GPII 1980 Insegnamenti - L'omelia ai sacerdoti e ai seminaristi - Fulda (Germania)

L'omelia ai sacerdoti e ai seminaristi - Fulda (Germania)

Titolo: Portiamo l'amore di Cristo al mondo che ne è assetato

1. Venerabili confratelli, Cardinali, Arcivescovi e Vescovi che costituite l'episcopato della vostra patria! Voi sacerdoti amati in Cristo, del presbiterio di ciascuna diocesi tedesca! Diletti diaconi! Diletti alunni dei seminari, diletti studenti di teologia! Le parole dell'apostolo Pietro, che oggi abbiamo ascoltato nella seconda lettura della celebrazione liturgica, mi sembrano assumere, qui a Fulda dinanzi alla tomba di san Bonifacio, un tono particolare: "Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi e affidato!" (1P 5,1-2).

Sono trascorsi ormai 19 secoli da quando furono scritte queste parole, eppure esse ci parlano ancora con la stessa freschezza e potenza; mi sembra anzi che ci annuncino un messaggio speciale in questo momento in cui vi trovate qui, dinanzi alla tomba del Vescovo e martire, patrono della Germania proprio voi a cui si rivolge la esortazione di Pietro, certo in differente misura: "Pascete il gregge di Dio". Pietro, che per primo ha udito da Gesù, il buon pastore, questa esortazione: "Pasci le mie pecorelle" (Jn 21,16) si rivolge come "primo tra pari" a tutti quelli che erano con lui pastori della Chiesa del suo tempo. Con quanta commozione udiamo questa chiamata, poiché noi siamo oggi i pastori della Chiesa, nel secondo millennio della cristianità che tra poco si concluderà! Voi, secondo il grado differente del vostro servizio, come Vescovi, sacerdoti o diaconi siete i pastori della Chiesa nella vostra patria! E anche voi che avete udito la chiamata di Cristo e vi siete preparati per il servizio pastorale degli anni futuri! "Pascete il gregge di Dio". Siate pastori dei vostri fratelli e delle vostre sorelle nella vostra fede, nella vostra grazia battesimale e nella vostra speranza nella beata partecipazione alla grazia e all'amore eterni!

2. Pietro ci ricorda nella sua lettera le sofferenze di Cristo e anche il mistero pasquale, del quale è diventato testimone. A questa testimonianza della croce e della risurrezione egli lega poi anche la speranza di partecipare "alla gloria che deve manifestarsi" (1P 5,1).

La vocazione a pastori nella Chiesa, il vostro molteplice servizio, hanno sempre dovunque la loro radice nel mistero di Cristo che tutto abbraccia: da esso cominciate e ad esso riconducetevi, in esso trovate forza per la crescita e per un saldo sostegno; ad esso servite con il frutto del vostro lavoro.

Questo mistero viene accolto realmente nella fede quando coloro che lo servono sono simili a uomini "che aspettano il padrone quando torna dalle nozze per aprirgli subito, appena arriva e bussa" (Lc 12,36).

Il servizio dunque e questo: essere svegli per il ritorno del Signore.

Quando Gesù incomincio la sua passione, prese gli apostoli con sé nel giardino del Getsemani, e ne condusse tre ancora più avanti e chiese loro di restare svegli. Quando tuttavia si furono addormentati, vinti dalla stanchezza, ritorno da loro e disse: "Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione" (Mt 26,41).

Il servizio che prestiamo, diletti fratelli, è quindi quello di restare svegli per il Signore. Vegliare significa vegliare sul bene affidato. Il bene che ci è affidato è infinitamente prezioso. Dobbiamo perseverare costantemente in esso. Dobbiamo affondare sempre più le radici della nostra fede, della nostra speranza e della nostra carità "nelle grandi opere di Dio" (Ac 2,11); dobbiamo identificarci sempre più con la manifestazione del Padre in Cristo; dobbiamo diventare infine, sempre più sensibili alle opere dello Spirito Santo, che il Signore ci ha donato e attraverso di noi vuole continuare a donare, attraverso il nostro servizio, la nostra santità, la nostra identità sacerdotale.

Analogamente dobbiamo avere un sentimento sempre più profondo della grandezza dell'uomo quale ci è stata manifestata nel mistero dell'incarnazione e della redenzione: quanto preziosa è l'anima di ogni uomo e quanto ricchi i tesori della grazia e dell'amore.

Potremo allora corrispondere agli avvertimenti di Pietro, il quale ci scongiura di compiere il nostro servizio "Non per forza ma volentieri secondo Dio; di buon animo... (come) modelli del gregge" (1P 5,2 1P 5,3). Vediamo qui riuniti tanti eminenti Vescovi e sacerdoti, provenienti da questo paese; ne nominero solo alcuni della storia più recente: i Vescovi von Ketteler e Adolf Kolping - i Cardinali von Galen, Frings, Döpfner e Bengsch - padre Alfred Delp e i sacerdoti di recente ordinazione Karl Leisner - Karl Sonnenschein e padre Tupert Mayer - Romano Guardini e padre Kentenich.

Guardiamoli più attentamente: tutti ci mostrano cosa significa questa "veglia"; cosa significa "essere con la cintura ai fianchi" e "con le lucerne accese" (Lc 12,35); in che maniera "si può essere il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto" (Mt 24,45).

