GPII 1980 Insegnamenti - Angelus Domini - Otranto

Angelus Domini - Otranto

Titolo: Alla "Madonna del passo" la nostra preghiera

1. Al termine di questa solenne concelebrazione, anche se l'ora dell'"Angelus" è ormai passata, non posso fare a meno di elevare un devoto pensiero alla Madre celeste, invitando ciascuno di voi, carissimi fratelli e figli, ad unirvi a me in questo atto di fede e di amore.

Oggi, infatti, ci sollecitano a compierlo alcune particolari circostanze: oggi è la prima domenica di ottobre, nella quale si venera la Madonna del santo rosario e si usa invocarla con la bella supplica, tanto cara ai fedeli.

Mi è gradita, perciò, l'occasione per esortarvi alla recita quotidiana del rosario, che - come scriveva Paolo VI, di venerata memoria, nella lettera apostolica "Marialis Cultus" - "è preghiera evangelica, incentrata nel mistero dell'incarnazione redentrice..., preghiera di orientamento nettamente cristologico" (Pauli VI "Marialis Cultus", 46). La recita sia dell'"Angelus" che del rosario deve essere per ogni cristiano ed ancor più per le famiglie cristiane come un'oasi spirituale nel corso della giornata, per attingere coraggio e fiducia.


2. La seconda circostanza, o motivazione, è la fervida devozione che voi, abitanti di questa terra pugliese, professate, secondo un'antichissima e nobilissima tradizione, verso la "Madonna del passo". Tale denominazione è commovente e densa di suggestione, perché ricorda il drammatico itinerario dei vostri gloriosi antenati verso il luogo del martirio. Camminando verso la morte e sentendo in loro stessi tanta debolezza e fragilità, essi si rivolsero a Maria santissima, invocando il suo materno soccorso, e furono esauditi e sorretti nella prova estrema del loro amore. Invochiamo anche noi, nel cammino della nostra vita, tra i pericoli e le difficoltà, la "Madonna del passo", la quale ci darà sempre la forza per resistere ad ogni tentazione e per testimoniare animosamente la fede cristiana.


3. Ancora una terza circostanza rende oggi più sentito il nostro saluto mariano.

Poco fa nell'omelia, ho accennato ai rapporti tra la cristianità occidentale e il vicino oriente: rapporti di natura politica, culturale, economica, religiosa. Voi sapete come anche i nostri fratelli dell'islam venerano Gesù Cristo quale profeta ed onorano la sua madre Maria, che talvolta anche invocano (cfr. NAE 3). Che cosa possiamo fare noi se non pregare Maria, perché ottenga dal suo divin Figliolo una grande abbondanza di luce e di grazia per tutti i popoli dell'oriente, memori di quelle parole, che sono ad un tempo una definizione e un programma: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Jn 17,3)? 4. Desidero, infine, rivolgere un saluto particolarmente affettuoso ai cari ammalati della regione pugliese, che son venuti fin qui per partecipare non soltanto con la loro presenza fisica, ma altresi con l'offerta preziosa delle loro sofferenze a questa santa messa. Figli carissimi, a me sembra che anche il vostro dolore si sia oggi misticamente unito all'immolazione dei martiri di Otranto nell'attualità dell'unica offerta sacrificale del corpo e del sangue di Cristo. Vi benedico di cuore, insieme con i fratelli che vi hanno accompagnato e che vi assistono, mentre su di voi invoco, continua e consolatrice, la protezione della Vergine santa.

Data: 1980-10-05 Data estesa: Domenica 5 Ottobre 1980.


Ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose - Otranto

Titolo: Sentirsi Chiesa in un'esperienza di autentica fraternità

Venerati fratelli nell'episcopato, carissimi sacerdoti, religiosi e religiose e voi, seminaristi di questa diletta arcidiocesi e dell'intera regione pugliese.

1. V'è una parola dell'apostolo Paolo, nella quale sono bene espressi i sentimenti che si affacciavano al mio animo mentre pensavo a questo incontro, e che ora riempiono il mio cuore nel guardare i vostri volti e nel sentire le vostre voci: "Ringrazio il mio Dio ogni volta ch'io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo dal primo giorno fino al presente, e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù" (Ph 1,3-6).

