GPII 1980 Insegnamenti - Ai giuristi e ai giudici della corte europea - Sala del Concistoro - Città del Vaticano (Roma)


4. Il cammino compiuto dall'Europa nel corso di questi trent'anni, dopo lo sconvolgimento dell'ultimo conflitto mondiale è di considerevole importanza ed è sicuramente positivo, se lo si pensa per esempio nel modo di percepire la gerarchia dei diritti, con la preoccupazione di garantirli sul piano legislativo e giudiziario, di educare globalmente al rispetto dell'altro e al riconoscimento dei suoi diritti in modo reciproco. Ma per assicurare ad ogni uomo il diritto di vivere nel pieno rispetto della dignità dovuta alla sua esistenza e alla sua libertà, bisogna lasciare ancora più spazio all'affermazione di ciascuno dei diritti enumerati dalla convenzione, tra i quali alcuni assumono un rilievo del tutto particolare, quale il diritto alla vita, in tutta la sua estensione, e il diritto alla libertà religiosa.

Il difensore dei diritti dell'uomo deve essere, per la sua stessa natura, lo Stato, ogni Stato, al quale il diritto naturale assegna precisamente come fine il "bene comune temporale". Ma, come affermava il mio predecessore Giovanni XXIII nella sua enciclica "Pacem in Terris", il bene comune non può essere conosciuto che tenendo conto dell'uomo e di tutto l'uomo. Il bene comune non è una ideologia o una teoria, ma è un impegno a creare le condizioni di pieno sviluppo per tutti coloro che partecipano a un sistema sociale dato (cfr. GS 74). Il riconoscimento dei diritti naturali dell'uomo è una condizione per l'esistenza dello stato di diritto: "Il bene dell'uomo, ho detto nell'enciclica "Redemptor Hominis", come fattore fondamentale del bene comune, deve costituire il criterio essenziale di tutti i programmi, i sistemi, i regimi" (Ioannis Pauli PP. II RH 17). Questo principio personalista si trova oggi esplicitamente enunciato o per lo meno implicitamente accolto nei testi costituzionali degli Stati liberi, e il suo valore è stato proclamato nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo; esso impone allo Stato degli obblighi precisi per garantire i fini delle persone che li compongono (cfr. RH 17). A partire da li possono essere determinati i contenuti del bene comune, che è il fine dello Stato e della comunità degli Stati; e da li derivano per lo Stato obblighi precisi (cfr. RH 17).

Bisogna nominare in seguito le istituzioni e le procedure internazionali, quali la commissione europea dei diritti dell'uomo - alla quale ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppo di persone private possono ricorrere, nel caso in cui essi fossero vittime di una violazione dei diritti riconosciuti nella convenzione - e la corte europea dei diritti dell'uomo. Al loro riguardo, si può riconoscere "l'attività meritoria e delicata (che) è volta ad assicurare il rispetto delle garanzie previste dalla convenzione, aprendo alle persone che lamentano d'essere state vittime di una violazione dei diritti dell'uomo l'accesso a delle istanze soprannazionali" (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Nuntius scripto datus": "", II,2[1979] 1531ss). Le due istituzioni hanno esteso la loro giurisdizione a problemi fondamentali quali la protezione della vita privata, la protezione dei diritti dei minori, la libertà d'associazione, il rispetto dei diritti della famiglia e la promozione dei valori positivi necessari allo sviluppo integrale dell'uomo e delle comunità umane. Insomma, la commissione e la corte si sono istituite difensori dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali "che costituiscono le basi stesse della giustizia e della pace" in Europa e nel mondo.


5. Vorrei proporvi un'ultima riflessione. La dichiarazione dei diritti dell'uomo come la convenzione europea si riferiscono non solamente ai diritti dell'uomo, ma anche al diritto della società, a cominciare dalla società familiare.

