GPII 1981 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Sotto il Monte (Bergamo)

Recita del Regina Coeli - Sotto il Monte (Bergamo)

Titolo: La gloria di Dio è che l'uomo viva



1. Ci troviamo a Sotto il Monte, luogo natio di Papa Giovanni XXIII, Angelo Giuseppe Roncalli. In quest'anno 1981 si compiono i cento anni dalla sua nascita.

Il pellegrinaggio a questo luogo di Papa Giovanni, come al nido in cui continua a vivere la sua parentela e la sua memoria - alla casa in cui egli abitava, alla chiesa parrocchiale in cui fu battezzato, è un atto di venerazione a Dio, Trinità Santissima, per l'uomo che, divenuto Papa, assunse il nome di Giovanni.

Gloria a Dio è l'uomo vivente, (Sant'Ireneo "Adv. haereses", IV, 20, 7).

Qui - a Sotto il Monte - ci troviamo all'inizio della vita di quell'uomo, che agli occhi della nostra generazione "diede gloria a Dio" (Rm 4,20). Qui è stato concepito nel seno della madre, qui è venuto al mondo. Di qui ha iniziato il suo pellegrinaggio come uomo rigenerato alla nuova vita nella morte di Cristo crocefisso e chiamato a partecipare alla gloria della sua risurrezione.

Tale pellegrinaggio si concluse sulla Sede romana di san Pietro, il 3 giugno 1963.

La sua dipartita fu circondata dall'universale amore degli uomini. Fu accolta con un grande dolore ed insieme con una rinnovata speranza. Se ne andava il Papa della bontà e della pace, il Papa del Concilio, il Papa che ha riaperto la via verso l'unità dei cristiani, il seguace del Buon Pastore.


2. In questo mezzogiorno domenicale recitiamo a Sotto il Monte conformemente alla tradizione del periodo pasquale - il "Regina coeli laetare", così come nel corso dell'anno recitiamo l'"Angelus Domini" riuniti in piazza san Pietro a Roma.

Tutti coloro che mi sentono pronuncino con me le parole di questa antifona pasquale, anche se partecipano a quest'incontro eccezionale per mezzo della radio o della televisione.

Pronunci con noi queste parole in onore di Cristo Risorto, queste parole di invito alla gioia pasquale indirizzate alla Madre del Risorto, lo stesso Papa Giovanni; così come le pronunciava un tempo, diecine di anni fa, qui a Sotto il Monte, quando era ancora bambino, ragazzo nella cerchia della sua degna famiglia; così come le pronuncio in seguito come Sacerdote, Vescovo, Cardinale-Patriarca di Venezia e infine come Papa; le pronunci oggi, benché già da noi separato dalla barriera della morte, ma nello stesso tempo abbracciato nel mistero della comunione dei santi; pronunci con noi queste parole dell'antifona pasquale lui, Papa Giovanni, venerabile Servo di Dio.

Le ripetano con lui tutti coloro che partecipano, da vicino o da lontano, all'odierno centenario della sua nascita: "Regina coeli laetare".


3. La gloria di Dio è che l'uomo viva.

L'invocazione pasquale alla vittoria della vita sulla morte attraversi le anime e tocchi profondamente le coscienze.

Cristo e risorto! Il Buon Pastore offre la vita per le pecore! E' lecito a noi uomini togliere la vita all'essere umano innocente, per il quale Cristo ha offerto la sua vita? Per ogni essere umano! Sin dal primo momento del concepimento, nel quale la scintilla della vita, dono inestimabile di Dio, si accende misteriosa e dolcissima nel seno della madre.

Papa Giovanni! Papa Giovanni! Rimani per i tuoi fratelli e sorelle testimone della Risurrezione di Cristo! Testimone della Vita che è gloria di Dio e speranza degli uomini.

Data: 1981-04-26
Domenica 26 Aprile 1981


Ai giovani a sant'Agostino - Bergamo

Titolo: Nello spirito dell'Alleanza cristiana la speranza di divenire un'umanità nuova



1. Sono lieto di porgere di qui il mio primo saluto alla città di Bergamo, salutando con intenso affetto tutti i presenti, primo fra i quali il Signor Sindaco che, interprete dei sentimenti cordiali e festosi dell'intera popolazione, mi ha rivolto parole di ospitale benvenuto.

