GPII 1980 Insegnamenti - L'incontro con il Presidente della Repubblica e con le autorità - Bonn (Germania)


2. I miei incontri con le massime autorità nazionali e civili durante i miei viaggi apostolici vogliono essere non soltanto gesti di cortesia e di stima, ma sono nello stesso tempo espressione della solidarietà e della corresponsabilità alla quale la Chiesa si riconosce impegnata in forza della sua missione - tenendo conto delle circostanze esistenti - insieme allo Stato per il bene comune dei cittadini. Benché l'obiettivo posto da Cristo alla Chiesa appartenga ad un altro ordine, vale a dire quello religioso, come lo sottolinea il Concilio Vaticano II "scaturiscono proprio da questa missione religiosa dei compiti, della luce e delle forze che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina (GS 42).

La storia del vostro popolo e dell'intero occidente cristiano è ricca di esempi illuminanti e di frutti preziosi di una simile collaborazione corresponsabile e fiduciosa tra Stato, società e Chiesa. Testimonianze eloquenti del modo in cui sono uniti la forza della fede e la struttura del mondo non sono soltanto le splendide cattedrali, i venerabili chiostri e le università con le loro vaste biblioteche e le molte altre istituzioni culturali e sociali, ma anche la civiltà tecnica e la cultura moderna stesse, le quali non possono essere comprese senza il contributo storico, spirituale e morale decisivo del cristianesimo sin dalle sue origini. Perfino le ideologie areligiose e antireligiose moderne danno ancora testimonianza dell'esistenza e dall'alto valore di ciò che si sforzano di negare e distruggere con tutti i mezzi.


3. Per il suo significativo contributo spirituale-religioso, culturale e scientifico spetta al popolo tedesco un particolare riconoscimento nella storia della Chiesa e nella storia spirituale d'Europa. Nel suo passato vi sono certamente luci e ombre, come nella vita di ogni nazione, esempi di estrema grandezza umana e cristiana, ma anche dissidi insormontabili, prove, avvenimenti profondamente tragici. Esistono periodi nei quali la vita di questa nazione ha corrisposto alla vera virtù umana e cristiana, ma vi sono anche stati periodi che si sono trovati in contraddizione con essa nella convivenza civile e internazionale. Ma il vostro paese ha sempre saputo risollevarsi da rovine e mortificazioni - come per esempio quelle dell'ultima guerra mondiale - e rinvigorirsi di nuovo. La stabilità politica, il progresso tecnico-scientifico e la proverbiale diligenza e assiduità dei cittadini hanno aiutato la repubblica federale tedesca a raggiungere in questi ultimi decenni benessere e pace sociale entro i propri confini e ad acquisire prestigio e influenza nella comunità internazionale dei popoli. E' rimasta tuttavia per il vostro popolo ancora la dolorosa divisione che, lo spero, dovrebbe trovare anch'essa una sua pacifica e doverosa soluzione per un'Europa unita.

Permettetemi, signore e signori, in questo momento di sforzi per la pace con i quali anche il vostro paese cerca di contribuire in maniera determinante alla comprensione tra i popoli a livello mondiale, di mettere in rilievo con particolare gioia la sempre maggiore disponibilità a intendersi tra i vostri cittadini e il popolo polacco. A questo riguardo va notoriamente riconosciuto un merito non lieve anche ai cristiani di fede evangelica, come pure ai Vescovi e ai cattolici dei due paesi. In tutti i rapporti sofferti tra i popoli vale questo principio: non l'accusa di gravi torti e sofferenze reciprocamente causati e subiti, ma la sola volontà di riconciliazione e la ricerca comune di nuove vie per una convivenza pacifica possono spianare e assicurare per i popoli una via per un miglior futuro.

Torna parimenti a particolare onore dei vostri responsabili in politica, nella Chiesa e nella società il fatto che siano in crescente misura consapevoli della pesante responsabilità che spetta ai paesi agiati nei confronti dei paesi del terzo mondo, e cerchino di rispondere loro attraverso programmi e iniziative dello Stato e della Chiesa come anche mediante interventi di aiuto concreto da parte dei cittadini. Anche in questo campo sono già avvenute molte cose lodevoli.

