GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Preghiamo Maria bambina per il mondo e per la Chiesa

Carissimi fratelli e sorelle! Desidero rivolgere un cordiale ed affettuoso saluto a tutti voi, che siete oggi qui, per recitare con me la preghiera mariana dell'"Angelus". Ma intendo, altresì, esprimervi un sincero ringraziamento per la vostra presenza.

Tale saluto e tale sentimento di gratitudine voglio allargarli anche a tutti coloro, i quali, in questo momento, stanno ascoltando la mia parola attraverso gli strumenti della comunicazione sociale.

E mentre ci accingiamo ad innalzare la nostra preghiera alla Immacolata Madre di Dio, non possiamo non ricordare che ieri, 8 settembre, la Chiesa ha celebrato nella liturgia la Festività della Natività della Beata Vergine Maria, "speranza e aurora di salvezza al mondo intero" ("Missale Romanum", die 8 Sept., Post com.).

Una festa mariana questa profondamente radicata nella devozione e nel cuore dei fedeli, i quali guardano a Maria santissima con ardente fiducia e con commossa speranza, consapevoli come, nel progetto di Dio, tale nascita dava concreto inizio a quegli eventi salvifici, in cui Maria doveva essere strettamente associata al Figlio.

Dobbiamo pertanto esser pieni di esultanza, ricordando la Madre del nostro Redentore; infatti - afferma san Pier Damiani - "se Salomone insieme a tutto il popolo d'Israele per la dedicazione del tempio materiale celebro solennemente un sacrificio tanto copioso e magnifico, quale e quanta gioia non recherà al popolo cristiano la natività della Vergine Maria, nel cui grembo, come in tempio santissimo, discese Dio in persona per ricevere da lei la natura umana e si degno di abitare visibilmente tra gli uomini?" ("Sermo" 45: PL 144, 740s).

A Maria "Bambina" affidiamo oggi la nostra umile preghiera per il mondo e per la Chiesa.

(Omissis. Seguono saluti in varie lingue) (Al termine il Santo Padre si è così rivolto ai pellegrini polacchi:) Carissimi, desidero oggi rivolgermi ai giovani, direi non agli studenti universitari perché la gioventù accademica è ancora in ferie, ai giovani invece delle scuole di primo e secondo grado, delle elementari e medie inferiori e superiori, che hanno già cominciato l'anno scolastico. Quindi, innanzitutto desidero ringraziare tutti questi miei giovani connazionali per il ricordo che di me hanno avuto durante le vacanze, soprattutto durante la mia permanenza nel policlinico "Gemelli", per il loro ricordo nella preghiera, ed anche in numerose lettere. Desidero ringraziare in modo particolare i giovani delle "Oasi", che mi hanno scritto molte volte dalle loro "oasi". E nello stesso tempo a tutta questa gioventù, che inizia, come ho già detto, l'anno scolastico, voglio augurare che quest'anno sia utile per costruire la propria saggezza e la propria maturità; ed anche che sia utile per costruire il bene comune di tutta la nostra Patria. Questi auguri porgo a tutta la gioventù studentesca come pure a tutti i loro educatori.

Che Dio vi benedica in questo nuovo anno!

Data: 1981-09-09
Mercoledì 9 Settembre 1981




Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Santo Padre annuncia l'enciclica sul lavoro umano

Cari fratelli e sorelle!

1. Il 15 maggio di quest'anno si sono compiuti i novanta anni dalla data della pubblicazione della grande enciclica sociale, che inizia con le parole ""Rerum Novarum"". Essa è stata emanata infatti nel giorno 15 maggio 1891 dal Papa Leone XIII, rimasto nella memoria della Chiesa come il Papa della questione sociale. Di questo importante avvenimento avrei dovuto parlare durante l'udienza generale del 13 maggio, ma l'evento che ebbe luogo prima dell'inizio dell'udienza mi impedi di prendere la parola su questo problema. Il testo fu tuttavia ugualmente pubblicato su "L'Osservatore Romano", così che i presenti all'udienza del 13 maggio, come anche gli altri, ebbero l'opportunità di prenderne conoscenza.


