GPII 1981 Insegnamenti - Ai partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla sordità - Città del Vaticano (Roma)

Ai partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla sordità - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Promuovere integralmente l'uomo abbattendo ogni degradante barriera

Illustri signori e signore, cari fratelli e sorelle! Mentre vivamente ringrazio il Segretario Generale per le sue nobili parole, sono lieto di salutare in voi i partecipanti alla Conferenza Internazionale, organizzata qui a Roma dalla Federazione Mondiale dei Sordi nell'ambito dell'Anno Internazionale dell'Handicappato. Vi do, pertanto, il mio cordiale benvenuto, ed anche vi esprimo il mio ringraziamento per aver desiderato questo incontro, che pure per me è altamente significativo.

Il settore da voi curato rappresenta certamente solo una parte di quelle molteplici forme di minorazione, che affliggono molti dei nostri fratelli, bambini e adulti. Pero si tratta indubbiamente di un settore quanto mai emblematico, tipico della preclusione a quella possibilità di vicendevole comunicazione, che è una delle massime qualifiche della persona umana. Ecco perché il promuovere l'abilitazione o riabilitazione sociale e umana dei sordi è un aspetto particolarmente encomiabile e benemerito dell'interessamento al prossimo, tanto caratteristico di un autentico impegno cristiano. Viene spontaneo ricordare la lode rivolta a Gesù dalle folle di Palestina: "Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti" (Mc 7,37). Anche questo, infatti, è un aspetto dell'umana redenzione, la quale non si ferma soltanto all'anima, ma giunge fino ad attingere il livello corporale della persona, poiché l'uomo è, nella sua totalità, immagine di Dio. In realtà, ognuno ha il diritto nativo alla piena inserzione nel tessuto vivo dei reciproci rapporti sociali, e, se ne viene emarginato, nessuno può realizzare adeguatamente se stesso. Perciò le vostre numerose iniziative, oltre che a sensibilizzare l'opinione pubblica sul grave problema, concorrono soprattutto a ripristinare in concreto quella totale identità personale, che appartiene al primordiale progetto del Creatore e che varie cause di ordine genetico o traumatico hanno purtroppo incrinato.

Certo non spetta a me darvi suggerimenti medici o organizzativi. Ma voglio incoraggiarvi con tutta chiarezza a proseguire con slancio il vostro impegno, che con tanta dedizione e competenza già svolgete.

Questo incontro, poi, acquista un significato ancora maggiore per il fatto che esso avviene in coincidenza col trentesimo anniversario di fondazione della Federazione Mondiale Sordi e della istituzione della Commissione per l'aiuto spirituale ai sordi, la quale svolge pure un importante lavoro di assistenza.

Ebbene, sono lieto di formare l'auspicio che la vostra organizzazione non solo possa festeggiare molti altri anniversari, ma cresca e si sviluppi sempre più, mantenendo intatta la sua nobile ispirazione di promuovere integralmente l'uomo, abbattendo le barriere opposte alla comunicazione verbale, simbolo di tante altre barriere non meno degradanti.

In questo senso, voi avete non solo la mia comprensione, ma tutta la mia stima e la convinta solidarietà. Sia il Signore con la sua grazia a fecondare i vostri degnissimi sforzi e a farli fruttificare in proficui risultati di autentica promozione umana.

Con questi voti, di cuore benedico voi tutti, i vostri cari, i vostri collaboratori e quanti vi danno il sostegno del loro generoso aiuto.

Data: 1981-01-29
Giovedì 29 Gennaio 1981


Ai Penitenzieri delle quattro Basiliche patriarcali di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Sacramento della Riconciliazione costruisce le coscienze cristiane

Signor Cardinale! Reverendissimi Padri Penitenzieri! Sono particolarmente lieto di ricevere unitamente la Sacra Penitenzieria e tutti i Collegi dei Padri Penitenzieri Minori, ordinari e straordinari, delle Basiliche Patriarcali dell'Urbe.

Mentre ringrazio il Signor Cardinale Penitenziere Maggiore per le cortesi espressioni con cui ha interpretato i vostri sentimenti, di gran cuore do a tutti voi il benvenuto in questa che è la casa del Padre comune, ed auspico che questo incontro di fede e di reciproca carità sia per tutti noi, che lo viviamo, una efficace ora di grazia.