Ma sono particolarmente lieto di avere il mio primo incontro con voi, carissimi giovani che rappresentate ai miei occhi il presente e il futuro di questa città, tanto ricca di nobili tradizioni di fede cristiana, di laboriosità e di ordinata convivenza.

In collegamento con Sotto il Monte, vi siete uniti poco fa alla recita della preghiera "Regina coeli laetare", la quale ci invita a gioire in questo tempo pasquale per la vittoria della vita, vittoria del bene sul male; vittoria della gioia e della speranza; vittoria vostra, giovani di Bergamo e di quanti credono nella salvezza pasquale. E da questa certezza cristiana della vittoria su ogni timore di morte, che deve prendere le mosse la vostra marcia verso un avvenire più giusto ed umano, un avvenire di libertà per i figli di Dio.


2. Cari giovani, nella gioia di Cristo Risorto, nella certezza della sua vittoria, che è quella di ogni uomo che crede in Lui, siete chiamati ad avviare il discorso dell'invitta speranza, della matura e lucida accettazione della realtà, della riconciliazione e quindi dell'alleanza con voi stessi, con gli adulti e con la società nei suoi molteplici aspetti.

Tale alleanza con la realtà, tale adesione ad essa per migliorarla e mutarla, faranno sprigionare dai vostri spiriti una creatività nuova, fondata sulla perspicace analisi delle situazioni, delle forze e dei meccanismi in giuoco, ed infine sul lieto ricupero dell'impegno di liberare, di salvare, di promuovere.

Nel compimento di tale impresa, è necessario tener presente, anzitutto, che il livello più profondo dell'alleanza con la realtà, il suo stesso fondamento, è situato nell'"Alleanza" con Dio, nella riconciliazione con Lui. Se l'uomo ritrova in Dio il ricongiungimento vitale con le radici del proprio essere, della propria armonia e della propria unificazione, ha in mano anche la chiave del superamento di ogni forma di timore, e quindi della liberazione e della creazione nuova: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,5).

Ascoltate "le parole di questa fondamentale alleanza col Signore" (Jr


11,2), patto di pace, patto sempiterno (cfr. Ez 37,26), che si celebra ormai definitivamente in Cristo Gesù e nella Chiesa, suo Corpo Mistico.


3. La Chiesa è il luogo privilegiato della celebrazione dell'"Alleanza" di Dio con gli uomini, degli uomini tra di loro, degli uomini col mondo, perché mediante essa, comunità di credenti, si prolunga la riconciliazione operata da Cristo: "Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo... ed in Lui ha riconciliato a sé il mondo" (cfr. 2Co 5,18-19).

Nella prospettiva di un rinnovato rapporto esistenziale con la Chiesa, dev'essere approfondita la vostra fiducia nel sacerdote depositario ed amministratore dei divini misteri. Ad esso, che è in dipendenza del Vescovo ed è stato costituito annunciatore e garante della Fede, e confidato il compito - sempre nel rispetto della vostra corresponsabilità - di guidarvi, di orientarvi e di aiutarvi a decifrare i segni dei tempi, alla luce della verità evangelica. Ed a questo proposito, desidero sottolineare, confortare e sollecitare, in sintonia con la radicata tradizione bergamasca, l'importanza dei vostri oratori, quali luoghi d'incontri giovanili e di formazione che conservano anche al giorno d'oggi tutta la loro importanza pedagogica di Istituzioni complementari della famiglia e della scuola. In essi, la preghiera, l'istruzione religiosa, la ricreazione e l'amicizia, si fondono insieme per fare del giovane un cristiano forte e cosciente, un cittadino solido e leale (cfr. "Insegnamenti di Paolo VI", VI (1968) 934).


4. E dal momento che anche voi, giovani di Bergamo e della laboriosa e prospera Lombardia, siete alla ricerca - come la gioventù di ogni latitudine - di validi ed attraenti modelli, non posso non additare alla vostra attenzione la figura della Serva di Dio: Piera Morosini, nata in terra bergamasca, la quale ha offerto l'esempio luminoso di un gioioso spirito di servizio e di una coerenza cristiana protratta fino all'ultima conseguenza: il martirio; a conferma della sublime trascendente visione che l'ispirava, sinteticamente racchiusa nella frase a lei tanto cara: "La verginità è un profondo silenzio di tutte le cose della terra".