Questi e molti altri sacerdoti esemplari della Chiesa del vostro paese possono farci vedere come il fondamento della nostra vocazione e di tutto il nostro servizio di Vescovi, sacerdoti o diaconi è quello splendido mistero del cuore umano: il mistero dell'amicizia con Cristo, e come attraverso la forza di questa amicizia cresce il vero amore di pastore per l'uomo, un amore puro e disinteressato del quale il mondo di oggi è così assetato, e in particolare misura la nuova generazione.

Lo so che innumerevoli sacerdoti della Chiesa del vostro paese sperimentano la gioia e la fortuna di questa profonda affinità spirituale con Gesù Cristo. Ma so anche che appartengono ugualmente alla vita odierna dei sacerdoti le ore della tribolazione, della spossatezza e della perplessità, della pretesa eccessiva e della delusione. Sono persuaso che ciò appartiene anche alla vita di quei sacerdoti che cercano con tutte le loro forze di essere fedeli alla loro missione, che svolgono i compiti del loro ministero con grande coscienziosità.

Dovremo forse meravigliarci che colui che è così profondamente unito a Gesù Cristo nella sua missione abbia parte anche alle ore di Gesù nel monte degli ulivi?

4. Quale medicina posso offrirvi in questa situazione? Non un aumento esteriore di attività, non sforzi spasmodici, ma una approfondita meditazione sul senso della vostra vocazione, su quella amicizia con Cristo e sulla amicizia tra di voi.

Attraverso di voi Cristo stesso vuole diventare visibile come amico di tutti in mezzo a voi e in mezzo alle vostre comunità. "Non vi chiamo più servi, ma amici" (Jn 15,15). Questa parola, che risuona ancora nel cuore dalla vostra ordinazione sacerdotale, dev'essere la nota fondamentale della vostra vita. All'amico posso dire tutto, posso affidargli personalmente tutto: tutte le preoccupazioni e le necessità - anche i problemi inspiegati e le esperienze dolorose con me stesso.

Posso vivere della sua parola, dei sacramenti dell'eucaristia e non ultimo della penitenza. Questo è il terreno sul quale state in piedi. Abbiate fiducia in Gesù Cristo, siate fiduciosi che egli non vi abbandona, che fa fruttare il vostro ministero, anche dove esternamente non vedete alcun immediato successo. Credete in lui; credete che si attende tutto da voi ma proprio come un amico lo attende dagli amici.

L'amicizia con Gesù Cristo, questo è il motivo più profondo per cui e così importante per il sacerdote una vita di celibato, totalmente nello spirito dei consigli evangelici. Avere il cuore e le mani liberi per l'amico Gesù Cristo, essere totalmente disponibili e portare il suo amore a tutti, questa è una testimonianza che al primo istante non viene compresa da tutti. Ma se offriamo questa testimonianza da dentro, se la viviamo come forma esistenziale dell'amicizia per Gesù, crescerà di nuovo nella società anche la comprensione per questa forma di vita, che è fondata nel Vangelo.

L'amicizia con Gesù ha come frutto e conseguenza l'amicizia l'uno con l'altro. I sacerdoti costituiscono un presbiterio intorno al loro Vescovo. Il Vescovo è colui che rappresenta in maniera speciale Cristo per voi e con voi. Chi è amico di Cristo non può non tener conto della missione del Vescovo. Molto più, diventa sensibile alla necessità di non contrapporre le proprie opinioni e i propri criteri alla missione che Cristo ha dato al Vescovo. L'unità con il Vescovo e l'unità con il successore di Pietro sono il saldo fondamento di una fede la quale non può essere vissuta senza l'amicizia di Cristo. Questa unità è anche una premessa affinché il nostro ministero, il ministero dei Vescovi e quello del Papa, possa esercitarsi nei vostri confronti in una donazione aperta, fraterna e comprensiva.

Tuttavia questa amicizia chiede ancora di più. Chiede quella apertura fraterna, con l'aiuto nel portare il carico degli altri, quella comune testimonianza nella quale vengono superati giudizi, pensieri di prestigio, diffidenze. Sono convinto che se vivete il vostro ministero a partire da uno spirito di amicizia e di fraternità, conseguirete molto di più che se ciascuno vorrà lavorare da solo. Con la forza di una simile amicizia con il Signore potremo "vegliare", come si aspetta il Signore del Vangelo dal "buon servitore".


5. Questa "veglia" del servo - dell'amico - nell'attesa del Signore si riferisce alla futura ultima venuta e nello stesso tempo al corso di questa storia, a ciascun istante. Il Signore può venire "nel mezzo della notte o prima dell'alba" (Lc 12,38).

Attraverso questo insegnamento del Concilio Vaticano II tutta la Chiesa ha reso evidente che la vostra missione è rivolta al momento presente, ossia ad un mondo che si sviluppa costantemente, e specialmente alle aspettative dell'uomo in questo mondo: alla sua gioia e speranza, ma anche ai suoi errori e alle sue colpe (cfr. GS 1).

