GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Cristo sofferente e trafitto sia el centro della nostra coscienza



1. Noi tutti, durante la celebrazione della liturgia di questa Domenica delle Palme, abbiamo sentito le voci che ci giungono attraverso i secoli e le generazioni: "Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. Osanna al Figlio di Davide" (Mc 11,9-10). Abbiamo sentito queste voci e le abbiamo ripetute, confessando la nostra fede nel Messia, l'Unto di Dio.

Ma ecco che, da quella stessa parte del mondo, dalla stessa città, ci giungono insieme, nella prospettiva della Settimana Santa, altre voci e altre grida, che solo pochi giorni dopo furono pronunciate e che portano in se la condanna a morte: "Crocifiggilo, crocifiggilo!" (Jn 19,6).

Oggi, dunque, mentre nella preghiera dell'Angelus professiamo, come sempre, che il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr. Jn 1,14), guardiamo col più grande amore verso lo stesso Verbo, che sta davanti a noi come "uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia" (Is 53,3).


2. Si! Certamente! Vorremmo voltare la faccia e non guardare. Siamo intimiditi dal suo aspetto; siamo profondamente sconvolti quando appare davanti a noi "disprezzato e reietto dagli uomini: uomo dei dolori" (Is 53,3). "Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?" (Is 53,1).

E tuttavia: "...Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori" (Is 53,10) già in quella stessa sera e in quella stessa notte del Getsemani, quando aveva appena mangiato, insieme con i discepoli, la Pasqua.

E poi: "...molti si stupirono di lui - tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto" (Is 52,14) - quando lo sottomisero ai tormenti della flagellazione e, in seguito, sul suo capo infissero la corona di spine.

"Tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell'uomo" (Is 52,14), quando, dopo quel terribile tormento, il governatore romano lo addito davanti all'assemblea e disse: "Ecco l'Uomo" (Jn 19,5).

Proprio allora si sentirono le grida: "Crocifiggilo, crocifiggilo!". Ed è stato consegnato perché fosse crocifisso (cfr. Jn 19,16).

Dice il Profeta: "...Egli si è caricato delle nostre sofferenze, / si è addossato i nostri dolori / e noi lo giudicavamo castigato, / percosso da Dio e umiliato" (Is 53,4).

"... Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori" (Is 53,10).

Il peso della Croce lo schiaccio molte volte in mezzo alle vie della Città Santa, perché "il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti... era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non apri la sua bocca". E poi sulla collina del Golgota fu inchiodato alla croce. "Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità... Maltrattato si lascio umiliare e non apri la sua bocca" (Is 53,5-7).

E così la sentenza emessa si è compiuta sulla croce obbrobriosa: "Fu eliminato dalla terra dei viventi... Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo... Per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte..." (Is 53,8).


3. Cari fratelli e sorelle! I nostri pensieri e i nostri cuori, le nostre coscienze e le nostre preghiere siano rivolti in queste Settimana Santa, in modo particolare, al Cristo - sofferente, spogliato, crocifisso - al Cristo: nostro Redentore! "Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità" (Is 53,5).

"Perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi" (Is 53,12). Egli riceva, nei giorni della sua passione, particolare amore, venerazione, pensiero, ringraziamento da parte di tutta la Chiesa e di tutti gli uomini di buona volontà e di cuore generoso.

(Al termine della Recita dell'Angelus il Santo Padre ha ricordato nuovamente il Libano:) Vi invito ancora una volta ad unirvi a me in una fervida preghiera per il Libano. Durante la settimana scorsa si sono avuti nuovi scontri e bombardamenti sui centri abitati di Beirut e Zakle, con altri morti, feriti e distruzioni ingenti.

Purtroppo, anche le regioni meridionali del Paese sono state oggetto di violenti attacchi e atti di guerra, che non hanno risparmiato le popolazioni civili.

Negli ultimi due giorni, a Beirut e Zakle, si è registrato un "cessate il fuoco", ancora molto precario e spesso interrotto dal riaccendersi di scoppi di violenza. Preghiamo il Signore e la Vergine santissima per il Libano martoriato: che l'esile tregua si consolidi e si estenda in tutto il territorio; che non manchi al Libano l'aiuto della Comunità internazionale e si possano creare in tal modo condizioni propizie per il dialogo e l'intesa fra i Libanesi, così che essi siano in grado di risolvere da soli i loro problemi.