La castità è valore nobilissimo, cari giovani, se viene ordinata a Cristo Signore e inserita nel pieno contesto della vita cristiana, animata e diretta dallo Spirito Santo. Mi è caro dirigere, in questo momento un saluto alla Mamma di Pierina, alla Signora Sara Giacomina, qui presente, esprimendole riconoscenza per aver contribuito, con la sua opera educativa materna, ad offrire alla gioventù un modello tanto eloquente.

Nella prospettiva di una pienezza di vita cristiana, è necessario che voi intensifichiate la vostra preparazione in ordine ai compiti della famiglia, che dev'essere messa alle fondamenta stesse di ogni sollecitudine per il bene dell'uomo, di ogni sforzo perché il nostro mondo umano diventi sempre più umano.

Dovrete inoltre tenervi desti nell'ascolto di ogni superiore ispirazione, se Dio chiama ad una consacrazione agli ideali del Regno, per il bene dei fratelli, facendo vostro l'atteggiamento descritto dal profeta Isaia: "Il Signore mi ha aperto l'orecchio ed io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro" (Is 50,5). Ciò che desidero che voi comprendiate a tale riguardo, è appunto questo: Dio aspetta che i giovani collaborino con Lui, mediante una donazione totale, al disegno della salvezza, i suoi piani, in certo senso, dipendono da voi, dalla libera offerta della vostra vita, e dalla generosità con la quale vorrete seguire l'ispirazione dello Spirito nel profondo dei vostri cuori. In ogni momento della vostra esistenza, Cristo sia per voi la Via, la Verità, e la Vita. Lasciate che, per mezzo vostro, Egli sia la salvezza e la felicità di molti fratelli. Come si esprimeva il Papa Giovanni XXIII, "ivi incombono la vecchiaia e la decrepitezza, là dove gli ideali non infiammano il cuore, e non tengono applicata la volontà. La vita e il compimento di un sogno di giovinezza. Abbiate ciascuno il vostro sogno da portare a meravigliosa realtà" ("Discorsi, Messaggi, Colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII", II, p. 351).


5. E' urgente, cari giovani, riscoprire valori tanto sublimi, rinvigorire ed affinare quella tensione morale che li esalta e li rende possibili, perché essi siano alla base di una società che vuol costruire un avvenire degno dell'uomo.

E poiché tali valori hanno i loro strumenti di espressione, di difesa e di diffusione, tra i quali emerge la stampa, desidero manifestare il mio incoraggiamento ai Dirigenti e Responsabili del vostro quotidiano "L'Eco di Bergamo", pervenuto al suo centesimo anno di vita. Al tempo stesso sono lieto di onorare la memoria dei pionieri di tale lungimirante iniziativa: il Dottor Nicolo Rezzara ed altri laici ardimentosi, che si sono distinti per la loro fede e per il loro impegno in campo sociale. Al loro ricordo si unisce quello del Vescovo Gaetano Camillo Guindani, sotto la cui guida pastorale Bergamo conobbe uno splendido sviluppo di iniziative di promozione umana.

A nessuno sfugge l'importanza che ha un quotidiano d'ispirazione cristiana, per favorire un costruttivo dialogo tra i fedeli e con altre forze, animate da sincero amore per il bene comune, in ordine alla maturazione di scelte responsabili, dignitose e, all'occorrenza, coraggiosamente profetiche, nel quadro di un'opinione pubblica troppo spesso aggredita da voci e sollecitazioni devianti.


6. Cari giovani, Cristo Risorto ci guida alla salvezza per fare di noi un'umanità nuova, un mondo pienamente rinnovato. Affascinati da questa meravigliosa vocazione, pregate Maria affinché vi accompagni, vi protegga e vi sostenga nello sforzo per trasformare il mondo con l'amore, come ci ha insegnato con la parola e con l'esempio Papa Giovanni XXIII perché la città terrena progredisca nella giustizia, nella fraternità e nella pace.