Il ministero del pastore sveglio e vigile significa quindi anche tenere gli occhi bene aperti per tutto ciò che è buono e schietto, tutto ciò che è vero e bello, ma anche su tutto ciò che è difficile e doloroso nella vita degli uomini, e significa fare questo con pieno amore, piena disponibilità, essere vicini e solidali fino a offrire la propria vita (cfr. Jn 10,11).

Il servizio vigile del pastore significa anche la disponibilità a difendere contro il lupo rapace - come nella parabola del buon pastore - o contro il ladro affinché non depredi la casa (cfr. Lc 12,39). Con ciò intendo non un curatore d'anime che guardi al gregge affidatogli con occhio rigido e duro e con grande diffidenza, ma un pastore che vuole liberare dal peccato e dalla colpa con l'annuncio della riconciliazione, che dona agli uomini soprattutto il sacramento della riconciliazione, il sacramento della penitenza. "Al posto di Cristo" il sacerdote può e deve gridare ad un mondo non riconciliato e che appare irriconciliabile: "Lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20). Manifestiamo così agli uomini il cuore di Dio, del Padre, e siamo quindi un'immagine di Cristo, il buon pastore. La nostra intera vita può allora diventare segno e strumento della riconciliazione, "sacramento" della unità tra Dio e gli uomini.

Insieme a me dovrete tuttavia constatare con dolorosa preoccupazione che l'accoglienza personale del sacramento della penitenza nelle vostre comunità è molto diminuita in questi ultimi anni. Vi prego dunque dal profondo del cuore, anzi vi esorto, a fare tutto il possibile affinché l'accoglienza del sacramento della penitenza nella confessione personale diventi di nuovo naturale per tutti i battezzati. A questo vogliono condurre le liturgie penitenziali le quali assumono un posto molto importante nella prassi penitenziale della Chiesa, ma in condizioni normali non possono sostituire l'accoglienza personale del sacramento della penitenza. Preoccupatevi tuttavia anche voi stessi per una regolare accoglienza del sacramento della penitenza.


6. La vigilanza del buon pastore è attesa da voi come punto centrale di ogni attività sacerdotale, la celebrazione della santa liturgia. Proprio dopo l'ampia riforma delle funzioni religiose sorgono per voi importanti compiti spirituali.

Dovete innanzitutto familiarizzare voi stessi ai singoli riti approvati, mediante lo studio e una attenta esercitazione. Dovete essere, come liturghi, in grado di servire in vista di una più profonda fede, una più salda speranza e una maggiore carità nel Popolo di Dio. Voglio ringraziarvi per tutti gli sforzi che avete fatto fino adesso per questi importanti obiettivi, i cui buoni frutti io stesso ho già potuto constatare tra di voi. E' tanto più increscioso che la festività del mistero di Cristo invece di creare unità e conquiste tra di voi provochi talvolta divisione e liti. Nulla contraddice più di questo alla volontà e allo spirito di Cristo.

Vi prego quindi, fratelli miei e amici nel sacerdozio, di seguire responsabilmente e mantenere libera da tutti i soggettivismi deformanti la via della Chiesa, che essa ha deciso di seguire oggi nella fedeltà alla sua antica tradizione. Vorrei tuttavia anche sottolineare che le norme liturgiche particolari richieste dai Vescovi tedeschi per motivazioni pastorali sono state concesse dalla Sede apostolica e di conseguenza sono lecite.

Sforzatevi soprattutto, d'accordo con l'intera comunità della Chiesa, di annunziare con una celebrazione riverente e devota dell'ufficio divino, Gesù Cristo, al quale voi stessi siete legati in amicizia.


7. Diletti fratelli, diletti figli nel Signore! Quanto dobbiamo amare il nostro ministero e la nostra vocazione! Voglio dire questo a voi tutti: a voi più anziani che forse siete già stanchi ed esauriti sotto il carico del lavoro, a voi che siete ancora nel vostro pieno vigore, e a voi che state proprio adesso per cominciare il vostro cammino sacerdotale. Lo intendo anche per voi discepoli, che udite la chiamata misteriosa di Cristo: voglio incoraggiarvi ad accogliere questa chiamata ancora più saldamente e più profondamente nella vostra vita e a seguirla definitivamente e per sempre.

Delle meraviglie di questa vocazione ci parla oggi in maniera particolarmente chiara la prima lettura della liturgia, tratta dal libro del profeta Geremia. Un dialogo misterioso ma reale tra Dio e l'uomo. Dio-Jahwé dice: "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo; prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni".

L'uomo-Geremia, risponde: "Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare perché sono giovane".

Dio-Jahwé replica: "Non dire: sono giovane, ma va' da coloro a cui ti mandero e annunzia ciò che io ti ordinero. Non temerli, perché io sono con te per proteggerti" (Jr 1,5-8).

Quanto profonda è la verità che si trova in questo dialogo! Dovremmo certamente farne la verità della nostra propria vita! Dovremmo prenderla con le due mani e con tutto il cuore, viverla, farne l'oggetto della nostra preghiera e diventare una sola cosa con essa! Ci viene qui enunciata nello stesso tempo la verità teologica e psicologica della nostra vita: l'uomo, che riconosce la sua vocazione e la sua missione, parla a Dio della propria debolezza.


8. I vari propugnatori di un'immagine del sacerdote che si differenzia da quella immagine quale è stata sviluppata dalla Chiesa e custodita principalmente nella tradizione occidentale, sembrano oggi fare di questa debolezza il principio fondamentale di tutte le altre cose, dichiarando quasi che è un diritto dell'uomo.