Il recente Sinodo dei Vescovi, voi lo sapete, ha studiato in modo preciso "i compiti della famiglia cristiana nel mondo d'oggi". La convenzione europea offre, anch'essa, alcune indicazioni preziose su questo tema, a cominciare dall'articolo 2: "Il diritto di ogni persona alla vita è protetto dalla legge. La morte non può essere inflitta a nessuno intenzionalmente, salvo in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il delitto è punito con questa pena dalla legge". E l'articolo 8 aggiunge: "Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza", tanto che l'articolo 12precisa: "A partire dall'età nubile, l'uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che governano l'esercizio di questo diritto". Questi tre articoli esprimono un atteggiamento fermo in favore della vita così come dell'autonomia e dei diritti della famiglia, e assicurano una rigorosa difesa giuridica di questi diritti. Ma nella linea dell'affermazione della priorità della famiglia, mi sembra importante sottolineare la disposizione dell'articolo 2del "protocollo addizionale" che si enuncia così: "Nessuno può vedersi rifiutare il diritto all'istruzione. Lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assumerà nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, rispetterà il diritto dei genitori di assicurare questa educazione e questo insegnamento conformemente alle loro convinzioni religiose e filosofiche". Questa affermazione esclude ogni restrizione d'ordine giuridico o economico, o ogni pressione ideologica che impedirà il sacrosanto diritto dei genitori di decidere; e nello stesso tempo essa incita la famiglia ad assumere il suo ruolo educativo, in se stessa e nella comunità civile che deve riconoscerle esplicitamente, questo compito originale in quanto "società che gode di un diritto proprio e primordiale" (cfr. DH 5).

La Chiesa è convinta che la famiglia si trova inserita in una società più vasta sulla quale essa è aperta e verso la quale essa è responsabile. Ma la Chiesa riafferma e sostiene il diritto che ha ogni uomo di fondare una famiglia e di difendere la propria vita privata, come anche il diritto degli sposi alla procreazione e alla decisione concernente il numero dei loro figli in seno alla famiglia (cfr. GS 52 GS 87). La Chiesa esorta tutti gli uomini a vegliare affinché "sia tenuto conto, nel governo del paese, delle esigenze delle famiglie concernenti l'abitazione, l'educazione dei bambini, le condizioni di lavoro, la sicurezza sociale e le imposte e che nelle emigrazioni la vita comune della famiglia sia perfettamente rispettata" (AA 11). La promozione della famiglia come cellula primaria e vitale della società, e dunque come istituzione educativa di base, o al contrario la diminuzione progressiva delle sue competenze e anche dei compiti dei genitori, dipende in ogni parte dal progetto sociale influenzato dalle ideologie e concretizzato in certe legislazioni moderne, che giungono ad essere in contraddizione evidente con la lettera dei diritti dell'uomo riconosciuti dai documenti internazionali solenni come la convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Allora si impone necessariamente il dovere di sottomettere le leggi e i sistemi a una continua revisione dal punto di vista dei diritti oggettivi ed inviolabili dell'uomo.

Bisogna desiderare in fin dei conti che ogni programma, ogni piano di sviluppo sociale, economico, politico, culturale dell'Europa metta sempre in primo piano l'uomo con la sua dignità suprema e con i suoi diritti imprescindibili, fondamento indispensabile del progresso autentico.

E' in questo spirito che io mi felicito degli scambi approfonditi che il vostro colloquio vi avrà permesso. Formulo i migliori voti affinché questo incontro sia di aiuto a tutti i partecipanti per realizzare, ciascuno secondo la propria responsabilità, gli obiettivi che sono stati messi in luce, sia che si tratti dell'uomo, della famiglia o dello Stato. Che Dio vi assista in questo nobile compito, e io vi benedico di tutto cuore.

[Traduzione dal francese]

Data: 1980-11-10 Data estesa: Lunedi 10 Novembre 1980.


Al pellegrinaggio nazionale delle famiglie francesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Restituire al mondo il gusto della vita

Care famiglie cattoliche, venute soprattutto dalla Francia, ma anche d'oltremare.

Con l'appoggio del Cardinale Arcivescovo di Lione, che mi piace salutare in primo luogo e molto fraternamente, avete preparato da lungo tempo questo bel pellegrinaggio. Responsabili e partecipanti, avete tutti diritto alle felicitazioni del Papa, così felice di accogliervi qui, come voi stessi l'avete così ben ricevuto in Francia.

1. A questa riunione romana, avete voluto dare un carattere familiare completo.

Bene! Scorgo infatti giovani genitori e altri che stanno raggiungendo la tappa delle nozze d'argento, tanto che io li chiamo felici nonni. Ammiro i bambini, e in particolare i sessanta che avranno la grande gioia di fare questa sera la loro prima comunione; preghero per la loro fedeltà a Cristo. Vedo anche degli adolescenti, che mi richiamano alla mente l'indimenticabile serata al parco dei Principi. So infine che personalità del mondo parlamentare hanno voluto accompagnarvi, e che sono ugualmente presenti delegati delle associazioni familiari cattoliche di lontani territori francesi e alcuni membri di famiglie rifugiate o che lavorano temporaneamente in Francia. A tutti e a ciascuno, esprimo i miei sentimenti di affetto e di confidenza. Che Cristo e la sua santissima Madre - che è anche Madre della Chiesa - ci assistano tutti nella riflessione che stiamo cominciando su alcuni importanti aspetti della vocazione coniugale e familiare! Benediciamo innanzitutto il Signore per il Sinodo che si è appena chiuso! I frutti sono abbondanti. Per il lavoro intenso dei Vescovi e dei laici, e in qualche modo di tutta la Chiesa che ha approfondito la sua fedeltà al disegno di Dio sulla famiglia e volto il suo sguardo attento e misericordioso sulle situazioni familiari concrete, così diverse e alle volte ben dolorose. La sintesi ne giungerà a suo tempo, ricca di luce e portatrice di speranza.