2. Oggi desidero ritornare su questo importante tema. La prima enciclica dedicata alla questione sociale ha sempre una propria eloquenza fondamentale, anche se essa deve essere continuamente riletta nel contesto sempre nuovo dei tempi e delle circostanze. Noi troviamo quest'attualizzazione della questione sociale nelle encicliche e nei documenti, che segnano la storia dei successivi pontificati, come per esempio nell'enciclica "Quadragesimo Anno" di Pio XI, nella "Mater et Magistra" di Giovanni XXIII, nella "Populorum Progressio" di Paolo VI.


3. Fra i molteplici problemi che formano il contenuto della "Rerum Novarum" (ed anche delle successive encicliche e documenti dell'insegnamento della Chiesa nell'ambito della "questione sociale"), argomento particolarmente importante e fondamentale è il lavoro umano. Possiamo affermare che questo è un problema perenne. Lo incontriamo già sulle prime pagine della Sacra Scrittura, quando il Creatore affido all'uomo, creato a sua immagine, la terra e gli ordino di "soggiogarla" (cfr. Gn 1,28). La verità sul lavoro, contenuta in queste parole, trovo una particolare riconferma quando il Figlio di Dio, diventato uomo, scelse, nel corso di 30 anni di vita nascosta nella casa nazaretana di Maria e di Giuseppe, il lavoro manuale, così da essere chiamato il "figlio del carpentiere" (Mt 13,55).


4. Perciò dal vivo esempio di Gesù Cristo, dal suo insegnamento, come anche dall'insegnamento dei suoi apostoli prende inizio la dottrina cristiana sul lavoro umano: su ogni lavoro, sia manuale che intellettuale. Secondo questa dottrina appunto, il lavoro viene inteso come "una vera vocazione di trasformazione del mondo in uno spirito di servizio e di amore ai fratelli affinché la persona umana realizzi se stessa e contribuisca alla crescente umanizzazione del mondo e delle sue strutture" (Giovanni Paolo II, "Discorso allo stadio "Jalisco", Guadalajara", 1 Febbraio 1979).

5. Il cristianesimo cerca di far permeare, in certo senso, il lavoro da una vita nuova mediante l'alleanza misteriosa tra l'agire umano e quello provvidenziale di Dio che si realizza nel perfezionamento della natura attraverso l'attività lavorativa. Lo rende mezzo di santificazione e di preghiera, di partecipazione all'opera creatrice e redentrice del Verbo nella sofferenza-gioia del lavoro, realizzando in tale modo "la mistica pasquale del lavoro" (Giovanni Paolo II, ).

Il lavoro diventa così - insieme alla preghiera - la via della santificazione dell'uomo; il che è stato espresso dal grande patrono dell'Europa san Benedetto nel suo motto ben noto "Ora et labora".

Al lavoro umano ed alla persona dei lavoratori è dedicata l'enciclica che avevo preparato prima del 13 maggio, ma che ho potuto rivedere soltanto in queste ultime settimane. Essa sarà pubblicata martedi prossimo.

L'"Angelus" è la preghiera che, secondo la tradizione cristiana, si recita durante il lavoro, interrompendolo per un momento, per rinnovare così la coscienza del mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio. Recitiamo oggi questa preghiera secondo le intenzioni di tutti gli uomini che lavorano. Preghiamo per il consolidamento della vera dignità ed anche della fruttuosità di ciascun lavoro.

(Omissis. Seguono saluti in varie lingue) (Al termine della recita dell'"Angelus", rivolgendosi ai pellegrini polacchi, il Santo Padre ha detto:) Abbiamo tutti nella memoria la grande figura del Cardinale Stefano Wyszynski di venerata memoria, Primate di Polonia, che il Signore ha chiamato a sé qualche mese or sono. Oggi si svolge a Gniezno l'ingresso del suo successore, e domenica prossima avverrà l'ingresso a Varsavia.

Al successore del grande Primate di Polonia, che ha preso sulle sue spalle questa grande eredità ed insieme grande responsabilità, desidero augurare "Szczesc Bozze". Lo stesso auguro anche a tutta la nostra Conferenza Episcopale, che in questi giorni si riunisce a Gniezno.

La Chiesa in Polonia, i pastori di essa e soprattutto i Vescovi, hanno sempre servito la nazione, specialmente nei momenti difficili e di svolta.

Preghiamo ardentemente affinché questo servizio vescovile di tutta la Conferenza e del nuovo Primate si rivelino anche nei nostri cuori, nei nostri tempi, che sono allo stesso tempo difficili e pieni di speranza.