Cristo, al contrario, ci ha insegnato che l'uomo ha innanzitutto diritto alla propria grandezza, un diritto a ciò che lo supera. Infatti proprio qui appare la sua particolare dignità; così si manifesta la meravigliosa potenza della grazia: la nostra vera grandezza è un dono della forza dello Spirito Santo.

In Cristo l'uomo ha oggi diritto a tale grandezza. E la Chiesa attraverso lo stesso Cristo ha diritto al dono di quest'uomo: un dono attraverso il quale l'uomo dona tutto se stesso a Dio, in cui sceglie anche il celibato "per il regno dei cieli" (Mt 19,12), per diventare il servitore di tutti.

L'uomo e la Chiesa hanno diritto a questo. Non dobbiamo indebolire in noi tale coscienza e tale convinzione! Non possiamo annullare questo sublime retaggio della Chiesa né ostacolarlo nei cuori dei giovani. Non abbandonate la fiducia in Dio e in Cristo! Il Signore dice: "Non temerli; perché io sono con te per proteggerti" (Jr 1,8). Dopo queste parole il Signore tocca la bocca dell'uomo e dice: "Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca" (Jr 1,9). Non abbiamo noi forse sperimentato esattamente la stessa cosa? Non mette forse nella nostra bocca le sue parole - le parole della consacrazione eucaristica - durante l'ordinazione sacerdotale? Non suggella forse la nostra bocca e l'intero uomo con la forza della sua grazia? Con noi sono anche i santi della Chiesa: i patroni delle vostre diocesi, i grandi pastori di anime del vostro paese, le donne famose nell'amore per il prossimo e specialmente Maria, madre della Chiesa.

Quando l'evangelista Luca dopo l'ascensione del Signore descrive la comunità degli apostoli, la loro preghiera perseverante e concorde, ricorda esplicitamente che erano: "Con Maria, la madre di Gesù" (Ac 1,14). Essa, la madre del Signore, la madre di tutti i credenti, la madre anche dei sacerdoti, vuole essere con noi affinché possiamo sempre essere di nuovo mandati nello Spirito Santo in questo mondo e agli uomini con le loro necessità.


9. Diletti confratelli, diletti figli nel Signore! Le letture della liturgia di questa festività ci parlano infine anche del premio per i pastori che restano svegli. L'apostolo Pietro parla della "corona della gloria che non appassisce" (1P 5,4).

Ancora più impressionanti sono tuttavia le parole di Cristo nella parabola dei servi vigilanti: "Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro" (Lc 12,3 Lc 7 Lc 12,38).

Permettetemi di non togliere e di non aggiungere nulla a queste parole.

Voglio affidarmi tuttavia alla vostra preghiera e alla vostra considerazione dal profondo del cuore. così sia.

Data: 1980-11-17 Data estesa: Lunedi 17 Novembre 1980.


Allocuzione alla conferenza episcopale tedesca - Fulda (Germania)

Titolo: Diamo spazio ai doni dello Spirito: forza, saggezza, amore

Cari e diletti confratelli nell'episcopato!

1. Il nostro memorabile incontro odierno dinanzi alla tomba di san Bonifacio ha come sfondo la grande e ricca storia del popolo tedesco, che porta l'impronta determinante del cristianesimo. Formata da tante forze, nel corso dei secoli ha dato numerosi impulsi di carattere religioso, culturale e politico ben oltre le sue frontiere. Vi basti ricordare qui il nome glorioso e carico di storia di "nazione tedesca del sacro romano impero".

Il vostro popolo ha donato alla Chiesa sette papi, incluso uno degli odierni Paesi Bassi, dei quali la storia c'informa che adempirono coscienziosamente il loro servizio come pastori supremi della cristianità - anche nelle grandi agitazioni esterne ed interne di quel tempo. Un intento comune di quasi tutti, durante i loro pontificati spesso troppo brevi, fu il rinnovamento della Chiesa. Merita particolare menzione lo sforzo zelante di Papa Adriano VI per il mantenimento e il ristabilimento della unità della cristianità. Molti di essi hanno fatto una visita personale, anche come papi, alla loro patria tedesca e alle loro precedenti diocesi.

Il rinnovamento interno della vita religiosa ed ecclesiastica e lo sforzo ecumenico per un avvicinamento e una comprensione fra i cristiani separati costituiscono il principale intento anche dei miei viaggi apostolici alle varie chiese locali e ai vari continenti. Lo sono anche nella mia visita pastorale alla chiesa del vostro paese e in questo incontro odierno. Il rinnovamento spirituale della Chiesa e l'unità dei cristiani sono l'incarico esplicito del Concilio Vaticano II, cui sono ugualmente impegnati il Papa, i Vescovi, i sacerdoti e i credenti. Assumersi la responsabilità congiunta di questi compiti è l'imperativo urgente dell'ora. Costituiscono la grande sfida e il compito speciale della nostra responsabilità collegiale quali pastori della Chiesa. Le mie considerazioni di oggi valgono per loro e sono destinate ad essi.