2. Oggi, la stessa composizione del vostro grande raduno ispira una riflessione particolare. In un momento in cui la società moderna conosce un fenomeno di concentrazione demografica e, paradossalmente, di molteplici separazioni per ambiti o settori di attività - mondo del lavoro, dell'insegnamento e anche del tempo libero -, la vostra assemblea familiare, estesa e diversificata, è in se stessa simbolica e, direi, educativa. Mi appare come un'apologia della famiglia al gran completo, comunità di persone.

Vorrei incoraggiarvi tutti, genitori e bambini, su questa via difficile ma promettente, tanto che la civiltà contemporanea, non controllata, rischia da una parte di livellare, banalizzare la persona umana, troppo spesso sradicata, manipolata da correnti ideologiche, rimpinzata di oggetti se non di "gadget", e d'altra parte di sviluppare l'aggressività e la violenza. Piuttosto che lamentarsi, bisogna mettere in rilievo la sfida! In questo lavoro immenso, le famiglie cristiane - con umiltà e tenacia - devono essere più che mai un luogo di incontro interpersonale e personalizzante, in cui ciascuno non sia se stesso che per l'altro e con l'altro. Mistero della famiglia umana che, sola, può fare nascere le persone e imprimere loro un orientamento della crescita che li contraddistinguerà per la vita! Mistero anche di ogni persona, che è molto più di un viso, molto più di un corpo! Che è uno spirito, una libertà, una storia unica con un passato, un luogo sociale, con un avvenire alle volte difficile da discernere! Voi lo sapete, la qualità delle relazioni tra i genitori è determinante per lo sviluppo armonioso dei bambini. Una carenza in questo campo può pesare su tutta la vita di un essere umano. I rapporti dei bambini con il loro papà e la loro mamma, dei fratelli e delle sorelle tra di loro, avranno anche delle ripercussioni a livello del cameratismo del periodo scolastico e di tutta l'esistenza. Anche le relazioni con Dio sono facilitate, o al contrario, o purtroppo annichilite dallo stile delle relazioni familiari. A questo proposito, avete senza dubbio sentito citare la riflessione di santa Teresa di Lisieux, allorquando era bambina: "Come il buon Dio deve amarmi, dal momento che mio papà mi ama tanto!". In un'epoca in cui si esigono studi e diplomi per tutto, è doloroso constatare che realtà così fondamentali non siano a sufficienza prese in considerazione, in teoria e in pratica. L'informazione sessuale, per esempio, è lontana dall'essere esaustiva, se non è completata da una pedagogia concreta e perseverante dello sviluppo armonioso di tutta la persona, dell'arte di essere allo stesso tempo soggetto e oggetto dell'amore. Questo amore richiede - c'è bisogno di sottolinearlo davanti a voi che ne siete così convinti? - la stabilità e l'indissolubilità della famiglia. Le statistiche attuali di unioni spezzate, perfino molto presto, sono una prova del difficile periodo in cui molte nazioni si trovano, del fatto della destabilizzazione della famiglia e delle conseguenze terribili che ne derivano, avendo le leggi spesso ratificato e incoraggiato i comportamenti al posto di formulare le esigenze.


