GPII 1981 Insegnamenti - L'omelia durante la Messa - Bergamo


2. Pace a voi! Con questo saluto vengo a voi, cari fratelli e sorelle, nella domenica che tradizionalmente chiamiamo "in albis", e che conclude l'ottava della Pasqua.

Vengo per entrare, in un certo senso, nel cenacolo. Il cenacolo è la casa in cui è nata la Chiesa. Sono venuto quindi per visitare prima di tutto una casa. E' la casa familiare dalla quale è uscito un grande Papa e servo di Dio, Giovanni XXIII.

In questo anno cade il centenario della sua nascita a Sotto il Monte. Per tale ragione con gioia ho accolto l'invito della Chiesa di Bergamo a visitare quest'anno il luogo di nascita di Angelo Giuseppe Roncalli, e la terra alla quale egli fu legato a motivo della sua provenienza: la vostra terra bergamasca.

Già stamattina a Sotto il Monte ho manifestato gratitudine a Dio per questo uomo, che nel Battesimo ricevette il nome di Angelo Giuseppe, e che dopo l'elezione alla Sede Romana di san Pietro assunse quello di Giovanni. così dunque la Chiesa e il mondo lo conoscono come l'uomo "il cui nome era Giovanni". Sotto questo nome fu conosciuto ed amato. Sotto questo nome è ricordato e invocato: Papa Giovanni.

Un uomo dalla meravigliosa semplicità e dall'umiltà evangelica, che nel corso di poco meno di cinque anni del suo ministero pastorale sulla Cattedra di Pietro diede inizio quasi a una nuova epoca della Chiesa. Vegliardo quasi ottantenne, egli manifesto la giovinezza intramontabile della Sposa di Cristo. Un uomo innamorato della tradizione ha dato inizio ad una nuova vita nella Chiesa e nella cristianità. Ha fatto tutto ciò in piena consonanza con quanto egli stesso fu, e, contemporaneamente come se nulla venisse da lui. Come se fosse guidato da una luce più alta e condotto da una fiducia incondizionata e filiale verso Colui che lo "cinse e guido" (cfr. Jn 21,18), forse là dove egli stesso non voleva? No.

Certamente no. Tutto ciò si svolse nella più profonda armonia tra la volontà di Colui che lo ha guidato e di colui che si è lasciato guidare, e che, a sua volta, ha guidato la Chiesa. E la Chiesa sapeva e sentiva che questa era la figura di Pietro, che colui che, come successore di Pietro, portava il nome di Giovanni, era veramente Pietro dei nostri tempi, che il Signore stesso conduce. Colui che lo Spirito Santo guida. E la Chiesa ha avuto fiducia in Papa Giovanni, in colui che a sua volta così illimitatamente ha avuto fiducia.

Quando, dopo un breve pontificato, stava per lasciare questo mondo tutti lo rimpiangevano e salutavano con lacrime; eppure sapevano che in ciò vi era la Mano del Signore, che se ne andava perché già aveva adempiuto il suo compito e la sua "parte" nell'opera di Cristo nel corso del XX secolo. Se ne andava quindi Papa Giovanni, umilmente, come umilmente era salito alla Sede di Pietro. Se ne andava anche se il Concilio era appena iniziato, anche se i lavori sulla riforma del diritto canonico (pure da lui ideata) si stanno tuttora svolgendo. E tuttavia - visitando, nel centenario della sua nascita, la casa dalla quale usci e la terra che gli diede i natali - dobbiamo riconoscere che il Papa che è uscito da qui, da questo nido, rassomigliava in modo particolare a quel padrone di casa di cui parla il Vangelo che dal tesoro del Regno di Dio estrae "cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52). E veniamo proprio per ringraziarne il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nel centenario della sua nascita. Quanto necessari, quanto indispensabili sono nella storia della Chiesa tali "padroni di casa", che - guidati dallo Spirito di Verità - sanno manifestare di nuovo tutti i tesori del Regno di Dio: "cose antiche e cose nuove".


3. così dunque dalla soglia della casa contadina a Sotto il Monte, dalle colline di questa vostra terra bergamasca, dal fonte battesimale e dagli altari della Chiesa che in essa compie la sua missione - si vede il cenacolo gerosolimitano come il luogo dell'incontro di Cristo Risorto con la Chiesa dei tempi che sono venuti e di quelli che stanno venendo.