Dalla prima ora del mio pontificato ho inteso l'incarico di supremo pastore specialmente come servizio alla collegialità dei Vescovi, i quali sono uniti al successore di Pietro, e per converso ho compreso la "collegialità effectiva ed affectiva" dei Vescovi come importante aiuto al mio stesso servizio.

Mi preme, in questa visita al vostro paese, esprimere innanzitutto la mia vicinanza a voi, la mia comunione con voi, e rafforzarla con la mia testimonianza. E qui il mio pensiero ritorna al settembre del 1978 allorché qui, nella stessa zona di Fulda, mi fermai con voi per uno scambio fraterno fra episcopati della mia patria, la Polonia, e del vostro paese. Provo gioia a rivedere gli stessi volti, e nello stesso tempo il mio pensiero e la mia preghiera vanno a quelli che il Signore ha chiamato nel frattempo a sé. Infine voglio salutare in modo speciale anche quei confratelli che nel frattempo sono stati accolti, nel vostro paese, nel collegio dei successori degli apostoli.


2. Abbiate coraggio per la comune testimonianza.

"Se chiamiamo già a buon diritto "fratello" l'uomo e in particolar modo ogni cristiano, questa parola", come scrivevo nella mia lettera a tutti i confratelli Vescovi del mondo il Giovedi Santo del 1979, "assume per noi Vescovi e per le nostre reciproche relazioni un significato affatto particolare: si ricollega in certo modo direttamente a quella comunità fraterna che univa gli apostoli intorno a Cristo".

Sono lieto e riconoscente che nella vostra conferenza abbiate già sperimentato in molte occasioni questa unità con i successori di Pietro e questa concordia tra voi. Vorrei rinforzarvi ancora più in questa disposizione. Vi dico quindi: non lasciatevi ingannare dalla opinione spesso udita che una forte misura di concordia all'interno di una conferenza di Vescovi andrebbe a scapito della vivacità è della credibilità della testimonianza vescovile. E' proprio il contrario. Certamente ognuno dovrebbe entrare in una atmosfera fraterna senza paura o riserve, e sicuramente ognuno deve contribuire a edificare con il suo apporto l'unità del corpo, che comprende membra, servizi e doni di molte specie.

La fruttuosità di questi servizi e doni dipende tuttavia dal vostro inserimento nell'unico corpo dell'unico spirito.


3. Siate amorevolmente preoccupati della unità del presbiterio in ogni episcopato.

Le aspettative e le richieste ai sacerdoti sono cresciute in questi ultimi decenni in maniera gravosa. A seguito della diminuzione del numero di sacerdoti, incombe su loro un numero maggiore di compiti. Le richieste che vengono poste ai sacerdoti nello svolgimento della loro guida spirituale vengono aumentate ancora più dai numerosi servizi professionali e onorifici dei laici nella cura delle anime. In una società che dispone di una rete di comunicazione sempre più fitta, diventa necessario per i sacerdoti un dialogo spirituale sempre più complesso. Molti sacerdoti si consumano nel lavoro, ma diventano solitari e perdono l'orientamento. E' tanto più importante che l'unità del presbiterio diventi vissuta e sperimentale. Sostenete tutto ciò che rafforza i sacerdoti nell'incontrarsi fra loro e aiutarsi l'un l'altro a vivere della parola e dello spirito del Signore.

Tre cose mi stanno particolarmente a cuore:

a. I seminari. Devono essere vivai di una vera comunità e amicizia sacerdotale nonché luogo di una decisione chiara e solida per la vita.

b. La teologia deve rendere capaci di una testimonianza di fede e deve condurre ad un approfondimento della fede, in modo che i sacerdoti, comprendano i problemi degli uomini, ma anche le risposte del Vangelo e della Chiesa.

c. I sacerdoti devono ricevere aiuto per rispondere all'alta esigenza della vita celibataria e della dedizione a Cristo e agli uomini, e ad attestarle attraverso la semplicità, la povertà e la disponibilità sacerdotale. Proprio la comunità spirituale può prestare qui preziosi servizi.


4. Prendete seriamente la preghiera del sommo sacerdote Gesù Cristo, che tutti siano uno, come incarico urgente per superare la frattura della cristianità.

Voi vivete nel paese d'origine della riforma. La vostra vita ecclesiastica e quella spirituale sono profondamente marcate dalla scissione della Chiesa, che dura ormai da più di quattro secoli e mezzo. Non dovete rassegnarvi a che i discepoli di Cristo non diano la testimonianza di unità davanti al mondo.

Fedeltà incrollabile alla verità, apertura e ascolto per gli altri, pazienza e semplicità sul cammino, amore e sensibilità sono necessari. Il compromesso non conta; conta solo quella unità che il Signore stesso ha fondato: l'unità nella verità e nell'amore.

Si sente oggi ripetere che il movimento ecumenico delle Chiese ristagna, che dopo la primavera del cammino conciliare sia subentrata un'epoca di raffreddamento. Nonostante molte incresciose difficoltà, non posso essere d'accordo su questo giudizio.

L'unità che viene da Dio ci è donata davanti alla croce. Non dobbiamo desiderare di evitare la croce, passando a rapidi tentativi di armonizzazione in ciò che differisce, con esclusione della questione della verità. Ma non dobbiamo neanche abbandonare, non dobbiamo separarci gli uni dagli altri perché l'avvicinarsi richiede l'amore paziente e sofferto del Crocifisso. Non lasciamoci distogliere dalla via faticosa per restare fermi oppure per scegliere vie apparentemente più brevi, le false strade.