(Omissis. Seguono saluti ai distinti gruppi)

Data: 1981-04-12
Domenica 12 Aprile 1981


Ordinazione episcopale a Monsignor Stanislaw Szymecki - Cappella Sistina, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'ordinazione episcopale del Vescovo di Kielce

La Chiesa è consapevole che Colui il quale fa il suo ingresso a Gerusalemme tra le grida di Osanna della popolazione vi giunge per compiere la volontà del Padre. Questa domenica è il primo giorno della settimana della Passione e perciò anche questa liturgia e piena del contenuto della Passione.

Accogli nel profondo del tuo cuore la liturgia della domenica della tua Consacrazione episcopale. Oggi imporro su di te le mie mani insieme con il Cardinale Rubin e con i miei fratelli nell'Episcopato per introdurti nel Collegio episcopale della Chiesa. Lo faccio con gioia, lo faccio con spirito di gratitudine per questa Chiesa dalla quale provieni e verso quella alla quale sei destinato.

Infatti, ogni sacerdote venuto dal popolo, al popolo torna secondo le parole di san Paolo. Tu vieni dal laborioso popolo della nostra Slesia polacca e sei sacerdote della Chiesa di Katowice. Nel tuo curriculum personale e sacerdotale è inscritto un grande capitolo circa la tua permanenza in Francia e le esperienze ad essa connesse. Ultimamente, svolgevi in Francia un lavoro pastorale per gli emigrati polacchi. Tuttavia in precedenza per tanti anni eri stato Rettore del Seminario della diocesi di Katowice a Cracovia. Di quegli anni abbiamo ricordi comuni. Ora sei destinato alla Chiesa di Kielce per essere un Vescovo e Pastore, dopo la morte del Vescovo Jan Jaroszwicz, di v. m.

E qui di nuovo vorrei mettere in rilievo il grande motivo di gratitudine che accompagna questo mio ministero nell'Ordinazione vescovile del nuovo Vescovo di Kielce, successore del defunto Vescovo Jan. Tanti anni siamo stati vicini; tanti anni ci ha unito la comunità della stessa metropolia cracoviense. Quanti incontri, quanti colloqui, quante preoccupazioni ed iniziative pastorali! E se si va ancora indietro nel passato, ecco interi secoli di appartenenza della odierna diocesi di Kielce alla antica diocesi di Cracovia. Andando alla Chiesa che ti affida lo Spirito Santo porterai li il Vangelo, questo Vangelo che tra poco metteremo sulle tue spalle, affinché tu senta il suo peso, così come ne conosci la sua dolcezza, affinché questo Vangelo diventi per te un peso dolce per ciascun giorno, una fonte di sapienza ed ispirazione di servizio. Annuncialo al popolo, che ti sta aspettando. Annuncialo alle famiglie religiose. Annuncialo ai tuoi fratelli nel sacerdozio. Raccontalo a tutti, perché è la Parola di salvezza eterna. Vai a questa Chiesa, della quale lo Spirito Santo ti stabilisce Vescovo e Pastore, per esercitare in essa il ministero sacerdotale secondo il rito di Melchisedec, realizzare il sacrificio di Cristo ed adoperarti per il suo compimento in ciascuna parrocchia, in ciascuna chiesa, in ciascun raduno del popolo di Dio, ovunque, dove il sacrificio di Cristo raduna il popolo e apre i cuori. E crea lo spazio per l'azione dello Spirito Santo nelle anime della gente.