Tuttavia, come ho potuto rendermi conto personalmente attraverso i miei recenti viaggi apostolici in alcuni di questi paesi, e come lo ha messo in rilievo la competente commissione nord-sud con grande insistenza nel suo resoconto conclusivo, si devono ancora fare sforzi di gran lunga maggiori e prendere misure ancora più decisive a livello nazionale e internazionale per combattere, in maniera ancora più efficace e promettente, la fame e la miseria strutturale nei paesi e i continenti meno privilegiati. Se sviluppo è un nuovo nome per pace, come ha sottolineato Papa Paolo VI nella sua enciclica "Populorum Progressio", un impegno comune ancora più forte e più disinteressato che tenga conto delle esigenze dei popoli del terzo mondo è l'imperativo più urgente di quest'ora, per garantire la pace mondiale in maniera durevole. Una forte autolimitazione delle nazioni ricche non dovrebbe essere un sacrificio inaccettabile.


4. Le molte cose buone e positive che avvengono anche nel mondo di oggi nonostante molti profeti di sventura, grazie ai nuovi successi tecnici, con un raggio di efficacia tanto maggiore, per rendere sempre più degne dell'uomo le condizioni di vita dell'intera famiglia umana e quelle di ogni singolo uomo, sono per noi motivo di letizia e di gratitudine a Dio, che è anche Signore del nostro tempo. La Chiesa, in virtù della sua missione di salvezza, stimola e appoggia il più possibile tutto ciò che può contribuire a innalzare e a sviluppare nella sua interezza l'uomo, come lo dimostra chiaramente proprio la collaborazione fiduciosa e in piena partecipazione tra Stato e Chiesa in diversi settori e a diversi livelli nel vostro paese.

Questo riconoscimento delle cose buone e lodevoli nella società moderna deve tuttavia farci anche vedere le carenze e i pericoli ai quali l'uomo di oggi è esposto sempre di più. Quanto più chiara è la luce, tanto più evidentemente si manifestano le ombre e l'oscurità minacciosa degli sviluppi sbagliati. "Un'analisi critica della nostra civiltà odierna", come ebbi a dire l'anno scorso nel mio discorso alle Nazioni Unite, "mostra che essa ha contribuito come mai prima, specialmente nell'ultimo secolo, allo sviluppo dei beni materiali, ma ha prodotto anche in teoria e ancor più in pratica una serie di comportamenti nei quali la sensibilità per la dimensione spirituale dell'esistenza umana è diminuita in maggiore o minor misura. Alle origini di questo fenomeno vi sono alcune premesse secondo le quali il senso della vita umana è stato messo prevalentemente in riferimento alle molteplici condizioni materiali ed economiche, vale a dire alle esigenze della produzione, degli scambi, dei consumi, dell'accumulo delle ricchezze o della burocratizzazione, con cui si cerca di regolare i processi corrispondenti" ("L'Osservatore Romano", editio germanica hebdomadaria, die 5 oct 1979, p. 7).

Ogni presunto progresso è vero progresso soltanto quando serve all'uomo nella sua totalità. Questa interezza dell'uomo include oltre ai valori materiali necessariamente anche i valori spirituali e morali. Di conseguenza "non possiamo misurare il progresso umano soltanto in base al progresso della scienza e della tecnica..., ma nello stesso tempo e ancora di più in base al primato dei valori spirituali e in base al progresso della vita morale" ("L'Osservatore Romano", editio germanica hebdomadaria, die 5 oct 1979, p. 6). Perciò è un errore assai deplorevole e grave di conseguenze che si scambi spesso nella società moderna un giustificato pluralismo con una neutralità di valori, e che in nome di una democrazia male intesa si creda di poter sempre più fare a meno di norme etiche e dell'impiego delle categorie morali del bene e del male nella vita pubblica.


5. Questo sviluppo, i cui effetti negativi si rendono osservabili anche nella vita all'interno della Chiesa, è oggetto di crescente attenzione e preoccupazione per la Chiesa stessa. Da quando fu fondata da Gesù Cristo, il quale dichiaro solennemente davanti a Pilato e nell'imminenza della sua morte che per questo era nato e che era venuto nel mondo per dare testimonianza della verità (cfr. Jn 18,37), la Chiesa in virtù della sua missione, con la lieta notizia della redenzione e della sua salvezza come suo presupposto imprescindibile ha sempre riconosciuto, stimolato e difeso con forza proprio la dimensione spirituale-morale della persona umana. Lo fa non soltanto per tener fede all'insegnamento rivelato ad essa affidato, ma anche per una profonda consapevolezza di responsabilità per gli uomini, al cui servizio e per il cui bene spirituale sa di essere inviata. La Chiesa professa la somiglianza dell'uomo a immagine di Dio e di conseguenza la sua imprescindibile dignità. In essa si fondono infine i suoi diritti fondamentali inalienabili nonché i valori fondamentali per una convivenza sociale degna dell'uomo. La discussione sui valori fondamentali, che ha avuto luogo così vivacemente nel vostro paese durante questi ultimi anni, sottolinea la particolare attualità e necessità di questo nuovo ricordo delle solide basi della nostra civiltà e della nostra società moderna.

