GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I sofferenti, a somiglianza di Cristo, partecipano al mistero della redenzione



1. "Christum Dominum pro nobis tentatum et passum, venite adoremus".

La liturgia della Quaresima ci chiama giorno per giorno alla adorazione di Cristo, di Colui che ha voluto essere soggetto alla tentazione ed ha accettato la sofferenza, diventando per la nostra redenzione "peccato in nostro favore" (2Co 5,21).

Questo Cristo noi dobbiamo trovare negli inscrutabili misteri della sua vita e nella sua morte e, in pari tempo, nel nostro prossimo. In ogni prossimo, senza eccezione, ma in modo particolare in coloro nei quali, nello stesso modo, si ripete e si compie la tentazione e la sofferenza del nostro Redentore.


2. Mi sia quindi permesso, già fin dalla prima domenica di Quaresima, di rivolgere l'attenzione verso quel grande numero di nostri fratelli e sorelle che vengono definiti con la comune denominazione di persone "handicappate". Le statistiche dicono che vi sono al mondo oltre 400 milioni di tali persone e cioè circa la decima parte dell'umanità.

Con riconoscenza bisogna salutare l'iniziativa dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che desidera che l'anno in corso sia dedicato proprio a questi nostri fratelli e sorelle, la cui vita passa sotto il peso di un handicap congenito oppure acquisito in seguito ad un infortunio. L'iniziativa dell'Onu porta su di sé un contrassegno profondo di sensibilità e di fratellanza umana.

Il Cristo della nostra Quaresima, il Cristo provato e crocifisso, si trova al centro stesso di questa fratellanza. Egli ci invita in modo speciale ad incontrarlo in ognuno dei nostri fratelli sofferenti. L'amore che dimostriamo a loro, il servizio che esercitiamo nei loro confronti sono una dimostrazione di amore verso Lui stesso e un servizio compiuto nei suoi confronti (cfr. Mt 25,40).


3. La Quaresima esige da ciascuno di noi una conversione; pertanto - come ci insegna, sin dai primi giorni, la liturgia di questo periodo - questa conversione si attua e si realizza appunto mediante ciò che facciamo per i nostri fratelli, in particolare verso quelli sofferenti e in qualsiasi modo minorati. Essi hanno particolare diritto al nostro rispetto, alla stima e all'amore.

"Infatti, in Dio scopriamo la dignità della persona umana, di ogni persona umana. Il grado di salute fisica o mentale non aggiunge né toglie nulla alla dignità della persona; anzi, la sofferenza può darle diritti particolari nel nostro confronto".


4. Christum Dominum pro nobis tentatum et passum, venite adoremus! Ci uniamo in spirito a ciascuno e a tutti coloro che soffrono, affetti da un handicap incurabile. Fra tutto ciò che possiamo offrire loro, c'è anche la nostra fede, e cioè la convinzione della loro particolare somiglianza a Cristo sofferente.

E se talvolta la sofferenza interiore - più grande dell'handicap stesso - può diventare per essi motivo per ritenere assurda e vana la vita, allora noi dal profondo di questa fede, desideriamo dire loro e testimoniare con convinzione che essi, mediante la loro sofferenza, partecipano in modo particolare al mistero della redenzione del mondo, che Cristo ha compiuto per mezzo della croce.


5. Infine, poiché oggi, insieme con i Collaboratori della Curia Romana, inizio gli esercizi spirituali, desidero raccomandare alle preghiere di tutti gli uomini di buona volontà l'opera del predicatore degli esercizi spirituali e di tutti coloro che partecipano a questo ritiro spirituale.

(Al termine della Recita dell'Angelus il Santo Padre ha rivolto un saluto ai partecipanti alla "Maratona di Primavera":)

1. Saluto affettuosamente gli studenti delle scuole cattoliche di Roma e del Lazio, che hanno partecipato alla prima "Maratona di Primavera", organizzata dall'"Associazione Genitori Scuole Cattoliche-Lazio".

Esprimo, carissimi giovani, il mio vivo compiacimento per questa iniziativa di carattere sportivo, che vi ha dato l'occasione di trascorrere insieme alcune ore di serena e sana letizia, e manifesto il mio paterno incoraggiamento all'Associazione, ai religiosi ed alle religiose impegnati nelle scuole, ai genitori e a tutti gli alunni ed ex-alunni, facendo voti che le scuole cattoliche continuino ad essere ancor più ed ancor meglio fucine di autentica cultura e di formazione cristiana.

La mia benedizione apostolica vi accompagni sempre.