Sii sacerdote della tua Chiesa, compi il santissimo sacrificio, esalta i tuoi fratelli nel sacerdozio a compierlo. Prega insieme a loro ed insieme a tutto il Popolo di Dio della Chiesa di Kielce per nuove vocazioni sacerdotali, affinché a questo popolo in terra polacca e a tutta la Chiesa non manchi mai il servizio sacerdotale quotidiano dei servi dell'altare. Porta con te il Vangelo della Passione di Cristo che diventa tua forza, tua saggezza, come era forza e saggezza di san Paolo. Forte di questo rinforza tutti, sostieni tutti e mantieni la tua Chiesa così come l'hanno fatta i tuoi predecessori, come il defunto Vescovo Jan, all'altezza della Croce di Cristo, che è segno di salvezza e di vittoria. Vai per costruire nella comunità della Chiesa di Kielce il Regno di Cristo, Regno di Dio in terra, Regno del Messia. In nome di questo Regno Cristo volle fare il suo ingresso in Gerusalemme. Ed al suo ingresso fra il popolo che lo circondava, fra le parole di esultanza, aveva tutti i tratti dell'arrivo del Messia. Questo Regno che non è di questo mondo, e che pure in questo mondo Egli ha inculcato con la sua Passione e con la Croce, con la sua morte e con la sua Risurrezione, deve nascere in continuazione e maturare nei popoli e nella gente di diverse generazioni e di diverse nazioni. Questo Regno in terra polacca, nella Chiesa di Kielce ha già la sua storia ultramillenaria. Entra nella grande tradizione di questa Chiesa e porta avanti l'opera dei tuoi predecessori; come Vescovo e Pastore preso dal popolo e per il popolo destinato. Che Cristo, che oggi ha fatto il suo ingresso in Gerusalemme, per compiervi la volontà del Padre ti aiuti a adempiere la volontà del Padre. Che Cristo, che oggi è entrato a Gerusalemme per compiervi il mistero pasquale della sua morte e Risurrezione ti permetta di irradiare con questo mistero tutta la tua vita di Vescovo e la vita della Chiesa, della quale devi essere da oggi servo a somiglianza di colui che venne per servire e a somiglianza di sua Madre, che nel momento di suprema esaltazione si era chiamata "serva del Signore". Che sulla tua strada sia Maria, Madre di Cristo, affinché il Regno di Cristo cresca e si rinforzi nel popolo di Dio della Chiesa, alla quale sei chiamato.

Data: 1981-04-12
Domenica 12 Aprile 1981


Udienza - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Incontro con i giovani di Rouen

Cari Amici della diocesi di Rouen! Siete i benvenuti. Sono sempre felice di incontrare i giovani che decidono di riflettere e pregare insieme, alla luce del Vangelo, e di farlo in Chiesa, con il loro Arcivescovo, con i loro sacerdoti, con i religiosi e i fratelli maggiori che li aiutano nella fede.

Venite da Assisi. Avete ripercorso i passi di San Francesco: egli seppe rispondere alla chiamata di Cristo con un amore e una disponibilità che continuano a meravigliarci. Per lui, il Vangelo, e in particolare quello delle Beatitudini, non è rimasto solo un bel testo, nemmeno un semplice ideale, ma ha significato un modo di vita da realizzare concretamente, quasi alla lettera. Essendo stato un testimone senza pari di Cristo, ha suscitato nella Chiesa un movimento spirituale che molti non osavano più sperare. Con Francesco d'Assisi diventate discepoli di Cristo.

Ma allo stesso tempo, voi sapete quanto Francesco, molto diverso in questo dalle altre persone che avevano velleità di riforma per la Chiesa, abbia sempre voluto articolare la propria azione e la propria predicazione sul ministero dei sacerdoti, dei Vescovi e del Papa, di coloro che sono stati costituiti Pastori dallo Spirito Santo per costruire la Chiesa, guidarla, aiutarla ad essere fedele ed unita attorno a Cristo, il suo capo invisibile. E' nella Chiesa che riceviamo la vera fede, i sacramenti di Cristo ed il discernimento di ciò che è veramente cristiano. Mi congratulo con voi dunque per aver voluto terminare il vostro ritiro con un incontro con il Successore di Pietro, incaricato, come il primo Apostolo, di confermare i suoi fratelli nella fede.