In virtù del compito profetico ad essa tramandato, la Chiesa non può mai tralasciare di indicare come colpa morale o come peccato, in nome della verità, tutto ciò che contravviene palesemente alla dignità dell'uomo e al comandamento di Dio. In particolare non può tacere quando beni di diritto così elevati come la vita umana, in qualunque forma e in qualsiasi stadio, rischiano di essere oggetto di arbitrio.

La Chiesa è inviata per dare testimonianza della verità, e con ciò reca un prezioso contributo ad una impostazione della vita sociale e pubblica degna dell'uomo. Opportunamente o inopportunamente ricorda l'alta dignità e la vocazione dell'uomo come creatura di Dio. Questa dignità riconoscibile a tutti risplende con tutta la sua chiarezza e grandezza in Gesù Cristo, nel messaggio della sua vita e nel suo insegnamento. In lui soltanto - questa è la convinzione di fede cristiana - l'uomo sperimenta l'intera verità su se stesso. "L'uomo in definitiva non può comprendersi senza Cristo", come ebbi occasione di sottolineare nella mia predica in piazza della Vittoria di Varsavia. "Non può intendere né chi è ne in cosa consiste la sua vera dignità, né qual è la sua vocazione e la sua sorte finale" (cfr. "L'Osservatore Romano", editio germanica hebdomadaria, die 8 iun. 1979, p.


5). Se i cristiani prenderanno la verità sull'uomo rivelata da Cristo quale fondamento della loro testimonianza di vita e del loro agire sociale, questo sarà un servizio per tutti: la dignità dell'uomo riconoscibile per tutti e che dev'essere riconosciuta da tutti risalta tanto più nitidamente e completamente.


6. Non vorrei concludere queste mie brevi considerazioni, signore e signori, senza fare appello a voi, particolarmente a quelli di voi che condividono con me le stesse convinzioni di fede, a rendervi di nuovo consapevoli dei fondamenti cristiani della storia del vostro popolo e della costituzione del vostro stato odierno, che porta l'impronta cristiana.

Un profondo rinnovamento morale della società può aver luogo in maniera efficace soltanto dall'interno, dalle radici. Dopo che le grandi ideologie e i messianismi dell'ultimo secolo, apparentemente tanto promettenti, sono falliti così miserevolmente e l'umanità è giunta sull'orlo dell'abisso, la Chiesa incoraggia oggi tanto più energicamente i popoli e tutti coloro che hanno responsabilità di essi a ricordarsi di nuovo dell'uomo, della sua vera dignità e dei suoi diritti fondamentali imprescindibili - in una parola: dell'uomo in Cristo, per costruire a partire da lui e insieme a lui il presente per un futuro migliore, in una prospettiva piena di speranza. Solo da qui possono scaturire possibilità non solo per le singole nazioni ma anche per l'Europa e per l'intera umanità, affinché vengano superati nella piena dignità dell'uomo i pericoli che si affacciano sempre più minacciosamente all'orizzonte della storia e per una vita veramente realizzata di tutti i popoli e di tutti gli uomini nella verità, nella giustizia e nella pace.

Invoco dunque per voi, signore e signori, e per tutto il vostro popolo luce e forza da Dio, principio e fine di tutta la storia, e chiedo che la sua protezione e la sua benedizione restino su di voi.

Data: 1980-11-15 Data estesa: Sabato 15 Novembre 1980.


L'omelia della messa - Osnabrück (Germania)

Titolo: Nella diaspora la testimonianza della fede più piena e profonda

Venerabili confratelli, cari fratelli e sorelle nel Signore! 1. Quando l'evangelista Giovanni, per i suoi rapporti familiari col suo maestro e per la profonda conoscenza del cuore pieno d'amore di Gesù, elaboro le parole del Vangelo di oggi, la preghiera di addio del Signore, aveva davanti a sé le prime comunità cristiane: solo a fatica e lentamente si erano formate, prima in Palestina, poi in seguito alla prima persecuzione e fuga, in Antiochia e di là sotto l'impulso missionario di san Paolo sin nell'Asia minore e nella Grecia e infine a Roma. Pero la loro consistenza restava sempre piuttosto piccola, ed esposta a pericoli; queste comunità vivevano come una minoranza tra la stragrande maggioranza dei pagani dell'impero romano.