(Il Santo Padre ha quindi rivolto un appello per la liberazione di due giovani da mesi prigionieri dei loro sequestratori:)


2. Rivolgo ora il mio pressante appello a coloro che nei mesi scorsi hanno rapito una fanciulla di dieci anni, Gabriella Esposito, di Somma Vesuviana (Napoli) e lo studente diciottenne Antonio Piarotto, di Mirano (Venezia). Li invito a desistere dalla inumana e ingiusta violenza e ad aprire il cuore ad un barlume di umana pietà verso i sequestratori e verso i loro affranti familiari, che penano angosciati nell'attesa di riavere sani e salvi i loro cari congiunti. Li supplico di restituirli alla loro legittima libertà, alla loro umana dignità, ai loro affetti, alla loro casa! La mia preghiera si innalza al Signore, Dio di infinito Amore e di infinita Giustizia, per i due sequestrati, per i genitori, di cui mi faccio oggi voce accorata e supplice, e per voi rapitori, sulla cui coscienza pesa il crimine di violenza contro un fratello e una sorella! Non siate sordi a questo appello! (Omissis. Seguono i saluti in altre lingue)

Data: 1981-03-09
Lunedì 9 Marzo 1981


In occasione dell'inizio della "Campagna di fraternità" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Messaggio ai fedeli brasiliani

Amatissimi fratelli e sorelle, si apre oggi di nuovo in Brasile una Campagna della Fraternità. Sono ancora vive nel mio spirito, e le ricordo con nostalgia, le immagini - soprattutto degli amati giovani - che chiamavano il Papa loro fratello quando visitava il vostro Paese. Ciò voleva dire che i brasiliani si sentono fratelli fra di loro. La fraternità, infatti, è qualcosa di vivo che deve essere compiuto continuamente. Di qui l'opportunità di questa Campagna, del cui slogan mi servo per salutarvi cordialmente: "Salute a tutti", con grazia e pace da parte di Dio, nostro Padre, e del Signore Gesù Cristo! Rivolgendomi oggi stesso alla Chiesa universale, dicevo che la "Quaresima è un tempo di verità". Un tempo nel quale il cristiano è chiamato particolarmente all'orazione, alla penitenza, al digiuno, a spogliarsi di se stesso e a vedere se stesso in piena verità, davanti a Dio: "Ricordati, uomo, che sei polvere e che in polvere ritornerai", ricorda la liturgia in questo Mercoledì delle Ceneri.

Ma, per la sua dimensione spirituale, l'uomo, provenendo da Dio e dovendo ritornare a Dio, è chiamato a qualcosa di diverso dei beni terreni e materiali. Perciò, deve camminare nella vita nel senso indicato da Cristo Signore, con la sua morte e risurrezione: camminare, alla luce del mistero pasquale, nel senso della Vita, per le vie dell'amore al Padre che sta nei cieli e dell'amore ai fratelli, perciò facendo appello alla carità, alla solidarietà e alla condivisione fraterna del "povero di cuore", capace di aver compassione dei meno favoriti: invalidi, addolorati, marginalizzati o vecchi...

"Salute a tutti": è un enunciato peraltro denso di interrogativi e di problematica, una vera sfida stimolante perché ci si impegni nella ricerca di nuovi ideali e di nuovi modi di vedere la realtà, in un mondo che sembra dare mostra di stanchezza, segnato com'è dell'egoismo e senza che in esso vi sia spazio per la misericordia.

La buona salute, lo sappiamo, non è appena assenza di dolore: è vita pienamente vissuta, in tutte le sue dimensioni, personali e sociali. Come al contrario, la mancanza di salute, non è solo la presenza di dolore o di male fisico. Ci sono tanti nostri fratelli infermi, per cause inevitabili o evitabili, che soffrono, che sono paralizzati, "al margine della strada", in attesa della misericordia del prossimo senza che mai potranno superare lo stato di "semimorti"... (cfr. Lc 10,33ss).

Alla luce della fede, ogni dolore ha il suo significato; e può anche servire "per completare ciò che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo Corpo, che è la Chiesa" (cfr. Col 1,24). In ogni uomo che soffre è presente, in qualche modo, il mistero della morte e risurrezione del Signore. Ciò nondimeno, la salute è un diritto e un dovere per tutti.

Nel suo impegno nel vivere bene, con salute, ogni uomo si rende conto dei suoi limiti, della sua transitorietà, delle sue illusioni e ambiguità; e scopre di aver bisogno degli altri, della "misericordia" del prossimo. E talvolta dolente si interroga: "E chi è il mio prossimo?".

Oggi, iniziando la Quaresima, e questa Campagna di Fraternità che si propone di animarla, ognuno deve sentirsi interpellato e interrogarsi: e io, nella mia vita, alla luce della figura evangelica del Buon Samaritano, che personaggio impersono? Sono colui che è colpito dalla sventura? Sono il viaggiatore distratto, frettoloso e che non si interessa degli altri? Sono il "Buon Samaritano"? "E chi è il mio prossimo"? Udite, fratelli e sorelle: la risposta giusta è quella che si deve allo stesso Signore Gesù Cristo: "colui che usa misericordia", è l'immagine del Buon Samaritano, è l'immagine di Dio, "ricco di misericordia". Cristo ci chiama e i nostri fratelli ci attendono! Con auguri di "salute a tutti", vi invito a pensare, dinanzi a Dio, e ad essere generosi nella condivisione fraterna, e assicurandovi della mia preghiera per tutti vi benedico.