E' tanto maggiore la soddisfazione, che mi proviene da questa udienza, perché essa ha luogo mentre nella Chiesa si va leggendo e approfondendo l'enciclica "Dives in Misericordia": sotto diversi aspetti, tra loro complementari, il vostro ufficio è dedicato all'esercizio del ministero della misericordia divina; la Penitenzieria, poi, ha una parte di estrema delicatezza e di non poca importanza nell'aiutare il Papa nel suo ufficio delle chiavi e nella potestà di sciogliere e di legare. Essa abbraccia nell'ambito della sua competenza la Chiesa in tutta la sua cattolicità, senza limiti derivanti dal rito o dal territorio. I Padri Penitenzieri, poi, per la loro origine dai più svariati paesi del mondo, per la molteplicità delle lingue nelle quali si esprimono, e perché di fatto ad essi si rivolgono con fiducia ecclesiastica i fedeli laici di tutto il mondo, quando vengono "videre Petrum" (Ga 1,18), rappresentano in atto il ministero della Riconciliazione, che, per impulso dello Spirito Santo, come nella Pentecoste, si esercita sui "viri religiosi ex omni natione, quae sub caelo est" (Ac 2,5).

Della Sacra Penitenzieria si vale il Papa per venire incontro ai problemi e difficoltà, che i fedeli avvertono e soffrono nell'intimo delle loro coscienze. Tale compito è caratteristico della Sacra Penitenzieria: mentre, infatti, altri Dicasteri della Santa Sede agiscono in temi spirituali, si ma in quanto questi sono oggetto del regime esterno, essa tocca quei temi all'interno del rapporto unico, misterioso, e degno della più grande riverenza, che le singole anime hanno con Dio, loro Creatore, Signore, Redentore e Ultimo Fine. Di qui e perciò l'altissimo e inviolato segreto concernente le pratiche del Tribunale della Sacra Penitenzieria, si tratti di assoluzione da censure riservate alla Santa Sede, di scioglimento di dubbi di coscienza, spesso tormentosi, di equitative e caritatevoli composizioni di obblighi di religione o di giustizia.

E mi piace ricordare come la Sacra Penitenzieria, a parte la grazia di stato con la quale il Signore soccorre chiunque nella Chiesa svolga un compito istituzionale, goda, in questa occulta opera di risanamento e di edificazione delle coscienze, del credito di più che sei secoli di una raffinata esperienza ed altresì di apporti dottrinali, che le sono provenuti e le provengono da esperti teologi e canonisti.

In stretta connessione con questo ufficio, è l'altro affidato alla Sacra Penitenzieria, di "moderari" cioè la concessione e l'uso delle Sacre Indulgenze in tutta la Chiesa. A questo proposito voglio ricordare che l'amore, soprannaturalmente inteso, per le Indulgenze, connesse come sono queste con la certezza del peccato e del Sacramento della riconciliazione, con la fede nell'al di là, specialmente nel Purgatorio, con la reversibilità dei meriti del Corpo Mistico, cioè con la comunione dei santi, e una comprensiva tessera di autentica cattolicità. Mi è caro dire al Cardinale Penitenziere Maggiore, ai Prelati e agli Officiali della Sacra Penitenzieria, che ho fiducia nella loro opera e che sono ad essi grato per l'ausilio che mi prestano nel mio apostolico ministero; ed amo ripetere a loro riguardo l'incoraggiamento, che altre volte ho rivolto a tutta la Curia Romana: dietro e al di sopra delle carte, continuino a vedere le anime, il mistero di singole anime, per la cui salvezza il Signore vuole la mediazione di altre anime e della Chiesa tutta nella sua compagine gerarchica.

I Padri Penitenzieri delle Basiliche Patriarcali - come è noto, i Francescani Conventuali in San Pietro. i Frati Minori in san Giovanni in Laterano.

i Domenicani in Santa Maria Maggiore. i Benedettini in san Paolo. quali Penitenzieri Ordinari. ed inoltre. quali Penitenzieri straordinari membri di altre benemerite famiglie religiose, in san Pietro, e quelli delle rispettive famiglie degli ordinari nelle altre tre Basiliche - portano il "pondus diei et aestum" (cfr. Mt 20,12) di ascoltare per lunghe ore, ogni giorno, e specialmente nei giorni festivi, le confessioni sacramentali.