3. Per voi, cari genitori, ma ugualmente per i giovani che amano le cose concrete, apro ora il Vangelo. Gli incontri di Cristo sono infatti chiarificatori. Ora è lui che prende l'iniziativa dei rapporti: pensate alla chiamata dei discepoli. Ora, egli si lascia incontrare molto semplicemente: capita così con Zaccheo, il pubblicano. Ma sempre, gli incontri di Gesù sono rapporti interpersonali, dei momenti di comunione profonda con l'altro, in cui Cristo si impegna tutto intero con il suo viso umano, la sua affettività, tutta la sua coscienza d'uomo e di Figlio di Dio. Pensate ai malati che tocca e guarisce, alla morte di Lazzaro che lo commuove così profondamente e provoca le sue lacrime, alla sua lunga conversazione con la samaritana, all'accoglienza riservata all'adultera, al suo dialogo con il giovane ricco, al cammino che fa con i suoi discepoli d'Emmaus, ecc... I rapporti di Cristo sono fondati sul senso della persona accolta tale quale essa è, con i suoi limiti e le sue ricchezze, sul senso del suo carattere unico, della sua interiorità, della sua libertà. Tratta sempre la persona come un soggetto e mai come un oggetto. L'atteggiamento personalista di Gesù, impregnato di umiltà, di povertà, di confidenza fa si che egli abbia una conoscenza amorevole di ciascuno. Egli attira a sé, perché crede nell'uomo e vuole la sua promozione integrale, indirizzarlo fino a scoprire o a ritrovare la propria dignità di figlio di Dio. Cristo incarna perfettamente l'espressione ben conosciuta di Mounier: "Essere è amare". Tutti senza eccezione, noi abbiamo ben bisogno di contemplare spesso Cristo. E' proprio lui, il Verbo di Dio, l'immagine per essenza, il perfetto testimone del mistero trinitario, che può rivelare a tutti coloro che sono stati creati a immagine di Dio il segreto di un'esistenza personalizzata e personalizzante. La pastorale delle famiglie cristiane, pur lasciando un giusto spazio alle scienze umane, deve innanzitutto insegnare agli sposi, a tutti i membri della piccola Chiesa domestica, a guardare come Dio ama.


4. E' su questo panorama di fondo che è possibile meditare sulla famiglia, sorgente di vita, di vita indefinitamente ricevuta e indefinitamente trasmessa. Il 12 ottobre scorso, nel quadro di questa speciale domenica consacrata a pregare per il Sinodo, alcune famiglie di America, dei Paesi Bassi e dell'Italia ci diedero testimonianze molto commoventi. Questi genitori parlarono delle profonde gioie che i loro numerosi figli arrecano loro. Esse superano di molto le preoccupazioni e le contrarietà. Si, se gli sposi si amano, essi desiderano tanti figli quanti ne possano educare. Questo significa che le famiglie cristiane possono legittimamente interrogarsi sul senso che esse danno alla paternità e alla maternità responsabile. Vivendo in società che sostengono la pianificazione delle nascite - e purtroppo con tutti i mezzi - non sono esse per nulla contaminate da un concetto della responsabilità in cui entra in gioco una parte importante, se non predominante, della vita libera e confortevole? Gli sposi che si sforzano di stabilire tra di loro rapporti da persona a persona, e che rimangono in comunione con Dio che li ha chiamati a questa nobile vocazione dell'amore coniugale e procreatore, devono considerare tutto ciò che essi sono e tutto ciò che essi hanno come tanti doni ricevuti dal Signore e ricordarsi della parabola dei talenti.

Colui che ha ricevuto cinque talenti deve riportarne altri cinque. Colui che ne ha ricevuto uno solo deve fare attenzione per non perderlo e deve lavorare con questo talento. In breve, se le famiglie cristiane devono porsi con disinvoltura nella loro epoca, esse devono ugualmente, senza farisaismo, contestare le idee e i comportamenti che conducono alla decadenza e anche alla morte dell'uomo e della civiltà. Esse devono contribuire a ridare al mondo attuale il gusto della vita.


5. I rapporti interpersonali in seno al santuario familiare devono anche conoscere una ripercussione con l'esterno, altrimenti il focolare cristiano rischierebbe di essere un rifugio, una torre d'avorio. Decidendo di amarsi "secondo Cristo", ogni giovane coppia cristiana parte alla conquista di uno stile di vita coniugale e familiare che consisterà nell'aprirsi ampiamente ai loro futuri figli, la loro famiglia, i loro amici, i vicini, i compagni di lavoro. Entra nel dinamismo di un amore che si vuole sempre più universale. Genitori e figli riceveranno certamente di più portando ai diversi settori della società ciò che essi possono e devono portare negli impegni appropriati. Essi sistemano e umanizzano l'immenso cantiere della creazione, che è sempre nei dolori del parto.

Agendo così, la Chiesa domestica diviene segno visibile di Dio tra gli uomini. Genitori e giovani danno al mondo non solamente la speranza ma la certezza che con Gesù Cristo, tutto ci è stato donato. Guardando vivere le coppie cristiane e i loro figli, gli uomini d'oggi devono toccare con mano qualcosa dell'amore universale di Dio.