Stiamo per cominciare la Settimana Santa, durante la quale seguiremo Cristo da vicino: egli ci dona il suo testamento, quello dell'amore più grande; offre la sua vita affinché noi siamo perdonati e rinnovati dal suo Spirito; da questo nascono i sacramenti che rigenerano la Chiesa, quello della riconciliazione e quello dell'Eucarestia; Egli resuscita nella gloria che spetta al figlio unigenito di Dio, e alla quale ci farà partecipare. Viviamo intensamente questi grandi momenti liturgici! E' tutta la vita del mondo attuale, con le sue prove e le sue gioie, che dobbiamo associare alla Pasqua del Salvatore. Mi auguro che ciascuno di voi ascolti l'appello che Cristo gli rivolge, per la vostra vita cristiana, e per la vocazione particolare al servizio dell'uomo alla quale siete destinati. Pregate anche per me. Di tutto cuore, con il vostro Arcivescovo, vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

(Traduzione dal francese)

Data: 1981-04-13
Lunedì 13 Aprile 1981




Ai giovani di "Univ '81" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accettate la fatica della libertà

Carissimi fratelli e sorelle!

1. Siate ancora una volta i benvenuti a Roma, dove, seguendo una consuetudine cara e tanto significativa, vi siete riuniti per celebrare il vostro Congresso annuale.

Sapete bene che per me è una gioia incontrarmi con voi in questa circostanza.

So che anche quest'anno il vostro incontro romano è stato preceduto da un ampio lavoro di indagine, condotto nelle Facoltà e negli Istituti di ben 400 Università di tutto il mondo. Ed ora vi accingete a trarre le conclusioni dalle inchieste e dai convegni che avete svolto a livello nazionale nei mesi scorsi.

Vedo con interesse che continuate a sondare in profondità le implicazioni esistenti fra il campo multiforme delle conoscenze scientifiche, che offrono materia al vostro impegno di studenti universitari, e quelle verità sull'uomo e sul suo destino, che sono illuminate da una superiore sapienza. Già l'anno scorso ebbi il piacere di soffermarmi con voi su questo argomento, così avvincente sia dal punto di vista dell'indagine intellettuale che per i suoi risvolti morali: esso, infatti, investe l'universitario non solo nella sua veste, per così dire, di professionista della cultura, ma anche nel suo comportamento quotidiano e nelle sue responsabilità di servizio verso la società.


2. Ecco il tema che desidero offrire oggi alla vostra riflessione: l'esperienza e il senso della vostra libertà. Lo studio che vi occupa, lo sviluppo della vostra formazione culturale ed umana, stanno facendo maturare in voi una percezione sempre più piena della libertà e delle sue possibilità. Questa progressiva esperienza si deve pero compiere non solo come esperienza di un dono, ma soprattutto come un compito, come una fatica: la fatica della libertà, come ho detto parlando recentemente agli studenti e ai docenti dell'Università di Roma.

Queste parole - compito, fatica - immediatamente richiamano alla coscienza la realtà inoppugnabile della responsabilità morale, ampia nei suoi contenuti e forte nelle sue esigenze, che ricade su ogni uomo che fa personalmente la conoscenza della propria libertà. Ma chi vive, come voi, nella ricerca della verità è chiamato a scoprire tale responsabilità morale con chiarezza singolare. Il compito che si apre dinanzi a voi è anzitutto questo: che l'esperienza di tale libertà si fondi e si approfondisca sul terreno di quelle verità ultime, che spiegano all'uomo il senso della propria esistenza e del proprio destino, e determinano le ragioni delle proprie scelte.


3. Si direbbe che il tema della verità ha un posto privilegiato in quella che, per natura, è la sede dove si elaborano la scienza e la cultura, cioè nell'Università.

Ma che cos'è la verità? Voi siete forse testimoni di quanto nessuna domanda più di questa, così antica e così connaturale all'uomo, susciti tanta perplessità ed indifferenza negli ambienti della vostra società sfibrata dal pragmatismo, che tende a tradurre tale interrogativo fondamentale in questi termini, ben diversi: a che cosa serve la verità? Impoverita in questo modo, la domanda non suscita più nell'uomo alcun interesse profondo.