Data: 1981-04-26
Domenica 26 Aprile 1981


Nella residenza del Vescovo - Bergamo

Titolo: Il saluto del Papa alle autorità di Bergamo e della Lombardia

Illustri Signori! Questo incontro con le Autorità civili della Provincia e del Comune di Bergamo, e dell'intera Regione lombarda, vuole idealmente ampliare quel saluto, che questa mattina ho rivolto al Signor Sindaco di questa Città. Sono venuto qui per ricordare il Centenario della nascita del suo figlio più illustre, il mio predecessore Giovanni XXIII; ed ho così avuto la gradita opportunità di visitare la terra di Lombardia, veramente ammirevole per le sue tradizioni religiose, per la sua ben nota operosità e per la bellezza dei suoi panorami, dei suoi fiumi e dei suoi laghi, così ben celebrati dal genio del vostro grande conterraneo Alessandro Manzoni.

Vi sono sinceramente grato per questo incontro, che rivela i vostri nobili sentimenti di apprezzamento e di devozione per la Sede Apostolica e, in pari tempo, consente a me, nella qualità di Pastore della Chiesa Universale, di esprimere a voi il mio compiacimento e la mia stima per l'opera solerte e provvida che non cessate di promuovere per un sempre maggiore benessere civile, sociale ed economico delle laboriose popolazioni lombarde.

La presente circostanza mi è anche propizia per ripetere di persona davanti a voi l'alta considerazione e il profondo rispetto che la Chiesa ha sempre avuto ed ha per l'Autorità civile. Sulla scia degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, vi diro che la Chiesa è pienamente consapevole che "la comunità politica e l'Autorità pubblica hanno il loro fondamento nella natura umana e perciò appartengono all'ordine stabilito da Dio" (GS 42); e sa che "è dovere essenziale di ogni potestà civile tutelare e promuovere gli inviolabili diritti dell'uomo" (DH 6).

Sono certo che la vostra attività, consacrata alla vera prosperità della gente, vuole ispirarsi a questi grandi principi. D'altra parte, un concetto di progresso inteso diversamente rischierebbe non solo di soffocare le profonde aspirazioni dell'animo, ma di far perdere la visuale della stessa statura dell'uomo. In un momento in cui una certa concezione edonistica e materialistica della vita sembra far dimenticare i valori più veri e genuini dell'uomo, l'Autorità civile è chiamata a tutelare, negli ambiti che le sono propri, i sacrosanti diritti dell'uomo, quali la famiglia, il lavoro, la sana educazione dei figli, la libertà religiosa, l'interiorità, la giustizia, la pace.

Vi assista in questa vostra opera, tanto benemerita, la continua protezione del Cielo, della quale vuole essere pegno ed auspicio la benedizione apostolica, che estendo volentieri alle vostre singole famiglie e a tutte le persone care.

Data: 1981-04-26
Domenica 26 Aprile 1981


Ai sacerdoti e religiosi nel Duomo - Bergamo

Titolo: Necessario aggiornamento nel rispetto della tradizione

Amatissimi sacerdoti e religiosi della diocesi di Bergamo!

1. Non da oggi, né solo dal tempo del mio servizio sulla cattedra di Pietro, ma da molti anni ho sentito parlare bene del clero della Chiesa bergamasca, un clero buono, fedele e sempre vicino alla propria gente.

Tornando da Sotto il Monte, ho ancora negli occhi la visione dell'ambiente naturale ed umano, in cui nacque e ricevette la prima educazione il futuro Giovanni XXIII, di sempre venerata memoria, e là ho avuto chiara e netta la sensazione di come sia la popolazione di questa nobile terra. Ed alla qualità della gente - ho pensato - corrisponde quella del clero. Negli anni di quel pontificato luminoso ho potuto immaginare come fosse questo clero; e tale conoscenza ha avuto stamane, ed ha adesso, la più sicura conferma.

Il mio non è dunque soltanto un elogio, ma piuttosto un giusto e gioioso riconoscimento, che suggerisce a voi stessi ed a me il dovere di ringraziare il Signore: "Benedicamus Domino"!


2. Si, noi dobbiamo sempre ringraziare il Signore per quello che ci ha dato: la nascita in un ambiente di elette tradizioni cristiane, di solida laboriosità, di innata rettitudine; la sacra vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata; gli alti esempi di tanti educatori e pastori, primo tra i quali è l'amabilissimo "Papa noster Ioannes". E ringraziamo il Signore - voi ed io - anche per la "grazia" dell'incontro odierno. Venuto in visita nella terra natale di questo mio predecessore, la cui figura ed eredità ho voluto ricordare, insieme con Paolo VI e Giovanni Paolo I, perfino nell'assunzione del nome (cfr. "Enciclica RH 2), io considero questa assemblea come un momento privilegiato di comunione ecclesiale.