6. In queste giornate romane, nel corso di conferenze magistrali, di celebrazioni liturgiche, di scambi amichevoli, di momenti personali di preghiera, avete respirato un'aria vivificante. L'aria che tonifica il montanaro che si ossigena a pieni polmoni man mano che si arrampica e scopre meravigliosi panorami, tuttavia senza dimenticare niente dell'esistenza quotidiana. Vi sentite rinnovati.

Nell'illuminazione del cuore e dello spirito avete ancora scoperto quanto sia grande il sacramento del matrimonio! Vi pone, così fragili e peccatori come siete e sarete sempre, nella vicinanza di Dio, che dico?, nel suo mistero trinitario come nel mistero del Verbo incarnato.

Care famiglie cattoliche di Francia, proseguite la vostra missione con confidenza! Dio è con voi, specialmente nella pasqua di Gesù Cristo, sempre capace di aiutarvi ad assumere i sacrifici quotidiani che sono questa morte a voi stessi, per una vita nuova con l'altro e per l'altro.


7. Quanto alle modalità della vostra azione familiare, all'interno delle vostre associazioni familiari e all'esterno, esse sono numerose, anche se non sono tutte realizzabili immediatamente e ovunque: formazione di coppie-educatori, centri di preparazione al matrimonio, colloquio con i genitori, ritiri spirituali, elaborazione di uno statuto della famiglia, azione politica, ecc... Date, per parte vostra, prova di creatività e di audacia, di saggezza e di solidarietà. Fate appello a nuove famiglie per allargare e rinnovare i vostri gruppi. Non dimenticate tutti gli altri movimenti che operano per la famiglia. L'azione comune è più efficace che l'azione frammentaria. Rimanete in dialogo leale e confidente con i vostri Vescovi e con le istanze della pastorale della famiglia che essi hanno stabilito. Un aspetto importante del mio ministero pontificio è quello di stimolare il Popolo di Dio all'unità nella diversità dei carismi e dei servizi.


8. Prima di benedirvi, vi invito a pregare insieme. Rivolgiamoci verso Maria, nostra madre. Sono sicuro che i bambini qui presenti la pregano spesso. E voi genitori prendete molto a cuore di formarli alla preghiera, ai gesti religiosi, alla buona novella del Vangelo dalla più tenera età. Meglio ancora, voi approfondite la vostra fede con loro e pregate con loro. Domandiamo a Maria di condurvi alla piena conoscenza di suo figlio Gesù, per essere suoi discepoli e suoi apostoli.

Ti saluto, Maria, piena di grazia, / il Signore è con te, / tu sei benedetta tra tutte le donne / e benedetto è il frutto del tuo seno Gesù. / Santa Maria, Madre di Dio, / prega per noi peccatori; / adesso e nell'ora della nostra morte. / Amen. [Traduzione dal francese]

Data: 1980-11-10 Data estesa: Lunedi 10 Novembre 1980.


Udienza ai Vescovi cinesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeltà e perseveranza in comunione con la sede apostolica

Venerabili e cari fratelli in Cristo.

1. Sono molto felice di incontrarmi con voi, Vescovi di Formosa, per parlare con voi del progresso che si sta compiendo nelle vostre diocesi, dei problemi che come pastori voi dovete affrontare giornalmente nell'evangelizzazione del gregge che siete stati chiamati a custodire, delle vostre preoccupazioni attuali e delle vostre speranze per il futuro. Come voi sapete, questo costituisce parte della specifica missione affidata da Gesù a Pietro e ai suoi successori: la sollecitudine per tutte le Chiese: "Pasci i miei agnelli... Pasci le mie pecore" (Jn 21,15-17), e il compito di confermare i suoi fratelli (cfr. Lc 22,32).


2. La visita "ad limina apostolorum" è un'espressione di quel legame che unisce i Vescovi, individualmente e come corpo, al Vescovo di Roma che, per volontà di Cristo, è anche pastore della Chiesa universale.

Infatti, il Concilio Vaticano II riafferma chiaramente la dottrina costante e immutabile della Chiesa cattolica: "Il romano pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della massa dei fedeli. I singoli Vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari, formate ad immagine della Chiesa universale, e in esse e ad esse è costituita l'una e l'unica Chiesa cattolica. Perciò i singoli Vescovi rappresentano la propria Chiesa, e tutti insieme col Papa rappresentano tutta la Chiesa in un vincolo di pace, di amore e di unità (LG 23).