In nome del Padre / e del Figlio / e dello Spirito Santo. Amen. Data: 1981-03-09
Lunedì 9 Marzo 1981


Al termine degli esercizi spirituali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Essere testimoni gli uni per gli altri

"Agimus tibi gratias".

E' venuto il momento di ringraziare. Dobbiamo ringraziare Cristo, Nostro Signore, per questa comunità che ci ha permesso di costituire durante gli ultimi cinque giorni. Dobbiamo ringraziare per questo dono quaresimale degli esercizi spirituali. E' una comunità che si può chiamare "profetica". Dobbiamo ringraziare per il dono della comunità profetica, che abbiamo costituito tutti noi durante questi giorni; la comunità profetica che riceve la Parola di Dio, che si identifica con la Parola di Dio, che vive la Parola di Dio. Nel silenzio degli esercizi spirituali, si vive la Parola di Dio nel silenzio, per viverla poi nelle diverse circostanze, nei diversi compiti, nell'intera missione che ci è affidata nel servizio della Sede Apostolica di Pietro.

Dobbiamo mostrare una gratitudine profonda, una gratitudine vicendevole gli uni verso gli altri, perché in questo vero ufficio divino siamo stati gli uni per gli altri fratelli e collaboratori, anzi siamo stati testimoni gli uni per gli altri, ciascuno per ciascuno. Tale è stato il carattere di tale settimana per la nostra comunità profetica perché formata dalla Parola di Dio, costituita dalla Parola di Dio, centrata sulla Parola di Dio. Profetica anche a motivo del tema, scelto come centrale per questi Esercizi: "Eritis mihi testes". E qui la nostra gratitudine si rivolge al nostro amatissimo predicatore degli esercizi.

Gli siamo grati per averci condotto durante questi giorni. E' vero che tutti noi, durante gli esercizi, abbiamo costituito una comunità profetica, ma colui che parlava, con la voce umana e con la ispirazione evangelica, era il nostro predicatore. Dobbiamo ringraziarlo per questa testimonianza che ci ha dato con la sua predica quaresimale, con tutte le conferenze che abbiamo seguito, con profondissima attenzione e, speriamo, con grande frutto spirituale. Gli siamo grati per questa predicazione così ricca spiritualmente della Parola di Dio, ricca di tutta la bellezza della Parola di Dio: ricca proprio per il tramite della lunga meditazione, della profonda maturazione, avvenuta nell'anima del nostro predicatore. Gli siamo grati per questa testimonianza, vera testimonianza di fede, una fede che si nutre - e questo l'abbiamo sentito - della Parola di Dio, nella meditazione; una fede che, maturata nella coscienza e nel cuore, poi si manifesta come un frutto maturo, un frutto - abbiamo potuto costatare anche questo - di un grande lavoro, di una grande preoccupazione pastorale, apostolica; per tutto questo ringraziamo: ringraziamo il nostro predicatore, ringraziamo il Signore che ci ha mostrato tutto ciò e ci ha portato tutto ciò nel nostro predicatore.

Il tema, scelto così bene, è stato tanto sostanziale: "Eritis mihi testes"; non si poteva, direi, trovare un tema più adatto alla nostra comunità che doveva partecipare agli esercizi. E poi è stato presentato così profondamente, con tanto fervore e zelo, con tanta forza. Abbiamo sentito, si, la bellezza della Parola di Dio, ma abbiamo sentito anche la sua forza; e questo grazie al nostro predicatore, che ci ha mostrato questa forza della Parola di Dio per trasmetterla a noi.

Ringraziamo anche per le domande che ci ha sempre posto, cominciando dalla prima conferenza. La domanda centrale: se io sono testimone di Cristo; e poi tutte le altre, che ci hanno aiutato a fare un esame della coscienza, a entrare in quel sacrario delle nostre coscienze, e a cercare le risposte; così abbiamo potuto non solamente ammirare la bellezza della Parola di Dio, ma anche ricevere noi stessi le domande e trovare le risposte a ciascuna. In tal modo si è compiaciuta questa opera durante cinque giorni, un'opera benedetta da Dio; e adesso, concludendola col "Magnificat", vogliamo ringraziare Nostro Signore e la sua Madre, con le parole della sua Madre; vogliamo ringraziare per questo grande dono quaresimale. Che il Signore ricompensi il grande lavoro apostolico del nostro predicatore, e aiuti tutti noi a vivere lungamente nello spirito di questi esercizi spirituali.