Anche voi, da parte vostra, avvertite il suo carattere provvidenziale: noi realizziamo "hic et nunc", in piena validità ed efficacia, per l'identità della fede e per la forza coesiva della carità, quella comunione in cui si esprime la Chiesa. Possiamo, pertanto, ripetere ancora una volta: "Benedicamus Domino"!


3. Vuol essere, il nostro incontro, un'occasione di riflessione e di preghiera.

Sapete bene come, per una legge psicologica, sia opportuno e salutare fare di tanto in tanto una pausa nel nostro ministero pastorale. Ciò serve a vedere meglio le cose; serve a pensare e a decidere; serve a riprender lena. Né ci manca al riguardo la materia, che è invece abbondante ed impegnativa, tanto vasta è la dimensione del nostro sacerdozio, tanto differenziati i "doveri di stato" che esso comporta, tanto numerosi i problemi di "identità personale" e di carattere apostolico che ci stanno di fronte, tanto urgenti le attese non solo dei fedeli che frequentano le nostre Chiese, ma anche di coloro che sono lontani o si dichiarano estranei alla fede. Per meglio aderire all'attualità, cioè alla vostra più vera identità di "ministri di Cristo ed amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1), ed alle necessità religiose del tempo presente. Questo, infatti, è il quadro di fondo, a cui deve sempre riguardare il sacerdote.

Diffusa è oggi la sensazione - ed è superfluo rilevarne la fondata esattezza - che tante cose stiano mutando, come tante già son mutate all'interno ed al di fuori di noi. Chi di noi è avanti negli anni e vede ormai in lontananza il giorno della sua Ordinazione sacerdotale avverte il fenomeno ancor meglio degli altri. E' naturale pertanto, che ci si domandi chi siamo noi e quale sia il compito che primariamente ci spetta nel contesto del mondo moderno.


4. Noi siamo ciò che siamo sempre stati: e con questo voglio dire che dobbiamo restare come ci ha voluti e ci vuole Cristo Signore. Siamo persone sulle quali Egli ha posato il suo sguardo di elezione e di predilezione, alle quali ha conferito quell'arcana e stupefacente capacità di essere "pescatori di uomini" (cfr. Mt 4,19) con i derivati e specifici poteri di santificarli, di ammaestrarli, di guidarli a salvezza. Nel variare dell'atmosfera ambientale è necessario tener fermi questi punti-forza, per ben centrare e risolvere l'accennato problema dell'identità e, con esso, quello del ministero che è nostro. Dotati di una tipica conformazione a Cristo Sacerdote, noi siamo partecipi e collaboratori della sua stessa missione salvifica.

Ma c'è di più: nonostante l'accennato cambiamento socio-culturale, non è cambiata la domanda spirituale. Basta guardare gli uomini del nostro tempo, tra i quali siamo stati scelti e per i quali siamo costituiti nelle cose che riguardano Dio (cfr. He 5,1); basta guardare i giovani delle nuove generazioni, che saranno i protagonisti del domani. Se ne ricava un dato assai importante, che merita la massima attenzione: se il mondo che ci circonda sta mutando rapidamente e radicalmente, i bisogni di ordine spirituale si sono, direi, proporzionalmente dilatati ed accresciuti. Per questa ragione la parola, da parte mia, è una fraterna ed insistente esortazione alla fiducia ed all'azione.

Il Papa presente in mezzo a voi vi ripete a nome e con l'autorità che gli ha conferito, in Pietro, Gesù Salvatore: "Nolite timere"! (Mt 14,27 Mc 6,50 Lc 12,32 Lc 24,36). Non dubitate mai, cari fratelli, del vostro sacerdozio, non perdete mai la fiducia nella "consistenza" della vostra missione. La quotidiana e generosa professione della fede - Io credo in Te, o Signore, che mi hai voluto tuo sacerdote e continuatore della tua missione - deve infondervi la quotidiana e ferma fiducia per restare al proprio posto, per rinfrescare le energie alle fonti inesauribili della grazia, per resistere alla tentazione dello sconforto e dell'abbandono. "Ego sum: nolite timere"" (Lc 4,36ss). Ripensate, ripensiamo alla lezione del Vangelo di oggi, II domenica di Pasqua: l'ingresso di Gesù al Cenacolo fu per gli Apostoli, ivi riuniti e spauriti "propter metum Iudaeorum" (Jn 20,19) sorgente di pace, di gioia, di coraggio e di rinnovata fiducia. Per il suo aiuto possa anche la mia preghiera quest'oggi tra voi essere apportatrice di questi preziosi e corroboranti doni pasquali.