Si, fratelli e figli carissimi, io sono grato innanzitutto a Dio per quanto egli va operando nelle vostre esistenze, mediante l'azione discreta e sapiente del suo Spirito; e sono grato, altresi, a voi tutti per la disponibilita generosa con cui, corrispondendo alle sollecitazioni interiori dell'amore divino, ponete le vostre energie intellettuali, morali e fisiche al servizio della causa del Vangelo.


2. Il nostro incontro si svolge nello scenario suggestivo di questa vetusta Basilica, che tanta storia ha visto scorrere sotto le sue volte ariose e solenni.

Se v'è un'opera capace di esprimere in sintesi armoniosa la spiritualità profonda, la gentilezza d'animo ed il vigore creativo della gente d'Otranto, questa è certamente la Cattedrale sulle cui strutture architettoniche scorrono in questo momento i nostri occhi ammirati.

La successione delle agili e svelte colonne, la maestosa prospettiva delle arcate, il solenne respiro delle volte, l'onda di luce che dalle monofore e dal rosone centrale si riversa sul grandioso mosaico pavimentale, tutto si fonde in un armonioso poema di fede e di bellezza. E' un poema che i credenti dell'inizio di questo millennio hanno affidato alle generazioni future, immortalando nella pietra le loro certezze e le loro speranze.

Questo poema noi, cristiani dell'ultimo scorcio del millennio, siamo chiamati ad interpretare per raccogliere il messaggio di quei nostri antenati nella fede, e per tradurne la perenne ricchezza nei modi di vita propri del nostro tempo. E' un messaggio che interpella tutti, ma che attende di essere ascoltato e capito soprattutto da coloro che, per la diretta partecipazione al sacerdozio di Cristo o per la formale professione dei consigli evangelici, hanno fatto un'esperienza più intima e più profonda della vita nuova, che la redenzione ha immesso nella storia del mondo.


3. Gli abitanti di questa terra vollero maestosa e solenne questa Basilica, perché essa doveva essere la chiesa cattedrale, cioè il luogo sacro in cui l'Arcivescovo avrebbe avuto la sua cattedra di maestro e di pastore. Qui essi sarebbero venuti ad ascoltare la proclamazione dell'eterna parola del Vangelo, qui avrebbero avuto la necessaria istruzione sui misteri del regno, qui sarebbero state loro illustrate in modo autorevole le verità capaci di orientare la vita e di illuminare la morte.

Non è forse proprio questa funzione della cattedrale che noi vediamo sottolineata ed esaltata in quel singolare capolavoro che è il mosaico pavimentale? In esso l'intera vita umana, nelle sue gioie e nei suoi dolori, nei suoi slanci di generosità e nei suoi ripiegamenti egoistici, nel suo scorrere tranquillo fra attività agricole e domestiche, come pure nel suo improvviso scontrarsi con l'ombra buia del male e della morte, l'intera vita umana - dico - entra in chiesa per chiedere alla rivelazione divina una parola che la interpreti, la chiarisca, la orienti, la conforti.

E il discorso musivo sviluppa la risposta nelle immagini della tentazione originaria e della caduta, delle conseguenze funeste del peccato e degli annunci profetici della redenzione: ecco l'arca di Noè, simbolo della Chiesa; ecco il leone di Giuda, simbolo di Cristo. L'uomo è richiamato alla responsabilità di una scelta: davanti a lui stanno il bene ed il male, la virtù ed il vizio. Egli può abbandonarsi all'impeto delle passioni, finendone schiavo in un abbrutimento, del quale il vasto campionario di bestie del mosaico offre una illustrazione impressionante. O può invece impegnarsi nella lotta per il bene, imitando i giusti dell'Antico e del Nuovo Testamento e protendendosi, come un cervo in corsa, verso la patria promessa, raffigurata in un meraviglioso giardino.