L'evangelista vuole confortare e corroborare questi cristiani scrivendo loro come Gesù Cristo ha pregato proprio per essi: ad essi Gesù ha rivelato il "nome" di Dio; ad essi ha donato la sua "gloria"; in essi deve rimanere l'"amore", che sussiste tra Dio Padre e il Figlio; essi devono "essere perfetti nell'unità", come lo è Gesù col Padre. Parole potenti di conforto e di intimo corroboramento per una vita faticosa nella "dispersione", nella "diaspora"! Miei fratelli e sorelle! Oggi porto a voi tutti questo Vangelo, questo lieto messaggio, questa efficace preghiera di Gesù: vale per voi, fedeli di questa antica e veneranda diocesi, che da poco ha celebrato il XII centenario del suo sorgere; e vale per tutti i cattolici in diaspora nella Germania del nord e nella Scandinavia, cui in particolare vorrei rivolgermi oggi da questa città di Osnabrück, sede della diocesi più a nord del paese.

Saluto con gioia particolare i Vescovi qui presenti di questa diocesi e di quelle vicine, specie di Berlino e della Scandinavia, ed anche i sacerdoti e i fedeli delle regioni e Paesi della diaspora. Il supremo pastore della Chiesa, che vive unita tra molti popoli, è venuto a voi, per ringraziare insieme Dio, per il coraggio della vostra fede e anche per rafforzarvi in essa, perché siate ancora testimoni vivi della nostra redenzione in Cristo.


2. Lo stato della fede dei cattolici in questa vastissima diaspora è molto diverso e difficile. Esso, proprio nelle diocesi della Germania del nord, è ancora caratterizzato in maniera decisiva da una particolare situazione storica. Alla fine della guerra centinaia di migliaia di persone, tra cui molti cattolici, dovettero lasciare la loro patria, emigrare e stabilire la propria residenza nei vasti territori di queste diocesi, che precedentemente avevano avuto una popolazione esclusivamente evangelica. Insieme al piccolo bagaglio, che costituiva tutto quanto di materiale possedevano, portarono con sé, quale prezioso possesso, soprattutto la loro fede, spesso simboleggiata solo nel piccolo libro di preghiere della loro antica patria. Molti di voi, cari fratelli e sorelle nella fede, ricordano ancora come allora dovettero cercare una nuova dimora, darsi da fare per provvedere ai più indispensabili bisogni vitali, e come nello stesso tempo si dovettero fondare centinaia di nuove comunità cattoliche. Sotto la guida di Vescovi e sacerdoti operosi avete costruito nuove chiese ed eretto nuovi altari.

Sebbene soffrendo l'indigenza e vivendo in grande preoccupazione per le vostre famiglie, voi vi siete impegnati subito anche per la realizzazione della vita ecclesiale, affrontando parecchi sacrifici. Avete così rivelato a tutto il mondo che restavate salvi nella fede né vi lasciaste amareggiare dalla croce impostavi, anzi poteste perfino trasformare il dolore in benedizione, e la discordia in riconciliazione. Noi dobbiamo essere molto grati a tutti voi per questo esempio di costanza nella fede.

Nello sguardo retrospettivo allo sviluppo della vita ecclesiale in quegli anni difficili, ricordiamo anche con gratitudine le molte comunità evangeliche di questo paese, che per lungo tempo hanno messo le loro chiese a disposizione anche dei cattolici, ponendo così in grado i loro pastori di radunare di nuovo il gregge disperso.


3. In verità, questi tempi difficili hanno inflitto amare ferite; pero il Signore ha anche risanato e aiutato. Sembra giusto ricordarlo proprio oggi, perché il vostro paese ricorda con una "giornata di lutto nazionale" gli innumerevoli caduti dell'ultima guerra. Pero lo stesso Signore Gesù Cristo, che vi ha assistito ieri col suo sostegno consolatore, conferirà anche oggi e domani la forza del suo amore, perché rimaniate, tra le prove del tempo presente, testimoni credibili del suo messaggio di liberazione.