Una verità da usare per i propri scopi prende il posto della verità che dà all'uomo la sua invalicabile e giusta misura e che lo definisce come uomo, in tutta la sua dignità di immagine di Dio. La differenza è profonda, perché là dove l'uomo rifiuta la fatica di gettare saldamente le radici della propria libertà nel terreno della verità, proprio in quel primo atteggiamento della sua coscienza egli comincia ad ipotecare la sua stessa libertà: il suo agire morale ne risulta già compromesso, in quanto distorto nel suo punto di partenza e nelle sue aspirazioni.

Rifletteteci: chi non vuole commisurare l'uso della propria libertà a quella decisiva verità circa la condizione e il destino dell'uomo, si espone a lasciarsi inghiottire da quelli che definirei come i meccanismi dell'adattamento sociale.

Libertà illimitata, o piuttosto assuefazione e uniformità? Libertà o sottomissione? Se nel suo impegno culturale lo studente si accontenta delle sole verità pragmatiche, entrerà nella vita professionale come lo spettatore che si addentra a tentoni in un teatro buio, guidato dalla tenue luce sorretta dalla maschera. Saranno altri ad assegnargli il posto e il percorso: gli unici consentiti da un sistema di sottovalori che, con le sue leggi implacabili, ridimensiona ogni criterio morale e riduce tutti gli ideali all'interesse per il successo, il prestigio o il denaro.


4. Certamente l'utilitarismo ed il materialismo pratico, tanto diffusi oggi, non costituiscono l'humus più propizio per far si che germogli l'esigenza cristiana di una vera libertà e di una verità libera dai condizionamenti delle mode: proprio per questo mi sembra che l'università - la vita e la cultura universitaria - meritino ed esigano da voi questo servizio. Cioè, esigono un'impegno per testimoniare con l'esempio i frutti personali e sociali di una libertà congiunta alle verità ultime su Dio e sull'uomo.

Invece i programmi pedagogici che prendono le mosse da un mortificare o ignorare le più profonde aspirazioni dell'uomo, generano presto o tardi frutti inumani di egoismo e di violenza. E' una realtà che salta all'occhio di tutti: i soprassalti nichilisti di alcuni ambienti universitari non sono forse il risultato finale di quei programmi che lusingano l'uomo facendo brillare davanti ai suoi occhi l'illusione di una libertà senza limiti, perché sanno che in questo modo lo possono controllare meglio, sottraendolo in primo luogo a Dio e in seguito a se stesso? Condizionato e fatto oggetto di riduzione arbitraria, concepito ed educato per essere oppresso dalle necessità e dai consumi della società materialistica, l'uomo alla fine si ribella. Non conoscendo le vere radici del proprio malessere, sfoga ciecamente la sua rabbia: diventa strumento di violenza inutile. E fa a pezzi i simboli del benessere materiale di cui si sente prigioniero. Invece di avere il coraggio di ricercare e di mettere in luce questo stato di cose.


5. Carissimi: so quanto ben comprendiate e sappiate valutare l'importanza dei tempi in cui viviamo. Quanto comprendiate e siate disposti ad assumervi il compito che vi attende come cristiani. E' necessario che sappiate creare in voi ed attorno a voi stessi, ampi spazi di umanità. Spazi per accogliere e per far maturare una conoscenza dell'uomo che illumini oggi i vostri studi universitari ed incida domani nel vostro servizio professionale. L'Università mi sembra un luogo particolarmente adeguato per scoprire ed accettare con coerenza la propria vocazione di cristiani che vivono nel mondo e che si sentono responsabili del mondo. Quello degli universitari è un gran compito: esso non può essere ridotto alla necessità di accumulare conoscenze di diversi settori dei distinti campi del sapere. A voi spetta l'impegno, la fatica, di integrare le verità parziali con la Verità suprema, la libertà con la responsabilità morale, in una solida unità di vita cristiana.

Questo sforzo vi farà vedere ogni giorno come la verità alla quale state aprendo le porte della vostra mente e del vostro cuore, non sia una teoria astratta, che rimane al margine dell'impegno professionale. E' una luce che si proietta sul lavoro quotidiano ed aiuta a scoprire il suo significato umano e divino, l'unica prospettiva entro la quale si esercita realmente la libertà dell'uomo che è liberazione dagli impedimenti del male. Ecco la libertà che l'uomo può far sua, solamente a condizione di disporsi umilmente a ricercare la Verità ultima.