3. Il popolo cinese, sparso per tutto il continente, a Formosa, Hong Kong e Macau, e nella diaspora, è un grande popolo, formato da una cultura antica di millenni, formato dai pensieri di grandi e saggi filosofi di tempi antichi, e da tradizioni familiari, come quella che si riferisce al culto degli antenati. E ben noto a tutti è il profondo senso di gentilezza e di cortesia che lo distingue.

La Chiesa, secondo i diversi modi di pensare dei tempi, ha cercato di rispettare queste tradizioni e valori culturali, nello spirito del Vangelo, nella linea di pensiero espressa da san Paolo quando esorta i filippesi ad apprezzare "tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode" (Ph 4,8).

Il messaggio cristiano perciò valorizza e arricchisce i valori spirituali e umani positivi che esistono in ogni tradizione e cultura; la Chiesa cerca di giungere ad un accordo armonioso tra la cultura e le tradizioni di un popolo da una parte e la fede in Cristo dall'altra (cfr. GS 57-62). Ciò costituisce una sfida costante per la Chiesa, che nella cultura e nelle tradizioni del popolo da evangelizzare deve trovare un punto importante e davvero essenziale per modellare il metodo di proclamazione del messaggio evangelico, secondo le necessità di ogni momento. L'esempio dei grandi missionari e apostoli della Cina - come per esempio il gesuita Matteo Ricci - dovrebbe servire da guida e ispirazione per ciascuno.

Un cristiano non è soltanto una persona di fede, ma uno che è anche chiamato ad essere il lievito e il sale della terra nella società civile e politica nella quale egli o ella vive. La Chiesa perciò infonde nei suoi fedeli un profondo senso di amore e di dovere nei confronti dei loro concittadini e verso la loro terra nativa. Li incoraggia a vivere come cittadini retti ed esemplari e a lavorare lealmente per il progresso globale della nazione della quale essi sono fieri di essere membri.


4. Io so che voi, Vescovi di Formosa, siete profondamente impegnati non solo nel compito di evangelizzazione, ma anche in opere di educazione e di utilità sociale.

Questo, da una parte, mostra lo zelo pastorale che anima voi e i vostri collaboratori: il clero diocesano, i religiosi e le religiose, e il laicato.

D'altra parte rispetta la libertà religiosa che la Chiesa gode nel vostro territorio.

La santa Sede apprezza questo atteggiamento, e incoraggia tutti i membri della Chiesa di Formosa a fare buon uso della situazione di libertà e di rispetto che gode, per dedicarsi con sempre maggiore impegno all'evangelizzazione del popolo cinese e a quelle altre buone opere che dipendono dalle Chiese locali.

Da parte mia io spero in un sempre maggiore incremento di operai cinesi sia ecclesiastici che laici nella vigna del Signore, un incremento che sarà il frutto principalmente di una sana educazione cristiana ricevuta in famiglia e nelle istituzioni educative cattoliche. Nello stesso tempo esprimo il fervido desiderio che a questi operai sia data una educazione solida e ben radicata sia nei campi della conoscenza necessari o utili per il loro futuro lavoro pastorale, e anche nella disciplina delle virtù cristiane, cosicché essi siano efficaci collaboratori dello Spirito Santo nella costruzione di quella eletta porzione del regno di Dio che è in Cina.


5. Tra le preoccupazioni che mi avete manifestato, l'odierna situazione religiosa della Chiesa cattolica nel continente occupa un posto particolare. Vi assicuro che queste preoccupazioni sono anche mie. Da varie parti di quell'immenso territorio ricevo informazioni che testimoniano la perseveranza di moltissimi cattolici nella fede, nella preghiera, e nella pratica religiosa, e tutto ciò mostra il loro fermo attaccamento alla sede di Pietro. Queste notizie mi hanno profondamente commosso, e mi spingono a offrire una preghiera, insieme con voi miei cari fratelli Vescovi, per quella Chiesa eroica, affinché il Signore possa effondere su quei fratelli coraggiosi e su tutti i fedeli i doni della fortezza e della perseveranza, mantenendo in essi la fiamma ardente della speranza che non delude (cfr. Rm 5,5).

E per concludere, amati fratelli, affido l'evangelizzazione della Cina alla protezione materna di Maria, Regina della Cina. Prego per la prosperità ed il progresso dell'intero popolo cinese che con affetto ricordo ogni giorno nelle mie preghiere e nelle mie sollecitudini pastorali. Con immensa fiducia nel potere della morte e risurrezione del Signore Gesù, io ripeto con l'apostolo Pietro: "pace a voi tutti che siete in Cristo" (1P 5,14).