Così - secondo le parole della seconda lettura dell'odierna celebrazione liturgica, tratta dalla prima lettera di Pietro - avete persino buoni motivi per essere "ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po' di tempo afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco" (1P 1,6 1P 1,7). La prova della vostra fede: questa è la vostra "chance"! Una fede intima, matura e conscia della propria responsabilità: questo può essere il vostro dono a tutta la Chiesa! E così potete voi stessi "conseguire la meta della vostra fede, la vostra salvezza" (1P 1,9), che vi sarà concessa "nella manifestazione di Gesù Cristo".

"Voi lo amate pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui" (1P 1,8). Mediante la sua risurrezione dai morti avete "una viva speranza" per la "eredità che non si corrompe ne marcisce ed è conservata per voi nei cieli" (1P 1,3 1P 1,4). E' la stessa "potenza di Dio" a corroborarvi in questa fede (cfr. 1P 1,5), se voi - possiamo aggiungere - fate quanto vi è possibile per conservare viva ed efficace la vostra fede. Il vostro stato di cristiani in diaspora costituisce perciò una sfida particolare.

Pochissimi tra voi possono oggi essere sorretti nella pratica della propria fede soltanto da un forte ambiente credente. Dobbiamo perciò deciderci coscientemente a voler essere cristiani professanti, e ad avere il coraggio di distinguerci, se necessario, dal nostro ambiente. Presupposto per tale testimonianza decisa di vita cristiana è percepire e comprendere, da parte nostra, la fede come una preziosa occasione di vita, che trascende le interpretazioni e il costume dell'ambiente. Dobbiamo utilizzare ogni occasione per sperimentare come la fede arricchisce la nostra esistenza, opera in noi una autentica fedeltà nella lotta per la vita, corrobora la nostra speranza contro gli attacchi di ogni genere di pessimismo e di disperazione, ci spinge a evitare ogni estremismo e a impegnarci con riflessione per la giustizia e la pace nel mondo; può infine consolarci e sollevarci nel dolore. Compito e "chance" della situazione di diaspora è quindi lo sperimentare più coscientemente come la fede aiuta a vivere in maniera più piena e profonda.


4. Nessuno può aver fede per sé solo. Il Signore ha chiamato i suoi discepoli ad una comunione, ad essere popolo di Dio in pellegrinaggio, alla Chiesa, che opera come un corpo con la sua forza vitale. Dove più fedeli convengono per una professione di fede, una celebrazione, una preghiera e un'azione comune, là viene loro incontro il Signore. "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). Volendo il Signore con queste parole riferirsi proprio ad una situazione di diaspora non parla né di mille, né di cento, né di dieci, ma di "due o tre". Già qui il Signore ci promette la sua presenza corroborante! Le vostre diocesi e comunità parrocchiali offrono inoltre molteplici possibilità di incontro non solo con uno o due credenti della stessa fede cristiana, ma con tutte le comunità e gruppi. A questo punto io di questo vorrei ringraziare cordialmente tutti i sacerdoti e i loro collaboratori laici che, nonostante grandi difficoltà, si impegnano instancabilmente con pieno zelo e abnegazione per una vita comunitaria attiva ed efficiente. Nello stesso tempo invito tutti i credenti ad utilizzare ogni occasione che si presenti per migliorare la loro fede e il loro futuro. Siate particolarmente fedeli e costanti nel partecipare alla santa messa la domenica o la sera del sabato. E là dove la celebrazione eucaristica domenicale non è raggiungibile per le grandi distanze, prendete parte almeno a una liturgia della parola con l'eventuale distribuzione della santa comunione! "Dove siamo radunati nel nome di Gesù, là egli è presente in mezzo a noi".


5. Pero vorrei soprattutto incoraggiarvi a cercare e approfondire in fede sincera il contatto con i vostri fratelli evangelici. Il movimento ecumenico degli ultimi decenni vi ha fatto vedere chiaramente quanto i cristiani evangelici sono uniti a voi nelle loro preoccupazioni e gioie e quanto avete in comune con essi quando insieme vivete sinceramente e conseguentemente la fede in nostro Signore Gesù Cristo. Ringraziamo quindi di tutto cuore Dio perché le diverse comunità ecclesiali nelle vostre regioni non sono contrapposte da incomprensioni e tantomeno si chiudono tra loro con timore. Avete piuttosto già fatto spesso la felice esperienza che una mutua comprensione e accettazione erano particolarmente facili quando ambo le parti conoscevano bene la propria fede, la professavano con gioia e stimavano la comunione concreta con i propri fratelli di fede. Vorrei incoraggiarvi a proseguire su questa strada.