La Santa Sede, con la stessa costituzione dei Collegi dei Penitenzieri e con le particolari norme mediante le quali, a costo di esentarli da pratiche consuetudinarie o "ex lege" delle rispettive famiglie religiose, li consacra a dedicare la totalità del loro ministero alle confessioni, intende dimostrare nei fatti la singolarissima venerazione con la quale riguarda l'uso del Sacramento della penitenza e, in specie, la forma, che deve essere normale di esso, quella cioè della confessione auricolare. E ricordo ancora la gioia e l'emozione che ho provate, nello scorso Venerdi Santo, nel discendere nella Basilica di san Pietro per condividere con voi l'alto e umile e preziosissimo ministero che esercitate nella Chiesa.

Desidero dire ai Padri Penitenzieri ed altresì a tutti i sacerdoti del mondo: dedicatevi, a costo di qualsiasi sacrificio, alla amministrazione del Sacramento della riconciliazione, e abbiate la certezza che esso, più e meglio di qualsiasi accorgimento umano, di qualsiasi tecnica psicologica, di qualsiasi espediente didattico e sociologico, costruisce le coscienze cristiane; nel Sacramento della penitenza infatti è all'opera Dio "Dives in misericordia" (cfr. Ep 2,4). E tenete presente che vige ancora, e vigerà per sempre nella Chiesa l'insegnamento del Concilio Tridentino circa la necessità della confessione integra dei peccati mortali (Concilio Tridentino "Sess". XIV, Cap. 5 e can. 7: DS 1679-1683 DS 1707); vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma inculcata da san. Paolo e dallo stesso Concilio di Trento, per cui alla degna recezione dell'Eucaristia si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale (Concilio Tridentino "Sess". XIII, Cap. 7, e can. 11: DS 1647-1661).

Nel rinnovare questo insegnamento e queste raccomandazioni, non si vuole ignorare certo che la Chiesa di recente (cfr. AAS 64 (1972) 510-514), per gravi ragioni pastorali e sotto precise e indispensabili norme, per facilitare il bene supremo della grazia a tante anime, ha esteso l'uso dell'assoluzione collettiva.

Ma voglio richiamare la scrupolosa osservanza delle condizioni citate, ribadire che, in caso di peccato mortale. anche dopo l'assoluzione collettiva, sussiste l'obbligo di una specifica accusa sacramentale del peccato. e confermare che, in qualsiasi caso, i fedeli hanno diritto alla propria confessione privata.

A questo proposito desidero mettere in luce che non a torto la società moderna è gelosa dei diritti imprescrittibili della persona: come mai - allora - proprio in quella più misteriosa e sacra sfera della personalità, nella quale si vive il rapporto con Dio, si vorrebbe negare alla persona umana, alla singola persona di ogni fedele, il diritto di un colloquio personale, unico, con Dio, mediante il ministro consacrato? Perché si vorrebbe privare il singolo fedele, che vale "qua talis" di fronte a Dio, della gioia intima e personalissima di questo singolare frutto della Grazia? Vorrei poi aggiungere che il Sacramento della penitenza, per quanto comporta di salutare esercizio dell'umiltà e della sincerità, per la fede che professa "in actu exercito" nella mediazione della Chiesa, per la speranza che include, per l'attenta analisi della coscienza che esige, è non solo strumento diretto a distruggere il peccato - momento negativo -, ma prezioso esercizio della virtù, espiazione esso stesso, scuola insostituibile di spiritualità, lavorio altamente positivo di rigenerazione nelle anime del "vir perfectus", "in mensuram aetatis plenitudinis Christi" (cfr. Ep 4,13). In tal senso, la confessione bene istituita è già di per se stessa una forma altissima di direzione spirituale.

Appunto per tali ragioni l'ambito di utilizzazione del Sacramento della riconciliazione non può ridursi alla sola ipotesi del peccato grave: a parte le considerazioni di ordine dogmatico che si potrebbero fare a questo riguardo, ricordiamo che la confessione periodicamente rinnovata, cosiddetta "di devozione", ha accompagnato sempre nella Chiesa l'ascesa alla santità.