Data: 1981-03-14
Sabato 14 Marzo 1981


Al pellegrinaggio di Jesolo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dio ama l'uomo e lo vuole salvare

Signor Cardinale, Carissimi sacerdoti e fedeli di Jesolo,

1. La vostra visita richiama alla mente una delle zone turistiche più belle e più frequentate d'Italia e mi colma di letizia, perché essa è un gesto di profonda fede e di filiale devozione verso Colui che Gesù Cristo ha messo come fondamento della sua Chiesa e a cui ha dato le chiavi del Regno dei cieli. Accogliete il mio saluto cordiale e riconoscente! Desidero salutare prima di tutto il Cardinale Patriarca di Venezia, che vi ha accompagnati; il Vicario e i sacerdoti che reggono le parrocchie della Forania; tutti gli altri sacerdoti collaboratori e voi, fedeli, che avete accolto con fervore l'iniziativa di questo viaggio di fede e di preghiera, e colgo l'occasione per estendere il mio benedicente saluto anche a tutta la popolazione della cara diocesi di Venezia, che quest'anno celebra il sesto centenario della nascita di San Lorenzo Giustiniani, suo primo Patriarca.

Siete venuti a Roma in devoto pellegrinaggio ed io voglio sperare che, pur nel frastuono e nei contrasti della moderna metropoli, abbiate potuto respirare il profumo misterioso e salutare dell'Urbe, che proviene dalle sue incomparabili Basiliche, dai suoi Santuari, dalle tombe dei martiri, dalle vicende di tanti santi e di tante personalità che vissero totalmente consacrate al bene della Chiesa e delle anime.

Vi auguro di cuore che sempre possiate portare nelle vostre menti il ricordo soave e forte di Roma, sede di Pietro e centro della Cristianità.


2. Siete venuti a Roma soprattutto per ascoltare la parola del Papa per sentirvi da lui confortati e confermati nella fede e nella speranza, specialmente in questo periodo della nostra storia, così difficile ed esigente.

La vostra esperienza di vita e di lavoro in luoghi di intensa attività turistica e balneare, vi mette a contatto con mentalità differenti e con ogni tipo di persone: da coloro che fanno del piacere individuale e del benessere lo scopo della propria vita a coloro che invece sono preoccupati di dare un senso all'esistenza nella ricerca di valori autentici e di significati validi e perenni.

Il vostro impegno costante e convinto sia lo sforzo di essere il buon grano, la luce, il sale, il lievito in questa società, senza mai lasciarvi impressionare e travolgere dalle mode correnti e dal costume della moltitudine. Il fatto che Dio stesso abbia voluto incarnarsi e inserirsi nella storia umana, significa che Dio sta per la storia e per l'uomo e che, anche se l'economia divina rimane misteriosa, Dio ama l'uomo e lo vuole salvare. Questa certezza vi dia la forza e la gioia di essere sempre e in ogni luogo cristiani ferventi.

In realtà, ciò che conta davanti all'Altissimo non è tanto la storia con i suoi flussi e riflussi, ma la singola persona, con le sue esperienze e la sua nostalgia del divino e dell'eterno. E questa singola persona voi incontrate ogni giorno sulla strada della vostra vita. Per essa la vostra testimonianza cristiana può essere di edificante aiuto.

Vi raccomando, in modo particolare, la santificazione della domenica con la partecipazione alla Santa Messa, che è l'incontro con Cristo e con la Comunità: se veramente si vuole, si può e si riesce! Vi raccomando la preghiera personale e familiare e la rettitudine di coscienza in tutti i vostri comportamenti: questo vuole la società moderna dai seguaci di Cristo!


3. Carissimi sacerdoti e fedeli! Vedendo voi, mi viene spontaneo pensare a colui che per alcuni anni fu vostro Patriarca, Papa Giovanni Paolo I, e che, nella sua ansia apostolica, da Venezia così scriveva, inculcando l'amore e la devozione a Maria Santissima: "Il Rosario esprime la fede senza falsi problemi, senza sotterfugi e giri di parole, aiuta l'abbandono in Dio, l'accettazione generosa del dolore. Dio si serve anche dei teologi, ma, per distribuire le sue grazie, si serve soprattutto della piccolezza degli umili e di quelli che si abbandonano alla sua volontà".

Questa esortazione ad amare e a pregare Maria vi lascio volentieri anch'io, insieme con la benedizione apostolica, che di gran cuore vi imparto e che estendo a tutte le persone a voi care.