Orientati a questa verità che concerne la vostra persona e il vostro destino, state scoprendo la grandezza dell'impegno che è stato a voi affidato e le immense possibilità di servizio che si aprono a tutti coloro che assegnano un orizzonte divino alla propria vocazione professionale. "La verità vi farà liberi" (Jn 8,32), dice Gesù: la verità che Egli annuncia all'uomo non è infatti una astrazione, bensì una luce che si irradia sulla nostra vita. E' Egli stesso che proclama: "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6). Egli è la guida verso una vita libera dagli impedimenti dell'egoismo e dalle manipolazioni sociali.

Mi auguro che nell'animo di tutti voi trovino eco le parole del Vangelo di san Giovanni: Et vita erat lux hominum (Jn 1,4) "e la vita era la luce degli uomini". Il Verbo eterno di Dio si è fatto uomo; la Verità e la Vita eterna si sono avvicinate a noi facendosi vita umana e per tal motivo facendosi anche dono fino alla morte, come contempliamo in questi giorni santi. Ecco, tradotta in insegnamento reale, la verità più profonda che mai sia stata data da conoscere all'uomo riguardo alla vita. Il cristiano è colui che liberamente e gioiosamente imprime nella propria esistenza il nuovo ritmo che la venuta di Cristo ha dato alla vita umana. Abbiate sempre il coraggio di impiegare così la vostra libertà, lasciando che nella vostra esistenza - intelligenza, sensibilità, affezione - pulsi questo nuovo ritmo di vita inaugurato dal Figlio di Dio fatto uomo.


6. Cari giovani che provenite da differenti aree linguistiche, desidero che tutti voi facciate esperienza della gioia e della forza dell'essere uniti in Cristo. Non tornate sui vostri passi, rifiutate tutte le illusioni e i falsi miti di libertà: seguite Cristo! Solo in questo modo sarete in grado di aiutare i vostri molti colleghi a scoprire le insospettate dimensioni che la loro vocazione universitaria assume alla luce del mistero redentore di Cristo. Questo è il servizio che vi attende. Di fronte all'arrendersi di coloro che si lasciano imprigionare dalla ricerca del piacere; di fronte alla mancanza di speranza del nichilismo; di fronte alla sterilità delle ideologie ateistiche, la Chiesa e l'umanità si aspettano da voi la testimonianza chiara e gioiosa di coloro che nel loro impegno intellettuale e morale pongono il segno della testimonianza di Cristo, nella libertà che Egli ha guadagnato per noi.

Salutando ora di gran cuore gli studenti di lingua francese, proseguo la mia esortazione nella loro lingua. Desidero che il vostro impegno porti il segno della saggezza di Cristo e della libertà che Egli ha guadagnato per noi. Non dimenticate che Cristo è la Verità, una Verità che è Vita. Non dimenticate che la Verità - Cristo - deve divenire anche nostra vita quotidiana. Penso soprattutto all'aperta coesione che dovete instaurare tra la vostra fede cristiana e gli aspetti così importanti della vostra vita che sono lo studio, la ricerca, il lavoro: essi devono essere riempiti dal senso di Dio.

Saluto di cuore anche gli studenti di lingua tedesca presenti tra di voi. Nei vostri ambiti preferenziali di vita e di azione siate ben consci della vostra vocazione cristiana. Mi auguro che oggi nei vostri doveri ed impegni giornalieri all'università e domani nella vostra professione possiate incontrare personalmente Cristo e conoscerlo quale vostro maestro e compagno di cammino che vi mostra la via per servire gli uomini in modo retto e contribuire al loro vero bene e alla loro salvezza.