Mi piace concludere ricordando a me stesso, a voi, Padri Penitenzieri, e a tutti i sacerdoti, che l'apostolato della confessione ha già in se stesso il suo premio: la consapevolezza di aver restituito ad una anima la grazia divina non può non riempire un sacerdote di una gioia ineffabile. E non può non animarlo alla più umile speranza che il Signore, al termine della sua giornata terrena, gli aprirà le vie della vita: "Qui ad iustitiam erudierint multos, quasi stellae in perpetuas aeternitates" (Da 12,13).

Mentre invoco sulle vostre persone e sul vostro delicato e meritorio ministero l'abbondanza delle grazie divine, vi imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica, segno della mia costante benevolenza.(Omissis l'indirizzo pronunciato dal Cardinale Paupini)

Data: 1981-01-30
Venerdi 30 Gennaio 1981


Alla Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il volontariato è segno della carità evangelica



1. E' con sentimenti di viva gioia che mi rivolgo a voi, giovani, uomini e donne, responsabili e membri della Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario.

In una società della quale così spesso sono messe in rilievo le ombre e le manifestazioni deteriori, voi mi offrite la testimonianza del permanere di vivaci e genuine energie spirituali. Ho rilevato con piacere il numero elevato di organismi che confluiscono alla vostra Federazione: secondo l'ultima documentazione che ho avuta, essi sono 34, ciascuno con la sua particolare fisionomia, le sue caratteristiche ed il proprio campo di azione. Alcuni di essi hanno attuato un'esperienza pionieristica nel settore del servizio volontario; altri si sono poi formati nel clima ecclesiale suscitato dal Concilio Vaticano II.

Come meravigliarsi che nelle comunità cristiane, quando sono giovanilmente vive e pulsanti, germoglino, come su di un terreno privilegiato di coltura, gruppi di volontari, desiderosi di mettersi al servizio della fraternità universale per la costruzione di un mondo più giusto e più umano, secondo il provvido disegno di Dio? Il volontariato infatti è come il segno e l'espressione della carità evangelica, che è dono gratuito e disinteressato di se stesso al prossimo, particolarmente ai più poveri e più bisognosi. In una società dominata dalla brama dell'avere e del possedere per consumare, voi avete compiuto una scelta tipicamente cristiana: quella del primato del donare. E' nel mistero della libera e totale donazione di Cristo al Padre e ai fratelli che il vostro volontariato ha la sua fonte e trova il suo più alto e convincente modello.

"Cristo ha dato la sua vita per noi" - scrive l'apostolo san Giovanni, che da tale constatazione trae la conseguenza: "anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli" (Jn 3,16). Divenuti discepoli e imitatori di Cristo, voi vi mettete al servizio dei fratelli non solo per realizzare la giustizia sociale, ma spinti in primo luogo da "quella forza più profonda che è l'amore" (Giovanni Paolo II DM 12).

Dev'essere precisamente questa dimensione di fede e di carità a qualificare la vostra opzione e a conferire un'impronta tutta speciale al vostro progetto di vita e al vostro stile d'azione di volontari cristiani. Vorrei invitarvi ad approfondire e ad interiorizzare nella meditazione, nella preghiera, nella celebrazione eucaristica, in una continua conversione ai valori evangelici, questa motivazione fondamentale, che dev'essere e rimanere alla base delle vostre scelte. Da essa potete attingere sempre nuova ispirazione e nuove energie creative. In tal modo la vostra opzione di vita non nascerà da un vuoto esistenziale per andare verso una evasione, ma scaturirà da una pienezza spirituale, per orientarsi verso la costruzione del Regno di Dio.


2. Animati da questo ideale, circa 500 membri di organismi della vostra Federazione hanno lasciato la loro comunità di origine, la famiglia, la patria, gli amici, una situazione confortevole, e sono partiti, come inviati di una chiesa locale, per condividere l'esistenza, i problemi, le angosce e le aspirazioni dei fratelli dell'Asia, dell'Africa, dell'America Latina. Si sono messi al servizio di uomini, donne e bambini poveri, affamati, sofferenti nel corpo e nello spirito, privi di accesso all'istruzione, umiliati talora nella loro stessa dignità umana.