Data: 1981-03-14
Sabato 14 Marzo 1981



All'Associazione mutilati e invalidi del lavoro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate sempre vicini a chi porta la croce delle proprie mutilazioni

Carissimi fratelli e sorelle! Al termine degli esercizi spirituali che mi hanno consentito uno spazio privilegiato per una più intensa elevazione dello Spirito a Dio Padre, nella preghiera e nella riflessione, sono lieto di incontrarmi con voi, benemeriti rappresentanti dell'Associazione Nazionale dei Mutilati ed Invalidi del Lavoro.

1. Porgo a tutti i membri di codesto Sodalizio il mio cordiale saluto ed un affettuoso benvenuto, ringraziando vivamente per le nobili espressioni con le quali il vostro Presidente ha voluto introdurre questo familiare incontro. Non posso non manifestarvi, anzitutto, il mio profondo sentimento di compiacimento e di stima per l'apprezzata opera da voi svolta a tutela e a difesa degli "interessi morali e materiali", come ben dice il secondo articolo del vostro Statuto, di quanti sono provati nel corpo e nello spirito dalle conseguenze di funesti infortuni sul lavoro nei diversi campi delle umane attività.

Il mio apprezzamento va, in particolare, al lodevole contributo da voi svolto per risolvere i problemi dei vostri associati e per il loro reinserimento nella vita sociale, sottraendoli alla solitudine e all'avvilimento morale, ed avviandoli ad un necessario rapporto umano. La rete di assistenza specifica a questo riguardo, articolata su tutto il territorio nazionale, è palese testimonianza della vostra azione preziosa e fattiva.


2. Tutto ciò non può non trovare incoraggiamento da parte della Chiesa, la quale non cessa di intraprendere iniziative, perché a ogni uomo - ma in particolar modo quello più esposto alla emarginazione a causa delle sue precarie condizioni di salute - sia garantita la sua inalienabile dignità umana, sociale e spirituale. A questo proposito, proprio in questi giorni, la Santa Sede ha espresso in un suo Documento "viva riconoscenza a tutte le comunità ed associazioni, a tutti i volontari del laicato che si prodigano nel servizio delle persone handicappate, attestando la perenne vitalità di quell'amore che non conosce barriere"; ed ha raccomandato, in pari tempo, che ogni individuo sofferente per qualsiasi minorazione sia aiutato a prendere "consapevolezza della sua dignità e dei suoi valori e a rendersi conto che ci si attende qualcosa da lui e che anch'egli può e deve contribuire al progresso e al bene della famiglia e della sua comunità" (cfr. "L'Osservatore Romano", 13 Marzo 1981). La Chiesa Cattolica vede perciò in voi dei preziosi alleati nella sua missione di promozione umana e di evangelizzazione, ed è disposta ad offrire il suo appoggio e le sue organizzazioni per il conseguimento di questi ideali. Da qui potete immaginare quanto sia fervido l'auspicio che la vostra azione assistenziale si estenda sempre più e sia sempre più efficace per quanti hanno pagato di persona - e ne portano ancora il segno nelle carni dolenti - per assicurare un pane alla propria famiglia e benessere alla società.


3. Egregi e cari signori, vogliate accogliere un'ultima parola di esortazione e di augurio: abbiate sempre della vostra attività un'altissima considerazione che vi sproni continuamente al raggiungimento di nuove mete in questo vasto e delicato campo nel quale siete chiamati a svolgere la vostra opera di elevazione e di conforto fraterno. Non siate mai paghi di quanto avete realizzato e non stancatevi mai di fronte alle difficoltà. Sappiate leggere negli occhi e nell'animo di coloro che portano la croce delle proprie mutilazioni ed invalidità, sostenendo dure lotte, spesso nascoste agli uomini, ma note a Dio ed avvalorate dalla fede in Lui.

Sappiate essere vicini ai vostri assistiti e far sentire loro il calore della vostra vera amicizia, che, quale balsamo profumato, può confortare tanti cuori e lenire tante sofferenze. Abbiate, oltre al senso della giustizia, che è la base di ogni rapporto umano, anche e soprattutto una amorosa comprensione, perché, come ho scritto nella recente enciclica "Dives in Misericordia", "Il mondo degli uomini può diventare sempre più umano, solo se introdurremo nel multiforme ambito dei rapporti inter-umani e sociali, insieme alla giustizia, quell'"amore misericordioso" che costituisce il messaggio messianico del Vangelo" (Giovanni Paolo II DM 14). Soltanto in questo modo potrete scorgere, al di là dell'uomo o della donna bisognosi di aiuto, il volto del Cristo sofferente, che in questo tempo sacro di Quaresima ci viene presentato dalla liturgia come il Servo che non ha bellezza, ne splendore (cfr. Is 53,3). Il Signore sia il vostro sostegno e il vostro premio, avvalorando i vostri sforzi con i riflessi del merito eterno.

E' questo il voto che con grande benevolenza formulo per voi tutti e per tutti i membri della vostra associazione e che accompagno con la propiziatrice benedizione apostolica.