Questo, nella sostanza, il discorso catechetico svolto da quella sorta di "enciclopedia per immagini", che è questo vostro stupendo mosaico. E' interessante rilevare che esso fu voluto dall'Arcivescovo di Otranto di allora, Gionata, e fu realizzato, col generoso contributo di tutti i fedeli, da un monaco presbitero, Pantaleone. Non v'è in tutto ciò un richiamo all'importanza della catechesi ed all'impegno che in essa debbono porre i Vescovi, i sacerdoti ed i religiosi? Il popolo cristiano questo s'attende, in primo luogo, dai suoi sacerdoti e da coloro che fanno una esperienza più intima di Dio e del suo trascendente mistero: che siano maestri di verità; non della propria verità o di quella di qualche altro sapiente di questo mondo, ma di quella che Dio ci ha rivelato in Cristo.

Mi piace qui richiamare quanto ho scritto al riguardo nell'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae": "La Chiesa, in questo XX secolo che volge al termine, è invitata da Dio e dagli avvenimenti - i quali sono altrettanti appelli da parte di Dio - a rinnovare la sua fiducia nell'azione catechetica come in un compito assolutamente primordiale. Essa è invitata a consacrare alla catechesi le sue migliori risorse di uomini e di energie, senza risparmiare sforzi, fatiche e mezzi materiali, per meglio organizzarla e per formare un personale qualificato.

Non si tratta di un semplice calcolo umano, ma di un atteggiamento di fede. E un atteggiamento di fede si riferisce sempre alla fedeltà di Dio, che non manca mai di rispondere" (Ioannis Pauli PP. II CTR 15).


4. Un altro pensiero guido certamente i vostri antenati nella costruzione di questo tempio, che essi vollero luminoso e bello: il pensiero che qui doveva svolgersi il culto liturgico, nel quale la comunità, sotto la guida dei sacerdoti, si sarebbe incontrata con Dio e con lui sarebbe entrata in dialogo. La terra d'Otranto aveva secoli di gloriose tradizioni monastiche alle spalle, quando s'accinse a por mano a quest'opera: accanto a forme di vita eremitica, erano fiorite in essa piccole comunità di monaci (le esichie) e cenobi più grandi (le laure), tra i quali una posizione di preminenza ebbe per secoli il monastero di san Nicola in Casole.

Come non ricordare la testimonianza che ci ha lasciato al riguardo san Paolino di Nola, il quale, rivolgendosi in un suo carme all'amico Niceta, Vescovo di Remesiana nella Dacia, gli descrive l'accoglienza che gli sarebbe stata riservata al suo passaggio per queste terre? "Te, quando passerai per Otranto e per Lecce, virginee schiere di fratelli e di sorelle attornieranno, cantando ad una voce al Signore" (S.Paulino da Nola "Poema XVII", vv. 85-92: PL 61,485).

"Innubae fratrum simul et sororum catervae" popolavano, dunque, questa regione già in quei lontani secoli e con l'esempio della loro devozione insegnavano alla gente dei dintorni a cantare le lodi del Signore. Sono tradizioni gloriose alle quali voi, anime consacrate di oggi, dovete continuare a guardare, per trarre ispirazione ed incitamento nel vostro impegno di totale donazione a Cristo ed alla Chiesa.

A quelle tradizioni dovete, in particolare, rifarvi per imparare ad amare sempre più intensamente la divina liturgia, ad assimilarne con comprensione crescente le inesauribili ricchezze, a celebrarne i vari momenti con fede trasparente e gioioso fervore. Il popolo questo attende da voi. Per questo, infatti, costrui la meravigliosa cattedrale in cui siamo raccolti. Dalle vostre parole, dai vostri canti, dall'insieme del vostro atteggiamento durante la celebrazione dei divini misteri i cristiani s'aspettano di poter fare in qualche misura l'esperienza della realtà fascinosa e tremenda del Dio tre volte santo.

Sia vostra cura circondare di attenzioni particolarmente premurose il grande "mistero della fede": l'eucaristia, infatti, se è stata data a tutti i credenti in Cristo, "a noi è stata affidata anche "per" gli altri, che attendono da noi una particolare testimonianza di venerazione e di amore verso questo sacramento, affinché anch'essi possano essere edificati e vivificati "per offrire sacrifici spirituali"" (Ioannis Pauli PP. II "Epistula ad universos Ecclesiae Episcopos: de SS.Eucharistiae mysterio et cultu", 2, di 24 febr. 1980: "", III,1[1980] 582-583).