Il cammino ecumenico, lo sforzo per l'unità non devono limitarsi soltanto alle Chiese nate dalla riforma - anche nel vostro paese il dialogo e l'atteggiamento fraterno verso le altre chiese e le altre comunità ecclesiali, per esempio per le Chiese dell'ortodossia, sono della massima importanza. Tuttavia il ricordo della "confessio augustana" pubblicata 450 anni fa è un appello speciale al dialogo con la cristianità che porta l'impronta della riforma, e che ha una così grande parte nella popolazione e nella storia del vostro paese.


5. Raccogliete il Popolo di Dio, opponetevi ad un falso pluralismo, rafforzate la vera comunione.

Ho già parlato dell'alto valore dell'unità fraterna nel collegio dei Vescovi e del presbiterio. Questa unità deve tuttavia essere l'anima della quale vive anche l'unità dell'intero Popolo di Dio in tutte le comunità. Non si tratta affatto di frenare o limitare la legittima pluralità di espressione della spiritualità, della pietà, delle scuole teologiche. Ma tutto questo dev'essere espressione della pienezza e non della povertà della fede.

L'annuncio e anche la vita ecclesiale possono svilupparsi liberamente verso l'esterno nella vostra società, grazie a Dio. Tuttavia la contrapposizione nella quale siete chiamati è esigente. Spesso gli uomini si trovano nella situazione di un grande magazzino in cui tutte le merci possibili sono vantate e offerte al "self-service". così nella concezione di vita di molti uomini si mescolano in voi elementi di tradizione cristiana con concezioni interamente diverse. La libertà esterna, quella di pensare e di dire ciò che si vuole, viene talvolta scambiata con il desiderio interno di convincere; al posto di un chiaro orientamento subentra l'indifferenza nei confronti di molte opinioni e interpretazioni.

Quali sono complessivamente i vostri compiti e le vostre possibilità di fronte alla situazione indicata? Vorrei gridarvi due parole. Innanzitutto: annunziate la parola in tutta chiarezza, indifferenti al plauso o al rifiuto! Non siamo noi, in definitiva, a determinare il successo o l'insuccesso del Vangelo ma lo Spirito di Dio. I credenti e i non credenti hanno il diritto di ascoltare chiaramente il messaggio autentico della Chiesa.

Secondo: annunziate la parola con tutto l'amore del buon pastore che si dà, che cerca, che comprende. Date ascolto ai problemi posti da coloro i quali credono di non trovare più alcuna risposta in Gesù Cristo e nella sua Chiesa.

Credete fermamente che Gesù Cristo si è per così dire unito ad ogni uomo e che ogni uomo può ritrovare in lui se stesso, i suoi valori umani autentici e i suoi problemi (cfr. GS 22; Ioannis Pauli PP. II RH 13).

Vorrei raccomandare particolarmente due gruppi alla vostra cura di pastori: si tratta di quelli che dagli impulsi del Concilio Vaticano II hanno tratto la falsa conclusione che il dialogo in cui è entrata la Chiesa sia incompatibile con il chiaro impegno del magistero e delle norme della stessa Chiesa, con il mandato dell'ufficio gerarchico fondato inequivocabilmente sulla missione di Cristo alla Chiesa. Mostrate che entrambi vanno insieme: fedeltà alla missione imprescindibile e vicinanza all'uomo con le sue esperienze e i suoi problemi.

L'altro gruppo: quelli che - in parte a causa di conseguenze non conformi o troppo avventate tratte dal Concilio Vaticano II - non si sentono più accolti nella Chiesa di oggi o intendono addirittura staccarsene. Qui si tratta di trasmettere a questi uomini con la massima decisione, ma nello stesso tempo con ogni prudenza, che la Chiesa del Vaticano II e quella del Vaticano I e del tridentino e dei primi Concili è una ed una stessa Chiesa.

L'importanza di una retta mediazione della fede non dev'essere sottovalutata. Quanto sono grato di tutto ciò che è stato sperimentato da voi nella cosiddetta catechesi comunitaria: credenti che testimoniano la fede, che la trasmettono ad altri! La situazione della fede indicata sopra provoca certamente in modo speciale i sacerdoti. Sarà veramente annunziato a tutti tra alcuni anni l'intero patrimonio di fede come lo presenta la Chiesa? Incoraggiate a questo, datevene carico. E preoccupatevi per quanto possibile anche che l'insegnamento religioso e la catechesi dischiudano la via della fede e della vita con la Chiesa, che crescono nell'esperienza di ogni giorno spesso tanto diversa.


6. Impegnatevi con tutte le vostre forze affinché i criteri incrollabili e le norme dell'agire cristiano si facciano valere in maniera chiara quanto invitante nella vita dei credenti.