Il loro ideale è anche il vostro ideale. Voi non intendete esportare ideologie, o imporre modelli culturali. Voi guardate con simpatia e amore l'uomo nella sua concretezza e nella vera e totale realtà del suo essere e del suo destino. La vostra missione è di favorire una presa di coscienza della dignità umana e cristiana integrale, che promuova un processo di maturazione della comunità nella quale vi inserite.

Questo sviluppo il cristiano non lo riduce alla sola dimensione economica, sociale, culturale e politica, per importante ch'essa sia. Se infatti l'attività rimanesse limitata a questo solo piano, essa sarebbe insufficiente e rischierebbe di risultare ambigua. Nell'orizzonte della fede, che vi ha fatto scoprire in Cristo che cos'è l'essere umano e quali sono le sue esigenze ed il suo fine supremo, voi esplicate la vostra missione a servizio dell'uomo nella sua totalità di essere materiale e insieme di soggetto trascendente, creatura di Dio, redento da Cristo, chiamato alla comunione di vita con Dio e alla fraternità universale, sul fondamento della giustizia e dell'amore.


3. Mettere in luce il contenuto ed il fine della vostra missione significa esporne i titoli di nobiltà, di bellezza e di magnanimità. Ma proprio perché il servizio volontario cristiano internazionale è una missione elevata, esso è anche, non lo si può nascondere, difficile, esigente, esposto a rischi.

Chi lo affronta deve essere, perciò, munito di una specifica competenza professionale e tecnica, e deve soprattutto poter contare su di una personalità matura. Non ci si può improvvisare "volontari" solo sulle ali dell'entusiasmo, senza le necessarie e comprovate qualità di carattere. Tale servizio, infatti, esige spirito di povertà, capacità di prestare la propria opera senza ostentazione, ma con discreta e cordiale amicizia. Esso postula ancora allenamento al sacrificio, atteggiamento di ascolto, sensibilità ai valori culturali e spirituali dell'ambiente, prudenza nei giudizi, discernimento nelle scelte, testimonianza di vita autenticamente cristiana. Solo a queste condizioni sarà possibile aiutare i fratelli e le comunità a "crescere", fino a divenire i protagonisti della loro storia.

Da tutto ciò appare quanto sia necessario un adeguato tempo di formazione e quanto accurata questa debba essere.

Appare anche l'esigenza di operare delle scelte intelligenti e prudenti, quando si tratta di inviare dei volontari in missione, tenendo conto non soltanto dei desideri, ma anche della specifica preparazione, delle qualità e del temperamento delle persone, come pure delle caratteristiche del luogo e del posto di servizio.

Il campo che si apre dinanzi alla vostra intraprendenza e vastissimo.

Nell'esortarvi a perseverare generosamente negli impegni assunti, affido ciascuno di voi e tutti gli organismi della Federazione a Maria, Madre della Chiesa. Che la Vergine Santissima vi accompagni con la sua materna intercessione ed il suo esempio sul cammino del vostro servizio volontario e lo renda gioioso per voi, fruttuoso per la Chiesa, esemplare per il Mondo. Su tutti invoco copiosi favori celesti, in pegno dei quali imparto a voi ed a quanti militano nelle vostre organizzazioni la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1981-01-31
Sabato 31 Gennaio 1981


Alla Pontificia Università Salesiana - Roma

Titolo: Conoscere Dio nell'uomo e conoscere l'uomo in Dio

Venerati fratelli e carissimi figli!

1. La gioia che avete voluto manifestare nell'accogliermi, aprendo la vostra casa e i vostri cuori, è da me ricambiata con altrettanta letizia, resa più limpida e viva dalla ricorrenza odierna della festa del vostro ispiratore e padre, san Giovanni Bosco, che potremmo chiamare anche fondatore della Pontificia Università Salesiana. Da lui, infatti, insigne modello di santità e di sapienza cristiana, il vostro Istituto prende singolare impulso e spirituale alimento, per la propria missione nel campo degli studi e per la sua pratica organizzazione.