5. Il fatto delle trasformazioni, intervenute nella società moderna e, almeno in parte, irreversibili, si presta ad una seconda e altrettanto importante considerazione, ed a me preme esporla qui dinanzi a voi per ricavarne una nuova parola di esortazione. Me la suggerisce lo stesso Papa Giovanni. Non è egli colui che ha inculcato per primo nella Chiesa l'idea del necessario aggiornamento? Quante volte egli ha fatto ricorso a questo termine o ad espressioni equivalenti per far capire a noi, sacerdoti e pastori, l'opportunità e la convenienza di adattare prudentemente ed insieme coraggiosamente, a motivo del cambiamento della situazione, i metodi e le forme, il linguaggio e lo stile e, si direbbe, la tattica e la tecnica della nostra azione pastorale (cfr. "Discorsi, Messaggi, Colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII": 1P 132 IV, pp. 1P 515, 585, 1P 818 V, pp. 1P 56,128).

Grazie a lui l'aggiornamento divenne una parola-chiave, che fu poi ripresa fedelmente dal Concilio Vaticano II, consegnata nei suoi documenti ufficiali (cfr., ad esempio, SC 21 SC 23 OT 17 OT 22 PC 2-3 PC 7-9 GE 8), raccomandata come un mezzo per garantire, con l'indispensabile soccorso della grazia di Dio, "il quale solo fa crescere" (cfr. 1Co 3,7), la reale efficacia della azione della Chiesa.

Occorre, pertanto, aggiornarsi con oculata ponderazione, senza mai compromettere quel che è e deve restare intangibile, cioè il patrimonio della fede, l'eredità della tradizione o l'osservanza della disciplina ecclesiastica. Ma ci vuole anche coraggio, innovando secondo le emergenti esigenze pastorali, ricercando e collaudando metodi nuovi, mettendo in moto quell'inventiva e quella genialità che ben corrispondono alla natura della pastorale, la quale non è un'arida scienza da tavolino, ma prima di tutto e soprattutto è l'arte che ci guida nell'accostarci alle anime dei nostri fratelli. "Ars est artium regimen animarum", ci ricorda san Gregorio Magno nella sua Regola Pastorale (PL 77, 14).

Ecco, cari confratelli, questa stessa parola aggiornamento io ora ripeto dinanzi a voi con l'apertura di cuore del Papa vostro conterraneo, confidando molto, come lui, nel vostro zelo ed indicandovi i possibili campi d'applicazione, a cui siffatto sforzo di adattamento potrà proficuamente rivolgersi: dalla catechesi parrocchiale, domestica, scolastica per un annuncio intensivo della Parola di Dio all'amministrazione esemplare dei santi Sacramenti; dalla cura preferenziale dei poveri all'assistenza spirituale dei malati; dalla necessaria presenza, anche pubblica, in difesa della vita, della libertà, della giustizia e del lavoro, alla tutela concreta di chi nella vita, nella libertà, nella giustizia o nel lavoro è minacciato.


6. C'è un altro punto su cui desidero soffermarmi, ed è il rapporto via via più stretto che deve instaurarsi all'interno del Presbiterio diocesano. In ogni Chiesa locale i sacerdoti tra loro, i sacerdoti col loro Vescovo, come formano per le ragioni sopra accennate una unità oggettiva ed effettiva, così per la frequenza delle relazioni, di mutua collaborazione quotidiana, devono anche svilupparla ed accrescerla, fino al punto di farne un'unità soggettiva ed affettiva. E' cosa grande, cosa sublime, è cosa inviolabile la profonda unità che avvince il Vescovo ed i suoi sacerdoti! Quando essa è autentica, allora certi problemi trovano immediata soluzione, allora non c'è bisogno di comandare "in virtute sanctae oboedientiae" o di fare imposizioni "ex auctoritate", allora non si sta ad aspettare o a sottilizzare circa l'ordine delle competenze, ma si va e corre laddove ci sia un'anima da incontrare, da consolare, da salvare. L'unità è il presupposto di una generosità a tutta prova nell'esercizio del sacro ministero: l'unità favorisce la più profonda disponibilità.