Il cenacolo di Gerusalemme è il primo luogo della Chiesa sulla terra. Ed è, in un certo senso, il prototipo della Chiesa in ogni luogo e in ogni epoca.

Anche nella nostra. Cristo che ando dagli Apostoli la prima sera dopo la sua Risurrezione, viene sempre di nuovo a noi per ripetere continuamente le parole: "Pace a voi. Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi... Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi..." (Jn 20,21-23).

La verità contenuta proprio in queste parole non è forse diventata l'idea guida del Concilio Vaticano II? del Concilio che ha dedicato i suoi lavori al mistero della Chiesa e alla missione del Popolo di Dio, ricevuta da Cristo mediante gli Apostoli? Missione dei Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici?...

"Come il Padre ha mandato me anch'io mando voi" (Jn 20,21).

Da questo Concilio - la cui opera Giovanni XXIII inizio, guidato (come egli stesso confessava) dalla chiara ispirazione dello Spirito Santo - la Chiesa è uscita con fede rinnovata nella potenza delle parole di Cristo, rivolte agli Apostoli nel cenacolo. E' uscita con una nuova certezza circa la propria missione: la missione ricevuta dal Signore e Salvatore. E' uscita verso l'avvenire. Dalla soglia della casa a Sotto il Monte, dalle colline della vostra terra bergamasca si vede la Chiesa come cenacolo di tutti i popoli e continenti, aperta verso l'avvenire.

E' difficile sottoporre qui ad una analisi profonda la prospettiva di questa apertura. Ma è anche difficile non menzionare almeno ciò che, in modo particolare, è uscito dal cuore di Papa Giovanni. E' il nuovo impulso verso l'unità dei cristiani e una particolare comprensione per la missione della Chiesa nei confronti del mondo contemporaneo. Questi temi hanno visto un essenziale approfondimento sul banco del Concilio. Anche se in questo spazioso cenacolo della Chiesa dei nostri tempi, diffusa su tutto il globo terrestre, non mancano le difficoltà, le tensioni, le crisi che creano giustificate paure, sarebbe difficile non riconoscere che, grazie al Papa uscito dalla vostra terra bergamasca, da Sotto il Monte, ha avuto origine un'opera provvidenziale. Bisogna soltanto che noi manteniamo fedeltà allo Spirito di Verità, che ha guidato quest'opera, che siamo onesti nel comprendere e nel realizzare il Concilio, ed esso dimostrerà di essere proprio quella via per la quale la Chiesa dei tempi nostri e futuri deve camminare verso il compimento dei suoi destini.

Accettiamo quindi queste parole della liturgia odierna, tratte dalla prima lettera di san Pietro: "Siate ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po' di tempo amitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo" (1P 1,6-7).

Accogliamo queste parole - e accogliamo la prova della nostra fede - chiedendo al Signore Risorto di esserne capaci, così come lo fu Papa Giovanni.


4. Dalla soglia della casa rustica a Sotto il Monte, dalle colline della vostra terra bergamasca, per opera di quel suo figlio che fu il Papa Giovanni - Angelo Giuseppe Roncalli - si vedono le grandi prospettive della Chiesa e del mondo. Le prospettive della famiglia umana che vive nella pace costruita sulla verità, sulla libertà, sulla giustizia e sull'amore, grazie al messaggio che è uscito dal cenacolo gerosolimitano. Si vede quindi quel grande cenacolo della Chiesa dei nostri tempi, estesa in mezzo alle genti e ai continenti, in mezzo alle nazioni ed ai popoli... la dimensione universale della Chiesa.

Ma si vede pure la dimensione più piccola della Chiesa: quella di "Chiesa domestica". Papa Giovanni è rimasto fedele a questa Chiesa fino alla fine della vita, e costantemente vi faceva ritorno, prima nel senso letterale della parola, come sacerdote, Vescovo e Cardinale Patriarca di Venezia, poi come Papa, ormai soltanto col ricordo, col pensiero e col cuore e mediante le visite dei suoi cari.