Il Papa si è poi rivolto a un gruppo di religiosi e religiose cinesi: E' inoltre una grande gioia per me dare il benvenuto, insieme con Vescovi, ai sacerdoti e ai religiosi cinesi residenti a Roma. In voi io rendo omaggio alla fedeltà di tutti i sacerdoti e religiosi cinesi che seguono il Signore Gesù con generosità e gioia, partecipando giornalmente al mistero pasquale della sua morte e risurrezione.

La nostra unità in Cristo e nella sua Chiesa cattolica è davvero un dono meraviglioso del Padre - un dono che trova la sua espressione temporale suprema nell'eucaristia, e che ci spinge ad "attendere in gioiosa speranza la venuta del nostro salvatore Gesù Cristo".

Possano i vostri pensieri e le vostre risoluzioni, cari fratelli e sorelle, avere come centro oggi la grande fedeltà alla quale voi siete chiamati: fedeltà all'unità, fedeltà all'eucaristia, fedeltà alla speranza. Questa fedeltà è essenziale alla nostra chiamata battesimale, alla nostra vocazione, alla nostra consacrazione. Questa fedeltà abbraccia un intero atteggiamento, un intero programma di vita; è, inoltre, una base indispensabile per ogni apostolato al servizio del Vangelo. E possa Maria, "Virgo fidelis", sostenervi in questa fedeltà, mantenendovi fedeli a Gesù per sempre.

[Traduzione dall'inglese]

Data: 1980-11-11Data estesa: Martedi 11Novembre 1980.


Udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La spontaneità è veramente umana quando è il frutto maturo della coscienza

1. Oggi riprendiamo la nostra analisi, iniziata una settimana fa, sul rapporto reciproco tra ciò che è "etico" e ciò che è "erotico". Le nostre riflessioni si svolgono sulla trama delle parole pronunziate da Cristo nel Discorso della Montagna, con le quali Egli si riallaccio al comandamento "Non commettere adulterio" e, in pari tempo, defini la "concupiscenza" (lo "sguardo concupiscente") come "adulterio commesso nel cuore". Da queste riflessioni risulta che l'"ethos" è collegato con la scoperta di un nuovo ordine di valori. Occorre ritrovare continuamente in ciò che è a erotico" il significato sponsale del corpo e l'autentica dignità del dono. Questo è il compito dello spirito umano, compito di natura etica. Se non si assume tale compito, la stessa attrazione dei sensi e la passione del corpo possono fermarsi alla pura concupiscenza priva di valore etico, e l'uomo, maschio e femmina, non sperimenta quella pienezza dell'"eros", che significa lo slancio dello spirito umano verso ciò che è vero, buono e bello, per cui anche ciò che è "erotico" diventa vero, buono e bello. E' indispensabile, dunque, che l'ethos diventi la forma costitutiva dell'eros.


2. Le suddette riflessioni sono strettamente connesse col problema della spontaneità. Assai spesso si ritiene che sia proprio l'ethos a sottrarre spontaneità a ciò che è erotico nella vita e nel comportamento dell'uomo; e per questo motivo si esige il distacco dall'ethos "a vantaggio" dell'eros. Anche le parole del Discorso della montagna sembrerebbero ostacolare questo "bene".

Senonché, tale opinione è erronea e, in ogni caso, superficiale. Accettandola e sostenendola con ostinazione, non giungeremo mai alle piene dimensioni dell'eros, e ciò inevitabilmente si ripercuote nell'ambito della relativa "praxis", cioè nel nostro comportamento ed anche nella concreta esperienza dei valori. Infatti, colui che accetta l'ethos dell'enunciato di Matteo 5,27-28 deve sapere che è anche chiamato alla piena e matura spontaneità dei rapporti, che nascono dalla perenne attrattiva della mascolinità e della femminilità. Appunto una tale spontaneità è il graduale frutto del discernimento degli impulsi del proprio cuore.


3. Le parole di Cristo sono rigorose. Esigono dall'uomo che egli, nell'ambito in cui si formano i rapporti con le persone dell'altro sesso, abbia piena e profonda coscienza dei propri atti e soprattutto degli atti interiori; che egli abbia coscienza degli impulsi interni del suo "cuore", così da essere capace di individuarli e di qualificarli in modo maturo. Le parole di Cristo esigono che in questa sfera, che sembra appartenere esclusivamente al corpo e ai sensi, cioè all'uomo esteriore, egli sappia essere veramente uomo interiore; sappia obbedire alla retta coscienza; sappia essere l'autentico padrone dei propri intimi impulsi, come un custode che sorveglia una sorgente nascosta; e sappia infine trarre da tutti quegli impulsi ciò che è conveniente alla "purezza del cuore", costruendo con coscienza e coerenza quel senso personale del significato sponsale del corpo, che apre lo spazio interiore della libertà del dono.