Il complesso di iniziative e di imprese apostoliche, germogliate dal peculiare carisma del santo, e chiamate "Opere di Don Bosco", sono un dono dello Spirito alla Chiesa. Esse, dunque, per essere davvero fedeli a se stesse, devono vivere ed operare con profonda coscienza ecclesiale, nell'intento d'incontrare con la Chiesa, l'uomo di oggi, e specialmente la gioventù di oggi, facendosi per loro via a Cristo e al Padre.


2. Animato da questa visione e sospinto da identico amore per la Chiesa, rivolgo oggi il mio affettuoso saluto a tutti voi. Desidero salutare, innanzi tutto, il Cardinale William Baum, Prefetto della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, e il suo immediato Collaboratore, Mons. Antonio Javierre, che è stato per vari anni Rettore di questa Università. Con pari intensità di sentimento saluto poi il Reverendissimo Rettore Maggiore della Società Salesiana, il Rettore Magnifico dell'Università, l'intero Corpo Accademico, gli studenti e le studentesse.

A tutti dico: abbiate coscienza viva del compito ecclesiale primario della vostra Università.

Lo dico in particolare ai salesiani che vi operano ed a quelli che vi compiono i loro studi, come pure a tutti gli altri studenti e collaboratori: ecclesiastici, religiosi, religiose, laici e laiche. In tal senso, desidero attirare l'attenzione anche di quella porzione di studenti che, pur non appartenendo alla Chiesa Cattolica, trovano qui, nel nome di essa e in forza di essa, un'accoglienza calorosa, una sincera e leale amicizia, uno spazio autentico ed uno strumento valido per il loro studio e per la loro preparazione alla vita.


3. Il Rettore, nel suo nobile indirizzo, ha detto che il vostro Istituto di alti studi è "una piccola Università, l'ultima arrivata" nel coro delle Università Ecclesiastiche Romane.

Circa la vostra Università, infatti, è più giusto parlare di cronaca, anziché di storia, tanto è giovane la sua esistenza. "Le case di formazione", fondate da Don Bosco, diventarono col tempo centri internazionali. Nel 1940, tre di essi ottennero lo statuto di Facoltà ecclesiastiche, rispettivamente di Teologia, Diritto Canonico e Filosofia, organicamente inserite nel Pontificio Ateneo Salesiano. L'Istituto di Pedagogia, vivente fin dall'inizio, arrivo anch'esso a maturità giuridica nel 1961, come Facoltà di Scienze dell'Educazione.

Nel 1971, il "Pontificium Institutum Altioris Latinitatis" fu inserito nell'Ateneo come "Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche". Finalmente, il 24 maggio 1973, col Motu Proprio "Magisterium Vitae", il Papa Paolo VI promosse l'Ateneo a Pontificia Università Salesiana. Essa, perciò, è giovanissima e, come i giovani, è aperta alla vita e proiettata nel futuro.

Ogni seme, infatti, è sempre piccolo, ma ricco di promesse. Ciò che importa è che esso sia vitale, e si sviluppi in una pianta dai frutti buoni ed abbondanti. Sia vostro impegno far si che divengano solide realtà le molte speranze che sono affidate alla vostra Istituzione.

La mia odierna visita vuole essere espressione dell'affetto, dell'apprezzamento e della sollecitudine che nutro verso la vostra Università. Il Papa è molto interessato al buon successo di questo centro di studi nella Chiesa e per la Chiesa.

Nella recente Costituzione Apostolica "Sapientia Christiana" è inserita una disposizione che stabilisce l'obbligo per le Conferenze Episcopali di "interessarsi alacremente della vita e del progresso delle Università e Facoltà Ecclesiastiche, a motivo della loro particolare importanza ecclesiale" (Giovanni Paolo II, "Sapientia Christiana", 4). Il Papa avverte come suo assillante e dolce dovere visitare gli Atenei Romani. Dopo l'incontro con le Pontificie Università Gregoriana, "Angelicum", Lateranense, Urbaniana, eccomi ora all'Università Salesiana per portare il mio contributo al vostro sviluppo, promuovendo la realizzazione delle direttive e degli orientamenti della normativa ecclesiastica, ed in particolare della menzionata Costituzione "Sapientia Christiana".