Data: 1981-09-13
Domenica 13 Settembre 1981



Recita dell'"Angelus" - La Croce esalta la persona perché è segno dell'amore infinito


Sia lodato Gesù Cristo! Voglio salutare tutti i presenti, riuniti per la preghiera dell'Angelus Domini: lo faccio con un particolare riferimento alle festività del 14 settembre, esaltazione della Santa Croce, e del 15 settembre, Beata Maria Vergine Addolorata.

Queste due feste liturgiche - più propriamente, festa è quella della esaltazione della Santa Croce, essendo la ricorrenza della Beata Maria Vergine Addolorata soltanto una memoria - queste due feste ci hanno ricordato il mistero della Redenzione e ci hanno fatto pensare alla Croce che esalta la persona umana perché è un segno dell'amore infinito che in questa Croce si è manifestato. E la Vergine Addolorata, che si trova così vicina alla Croce del suo Figlio, ci introduce in questo mistero.

Voglio anche salutare tutti i giovani e i ragazzi delle scuole superiori, delle scuole medie, delle scuole elementari, che in questi giorni cominciano il loro anno scolastico.

Auguro a tutti un buon e fruttuoso anno scolastico. Nell'esprimere questo augurio, penso in pari tempo anche ai genitori e agli insegnanti perché, se molto dipende dagli allievi, questo "molto" è pur sempre tramite i genitori e gli insegnanti. Buon lavoro.

(Omissis. Seguono saluti in altre lingue) (Poi rivolgendosi ai pellegrini polacchi, il Papa ha poi aggiunto:) Parlando all'inizio in italiano ho ricordato due festività, dell'altro ieri e di ieri. La festività dell'esaltazione della santa Croce e la festività della B. V. Maria Addolorata. Sono due festività settembrine molto vicine a noi.

La prima - l'esaltazione della santa Croce - per me è per sempre legata al ricordo del santuario di Mogila - oggi questo santuario fa parte del territorio di Nowa Huta. E l'altra a tanti luoghi, per esempio alla chiesa della B. V. Maria Addolorata dei Francescani di Cracovia, a quella della B. V. Maria Addolorata di Staniatki. Questo secondo la mia memoria, limitata soltanto ad un certo territorio. Penso invece, che queste due festività, questi due misteri della fede - la santa Croce e la B. V. Maria Addolorata - hanno lasciato sulla nostra religiosità, sulla nostra spiritualità una impronta molto profonda. Pertanto ci sono tanto vicine e ci dicono molto. L'esaltazione della santa Croce è quel meraviglioso mistero di come l'uomo cresce attraverso la Croce di Cristo. Quella della B. V. Maria Addolorata è la memoria di come Maria ci insegna a crescere attraverso la Croce, e con la Croce è sempre legata la Risurrezione. Attraverso la Croce, la Risurrezione di Cristo.

Desidero quindi, ricordando quanto mi hanno dato questi due misteri, quanto profondamente hanno formato la mia anima di cristiano e di sacerdote, desidero nella odierna occasione, che essi continuino a lavorare sui nostri cuori, sulle coscienze dei miei connazionali. A tutti i miei connazionali qui presenti, e tramite loro a tutti in Patria oppure fuori, agli emigrati va il mio affettuoso saluto con la mia benedizione papale.

Data: 1981-09-16
Mercoledì 16 Settembre 1981


A un pellegrinaggio di malati della diocesi di Verona - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Incessante impegno della Chiesa a tutela dei diritti degli handicappati



1. Come esprimere la gioia che mi reca la vostra visita, carissimi fratelli e sorelle, venuti da Verona sotto la guida del vostro Vescovo, Monsignor Giuseppe Amari, per portarmi la testimonianza del vostro affetto e della vostra devozione? Vi sono grato per questo gesto di cordiale attaccamento, che suscita nel mio animo un'eco viva e profonda. Vi saluto ad uno ad uno e con voi saluto, oltre ai vostri familiari, i sacerdoti ed i fedeli delle Comunità parrocchiali che vi hanno accompagnati e che vi prestano con sollecitudine la loro assistenza. Il mio pensiero si estende altresì a tutti gli altri handicappati e malati della diocesi di Verona, che non hanno potuto unirsi al vostro pellegrinaggio, ma che sono certamente qui presenti con il loro affetto e con la loro preghiera.

A tutti voglio dire l'alta considerazione con cui la Chiesa guarda alla vostra condizione ed il grande conto che essa fa del contributo, che voi potete recare alla sua azione per l'avvento del Regno di Dio nel mondo.