Stamattina, celebrando la liturgia eucaristica a Sotto il Monte, abbiamo ricordato molte sue parole su questo argomento. Abbiamo rievocato quel clima della sua famiglia, che fu una vera "Chiesa domestica". Famiglia che visse di preghiera e di lavoro, di Eucaristia e di amore reciproco, di sacrificio unito a spirito di semplicità e di povertà. Questa casa di famiglia a Sotto il Monte non fu forse anche un piccolo cenacolo, nel quale Cristo Risorto veniva per dire, fermandosi in mezzo ai familiari, "Pace a voi"? Infatti proprio là, in quell'ambiente, Angelo Giuseppe senti per la prima volta le parole: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando te. Ricevi lo Spirito Santo!" (cfr. Jn 20,21-22). Le vocazioni sacerdotali nascono più facilmente in un tale clima.

Quanto spesso anche là, in quella casa, Cristo senti da quella gente semplice, che viveva del lavoro dei campi, la stessa professione che, una volta, aveva sentito nel cenacolo di Gerusalemme dalla bocca di Tommaso: "Mio Signore e mio Dio" (Jn 20,28). La consapevolezza della presenza del Salvatore e la legge divina scritta nei cuori dei familiari furono la sorgente della felicità abituale di quella nobile gente, secondo le migliori tradizioni dell'ambiente e della società alla quale essi appartenevano.


5. Cari fratelli e sorelle! Nella memoria di Papa Giovanni congiungiamo oggi queste due dimensioni della Chiesa: quella grande, universale, nella quale durante gli ultimi anni della sua vita Angelo Giuseppe Roncalli fu chiamato a succedere a san Pietro nella Sede romana; e quella piccola "domestica". La "Chiesa domestica", la famiglia cristiana, costituisce un particolare fondamento di quella grande.

Costituisce anche il fondamento della vita delle nazioni e dei popoli, come ne ha reso testimonianza il recente Sinodo dei Vescovi e come, costantemente, ne rende testimonianza l'esperienza non corrotta dal cattivo costume di tante società e di tante famiglie.

Proprio questa "Chiesa domestica" appartiene all'eredità di Papa Giovanni. Essa è la parte integrale del messaggio che costituisce tutta la sua vita, del messaggio della verità e dell'amore indirizzato a tutta la Chiesa e a tutto il mondo, ma in modo particolare indirizzato all'Italia: a questa terra.

Questo messaggio bisogna rileggerlo coll'ottica delle parole della prima lettera di san Pietro: "Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerato, mediate la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi..." (1,3-4).

Ma bisogna rileggere contemporaneamente questo messaggio, il messaggio particolare di Papa Giovanni, nel contesto delle minacce, minacce reali, che colpiscono il patrimonio umano e cristiano della famiglia, scardinando i principi fondamentali sui quali è costruita, sin dalle sue fondamenta, la più splendida comunità umana. Questi principi riguardano, al tempo stesso, i valori essenziali, dai quali non può prescindere alcun programma, non soltanto quello cristiano, ma anche quello semplicemente umano.

Il primo di questi valori è l'amore fedele degli stessi coniugi, come sorgente della loro fiducia reciproca ed anche della fiducia dei figli verso di loro. Su tale fiducia, come su di una roccia, si basa tutta la sottile costruzione interiore della famiglia, l'intera "architettura delle anime", che irradia con una matura umanità sulle generazioni nuove.

Il secondo valore fondamentale è il rispetto della vita sin dal momento del suo concepimento sotto il cuore della madre.


6. Al riguardo è opportuno che la figura di Papa Giovanni, del "Papa buono", di Angelo Giuseppe Roncalli, figlio di questa terra bergamasca, si erga dinanzi a tutta la Chiesa ed in particolare dinanzi a questa Nazione, in cui ha visto la luce; -si erga, con tutta la verità, del suo messaggio evangelico, che è ad un tempo messaggio tanto umano; Egli, così pieno di sollecitudine per il vero bene della sua Patria, per il vero bene di ogni Nazione e di ogni uomo -si erga dinanzi a noi e sia presente in mezzo a noi.