Vi invito quindi a meditarne, in particolare, il proemio, che delinea lo spirito informatore e basilare del Documento: l'appello cioè a formulare incessantemente una sintesi vitale delle scienze e delle prassi umane con i valori religiosi, sicché tutta la cultura ne resti permeata e unificata.


4. Vorrei osservare che la vostra Università si trova in una condizione particolarmente privilegiata di fronte a tale compito. Infatti, la caratteristica propria di essa, è quella che fruisce del carisma di san Giovanni Bosco, e cioè la promozione dell'uomo integrale, vale a dire la formazione intellettuale, morale e sociale della gioventù, operata alla luce del Vangelo. Il vostro santo fondatore non ebbe timore di definire l'essenza della sua opera con queste precise parole: "Questa Società era fin dall'inizio un semplice catechismo" (Giovanni Bosco "Memorie biografiche" 9, 61), ribadendo tale programma nel regolamento per l'oratorio.

In conseguente armonia con questa visione, le Costituzioni dei salesiani stabiliscono: "L'attività evangelizzatrice e catechistica è la dimensione fondamentale della nostra missione. Come salesiani siamo tutti ed in ogni occasione educatori della fede" ("Costituzioni" art. 20). Don Pietro Ricaldone, poi, venerato successore di Don Bosco, nel chiedere l'erezione delle Facoltà dell'Ateneo Salesiano, ne delineo chiaramente le finalità con queste parole: "Preparare sempre meglio i soci salesiani all'alta missione di educatori secondo il sistema preventivo lasciatoci in eredità preziosa dal nostro Fondatore".

Sempre nel quadro di tale impostazione, gli ultimi due Capitoli Generali dei salesiani hanno emanato questa dichiarazione solenne e programmatica: "I Salesiani, consacrati al servizio dei giovani, specialmente i più poveri, per essere tra loro presenza efficace dell'amore di Dio, considerano la catechesi giovanile come la prima attività dell'apostolato salesiano; essa chiede perciò ripensamento e riorganizzazione di tutte le opere in funzione prevalente della formazione dell'uomo alla fede".

E' chiaro che la Pontificia Università Salesiana, senza detrimento per il suo carattere di Istituto di Studi Superiori, è chiamata a potenziare la sua funzione evangelizzatrice, in chiave specificamente "catechetica".

Vivete dunque una tale vocazione tipicamente salesiana a favore dell'uomo odierno ed in particolare della gioventù. Essa potrebbe sintetizzarsi in una frase programmatica, che pur privilegiando - come è naturale in una struttura universitaria - la sfera della conoscenza, sia pero comprensiva dell'intero progetto della vostra Università: "Conoscere Dio nell'uomo e conoscere l'uomo in Dio". Ciò, più in concreto, comporta di "conoscere Cristo nell'uomo e conoscere l'uomo in Cristo".


5. E' quindi ovvio che il vostro lavoro deve svolgersi con un orientamento sostanzialmente teocentrico e cristocentrico, per divenire poi lavoro autenticamente antropocentrico. Non si tratta di chiudersi nella cittadella dello studio lasciando che il mondo percorra le sue strade, ma piuttosto di salire, come vigili sentinelle, sulla torre della fede, avvalendosi di tutti gli ausili della scienza, per indagare, ad una luce superiore e veramente divina, sul presente cammino e sulla sorte dell'uomo, per intervenire tempestivamente ed efficacemente in suo soccorso, sospingendo, per quanto possibile, tutti ad un incontro determinante con la Verità che illumina e che salva l'uomo e la sua storia.

Come ho sopra accennato, la promozione dell'uomo integrale rientra nella missione specifica della Pontificia Università Salesiana. In seno ad essa vi è la Facoltà di Scienze dell'Educazione, la quale caratterizza notevolmente l'intero Ateneo; Facoltà che si potrebbe definire come espressione del carisma proprio dei figli e delle figlie di Don Bosco, avendo essa il compito di approfondire quelle scienze che hanno come oggetto l'uomo. A nessuno sfugge che oggi si sono sviluppati umanesimi chiusi in visioni puramente economiche, biologiche e psicologiche dell'uomo con la conseguente insufficienza di penetrare nel mistero ultimo dell'uomo stesso. Sollecitare una tale penetrazione si inserisce nella missione specifica di questa benemerita Università.