Tra le abitudini di vita di una società secolarizzata e l'esigenza del Vangelo si va creando una profonda frattura. Molti vogliono partecipare alla vita ecclesiale, ma non trovano più alcuna relazione tra il mondo in cui vivono e i principi cristiani. Si crede che la Chiesa aderisca saldamente alle sue norme solo per rigidità, e che questo contrasti con quella misericordia di cui Gesù ci dà l'esempio nel Vangelo. Le dure richieste di Gesù, la sua parola: "Va' e d'ora in poi non peccare più" (Jn 8,11) vengono ignorate. Spesso si ripiega sulla coscienza personale, ma si dimentica che questa coscienza è l'occhio che non possiede da solo la luce, ma soltanto quando riguarda alla sorgente autentica della luce.

Un'altra cosa: di fronte alla meccanizzazione, alla funzionalizzazione e all'organizzazione si risveglia proprio nella generazione più giovane una profonda sfiducia nell'istituzione, nelle norme e nella regolamentazione. Si contrappone la Chiesa con la sua costituzione gerarchica, con la sua liturgia ordinata, con i suoi dogmi e le sue norme, allo spirito di Gesù. Ma lo spirito ha bisogno di basi che lo conservino e lo trasmettano. Cristo stesso è origine di ogni missione e di ogni mandato della Chiesa: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Diletti confratelli, tenete presente nel vostro cuore ogni bisogno e ogni problema degli uomini - e annunziate proprio li fermamente ciò che Gesù esige, senza togliere nulla. E che l'uomo deve starvi a cuore. Soltanto l'uomo che è capace di una decisione totale e definitiva, l'uomo in cui corpo e anima concordano, l'uomo che è pronto ad impegnare tutta la sua forza per la sua salvezza, è invulnerabile contro la segreta decomposizione della sostanza fondamentale umana.

Rivolgete quindi una particolare attenzione alla gioventù, nella quale si osserva un risveglio così promettente, ma anche tanto allontanamento dalla Chiesa! Rivolgetevi con particolare cura e cordialità alle coppie e alle famiglie - il Sinodo dei Vescovi, terminato di recente a Roma, non deve restare pura teoria, ma deve riempirsi di vita. L'allontanamento di una grande parte della popolazione lavoratrice dalla Chiesa, la distanza tra intellettuali e Chiesa, l'esigenza per la donna di essere accettata e sentirsi pienamente realizzata sia dal punto di vista cristiano che da quello umano in condizioni molto cambiate: questi spunti allargano il campo del nostro sforzo comune, affinché gli uomini credano anche domani.

Sono convinto che un nuovo slancio della coscienza morale e della vita cristiana sia legato strettamente, anzi indissolubilmente ad una condizione: il ravvivarsi della confessione personale. Ponete in questo una priorità nella vostra cura pastorale!

7. Rivolgete la vostra particolare attenzione al futuro delle vocazioni spirituali e dei servizi pastorali.

Secondo il parere umano, il numero di quei sacerdoti che sono disponibili per il servizio nella pastorale si ridurrà di un buon terzo entro un decennio. Condivido dal profondo del cuore la preoccupazione che vi viene da questo. Sono convinto con voi che sia bene stimolare con tutte le forze il servizio del diaconato permanente e anche il servizio soprattutto onorario, ma anche professionale dei laici per i compiti della pastorale. Il servizio dei sacerdoti non può tuttavia essere sostituito da altri servizi. La vostra tradizione della cura di anime non può essere confrontata semplicemente con le condizioni dell'Africa o dell'America Latina. Eppure questo mi fa pensare che ho incontrato laggiù un maggior ottimismo in un numero sensibilmente minore di curatori d'anime disponibili che non nell'Europa occidentale. Considero come uno dei compiti più importanti di fare tutto il possibile, con l'impegno totale della preghiera e della testimonianza spirituale, affinché la chiamata di Dio ai giovani perché si mettano a disposizione di un servizio totale del Signore diventi udibile, affinché crescano per questo fine le premesse nella famiglia, nelle comunità, nelle associazioni di giovani. Ma il timore di fronte alla difficile situazione offusca la visione di ciò che il Signore vuole da noi. Il fatto che la sensibilità per i consigli evangelici e per il celibato sacerdotale diminuiscano fortemente significa sia uno stato di emergenza spirituale che la carenza di sacerdoti. Indubbiamente la salvezza delle anime è il massimo precetto. Ma questa salvezza delle anime esige proprio che noi attiviamo le comunità stesse, che incoraggiamo ogni battezzato e confermato a dare testimonianza di fede, che stimoliamo la vitalità spirituale nelle nostre famiglie, nei nostri gruppi, nelle nostre comunità e nei nostri movimenti. Allora il Signore potrà parlare e chiamare - e noi potremo udire.

Ho anche accennato alla grande importanza del presbiterio intorno al Vescovo. Non potrebbe il servizio spirituale essere percepito più efficacemente attraverso incontri più frequenti e più intensi dei sacerdoti tra di loro? Vorrei accennare qui ancora una volta alla grande importanza della comunità spirituale dei sacerdoti, capace di liberare i singoli da pretese effettive e dall'isolamento. Nella misura in cui v'impegnerete con unanimità e chiarezza per la testimonianza comune del presbiterio nel celibato e per una forma di vita fondata sullo spirito dei consigli evangelici, il Signore offrirà i suoi doni.


8. Preoccupatevi per un cuore universale e una visione universale dei vostri credenti.

Permettetemi di riallacciarmi al mio messaggio per il "Katholikentag" di Berlino: aiutate a costruire una "civiltà dell'amore" universale! Vorrei richiamare innanzitutto la vostra attenzione sulla dimensione dell'"universale".

