi, il lavoro del Sinodo dei Vescovi, con la preghiera di tutti, ma soprattutto delle famiglie stesse, vere "chiese domestiche", santuari di preghiera e di testimonianza di vita cristiana quotidiana. Desidero rinnovare ora questo appello. Le famiglie cristiane, ritrovando la forza dell'unità e dell'equilibrio data dalla preghiera familiare, manifesteranno allora tutte le loro capacità educative. Gli ostacoli che le vengono posti davanti da un ambiente pessimista e dalle tendenze al disgregazione familiare, risultati di visioni distorte della persona e della sessualità, saranno superati. E già vedo in questo uno dei primi frutti del lavori del Sinodo dei Vescovi.

Mi auguro, dopo la conclusione del Sinodo, di poter contare sul contributo essenziale del Comitato per la Famiglia, arricchito dalle esperienze sinodali, per la salvaguardia e la promozione di una visione autentica ed attraente della famiglia.

Che l'esempio della Santa Famiglia a Nazareth sia per voi una luce.

Raccomando le vostre intenzioni alla Vergine Immacolata, e impartisco su tutti voi la mia Benedizione Apostolica.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-09-22Data estesa: Lunedi 22Settembre 1980.



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