Io auguro che non s'incrini mai in mezzo a voi la compattezza di una tale unità, ma piuttosto che questa si consolidi in un'atmosfera di elevata spiritualità e contribuisca così alla edificazione stessa di tutto il popolo di Dio. Dice il martire Ignazio ai fedeli della Chiesa di Efeso: "Il vostro presbiterio, degno di Dio, è così messo in accordo col Vescovo, come le corde lo sono con la cetra" (IV, 1); l'accordo è necessario perché - spiega il santo - il pensiero del Vescovo si rifa al pensiero di Gesù Cristo, e questo al pensiero stesso del Padre (ibid. III, 2). Il mio auspicio sincero, pertanto, e che nella Chiesa di Bergamo questa ideale consonanza, tanto armonica ed armoniosa nel passato tra le elette schiere di tanti sacerdoti e le non dimenticate figure di insigni Presuli da san Gregorio Barbarigo a Mons. Pier Luigi Speranza, da Mons.

Giacomo Radini-Tedeschi a Mons. Adriano Bernareggi, continui tuttora tra voi ed in voi, offrendo positiva e confortante testimonianza ai vostri fedeli.


7. Vedo in mezzo a voi non poche religiose ed anche i giovani del Seminario. Anche a loro rivolgo una speciale parola di saluto e di incoraggiamento.

Chi non sa quale e quanto sia l'apporto delle religiose nell'attività pastorale e nell'animazione ecclesiale moderna? Se sono stati giustamente aperti i campi dell'apostolato ai laici più sensibili e generosi, quanto più vasto è l'ambito in cui son chiamate ad operare queste nostre sorelle, nelle quali il carisma della speciale vocazione religiosa, il conseguente vincolo dei voti da loro pronunciati, l'innato spirito di comprensione e le altre doti della loro femminilità agiscono congiuntamente, determinando una potente spinta che può arrivare ed effettivamente arriva a tutti i settori, nei quali la Chiesa è responsabilmente impegnata! Ciò tanto più volentieri io affermo, qui a Bergamo, perché so quale grande impulso ha dato alla espansione della vita religiosa questa terra ferace, che solo nel secolo scorso vide fiorire in se stessa tanti nuovi Istituti. Uno speciale pensiero rivolgo alle Suore di Clausura, che fedeli alla loro particolare vocazione, sono spiritualmente presenti con la loro preghiera e con la loro carità.

Care religiose: quale che sia il modo o la forma, in cui si esercita il vostro servizio apostolico - la preghiera nel raccoglimento del chiostro, la cattedra dell'insegnamento, il letto o la stanza dell'ospedale, l'assistenza di carattere sociale, la causa della buona stampa o degli altri mezzi di comunicazione -, dovunque voi troviate, sappiate sempre mantenere desta la consapevolezza della "confluenza ecclesiale" del vostro essere e della vostra funzione. Voi siete forze vive della Chiesa e nella Chiesa: lo sapete, lo volete, lo dovete essere! E lo siete perché così vuole il Signore, che vi ha chiamate.

Siate, dunque, protagoniste del suo Vangelo: siate come le vergini sagge e vigilanti della parabola, con in mano la lampada sempre provvista di quell'olio che serve ad illuminare, anche agli altri fratelli, la strada verso lo Sposo celeste (Mt 25,1-13).


8. Quanto a voi, giovani, che nel seminario diocesano state riflettendo sulla vostra vocazione, desidero lasciarvi un'indicazione di speranza e di fiducia.

Maturate nel raccoglimento e nell'orazione la scelta che state per fare e che, inevitabilmente, dovrete fare circa il vostro futuro: se la voce del Signore risuona nell'intimo del vostro cuore, vogliate ascoltarla: "Ascoltate oggi la sua voce: non indurite il vostro cuore" (Ps 94,8). Quello che state vivendo è il periodo della vostra formazione, e può essere definito come il periodo dell'ascolto della voce di Dio. E' necessario fare attenzione a questa voce per capirla bene, per afferrarne tutte le sfumature e coglierne tutte le risonanze. A che cosa vi chiama essa? Sicuramente vi chiama alla vita cristiana secondo quella misura di pienezza, che dal Signore è offerta a tutti: "Io son venuto perché abbiano la vita, e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). Ma probabilmente vi chiama ad una partecipazione più diretta della sua missione salvifica: "Non vi chiamo più servi... ma vi ho chiamati amici" (Jn 15,15). E se è così nel vostro caso, come prendersi la responsabilità di un rifiuto? Chi oserebbe dire di no al Signore che chiama? Nessuno può permettersi di sbagliare strada nella sua vita.