Vivete la vostra fede da cattolici con gratitudine a Dio e alla vostra comunità ecclesiale; date in tutta umiltà e senza alcuna autocompiacenza una testimonianza credibile dei valori intimi della vostra fede e incoraggiate anche in maniera opportuna e amabile i vostri fratelli evangelici a testimoniare la loro fede, a corroborare e approfondire in Cristo le loro forme di vita religiosa. Se tutte le chiese e comunità crescono veramente nella pienezza del Signore, certissimamente il suo Spirito ci additerà la via per raggiungere la piena unità interna ed esterna della Chiesa.

Gesù stesso ha pregato per la perfetta unità dei suoi: "Tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). Lo abbiamo udito or ora nel Vangelo. E ancora una volta Gesù prega con insistenza il suo divin Padre: "E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come tu hai amato me" (Jn 17,22 Jn 17,23).

Questa preghiera per l'unità deve proprio per volontà di Cristo valere anche per tutti quei cristiani che si sostentano e confermano l'un l'altro nella fede: "Non prego solo per questi - prega ancora Gesù - ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me" (Jn 17,20). Possiamo quindi sperare con fiducia che tutti i dialoghi ecumenici, tutte le preghiere e le azioni comuni di cristiani di diverse confessioni sono inclusi già in questa tenera preghiera di Gesù: "Tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anche essi in noi una cosa sola". Da questa unità dipende la credibilità del messaggio della redenzione per la morte e risurrezione di Cristo: "perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). Il Signore pone nella stessa preghiera una condizione: "Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo faro conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Jn 17,26). Pregheremo e agiremo in maniera veramente ecumenica "nel nome di Gesù" solo quando conserviamo l'amore a Cristo fra di noi e lo poniamo alla base di tutti gli sforzi per una unità più profonda.

Ho ferma fiducia che questa preghiera del Figlio di Dio, nostro Signore e fratello, porterà un giorno il suo pieno frutto. Lo vogliamo pregare perché realizzi quanto ci ha annunciato il profeta nella prima lettura di oggi: "così dice il Signore Dio: Vi prendero dalle genti, vi radunero da ogni terra e vi condurro sul vostro suolo. Vi aspergero con acqua pura e sarete purificati... Vi daro un cuore nuovo, mettero dentro di voi uno spirito nuovo... Porro il mio spirito dentro di voi e vi faro vivere secondo i miei precetti e vi faro osservare e mettere in pratica le mie leggi; voi sarete il mio popolo e io saro il vostro Dio" (Ez 36,24-28).


6. Cari fratelli e sorelle! Voi vivete la vostra fede certamente in condizioni difficili. Altre diocesi del vostro paese, meglio situate, vi sono pero vicine con varie forme di solidarietà, soprattutto mediante la tanto benemerita esperimentata istituzione dell'opera di san Bonifacio. Ad essa si associa l'opera di san Ansgario, con cui sostenete ed assistete fraternamente le diocesi della Scandinavia. Nel regno di Dio non perde nulla chi sa partecipare; al contrario, diventa allora vero discepolo di Cristo, che per noi si è fatto povero, per renderci tutti ricchi (cfr. 2Co 8,9). L'esistenza del cristiano in diaspora deve essere sorretta dalla coscienza di appartenere ad una grande comunità di uomini, al popolo di Dio radunato da tutti i popoli di questa terra. Anche nella "dispersione" siete insieme con i vostri sacerdoti e vescovi uniti in molteplici forme con la Chiesa universale. Perciò considero evento molto lieto potere, quale Vescovo di Roma, essere in mezzo a voi oggi, nel secondo giorno della mia visita in Germania, proprio in questa sede episcopale collegata sino all'estremo nord dell'Europa, e celebrare con voi la santa eucaristia.

L'eucaristia significa azione di grazie della comunità credente al Signore "in comunione con tutta la Chiesa", come preghiamo nel primo canone della messa. Vogliamo oggi, con tutti i credenti in Dio, ringraziarlo per tutti i doni con i quali ha confermato e consolidato la vostra fede e il vostro amore alla Chiesa anche in circostanze difficili e tempi di dure prove. La stessa celebrazione della messa è fonte inesausta di forza per la vita religiosa e il consolidamento di ogni cristiano nella fede. Essa conserva e nutre la nostra comunione con Cristo mediante la comunione viva con il suo corpo mistico, che è la Chiesa.