Data: 1981-03-14
Sabato 14 Marzo 1981


Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La nostra preghiera mira al risveglio delle coscienze

"Utinam hodie vocem Domini audiatis; / nolite obdurare corda vestra"! "Ascoltate oggi la sua voce: Non indurite il cuore"! (Ps 94 Ps 8).

1. Con queste parole del Salmo la Chiesa inizia la sua quotidiana preghiera nel corso della Quaresima. Esse contengono una fervida preghiera per l'efficacia della parola di Dio nei cuori umani. Se in ogni tempo questa preghiera è attuale e necessaria, proprio nel corso di questi quaranta giorni è raccomandato particolarmente che venga ascoltata da tutti la voce del Dio Vivente. E' una voce penetrante, se si considera come Dio parli durante la Quaresima non soltanto con la ricchezza eccezionale della sua Parola nella liturgia e nella vita della Chiesa, ma soprattutto con l'eloquenza pasquale della passione e della morte del proprio Figlio; parla con la sua Croce e con il suo sacrificio.

Ciò è, in certo senso, l'ultimo argomento nel dialogo con l'uomo che dura da secoli; il dialogo con la sua mente e con il suo cuore, con la sua coscienza e con la sua condotta.

"Che altro avrei dovuto fare e non ho fatto?", sembra domandare ogni anno, in questi giorni, il Padre che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16), e sembra domandare il Figlio stesso, obbediente al Padre fino alla morte e alla morte di croce (cfr. Ph 2,8).


2. "Non indurite il cuore"! Il cuore vuol dire l'uomo nella sua stessa interiorità spirituale, nello stesso, per così dire, centro della sua somiglianza con Dio. L'uomo interiore.

L'uomo della coscienza. La nostra preghiera, durante la Quaresima, mira al risveglio delle coscienze, alla loro sensibilizzazione nei confronti della voce di Dio. "Non indurite il cuore", dice il salmista. Infatti la necrosi delle coscienze, la loro indifferenza nei confronti del bene e del male, la loro deviazione sono una grande minaccia per l'uomo. Indirettamente, sono anche una minaccia per la società, perché, in ultima analisi, dalla coscienza umana dipende il livello della moralità della società.

E così, la nostra preghiera quaresimale per la sensibilità delle coscienze ha un significato molteplice. L'uomo che ha il cuore indurito e la coscienza degenerata, anche se può godere la pienezza delle forze e delle capacità fisiche, è un malato spirituale, e bisogna far di tutto per fargli ritornare la salute dell'anima.

Che la preghiera della Chiesa durante la Quaresima porti i suoi frutti.

Chiedendo a tutti gli uomini di buona volontà di aderire a questa preghiera, lo chiedo particolarmente a coloro che soffrono". Essi sono tanti nel mondo. Una settimana fa abbiamo ricordato i quattrocento milioni di persone, che chiamiamo con il nome di "handicappati". Cari fratelli e sorelle, voi che soffrite, che siete fisicamente svantaggiati, aiutate con la preghiera e col sacrificio delle vostre sofferenze, della vostra dura sorte, quelli che sono malati nell'anima. A volte essi non lo sanno, non si rendono conto di quanto sia inferma la loro anima immortale. Hanno addormentato la loro coscienza e indurito il loro cuore.

Aiutateli a svegliarsi! Aiutate a far pervenire ad essi la voce del Dio Vivente, la voce che parla nella Quaresima con il sacrificio della Croce di Cristo!


3. In questi giorni della Quaresima la Chiesa suole pregare Cristo per le vocazioni sacerdotali e religiose. Che questa preghiera s'intensifichi, particolarmente in quelle regioni, dove si sente la mancanza di sacerdoti, e di religiosi e di religiose e di seminaristi.

Il Padrone della messe vuole mandare operai nella sua messe (cfr. Mt 9,38). Bisogna soltanto supplicarlo; non trascurare quel servizio fondamentale che è la preghiera: servizio della fiducia della Chiesa nei confronti del suo Sposo e Pastore delle anime.

(AI termine della Recita dell'Angelus, il Santo Padre ha ricordato il suo prossimo pellegrinaggio a Terni:) Devo ancora ricordare a tutti che il mese di marzo è legato specialmente alla memoria e alla festa di San Giuseppe che celebreremo Giovedì prossimo.

Raccomando per questo giorno, Giovedì 19 marzo, la mia visita pastorale nella diocesi di Terni. Sono stato invitato dal Vescovo e dai lavoratori per celebrare la festa di un santo lavoratore, san Giuseppe. Raccomando questa visita e questo mio ministero pastorale alla preghiera dei romani che devono essere comprensivi se il Papa qualche volta va fuori Roma per compiere il suo servizio pastorale per gli altri.