Permettete quindi che davanti a Lui - davanti alla sua figura - io ripeta le parole che ho pronunciato nella quinta domenica di Quaresima: "Esiste, infatti, nella nostra epoca una crescente minaccia al valore della vita. Questa minaccia, che particolarmente si fa notare nelle società del progresso tecnico, della civiltà materiale e del benessere, mette un punto interrogativo alla stessa autenticità umana di quel progresso. Togliere la vita umana significa sempre che l'uomo ha perso la fiducia nel valore della sua esistenza; che ha distrutto in sé, nella sua conoscenza, nella sua coscienza e volontà, quel primo e fondamentale valore.

Dio dice: "Non uccidere!" (Ex 20,13). E questo comandamento è al tempo stesso il principio fondamentale e la norma del codice della moralità, iscritto nella coscienza di ogni uomo.

Se si concede il diritto di cittadinanza all'uccisione dell'uomo, quando è ancora nel seno della madre, allora ci si immette per ciò stesso sulla china di incalcolabili conseguenze di natura morale. Se è lecito togliere la vita ad un essere umano, quando esso è più debole, totalmente dipendente dalla madre, dai genitori, dall'ambito delle coscienze umane, allora si ammazza non soltanto un uomo innocente, ma anche le stesse coscienze. E non si sa quanto largamente e quanto velocemente si propaghi il raggio di quella distruzione delle coscienze, sulle quali si basa, prima di tutto, il senso più umano della cultura e del progresso dell'uomo.

Se accettassimo il diritto di togliere il dono della vita all'uomo non ancora nato, riusciremmo poi a difendere il diritto dell'uomo alla vita in ogni altra situazione? Riusciremmo a fermare il processo di distruzione delle coscienze umane?". (L'Osservatore Romano 6-7 aprile 1981).

Papa Giovanni! Ho pronunciato queste parole domenica 5 aprile e oggi le ripeto qui, nella tua terra natale. Esse furono dettate dall'amore verso l'uomo, da quell'amore che ha la sua sorgente nella carità con la quale abbraccia l'uomo Colui che l'ha creato e Colui che l'ha redento: Cristo crocifisso e risorto.

Furono dettate dal senso della particolare dignità che ha ogni uomo dall'istante del concepimento fino alla morte. Papa Giovanni! Queste parole furono dettate dall'amore e dal rispetto per questa Nazione della quale tu sei stato figlio, così come io sono figlio della mia Nazione. E come figlio della mia Patria, la Polonia, desidero contraccambiare l'amore che tu hai avuto per essa, servendo io l'Italia così come, a motivo della missione che ho ereditato da te sulla sede di san Pietro, desidero servire ogni società, ogni nazione, ogni uomo. Poiché l'uomo è "la via della Chiesa" (cfr. Giovanni Paolo II RH 14), così come Cristo è per ogni uomo nella Chiesa "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).

Cari fratelli e sorelle! Per la memoria di Papa Giovanni bisogna che facciamo tutto ciò che può servire a tutelare la famiglia e la dignità della paternità e della maternità responsabile, la fiducia reciproca delle generazioni, che facciamo tutto il possibile per tutelare la nostra "Chiesa domestica", - questa in mezzo alla quale si rivela Cristo Risorto, così come tra gli Apostoli nel Cenacolo, - questa, ov'Egli entra... - e dice: "Pace a voi!" Amen.

Data: 1981-04-26
Domenica 26 Aprile 1981


Ai partecipanti al Convegno nazionale italiano di arte sacra - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'artista è mediatore tra il vangelo e la vita

Venerabili fratelli! Carissimi artisti!

1. Nel rivolgervi il mio saluto, desidero ringraziarvi per questa vostra visita che vi ha portato nella Casa del Papa, in Vaticano, dove tanti grandi maestri del passato hanno parlato di fede col linguaggio delle arti. La Basilica e i solenni edifici circostanti sono pietre che rendono testimonianza di questa sintesi spirituale: qui voi trovate un pensiero ed un programma, l'attualità perenne del credo cattolico e della Chiesa; attorno alla sede di Pietro, sul luogo del suo martirio, mediante queste insigni opere d'arte diviene visibile alle anime e al popolo il desiderio profondo di confessare la fede. Le arti confessano Dio, e mentre ricercano la Bellezza trovano, il più delle volte, i motivi per incontrarsi con la Verità.