Parimenti, quando nella santa comunione ci viene spezzato il pane e offerto il suo corpo, viviamo e realizziamo in maniera chiara e percepibile l'unità più intima col corpo di Cristo, la comunione di tutti i credenti. Prendete oggi, in lieta gratitudine, nuova coscienza di questa profonda e intima unità di tutta la Chiesa oltre ogni confine e barriera umana! Portate questa coscienza come tesoro prezioso nelle vostre comunità, nel vostro vicinato, nelle vostre famiglie! Infatti, come credenti, non siete mai "pochi", mai "soli", ma sempre uniti con "i molti" che nel vasto mondo seguono con voi Cristo nella fede e nella speranza, e testimoniano il suo amore redentivo. Egli è la forza della nostra fede e il fondamento della nostra fiducia. Egli benedica voi e le vostre famiglie e guidi il vostro pellegrinaggio di cattolici sino alla sua meta eterna, definitivo raduno di tutti i credenti dalla dispersione di questo mondo alla patria unica del suo regno eterno. Amen. Data: 1980-11-16 Data estesa: Domenica 16 Novembre 1980.


Angelus Domini, con gli handicappati - Osnabrück (Germania)

Titolo: Accettate il dolore con fiducia: per questa via il Signore viene nel mondo

E' una grande gioia per me potervi chiamare, sin dall'inizio, col bel nome di fratelli e sorelle. Infatti siamo tutti figli dell'unico Padre comune, amati e redenti da Dio in Cristo. Non siamo quindi tra noi estranei e sconosciuti, anche se ci incontriamo qui per la prima volta. Io saluto di gran cuore tutti voi, che siete radunati in questo duomo per recitare insieme con me l'antica e familiare preghiera dell'"Angelus Domini".

La nostra comunione nella preghiera del mezzogiorno di oggi abbraccia pero non solo voi, qui presenti, ma anche molti altri fratelli di tutta la Germania, che devono portare nella loro vita il peso di qualche handicap e vogliono anch'essi unirsi con fede alla nostra preghiera di mezzogiorno attraverso la televisione e la radio. Posso chiamare fratelli e sorelle anche voi, che nelle vostre case - da soli o con i vostri parenti e amici - anche nella comunità più grande di un asilo, siete, attraverso i mezzi delle comunicazioni sociali, collegati con noi qui in Osnabrück. Insieme con tutti voi fra poco loderemo Dio e lo ringrazieremo per il grande dono del suo amore.

Questo amore è il fondamento della vostra speranza e del vostro coraggio di vivere. Dio ci ha mostrato con Gesù Cristo in maniera insuperabile come egli ama ciascun uomo e gli conferisce con ciò una dignità infinita. Proprio quelli che soffrono minorazioni nel corpo o nello spirito possono riconoscersi amici di Gesù, amati da lui in modo particolare. Egli stesso dice: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" (Mt 11,28-29).

Ciò che agli uomini sembra debolezza e fragilità è per Dio motivo di particolare amore e benevolenza. Questo giudizio di Dio è allora Anche per la Chiesa e per ogni singolo cristiano mandato e obbligo. Per noi cristiani conta poco se uno è ammalato o sano; quel che conta in definitiva è questo: Sei tu pronto a realizzare con coscienza e fede la dignità conferitati da Dio in ogni tua situazione di vita e nel tuo comportamento da vero cristiano, o vuoi tu perdere questa tua dignità in una vita superficiale e irresponsabile, nel peccato e nella colpa davanti a Dio? Anche da handicappati potete farvi santi, potete tutti raggiungere l'alta meta, che Dio ha assegnato a ciascun uomo come sua creatura diletta.