5. Tra i motivi che spinsero i vostri antenati ad edificare questo tempio vasto ed accogliente non poté mancarne uno, sul quale desidero, da ultimo, richiamare la vostra attenzione: quegli antichi cristiani vollero costruirsi, in questa Basilica, un ambiente, nel quale essi, e poi i loro figli ed i figli dei figli, potessero raccogliersi nel giorno del Signore per sentirsi "Chiesa" e confortarsi a vicenda, sulle strade tormentate del tempo, mediante la confessione della medesima fede e la pregustazione, nella speranza, degli stessi beni promessi.

La Chiesa è la casa nella quale si raduna la famiglia dei figli di Dio, per rinsaldare i vincoli della comunione fraterna, superando le eventuali tensioni, concedendo i necessari perdoni, offrendo a ciascuno il soccorso spirituale o materiale di cui abbisogna. La Chiesa è il luogo in cui il singolo, qualunque sia la sua estrazione sociale, deve poter vivere un'esperienza di autentica fraternità.

Anche da questo punto di vista la vostra terra ha tradizioni significative. La posizione geografica di Otranto, che ne fa quasi una testa di ponte verso l'oriente, ha favorito nel corso dei secoli un intenso scambio con quelle regioni, determinando l'incontro e la fusione di razze e culture diverse.

La Chiesa seppe calarsi in questo mondo cosmopolita, raccogliendone e potenziandone l'istanza universalistica, così congeniale con la cattolicità della sua missione. I monasteri di questa zona, le chiese disseminate nel territorio, la stessa cattedrale costituirono altrettanti privilegiati punti d'incontro fra il pensiero ortodosso e quello latino, fra la liturgia greca e quella romana, come anche fra gli uomini dell'una sponda del canale e quelli dell'altra. Qui, sotto gli occhi di Dio, persone che parlavano lingue diverse ed erano tributarie di culture distanti fra loro, poterono sentirsi affratellate nell'invocazione dell'unico Padre, rivelatosi nella storia mediante l'incarnazione del Figlio, "il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù" (1Tm 2,5).

Sono testimonianze storiche esaltanti, che devono continuare ad ispirare l'azione dell'attuale Chiesa idruntina. Guide e modelli di questo impegno di comunione nella carità dovete essere voi, sacerdoti, religiosi e religiose, che nell'alveo di queste tradizioni nobilissime siete cresciuti e che degli insegnamenti e degli esempi di quei pionieri vi siete nutriti. A voi spetta il compito di riproporre, con la parola e con la vita, nel contesto dell'attuale generazione, l'eterno messaggio di un amore che, in Cristo, può aprirsi ad accogliere ogni essere umano, per farlo sedere alla mensa, sulla quale vien spezzato l'unico pane (cfr. 1Co 10,16-17).


6. Figli carissimi, perché la gioia di questo incontro perseveri duratura e si esprima in frutti fecondi di impegno apostolico, io affido i vostri buoni propositi all'intercessione della Vergine Maria, la cui immagine dolcissima è rimasta - rispettata anche nell'invasione del 1480 - sulle pareti della cattedrale. Vegli la Madonna su di voi e su quanto voi fate a servizio del regno del suo Figlio divino. Ed ottenga, altresi, che numerose vocazioni sboccino da questa terra bagnata dal sangue di tanti martiri, perché alle nuove generazioni non manchino pastori coraggiosi ed illuminati, che sappiano indicare, nelle mutate situazioni del presente, la strada che conduce a Cristo, a lui "che è lo stesso, ieri, oggi e sempre" (He 13,8).

Con questi voti, mentre vi rinnovo l'attestazione del mio affetto sincero, imparto a voi tutti una speciale benedizione apostolica.

Data: 1980-10-05 Data estesa: Domenica 5 Ottobre 1980.


Ai giovani - Otranto

Titolo: Il cristiano deve essere sempre coerente con la sua fede

Carissimi giovani! 1. Alla conclusione di questa intensa e splendida giornata del pellegrinaggio, che mi ha condotto alla vostra Otranto, per venerare gli 800 martiri nel V centenario della loro testimonianza di fede e di sangue, mi incontro con voi, che siete e rappresentate il futuro della vostra città, della vostra patria, della Chiesa, e portate nel cuore, come una preziosissima eredità, il mirabile esempio di quegli otrantini, che il 14 agosto del 1480 - all'alba di quello che viene considerato storicamente l'"evo moderno" - preferirono sacrificare la vita stessa anziché rinunciare alla fede cristiana.