La Chiesa e il suo Pastore servono una causa, quella dell'uomo. Ebbene, l'esperienza insegna che, avvicinandosi al Cristo, l'uomo interiore trova la forza originaria dell'amore. E' importante che voi abbiate coscienza di ciò e cerchiate questo: di avere sempre avanti agli occhi questo orientamento profondo che lega l'uomo al soprannaturale.

La vostra mediazione tra il Vangelo e la vita, del resto, può trarre ispirazione da Cristo stesso, che per primo, anche attraverso le immagini, riusci a penetrare nella mente e nel cuore degli Apostoli e del popolo. Con i Vangeli l'arte è entrata nella storia. Dai piccoli centri della Galilea e della Giudea la gente accorreva per ascoltare il messaggio. E Gesù opero il mirabile rivestimento, modello, diremmo con parole moderne, il racconto in maniera che si potesse, oltre che ascoltare, vedere. Parlo del pastore che aveva perduto la sua pecorella, del seminatore che aveva seminato il seme in terreni diversi, del figliol prodigo che si era allontanato da casa. E gli ascoltatori capivano subito che si trattava di loro, pecorelle smarrite, semi che avrebbero dovuto fruttificare, figlioli ricercati dall'amore del Padre.


2. E' spontaneo pensare, a questo proposito, alla figura del Buon Pastore, simbolo del Salvatore, che noi ritroviamo negli antichi cimiteri cristiani, in pitture, in sarcofaghi, negli epitaffi, nelle sculture, in particolare in quella tanto nota per la sua suggestiva bellezza che viene custodita nei Musei Vaticani.

E se usciamo da questa piccola isola vaticana e insieme ci inoltriamo nelle città e nelle campagne italiane, nelle zone dei grandi centri storici come negli angoli sperduti della penisola, è un susseguirsi di ricordi e di immagini: cattedrali, chiese parrocchiali, oratori, cappelle, edifici sacri, da cui pare levarsi quest'unica voce: Dio si è fatto uomo, Dio è morto e risuscitato per noi.

L'Episcopato, il clero, gli artisti, gli operai che hanno innalzato queste aule e templi della preghiera a significare la volontà dell'assemblea liturgica, la tradizione, il culto e la vita sacramentale, hanno inteso raffigurare il corpo mistico della Chiesa, il memoriale pasquale, il mistero dell'unità.

L'arte religiosa, in questo senso, è un grande libro aperto, un invito a credere al fine di comprendere. Scrisse sant'Agostino: "Fides si non cogitatur nulla est" ("De praedestinatione sanctorum", 5; PL 44, 963). La ricompensa della fede è questa luce maggiore, luce di grazia che aiuta la mente a vedere oltre il mondo sensibile. L'opera d'arte, che richiama a Dio, è un segno, un invito, uno stimolo alla ricerca.

In tante e tante opere - penso all'Europa e ai continenti lontani visitati nel corso delle mie peregrinazioni apostoliche - ho potuto riconoscere, con ammirazione, l'identità della fede trasmessa nelle espressioni pur così diverse dell'arte. Vi esorto, pertanto, ad una rilettura dell'arte come rivelazione di una realtà interiore, che i credenti di ogni tempo hanno affidato a noi tutti, quale voce di fede e presenza del Cristo e della sua Chiesa.


3. Questa esortazione, amici artisti, circa la tradizione delle sacre immagini si iscrive nella linea di un insegnamento che va dalle lettere di San Gregorio Magno a quelle di Adriano I, dalle lettere dei Papi del Rinascimento sino alle Costituzioni del Concilio Vaticano II.

Il Capitolo VII della Costituzione sulla Sacra liturgia è dedicato all'arte sacra, ed affronta argomenti di grande interesse quali la libertà degli stili, le immagini sacre, la formazione degli artisti e l'educazione del clero.