Data: 1981-03-15
Domenica 15 Marzo 1981


Omelia, ai parrocchiani di Nostra Signora di Coromoto - Roma

Titolo: Insieme con me lavora anche tu per la diffusione del Vangelo



1. "Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo" (2Tm 1,8).

Con queste parole, lette nella seconda lettura biblica della liturgia odierna, san Paolo si rivolge a Timoteo.

Le stesse parole desidero ripetere venendo nella vostra parrocchia oggi.

Lavora anche tu insieme con me per il Vangelo.

La visita del Vescovo nella parrocchia ha per scopo di riconfermare i vincoli, che uniscono la vostra Comunità con la Chiesa Romana, ma ha anche lo scopo di promuovere la loro rianimazione, in modo che rappresenti un nuovo impulso alla vita cristiana, alla partecipazione alla evangelizzazione, cioè a quelle fatiche e contrarietà, di cui parla l'apostolo, sopportate per il Vangelo.

In questo spirito, saluto la vostra parrocchia, che ho occasione di visitare nella seconda Domenica di Quaresima. Il mio saluto va innanzitutto al Cardinale Vicario ed al Vescovo di zona Monsignor Remigio Ragonesi, che hanno ben preparato il nostro incontro odierno. Saluto pure cordialmente il vostro parroco ed i presbiteri suoi collaboratori, i quali si spendono con zelo per il bene di questa Comunità. Inoltre, meritano una speciale menzione le religiose ed i religiosi, che qui svolgono un'apprezzata e benemerita attività pastorale. Saluto pure, in modo particolare, i membri del Consiglio Pastorale, i catechisti la cui opera è tanto preziosa, i rappresentanti delle organizzazioni cattoliche.

Tutti insieme, voi cooperate alla crescita cristiana di questa parrocchia, che è grande, ma giovane e ricca di energie. I nomi che la definiscono sono significativi: quello di Nostra Signora di Coromoto, Patrona del Venezuela, è stato assunto per onorare il contributo venuto da quel generoso popolo dell'America Latina; il nome di san Giovanni di Dio, che fu il primo a qualificarla, ricorda a tutti la carità verso i sofferenti, dato che la parrocchia sorge in una delle più dense zone ospedaliere di Roma. E' così la regione dei Colli Portuensi è posta sotto una sicura protezione, che diventa anche stimolo all'impegno cristiano di tutti, specialmente in questo tempo quaresimale.


2. La Quaresima viene presentata nella odierna liturgia a somiglianza di un cammino, come quello al quale Dio chiamo Abramo.

Nella prima lettura, infatti, abbiamo sentito le parole del Signore: "Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indichero" (Gn 12,1). E Abramo si mette per strada senza indugio, e senza altro appoggio all'infuori della promessa divina. Ebbene, anche per noi la Quaresima è un cammino, che siamo invitati ad affrontare con risolutezza e fidandoci dei progetti che Dio ha su di noi. Anche se il viaggio è denso di prove, san Paolo nella seconda lettura ci assicura che, come Timoteo, così ciascuno di noi è "aiutato dalla forza di Dio" (2Tm 1,8). E il paese verso il quale siamo incamminati è la vita nuova del cristiano, una vita pasquale, che può essere realizzata solo dalla "forza" e dalla "grazia" di Dio. Si tratta di una misteriosa potenza, "che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità, ma è stata rivelata solo ora con l'apparizione del salvatore nostro Gesù Cristo. Egli ha vinto la morte ed ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del Vangelo" (2Tm 1,9-10). La lettera a Timoteo, poi, precisa che il paese della vita nuova ci è dato in base ad una misericordiosa vocazione ed assegnazione da parte di Dio, "non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia" (2Tm 1,9). Perciò dobbiamo essere uomini di fede, come Abramo: uomini, cioè, che non contano tanto su di sé quanto piuttosto sulla parola, sulla grazia e sulla potenza di Dio.


3. Il Signore Gesù, vivendo sulla terra, scopriva personalmente con i suoi discepoli questo cammino. Su di esso verifico anche quell'insolito avvenimento, che descrive il Vangelo d'oggi la trasfigurazione del Signore.

"Il suo volto brillo come il sole e le sue veste divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui" (Mt 17,2-3). Ma al centro dell'avvenimento ci sono le parole divine, che gli conferiscono il suo vero significato: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo" (Mt 17,5). Comprendiamo così che si tratta di una cristofania; cioè la trasfigurazione rappresenta la rivelazione del Figlio di Dio, di cui il racconto mette in luce alcune cose: la gloria, a motivo dello splendore acquisito; la centralità e quasi il compendio della storia della salvezza, significati dalla presenza di Mosè e di Elia; l'autorità profetica, legittimamente proposta dal perentorio invito: "Ascoltatelo"; e soprattutto la qualifica di "Figlio", che sottolinea gli stretti ed unici rapporti esistenti tra Gesù ed il Padre celeste.