E' questa una pagina luminosa e gloriosa per la storia civile e religiosa dell'Italia, ma, specialmente, per la storia della Chiesa pellegrina in questo mondo, la quale deve pagare, attraverso i secoli, il suo tributo di sofferenza e di persecuzione per mantenere intatta ed immacolata la sua fedeltà allo sposo, Cristo, uomo-Dio, redentore e liberatore dell'uomo.

Voi, carissimi giovani, siete legittimamente fieri di appartenere ad una stirpe generosa, coraggiosa e forte, che si specchia con compiacimento in quegli 800 otrantini i quali, dopo aver difeso con tutti i mezzi la sopravvivenza, la dignità e la libertà della loro diletta città e delle loro case, seppero anche difendere, in maniera sublime, il tesoro della fede, ad essi comunicato nel battesimo.


2. Non possiamo leggere oggi, senza intensa emozione, le cronache dei testimoni oculari del drammatico episodio: i cittadini di Otranto, al di sopra dei 15 anni, furono posti dinanzi alla tremenda alternativa: o rinnegare la fede in Gesù Cristo, o morire di morte atroce. Antonio Pezzulla, un cimatore di panni, rispose per tutti: "Noi crediamo in Gesù Cristo, Figlio di Dio; e per Gesù Cristo, siamo pronti a morire!". E subito dopo, tutti gli altri, esortandosi a vicenda, confermarono: "Moriamo per Gesù Cristo, tutti; moriamo volentieri, per non rinnegare la sua santa fede!".

Erano forse degli illusi, degli uomini fuori del loro tempo? No, carissimi giovani! Quelli erano uomini, uomini autentici, forti, decisi, coerenti, ben radicati nella loro storia; erano uomini, che amavano intensamente la loro città; erano fortemente legati alle loro famiglie; tra di loro c'erano dei giovani, come voi, e desideravano, come voi, la gioia, la felicità, l'amore; sognavano un onesto e sicuro lavoro, un santo focolare, una vita serena e tranquilla nella comunità civile e religiosa! E fecero, con lucidità e con fermezza, la loro scelta per Cristo! In 500 anni la storia del mondo ha subito molti mutamenti; ma l'uomo, nella sua profonda interiorità, ha mantenuto gli stessi desideri, gli stessi ideali, le stesse esigenze; è rimasto esposto alle stesse tentazioni, che - in nome dei sistemi e delle ideologie di moda - cercano di svuotare il significato ed il valore del fatto religioso e della stessa fede cristiana.

Di fronte alle suggestioni di certe ideologie contemporanee, che esaltano e proclamano l'ateismo teorico o pratico, io chiedo a voi, giovani di Otranto e delle Puglie: siete disposti a ripetere, con piena convinzione e consapevolezza, le parole dei beati martiri: "Scegliamo piuttosto di morire per Cristo con qualsiasi genere di morte, anziché rinnegarlo"? Essere disposti a morire per Cristo comporta l'impegno di accettare con generosità e coerenza le esigenze della vita cristiana, cioè significa vivere per Cristo.


3. I beati martiri ci hanno lasciato - e in particolare hanno lasciato a voi - due consegne fondamentali: l'amore alla patria terrena; l'autenticità della fede cristiana.

Il cristiano ama la sua patria terrena. L'amore della patria è una virtù cristiana; sull'esempio del Cristo, i primi suoi discepoli hanno manifestato sempre una sincera "pietas", un profondo rispetto e una limpida lealtà nei confronti della patria terrena, anche quando erano oltraggiati e perseguitati a morte dalle autorità civili.

I cristiani hanno portato, durante il corso di due millenni, e continuano a portare oggi il loro contributo di lavoro, di dedizione, di sacrificio, di preparazione, di sangue per il progresso civile, sociale, economico della loro patria! La seconda consegna lasciataci dai beati martiri è l'autenticità della fede. Il cristiano dev'essere sempre coerente con la sua fede. "II martirio - ha scritto Clemente Alessandrino - consiste nel testimoniare Dio. Ma ogni anima che cerca con purezza la conoscenza di Dio e obbedisce ai comandamenti di Dio è martire, sia nella vita che nelle parole. Essa, infatti, pur se non versa il sangue, versa la sua fede, poiché per la fede si separa dal corpo già prima di morire" (Clementis Alexandrini "Stromata", 4,4,15).