6. Avviandomi alla conclusione delle mie parole, desidero in particolare esortarvi ad avere vivo e profondo il senso della responsabilità ecclesiale, quale nota essenziale del vostro compito. Tale senso di responsabilità rappresenta la nota distintiva di un Ateneo cattolico, chiamato a formare gli studenti, sacerdoti e laici, affinché essi siano qualificati maestri dell'insegnamento di Cristo, secondo il mandato: "Andate ed ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole..., ed insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). In pratica, un atteggiamento responsabile di fronte alla Chiesa comporta lealtà verso la Sede Apostolica, verso la Sacra Gerarchia, verso il Popolo di Dio, e per voi soprattutto, verso i giovani che anelano alla conoscenza certa della Verità. Essi hanno il diritto di non essere turbati da ipotesi o da prese di posizione avventurose, che non hanno ancora la capacita di giudicare (cfr. Paolo VI, "AAS" 69 (1977) 589). Vedete quale immenso campo di riflessione, di donazione e di applicazione si apre davanti a tutti ed a ciascuno! La strada ordinaria della salvezza, infatti, è costituita dalla conoscenza del messaggio di Cristo, trasmesso integro ed operante dalla Chiesa, ed insieme dalla sua concreta realizzazione mediante l'osservanza della legge morale naturale e rivelata. Il vostro studio universitario deve approfondire le varie scienze, e particolarmente la conoscenza dell'uomo nella sua storia e nella sua psicologia; deve interpretare in modo aggiornato e sensibile le esigenze ed i problemi della società moderna, ma avendo in mente al di sopra di tutto che la Verità viene dall'alto, e che la scienza autentica deve essere costantemente accompagnata dall'umiltà della ragione, dal senso dell'adorazione e della preghiera, dall'ascetica della propria personale santificazione.

Da un tale organico e lineare atteggiamento, deriva la necessità per un Istituto ecclesiastico di studi superiori di riferirsi alla conoscenza del dato rivelato come a quadro d'insieme, organizzatore e critico ad un tempo. Solo all'interno di esso si dovrà condurre l'attività di ricerca e di docenza in modo che il necessario dialogo tra le varie discipline e le varie strutture universitarie giovi ad illuminare correttamente i contenuti della fede con gli apporti delle scienze umanistiche e delle scienze dell'uomo, dando contemporaneamente a queste la possibilità di esercitare una attenzione costante, approfondita e non casuale agli interrogativi ed agli apporti delle scienze teologiche. A questo proposito, il Concilio Vaticano II afferma: "Coloro che si applicano alle scienze teologiche nei Seminari e nelle Università, si studino di collaborare con gli uomini che eccellono nelle altre scienze, mettendo in comune le loro forze e il loro punti di vista. La ricerca teologica, mentre persegue la conoscenza profonda della verità rivelata non trascuri il contatto con il proprio tempo per poter aiutare gli uomini competenti nelle varie branche del sapere a una più piena conoscenza della fede" (GS 62).

Alla luce dell'ideale di Verità e di Amore, che animo Don Bosco, si potrà continuare il dialogo col mondo moderno, il dialogo con ogni persona, un dialogo costruttivo, elevante e trasformante, che testimoni la certezza della fede e che sia ansioso di portar tutti al Cristo "Redentore dell'uomo".


7. Lascio, carissimi figli e figlie, alla vostra riflessione questi pensieri. Li affido prima di tutto alle autorità accademiche ed al corpo docente, ma li affido anche a tutti voi, studenti e studentesse, perché nella comunità universitaria soltanto il concorso di tutte le componenti ad un medesimo fine e con l'identico spirito può realmente costruire qualcosa di valido e di stabile.

Vi illumini il Padre delle misericordie per mezzo del Cristo, Figlio del suo amore, vi sostenga lo Spirito di carità, e vi sia di conforto la intercessione della Vergine Ausiliatrice e del suo fedele servitore, san Giovanni Bosco.

Vi accompagni la mia cordiale benedizione.

Data: 1981-01-31
Sabato 31 Gennaio 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Ai partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla sordità - Città del Vaticano (Roma)