2. Ho appreso con piacere che la vostra diocesi, in relazione all'Anno Internazionale dell'handicappato, indetto dall'Onu, ha programmato una serie di iniziative volte a favorire l'inserimento nella vita sociale e parrocchiale di quanti sono impediti da una qualsiasi forma di handicap.

Nell'esprimere il mio apprezzamento per questa concreta dimostrazione di sensibilità umana e cristiana, desidero riaffermare il principio ispiratore di ogni azione della Chiesa in questo campo e cioè che l'handicappato è un soggetto umano a pieno titolo, i cui diritti innati permangono sacri ed inviolabili.

E' doveroso, pertanto, che si favorisca, per quanto è possibile, il suo inserimento nel tessuto vivo dei rapporti sociali, giacché ogni emarginazione non può che incidere negativamente sulla sua maturazione umana e sulla realizzazione delle potenzialità, spesso assai ricche, di cui è portavoce.

La Comunità ecclesiale deve farsi testimone, con la parola e con l'azione, di questo convincimento, che in essa è rafforzato dalla luce della fede.

In ogni persona, infatti, la fede insegna a vedere l'immagine di Dio, che risplende luminosa dietro il velo che l'handicap può avervi steso sopra. Alla persona quindi spetta, in ogni caso, il primato sugli altri valori, in particolare su quelli di ordine economico.


3. Sono certo che la diocesi di Verona, rinnovando le tradizioni di cristiana sollecitudine verso i bisognosi, in cui s'è sempre distinta, saprà ideare adeguate forme di intervento nel superare l'isolamento, nel quale si vedono spesso confinate le persone handicappate e le loro famiglie. Grazie alla generosità di tutti, l'isolamento lascerà il posto alla condivisione e il risultato sarà un arricchimento reciproco ed una comune crescita, da cui scaturirà una gioia più grande per ciascuno.

Confido ed auspico che la odierna udienza rechi nuovo impulso all'impegno che l'intera diocesi si è assunto nel suo piano pastorale, suscitando sia negli handicappati che nei "sani" la volontà di trovare nuove forme di incontro e di collaborazione.

Carissimi fratelli e sorelle, un lungo cammino vi sta dinanzi: intraprendetelo fiduciosamente. Con voi cammina il Signore, che ha voluto immedesimarsi con ogni persona bisognosa o sofferente.

Nell'invocare su di voi e sui vostri buoni propositi la costante assistenza divina, imparto volentieri a voi tutti la propiziatrice benedizione apostolica, che di gran cuore estendo ai vostri familiari e a tutte le persone ammalate, che ritroverete tornando nelle vostre parrocchie. La Madonna vi accompagni e vi protegga sempre.

Data: 1981-09-17
Giovedì 17 Settembre 1981


Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dimensione salvifica del lavoro umano



1. "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che usci all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna..." (Mt 20,1).

Con queste parole inizia il brano del Vangelo della liturgia odierna. La ben nota parabola dei lavoratori della vigna contiene in sé molti temi. Tra di essi è fondamentale il pensiero che è Dio a chiamare l'uomo al lavoro, e che questo deve servire alla continua formazione del mondo secondo il progetto di Dio stesso. Ogni genere di lavoro umano, ogni sua variante si trova compresa nella parabola evangelica.

Questa parabola, nel suo punto di partenza, racchiude la chiamata dell'uomo a ritrovare il senso del suo lavoro, tenendo presente il disegno salvifico di Dio.


2. Che cosa è il lavoro umano? A questo interrogativo non si può dare che una risposta articolata. Esso è innanzitutto una prerogativa dell'uomo-persona, un fattore di compiutezza umana, che appunto aiuta l'uomo ad essere più uomo. Senza il lavoro egli non solo non può alimentarsi ma neppure autorealizzarsi, ossia raggiungere la sua vera dimensione.