4. Orbene, se l'uomo vuole rispondere alla chiamata espressa da Matteo 5,27-28, deve con perseveranza e coerenza imparare che cosa è il significato del corpo, il significato della femminilità e della mascolinità. Deve impararlo non soltanto attraverso un'astrazione oggettivizzante (sebbene anche ciò sia necessario), ma soprattutto nella sfera delle reazioni interiori del proprio "cuore". Questa è una "scienza", che non può essere veramente appresa dai soli libri, perché si tratta qui in primo luogo della profonda "conoscenza" dell'interiorità umana.

Nell'ambito di questa conoscenza, l'uomo impara a discernere tra ciò che, da una parte, compone la multiforme ricchezza della mascolinità e della femminilità nei segni che provengono dalla loro perenne chiamata e attrattiva creatrice, e ciò che, dall'altra, porta solo il segno della concupiscenza. E sebbene queste varianti e sfumature degli interni moti del "cuore" entro un certo limite si confondano tra loro, va tuttavia detto che l'uomo interiore è stato chiamato da Cristo ad acquisire una valutazione matura e compiuta, che lo porti a discernere e giudicare i vari moti del suo stesso cuore. Ed occorre aggiungere che questo compito si può realizzare ed è davvero degno dell'uomo.

Infatti, il discernimento di cui stiamo parlando è in rapporto essenziale con la spontaneità. La struttura soggettiva dell'uomo dimostra, in questo campo, una specifica ricchezza e una chiara differenziazione. Di conseguenza, una cosa è, ad esempio, un nobile compiacimento, un'altra invece il desiderio sessuale; quando il desiderio sessuale è collegato con un nobile compiacimento, è diverso da un desiderio puro e semplice. Analogamente, per quanto riguarda la sfera delle reazioni immediate del "cuore", l'eccitazione sensuale è ben diversa dalla emozione profonda, con cui non soltanto la sensibilità interiore, ma la stessa sessualità reagisce all'integrale espressione della femminilità e della mascolinità. Non si può qui sviluppare più ampiamente questo argomento. Ma è certo che, se affermiamo che le parole di Cristo secondo Matteo 5,27-28 sono rigorose, esse lo sono anche nel senso che contengono in sé le esigenze profonde riguardanti l'umana spontaneità.


5. Non vi può essere una tale spontaneità in tutti i moti ed impulsi che nascono dalla pura concupiscenza carnale, priva com'è di una scelta e di una gerarchia adeguata. E' proprio a prezzo del dominio su di essi che l'uomo raggiunge quella spontaneità più profonda e matura, con cui il suo "cuore", padroneggiando gli istinti, riscopre la bellezza spirituale del segno costituito dal corpo umano nella sua mascolinità e femminilità. In quanto questa scoperta si consolida nella coscienza come convinzione e nella volontà come orientamento sia delle possibili scelte che dei semplici desideri, il cuore umano diviene partecipe, per così dire, di un'altra spontaneità, di cui nulla o pochissimo sa l'"uomo carnale". Non vi è alcun dubbio che mediante le parole di Cristo secondo Matteo 5,27-28, siamo chiamati appunto ad una tale spontaneità. E forse la più importante sfera della "praxis" - relativa agli atti più "interiori" - è appunto quella che traccia gradualmente la strada verso siffatta spontaneità.

Questo è un argomento vasto che ci converrà riprendere ancora una volta in avvenire, quando ci dedicheremo a dimostrare quale sia la vera natura della evangelica "purezza di cuore". Per ora terminiamo dicendo che le parole del Discorso della montagna, con cui Cristo richiama l'attenzione dei suoi ascoltatori - di allora e di oggi - sulla "concupiscenza" ("sguardo concupiscente"), indicano indirettamente la via verso una matura spontaneità del "cuore" umano, che non soffoca i suoi nobili desideri ed aspirazioni, anzi, al contrario, li libera e, in certo senso, li agevola.

Basti per ora quello che abbiamo detto sul reciproco rapporto tra ciò che è "etico" e ciò che è "erotico", secondo l'ethos del Discorso della montagna.

Data: 1980-11-12Data estesa: Mercoledi 12Novembre 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - Ai giuristi e ai giudici della corte europea - Sala del Concistoro - Città del Vaticano (Roma)