Così nella Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo "Gaudium et Spes", là dove si parla dell'accordo tra cultura umana e insegnamento cristiano, è affermata con chiarezza la grande importanza delle arti per la vita della Chiesa. "Esse cercano di esprimere l'indole propria dell'uomo, i suoi problemi, le sue esperienze, nello sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo, di scoprire la sua situazione nella storia e nell'universo, di illustrare le sue miserie e le sue gioie" (GS 62). E come non ricordare, tra i Messaggi che i Padri Conciliari al termine dell'Assise ecumenica rivolsero a diverse categorie di uomini, quello riservato agli artisti? "Se voi siete gli amici della vera arte, voi siete nostri amici. Da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza con voi... La Chiesa ha bisogno di voi... Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della verità umana".

Il mio augurio personale è pertanto che voi sappiate avviare una nuova stagione dell'arte. Un presentimento ed un auspicio in questo senso, ce lo ha offerto il Pontefice Paolo VI di venerabile memoria. che ha accolto la vostra testimonianza nella "Collezione d'arte religiosa moderna dei Musei Vaticani".


4. L'accenno ai Musei Vaticani mi porta spontaneamente col pensiero alle preziose raccolte di oggetti d'arte religiosa, presenti nelle diocesi. Per offrire al culto una veste degna gli artisti di ogni tempo hanno ideato forme ed espressioni sempre nuove, da cui le diverse chiese hanno tratto il loro volto inconfondibile. La suppellettile sacra, i dipinti, le sculture, quanto viene raccolto nelle varie sagrestie, nelle Opere del Duomo, nei tesori delle cattedrali formano la testimonianza privilegiata di un fermo e radicato convincimento religioso. Queste opere, pertanto, appartengono alla storia della pietà, che ha dei capitoli amplissimi, dove confluiscono le esperienze dell'arte, associate alle idee che le ispirano. Sono documenti da conservare come i libri delle biblioteche, come i valori preziosi di archivio.

I Musei diocesani non sono dunque un deposito di oggetti morti, ma raccolte di opere da rivedere ancora, in una sequenza che, dopo la classificazione e lo studio, le riconduce nel contesto della storia della diocesi. Esistono a loro riguardo disposizioni legislative sia ecclesiastiche sia civili. Esorto ad osservare tanto le une che le altre, perché sono convinto che ciò tornerà a vantaggio delle opere d'arte, assicurandone meglio la conservazione e la custodia.

Siamo in un'epoca in cui si valorizzano i cimeli e le tradizioni nell'intento di ricuperare lo spirito originario di ciascun popolo. Perché non si dovrebbe fare altrettanto in campo religioso, per trarre dalle opere d'arte di ogni epoca indicazioni preziose circa il "sensus fidei" del popolo cristiano? Andate dunque anche voi in profondità, per rivelare il messaggio consegnato nell'oggetto dalla impronta creatrice degli artisti del passato. Innumerevoli meraviglie verranno alla luce ogni qualvolta la pietra di paragone sarà la religione.


5. Prima di concludere vorrei esprimere il mio compiacimento per alcune iniziative che mi sono parse interessanti. Uno dei vostri gruppi ha studiato l'enciclica "Dives in Misericordia" col proposito di tradurla in immagini visive. Ognuno ha un suo modo di leggere, e il vostro certamente è tra i migliori, perché si fa portatore di un messaggio che tutti possono facilmente intuire. Avete pensato alle parabole, alle opere di misericordia, ai temi dell'età presente, compreso quello degli arsenali atomici e vi siete sentiti ansiosi di partecipare all'irradiazione di un messaggio di pace.

Mi è stato riferito pure che altri hanno il desiderio di portare alle famiglie, nei nuovi focolari, una immagine della Madonna. Tra le impressioni più care della mia vita, ci sono le icone della Vergine, quelle dell'oriente così altamente spirituali, quelle dell'Occidente così dolci e umane e quelle così pure e devote del Beato Angelico. Com'è facile dinanzi a queste immagini pregare "Mater amabilis, mater admirabilis, mater boni consilii"... Le litanie vengono sulle labbra spontaneamente.

Lavorate dunque in tale prospettiva, è questo il mio augurio, restando vicini all'anima del popolo di Dio. Lo studio iconografico vi porterà a conoscere sempre meglio la verità dogmatica e potrete rendervi conto di quanto la tradizione liturgica e la devozione privata si siano incontrate. La Vergine Madre è al centro della produzione artistica di ogni tempo. Essa risplende anche oggi di luce in ogni angolo della terra come Colei in cui pulsa il cuore della Chiesa: "Maria Mater Ecclesiae".