L'essere cristiani e l'essere uomini esigono ora che si sia universali, che si sia "cattolici". Unite all'impegno della vostra disponibilità per soccorsi materiali anche l'impegno delle vostre forze spirituali e religiose per tutti, e siate anche pronti a ricevere e ad apprendere! Vi è tanta umanità inutilizzata, tanta esperienza spirituale, tanta testimonianza di fede costruttiva nelle giovani Chiese, che il nostro occidente, che è diventato stanco, potrebbe ringiovanirsi e rinnovarsi da esse.

Non possiamo certamente sottrarci ad una dolorosa realtà. In molte parti del mondo la Chiesa è perseguitata, molti cristiani, molti uomini sono impediti dal fruire dei loro pieni diritti di libertà. Non considerate come cosa ovvia e acquisita la libertà nella vostra società, ma come un impegno per altri che non hanno questa libertà! Il vostro paese si trova in Europa. Ho potuto collaborare ripetutamente con molti di voi quando ero Arcivescovo di Cracovia per animare l'Europa, per ancorare la sua unità nelle fondazioni spirituali e religiose portanti. Riflettete sul fatto che l'Europa può rinnovarsi e riunirsi soltanto da quelle radici che hanno fatto si che l'Europa esistesse! Pensate infine a questo, proprio nel vostro paese: l'Europa abbraccia non soltanto il nord e il sud ma anche l'ovest e l'est! Un pezzo d'Europa, un pezzo del mondo, diventa sempre più presente nel vostro paese attraverso i molti stranieri che vivono e lavorano tra di voi.

Incombe qui su di voi un compito urgente sia dal punto di vista ecclesiale che da quello sociale. Pensate a colui che è morto per tutti e che ha fatto di tutti noi i suoi fratelli e le sue sorelle.


9. Impegnatevi per i diritti dell'uomo e per le solide fondazioni della convivenza umana nella vostra società.

Voi vivete in una società nella quale è garantito un alto grado di protezione per la libertà e la dignità umana. Siate grati di questo, ma non permettete che in nome della libertà venga propagato un arbitrio che colpisce la inviolabilità della vita di ogni uomo, anche di quello non nato. Mettete dunque avanti la dignità e il diritto del matrimonio e della famiglia! Solo il rispetto di diritti e valori fondamentali inalienabili garantisce quella libertà che non sfocia nell'autodistruzione! Riflettete su questo: per quanto differiscano tra di loro il diritto e la moralità, tanto più urgente è la protezione giuridica delle convenzioni morali.

La Chiesa del vostro paese ha un'abbondanza di istituzioni per l'educazione e l'istruzione, delle Caritas, del servizio sociale. Difendete la possibilità di fornire il vostro contributo cristiano alla costruzione della società. Pensate, d'altra parte, a questo: una testimonianza credibile cresce soltanto dall'adesione interna a Gesù Cristo e non da un semplice accordo esterno con altre forze della società.


10. Contrapponete alle eccessive esigenze e al consumismo l'alternativa di una vita nello spirito di Cristo.

Da una parte il desiderio di possesso e di consumo crescono, cosicché l'avere vale molto più dell'essere (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 1). D'altra parte raggiungiamo il limite della crescita economica e tecnica.

Vogliamo forse costruire una strada verso il declino e la rovina della vita sulla nostra terra invece che verso il progresso? Si chiede l'esempio dei cristiani, i quali nella speranza dei beni futuri non si aggrappano a quelli passeggeri e quindi sviluppano una civiltà dell'amore. Stimolate quindi la disponibilità, così indispensabile per essere cristiani al sacrificio e alla rinuncia, riconosciamo anche il significato dei consigli evangelici per l'intera società! 11. "Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza" (2Tm 1,7).

Cari e diletti fratelli dell'ufficio episcopale! Il vostro incarico è oneroso. Perché gli apostoli, di cui siamo successori, potessero adempirlo, il Signore ha dato loro il suo Santo Spirito. A questo Spirito vogliamo dare spazio in noi e fra di noi. Le sue caratteristiche sono: forza, saggezza, amore. Forza, parlare al Signore stesso e lasciare che operi, senza preoccupazioni di approvazione o di resistenza; forza, la cui misura più interiore è la debolezza della croce. Saggezza, che guarda con fermezza alla verità di Gesù Cristo, ma ascolta parimenti senza pregiudizi i problemi e le preoccupazioni dell'uomo di oggi. Infine, e soprattutto, l'amore, che tutto rischia, tutto sopporta e tutto spera, l'amore, che crea unità, perché cammina con Gesù Cristo verso la croce, unisce cielo e terra e congiunge l'uno con l'altro tutti i separati. Vi prometto di portare fraternamente con voi il vostro carico e imploro da voi l'unità incrollabile, sempre più profonda, in questo spirito. Maria, regina degli apostoli e madre della Chiesa, sia con noi affinché possa prepararsi una nuova Pentecoste.

Data: 1980-11-17 Data estesa: Lunedi 17 Novembre 1980.



GPII 1980 Insegnamenti - L'omelia ai sacerdoti e ai seminaristi - Fulda (Germania)