Siate giovani di fede! di vera, di profonda fede cristiana! Il mio grande predecessore Paolo VI il 30 ottobre 1968, dopo aver parlato sulla autenticità della fede, recito una sua preghiera "per conseguire la fede".

Tenendo presente quel testo così incisivo e profondo, io auspico che, sull'esempio dei beati martiri di Otranto, la vostra fede, o giovani, sia certa, fondata cioè sulla parola di Dio, sulla approfondita conoscenza del messaggio evangelico e, specialmente, della vita, della persona e dell'opera del Cristo; ed altresi sulla interiore testimonianza dello Spirito Santo.

La vostra fede sia forte; non tentenni, non vacilli dinanzi ai dubbi, alle incertezze, che sistemi filosofici o correnti di moda vorrebbero suggerirvi; non venga a compromessi con certe concezioni, che vorrebbero presentare il cristianesimo come una semplice ideologia di carattere storico e quindi da porsi allo stesso livello di tante altre, ormai superate.

La vostra fede sia gioiosa, perché basata sulla consapevolezza di possedere un dono divino. Quando pregate e dialogate con Dio e quando vi intrattenete con gli uomini, manifestate la letizia di questo invidiabile possesso.

La vostra fede sia operosa, si manifesti e si concretizzi nella carità fattiva e generosa verso i fratelli, che vivono accasciati nella pena e nel bisogno; si manifesti nella vostra serena adesione all'insegnamento della Chiesa, madre e maestra di verità; si esprima nella vostra disponibilità a tutte le iniziative di apostolato, alle quali siete invitati a partecipare per la dilatazione e la costruzione del regno di Cristo! Affido questi miei pensieri ai beati martiri, la cui intercessione invoco oggi, in modo particolare, per voi, giovani, perché, come loro, sappiate vivere con rinnovato impegno le esigenze del messaggio di Gesù.

Con la mia benedizione apostolica.

Amen!

Data: 1980-10-05 Data estesa: Domenica 5 Ottobre 1980.


Il commiato all'aeroporto di Galatina

Titolo: Nei momenti della prova mantenete ferma la vostra fede

Illustri Autorità del Governo, della Regione e della Provincia, Egregio Signor Sindaco, Cari fratelli e figli! 1. Prima della mia partenza dalla Terra Pugliese mi è assai gradito intrattenermi, sia pur per brevi istanti, in questa vetusta città di Galatina, la quale - secondo un'antica tradizione - sarebbe stata evangelizzata da San Pietro, che, nel suo viaggio verso Roma, avrebbe qui fatto una sosta. Vi sono veramente riconoscente per avermi dato questa gioia: ringrazio prima di tutto il caro Arcivescovo di Otranto e il Sindaco per le loro affettuose parole; ringrazio con sincera deferenza il Prefetto della provincia di Lecce ed il consiglio comunale di tale città, al quale esprimo il mio vivo rammarico per non aver potuto accogliere in questa circostanza l'invito, per altro molto gradito, a visitare Lecce, ed a cui affido l'incarico di portare un affettuoso saluto all'intera cittadinanza.

Con pari intensità di sentimento esprimo la mia riconoscenza ai numerosi lavoratori di Casarano, patria di Bonifacio IX e importante centro industriale del Salento. Ringrazio poi i Comandanti Militari di questa Regione Aerea e dell'Aeroporto con i dipendenti e i familiari; ma soprattutto ed in special modo intendo porgere il mio sentito e cordiale ringraziamento a tutti voi, cittadini di Galatina e del Salento, che avete voluto stringervi attorno al Papa in questo incontro vespertino. Vi diro con San Pietro: "Pace a voi tutti che siete in Cristo!" (1P 5,14).

Questa sosta che voi avete desiderato e preparato con tanta premura era per me un dovere, perché anche la vostra città fu unita ad Otranto nella dolorosa prova di fede e di amore, che oggi abbiamo commemorato.