In secondo luogo, e di conseguenza, il lavoro è una necessità, un dovere, che dona all'essere umano vita, serenità, impegno, significato. L'apostolo Paolo, ricordiamolo, ammonisce severamente: "Chi non vuole lavorare non mangi" (2Th 3,10). Quindi ciascuno è chiamato a svolgere un'attività, a qualunque livello essa si collochi, mentre vengono condannati l'ozio e lo sfruttamento. Inoltre, il lavoro è un diritto, "è il grande e fondamentale diritto dell'uomo", come dicevo due anni fa in Polonia a Nowy Targ. In quanto tale, esso deve essere promosso e salvaguardato dalla società anche nell'eventuale conflitto con altri diritti. A queste condizioni, il lavoro diventa anche un servizio, così che l'uomo "cresce nella misura in cui dona se stesso per gli altri" (Agli agricoltori di Legazpi City, 21 febbraio 1981). E da questa armonia trae vantaggio non solo l'individuo, ma anche, e direi soprattutto, la società stessa.


3. Sono questi soltanto alcuni pensieri sul tema circa la natura del lavoro umano.

Li mettiamo qui insieme, facendo riferimento alla chiamata del padrone di casa, che sempre esce per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna, come si esprime la parabola evangelica. Ricordiamo che questa parabola nello stesso suo punto di partenza contiene l'invito all'uomo affinché - qualsiasi tipo di lavoro svolga - ritrovi il suo senso ultimo nel disegno salvifico di Dio. E preghiamo affinché cresca e si approfondisca in ogni uomo la consapevolezza di questo senso.

Infatti, secondo il disegno di Dio, mediante il lavoro noi dobbiamo non soltanto dominare la terra, ma anche raggiungere la salvezza. Quindi con il lavoro è legata non soltanto la dimensione della temporalità, ma anche la dimensione dell'eternità.


4. Nell'anno in corso si celebra il quattrocentocinquantesimo anniversario dell'apparizione della Madre di Dio a Guadalupe, in Messico, al cui santuario ho avuto la gioia di andare pellegrino nei primi mesi del mio pontificato. Non cesso di raccomandare nella preghiera alla Madonna, che in tale Santuario è venerata come Signora e Regina dell'America, e specialmente dell'America Latina, tutte le nazioni e i popoli di quel grande Continente. Lo faccio ascoltando l'eco degli avvenimenti, talvolta inquietanti, e condividendo le sollecitudini dei Vescovi e dei sacerdoti, ai quali sono unito nel ministero pastorale.

Desidero oggi invitare tutti ad associarsi a questa preghiera. In particolare, invito a raccomandare alla Madre di Dio i nostri fratelli e sorelle più volte dolorosamente provati nel Salvador, implorando che possa regnare la pace interna, tanto desiderata nella società in cui alcune migliaia di uomini e di donne (tra i quali anche un Arcivescovo, Mons. Romero) hanno subito la morte, vittime delle lotte fraticide.

Suscitano inoltre inquietudine e dolore i casi di uccisioni e di sequestri di alcuni sacerdoti in Guatemala. Affidando alla misericordia divina tutti i defunti, mi unisco all'appello della Conferenza Episcopale Guatemalteca il quale invita alla ricerca di una pace interna, stabile e sicura, e ad assicurare la libertà alla Chiesa nella sua missione pastorale.

(Omissis. Seguono saluti in varie lingue) (Rivolgendosi al termine della preghiera mariana ai pellegrini polacchi, il Santo Padre ha detto:) Desidero salutare affettuosamente tutti, esprimendo la gioia per la vostra presenza qui.

Ho davanti agli occhi il testo del comunicato dell'ultima Conferenza dell'Episcopato Polacco, che si è riunita nei primi giorni della settimana scorsa.

Desidero leggere alcune frasi di questo comunicato. "Tuttavia - scrivono i Vescovi - nonostante le incertezze e i timori crescenti degli ultimi mesi, ciò che suscita speranza è la volontà unanime di cambiare la vita sociale ed economica nel nostro Paese, volontà che unisce tutta la Nazione. Questa volontà di cambiamento nel nostro Paese sorge dai sani principi della morale sociale, che trova il suo fondamento nell'insegnamento sociale cattolico. Si fa strada tra resistenza e difficoltà. (...) Negli ultimi tempi le tensioni sono arrivate a un punto tale, che bisogna ritrovare la strada per arrivare a un tavolo comune per negoziare e trovare soluzioni, che incontrino il consenso della popolazione".