Nell'affidare voi e la vostra attività alla sua protezione, faccio voti che dalla fervida collaborazione tra liturgisti, architetti, artisti e comunità parrocchiali, possano sbocciare espressioni sempre nuove di bellezza che cantino col linguaggio artistico del presente l'eterna magnificenza di Dio, creatore e redentore dell'uomo. Con questi sentimenti, di cuore vi imparto la mia apostolica benedizione, che volentieri estendo a tutti i vostri cari.

Data: 1981-04-27
Lunedì 27 Aprile 1981


Messaggio per la XVIII Giornata mondiale per le vocazioni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le vocazioni: un problema che coinvolge tutti

Venerati fratelli nell'Episcopato, Carissimi figli e figlie di tutto il mondo.

La celebrazione della XVIII Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni coincide quest'anno con un importante avvenimento: l'inaugurazione di un Congresso internazionale di Vescovi, delegati dalle Conferenze Episcopali, e di Superiori e Superiore religiosi, Moderatori di Istituti secolari, nonché di altri responsabili, per trattare l'argomento della cura pastorale in favore delle vocazioni ecclesiastiche nelle Chiese particolari.

Desidero esprimere, anzitutto, il mio vivo compiacimento e la mia profonda gratitudine ai Vescovi di ogni parte del mondo, che, in riferimento a tale Congresso internazionale, hanno voluto aggiornare e pubblicare i rispettivi programmi a servizio delle sacre vocazioni. Ammiro questa nobile testimonianza di premura pastorale, rivolta al bene delle proprie diocesi e mi compiaccio, nello stesso tempo, perché questo lodevole sforzo è stato compiuto con cuore aperto ed attento agli interessi generali della Chiesa.

Riflettendo sul tema del prossimo convegno dei Vescovi: "Chiese particolari e vocazioni", il nostro pensiero e la nostra fede si incontrano col mistero della santa Chiesa di Cristo, la quale è presente in ogni Chiesa particolare, ove vive e opera una parte del Popolo di Dio, affidata alle cure pastorali del Vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio. In ciascuna di queste Chiese si annuncia il Vangelo, si celebra l'Eucaristia, si dispensano i Sacramenti, si loda il Signore, si esercita il servizio della carità, si difende la dignità dell'uomo, si offre al mondo la testimonianza cristiana. E lo Spirito Santo, come nella prima Pentecoste, come nelle prime comunità credenti, si effonde in ciascuna Chiesa particolare, la unifica nella comunione, perché sia "un cuore solo e un'anima sola" (Ac 4,32), la guida nella verità, la arricchisce di ministeri e doni diversi, la rinnova continuamente, la conduce all'unione sempre più perfetta con Cristo Signore (cfr. LG 4 LG 23 LG 26).

Lo stesso tempo liturgico tra la Pasqua di Risurrezione e la Pentecoste, che stiamo ora vivendo con rinnovato fervore, ci invita ed aiuta a tenere fisso lo sguardo della fede su questo grande mistero della Chiesa, una nella sua universalità, e tutta presente nella molteplicità delle Chiese particolari e "fino agli ultimi confini della terra" (cfr. Ac 1,8). Da questo sguardo di fede discendono spontaneamente alcune riflessioni ed esortazioni, che desidero rivolgere con cordiale affetto e stima ad ogni Chiesa particolare e ad ogni comunità locale, compresa nel suo spazio vitale.

1. Ogni Chiesa particolare deve prendere sempre di più coscienza di ciò che essa è, alla luce del mistero della Chiesa universale. E' infatti, in questa luce di fede che la Chiesa particolare trova la forza di vivere, di lottare, di crescere.