Le parole della trasfigurazione, inoltre, ripetono quelle già presenti nel racconto del battesimo al Giordano, quasi a significare che anche dopo aver percorso un preciso cammino nella sua vita pubblica, Gesù rimane lo stesso "Figlio prediletto", quale già era stato proclamato all'inizio.

Gli apostoli manifestano la loro felicità: "E' bello per noi restare qui" (Mt 17,4). Ma Cristo fa conoscere che l'avvenimento del monte Tabor si trova soltanto sulla via verso la rivelazione del mistero pasquale: "Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti" (Mt 17,9).

Il cammino di Quaresima, che il Signore Gesù ha compiuto durante la sua vita sulla terra, insieme con i discepoli, lo continua a compiere insieme con la Chiesa. La Quaresima è il periodo di una presenza di Cristo, particolarmente intensa, nella vita della Chiesa.


4. Bisogna quindi cercare, in modo speciale in questo tempo, la vicinanza con Cristo: "E' bello per noi restare qui" (Mt 17,4).

Occorre vivere nell'intimità con Lui; aprire dinanzi a Lui il proprio cuore, la propria coscienza; parlare a Lui così, come sentiamo nel Salmo responsoriale della liturgia odierna: "Signore, sia su di noi la tua grazia, perché in te speriamo" (Ps 32,22).

La Quaresima è appunto un periodo in cui la grazia deve essere in modo particolare "su di noi". Per questo, è necessario che ci apriamo semplicemente ad essa; infatti, la grazia di Dio non è tanto oggetto di conquista, quanto di disponibile e gioiosa accettazione, come per un dono, senza frapporvi impedimenti.

Concretamente ciò è possibile, innanzitutto, mediante un atteggiamento di profonda preghiera, che comporta appunto l'intrecciarsi di un dialogo col Signore; poi, mediante un atteggiamento di sincera umiltà, poiché la fede è proprio l'adesione della mente e del cuore alla Parola di Dio; e infine, mediante un comportamento di autentica carità, che lasci trasparire tutto l'amore, di cui già noi stessi siamo stati fatti oggetto da parte del Signore.


5. Come Abramo, al quale Dio ordino di mettersi in cammino, così anche noi ci siamo incamminati, di nuovo, in questa strada della Quaresima, alla fine della quale c'è la Risurrezione.

Si vede Cristo, il Figlio prediletto, nel quale il Padre si e compiaciuto (cfr. Mt 17,5).

Si vede Cristo, che vince la morte e fa risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del Vangelo (cfr. 2Tm 1,10).

E perciò: sorretti dalla forza di Dio, dobbiamo prendere parte nelle fatiche e nelle contrarietà sopportate per il Vangelo! (cfr. 2Tm 1,8).

Queste parole della lettera a Timoteo dischiudono anche un nobile ed impegnativo programma per ogni cristiano nella sua vita di ogni giorno. E' il programma della evangelizzazione, cioè della partecipazione alla diffusione del messaggio evangelico. Come Cristo "ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del Vangelo" (2Tm 1,10), così dobbiamo fare anche noi; così deve fare la parrocchia intera. Si tratta, cioè, di far vedere alla società ed al mondo che il Vangelo, con la sua luce proiettata sul cammino dell'umanità (cfr. Ps 119,105, (118)), è fonte di vita, e di vita immortale. Occorre che il cristiano faccia vedere a tutti la verità dell'esclamazione di Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68). Gli uomini dovrebbero capire che con l'adesione a Cristo, non solo non hanno nulla da perdere, ma hanno tutto da guadagnare, poiché con Cristo l'uomo diventa più uomo (cfr. GS 41). Ma a tal fine occorre una testimonianza; e questa possono darla soltanto i discepoli stessi di Gesù, cioè i cristiani, ai quali già san Paolo scriveva: "Dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita" (Ph 2,15-16).

E questo si può fare in mille modi, secondo le varie occupazioni di ciascuno; a casa e al mercato, a scuola ed in fabbrica, sul lavoro e nel tempo libero.

E poiché Gesù Cristo è "il primogenito fra molti fratelli" (Rm 8,29), ci auguriamo e preghiamo che, assimilandoci a Lui, anche noi possiamo essere annoverati da Dio tra i suoi figli prediletti (cfr. Mt 17,5).

Questi sono i voti che io faccio oggi a ciascuno di voi. Sono i voti che rivolgo a tutta la vostra parrocchia e ripeto, terminando: lavora anche tu. Lo ripeto a ciascuno di voi, lo ripeto a tutta la parrocchia: lavora anche tu insieme con me, Vescovo di Roma, insieme con me, lavora anche tu per il Vangelo.

Data: 1981-03-15
Domenica 15 Marzo 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)