Nello stesso testo i Vescovi ricordano il principio del servizio alla patria e la necessità di farsi guidare dal bene di tutta la nazione. Le vicende rilevanti e difficili, delle quali si tratta noi stessi sappiamo bene di queste vicende - devono essere risolte sulla strada del dialogo e non del confronto. Non sulla strada del confronto. Le esperienze di tutto l'anno hanno mostrato che i polacchi sono capaci di risolvere queste vicende difficili sulla strada della pace, senza violenze e senza versar sangue. Troppo sangue polacco è stato versato durante l'ultima guerra, perché si possa parlare o pensare ad un altro versamento di sangue polacco. Insieme bisogna riaffermare che una nazione che con tale prezzo ha pagato la propria indipendenza, ha il diritto di decidere sulle sue vicende in modo autonomo. E questo diritto di autodeterminazione costituisce il principio dell'ordine internazionale. Bisogna rispettarlo perché lo esige anche l'autentica volontà di pace.

Data: 1981-09-20
Domenica 20 Settembre 1981


Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoniamo la fede con coraggio in mezzo alla società contemporanea

Carissimi fratelli e sorelle! Desidero anzitutto rivolgervi il mio cordiale saluto ed esprimervi il benvenuto a questo incontro di preghiera e di comunione ecclesiale.

Come sapete, Lunedì scorso, Festa di san Matteo, Apostolo ed Evangelista, la sacra liturgia ha riproposto alla nostra meditazione la figura di questo "scriba sapiente" che seppe così mirabilmente vivere ed insegnare le parole del Signore. Attratto dall'invito del Maestro a seguirlo, egli senza frapporre indugi "si alzo e lo segui" (Mt 9,9). Da allora ci fu un radicale cambiamento nella sua vita, nel suo modo di pensare e di operare. Egli si fece discepolo di Gesù ed annunzio quel Vangelo, da lui scritto, in cui il cristiano è presentato soprattutto come un seguace di Cristo, uno che è cosciente degli impegni che gli derivano dall'accoglienza del Vangelo e li attua con coraggio fino all'eroismo, perché l'andare dietro a Gesù prevale su ogni altro dovere.

Ricorderete le parole di Gesù: "Non chi dice: Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli" (cfr. Mt 7,21).

In questo momento di ripresa degli impegni spirituali e sociali, ci ottenga il Signore, mediante l'intercessione della sua santissima Madre e di san Matteo, che consacro tutta la sua vita per la causa della fede cristiana, di saper tradurre in pratica gli insegnamenti del Vangelo e di testimoniare con coraggio la nostra fede in mezzo alla società contemporanea di cui siamo parte.

Vi sia a ciò di conforto la benedizione apostolica, che ora imparto a tutti con grande effusione di cuore.

(Omissis. Saluti in varie lingue) (Al termine il Santo Padre si è così rivolto ai pellegrini polacchi:) Sia lodato Gesù Cristo! Saluto tutti i pellegrini dalla Polonia.

Visto che ci sono anche i pellegrini dalla Cecoslovacchia, desidero rivolgere a loro una parola particolare. Voglio dir loro che la Chiesa in Cecoslovacchia e le nazioni, ceca e slovacca, mi sono vicine e non cessano di essere oggetto delle mie preghiere quotidiane. Che Dio vi benedica, voi, qui presenti, e tutti in Patria.

Ai miei connazionali dalla Polonia voglio oggi parlare brevemente sul tema dei sacerdoti, perché sono qui presenti dei sacerdoti che festeggiano i loro giubilei: 40 anni e 25 anni, e sull'argomento delle vocazioni sacerdotali, che grazie a Dio nel nostro Paese sono numerose, ma nelle varie parti del mondo lasciano molto a desiderare; ciò significa che bisogna pregare molto per esse.

Desidero tramite questi sacerdoti ringraziare tutte le comunità parrocchiali e le altre comunità nella mia Patria, per la preghiera, la quale non mi risparmiano mai, e soprattutto non mi hanno risparmiato in questo ultimo periodo. Bog zaplac! Rallegrandomi della vostra presenza, chiedo a tutti i pellegrini dalla Polonia, a tutti i gruppi, che trasmettano da parte mia i più cordiali voti nelle singole comunità, dalle quali provenite nelle parrocchie, negli ambienti - e che rassicurino - penso, che non c'è particolare bisogno di rassicurare - che continuamente quotidianamente prego per la Patria.

Data: 1981-09-23
Mercoledì 23 Settembre 1981


La Messa per i partecipanti al Convegno "Movimenti nella Chiesa" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa stessa è "un movimento"



1. Sono molto lieto di questo incontro e vi saluto cordialmente, cari partecipanti al convegno internazionale "Movimenti nella Chiesa".