2. Nell'assicurarvi del mio affetto e della mia preghiera, desidero testimoniarvi che nel mio cuore trovano eco i vostri problemi, le vostre sofferenze, la vostra tenacia, le vostre speranze e le vostre gioie. Vorrei che voi foste sempre sereni e felici! Vorrei che la vostra esistenza fosse sempre colma di letizia e di soddisfazione! So bene invece come talvolta precarie e avverse circostanze della vita e della storia rendano difficili certe situazioni; so quanto è dura l'esperienza dell'emigrazione, quanto è amara la disoccupazione, specialmente dei giovani e dei padri di famiglia. La Chiesa e il Papa sono vicini a tutti e specialmente a coloro che sono più di altri provati.

A tutti rivolgo l'augurio, che nasce da un cuore che tutti ama; augurio di serenità e di prosperità, augurio di elevazione sociale, augurio di un ordinato progresso civile.

Mentre mi compiaccio della vostra laboriosità e delle opere già compiute per il bene comune, desidero esortarvi a perseverare con coraggio e con costanza nel cammino del vostro sviluppo, venendo incontro, insieme ai Responsabili della Comunità, alle necessità e ai bisogni dei fratelli.


3. Ma vorrei anche lasciarvi un ricordo spirituale che vi serva come programma di vita e come ispirazione nei momenti importanti delle vostre decisioni. Che cosa vi posso dire se non ciò che San Pietro scriveva ai primi cristiani: "Resistete saldi nella fede!" (cfr. 1P 5,9). Si, miei cari figli, mantenete ferma la vostra fede in Gesù Cristo, come fecero i Martiri di Otranto! Mantenete ferma la vostra fede nei momenti della prova e della sofferenza, ricordando ciò che lo stesso Pietro scriveva: "Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare... Infatti, se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome!" (1P 5,13 1P 5,16).

Mantenete ferma la vostra fede specialmente nel turbinio della storia, che tutti ci avvolge, e talvolta ci travolge, con i suoi contrasti e i suoi drammatici avvenimenti. Nella misteriosa dialettica tra libertà umana e grazia divina, tra peccato dell'uomo e Redenzione di Cristo, non siamo soli. Mi piace ripetere anche a voi ciò che dissi a Le Bourget durante il mio viaggio a Parigi: "Il problema dell'assenza di Cristo non esiste. Il problema del suo allontanamento dalla storia dell'uomo non esiste. Il silenzio di Dio nei confronti delle inquietudini del cuore e della sorte dell'uomo non esiste. Non c'è che un solo problema che esiste sempre ed ovunque: il problema della nostra permanenza in Cristo. Della nostra intimità con la verità autentica delle sue parole e del suo amore". Talvolta l'orizzonte della storia si oscura e gli animi tremano di fronte alla potenza terribile dell'odio e della violenza. Tenete ferma la fede in Gesù: Egli è la nostra pace e guida gli avvenimenti per il bene di coloro che amano Dio umilmente e lo servono nei loro fratelli. "Siate vigilanti - vi dico ancora con San Pietro - fissate ogni speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si rivelerà... Ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta" (1P 1,13 1P 1,15).


4. Carissimi, eccoci giunti al momento dell'addio, mentre scendono le tenebre della notte e si sono accese le luci nelle case e nella città: bisogna partire! La tradizione dice che i Cristiani di Otranto, camminando verso la collina del martirio, intrepidi ma anche umanamente angosciati e sgomenti, invocarono Maria Santissima, per avere soccorso e coraggio. Pregatela anche voi sempre, durante il viaggio della vostra vita, affinché tutti possiamo un giorno meritare la felicità del cielo per cui unicamente siamo stati creati! La Vergine Santa protegga la vostra città! I Martiri intercedano per voi! E vi accompagni la mia Benedizione, che di cuore vi imparto, implorando l'assistenza divina per il prospero avvenire di questa illustre città e dell'intera popolazione del Salento e delle Puglie.

Ed a ricordo di questo incontro, sono lieto di benedire l'immagine della Madonna di Czestochowa, destinata alla nuova chiesa che si sta costruendo nel quartiere San Sebastiano di questa città.