Desidero salutare cordialmente anche voi, amati fratelli e sorelle di lingua portoghese; esorto tutti a proseguire in questo comune cammino, con libertà responsabile, alla luce di Dio e nella condizione di cristiani, impegnati a vivere e a testimoniare la verità della propria adesione a Cristo, come scelta che sintetizza tutte le altre scelte libere. Egli, Cristo, è sempre la via; ed ogni momento ci invita ad essere, come Lui, luce per i nostri fratelli "per la vita del mondo". Abbiate fiducia! In questo cammino ci assiste sempre l'amorosa e discreta presenza di Maria santissima, Madre di Cristo e nostra Madre, e Sede dell'eterna Sapienza. A Lei affido tutti ed ognuno di voi.

Data: 1981-04-14
Martedi 14 Aprile 1981





L'omelia alla Messa crismale con il presbiterio diocesano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Adoratori e amministratori del Mistero Pasquale



1. "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (Lc 4,21).

Venerabili e cari fratelli! Non fu troppo lungo il tempo che, nella vita di Gesù Cristo, separo il giorno in cui Egli pronuncio per la prima volta queste parole nella Sinagoga di Nazaret, dal giorno in cui inizio a compiersi in Lui la missione suprema dell'Unto.

Cristo, l'Unto: Colui che viene nella pienezza dello Spirito del Signore, così come disse di Lui il profeta Isaia: "Lo Spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione: mi ha mandato..." (Is 61,1).

Ecco: l'Unto, o l'Inviato, è al termine della sua missione terrena.

Scoccano già le ore dei giorni spaventosi e insieme santi, nel corso dei quali la Chiesa ogni anno accompagna, mediante la fede e la liturgia, il suo ultimo passaggio, Pascha Domini. E la Chiesa lo fa trovando in Lui, sempre di nuovo, il principio della vita dello Spirito e della Verità, della Vita che doveva rivelarsi solo mediante la morte. Tutto ciò che aveva preceduto questa morte dell'Unto fu soltanto una preparazione a questa unica Pasqua.


2. Noi pure ci siamo riuniti oggi, nelle ore mattutine del Giovedì Santo, per preparare la Pasqua.


2. Noi pure ci siamo riuniti oggi, nelle ore mattutine del Giovedì Santo, per preparare la Pasqua.

I Cardinali e i Vescovi, i Presbiteri e i Diaconi, insieme al Vescovo di Roma, celebrano la liturgia della benedizione del Crisma, dell'Olio dei Catecumeni e dell'Olio degli infermi. La liturgia mattutina del Giovedì Santo costituisce l'annuale preparazione alla Pasqua di Cristo che vive nella Chiesa, comunicando a tutti quella pienezza dello Spirito Santo, che è in Lui stesso, comunicando a tutti la pienezza della sua Unzione.

I cristiani sono "uncti ex Uncto"! Ci siamo riuniti qui per preparare, conformemente al carattere del nostro ministero, la Pasqua di Cristo nella Chiesa: per preparare la Pasqua della Chiesa in ciascuno di coloro che partecipano alla sua missione, dal bambino appena nato fino al vegliardo gravemente malato che si avvicina alla fine della sua vita.

Ciascuno partecipa alla missione consegnata a tutta la Chiesa dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, missione suscitata per opera del mistero pasquale di Gesù Cristo.

L'unzione e la missione sono proprie di tutto il Popolo di Dio. E noi siamo venuti per preparare la Pasqua della Chiesa, dalla quale, sempre di nuovo, prende inizio l'unzione e la missione di tutto il Popolo di Dio.

"A colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli" (Ap 1,5-6).


3. Ecco, siamo qui insieme, nella comunità della concelebrazione. Siamo insieme noi, gli umili adoratori e indegni amministratori del mistero pasquale di Gesù Cristo.

Noi, servitori dell'incessante Pasqua della Chiesa, eletti dalla grazia di Dio.

Siamo presenti per rinnovare il legame vivificante del nostro sacerdozio con l'unico Sacerdote, con il Sacerdote eterno, con Colui "che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre" (Ap 1,6).

Siamo presenti per prepararci a discendere insieme con Lui nell'"abisso della passione", che si apre insieme con il "Triduum Sacrum", per portare di nuovo fuori da questo abisso il senso della nostra indegnità e l'infinita gratitudine per il dono, che viene partecipato da ciascuno di noi.