2. Come ben sapete, la Chiesa stessa è "un movimento". E, soprattutto, è un mistero: il mistero dell'eterno "Amore" del Padre, del suo cuore paterno, dal quale prendono inizio la missione del Figlio e la missione dello Spirito Santo. La Chiesa nata da questa missione si trova "in statu missionis". Essa è un "movimento" che penetra nei cuori e nelle coscienze. E' un "movimento", che si iscrive nella storia dell'uomo-persona e delle comunità umane.

I "movimenti" nella Chiesa devono rispecchiare in sé il mistero di quell'"amore", da cui essa è nata e continuamente nasce. I vari "movimenti" devono vivere la pienezza della Vita trasmessa all'uomo come dono del Padre in Gesù Cristo per opera dello Spirito Santo. Devono realizzare in ogni pienezza possibile la missione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, la quale è partecipata da tutto il Popolo di Dio.


3. I "movimenti" nel seno della Chiesa-Popolo di Dio esprimono quel molteplice movimento, che è la risposta dell'uomo alla Rivelazione, al Vangelo: il movimento verso lo stesso Dio Vivente, che tanto si e avvicinato all'uomo; il movimento verso il proprio intimo, verso la propria coscienza e verso il proprio cuore, il quale nell'incontro con Dio svela la profondità che gli è propria; il movimento verso gli uomini, nostri fratelli e sorelle, che Cristo mette sulla strada della nostra vita; il movimento verso il mondo, che aspetta incessantemente in sé "la rivelazione dei figli di Dio" (Rm 8,19).

La dimensione sostanziale del movimento in ciascuna delle direzioni sopra menzionate è l'amore: "l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5).


4. Abbraccio con tutto il cuore ad uno ad uno i partecipanti al convegno e porgo i miei più cordiali voti di ogni bene a tutti i "movimenti" che voi rappresentate: Comunione e Liberazione, "Swiatlo-Zycie", Focolari, Cursillos de Cristiandad, Rinnovamento nello Spirito, Schönstatt, Equipe Nôtre Dame, Oasi, Comunità di vita cristiana. Tutti benedico di cuore.

Data: 1981-09-27
Domenica 27 Settembre 1981


Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il lavoro, mezzo di unione e di solidarietà tra gli uomini



1. "Che ve ne pare?" - domanda Cristo nel Vangelo scritto da Matteo e letto nella Domenica odierna - "Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Si, signore; ma non ando. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci ando. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?" (Mt 21,28-31).

Cristo inizia e termina con una domanda. La risposta a questa domanda è facile. Gli ascoltatori rispondono che "l'ultimo" ha compiuto la volontà del padre.

Così dunque anche nell'odierna Domenica - come Domenica scorsa - ascoltiamo alcune parole evangeliche sulla vigna e sul lavoro.


2. Che cosa è il lavoro? Rispondiamo ancora a questa domanda, ricordando innanzitutto che esso è collaborazione con Dio nel perfezionamento della natura, secondo il precetto biblico di soggiogare la terra (cfr. Gn 1,28). Il Creatore volle l'uomo esploratore, conquistatore, dominatore della terra e dei mari, dei loro tesori, delle loro energie, dei loro segreti, così che l'uomo riacquista la sua vera grandezza di "partner di Dio". Per questo il lavoro è nobile e sacro: è il titolo della sovranità umana sul creato. Il lavoro inoltre è mezzo di unione e di solidarietà, che rende fratelli gli uomini, li educa alla cooperazione, li fortifica nella concordia, li stimola alla conquista delle cose, ma soprattutto della speranza, della libertà, dell'amore. Mediante le divisioni funzionali della produzione il lavoro può creare un tessuto di collaborazione cosciente e compatto, e rende la società più armonicamente operante verso il traguardo di un ordine giusto per tutti. Per tutto questo la Chiesa lo incoraggia e lo benedice.


3. La domanda sulla natura del lavoro ce la poniamo in relazione al 90° anniversario dell'enciclica "Rerum Novarum" di Papa Leone XIII. Contemporaneamente ci facciamo questa domanda in relazione al Vangelo della liturgia odierna. Ognuno di noi è uno di quelli che sentono la chiamata del Padre indirizzata ad ambedue i fratelli: "Va' oggi a lavorare nella vigna" (Mt 21,28). E ognuno di noi, dopo aver sentito questa chiamata, può comportarsi come il primo oppure come il secondo di loro.