A questo riguardo, è forse necessario, per alcuni credenti, un supplemento di conoscenza. Si deve ben comprendere, in tutta chiarezza, qual è la vocazione e la missione del Popolo di Dio, pellegrinante nel mondo e diretto verso la patria eterna. Si deve comprendere, con eguale chiarezza, chi è il Vescovo, il sacerdote, il diacono; qual è la loro precisa e insostituibile missione a servizio del Popolo di Dio; che cosa distingue queste persone, consacrate mediante l'Ordine Sacro, dagli altri membri del Popolo di Dio. Si deve comprendere, con altrettanta chiarezza, chi sono, che cosa fanno, le altre persone, uomini e donne, anch'esse consacrate a servizio del Popolo di Dio, non mediante il Sacramento dell'Ordine, ma per mezzo dei voti religiosi o di altri sacri legami. Questa più chiara comprensione, alla luce della fede, ci porterà a ringraziare e a lodare il Signore per l'abbondanza dei ministeri e dei doni, con i quali ha voluto arricchire la sua Chiesa. E sarà, ancora, di grande aiuto, affinché ciascun membro della Chiesa rifletta sulle proprie responsabilità, scopra la propria personale vocazione, accetti di prestare generosamente il suo servizio alla comunità ecclesiale con la forza e con la grazia dello Spirito Santo.


2. Ogni Chiesa particolare, ricca di fede e cosciente della sua missione, deve offrire a Cristo Signore tutta la collaborazione di cui è capace, per vivere, per crescere e per rigenerare continuamente le sue forze apostoliche. Il Concilio Vaticano II ha giustamente sottolineato che il dovere di promuovere le vocazioni spetta all'intera comunità cristiana (cfr. OT 2). Se il Signore ha voluto renderci tanto responsabili della vita e dell'avvenire della Chiesa, possiamo noi rifiutare l'onore che ci fa e la fiducia che ci accorda? Qui sorge un problema di coscienza. Nessuno, di fronte a Dio, può dire: Ci pensino gli altri! Certo, chi ha ricevuto di più dovrà dare di più: i sacerdoti e le altre persone consacrate si trovano in prima linea. Essi, infatti, riguardo alle vocazioni, hanno particolari responsabilità, che non possono ignorare o trascurare o delegare. Con la vita, con l'esempio, con la parola, con la gioia e la qualità del loro lavoro apostolico, essi devono, perciò, educare gli altri, specialmente i giovani, a scoprire il gusto di servire la Chiesa. Tutto ciò per un ministro di Dio, per una persona consacrata, è una questione di onore, è un atto di fedeltà alla propria vocazione, è una prova di "autenticità" della propria esistenza. Ma anche le famiglie e gli altri educatori hanno i propri doni di grazia e le conseguenti responsabilità. Anch'essi, pertanto, devono saper creare un clima di fede, comunicare il gusto di aiutare il prossimo e di servire la Chiesa, coltivare le buone disposizioni ad accogliere e a seguire la volontà del Signore. In tal modo i giovani incontreranno minori difficoltà nel cercare e trovare la propria strada.


3. Ogni Chiesa particolare senta in queste mie parole rinnovarsi l'invito del Signore a pregare il Padrone della messe "affinché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38 Lc 10,2). Allora, fratelli e figli carissimi, con la nostra comune preghiera, ampia come il mondo, forte come la nostra fede, perseverante come la carità che lo Spirito Santo ha diffuso nei nostri cuori, - lodiamo il Signore, che ha arricchito la sua Chiesa col dono del sacerdozio, con le molteplici forme di vita consacrata e con innumerevoli altre grazie, per l'edificazione del suo popolo e per il servizio dell'umanità; - rendiamo grazie al Signore, che continua a dispensare le sue chiamate, alle quali numerosi giovani e altre persone, in questi anni e in varie parti della Chiesa, rispondono con crescente generosità; - chiediamo perdono al Signore per le nostre debolezze e infedeltà, che forse scoraggiano altre persone nel rispondere alle sue chiamate; - domandiamo con fervore al Signore, che conceda ai pastori di anime, ai religiosi e alle religiose, ai missionari e alle altre persone consacrate i doni della sapienza, del consiglio, della prudenza nel chiamare altri al servizio totale di Dio e della Chiesa; e conceda, altresì, a un numero crescente di giovani, e di altri meno giovani, la generosità e il coraggio nel rispondere e nel perseverare.

Innalziamo questa nostra umile e fiduciosa preghiera, affidandola all'intercessione di Maria santissima, Madre della Chiesa, Regina del clero, splendido modello per ogni anima consacrata a servizio del Popolo di Dio.

Data: 1981-04-28
Martedi 28 Aprile 1981






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