Siamo qui, cari fratelli, per rinnovare i voti della nostra fedeltà presbiterale. "Ora, quanto si richiede negli amministratori e che ognuno risulti fedele" (1Co 4,2).

Siamo "uncti ex Uncto"! Siamo stati unti, così come tutti i nostri fratelli e sorelle, nella grazia del Battesimo e della Cresima.

Ma, oltre a ciò, sono state ancora unte le nostre mani, con le quali dobbiamo rinnovare il suo proprio Sacrificio su tanti altari di questa Basilica, della Città Eterna, del mondo intero.

E sono unte anche le nostre teste, poiché lo Spirito Santo ha scelto alcuni tra noi e li ha chiamati a presiedere alla Chiesa, alla sollecitudine apostolica per tutte le Chiese "sollicitudo omnium ecclesiarum".

"Uncti ex Uncto"! Quanto inestimabile è per noi questo giorno! Quanto particolare è la festa odierna: il giorno in cui siamo nati tutti ed è nato ognuno di noi come sacerdote ministeriale per opera dell'Unto Divino.

"Voi sarete chiamati, sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti" (Is 61,6).

Così dice il Signore: "Io daro loro fedelmente il salario, concludero con loro una alleanza perenne. Sarà famosa tra i popoli la loro stirpe, i loro discendenti tra le nazioni. Coloro che li vedranno ne avranno stima, perché essi sono la stirpe che il Signore ha benedetto" (Is 61,8-9).

Così si esprime il profeta Isaia nella prima lettura.

Carissimi fratelli! Che si compiano queste parole su ognuno di noi e su tutti.

Preghiamo anche per coloro che hanno rotto la fedeltà all'alleanza col Signore e all'unzione delle mani sacerdotali.

Preghiamo pensando a coloro, che, dopo di noi, devono assumere l'Unzione e la Missione. Che giungano da diverse parti ed entrino nella Vigna del Signore, senza tardare e senza guardarsi indietro.

"Uncti ex Uncto"! Amen. Data: 1981-04-16
Giovedì 16 Aprile 1981


L'omelia alla Messa "in cena Domini" nella Basilica Lateranense - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Trasformare con Cristo il mondo per restituirlo al Padre



1. "Era giunta la sua ora" (Jn 13,1).

Ecco ci siamo riuniti di nuovo sul far della sera, nel giorno del Giovedì Santo per essere con Cristo quando è giunta la sua ora. L'Evangelista dice che questo fu "prima della festa di Pasqua" (Jn 13,1), e chiama quell'ora, che era giunta, come "l'ora di passare da questo mondo al Padre" (Jn 13,1).

Ecco, ci siamo riuniti in questa veneranda Basilica, che è la cattedrale del Vescovo di Roma, per essere con Gesù Cristo in questa ora del suo "passare" e per iniziare insieme con lui il nostro "Triduum Pasquale" dell'anno del Signore 1981.

2. Apriamo i nostri cuori, rafforziamo l'udito interiore della fede! Parlino a noi le voci e gli avvenimenti carichi del più grande contenuto. Apriamo i nostri cuori, aguzziamo la vista interiore della fede! Si sveli dinanzi a noi il mistero nascosto prima dei secoli nel seno della Santissima Trinità, mistero che nel tempo prestabilito è diventato il Corpo ed il Sangue del Figlio di Dio Incarnato - ed è venuto ad abitare tra di noi sotto la specie del pane e del vino nell'Ultima Cena.

Ecco il grande mistero della fede! Quell'"ora" che è giunta - allora ed adesso - è innanzitutto il compimento della profezia fatta al Popolo di Dio dell'antica alleanza: il far uscire fuori i figli d'Israele dalla schiavitù d'Egitto mediante il sangue dell'Agnello: "Questo giorno sarà per voi un memoriale: lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne" (Ex 12,14).

Proprio allora, quando - conformemente alla raccomandazione del Libro dell'Esodo - Gesù insieme con gli Apostoli ha incominciato a celebrare quel giorno, giorno della liberazione del Popolo di Dio dalla schiavitù mediante il sangue dell'Agnello, è giunta la sua ora.


GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)