La parabola evangelica insegna che nel lavoro e contenuta una risposta, che l'uomo dà a Dio con tutta la sua vita e il suo comportamento. Il lavoro ha il suo senso non solo nella costruzione della "città terrestre", ma anche nella costruzione del regno di Dio.


4. Due anni fa, negli ultimi giorni di settembre, mi è stato dato di visitare l'Irlanda. Oggi ritorno con la memoria a quella visita, alla quale già parecchie volte è stata data risposta con visite di contraccambio a Roma. Ho soprattutto in mente i pellegrinaggi di giovani l'anno scorso e quest'anno: l'anno scorso sotto la guida dell'Arcivescovo di Dublino, e quest'anno con la guida del Cardinale Primate di tutta l'Irlanda.

Questi incontri mi permettono di costatare di nuovo la viva e fervida fede della Chiesa in Irlanda.

E questi incontri richiamano anche le grandi sofferenze della Chiesa e della società dell'"Isola Verde".

Desidero ricordare ciò che ho detto a questo proposito due anni fa a Drogheda. Questo è tanto più attuale, quando ci rendiamo conto che già dieci giovani sono morti nei cosiddetti scioperi della fame, e mentre è aumentato anche il numero delle altre vittime dei disordini e della violenza fraticida.

Mi sento vicino, con l'affetto e l'incoraggiamento, a quanti operano perché simile situazione abbia fine, e specialmente ai miei fratelli nell'Episcopato, i quali, con esemplare premura pastorale, stanno agendo a tale scopo.

Preghiamo oggi per l'Irlanda. Preghiamo affinché la situazione di tensione possa trovare la sua giusta soluzione. Preghiamo Cristo e la Sua Madre.


5. Ricordando, nello stesso contesto, la mia visita alla Sede dell'Onu, su invito del Segretario Generale di quella Organizzazione, desidero di vero cuore dare il mio appoggio a tutti gli sforzi che mirano ad assicurare la pace nel mondo. E' problema di fondamentale importanza che per la causa della pace siano intrapresi colloqui, in particolare tra quelle parti, dalle quali maggiormente dipende questo settore. Come ho detto in quella occasione, indirizzandomi ai responsabili dei Governi e delle Nazioni, è "necessario un continuo, anzi un ancor più energico sforzo, che tenda a liquidare le stesse possibilità di provocazione alla guerra, per rendere impossibili i cataclismi" (n. 11). La causa della pace "si costruisce con l'unione degli uomini, intorno a ciò che è al massimo, e più profondamente, umano, che eleva gli esseri umani al di sopra del mondo che li circonda e decide della loro indistruttibile grandezza" (n. 16).


6. E adesso, quando fra poco reciteremo l'"Angelus", voglio ricordare con speciale pensiero l'anniversario della morte del Papa Giovanni Paolo I, che il Padre Celeste ha richiamato a sé il 28 settembre 1978, dopo appena trentatré giorni del suo ministero nella sede romana di san Pietro. Durante quei pochi giorni gli è stato dato, come dice la Scrittura, di compiere un lungo cammino: "explevit tempora multa" (Sg 4,13). Per amore, il Signore lo aveva chiamato alla sede romana e, per amore, lo ha richiamato al suo Regno. Sia benedetto il nome del Signore! (Omissis. Saluti in varie lingue) (Poi rivolgendosi al termine ai pellegrini polacchi il Santo Padre ha detto:) Miei cari, vorrei oggi richiamare un brano della preghiera per la Patria che recito tutti i giorni, e penso che molti di voi facciano altrettanto. "Dio Onnipotente ed Eterno, elargisci a noi amore vasto e profondo verso i fratelli e la diletta madre la nostra Patria, affinché, non dimentichi delle tue raccomandazioni, possiamo servire Lei e il popolo in modo onesto".

Come vediamo, in questa preghiera sono stati accostati i fratelli e la Patria-madre. Penso che questa sia anche una indicazione per tutti i miei connazionali, in Polonia e fuori, che vogliono farsi guidare appunto dall'amore della Patria, perché in questo amore ritrovino sempre i fratelli, coloro ai quali l'amore patrio si deve ugualmente indirizzare.

Vogliate trasmettere a tutti i connazionali - da qualunque luogo veniate - i miei saluti e la mia benedizione.

Data: 1981-09-27
Domenica 27 Settembre 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)