Data: 1980-10-05 Data estesa: Domenica 5 Ottobre 1980.


Ai Vescovi caldei in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sollecitudine della Santa Sede per i fedeli di rito orientale

Beatitudine e venerabili fratelli, Accogliervi in occasione della vostra visita alle tombe degli Apostoli è per me una gioia profonda. E' infatti in questa illustre città di Roma che il Principe degli Apostoli verso il suo sangue. Il suo martirio fece di questa stessa città la Sede della Chiesa che presidia alla carità, e la Cattedra della Verità destinata a confermare gli altri fratelli.

Il nostro incontro vuole essere un momento benedetto dal Signore per esprimere a Sua Beatitudine e ai vescovi della Chiesa Caldea i miei sentimenti di soddisfazione per il vostro ardore nel divulgare la Parola di Dio e per il vostro zelo pastorale al servizio delle comunità cristiane che vi sono affidate.

Sono certo che ritornando alle vostre diocesi, più che mai ansiose della vostra presenza e del vostro impegno devoto, date le circostanze, lavorerete con nuovo slancio all'espansione del regno di Dio, Regno di amore e di pace.

La vostra preoccupazione fondamentale sarà sicuramente di incoraggiare la vostra Chiesa ad offrire una testimonianza cristiana, decisa e fedele. A questo scopo, l'attesa riforma della liturgia, da realizzarsi secondo le indicazioni della Santa Sede in modo da favorire una maggiore partecipazione dei fedeli ai misteri divini, sarà certamente utile.

Quest'opera, venerabili fratelli, vi riguarda in primo luogo, così come riguarda i vostri diligenti collaboratori, i sacerdoti impegnati nel servizio pastorale della comunità cristiane, affinché un culto piacevole sia reso a Dio e la stima e l'amore per le cose celesti sia comunicato alle anime.

Mi auguro che il Signore vi benedica, concedendovi vocazioni sempre più numerose, che, come conseguenza, esigeranno da voi un obbligo permanente a vegliare alla loro formazione spirituale ed intellettuale adeguata.

Mi fa anche piacere sottolineare la presenza ed il lavoro compiuto dalle Congregazioni religiose. E' grazie a loro che l'ideale di perfezione evangelica risplende per l'onore e per il servizio della Chiesa Caldea. Ai religiosi e alle religiose, esprimo la mia gioia ed i miei incoraggiamenti affinché vadano sempre più lontano nel loro cammino di pietà e di carità, conformemente alle norme date dal concilio Vaticano II e alle nuove esigenze pastorali. Che si sforzino di realizzare il loro "aggiornamento", giudiziosamente e qualitativamente, al fine di ottenere un vero rinnovamento della vita spirituale ed un migliore inserimento nelle attività pastorali, in armonia con il carattere particolare di ogni Istituto e sotto l'illuminata guida della Gerarchia.

Che l'incontro di oggi con tutti voi - incontro visibilmente collegiale attorno al Vicario di Cristo - sia uno stimolo a vivere insieme il vostro lavoro pastorale, qualunque sia il paese dove è vostra missione compierlo. La Santa sede apprezza questi incontri a livello nazionale, come Assemblee o Conferenze Episcopali, anche fra riti diversi. Questo corrisponde infatti alle direttive del concilio Vaticano II e costituisce uno strumento efficace e praticamente indispensabile se si vuole garantire un'unità d'azione fra più paesi e mantenere l'armonia e l'intesa fraterna fra i diversi riti "nel segno della pace". Tutto questo si può realizzare senza mettere in discussione le funzioni del Patriarca e del suo Sinodo.

Voglio infine cogliere l'occasione per assicurarvi che la Santa Sede compirà tutti gli sforzi possibili per procurare un'assistenza religiosa più appropriata ai fedeli di rito orientale, oggi disseminati in tutto il mondo.

A voi, Beatitudine e cari fratelli nell'episcopato, a voi sacerdoti, religiosi e religiose, a voi tutti, fedeli della Chiesa Caldea, rinnovo l'assicurazione del mio profondo affetto e rivolgo una paterna Benedizione Apostolica.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-10-06 Data estesa: Lunedi 6 Ottobre 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - Angelus Domini - Otranto