Perciò, cari giovani, riflettete bene, pregate per avere la luce necessaria alla vostra scelta e, fatta la scelta, pregate ancora di più per avere la forza di perseverare, camminando sempre "in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto" (Col 1,10).

E guardate sempre in alto: guardate a Cristo che del sacerdozio è, ad un tempo, l'autore, il datore, l'esemplare assoluto. Da lui otterrete la soddisfazione ed il gusto di seguirlo e di servirlo nelle anime. Guardate in alto, come seppe fare fin dagli anni della sua fresca giovinezza il vostro e nostro Papa Giovanni. "Devo convincermi sempre - egli scriveva dopo un corso di Esercizi Spirituali nel 1898 - di questa grande verità: Gesù da me, chierico Angelo Roncalli, non vuole solamente una virtù mediocre, ma somma: non è contento di me, finché non mi faccio o per lo meno non mi studio, ad ogni mio potere, di farmi santo" ("Il giornale dell'anima", p. 60).

Sono parole antiche, ma tuttora valide ed attuali non soltanto per voi, alunni del Seminario di Bergamo, ma, essendo permanente l'ideale della santità che propongono, sono attuali e valide anche per tutti voi sacerdoti e religiosi qui presenti. Come tali io ho voluto pubblicamente rileggerle ad incoraggiamento, a testimonianza, a ricordo.

Con la mia confortatrice benedizione apostolica.

Data: 1981-04-26
Domenica 26 Aprile 1981


L'omelia durante la Messa - Bergamo

Titolo: Emerge dalla casa di Sotto il Monte il futuro della Chiesa e della Famiglia



1. "Venne Gesù, si fermo in mezzo a loro e disse: Pace a voi" (Jn 20,19).

L'esperienza che vissero gli Apostoli "la sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato" (), esperienza che si ripete otto giorni dopo nel medesimo cenacolo, anche noi la riviviamo, in modo misterioso ma reale, stasera; nella nostra assemblea liturgica, raccolta intorno all'altare per celebrare l'Eucaristia, Cristo rinnova la sua presenza di risorto e ripete il suo augurio: pace a voi! Con questo medesimo augurio mi rivolgo anch'io a voi, carissimi fratelli e sorelle dell'antica e gloriosa Chiesa di Bergamo. Mi rivolgo innanzitutto a Lei, venerato fratello Monsignor Giulio Oggioni, che, succedendo al caro Monsignor Clemente Gaddi, ne prosegue il lavoro, quale zelante pastore alla guida di questa eletta porzione del gregge in Cristo. Il mio saluto e il mio augurio di gioia e di pace pasquale vanno poi a tutti i Vescovi qui presenti e a tutti i fedeli dell'intera Lombardia, con particolare pensiero all'arcidiocesi di Milano a cui mi legano fra l'altro l'affetto e la devozione a san Carlo e alla quale mi porterà, Dio volendo, il prossimo Congresso Eucaristico Nazionale, che vi si sta preparando per il 1983; e con speciale ricordo per Brescia, diocesi di origine del Papa Paolo VI, che ha continuato l'opera intrapresa da Giovanni XXIII e che pure intendo onorare con una visita alla sua terra natia nel prossimo anno.

Porgo un deferente saluto a tutte le Autorità civili e rinnovo, inoltre, il mio saluto augurale ai sacerdoti ed ai religiosi, che ho già avuto occasione di incontrare; lo estendo ai componenti delle diverse Associazioni laicali operanti nella diocesi bergamasca e, tra essi, soprattutto ai giovani: come il loro Vescovo, così anche il Papa fa affidamento su ogni laico cristiano, auspicando che l'intera Comunità acquisti sempre più viva coscienza delle responsabilità connesse col Battesimo e sappia offrire una testimonianza coerente e coraggiosa in ogni momento della propria vita.


GPII 1981 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Sotto il Monte (Bergamo)