Ogni uomo riceve da Dio la propria vocazione del tutto personale, il suo particolare mandato di salvezza. Comunque si manifesti la volontà di Dio nei nostri riguardi, è in definitiva per noi sempre un lieto messaggio, un messaggio per la nostra salvezza eterna. Ciò vale anche perché voi che soffrite gravi menomazioni siete chiamati da Cristo a un tipo del tutto particolare di sequela, alla sequela della croce. Con le parole sopra riferite Cristo invita a prendere le vostre pene come il suo giogo, come una via segnata dalle sue tracce. Solo così non vi accasciate sotto il peso del dolore. L'unica risposta giusta all'invito del Signore per la sequela di Cristo, comunque possa esso apparire, è quella della santissima Vergine: "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). Solo il vostro pronto "si" alla volontà di Dio, che spesso si sottrae alla nostra comprensione umana, può rendervi beati e donarvi già ora una gioia intima che non può essere distrutta dall'esterno da alcuna necessità. Voi perciò avete evidentemente bisogno dell'aiuto efficace di molti uomini santi. Penso particolarmente a voi, che siete venuti come aiutanti o accompagnatori o, come sempre, assistete gli handicappati e siete costantemente pronti ad aiutarli. Per parentela o per professione ponete le vostre capacità, il vostro tempo e le vostre energie a servizio del prossimo. Nel nome di Gesù Cristo, che incontrate in modo misterioso negli stessi fratelli sofferenti, vorrei ringraziarvi per questo servizio pieno di abnegazione e nello stesso tempo ad esso incoraggiarvi. Per tali servitori disinteressati valgono le promettenti parole del Signore: "Venite, benedetti del Padre mio... Perché... ero malato e mi avete visitato", menomato, e mi avete assistito. "Ricevete in eredità il regno preparato per voi sin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,34-35).

Una parola altrettanto cordiale di ringraziamento e di incoraggiamento rivolgo anche a tutti i sacerdoti, cappellani degli handicappati, che assolvono un compito importante nella Chiesa. Voi siete in modo particolare servitori della vostra intima gioia spirituale. Non vi stancate, nonostante la incalzante scarsezza di clero, di portare il lieto messaggio agli handicappati con zelo sacerdotale e con la necessaria competenza. Aiutateli a considerare la loro sorte alla luce della fede, che insegna a comprenderla come chiamata a partecipare alle sofferenze redentrici di Cristo. Siate forti in Cristo, che vi manda e per vostro mezzo realizza la sua opera tra gli uomini.

Sono infine invitati tutti gli uomini e l'intera società ad assistere e aiutare gli handicappati. Essi ne hanno diritto. Tra le persone sane e loro non possono sussistere barriere e muri divisori. Chi oggi appare sano, può già portare in sé celata una malattia; domani può andare soggetto a una disgrazia e restare leso in maniera permanente. Tutti noi siamo pellegrini per un tratto di strada molto limitato e un giorno per ciascuno di noi il cammino terminerà con la morte.

Già nei giorni di benessere fisico la maggior parte di noi sperimenta segni di limitatezza e debolezza, di caducità e impedimento. Assistiamoci perciò l'un l'altro, in fraterna solidarietà, noi che siamo più o meno sani, più o meno impediti, e prestiamoci vicendevolmente il dovuto servizio fraterno, solo per mezzo del quale si può promuovere in modo efficace, nella famiglia e nella società una degna convivenza umana.

Perciò in questo incontro con i nostri fratelli e sorelle handicappati tutti voi, che qui o fuori nel paese ci ascoltate e vedete, siete sinceramente invitati ad unirvi alla nostra preghiera di mezzogiorno. Davanti a Dio si dileguano tutte le distinzioni terrene. Resta in maniera decisiva solo la rispettiva misura della fede, della speranza e dell'amore disinteressato, che ognuno porta nel cuore.

Nella preghiera dell'"Angelus Domini" con le tre consuete "Ave Maria" meditiamo il mistero centrale della nostra fede, l'incarnazione di Dio nel seno della Vergine Maria. Come Maria ha detto il suo si a questo piano salvifico di Dio, così professiamo anche noi il nostro "fiat", il nostro si, alla nostra vocazione. Diciamo con fiducia il nostro si alla chiamata del dolore come a quella dell'aiuto e del servizio! E come dalla Vergine Maria il Verbo di Dio si è fatto carne e nostro fratello, così si farà fruttuoso anche il nostro servizio con la forza di Dio. Il dolore accettato con fiducia, il servizio prestato per amore: è questa oggi una via, per la quale il Signore vuole venire al mondo. Congiungiamo le mani e recitiamo l'Angelus; "L'Angelo del Signore...".

Data: 1980-11-16 Data estesa: Domenica 16 Novembre 1980.


GPII 1980 Insegnamenti - L'incontro con il Presidente della Repubblica e con le autorità - Bonn (Germania)